ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/01627/069

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 220 del 29/12/2023
Firmatari
Primo firmatario: ORLANDO ANDREA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Data firma: 29/12/2023


Stato iter:
29/12/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 29/12/2023
ALBANO LUCIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 29/12/2023
Resoconto ORLANDO ANDREA PARTITO DEMOCRATICO - ITALIA DEMOCRATICA E PROGRESSISTA
Fasi iter:

NON ACCOLTO IL 29/12/2023

PARERE GOVERNO IL 29/12/2023

DISCUSSIONE IL 29/12/2023

RESPINTO IL 29/12/2023

CONCLUSO IL 29/12/2023

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/01627/069
presentato da
ORLANDO Andrea
testo di
Venerdì 29 dicembre 2023, seduta n. 220

   La Camera,

   premesso che:

    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2024 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel secondo trimestre dell'anno il prodotto interno lordo (PIL) ha subito un rallentamento e, secondo le prime stime dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT), l'andamento nel terzo trimestre è rimasto stazionario. La crescita acquisita per il 2023 si stabilizza pertanto allo 0,7 per cento, ad un livello inferiore alle attese, mentre per il 2024 il paventato raggiungimento di una crescita del 1,2 per cento, come evidenziato dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, appare ottimistico e difficilmente raggiungibile;

    le più recenti stime di organismi internazionali, infatti, collocano la crescita del PIL italiano per il prossimo anno tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento: tale andamento prefigura, pertanto, il primo vero arresto della crescita per due trimestri consecutivi a partire dal gennaio 2021, evidenziando l'esaurimento della spinta economica ereditata dalla precedente legislatura e tutta l'inefficacia delle politiche attuate dall'Esecutivo in carica, a partire dall'incerto apporto alla crescita da parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) a seguito del rallentamento degli interventi e della rimodulazione dei programmi;

    alcune delle misure contenute nel disegno di legge di bilancio in esame costituiscono un pericoloso passo indietro i cui effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2024 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

    l'evidenza empirica ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo. Al contrario, questa manovra di bilancio, di ammontare pari a 25,5 miliardi di euro, non contiene vere e proprie misure espansive (che si riducono a pochi interventi) mentre le fonti di finanziamento a deficit ammontano ad oltre 15 miliardi di euro per il 2024 e sono affiancate da preoccupanti tagli di spesa e riduzioni di entrate. Il tutto in un contesto dove il debito pubblico non diminuisce e la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico risultano molto elevati;

    gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, con posizioni spesso conflittuali sui più importanti argomenti di discussione in seno alle istituzioni europee, in particolare in merito al processo di revisione del quadro della governance economica europea e alla mancata ratifica dell'accordo di modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, stanno determinando una situazione di scarsa credibilità anche nel contesto internazionale;

    nel disegno di legge di bilancio in esame si ravvisano scelte incoerenti e controproducenti, sia sul fronte sociale e della crescita sostenibile sia con riferimento alle decisioni che stanno maturando in sede europea; esattamente al contrario di quanto sarebbe necessario per il nostro Paese, molte delle raccomandazioni espresse a livello europeo sono disattese, in particolare per quanto riguarda gli investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile, l'adeguato assorbimento delle risorse europee, l'accelerazione sulla transizione verde e digitale, la riduzione delle imposte sul lavoro e l'aumento dell'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità, tutti elementi fortemente manchevoli nel disegno di legge di bilancio. Inoltre, il provvedimento in esame contiene una serie di scelte penalizzanti per le fasce più deboli della cittadinanza;

    le misure sul cuneo fiscale si limitano alla proroga per un solo anno dell'intervento per un costo totale una tantum di 10,7 miliardi di euro mentre gli interventi sulla riduzione delle aliquote d'imposta sui redditi delle persone fisiche prefigurano vantaggi minimi per i redditi più bassi;

    il decreto legislativo di riforma IRPEF-IRES prevede, per il solo anno 2024, l'accorpamento dei primi due scaglioni dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) al 23 per cento. Nel complesso, il carico fiscale viene ridotto di 4,3 miliardi nel 2024 e i contribuenti coinvolti sono oltre 24,9 milioni, di cui gran parte riguarda quelli con redditi tra 15.000 e 50.000 euro annui. L'effetto combinato tra i due interventi si tradurrà in pochi euro in più sulle buste paga dei lavoratori rispetto a quelle del 2023. In particolare, per effetto della revisione IRPEF, il beneficio medio stimato per il 2024 è di appena 172 euro anno, con un picco massimo di 260 euro per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro;

