ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00017

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 12 del 22/11/2022
Abbinamenti
Atto 1/00004 abbinato in data 23/11/2022
Atto 1/00005 abbinato in data 23/11/2022
Atto 1/00015 abbinato in data 23/11/2022
Atto 1/00018 abbinato in data 23/11/2022
Atto 1/00019 abbinato in data 23/11/2022
Firmatari
Primo firmatario: ZANELLA LUANA
Gruppo: ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Data firma: 22/11/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
EVI ELEONORA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
GHIRRA FRANCESCA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
PICCOLOTTI ELISABETTA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
BONELLI ANGELO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
BORRELLI FRANCESCO EMILIO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
DORI DEVIS ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
FRATOIANNI NICOLA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
GRIMALDI MARCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
MARI FRANCESCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
SOUMAHORO ABOUBAKAR ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022
ZARATTI FILIBERTO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 22/11/2022


Stato iter:
23/11/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 23/11/2022
Resoconto GHIRRA FRANCESCA ALLEANZA VERDI E SINISTRA
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 23/11/2022
Resoconto CAVO ILARIA NOI MODERATI (NOI CON L'ITALIA, CORAGGIO ITALIA, UDC, ITALIA AL CENTRO)-MAIE
Resoconto APPENDINO CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto TESTA GUERINO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto MARINO MARIA STEFANIA PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto MORRONE JACOPO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto DORI DEVIS ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto SCHLEIN ELLY PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto MATONE SIMONETTA LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto GIANASSI FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Resoconto AMBROSI ALESSIA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto LANCELLOTTA ELISABETTA CHRISTIANA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto BISA INGRID LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto FRATOIANNI NICOLA ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto SCUTELLA' ELISA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COLOSIMO CHIARA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto GRIMALDI MARCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Resoconto BOLDRINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 23/11/2022

DISCUSSIONE IL 23/11/2022

RITIRATO IL 23/11/2022

CONCLUSO IL 23/11/2022

Atto Camera

Mozione 1-00017
presentato da
ZANELLA Luana
testo presentato
Martedì 22 novembre 2022
modificato
Mercoledì 23 novembre 2022, seduta n. 13

   La Camera,

   premesso che:

    nel 2002 l'Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato come la prima causa di uccisione nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni sia l'omicidio da parte di persone conosciute, in particolare da parte di partner ed ex partner;

    il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2013, la prima grande rilevazione globale mai effettuata sugli abusi fisici e sessuali subiti dalle donne in tutte le regioni del pianeta (141 ricerche in 81 Paesi), ha configurato la violenza contro le donne come una questione strutturale globale. Lungi dall'essere un fenomeno emergenziale, è risultato essere infatti strutturale ed endemico: il 35,6 per cento delle donne subisce nel corso della propria vita una qualche forma di violenza maschile; l'inchiesta ha, inoltre, evidenziato come le donne vittima di violenza, rispetto alle altre, abbiano il doppio di probabilità di soffrire di depressione, più del doppio di avere problemi mentali o di soffrire di alcolismo; sono più soggette a malattie virali e maggiormente esposte a tentativi di suicidio; complessivamente le vittime degli omicidi compiuti all'interno della famiglia sono per l'82 per cento di sesso femminile se a compiere l'omicidio è il partner;

    i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità diffusi nel 2013 sono stati confermati in Italia dall'Istat che nel 2014 ha rilevato come il 31,5 per cento delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni abbia subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Un diverso rapporto Istat del 2018 relativo alle molestie sul luogo di lavoro ha anche messo in luce come, nel corso della loro vita, 1.100.000 donne (pari al 7,5 per cento delle lavoratrici) abbia subito ricatti sessuali per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ottenere progressioni nella carriera;

    negli anni '90 l'adozione di un termine specifico per indicare queste tipologie di reati fu una scelta politica: la categoria criminologica del «femicide» (femmicidio) evidenziava che il reato di omicidio volontario colpiva le donne in maniera specifica nell'ambito familiare, spesso con motivazioni che poggiavano su una cultura discriminatoria, che viene definita patriarcale, e attraversa tutti i Paesi del mondo;

