ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/01387

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 609 del 03/12/2021
Firmatari
Primo firmatario: BARELLI PAOLO
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 02/12/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
D'ATTIS MAURO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 03/12/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 02/12/2021
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 03/12/2021
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 15/12/2021
Stato iter:
08/04/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 08/04/2022
Resoconto D'ATTIS MAURO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
RISPOSTA GOVERNO 08/04/2022
Resoconto SISTO FRANCESCO PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
REPLICA 08/04/2022
Resoconto D'ATTIS MAURO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 08/04/2022

SVOLTO IL 08/04/2022

CONCLUSO IL 08/04/2022

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01387
presentato da
BARELLI Paolo
testo presentato
Venerdì 3 dicembre 2021
modificato
Venerdì 8 aprile 2022, seduta n. 674

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   a 17 anni dall'introduzione nel codice civile, con la legge 9 gennaio 2004, n. 6, della figura dell'amministratore di sostegno, all'epoca presentata come una forma di tutela giuridica più blanda ed elastica rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, essa è diventata, in molti casi, uno strumento attraverso il quale è possibile limitare fortemente la libertà e violare i diritti dei diretti interessati cosiddetti «beneficiari»;

   nel corso degli anni si sono verificati molteplici casi di «mala gestio», segnalati sia dagli organi di stampa, che dalle testimonianze degli amministrati o dei loro familiari, ed è emerso un notevole malcontento sull'operato di un numero sempre crescente di amministratori di sostegno;

   si è venuta a instaurare la tendenza da parte dell'amministratore di sostituirsi completamente al «beneficiario», nonostante ciò non sia previsto dalla legge;

   si assiste all'emanazione, da parte dei giudici tutelari, di decreti che conferiscono «ampi poteri» agli amministratori di sostegno, spesso estranei alla famiglia, in cui si prevede, oltre alla gestione del patrimonio, anche il consenso informato ai trattamenti sanitari, ai ricoveri, agli esami diagnostici e altro, spesso in presenza di soggetti assolutamente capaci di esprimere un giudizio, parere, consenso o dissenso;

   è stato constatato che l'utilizzo concreto dello strumento gestionale dell'istituto dell'amministrazione di sostegno si esprime spesso sotto forma di mera costrizione della persona sottoposta a tutela, sovente senza possibilità di replica, dato che, quasi sempre, i giudici tutelari si interfacciano esclusivamente con gli amministratori, i sanitari e i servizi sociali, escludendo anche i familiari, quando definiti «non collaboranti»;

   sussistono nella legge vigente incongruenze logico-giuridiche che consentono anche di utilizzarla come una sorta di strumento di interdizione impropria su qualsiasi soggetto debole, estendendo infatti smisuratamente le categorie di persone sottoponibili al provvedimento, nella parte in cui si stabilisce che il giudice tutelare possa sottoporre ad amministrazione di sostegno, su richiesta o segnalazione, la persona afflitta da una «infermità o menomazione fisica o psichica» che la renda «anche solo parzialmente e temporaneamente», impossibilitata a provvedere ai suoi interessi;

   la legge non offre la minima certezza giuridica sulla tipologia e sul grado dell'infermità e dell'incapacità necessarie e sufficienti a limitare le libertà della persona, sottoponendo la vita di un qualsiasi soggetto fragile, e i suoi beni, a un amministratore di sostegno, che, molto spesso, si sostituirà alla volontà del soggetto, negandone così il diritto costituzionale ad autodeterminarsi nel rispetto delle leggi vigenti;

   attraverso prassi ormai consolidate dai presupposti legislativi dalle maglie molto ampie, l'istituto dell'amministrazione di sostegno può dare origine a veri e propri abusi che il giudice tutelare ha il potere e l'obbligo di impedire, tramite la verifica delle relazioni periodiche degli amministratori, ma, nel concreto, non ha né il tempo né i mezzi per farlo e finisce per autorizzare o lasciar compiere anche operazioni «opache»;

   la relazione del Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, anno 2020 (La Persona Tutelata) ha chiaramente espresso che: «Spesso, si concretizza il rischio che lo strumento giuridico della tutela possa paradossalmente diventare “garanzia” di esclusione della persona, certamente fragile, ma non per questo incapace di comprendere la sua vita e le decisioni che la riguardano, trovandosi così, suo malgrado e nonostante le previsioni delle norme sovranazionali, a essere sottratta a una vita libera»;

   la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità cosiddetta (Crpd), sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, all'articolo 12 riconosce a tali persone piena capacità giuridica, ne sancisce «pari riconoscimento davanti alla legge» e stabilisce che il supporto al processo decisionale venga effettuato nel rispetto della loro volontà e delle loro preferenze;

   sovente, il potenziale «beneficiario» non viene ascoltato, così svilendo la ricerca e la valorizzazione delle sue preferenze che dovrebbero essere perseguite — all'opposto — anche nel caso di opposizione alla nomina di un amministratore di sostegno, di situazioni di «conflitto» familiare, nonché di limitata o assente capacità di comunicazione del «beneficiario» stesso;

   tutto ciò evidenzia una situazione di forte contraddittorietà rispetto ai diritti fondamentali della persona che deve, quanto prima, trovare soluzione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, di carattere normativo intenda intraprendere per evitare che dalla legge n. 6 del 2004 continuino a derivare in sostanza effetti di ulteriore menomazione, limitazione personale e violenza psicologica nei confronti dei soggetti deboli e/o delle loro famiglie, al fine di consentire il rispetto della legalità internazionale e nazionale.
(2-01387) «Barelli, D'Attis».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

convenzione ONU

diritto alla giustizia

tutela