ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00053

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 45 del 30/01/2023
Abbinamenti
Atto 1/00090 abbinato in data 13/03/2023
Atto 1/00091 abbinato in data 13/03/2023
Atto 1/00092 abbinato in data 13/03/2023
Atto 1/00093 abbinato in data 15/03/2023
Atto 1/00094 abbinato in data 15/03/2023
Atto 1/00095 abbinato in data 15/03/2023
Firmatari
Primo firmatario: LUPI MAURIZIO
Gruppo: NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Data firma: 30/01/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FOTI TOMMASO FRATELLI D'ITALIA 15/03/2023
MOLINARI RICCARDO LEGA - SALVINI PREMIER 15/03/2023
CATTANEO ALESSANDRO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 15/03/2023


Elenco dei co-firmatari che hanno ritirato la firma
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma Data ritiro firma
PISANO CALOGERO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
COLUCCI ALESSANDRO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
ROMANO FRANCESCO SAVERIO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
BICCHIELLI PINO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
CESA LORENZO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
CAVO ILARIA NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
SEMENZATO MARTINA NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
TIRELLI FRANCO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE 30/01/2023 15/03/2023
Stato iter:
15/03/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 13/03/2023
Resoconto BICCHIELLI PINO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 13/03/2023
Resoconto GIANASSI FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto MURA FRANCESCO FRATELLI D'ITALIA
 
PARERE GOVERNO 15/03/2023
Resoconto SISTO FRANCESCO PAOLO VICE MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
DICHIARAZIONE VOTO 15/03/2023
Resoconto COLUCCI ALESSANDRO NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Resoconto DORI DEVIS ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto COSTA ENRICO AZIONE - ITALIA VIVA - RENEW EUROPE
Resoconto CALDERONE TOMMASO ANTONINO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE
Resoconto D'ORSO VALENTINA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BISA INGRID LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto GIANASSI FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/03/2023

DISCUSSIONE IL 13/03/2023

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/03/2023

ATTO MODIFICATO IL 15/03/2023

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/03/2023

ACCOLTO IL 15/03/2023

PARERE GOVERNO IL 15/03/2023

DISCUSSIONE IL 15/03/2023

APPROVATO IL 15/03/2023

CONCLUSO IL 15/03/2023

Atto Camera

Mozione 1-00053
presentato da
LUPI Maurizio
testo presentato
Lunedì 30 gennaio 2023
modificato
Mercoledì 15 marzo 2023, seduta n. 69

   La Camera,

   premesso che:

    il quadro normativo che regola l'ordinamento processuale penale italiano è ispirato ed adeguato ai principi fondamentali incardinati nella Costituzione italiana;

    il sistema delle fonti sovraordinate del diritto processuale penale costituisce oggi un sistema complesso all'interno del quale, a fianco della Costituzione, si trovano la normativa dell'Unione europea e i trattati internazionali e in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

    il diritto all'equo processo è affermato quale diritto fondamentale dell'uomo e, dunque, riconosciuto in tutti gli ordinamenti degli Stati di diritto dall'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi;

    la fonte di matrice comunitaria cui in primis occorre fare riferimento è la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, come noto, ha valore normativo nei confronti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, con disposizioni che assurgono al rango di regole precettive di prerogative specifiche e a tutela di ogni persona;

    nell'ambito della Carta fondamentale dei diritti dell'uomo, la posizione e le garanzie che devono assistere l'autorità giurisdizionale chiamata a decidere di una singola controversia trovano regolamentazione nell'articolo 6 che si annovera fra quelli più importanti e discussi della Cedu e affronta il tema dell'equo processo, della ragionevole durata (articolo 6, paragrafo 1), della presunzione di innocenza (articolo 6, paragrafo 2) e delle garanzie processuali dell'imputato in relazione al principio del contraddittorio (articolo 6, paragrafo 3);

    strettamente interconnesse con le norme di rango sovranazionale vi è, dunque, il plesso delle disposizioni precipuamente dedicate dalla Costituzione alla materia penale. Si tratta di una messe di principi garantistici, sviluppati per definire presupposti, contenuto e limiti della potestà punitiva;

    alcuni di questi principi sono espressi, come il principio di legalità nei fondamentali corollari della riserva di legge e della irretroattività, previsti dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio della personalità della responsabilità penale, di non colpevolezza e della finalità rieducativa della pena – scolpiti nell'articolo 27 della Costituzione –;

