ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00672

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 710 del 20/06/2022
Abbinamenti
Atto 1/00671 abbinato in data 20/06/2022
Atto 1/00673 abbinato in data 20/06/2022
Firmatari
Primo firmatario: MANZO TERESA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 20/06/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
MASI ANGELA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
INVIDIA NICCOLO' MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
SUT LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
BARZOTTI VALENTINA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
PALMISANO VALENTINA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
ORRICO ANNA LAURA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
AIELLO DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
AMITRANO ALESSANDRO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
CUBEDDU SEBASTIANO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
PALLINI MARIA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
SEGNERI ENRICA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
TUCCI RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
BILOTTI ANNA MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
CADEDDU LUCIANO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
CASSESE GIANPAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
CILLIS LUCIANO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
MAGLIONE PASQUALE MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
MANCA ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022
PIGNATONE DEDALO COSIMO GAETANO MOVIMENTO 5 STELLE 20/06/2022


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/06/2022
Resoconto MASI ANGELA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 20/06/2022
Resoconto CASU ANDREA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 20/06/2022

DISCUSSIONE IL 20/06/2022

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 20/06/2022

Atto Camera

Mozione 1-00672
presentato da
MANZO Teresa
testo di
Lunedì 20 giugno 2022, seduta n. 710

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, definisce i lavoratori impiegati nelle attività stagionali come coloro che vengono assunti per svolgere una delle attività che sono individuate, rispettivamente:

     a) con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; oppure

     b) dai contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali (Ispettorato nazionale del lavoro, nota 10 marzo 2021, n. 413);

    il decreto ministeriale sopra citato, ad oggi, non è mai stato emanato e, di conseguenza, continuano a trovare applicazione le norme del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 230 del 1962, abrogata nel 2001;

    il sopra citato decreto del Presidente della Repubblica contiene, prevalentemente, attività riferite al settore agricolo o industriale ad esso correlato (ad esempio, raccolta, cernita, spedizione dei prodotti ortofrutticoli freschi e dei relativi imballaggi), molte delle quali, oggi, sono desuete;

    tuttavia, nel corso degli anni, è intervenuta la contrattazione collettiva ad individuare nuove attività definite «stagionali» rispetto alle quali è possibile giungere alla stipula di contratti che hanno, sotto l'aspetto normativo, una disciplina, sostanzialmente, parallela a quella degli ordinari contratti a termine;

    è necessario precisare che il termine «stagionalità» non può che far riferimento ad attività che si ripetono annualmente e che, in determinati periodi, comportano un incremento delle stesse;

    basti pensare agli accordi nel settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali (ex articolo 17 della legge n. 84 del 1994), oppure nel commercio ove, secondo la previsione dell'articolo 66-bis del contratto collettivo nazionale di lavoro, a livello territoriale sono state definite come stagionali alcune attività ripetitive negli anni che comportano incrementi significativi, o anche nel settore della ristorazione;

    più specificatamente si considera come lavoro stagionale quell'attività lavorativa che non si svolge in modo continuativo, ma solo in determinati periodi dell'anno; la legge e la contrattazione collettiva individuano dette tipologie di attività in modo tassativo, legandole per lo più al settore agricolo e al turismo. In particolare, per il contratto collettivo del turismo si considerano aziende stagionali quelle che osservano, nel corso dell'anno, uno o più periodi di chiusura al pubblico;

    secondo il rapporto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali «I rapporti di lavoro stagionale attivati nel 2020 da datori di lavoro privati», il numero di rapporti di lavoro stagionale attivati nel 2020 da datori di lavoro privati risulta essere 1.798.953 (di cui 61,8 per cento relativi a maschi e 38,2 per cento a femmine); coinvolti 1.113.285 lavoratori (di cui 59,3 per cento maschi e 40,7 per cento femmine);

    prendendo in considerazione la cittadinanza dei lavoratori coinvolti, il 75,4 per cento sono lavoratori italiani, il 16,2 per cento coinvolge lavoratori non appartenenti all'Unione europea e, infine, l'8,3 per cento riguarda lavoratori appartenenti all'Unione europea;

    in particolare, prendendo in considerazione i settori di attività economica, risulta che il 45,5 per cento dei rapporti di lavoro stagionale attivati riguarda il settore agricolo; il 26,9 per cento il settore alberghi e ristoranti; il 12,4 per cento riguarda altri servizi pubblici, sociali e personali; il 5,5 per cento l'industria in senso stretto; il 5,1 per cento commercio e riparazioni; il 3,8 per cento il settore dei trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese; lo 0,6 per cento la pubblica amministrazione, istruzione e sanità; e, infine, lo 0,2 per cento le costruzioni;

