ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00019

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 39 del 19/01/2023
Abbinamenti
Atto 6/00017 abbinato in data 19/01/2023
Atto 6/00018 abbinato in data 19/01/2023
Atto 6/00020 abbinato in data 19/01/2023
Atto 6/00021 abbinato in data 19/01/2023
Firmatari
Primo firmatario: SILVESTRI FRANCESCO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/01/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CONTE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
D'ORSO VALENTINA MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
ASCARI STEFANIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
CAFIERO DE RAHO FEDERICO MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
GIULIANO CARLA MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
BALDINO VITTORIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
SANTILLO AGOSTINO MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
AURIEMMA CARMELA MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
CAPPELLETTI ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
FENU EMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023
LOMUTI ARNALDO MOVIMENTO 5 STELLE 19/01/2023


Stato iter:
19/01/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 19/01/2023
Resoconto NORDIO CARLO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
INTERVENTO GOVERNO 19/01/2023
Resoconto NORDIO CARLO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 19/01/2023
Resoconto GALLO FRANCESCO MISTO
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO MISTO-+EUROPA
Resoconto LUPI MAURIZIO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Resoconto DORI DEVIS ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto COSTA ENRICO AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Resoconto PITTALIS PIETRO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE
Resoconto CONTE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MORRONE JACOPO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto GIANASSI FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto MASCHIO CIRO FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/01/2023

NON ACCOLTO IL 19/01/2023

PARERE GOVERNO IL 19/01/2023

DISCUSSIONE IL 19/01/2023

VOTATO PER PARTI IL 19/01/2023

RESPINTO IL 19/01/2023

CONCLUSO IL 19/01/2023

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00019
presentato da
SILVESTRI Francesco
testo di
Giovedì 19 gennaio 2023, seduta n. 39

   La Camera,

   udite le comunicazioni e preso atto della relazione presentata dal Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;

   premesso che:

    l'amministrazione della giustizia in Italia non può essere solo avvertita o presentata ai cittadini come uno dei freni alla crescita, una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del nostro sistema di giustizia;

    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti rimangono allarmanti, e fotografano, in termini impietosi, la clamorosa inadeguatezza delle risorse e la conseguente inefficienza del sistema giustizia italiano anche in rapporto ai differenti standard europei. L'irragionevole durata dei processi – particolarmente nel settore civile – e un livello non ottimale di legalità, trasparenza ed etica nella vita pubblica, costituiscono un grande disincentivo all'attività d'imprese e professionisti, come pure agli investimenti esteri nel nostro Paese. Occorre, invece, dotare il sistema giustizia degli strumenti e delle risorse – economiche ed umane – necessarie alla definizione di tutti i procedimenti;

    allo stato sembrerebbe che l'azione politica di codesto dicastero, ai fini della risoluzione delle problematiche passate, presenti e future, dipenda in misura quasi esclusiva dalla decretazione d'urgenza. Il ricorso allo strumento del decreto-legge – i cui requisiti di necessità ed urgenza sono stati ampiamente oggetto di discussione (es. cosiddetto decreto Rave Party) – desta notevoli perplessità, sia in ragione dei contingentati tempi di trattazione, tali da coartare il dibattito parlamentare, che per questioni di opportunità politica, nonché delle problematiche relative alla successione delle norme penali nel tempo, che creano negli interpreti e nella collettività ragionevoli dubbi interpretativi in relazione alla opprimente e incessante stratificazione normativa. La certezza del diritto, soprattutto su di una materia quale il diritto penale che incide sulla carne viva dei cittadini, dovrebbe, inoltre, far desistere il Governo dall'emanazione di normative in tale settore sulla base di pulsioni elettoralistiche. I dati sono evidenti: all'atto dell'insediamento è stato approvato il decreto-legge cosiddetto Rave party ed è stato già annunciato un ulteriore intervento governativo in materia di riforma di abuso d'ufficio e traffico di influenze;