    in particolare, l'articolo 111 della Carta costituzionale stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.», riservando al legislatore l'importante compito di regolare lo svolgimento del processo;

    come indicato altresì nel secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Da ciò deriva peraltro la tutela dei diritti che il sistema giudiziario italiano assicura a ciascuna parte;

    alla luce del suddetto articolo, trova posto il principio relativo alla ragionevole durata del processo. La riduzione dei tempi del giudizio costituisce altresì una delle misure concernenti la riforma del sistema giudiziario nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza; si sottolinea inoltre che il Consiglio europeo, anche precedentemente alla approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato come «la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi.» (Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio europeo sul programma di stabilità 2019 dell'Italia). L'attenzione che il legislatore deve prestare a tale principio è rafforzata dalle condanne che la Corte di Strasburgo ha inflitto nei confronti dell'Italia a seguito della riconosciuta violazione del suddetto principio;

    alla luce dei principi costituzionali, tra i diritti spettanti al soggetto imputato o indagato, brilla il principio di non colpevolezza, altresì conosciuto come presunzione di innocenza incorniciato dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione italiana che statuisce che «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»;

    l'Unione europea è intervenuta sulla materia della presunzione di innocenza con la direttiva 343/2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali che all'articolo 3 stabilisce che la presunzione di innocenza è riconosciuta agli indagati e agli imputati fino a quando non è stata legalmente provata la colpevolezza. L'Italia, con riguardo al recepimento della direttiva 343/2016, dopo un primo momento nel quale ha valutato l'ordinamento giuridico nazionale come conforme alle misure minime comuni stabilite dalla direttiva unionale, ha successivamente e alla luce della Relazione sullo stato di attuazione della direttiva (doc. COM (2021) 144 final), deciso di predisporre la previsione della legge n. 53 del 2021 a seguito della quale il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo A.G 285. Difatti, seppur l'Italia non abbia ricevuto esplicito riferimento nella suddetta relazione, avendo riscontrato alcune criticità anche con riguardo all'articolo 4 della direttiva e volendo evitare di incorrere in infrazioni, ha proceduto a novellare alcuni aspetti del quadro giuridico relativo alla presunzione di innocenza. Il Governo ha pertanto emanato il decreto legislativo n. 188 del 2021 recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; in particolare, l'articolo 4 della direttiva 343/2016 stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità»;

    la presunzione di innocenza, come altresì indicato nelle Comunicazioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulle linee programmatiche del suo dicastero il 6 dicembre 2022 presso la Commissione giustizia del Senato e come altresì ribadito presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il giorno 7 dicembre 2022, è stata vulnerata in molti modi. Diventa pertanto doveroso che la politica intervenga per risolvere le problematicità connesse a tale situazione;

    è opportuno che il legislatore identifichi le cause che, in qualsivoglia maniera, compromettono i principi costituzionali in materia di giustizia e che si attivi in tempi quanto più rapidi, attraverso interventi normativi mirati, per ristabilire un sistema di giustizia ispirato e adeguato alla Costituzione, oltre che alle convenzioni internazionali che regolano la materia;

    tra le cause che ledono i principi costituzionali va menzionato l'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. L'utilizzo improprio delle intercettazioni costituisce difatti una criticità del sistema giudiziario penale al quale il legislatore ha prestato attenzione negli ultimi anni e sul quale è opportuno intervenire;

    in relazione ai principi di legalità, della residualità del diritto penale, nonché del diritto alla privacy, una grave tensione con i principi fondanti del procedimento penale è posta dall'utilizzo delle intercettazioni e, nello specifico dall'utilizzo dei captatori informatici (così detto trojan horse);

    in relazione all'utilizzo dei captatori informatici si rileva una irragionevole assimilazione di fattispecie di reato geneticamente e fenomenologicamente eterogenee, di diverso allarme sociale. Il principio costituzionale di eguaglianza impone di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diseguali in modo diseguale. Rispetto a tale previsione si ravvisa, altresì, un eccesso di legislazione penale;

    se, da un lato, l'utilizzo del trojan, introdotto nell'ordinamento penale italiano con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – cosiddetta riforma Orlando – rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati ritenuti di particolare gravità di tipo associativo e di terrorismo, dall'altro, è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui, nonostante la Corte di cassazione abbia confermato che vada esclusa la riconducibilità del trojan agli strumenti di pressione sulla libertà fisica e morale il cui uso è vietato dall'articolo 188 del codice di procedura penale;