    è evidente che la maggioranza dei rapporti di lavoro stagionale è concentrata nelle componenti delle attività economiche del settore agricolo e del settore alberghi e ristoranti (attività tipicamente turistiche) e altri servizi pubblici, sociali e personali;

    entrambi i settori economici – quello agricolo e quello turistico – sono caratterizzati da un'occupazione quasi esclusivamente a tempo determinato e dunque da una certa discontinuità lavorativa e da alcune criticità, quali la presenza di lavoro cosiddetto sommerso e la difficoltà di incrociare la domanda e l'offerta di lavoro;

    con riferimento al settore agricolo, la precarietà del lavoro è una caratteristica dell'agricoltura e questo dipende dallo svolgersi dei cicli della natura: un'esigenza produttiva, quindi, che provoca però delle ricadute retributive e di tipo pensionistico sui lavoratori, che viene in parte arginata con la contrattazione, nazionale e aziendale, e con la previsione di alcuni istituti giuridici di sostegno al reddito come la disoccupazione agricola;

    la contrattazione integrativa e la disoccupazione agricola sono due strumenti fondamentali di sostegno per i lavoratori di questo settore, che riescono così ad integrare la retribuzione precaria, nell'attesa del successivo contratto;

    sempre in relazione all'agricoltura, il Crea (Centro per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) ha pubblicato nel 2022 un rapporto dal titolo «L'impiego dei lavoratori stranieri in agricoltura». L'indagine svolta ha una storia piuttosto lunga, avviata nei primi anni '90, quando la presenza degli stranieri nell'agricoltura italiana era ancora un fenomeno limitato, fino ad oggi, quando il contesto internazionale, con flussi di migranti sia dall'Est Europa che dalle aree nordafricane, hanno alimentato il bacino cui attingere manodopera a buon mercato per mansioni poco qualificate e fisicamente impegnative;

    l'indagine evidenzia che all'inizio del nuovo secolo la percentuale di lavoratori stranieri in agricoltura era ancora piuttosto contenuta, il 4,3 per cento nel 2004 (primo anno in cui l'Istat distingue la cittadinanza nelle forze di lavoro), ma in lento aumento. Con l'ingresso di Romania e Bulgaria il ritmo di crescita diventa sostenuto, nel 2010 la percentuale è già più che raddoppiata, arrivando al 9,2 per cento, ma è ancora in linea con l'incidenza degli stranieri sul totale dell'occupazione italiana (9,3 per cento). Dopo il 2008, invece, si assiste in agricoltura a una progressiva sostituzione dei lavoratori italiani con cittadini stranieri che, nel 2020, arrivano a rappresentare il 18,5 per cento del totale;

    i dati mostrano che dal 2008 al 2018 i lavoratori complessivamente erano in numero inferiore ai 900 mila (tra italiani e stranieri), mentre per gli anni 2019 e 2020 il numero complessivo ha superato le 900 mila unità; ciononostante, i lavoratori stranieri conservano una posizione di debolezza contrattuale che si riflette sulle condizioni di lavoro e genera marginalità, creando zone d'ombra che minacciano la sostenibilità sociale del settore agricolo italiano e ne danneggiano l'immagine internazionale;

    con la legge n. 199 del 2016, infatti, è stata avviata una serie positiva di strumenti ed interventi a sostegno e a tutela dei lavoratori agricoli stagionali, compresa una più robusta strumentazione repressiva dello sfruttamento del lavoro e del caporalato, promuovendo altresì la Rete del lavoro agricolo di qualità con l'obiettivo di diffondere una migliore cultura della legalità, senza però riscuotere il successo sperato, probabilmente per la carenza di un fattore incentivante efficace;

    in relazione al periodo di impiego, l'occupazione straniera prevalente nel corso del periodo considerato è di tipo stagionale, mentre i lavoratori impiegati per l'intero anno rappresentano una minoranza, in modo particolare tra gli stranieri comunitari. Questo è prevalentemente legato al carattere periodico di una grande quantità di operazioni agricole, in particolare quelle di raccolta. Il maggiore numero di stranieri comunitari impiegati in lavori stagionali è probabilmente attribuibile a una loro maggiore facilità, rispetto agli extracomunitari, a tornare nella terra di origine una volta completata l'attività lavorativa e ritornare in Italia qualora richiamati per la successiva. A livello territoriale nelle regioni centrali, tuttavia, si nota una maggiore presenza di impiego continuativo rispetto alle altre aree del Paese, che in alcuni anni raggiunge il 50 per cento del totale lavoro straniero fisso e stagionale;

