ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00036

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 44 del 27/01/2023
Abbinamenti
Atto 7/00025 abbinato in data 31/01/2023
Atto 7/00033 abbinato in data 31/01/2023
Atto 7/00034 abbinato in data 31/01/2023
Atto 7/00035 abbinato in data 31/01/2023
Firmatari
Primo firmatario: RUFFINO DANIELA
Gruppo: AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Data firma: 27/01/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BENZONI FABRIZIO AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE 27/01/2023


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA'  PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 31/01/2023
RUFFINO DANIELA AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 31/01/2023
SIMIANI MARCO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
ANDREUZZA GIORGIA LEGA - SALVINI PREMIER
BONELLI ANGELO ALLEANZA VERDI E SINISTRA
ROTELLI MAURO FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 31/01/2023

DISCUSSIONE IL 31/01/2023

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 31/01/2023

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00036
presentato da
RUFFINO Daniela
testo di
Venerdì 27 gennaio 2023, seduta n. 44

   Le Commissione VIII e X,

   premesso che:

    il 15 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (COM(2021)802 final), parte del programma di lavoro della Commissione stessa per il pacchetto cosiddetto «Fit for 55%» (Pronti per il 55 per cento), la quale «definisce la visione per il conseguimento di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050»;

    tra le altre cose, nella versione su cui il Consiglio al 21 ottobre 2022 e che sarà all'esame della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) del Parlamento europeo nelle prossime settimane, la direttiva impone emissioni zero per tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 1° gennaio 2030, ovvero dal 1° gennaio 2028 per gli edifici di proprietà degli enti pubblici o occupati dagli stessi;

    per quanto concerne il parco immobiliare già esistente, agli Stati membri è fatto obbligo di stabilire norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare annualmente per m2, sia per gli edifici non residenziali che per quelli residenziali, e ogni Stato dovrà poi stabilire un piano nazionale di ristrutturazione – sottoposto a successiva valutazione della Commissione – al fine di ottenere, entro il 2050, un parco immobiliare completamente «decarbonizzato» e trasformare anche gli edifici già esistenti in edifici ad emissioni zero;

    per quanto riguarda gli edifici residenziali, l'intero parco immobiliare dovrà essere equivalente alla classe di prestazione energetica D entro il 2033 – quindi ancor più restrittiva rispetto alla proposta presentata il 15 dicembre 2021 – con una traiettoria in graduale calo da verificare con un secondo punto di controllo fissato nel 2040, in vista degli obiettivi finali del 2050;

    gli edifici ad uso residenziale in Italia sono oltre 12 milioni, per un totale di circa 32 milioni di abitazioni, e una grossa parte di questi risale a prima degli anni '70;

    questi dati fanno capire come misure così intransigenti e, soprattutto, applicate a tutti gli edifici, non tengono in minima considerazione le differenze intrinseche tra gli stock edilizi dei diversi Paesi, i quali possono illustrare le proprie ragioni alla Commissione in caso di mancato seguito alle eventuali raccomandazioni successivamente ricevute, ma la direttiva rappresenta in ogni caso, in base all'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) un vincolo per gli Stati membri;

    l'articolo 1 della direttiva indica l'obiettivo di «conseguire un parco immobiliare ad emissioni zero entro il 2050», già delineato in premessa, aggiungendo il riferimento «all'efficacia sotto il profilo dei costi», e ancora agli articoli 5 e 8 viene ribadito che, per gli edifici esistenti, i requisiti minimi di prestazione energetica sono da relazionare a «livelli ottimali in funzione dei costi»;

    tale prescrizione, corretta nella sostanza, in quanto derivante dalla stessa definizione tecnico-economica dell'efficienza energetica, imporrebbe quindi cautela ed attenzione nella definizione dei livelli ottimali dell'intervento di ristrutturazione profonda, che deve consentire il raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile;

    va da sé che la valutazione, per risultare oggettiva, andrebbe fatta, nel quadro metodologico che produrrà la Commissione, esclusivamente sulla base di costi diretti, ovvero il costo dell'investimento per la cosiddetta «ristrutturazione profonda», i costi di manutenzione, i costi dell'energia (se pur di stima incerta nel ciclo di vita) e gli eventuali ricavi derivanti dalla cessione di energia in eccesso generata in loco;

    considerare, invece, come prevede la revisione della direttiva, i costi delle emissioni di gas a effetto serra e le esternalità ambientali e sanitarie del consumo di energia è ridondante, alla luce del fatto che queste componenti risultano già comprese nel costo dell'energia e sono, in ogni caso, di assai incerta stima, finendo chiaramente per inficiare la stessa valutazione del livello ottimale;