    assegnare un termine specifico ha consentito di rendere visibile il fenomeno, studiarlo, potenziare l'efficacia delle risposte punitive. Il termine «femmicidio» (femicide) è stato diffuso con questo significato per la prima volta da Diana E.H. Russell, sociologa e attivista femminista, che, nel 1992, attraverso l'utilizzo di questa nuova categoria criminologica, ha «nominato» la causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza estrema da parte dell'uomo contro la donna «perché donna»;

    il concetto di «femmicidio», così ideato da Diana E.H. Russell, si estende al di là della definizione giuridica di assassinio, per includere tutte quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine. Questo neologismo, successivamente, è stato ripreso dalle sociologhe, antropologhe e criminologhe messicane che, a partire dalla denuncia della natura misogina delle barbare mutilazioni e uccisioni di donne i cui corpi sono stati rinvenuti nei pressi di Ciudad Juàrez, verificando come molto spesso questi fatti fossero agevolati dall'inefficacia delle risposte istituzionali al fenomeno della violenza maschile sulle donne, hanno coniato la categoria sociologica del «femminicidio» per descrivere ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna perché donna. In particolare, questa teorizzazione ritiene che «tutte le società patriarcali hanno usato e continuano a usare il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne»;

    il femminicidio, nella più moderna concezione, si configura, quindi, come un fenomeno strutturale ed endemico, che va al di là degli assassinii delle donne e riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, indirizzate ad annullare la donna nella sua identità e libertà di autodeterminazione non soltanto fisicamente, ma anche nella dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica. Usando le definizione di Marcele Lagarde, infatti, femminicidio è «la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale – che comportano l'impunità delle condotte poste in essere, tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o nel tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all'insicurezza, al disinteresse delle istituzioni e all'esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia»;

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno della violenza maschile contro le donne;

    la data della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne segna anche l'inizio dei «16 giorni di attivismo contro la violenza di genere» che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani stabilita per il 10 dicembre di ogni anno, promossi nel 1991 dal Center for Women's global leadership e sostenuti dalle Nazioni Unite, per sottolineare che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani;

    la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 definisce la violenza contro le donne «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata»;

    la violenza contro le donne è ritenuta, nel testo della risoluzione, una manifestazione delle «relazioni di potere storicamente ineguali» fra i sessi, uno dei «meccanismi sociali cruciali» di dominio e discriminazione con cui le donne vengono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini per impedirne il loro avanzamento sociale;

    partendo dalle deliberazioni della Terza e Quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltesi a Nairobi nel 1985 e a Pechino nel 1995, con la partecipazione di rappresentanti di 140 nazioni, la risoluzione inserisce questo tema nella più ampia questione dei diritti umani, sottolinea come la violenza contro le donne rappresenti un ostacolo al raggiungimento dell'uguaglianza, dello sviluppo e della pace e come si renda necessaria l'adozione di misure volte a prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione, con particolare riguardo alle donne maggiormente vulnerabili (appartenenti a gruppi minoritari, indigeni, donne rifugiate, donne migranti, donne che vivono in comunità rurali o remote, donne indigenti, anziane, con disabilità e donne che si trovano in situazioni di conflitto armato);