    tra le forme contrattuali di impiego, i contratti regolari, sia a tempo fisso sia stagionale, rappresentano la maggioranza e registrano un andamento crescente dal 2008 al 2020, passando da circa meno del 70 per cento a oltre l'80 per cento. I contratti informali sono più diffusi al Sud e nelle Isole, ma mostrano una diminuzione nel corso del periodo 2008-2020 anche in queste aree;

    sempre secondo l'indagine elaborata dal Crea, l'offerta di manodopera straniera risulta fondamentale a causa dell'effettiva mancanza di offerta nazionale e i comparti agricoli che manifestano i maggiori fabbisogni di manodopera straniera sono in primis l'orticolo/ortofloricolo, segue il settore zootecnico, poi l'olivicolo e il vitivinicolo e infine il frutticolo. Vi è sicuramente un problema culturale, in quanto il lavoro agricolo è visto come povero e poco dignitoso. Per quanto riguarda i punti di forza della manodopera straniera, sicuramente la disponibilità è una caratteristica molto apprezzata dai datori di lavoro. Spesso viene richiesto un supplemento di ore di lavoro giornaliero/mensile, specialmente nei periodi di maggior bisogno e i lavoratori stranieri risultano più disponibili a venir incontro alle esigenze del datore di lavoro rispetto ai lavoratori locali. Altro punto di forza emerso dall'indagine è l'impegno, l'affidabilità e la flessibilità dei lavoratori stranieri. I lavori stagionali richiedono affidabilità nello svolgimento e, solitamente, gli imprenditori ricorrono, ove possibile, agli stessi addetti per più anni, confidando non solo in un rapporto di fiducia consolidato, ma anche in un grado di apprendimento e specializzazione sempre maggiore;

    sempre nel settore agricolo si registra che i due anni di pandemia 2020 e 2021, oltre dalle difficoltà negli spostamenti, sono stati caratterizzati da una minor richiesta di forza lavoro per le attività di raccolta per via delle avversità climatiche che hanno ridotto di molto e in alcuni areali quasi azzerato le rese. Molti stagionali, quindi, hanno cercato alternative, trovandole soprattutto in Germania, Olanda e Inghilterra, Paesi tra l'altro più attrattivi, perché le aziende che li assumono beneficiano di sgravi fiscali e contributivi e, a parità di costi, i guadagni sono maggiori rispetto all'Italia;

    si rilevano altresì esigenze manifestate dalle aziende e dalle associazioni di categoria del settore primario relativamente alla necessità di procedere urgentemente al reclutamento di personale per determinati lavori a carattere stagionale e considerate le difficoltà di reperimento;

    in questo contesto però è utile rilevare che l'andamento demografico negativo, europeo e in particolar modo quello italiano, prevede che al 2040 (dati Nazioni Unite) il numero della popolazione in età lavorativa (20-64 anni) diminuirà sensibilmente. Facciamo qualche esempio: senza flussi migratori, ad esempio la Germania si avranno 9,5 milioni di lavoratori in meno, l'Italia 8 milioni in meno, la Spagna 5,4 milioni in meno e la Francia –2,3. Se invece si considerano i flussi migratori previsti, si avrà rispettivamente un numero sempre significativamente negativo di 6,9, 6,3, 4,7 e 1,3. Nel complesso in Europa mancheranno circa 47 milioni di lavoratori, considerando i flussi migratori, e 61 se si bloccano le frontiere;

    come riportato dall'Istat nel comunicato stampa su «Occupati e disoccupati – marzo 2022» pubblicato il 2 maggio 2022, il numero di occupati torna a superare i 23 milioni. L'aumento osservato rispetto all'inizio del 2022, pari a quasi 170 mila occupati, si concentra soprattutto tra i dipendenti. Rispetto a marzo 2021, la crescita del numero di occupati è pari a 800 mila unità, in oltre la metà dei casi riguarda i dipendenti a termine, la cui stima raggiunge i 3 milioni 150 mila, il valore più alto dal 1977. Il tasso di occupazione si attesta al 59,9 per cento (record dall'inizio delle serie storiche), quello di disoccupazione all'8,3 per cento, tornando ai livelli del 2010, e il tasso di inattività, al 34,5 per cento, scende ai livelli prepandemici. Si è, infatti, di fronte a una contrazione del numero dei disoccupati, tra i quali sono inseriti i percettori del reddito di cittadinanza, a una contestuale crescita degli occupati e a un decremento significativo degli inattivi (le persone tra i 15 e i 64 anni che non hanno un lavoro e non lo cercano), in media pari a circa 170.000 unità rispetto al 2018;