    è pensiero comune dei firmatari della presente risoluzione che gli annosi problemi della giustizia possono essere risolti solo ed esclusivamente in virtù di copiosi investimenti su personale amministrativo e giudiziario al fine di rendere sempre di più la giustizia a servizio del cittadino. Infatti, c'è in questa sede da ricordare che i precedenti Governi Conte I e II si sono distinti, tra le tante, per aver marcato un cambio di passo rispetto alle risorse da destinare al comparto giustizia. In particolare, nel 2019 sono stati previsti per il solo Ministero della giustizia stanziamenti per oltre otto miliardi e mezzo di euro e, per il 2020, la Legge di bilancio ne ha previsti quasi nove miliardi. Nel 2020 è stato portato avanti un piano di assunzioni di oltre 13 mila unità, tra personale amministrativo e uffici di legittimità, in un'ottica di complessivo miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione giudiziaria, con l'obiettivo della copertura e dell'ampliamento delle piante organiche, nonché della riqualificazione del personale in servizio;

    per quel che riguarda l'ottemperanza agli obblighi assunti a livello europeo, non può sottacersi come proprio grazie alla legge n. 3 del 2019, cosiddetta legge Spazzacorrotti – proposta dal ministro Bonafede ed approvata nel corso del Governo Conte I – l'Italia abbia ricevuto il plauso da parte del GRECO (il gruppo di Stati contro la Corruzione in seno al Consiglio d'Europa), a margine della sua attività di valutazione di conformità delle legislazioni vigenti degli Stati aderenti agli standard anti-corruzione. La suddetta legge ha introdotto, tra gli altri, nuovi poteri per le autorità inquirenti (agenti sotto copertura, potenziamento delle intercettazioni per i reati connessi alla corruzione), un incremento delle sanzioni per le persone sia giuridiche sia fisiche, ulteriori adeguamenti dei reati di corruzione privata e traffico di influenze e l'interruzione dei termini di prescrizione dopo la condanna di primo grado. In particolare, il GRECO ha mostrato apprezzamento rispetto all'avvenuto allineamento del reato di traffico di influenze illecite ai requisiti di cui alla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo. In un'ottica di messa a terra del PNRR, nonché di continuazione nel reperimento delle risorse da esso derivate, non sfugge, dunque, l'importanza del mantenimento dello strumento de quo anche al fine di scongiurare ipotetiche attività illecite attirate dall'ingente quantità di afflusso di danaro. Infatti, un allentamento dei presìdi contro i fenomeni corruttivi non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali che potrebbero, di guisa, mettere in discussione anche l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea;

    le mire dichiarate dal Ministro della giustizia delineano, al contrario, un perimetro di intervento in cui, in generale, tanto la lotta alla corruzione, quanto quella all'evasione fiscale, non assurge più a priorità del governo. Allarmante appare, quindi, la prospettiva che ne deriva: un ritorno al passato, allorquando il nostro Paese si distingueva per essere non già in prima linea, ma fanalino di coda nel contrasto ai fenomeni corruttivi, che – come noto – determinano un costo di circa 60 miliardi l'anno allo Stato, con perspicue implicazioni economiche e sociali;

   considerato che, dall'atto dell'insediamento, tra le politiche portate avanti dal ministero si segnala:

    a) il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, recante: «Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali». Tale provvedimento ha visto fortemente contrari i presentatori per le seguenti ragioni:

     1) l'eliminazione dei delitti contro la pubblica amministrazione dal meccanismo ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, previsto all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, rappresenta un grave vulnus alla lotta contro la criminalità organizzata e al malaffare in generale, un passo indietro inconcepibile rispetto a quanto previsto dalla legge 3/2019. Desta assoluto allarme il fatto che sia stata esclusa la previsione anche nei casi commessi in forma associativa;

     2) l'avvenuto ravvedimento, piuttosto che la revisione critica della condotta, sarebbe stato preferibile quale requisito necessario ai fini dell'accesso ai benefici penitenziari, anche in virtù di quanto disposto dalla sentenza del 7 ottobre 2019, che ha qualificato in termini maggiormente significativi il primo percorso interiore piuttosto che il secondo;