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    ne consegue, per gli Stati, l'obbligazione di garantire alle donne una vita libera da ogni forma di violenza, declinata come «obbligazione delle 5 P»: to promote, promuovere una cultura che non discrimini le donne; to prevent, adottare ogni misura idonea a prevenire la violenza maschile sulle donne; to protect, proteggere le donne che vogliono fuggire dalla violenza maschile; to punish, perseguire i crimini commessi nei confronti delle donne; to procure compensation, risarcire – non solo economicamente – le vittime di violenza sulle donne;

    i dati, drammaticamente similari anno dopo anno, riportano che in Italia, ogni tre giorni viene compiuto un femminicidio. È quanto emerge anche dal dossier annuale del Ministero dell'interno, che rileva come, tra il 1° agosto 2021 e il 31 luglio 2022, nel nostro Paese siano state uccise 125 donne, dato peraltro in aumento rispetto alla precedente rilevazione;

    nello stesso lasso di tempo, sono state registrate anche 15.817 denunce per stalking, oltre a 3.100 ammonimenti del questore e 361 allontanamenti per lo stesso reato. Numeri che mostrano quanto sia ancora radicata, nel nostro Paese, la piaga della violenza di genere. Peraltro, le rilevazioni evidenziano come gran parte degli episodi di violenza rimangano sommersi: secondo l'Istat, «è elevata la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita»; «i tassi di denuncia», prosegue l'istituto di statistica, «riguardano il 12,2 per cento delle violenze commesse da partner e il 6 per cento di quelle da non partner». Dal dossier annuale del Ministero dell'interno emerge un altro dato decisivo: 108 vittime su 125 sono state uccise «in ambito familiare o affettivo». Fra queste, sono ben 68 le donne assassinate da un uomo con cui avevano, o avevano avuto in passato, una relazione;

    l'assenza, in ambito europeo, di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontato il problema in modo sinergico fra gli Stati, nonostante il fatto che la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea disponga di leggi per contrastare la violenza basata sul genere e sull'orientamento sessuale. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo, che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea; il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in ambito nazionale diversi sono gli interventi normativi che di recente, soprattutto nel corso della XVII e della XVIII legislatura, hanno tentato un approccio risolutivo multidisciplinare. A titolo esemplificativo, si indicano: la cosiddetta legge sul femminicidio (decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di contrasto alla violenza di genere); l'introduzione dell'articolo 14, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che prevede la possibilità per una donna, dipendente pubblica, vittima di violenza di genere e inserita in specifici percorsi di protezione, di chiedere il trasferimento in un'amministrazione di un comune diverso da quello in cui risiede; l'articolo 1, comma 16, della legge 13 luglio 2015, n. 107, «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per cui nel piano triennale dell'offerta formativa di ogni scuola viene promossa la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare sul tema studenti, docenti e genitori; l'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, «Congedo per le donne vittime di violenza di genere»; l'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016. (16G00134)», che stabilisce il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti; il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, «Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI»; la legge 11 gennaio 2018, n. 4, «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici»; la legge 19 luglio 2019, n. 69, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2020, «Reddito di libertà per le donne vittime di violenza»; la legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere»;

    un corposo lavoro parlamentare è stato, inoltre, portato avanti dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita al Senato della Repubblica nel corso della XVIII Legislatura e che ha concluso i propri lavori il 6 settembre 2022 con l'approvazione della relazione conclusiva; fra i dati, di particolare interesse l'ultima indagine condotta sulla vittimizzazione secondaria dal titolo «Separazioni e genitorialità tra responsabilità e diritti: la violenza negata». La relazione ha, infatti, messo in luce le falle dei tribunali civili e dei tribunali per i minorenni sulla violenza domestica, anche e soprattutto rispetto all'affidamento dei figli;

    il Governo adotta piani straordinari a cadenza biennale per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023, il quale prevede un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    la Convenzione di Istanbul, all'articolo 18, stabilisce che gli Stati firmatari si impegnano ad «evitare la vittimizzazione secondaria», che consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all'apertura di un procedimento giurisdizionale. La vittimizzazione secondaria è una conseguenza spesso sottovalutata proprio nei casi in cui le donne sono vittima di reati di genere e l'effetto principale è quello di scoraggiare la presentazione della denuncia da parte della vittima stessa;

    la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell'ufficio legale di «Differenza Donna» per una donna seguita dal centro antiviolenza casa rifugio Villa Pamphili di regione Lazio; con il caso I.M. e altri contro l'Italia (ricorso n. 25426/20), ha condannato l'Italia per aver violato l'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni di I.M., costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal tribunale;