    particolare attenzione va posta sull'informazione di garanzia che viene spesso utilizzata per costruire processi di natura mediatica anche attraverso la diffusione di dati che dovrebbero essere riservati, generando situazioni lesive del principio di presunzione di innocenza; è fondamentale pertanto che il legislatore intervenga per tutelare maggiormente la riservatezza delle comunicazioni e la segretezza dell'avviso di garanzia in quanto strumenti di tutela del soggetto;

    in relazione alla privacy e alla presunzione di non colpevolezza, si deve rilevare come la diffusione degli atti nel corso di procedimenti, come evidenziato dal Ministro della giustizia Nordio durante l'audizione al Senato della Repubblica in Commissione giustizia «è uno strumento micidiale di violazione» dei diritti, «di delegittimazione personale e spesso politica»;

    è dunque necessaria una risposta normativa che tuteli effettivamente e concretamente il cittadino da tale fenomeno;

    alla luce del principio di presunzione di innocenza e del principio di ragionevole durata del processo risulta altresì importante che il legislatore si concentri sul tema della prescrizione. Come richiamato nell'ordine del giorno n. 9/705/149 del 28 dicembre 2022: «l'allungamento dei tempi processuali non solo collide con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, al contrario, ne impongono una significativa riduzione, ma si pone altresì in aperto contrasto con i principi costituzionali di presunzione di innocenza, funzione rieducativa della pena e ragionevole durata del processo». Come noto al legislatore, sul tema della prescrizione è intervenuta la «riforma Cartabia», ma come indicato nel suddetto ordine del giorno: «la riforma Cartabia, tuttavia, non ha modificato il principio di sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado fissato dalla riforma Bonafede, configurando piuttosto un'ipotesi di improcedibilità in appello; infatti, pur dovendosi apprezzare la scelta di ovviare alle macroscopiche criticità derivanti dalla cosiddetta “Spazzacorrotti”, non può non rilevarsi la necessità di ripristinare definitivamente la disciplina sulla prescrizione in un quadro di coerenza sistematica.»;

    la prescrizione sostanziale è un fondamentale elemento acceleratorio, e il suo venir meno, più che una cura, suona come il certificato della malattia cronica della giustizia italiana. Porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima, e la collettività tutta, che hanno un comune interesse al celere accertamento della responsabilità e alla punizione del reato. L'innocente, già danneggiato dal solo fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di vedere definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;

    sempre in un'ottica di maggiore efficienza del procedimento penale e di effettività delle garanzie dell'imputato, s'impone di evidenziare il regime di impugnazione delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri. La questione è stata affrontata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, (cosiddetta legge Pecorella) che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, salvo l'emergere di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado. La Consulta, con la sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'incostituzionalità della norma sopra riferita in quanto negazione del principio di parità delle parti, impedendo al pubblico ministero il potere di impugnare una sentenza di primo grado in appello. La medesima pronuncia della Corte costituzionale ha rilevato come «le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti necessarie del processo penale, correlate alle diverse condizioni di operatività e ai differenti interessi dei quali, anche alla luce dei precetti costituzionali, le parti stesse sono portatrici – essendo l'una un organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l'altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali (in primis, quello di libertà personale), sui quali inciderebbe una eventuale sentenza di condanna – impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell'iter processuale, in un'assoluta simmetria di poteri e facoltà»;

    sul punto giova ricordare l'articolo 2 del protocollo numero 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, o l'articolo 14, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme prevedono che la persona condannata per un reato abbia diritto a che l'accertamento di colpevolezza sia esaminato da un tribunale superiore o di seconda istanza. Diritto riconosciuto solo all'imputato e non all'accusa;

    occorre ridisegnare il sistema delle impugnazioni alla luce delle coordinate costituzionali e convenzionali, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, che ha rimarcato – in modo sempre più accentuato – la «diversa quotazione costituzionale del potere di impugnazione delle due parti necessarie del processo penale: privo di autonoma copertura nell'articolo 112 della Costituzione – e, dunque, più “malleabile”, in funzione della realizzazione di interessi contrapposti – quello della parte pubblica; intimamente collegato, invece, all'articolo 24 della Costituzione. – e, dunque, meno disponibile a interventi limitativi – quello dell'imputato» (sentenza n. 34 del 2020);