    dall'entrata in vigore del reddito di cittadinanza – secondo i dati Inps, aggiornati a dicembre 2021, sono 1,2 milioni i nuclei familiari beneficiari di reddito di cittadinanza in Italia (l'86 per cento di nazionalità italiana) e l'importo medio dell'assegno mensile è di 587 euro – non si rileva una flessione del numero dei lavoratori a disposizione del sistema agricolo; infatti (dati Istat elaborati dal Crea), nel 2018 si registrano 857 mila occupati per un totale di ore pari a 604.072, nel 2019 si registrano 891 mila occupati per un totale di ore pari a 613.121; nel 2020 si registrano 909 mila occupati per un totale di ore pari a 597.767 (in linea con il blocco del lavoro dovuto alla pandemia) e per il 2021 si registrano 916 mila occupati per un totale di ore pari a 620.295;

    sempre nel settore agricolo, è altresì vero che dei circa 900 mila occupati, 100 mila hanno contratti a tempo indeterminato, mentre gli altri lo hanno di tipo stagionale. Di questi, circa 350 mila (italiani e stranieri) non raggiungono i requisiti minimi per la disoccupazione. Questi dati, protetti da privacy, sono a disposizione dell'Inps e sono divisi per comune come si può vedere dal sito dell'Inps;

    relativamente a quest'ultimo punto preme segnalare due iniziative, quella di Veneto lavoro e i centri dell'impiego e quella di Ebat a Siracusa, così come altre iniziative autonome delle associazioni di categoria o «io resto in campo» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che tentano di mettere insieme domanda e offerta con varie tecniche;

    il turismo è uno dei principali motori per l'economia mondiale: la sua filiera vale quasi il 10 per cento del prodotto interno lordo globale e occupa più di 300 milioni di persone (10,6 per cento del totale);

    in Italia il turismo, settore fondamentale per l'economia del Paese, ha visto nel decennio precedente la crisi connessa allo scoppio della pandemia un'espansione forte e continua;

    nel 2019 il comparto del turismo registra un record assoluto di arrivi e presenze negli esercizi ricettivi (rispettivamente 131,4 milioni e 436,7 milioni, con una crescita, del +2,6 per cento e dell'+1,8 per cento rispetto al 2018) e dal punto di vista macroeconomico il suo peso sull'economia vale circa il 7 per cento del prodotto interno lordo e il 7,1 per cento degli occupati (quasi 1,7 milioni di addetti). Includendo effetti diretti e indiretti, genera quasi il 14 per cento del valore aggiunto totale e dell'occupazione;

    la crisi economica derivante dal dilagare della pandemia ha, pertanto, colpito un settore nevralgico dell'economia italiana, riflettendosi negativamente tanto sulle condizioni occupazionali che sul fatturato del settore, con effetti più marcati rispetto agli altri comparti;

    anche il turismo – come l'agricoltura – è un settore caratterizzato da un'elevata variabilità dovuta alla diversità delle realtà locali e alla notevole influenza esercitata dalle forze economiche e sociali che sottopongono il settore a continue oscillazioni;

    questa variabilità costringe le aziende a dotarsi di un'organizzazione flessibile, anche relativamente all'organizzazione delle risorse umane; infatti nel contratto di lavoro stagionale, in particolar modo nel settore turistico anche per effetto della contrattazione collettiva, molte delle limitazioni previste per il contratto di lavoro a termine subiscono delle deroghe;

    nonostante le ulteriori incertezze derivanti dalla guerra in Ucraina e dal connesso rialzo dei prezzi dei beni energetici, il 2022 è l'anno della ripartenza del settore: la nota redatta congiuntamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Banca d'Italia e dall'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal) del mese di maggio 2022, che utilizza come fonti informative le comunicazioni obbligatorie (dati aggiornati al 30 aprile 2022) e le dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro (dati aggiornati al 31 marzo 2022), conferma un'accelerazione del turismo dal punto di vista occupazionale. La domanda di lavoro nel turismo sospinge l'occupazione delle donne e del Mezzogiorno;