    il perdurare del fenomeno, nonostante i tentativi di intervento normativo in materia su più fronti, indica la necessità e l'urgenza di approntare misure di tutela che garantiscano il rispetto dei diritti delle donne vittime di violenza e dei minori implicati; per tale motivo è di tutta evidenza essenziale proseguire e intensificare le attività volte ad ottenere un reale cambiamento culturale e il definitivo superamento del sistema culturale patriarcale; altrettanto fondamentale risulta essere l'adeguata formazione professionale di tutti gli operatori coinvolti;

    è, quindi, indispensabile predisporre un quadro sistematico di interventi che metta al centro donne e uomini e che punti alla sensibilizzazione delle giovani e giovanissime generazioni;

    è altresì, indispensabile rafforzare gli strumenti esistenti e idearne di nuovi da mettere a disposizione delle donne che decidano di denunciare o comunque allontanarsi dal maltrattante o di coloro le quali si trovino comunque ad essere vittime di comportamenti violenti ad opera maschile, per tutelare la loro incolumità nell'ambito del contesto di vita che hanno scelto, e prevederne degli altri per sostenerle nel percorso verso l'autodeterminazione, anche economica;

    risulta, inoltre, non più procrastinabile la risoluzione delle lacune normative e delle criticità esistenti nel sistema giudiziario processuale civile e penale, che rallenta o talvolta addirittura ostacola la tutela delle donne vittime di violenza maschile e la loro autodeterminazione,

impegna il Governo:

1) a valutare di assumere iniziative in relazione alla predisposizione obbligatoria, con cadenza annuale, di un progetto di azione contro la violenza sessuale e di genere;

2) a prevedere iniziative concrete per sostenere adeguatamente la rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, garantendo in ogni territorio la presenza di centri gestiti da soggetti con adeguata esperienza, laici e non confessionali, capaci di assicurare indipendenza, rispetto della cultura e dell'orientamento religioso delle utenti e personale adeguatamente e costantemente; assicurando, inoltre, l'aggiornamento costante della mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità e adottando, infine, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali e in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano una visione stereotipata dei generi;

5) ad adottare ogni iniziativa di competenza per contrastare efficacemente la violenza di genere sui social network;

6) a porre in essere le iniziative ritenute opportune affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività della pubblica amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio, anche evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne;

7) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti al fine di intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze, nonché per introdurre e finanziare adeguatamente, inoltre, progetti extra-scolatici rivolti agli studenti delle scuole dell'obbligo e miranti all'educazione al rispetto delle differenze, all'affettività, alla sessualità e ai sentimenti;

8) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nelle relazioni e nei documenti dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso verso l'autodeterminazione;

9) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla differenza ed uguaglianza tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

10) ad adottare un piano straordinario per l'occupazione femminile e politiche e misure efficaci per le imprese femminili;

11) a prevedere gli opportuni interventi contro la disparità economica e nell'accesso alle risorse ed alle opportunità;

12) a prevedere ogni opportuno intervento normativo atto a strutturare la sicurezza sul lavoro in considerazione delle specifiche differenze tra occupazione femminile e maschile;

13) a dare concreta applicazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190, «contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro», ratificata dall'Italia ed ancora non introdotta nella normativa nazionale;

14) ad adottare iniziative volte a garantire piena partecipazione delle donne nei luoghi delle decisioni e al governo delle istituzioni, a partire da quelle pubbliche ed elettive;

15) ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a consentire il reale e pieno riconoscimento dell'indennità di caregiver, considerato il ruolo decisivo svolto dalle donne anche in questo ambito;

16) ad intervenire sulle infrastrutture sociali a sostegno delle neomamme, prevedendo spazi di socialità, scambio e relazione, anche in assenza di reti familiari e di vicinato;

17) a promuovere compagne e progetti comunicativi e informativi sul rispetto della parità, declinato in rapporto alla cogenitorialità e alla condivisione dei compiti di cura nelle famiglie;