     3) la mancata previsione dell'obbligo di fornire una dichiarazione patrimoniale in capo ai soggetti beneficianti delle misure anche nei casi di mancata collaborazione con la giustizia, comporta una disparità di trattamento tra non collaboranti e collaboranti a totale detrimento di quest'ultimi. Secondo tale previsione appare maggiormente conveniente per il condannato scegliere la via della mancata collaborazione piuttosto che la messa a disposizione all'autorità. Viene in tal modo privato di rilevanza il requisito della collaborazione con la giustizia, che l'esperienza ha, invece, dimostrato essere fondamentale per rompere il sodalizio tra gli attori coinvolti;

     4) non sono stati eliminati alcuni problemi di coordinamento normativo nella formulazione dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, come risultante per effetto delle modifiche apportate dal decreto-legge in conversione. Infatti, la previsione di cui al comma 1-bis.2 stabilisce l'applicazione dei più severi requisiti di cui al precedente comma 1-bis nel caso in cui i delitti indicati al comma 1-bis.1 siano commessi in forma associativa. Il decreto-legge in conversione ha però lasciato inalterata la formulazione del comma 1-ter che prevede per alcune di queste ipotesi associative requisiti meno severi per l'accesso ai benefici previsti dall'ordinamento penitenziario. Il problema di coordinamento normativo che si pone si sostanzia quindi nel fatto che per alcune ipotesi di reati associativi (si tratta, tra l'altro, delle ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, alla tratta, e all'acquisto e all'alienazione di schiavi, nonché per le associazioni a delinquere finalizzate all'immigrazione illegale e al traffico di clandestino con riferimento alle ipotesi aggravate) verrebbe contemporaneamente prevista l'applicazione di due distinte procedure per la concessione dei benefici penitenziari, fra loro contraddittorie;

     5) l'istituzione del delitto di «Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l'incolumità pubblica» (cosiddetta norma anti-rave) si pone in totale distonia con le politiche indicate dal Ministro. Anche a tacere dell'originaria formulazione del testo, c'è da segnalare che, se da un lato, obiettivo dichiarato di codesto dicastero appare quello di indebolire il contrasto ai delitti contro la pubblica amministrazione, di limitare l'utilizzo di intercettazioni, di depotenziare determinati delitti di rilevante allarme sociale, quali abuso d'ufficio e traffico d'influenze, dall'altro, il medesimo Governo istituisce un'ulteriore previsione di reato dotata di scarsa tassatività, mancata proporzionalità tra l'offensività della condotta e la forbice edittale di pena prevista nonché di scarsissimo allarme sociale;

     6) per quanto concerne le disposizioni transitorie, relativamente al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma del processo penale cosiddetta Legge Cartabia), anche in questo frangente la voce del Movimento 5 Stelle è rimasta inascoltata. Erano, infatti, in più sedi state segnalate le storture relative alla modifica delle condizioni di procedibilità per alcuni gravi delitti (lesioni personali, violenza privata e sequestro di persona su tutti), anche in relazione al termine ivi previsto per sporgere querela, che avrebbero comportato una compressione dei diritti in capo alla vittima nella possibilità di autodeterminarsi. Trattasi infatti, di reati che maggiormente espongono a rischi di intimidazioni sia per il contesto nel quale il delitto è commesso, ovvero per il tipo di delitto in parola, che per quelli di più difficile emersione, o anche solo di comprensione da parte delle vittime. Un ulteriore criticità del testo è rappresentata dal concordato sui motivi in appello, previsto all'articolo 34 del decreto, almeno per quanto concerne i reati di mafia, terrorismo e altri gravissimi delitti, quali quelli di natura sessuale, nonché di violenza alle persone e, in particolare, quelli commessi in danno di donne e minori. Inoltre, le disposizioni in tema di giustizia riparativa, di patteggiamento in riferimento a pene accessorie e confisca, di messa alla prova, di diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini, nonché di lavoro di pubblica utilità, presentano alcune criticità che rischiano di rendere meno efficiente la nostra giustizia penale e di indebolire, di fatto, il contrasto di reati particolarmente gravi nel nostro ordinamento. Ciononostante non si è voluto procedere alle necessarie correzioni. Allo stato, quindi, permangono tali criticità;