    in relazione, poi, alla presunzione di non colpevolezza, l'8 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (C-2022-8987) sui diritti procedurali degli indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con la quale ha invitato, a chiare lettere, gli Stati membri ad «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». La Commissione europea ha precisato che gli Stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati», ma soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza»;

    il tema delle misure cautelari personali è inesorabilmente e strettamente connesso con i fondamenti della legislazione costituzionale di garanzia: dal principio di inviolabilità della libertà personale (articolo 13, primo comma, della Costituzione), alla riserva di legge che esige la tipizzazione dei casi e dei modi nonché dei tempi di limitazione di tale libertà, alla riserva di giurisdizione che esige sempre un atto motivato del giudice (articolo 13, secondo e quinto comma, della Costituzione), fino – come detto – alla presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), in forza della quale l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Nel nostro Paese, il mancato rispetto dell'impianto costituzionale di riferimento è drammaticamente testimoniato dai dati riferiti nell'ultima relazione annuale del Ministro della giustizia al Parlamento ex legge 16 aprile 2015, n. 47: ventiquattro milioni e mezzo di euro è quanto ha pagato lo scorso anno lo Stato per risarcire quanti hanno ingiustamente subito la custodia cautelare in carcere. Si tratta di persone private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Vittime di un potere oltre limite, quello di limitare la libertà personale di un cittadino, extra e ante contraddittorio;

    s'impone, dunque, una riflessione molto rigorosa sulla «genesi» dell'intervento cautelare nonché sulla effettività del controllo giurisdizionale in ordine alle richieste del pubblico ministero, rendendo più stringenti i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, in particolare incidendo sulle condizioni meno aderenti al principio di legalità, quale il rischio di reiterazioni di reati della medesima specie di quello per cui si procede (articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale);

    ulteriore criticità del sistema concerne la giustizia amministrativa la quale soffre di una paralisi che inficia il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che richiede al legislatore di intervenire sulla revisione di alcuni reati; in particolare, si auspica un intervento legislativo sul reato di abuso di ufficio disciplinato dall'articolo 323 del Codice penale per il quale si riscontra un numero di condanne minimo rispetto al numero delle indagini avviate. In tal modo si vogliono altresì tutelare gli amministratori locali che sempre più spesso si trovano a dover dedicare parte del loro tempo e delle proprie risorse a procedimenti non connessi a reali responsabilità per illeciti personali, ma conseguenti al mero adempimento delle proprie funzioni;

    nel corso dell'esposizione delle linee guida del suo dicastero, il Ministro della giustizia ha evidenziato che dai dati relativi all'abuso d'ufficio emerge solo il 3 per cento di condanne, mentre le statistiche indicano 5.400 procedimenti nel 2021, conclusi con 9 condanne davanti al Gip e 18 in sede di dibattimento;

    lo stesso Ministro della giustizia ha evidenziato che «(...) L'unica conseguenza è il rischio di essere indagati (...)», rilevando la necessità di «(...) abbandonare l'idea di tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione con minaccia della pena», e ricordando gli appelli dei sindaci di diverse parti politiche in direzione di una riforma di questi reati che comportano soltanto un vulnus all'efficiente funzionamento del procedimento penale;

    le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato e superare una delle tante criticità della giustizia italiana che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione, e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni;

    il rispetto del principio di legalità, in uno con i principi di sussidiarietà e di extrema ratio che debbono governare l'impiego del diritto penale, presentano gravi aspetti di frizione con l'articolo 346-bis del codice penale, rubricato «Traffico di influenze illecite», introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190, con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla pubblica amministrazione, punendo l'insieme delle condotte prodromiche all'atto corruttivo vero e proprio. Successivamente, nel 2019, con la legge cosiddetta «Spazzacorrotti» (legge 9 gennaio 2019, n. 3), si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata, facendovi confluire la fattispecie del millantato credito, contestualmente abrogata. Il reato de quo è volto a individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; esso si struttura come illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l'attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio;

    l'eccessiva anticipazione della tutela penale, ovvero per il concentrarsi della norma sulla «mera mediazione» più che sull'«effettivo risultato lobbistico» e, e ancor più, per l'uso nella descrizione della condotta penalmente rilevante di formule vaghe quanto ambigue, impongono un intervento riformatore sulla fattispecie costituzionalmente orientato;

