ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00134

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 99 del 08/05/2023
Abbinamenti
Atto 1/00103 abbinato in data 09/05/2023
Atto 1/00119 abbinato in data 09/05/2023
Atto 1/00133 abbinato in data 09/05/2023
Atto 1/00136 abbinato in data 09/05/2023
Firmatari
Primo firmatario: D'ALESSIO ANTONIO
Gruppo: AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Data firma: 08/05/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BONETTI ELENA AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE 08/05/2023
RICHETTI MATTEO AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE 08/05/2023


Stato iter:
09/05/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 09/05/2023
Resoconto DURIGON CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 09/05/2023
Resoconto SEMENZATO MARTINA NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Resoconto GHIRRA FRANCESCA ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto D'ALESSIO ANTONIO AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Resoconto TENERINI CHIARA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE
Resoconto APPENDINO CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto GIACCONE ANDREA LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto ORLANDO ANDREA PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto COPPO MARCELLO FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 09/05/2023

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 09/05/2023

NON ACCOLTO IL 09/05/2023

PARERE GOVERNO IL 09/05/2023

DISCUSSIONE IL 09/05/2023

RESPINTO IL 09/05/2023

CONCLUSO IL 09/05/2023

Atto Camera

Mozione 1-00134
presentato da
D'ALESSIO Antonio
testo presentato
Lunedì 8 maggio 2023
modificato
Martedì 9 maggio 2023, seduta n. 100

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004 ha introdotto in via sperimentale la cosiddetta «opzione donna», ovvero la possibilità per le lavoratrici, che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome, di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale;

    tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015;

    successivamente, l'articolo 16 del decreto-legge n. 4 del 2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018;

    il suddetto termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 336, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) e al 31 dicembre 2021 dall'articolo 1, comma 94, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022);

    la legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, comma 292, della legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha prorogato la possibilità di accedere a «opzione donna» a favore delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022 un'anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, un'età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni, restringendo tale possibilità per le lavoratrici che siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: a) assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; b) abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74 per cento (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile); c) siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa di cui all'articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

    la modifica dei requisiti anagrafici introdotta dal Governo – ovvero l'innalzamento di due anni e la previsione di una riduzione di un anno per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni – introduce un criterio inedito non giustificato da una logica economica o previdenziale quanto piuttosto valoriale, che discrimina le lavoratrici senza figli in violazione del principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione e che presuppone che la maternità sia alternativa al lavoro;

    inoltre, l'introduzione di requisiti così restrittivi legati a condizioni di fragilità (lavoratrice caregiver, disoccupata o con riduzione della capacità lavorativa) trasforma «opzione donna» in uno strumento per molti aspetti sovrapponibili con l'istituto dell'«ape sociale»;

    più in generale, come sottolineato dalla Corte dei conti in più occasioni, nonché in sede di audizione sul disegno di legge di bilancio per il 2023, «opzione donna» non ha contribuito a disegnare un sistema previdenziale semplice, ispirato a criteri il più possibile uniformi e con limitate e ben giustificate deroghe, sollecitando una riflessione sull'opportunità di mantenere differenziazioni nell'accesso al pensionamento basate sul solo genere, dopo che il legislatore, anche sulla spinta di raccomandazioni europee, ha disposto da tempo il pieno allineamento dell'età di quiescenza tra uomini e donne, ritenendo più opportuno garantire uniformità di trattamento tra uomini e donne ed eventualmente dare maggiore spazio alle considerazioni di genere nell'ambito degli altri istituti di deroga esistenti;

    è opportuno considerare che, in media, il trattamento pensionistico riconosciuto a chi si avvale dell'opzione è più basso di circa il 30 per cento rispetto a quello cui si avrebbe diritto in via ordinaria; le donne che ne beneficiano, dunque – a maggior ragione a seguito dell'irrigidimento dei requisiti previsti dalla nuova normativa, tra i quali quello di svolgere un ruolo di caregiver famigliare – anziché veder riconosciuto il loro «ruolo di cura», ottengono un assegno più basso e un carico di cura maggiore in virtù dalla loro uscita dal mondo del lavoro;

    sebbene l'intento dell'istituto sia condivisibile, è essenziale affrontare in un'ottica integrata il tema del divario di genere nel trattamento pensionistico, che discende da quello esistente nel mondo del lavoro;

    secondo i dati della Commissione europea e come dimostrato da numerosi studi (tra i quali «Gender equality and public policy – measuring progress in Europe» di Paola Profeta), nonché dai dati emersi dal progetto europeo promosso dal Dipartimento per le pari opportunità C.L.E.A.R. – Closing the gender pension gap by increasing women's awareness, nonostante le donne abbiano un'aspettativa di vita più alta, ottengono una pensione inferiore del 35 per cento rispetto agli uomini; infatti, sebbene nel sistema pensionistico italiano non vi siano elementi di calcolo delle prestazioni che differenziano esplicitamente in base al genere, il modello sociale ed economico prevalente genera divari che penalizzano i redditi delle donne con rilevanti conseguenze pensionistiche;

    come riportato anche da uno studio di Alessandra Casarico e Massimo Taddei, il divario di genere nel trattamento pensionistico dipende principalmente da tre fattori legati al mercato del lavoro, che evidenziano come la disuguaglianza di genere abbia una dimensione intertemporale;