    l'obiettivo ultimo di trasformare tutti gli edifici esistenti in edifici ad emissioni zero entro il 2050, e frattanto in classe di prestazione energetica D entro il 2033, contraddice intrinsecamente e palesemente il perseguimento del livello ottimale in funzione dei costi;

    la tabella di marcia che ogni Stato membro sarà costretto a definire per il proprio patrimonio immobiliare dovrà, invece, avere come obiettivo il raggiungimento, per ciascuna tipologia di edificio, del miglior livello di efficienza possibile, considerando le peculiarità del parco edilizio e, come detto, un'analisi costi-benefici puntuale e non retorica o pleonastica;

    un'ulteriore problematica riguarda l'impostazione ideologica della direttiva che stona con la tassonomia europea, il cui atto delegato è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023, assimilando le fonti cosiddette «low carbon» alle fonti rinnovabili;

    così facendo, si esclude qualsiasi riferimento alla strategia di decarbonizzazione basata su fonti a bassissime emissioni, tra cui il nucleare, ma anche transitoriamente al gas naturale – possibilmente con cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche alimentate da quest'ultimo – e il risultato è che un edificio a fabbisogno energetico basso o quasi nullo e coperto da energia elettronucleare da rete non viene considerato nella categoria degli edifici «ad energia quasi zero»;

    la direttiva, nella consapevolezza che l'imposizione di ristrutturazioni massive comporterebbe per le fasce di popolazione meno abbienti costi non affrontabili, prevede che gli Stati adottino strumenti di incentivazione finanziaria per sostenere i proprietari immobiliari privati, le piccole e medie imprese e le società di servizi nell'immane sforzo di ristrutturazione previsto dal piano;

    a tal punto, è utile ricordare come la Banca d'Italia ha stimato che il cosiddetto «Superbonus» – il quale fa parte di questa categoria di strumenti di incentivazione e ha contribuito, secondo l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – raggiungerà un saldo finanziario neutro solamente nel 2067, o più probabilmente, non prima del 2100;

    prevedere uno sforzo simile per la stragrande maggioranza degli edifici residenziali – e non – da qui ai prossimi 10 anni, e ancor maggiore fino al 2050, è un esercizio di logica economica e sociale decisamente più difficile;

    considerando, a maggior ragione, che i consumi dell'Unione europea rappresentano meno del 10 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica – includendo anche le emissioni dovute alle importazioni – alla luce di un PIL che equivale al 15 per cento di quello mondiale e che le stesse emissioni Ue, a differenza di quelle di molte altre realtà politiche, sono calate in modo netto ed inesorabile a partire dagli anni '90, lo sforzo economico e le sue conseguenze sociali appaiono decisamente disallineate e sproporzionate rispetto agli obiettivi ambientali globali che, naturalmente, vanno perseguiti, ma a livello globale, appunto, per il bene degli ecosistemi e degli esseri umani;

    per quanto riguarda l'Italia, la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia comporterebbe, dunque, un piano nazionale eccessivamente stringente, sia nei tempi che nei risultati, rispetto alla natura e allo stato del patrimonio immobiliare nazionale, costituendo così un serio rischio per i proprietari, soprattutto più piccoli, per il valore degli immobili, per il sistema di credito e per il generale andamento dell'economia già duramente colpita sia dai rincari energetici che dalla recente spirale inflazionistica,

impegnano il Governo:

   a salvaguardare, nelle sedi comunitarie, gli interessi dei cittadini e delle imprese italiane, rimarcando:

    a) le peculiarità e le diverse necessità dovute alla natura del patrimonio immobiliare del Paese;

    b) la necessità di attenersi al rispetto del principio del raggiungimento del livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell'immobile, considerando solo i costi diretti, in quanto gli unici oggettivamente valutabili;

    c) la facoltà per i singoli Stati membri di delineare i propri piani di esecuzione, basandoli sul principio di cui alla precedente lettera b), senza l'imposizione arbitraria di livelli minimi uguali per tutti gli edifici, che in tutta evidenza violerebbe quel principio, il quale è l'essenza tecnico-economica dell'efficienza energetica, rendendo di fatto la direttiva inattuabile;

   ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per unificare e armonizzare i catasti termici regionali in un unico Catasto termico nazionale;

   ad adottare opportune iniziative normative affinché la certificazione energetica degli edifici sia univoca in tutta Italia e non più su scala regionale.
(7-00036) «Ruffino, Benzoni».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

inquinamento atmosferico

inquinamento stratosferico

normativa energetica