    b) la legge di bilancio avrebbe dovuto offrire risposta alla situazione congiunturale in cui versa l'economia italiana, ovvero la recessione ed incidere sulle risorse dedicate alla giustizia. Purtroppo la marcata politicizzazione dei temi trattati, unitamente ad un'inusitata brama nel voler eliminare le politiche poste in essere dai governi precedenti, per mezzo di scelte falsamente ideologiche, ma al contempo fortemente elettoralistiche, hanno realizzato una visione di un Paese miope volto a assicurare gli interessi solo di una piccola cerchia di società, ovvero di quella già garantita. Sul punto, infatti, si segnala l'intervento relativo alla definizione agevolata delle controversie. Se da un lato è corretto perseguire politiche volte alla tutela del contribuente che per necessità sia incappato in procedimenti con il fisco o con gli altri enti impositori, dall'altro, è impossibile anche solo la valutazione di norme che prevedono una depenalizzazione dell'evasione fiscale. Oltre a quanto effettivamente contenuto nel testo presentato alle Camere, quanto era in procinto di depositare il Governo sul tema sarebbe stato uno smacco nei confronti dei tanti onesti contribuenti italiani che pur con tanti sacrifici riescono ad arrivare alla fine del mese adempiendo anche all'obbligo del pagamento delle tasse. Venivano, in buona sostanza, depenalizzate le condotte di: dichiarazione infedele (punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi), omesso versamento di ritenute dovute o certificate e omesso versamento Iva (punito con la reclusione da sei mesi a due anni) e indebita compensazione (punito con la reclusione da sei mesi a due anni). L'emendamento non è poi stato presentato, ma, a detta del Governo, potrebbe essere ripreso e vedere la luce in un prossimo provvedimento. In legge di bilancio è stata anche disposta l'anticipazione dal 30 giugno al 28 febbraio 2023 dell'applicabilità di alcune disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 (decreto legislativo di riforma del processo civile). Una scelta, questa, che non convince nella maniera più assoluta le principali sigle dell'avvocatura e della magistratura associata. Ci si trova, infatti, di fronte ad innovazioni di forte impatto, come la nuova fase introduttiva del giudizio di cognizione, che richiedono negli operatori il giusto livello di approfondimento e consolidamento che non sarà possibile con un'anticipazione di quattro mesi rispetto alla data originaria di entrata in vigore. Vi potrebbero essere per di più anche risvolti negativi sul diritto di difesa e sul principio costituzionalmente garantito del giusto processo nella misura in cui ad alcuni importanti settori della giurisdizione mancano persino i requisiti tecnici per garantire il corretto funzionamento degli uffici. L'aumento complessivo dei costi ed oneri per il cittadino, l'inutile compressione degli spazi di difesa, l'estensione della competenza del giudice di pace prima che venga implementato e messo a regime il processo telematico, avrebbero dovuto far desistere il Governo dal prevedere un'anticipazione della riforma, sarebbe stato più logico invece prevedere, al contrario, un supplemento di riflessione e un rinvio, anche di breve durata, affinché si potessero concertare scelte legislative maggiormente rispondenti agli interessi della collettività. Oltre a ciò la legge di bilancio è stata caratterizzata in generale da una politica recessiva in contraddizione a quanto disposto dai governi precedenti; nello specifico i tagli hanno interessato diversi settori tra i quali si evidenzia:

     1) la giustizia minorile, ovvero un settore nevralgico ai fini della rieducazione e restituzione alla società – nel più breve tempo e con il minor sacrificio possibile – del minore o del giovane adulto. Sarebbe stato, al contrario, necessario implementare le risorse spettanti a tale settore perché il recupero del minore rappresenta uno dei principali interessi dell'intera società, e della società futura che si intende costruire, anche in relazione alla recrudescenza di episodi di violenza all'interno degli istituti quali rivolte ed evasioni. La giustizia minorile è in fondo un compito di educazione e rieducazione continua. Per far ciò però occorre investire al fine di evitare che lo Stato rinunci ab origine ad assumersi tali responsabilità;