    preoccupano inoltre, le insufficienti misure per fronteggiare l'andamento dell'inflazione e i tagli alla spesa pubblica che colpiscono in particolare la sanità pubblica, in rapida decrescita con il rapporto spesa sanitaria/PIL che scende al 6,2 per cento nel 2024 rispetto al 6,6 per cento del 2023, e il personale sanitario, già carente in ragione della mancanza di oltre 15.000 medici con riflessi devastanti sull'aumento delle liste d'attesa; scarse le risorse per l'istruzione e quelle la disabilità, mentre nulla è previsto con riguardo al riconoscimento di un salario minimo a tutela dei lavoratori più fragili;

    preoccupa profondamente lo stato di attuazione del PNRR che rappresenta un fondamentale volano per la crescita futura del nostro Paese. Su tale aspetto, al contrario, il Governo italiano ha adottato modifiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in termini di contenuti e di tempistica degli investimenti, mettendo a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi del Piano stesso e i finanziamenti correlati, con pesanti ed irreparabili conseguenze per l'intero sistema economico italiano;

    inoltre, la sezione I del disegno di legge di bilancio non dedica, per la prima volta dopo diversi anni, un titolo o un capo specifico alle politiche per le imprese e si attribuisce alle imprese soltanto l'8 per cento delle risorse complessive messe a disposizione per la manovra che non prevede specifiche misure dirette a rilanciare la crescita e la competitività del nostro sistema economico o per favorirne gli investimenti, a partire da quelli per la transizione energetica, misure per affrontare il grave problema dell'accesso al credito;

    per il settore edilizio rimangono irrisolte le problematiche dei crediti incagliati del Superbonus, con cantieri che rischiano il blocco totale dei lavori, con riflessi sull'intero indotto delle imprese fornitrici di materiali;

    sul fronte delle imprese colpiscono gli effetti della revisione dell'imposta sul reddito delle società (IRES). Il decreto legislativo di riforma IRPEF-IRES prevede, per il solo 2024, una maggiorazione del 20 per cento del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni a cui si affianca l'abrogazione dal 2024 dell'Aiuto alla crescita economica (ACE), che permetteva di dedurre dall'imponibile netto il rendimento figurativo degli incrementi di capitale proprio delle imprese. Il saldo per le imprese è negativo: a regime il carico fiscale per le imprese aumenterà di 2,8 miliardi;

    le misure per fronteggiare l'andamento dei costi energetici seppur in diminuzione rispetto ai mesi scorsi ma pur sempre su livelli elevati non sono state prorogate nell'anno 2024, mentre nel testo in esame proliferano numerosi interventi contraddittori, iniqui e con un ingente spreco di risorse;

    relativamente alla Tabella 3, recante lo stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy, colpiscono i peggioramenti previsti per il 2024, rispetto alle previsioni assestate della Legge di bilancio 2023, relativi al programma 1.3 «Incentivazione del sistema produttivo», (8.844.085.862 euro complessivi relativi alla sezione I e alla sezione II che subisce una consistente riduzione rispetto alle previsioni assestate del 2023 (pari a 10.226.634.225 euro). In tale ambito l'azione relativa ai finanziamenti agevolati, contributi in conto interessi e in conto capitale per lo sviluppo delle imprese passa da 4,6 miliardi dell'assestato 2023 ai 3,4 miliardi disponibili per il 2024; l'azione relativa alle Garanzie e sostegno al credito delle piccole e medie imprese (PMI) subisce una riduzione di 174,6 milioni di euro;

    al programma 1.4 «Lotta alla contraffazione e tutela della proprietà industriale» le risorse complessive passano da 122,8 milioni di euro a 89,9 milioni di euro disponibili;

    la sintesi delle misure per le imprese finora descritte non disegna in alcun modo un quadro coerente per sviluppare un'efficace politica per la crescita e gli investimenti tali da giustificare il raggiungimento dell'obiettivo di incremento del PIL fissato dal Governo;

    in questo quadro desolante, sottolineiamo come, anche dalle cronache di questo fine 2023, si veda chiaramente il fallimento, anzi l'assenza del Governo nel campo delle politiche industriali, di cui la vicenda dell'ex ILVA è la rappresentazione plastica, nonché la prova della mancanza di una strategia nazionale per il nostro Paese, che per continuare ad essere forte dal punto di vista economico ha bisogno di una nuova e vera politica industriale, dotata di una visione di cui nei provvedimenti del Governo in carica non c'è traccia. Tale mancanza sta arrecando un grave danno al nostro patrimonio industriale;