    si ritiene fondamentale intervenire sulla norma che disciplina il reato di traffico di influenze illecite che, come anche richiamato dal Ministro Nordio nel suo intervento al Senato del 6 dicembre 2022, difetta di tipicità e tassatività, consentendo pertanto l'avvio di indagini che rischiano di essere discrezionali;

    in relazione alla presunzione di non colpevolezza si deve evidenziare come il testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (cosiddetta legge Severino), abbia introdotto nel nostro ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna. Tali disposizioni presentano evidenti aspetti di disomogeneità;

    la maggior parte delle sue disposizioni prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva, mentre le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive;

    pare, quindi, fondamentale un sollecito intervento del legislatore idoneo a realizzare un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all'articolo 27 della Costituzione;

    alla luce di quanto esposto e con il fine di adeguare il sistema giudiziario ai principi costituzionali e internazionali, è essenziale che il legislatore intervenga affinché la giustizia italiana sia regolata in modo tale da far nuovamente risplendere i principi fondamentali che sono alla base del nostro ordinamento,

impegna il Governo:

1) a monitorare, per quanto di competenza, l'applicazione dei principi costituzionali;

2) a rendere effettivo, anche attraverso iniziative culturali e di informazione, il principio di non colpevolezza previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

3) ad adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari personali atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione, incidendo, a monte, sui presupposti per la loro applicazione e, nello specifico, su quelli non aderenti al necessario rispetto del principio di legalità quali quello previsto dall'articolo 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale e, quindi, rafforzando sia il controllo giurisdizionale sulle medesime sia l'obbligo motivazionale;

4) ad adottare iniziative normative volte a rendere effettiva la ragionevole durata dei processi;

5) a tutelare i diritti del soggetto indagato o imputato attraverso iniziative normative mirate;

6) ad adottare iniziative normative per disciplinare ulteriormente la materia delle intercettazioni onde evitarne l'abuso;

7) ad adottare le iniziative di competenza necessarie atte ad inibire la pubblicazione, anche parziale, del contenuto di intercettazioni, nell'equo contemperamento del principio della presunzione di non colpevolezza con il diritto di cronaca;

8) in materia di intercettazioni, ad adottare le opportune iniziative normative volte ad assicurare l'utilizzo come strumento di ricerca della prova, individuando, a seguito della conclusione della indagine conoscitiva che si sta svolgendo al Senato, eventuali disfunzioni o lacune normative;

9) ad adottare iniziative normative in ordine al tema della prescrizione con il fine di ristabilire la prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio;

10) ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in materia di inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti in violazione di legge, assolutezza del relativo divieto ex articolo 191 del codice di procedura penale, anche nel caso di ricorso da parte dell'imputato a riti alternativi;

11) ad intraprendere le necessarie iniziative normative in materia di regime di impugnabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del magistrato del pubblico ministero, in asse con i principi costituzionali ed europei;

12) ad adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, prevedendo che le cause di sospensione degli amministratori regionali e locali siano allineate con i principi costituzionali ed europei in materia di giusto processo;

13) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio;

14) ad adottare le iniziative normative volte a modificare l'articolo 346-bis del codice penale in materia di traffico di influenze illecite, alla luce dei principi di tassatività e tipicità, necessarie a garantire il principio di legalità, nel rispetto dei vincoli discendenti dalla sottoscrizione della Convenzione di Merida, tipizzando maggiormente le relative condotte e posticipando la tutela penale in relazione all'effettivo risultato lobbistico;

15) ad adottare iniziative normative relative ai fenomeni baby gang e a combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità;

16) ad adottare iniziative normative volte a combattere le truffe agli anziani, a tutelare l'inviolabilità del domicilio da occupazioni arbitrarie;

17) nell'ottica di una funzionale esecuzione della pena, al fine di contrastare il sovraffollamento carcerario ad adottare iniziative volte a far sì che i detenuti stranieri scontino la pena nei propri Stati di origine;

18) ad adottare iniziative per procedere con una riforma dell'ordinamento penitenziario per garantire piena dignità al detenuto, con programmi di lavoro dei detenuti stessi, sicurezza nelle carceri, assunzioni per la polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari;

19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere percorsi alternativi alla detenzione per i detenuti tossicodipendenti, come già previsti dall'ordinamento penitenziario, anche mediante il maggior coinvolgimento degli enti del terzo settore.
(1-00053) (Nuova formulazione) «Lupi, Foti, Molinari, Cattaneo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

responsabilita' civile

diritti della difesa

diritti umani