     2) le intercettazioni telefoniche. Il tema delle intercettazioni appare centrale nell'azione del dicastero. Purtroppo non nella direzione sperata. Con la legge di bilancio, da un lato si è operata una stretta insensata al comparto intercettizio più garantito, ovvero quello delle intercettazioni giudiziarie e, dall'altro, si è intervenuto sulla disciplina delle intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza (peraltro in contrasto con quanto disposto dall'articolo 15, comma 2, della legge 243/2012 che esclude la presentazione di emendamenti di carattere ordinamentale in legge di bilancio). Il Ministro ha più volte motivato una generale ritrosia verso lo strumento giustificandola con l'eccessiva onerosità dello stesso. Vi è sul punto da segnalare, a confutazione di quanto da Egli affermato, la valenza anche economica dello strumento in parola. Infatti, uno spunto di riflessione sul tema lo offre la Relazione semestrale sui beni sottoposti a confisca o sequestro nell'ambito delle misure di prevenzione (dati aggiornati al 30 giugno 2022), le quali seppur rappresentando una limitata parte delle misure ablatorie patrimoniali, offrono dati che risultano importanti ai fini della comprensione del reale volume complessivo di tali operazioni. Come previsto dal Codice Antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), i dati raccolti sono trasmessi all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati e confluiscono in un sistema informativo (Banca dati centrale) gestito dalla Direzione Generale per gli Affari Interni del Dipartimento Affari di Giustizia. Dalle tabelle statistiche inserite nella Relazione risulta che i procedimenti relativi alle misure di prevenzione patrimoniali – al 30 giugno 2022 – ammontano a 10.933, con un incremento di 433 unità rispetto ai 10.500 rilevati al 30 giugno 2021. Sempre al 30 giugno 2022 i beni interessati da procedimenti di prevenzione registrati in Bdc risultano complessivamente pari a 230.517, con un incremento complessivo di 9.579 unità rispetto alla rilevazione effettuata un anno prima, al 30 giugno 2021. Nel biennio 2020-2021 risultano complessivamente registrati 21.785 beni, di cui 11.407 nel primo anno e 10.378 nel secondo. Quanto alla tipologia dei beni in discorso, viene confermata una prevalenza dei beni immobili (che costituiscono quasi la metà del totale), rispetto ai beni mobili e mobili registrati (complessivamente pari al 34 per cento circa), ai beni finanziari (12 per cento circa) e alle aziende (7 per cento circa). Al 30 giugno 2022, i beni in sequestro presenti in Bdc risultano pari a 6.934 e rappresentano comunque una percentuale molto limitata, il 3 per cento, del totale complessivo. Nell'ultimo triennio, 2020-2022, le registrazioni dei beni in stato di sequestro sono leggermente superiori alla percentuale complessiva: il loro numero ammonta a 2.011, il 4 per cento del totale dei 50.205 beni interessati da un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Al termine della rilevazione, i beni confiscati sono complessivamente 96.768 e rappresentano il 42 per cento del totale dei beni censiti nel database. Al netto dei beni oggetto di decreto di destinazione da parte di ANBSC, i beni confiscati risultano essere 88.303, pari al 38,3 per cento del totale dei beni registrati nella Banca dati centrale. Privare (o limitare) lo Stato dell'uso dello strumento delle intercettazioni può comportare una perdita di efficienza nella lotta alla delinquenza e la riduzione della possibilità di sottrazione di quest'ingente quantità di beni dalla disponibilità della criminalità;