18) ad adottare le opportune iniziative normative affinché vengano cancellati gli ostacoli di reddito e di limiti territoriali nell'accesso agli asili nido;

19) ad adottare iniziative normative al fine di introdurre un congedo di maternità obbligatorio retribuito al 100 per cento per almeno 2 mesi prima + 6 dalla data del parto, nonché uno del padre che non sia alternativo a quello della madre e per una maggiore durata rispetto ad oggi;

20) ad adottare iniziative in ogni sede opportuna, anche normativa, affinché, in caso di accertata violenza maschile contro le donne, il riconoscimento di uno stato di pericolo per la donna non comporti l'isolamento della vittima, ma l'allontanamento del maltrattante;

21) ad adottare iniziative in ogni sede in ogni sede ritenuta opportuna perché venga valorizzata e tutelata la relazione materna attraverso il riconoscimento dei danni del maltrattamento sulla donna, con misure di tutela della figura materna che non prevedano l'allontanamento del minore dalla madre se non in casi di effettiva necessità, ma che sostengano la ricostruzione e il riequilibrio del legame affettivo;

22) ad adottare iniziative normative finalizzate alla modifica della legge 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso, in modo tale da garantire che la violenza domestica non venga equiparata a conflittualità e la condivisione dell'affido venga modulata contemperando la specificità delle cause della separazione;

23) ad adottare ogni iniziativa atta a porre al centro dell'azione legislativa la serenità e il benessere psico-fisico dei minori coinvolti, il cui sviluppo emotivo non può esistere con una bigenitorialità imposta e violenta;

24) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione di tutte le operatrici e gli operatori abitualmente coinvolti nella gestione delle situazioni di violenza sulle donne: magistrate e magistrati, avvocate e avvocati, forze dell'ordine, personale medico e infermieristico, assistenti sociali;

25) ad adottare iniziative per promuovere efficacemente una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

26) ad adottare iniziative per potenziare il «reddito di libertà» e sostenere concretamente le donne vittime di violenza, fino a quando non ottengano una reale indipendenza economica;

27) ad adottare iniziative per destinare adeguati fondi ai percorsi di reinserimento sociale delle donne vittime di violenza e dei loro figli, nel contesto abitativo in cui hanno determinato di vivere;

28) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre, in caso di violenza accertata nei confronti della madre, l'affidamento esclusivo in capo a quest'ultima, con limitazioni al diritto di visita paterno che tengano in debito conto del benessere psico-fisico dei minori coinvolti;

29) ad adottare iniziative normative per prevedere il divieto all'imposizione della frequentazione di percorsi di coordinamento genitoriale o di mediazione familiare in caso di accertata violenza contro la donna, in ottemperanza a quanto disposto dalla Convenzione di Istanbul (punto 1 dell'articolo 48);

30) ad adottare iniziative normative per introdurre e per migliorare la condivisione dei dati relativi ai fascicoli e la collaborazione fra i magistrati tra tribunale civile e penale, affinché si scongiuri l'ipotesi di affidamento congiunto in caso di violenza domestica;

31) ad adottare iniziative normative volte a stanziare fondi adeguati per introdurre opportuni ed efficaci strumenti di protezione delle vittime di violenza, in caso di concessione della misura cautelare in favore del maltrattante;

32) ad adottare iniziative, in stretto raccordo con le regioni, affinché, al fine di garantire l'autodeterminazione delle donne rispetto al contesto familiare, in tutto il territorio nazionale la contraccezione sia garantita alle stesse gratuitamente nei consultori e presso il medico di famiglia e vengano applicate le nuove linee guida per la somministrazione della pillola abortiva RU486 deliberate dal Ministero della salute, che annullano l'obbligo di ricovero e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza.
(1-00017) «Zanella, Evi, Ghirra, Piccolotti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Soumahoro, Zaratti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

violenza sessuale

delitto contro la persona

vittima