    in primo luogo, le retribuzioni orarie, con un divario di genere che in Italia è pari al 6 per cento, ma tocca il 17 per cento nel settore privato; questo differenziale ha un forte impatto sulla pensione, nel sistema retributivo a causa di retribuzioni pensionabili inferiori e nel contributivo a causa di contributi accumulati più bassi;

    in secondo luogo, le differenze dipendono dai tempi di lavoro: le donne lavorano in media meno degli uomini, sia in termine di numero di anni di lavoro in totale, sia in termine di ore lavorate durante l'anno; i dati del rapporto Inps del 2022 testimoniano che circa un terzo delle occupate lavora con un contratto part-time; di questi due milioni di lavoratrici, circa due terzi vorrebbero lavorare più ore, ma non possono farlo per mancanza di opportunità di lavoro full time o per l'impossibilità di conciliare il tempo per la famiglia e quello per il lavoro;

    infine, rileva l'anzianità contributiva; per ragioni legate soprattutto alla maternità e alla cura della casa e della famiglia, le donne tendono ad avere carriere contributive discontinue, con pesanti conseguenze sull'assegno pensionistico e sulla possibilità di anticipare il pensionamento. Nel 2001, l'anzianità contributiva delle pensionate era in media del 40 per cento inferiore rispetto agli uomini; il divario si è ridotto al 25 per cento nel 2021, segnalando la traiettoria corretta nella partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma rimane ancora molto alto;

    la parità di genere in campo lavorativo rimane, dunque, la chiave per una riduzione dei differenziali nei redditi pensionistici; a tal fine occorre adottare politiche che favoriscano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e riducano le differenze in campo salariale, rafforzare i servizi per l'infanzia, adottare incentivi fiscali per il posticipo del pensionamento, anziché per il suo anticipo e riformare i congedi parentali al fine di introdurre una maggiore condivisione tra i genitori dei compiti di cura;

    l'Italia si è dotata per la prima volta nel luglio 2021 della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, ispirata alla Gender equality strategy 2020-2025 dell'Unione europea, che in una prospettiva di lungo termine rappresenta lo schema di valori, la direzione delle politiche da realizzare e il punto di arrivo in termini di parità di genere; la Strategia è una delle priorità trasversali del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    la Strategia si concentra su 5 priorità strategiche (lavoro, reddito, competenze, tempo, potere) e per ciascuna definisce gli interventi da adottare, incluse le misure di natura trasversale, nonché i relativi indicatori, volti a misurare i principali aspetti del fenomeno della disparità di genere, e target, ovvero obiettivi specifici e misurabili da raggiungere;

    durante il Governo Draghi è stata approvata la prima riforma integrata delle politiche famigliari (legge n. 32 del 2022, cosiddetto Family act), che ha previsto, tra l'altro, il riordino e il rafforzamento degli strumenti volti a incentivare il lavoro femminile, anche tramite la leva fiscale; la riforma dei congedi parentali, nell'ottica di una maggiore condivisione dei carichi di cura e dell'armonizzazione dei tempi della famiglia e di lavoro; incentivi economici diretti alle famiglie per l'educazione scolastica e non formale, la cura dei figli e il lavoro domestico;

    quanto ai servizi per l'infanzia, è utile ricordare che la legge n. 234 del 2021 ha finanziato i livelli essenziali delle prestazioni a copertura dei servizi educativi per l'infanzia per rimuovere gli squilibri territoriali e che la legge n. 32 del 2022 (cosiddetto Family act) ha delegato il Governo a emanare entro dodici mesi, prorogati a ventiquattro, norme per garantire in tutto il territorio nazionale il rafforzamento dei servizi educativi e socio-educativi e delle scuole dell'infanzia; inoltre il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto un piano di investimento di 4,6 miliardi di euro, con l'obiettivo vincolante di creare almeno 264.480 nuovi posti entro dicembre 2025, per raggiungere la copertura del 50 per cento della platea, con particolare riguardo alla necessità di superare le disparità territoriali e intervenire nelle aree a più elevata povertà educativa,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza volte a a ridurre il divario di genere in campo pensionistico, partendo dal raggiungimento dell'effettiva parità di genere in campo lavorativo – con particolare riferimento alla necessità di colmare il gender pay gap nel settore privato – tramite la piena attuazione delle misure previste dalla Strategia nazionale per la parità di genere, garantendo che sulle politiche volte a favorire l'ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro siano investite altrettante risorse rispetto a quelle volte ad anticipare la loro uscita dallo stesso;

2) a completare l'attuazione del Family Act, con particolare riferimento alle misure per incentivare il lavoro femminile e per favorire la condivisione della cura e l'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro, alla riforma dei congedi parentali, al riordino e al rafforzamento delle misure di sostegno all'educazione dei figli e al rafforzamento dei servizi educativi e socio-educativi e delle scuole dell'infanzia, anche tramite un efficace e pieno utilizzo delle risorse previste a tal fine dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che identifica nella parità di genere un obiettivo trasversale dell'intero piano;

3) nelle more dell'implementazione delle politiche e del raggiungimento degli obiettivi di cui ai punti precedenti, ad adottare iniziative volte a prorogare i regimi di accesso anticipato alla pensione esistenti e a valutare l'estensione dell'accredito dei contributi pensionistici figurativi per la madre e per il padre per tutta la durata della maternità o della paternità, considerando quindi i periodi di congedo come utili ai fini contributivi.
(1-00134) «D'Alessio, Bonetti, Richetti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

pensionato

lavoro a tempo pieno

pensionamento anticipato