     3) le carceri. Il sistema carcerario italiano è ancora caratterizzato da un grave sovraffollamento, con strutture ed operatori quasi al collasso. Stando a quanto previsto dall'ultima relazione presentata al Parlamento, su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114 per cento. I numeri sono sicuramente allarmanti e trattasi di un fenomeno strutturale, che imporrebbe adeguate risposte sia in termini finanziari che di investimenti – anch'essi strutturali – in personale e strutture. Sul punto si segnala il numero di 82 suicidi nell'anno appena concluso. Mai così alto da oltre 20 anni: tra suicidi e decessi sono 195 le vittime in totale. Oltre al valore in termini assoluti, l'indicatore principale per valutare l'andamento del fenomeno è il cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero dei casi e la media delle persone detenute nel corso dell'anno. Con un numero di presenze medie pari a 54.920 detenuti e 82 decessi, il tasso di suicidi è oggi pari circa a 13 casi ogni 10.000 persone detenute: si tratta del valore più alto mai registrato. In carcere ci si uccide oltre 21 volte in più che nel mondo libero. Inoltre, in generale, si segnala che le condizioni dei detenuti sono per lo più indegne e incompatibili con il principio rieducativo dettato dalla Costituzione. Al fine di invertire questo drammatico trend, nonché di alleggerire la condizione di privazione della libertà, sul punto si segnala un emendamento del Movimento approvato che dispone l'assunzione di 100 unità di personale da destinare al DAP con posizione di funzionario giuridico pedagogico e di mediatore culturale;

   considerato ancora che:

    tra le politiche che questo dicastero ha posto alla base della propria attività riformatrice, quelle che destano maggiore preoccupazione sono:

     1) l'ipotetica riforma delle intercettazioni. L'eliminazione dell'utilizzo del trojan horse per i reati contro la pubblica amministrazione rappresenterebbe un notevole passo indietro rispetto alla normativa attuale. Il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti atti ad interrompere sul nascere il pactum sceleris tra corrotto e corruttore. Proprio ora che, anche in virtù dell'attività riformatrice data dall'impianto della Legge Spazzacorrotti, la legislazione italiana era finalmente in linea con gli standard europei nella lotta alla corruzione, ci si appresta ad una retromarcia;

     2) l'ipotetica riforma dell'abuso d'ufficio e traffico di influenze. Per quanto concerne il primo, vi è da segnalare che lo stesso è stato già novellato durante il Governo Conte II attraverso un intervento di specificazione della fattispecie che ne ha eliminato gli aspetti di maggiore incertezza interpretativa, rendendo di fatto superflua un'ulteriore modifica normativa. In particolare, l'articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76 ha inciso sulla disposizione del codice penale sostituendo le parole «di norme di legge o di regolamento,» con le seguenti: «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Ne consegue che il delitto di abuso d'ufficio è ora integrato dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio e salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto attraverso la violazione di norme di legge o di regolamento ovvero attraverso la violazione del dovere di astensione o la violazione di norme che dovranno essere: specifiche; espressamente ed esclusivamente previste da fonti primarie del diritto, con esclusione, quindi, di fonti secondarie; a condizione che da tali regole di condotta non residuino margini di discrezionalità. Il secondo delitto in questione piuttosto che essere soppresso dovrebbe, invero, essere aggiornato anche da una normativa di regolamentazione delle lobbies in quanto i due temi sono strettamente interconnessi;

     3) nell'ambito della custodia cautelare il paventato spostamento della competenza dal GIP ad una sezione costituita presso la corte di appello può comportare uno snaturamento del principio del giudice naturale, a detrimento dei diritti della persona oggetto di indagine, la quale può anche fruire dello strumento del riesame ai fini di una ipotetica rivalutazione;

     4) in sede di esposizione delle linee programmatiche del dicastero e in ulteriori circostanze, è stata più volte annunciata la volontà di intervenire sulla separazione delle carriere dei magistrati. Tale tentativo di riforma non troverà mai l'appoggio del Movimento 5 Stelle. Un simile intervento è già naufragato nel corso della scorsa legislatura in virtù della presentazione di un referendum che non aveva ragion d'essere, tant'è che il quesito proposto non ha raggiunto il quorum di cui all'articolo 75 della Costituzione;

   ciò premesso e considerato, preso atto delle comunicazioni del Ministro della giustizia,

impegna il Governo:

   1) a tornare ad investire nel comparto giustizia per rilanciare il rapporto tra giustizia e cittadino, giustizia e garanzia dei diritti – a cominciare dai diritti civili – giustizia e valorizzazione degli operatori del diritto (magistrati, avvocati e personale dell'amministrazione), colmando le scoperture negli uffici giudiziari e negli istituti penitenziari attraverso una massiccia e mirata attività assunzionale, in continuità con le leggi di bilancio degli anni 2018-2020;

   2) a rispettare integralmente il Titolo IV della Costituzione laddove si prevede che la giustizia sia amministrata in nome del popolo, in piena indipendenza da parte della magistratura, nonché ad astenersi dal dare seguito a qualsivoglia proposta normativa di separazione delle carriere dei magistrati e di eliminazione della obbligatorietà dell'azione penale sancita dall'articolo 112 della Costituzione;

   3) a ripensare integralmente – rafforzandolo e ponendolo al centro dell'azione pubblica – il modo in cui si intende combattere le mafie e la corruzione, avendo quale bussola riformatrice quanto disposto dalla legge n. 3 del 2019, al fine di non disperdere le best practices in materia;

   4) a porre al centro dell'azione di Governo tutte le ulteriori politiche necessarie alla predisposizione di un adeguato sistema di controlli, prevenzione e trasparenza delle somme di denaro derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché di repressione degli eventuali reati conseguenti all'utilizzo delle ingenti somme relative ai progetti del PNRR, monitorando ed eventualmente modificando le norme dei decreti legge di attuazione del PNRR attualmente in vigore per una efficace gestione delle stesse risorse;

   5) ad astenersi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a riformare la disciplina delle intercettazioni in termini peggiorativi rispetto a quella attuale, ovvero depotenziando uno strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione;

   6) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare la precedente formulazione dell'articolo 4-bis Ord. Pen. – modificato in sede di conversione del decreto n. 162 del 2022 cosiddetto Anti-Rave – così da ricomprendere nuovamente nel novero dei reati ostativi, anche quelli contro la pubblica amministrazione, restituendo rilevanza al requisito della collaborazione con la giustizia ai fini dell'ottenimento dei benefici penitenziari;

   7) a sostenere le iniziative legislative parlamentari volte ad inasprire il contrasto ai reati ambientali, a rafforzare la tutela giurisdizionale del diritto alla salute dei cittadini e alla salute nei luoghi di lavoro, nonché il contrasto alle agromafie e agli illeciti alimentari, combattendo le infiltrazioni criminali nell'economia legale;

   8) ad adottare iniziative normative volte a rivalutare i decreti legislativi di riforma del processo civile e penale sulla base di quanto testé illustrato in sede di considerata, a partire dal disegno di legge Scarpinato depositato al Senato sul ripristino della procedibilità d'ufficio per taluni reati nei casi in cui ricorrano le circostanze aggravanti di cui agli articoli 270-bis.1 (reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico) e 416-bis.1 (delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste per le associazioni di tipo mafioso); nonché in materia di concordato anche con rinuncia ai motivi di appello ex articolo 599-bis c.p.p., per ripristinare l'esclusione dell'applicazione di detto istituto agli imputati per reati di particolare gravità come mafia, terrorismo e reati di violenza sessuale;

   9) ad adottare iniziative volte a rivalutare la normativa prevista nel decreto-legge n. 162 del 2022, al fine di coordinare il testo relativo al regime ostativo agli emendamenti presentati in sede di esame in Parlamento, nonché alla soppressione del delitto di cui all'articolo 633-bis del codice penale;

   10) a salvaguardare e rafforzare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis Ord. Pen., adeguando le 12 strutture detentive in modo da garantire realmente la separazione tra questi detenuti, al fine di impedire qualsiasi comunicazione sia all'interno dell'istituto che verso l'esterno; a potenziare il GOM mettendolo in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza attraverso la copertura della pianta organica, la formazione e l'aggiornamento professionale, l'addestramento e l'equipaggiamento;

   11) in tema di giustizia riparativa assumere iniziative affinché la scelta di tale istituto sia sempre frutto di una libera e consapevole volontà della vittima e che la stessa non sia esposta neanche in via indiretta alla vittimizzazione secondaria;