    i provvedimenti finora adottati dal Governo per affrontare la situazione dell'ex ILVA di Taranto ne hanno in realtà aggravato la crisi, capovolgendo un percorso finalizzato alla ripresa dei livelli produttivi e occupazionali, alla decarbonizzazione, alla produzione e alla messa in sicurezza ambientale nel sito, ma non solo: gran parte delle misure finora adottate hanno risposto alle richieste di ArcelorMittal, con grave pregiudizio per gli interessi dei lavoratori, delle imprese dell'indotto, della città di Taranto e della tutela della salute e dell'interesse nazionale. L'ultimo provvedimento adottato ha sbloccato risorse per 680 milioni di euro a favore di ArcelorMittal, per garantire la liquidità dell'azienda e ha sancito il ritorno dello scudo penale in suo favore, senza che tali interventi abbiano prodotto risultati apprezzabili sulla ripresa produttiva e occupazionale, anzi, e sul piano della riconversione del sito, l'attuazione del piano di decarbonizzazione, che avrebbe dovuto portare alla totale elettrificazione dell'area a caldo, con un investimento di circa 5 miliardi di euro, risulta di fatto ferma;

    e ancora, a fronte dello stralcio dal PNRR del finanziamento di un miliardo di euro destinato proprio ad attivare la produzione del preridotto, il Governo non ha finora chiarito quali e quanti risorse saranno messe a disposizione tramite il Fondo di sviluppo e coesione;

    nel 2023 la produzione scenderà sotto i 3 milioni di tonnellate, con una progressiva e successiva, ulteriore riduzione fino a 1,7 milioni. Allo stato attuale, in Acciaierie d'Italia (ADI) sono occupati 3.500 dipendenti, su un totale di 8.200, e continua il ricorso agli ammortizzatori sociali. Dall'ultimo bilancio di ADI emergono debiti per oltre 2 miliardi di euro, in gran parte verso altre società del gruppo ArcelorMittal, che salirebbero fino a 2,5 miliardi;

    nel corso dell'audizione che si è svolta qualche settimana fa alla Camera il presidente di ADI ha elencato le principali criticità che il complesso dell'ex ILVA di Taranto sta affrontando dal punto di vista giudiziario, finanziario e societario;

    è chiaro come sia necessario rimuovere il rinvio sine die degli interventi di ambientalizzazione del sito, tenuto conto del giudizio pendente presso la Corte di giustizia europea e, ancora, come sia necessario ed urgente fronteggiare la preoccupante situazione anche negli stabilimenti dell'ex ILVA di Genova, Cornigliano, Novi Ligure e Porto Marghera, dove si sono registrati anche recentemente il blocco delle produzioni e un aumento della cassa integrazione, effetto della mancanza di un piano industriale serio, nonostante le dichiarazioni fatte al riguardo;

    l'ex ILVA è ormai sul baratro e la situazione in stallo, non è però il momento delle polemiche, ma di trovare soluzioni e riprendere in mano la situazione, il Pd è disposto a collaborare per evitare la perdita di un asset essenziale per tutto il Paese e di migliaia di posti di lavoro,

impegna il Governo:

   ad intervenire col primo provvedimento utile per:

    modificare l'attuale assetto azionario e favorire il passaggio della quota maggioritaria di Acciaierie d'Italia Spa al socio pubblico;

    dare piena attuazione dei progetti di decarbonizzazione del ciclo produttivo dell'acciaio presso lo stabilimento siderurgico di Taranto;

    elaborare, previa valutazione del danno sanitario (VDS), un piano industriale per il rilancio sostenibile dello stabilimento siderurgico di Taranto che tenga conto della salvaguardia dell'occupazione, della tutela e della riqualificazione professionale dei lavoratori, ivi compresi quelli in esubero rispetto ai processi di transizione industriale ed ecologica dello stabilimento;

    sostenere l'accesso al credito delle piccole e medie imprese che risultino creditrici per forniture di beni o servizi nei confronti di Acciaierie d'Italia Spa a seguito di mancati pagamenti entro i termini contrattuali concordati, al fine di garantirne la continuità operativa e il mantenimento dei livelli occupazionali.
9/1627/69. Orlando.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica industriale

prodotto interno lordo

imposta sulle persone fisiche