   12) a non intervenire sul delitto di abuso di ufficio e al contempo adottare iniziative normative volte a prevedere un potenziamento del delitto di traffico di influenze, in combinato disposto ad una normativa sulla regolamentazione delle lobbies, sul conflitto di interessi e sul traffico di influenze;

   13) a sostenere le iniziative legislative parlamentari volte a prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo, del cyberbullismo e del disagio giovanile;

   14) ad intervenire con la massima determinazione con misure volte al contrasto alla violenza contro le donne, al fine di ridurre sensibilmente il numero dei femminicidi. Sul tema occorre riprendere il percorso segnato dal Codice Rosso e proseguito dalla Commissione di inchiesta sul femminicidio, la quale ha predisposto nella relazione conclusiva molteplici misure volte ad intervenire sul piano preventivo, di protezione nonché punitivo e rieducativo (e di azzeramento dei tassi di recidiva) nei confronti rispettivamente delle vittime e degli autori del reato, ivi inclusa l'introduzione del reato di molestie sessuali; nonché a sostenere le iniziative legislative parlamentari sul tema;

   15) a sostenere iniziative legislative, in conformità alle diverse pronunce della Corte costituzionale, in materia di: morte volontaria medicalmente assistita; possibilità di coltivazione di cannabis; modifica del delitto di diffamazione a mezzo stampa con l'esclusione del carcere per i giornalisti;

   16) a sostenere le iniziative legislative parlamentari volte a riformare la disciplina degli affidi al fine di addivenire al superiore interesse del minore;

   17) ad astenersi dall'introdurre, in materia di reati tributari, qualsiasi forma di condono, al fine di non indebolire gli strumenti di contrasto al fenomeno dell'evasione fiscale;

   18) a sostenere le iniziative legislative parlamentari volte a inasprire il trattamento sanzionatorio dei delitti contro gli animali per mezzo della previsione di un apposito titolo nel codice penale affinché gli stessi, considerati quali esseri senzienti, possano usufruire di una tutela adeguata all'interno dell'ordinamento;

   19) a sostenere le iniziative legislative parlamentari volte a riformare la geografia giudiziaria secondo il principio costituzionalmente garantito della giustizia di prossimità, per mezzo della riapertura delle sedi accorpate e di quelle soppresse dai decreti legislativi in attuazione della legge delega n. 148 del 2011, in relazione a criteri oggettivi e qualificati;

   20) ad astenersi da qualunque intervento, anche normativo, volto a modificare quanto previsto dal decreto Severino (decreto legislativo n. 235 del 2012) in merito all'incandidabilità e al divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma della legge n. 190 del 2012, così da garantire il corretto funzionamento della democrazia e dell'amministrazione pubblica;

   21) ad adottare iniziative volte a riformare il TU sulle spese di giustizia per contenere i costi di accesso alla giustizia;

   22) a sostenere le iniziative legislative parlamentari in tema di accesso alla professione forense e al regime di monocommittenza;

   23) ad adottare iniziative volte a superare l'istituto della improcedibilità in secondo grado previsto dall'articolo 344-bis c.p.p., mantenendo ferma la disciplina della prescrizione dei reati come introdotta dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta Spazzacorrotti;

   24) a eliminare attraverso atti normativi l'individuazione, da parte del Parlamento, dei criteri di priorità di trattazione delle notizie di reato e, conseguentemente, nell'esercizio dell'azione penale, lasciando integra l'autonomia della magistratura costituzionalmente garantita; nonché ad adottare iniziative volte ad eliminare il potere attribuito al Ministro della giustizia di formulare osservazioni sui progetti organizzativi delle Procure della Repubblica;

   25) ad adottare iniziative normative volte a modificare i criteri di elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura per consentire l'efficace contrasto delle derive correntizie;

   26) a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, nonché la sicurezza all'interno delle carceri nel rispetto del corretto bilanciamento dei principi di rieducazione del detenuto e di certezza della pena.
(6-00019) «Francesco Silvestri, Conte, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Lomuti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

reato

accesso alla professione

detenuto