    com'è noto il comparto del turismo – che si ricorda è assai ampio, ricomprendendo alberghi, campeggi, bar, ristoranti, stabilimenti balneari e termali, discoteche e agenzie di viaggi e parchi divertimento – è strutturalmente caratterizzato da una forte componente stagionale, i cui effetti sulla dinamica dell'occupazione sono importanti;

    la stagionalità, anche se è vissuta come fisiologica del lavoro, comporta delle criticità sia per i lavoratori che per le aziende;

    per i lavoratori rappresenta un fattore di criticità, soprattutto in termini di sicurezza pensionistica e di continuità economica;

    per le aziende le principali difficoltà sorgono sia nella fase di reclutamento di personale con competenze adeguate che in quella di costruzione di rapporti fiduciari stabili;

    l'impatto della pandemia sul settore ha messo ancor più in evidenza tali criticità, che si ritrovano certificate nel XIII Rapporto dell'Osservatorio sul mercato del lavoro del turismo – 2021, il quale evidenziava un dato allarmante: la contrazione tra il 2019 e il 2020 dei contratti a tempo indeterminato (anche nel periodo in cui essi venivano protetti dal blocco dei licenziamenti), accompagnata dalla tendenza dei lavoratori ad abbandonare il settore;

    il trend è stato confermato anche dagli ultimi dati disponibili: il settore turistico – in particolare il segmento alberghiero – ha perso tantissimi lavoratori, che hanno deciso di puntare su professioni più sicure e meno «sacrificanti» dal punto di vista degli orari;

    adesso che, con l'allentamento delle restrizioni, il settore vede una ripresa, si assiste al paradosso della crescita della domanda di lavoro, ma si fatica a trovare personale, in particolare quello stagionale: si parla di un fabbisogno occupazionale di circa 300-350 mila profili, una larga fetta dei quali introvabili;

    tra maggio e luglio 2022 Unioncamere e Anpal certificano un fabbisogno di 387.720 lavoratori per i servizi di alloggio, ristorazione e turistici;

    si tratta di una perdita che va considerata non solo in termini economici, ma soprattutto di competenze;

    con il tasso di disoccupazione all'8,3 per cento, che per i giovani tocca il 24,5 per cento, alle ultime posizioni tra i 27 Paesi dell'Unione europea, la mancanza di personale nell'industria del turismo evidenzia tutti i limiti del nostro mercato del lavoro, le carenze del sistema formativo e un insufficiente collegamento con il mondo scolastico;

    la fetta più consistente di carenze riguarda il comparto dei pubblici esercizi: mancano all'appello 194 mila lavoratori per tornare ai livelli del 2019. Secondo l'ufficio studi di Fipe-Confcommercio si sono persi 244 mila lavoratori nel 2020, di cui 116 mila con contratti a tempo indeterminato, nel 2021 si sono recuperati poco meno di 50 mila unità. Tra le figure più difficili da reperire, il personale di sala, l'aiuto cuoco e il barman;

    le associazioni datoriali di categoria denunciano la mancanza di politiche attive e di servizi di orientamento e, di contro, gli effetti distorsivi – a loro modo di vedere – di generose politiche di sussidio;

    i dati, tuttavia, delineano una situazione ben diversa, riguardo a quest'ultimo punto, ovvero che i lavoratori stagionali non vengono sottratti dal lavoro perché percepiscono il reddito di cittadinanza: il report dell'Osservatorio dell'Inps chiarisce che nel 2021 sono state fatte 920 mila assunzioni di questo tipo, 263 mila in più del 2020, 187 mila in più del 2019 e 260 mila in più rispetto al 2018, quando non c'era il reddito di cittadinanza;

    dunque, il vero punto è che la ripresa delle assunzioni nei comparti dei servizi, turismo-commercio, si scontra con il tema del mismatch, vale a dire la difficoltà di reperimento del personale occorrente e di un mercato del lavoro asimmetrico e caratterizzato da lacune informative tra chi cerca e chi offre lavoro;

    esiste anche un problema culturale, perché ancora in molti associano il lavoro al bar o al ristorante con un «lavoretto». In Italia raramente il mestiere del cameriere viene visto come una professione di alto livello, ma spesso è interpretato come un lavoro di ripiego. Si sottolineano spesso i sacrifici, in termini di orari, anche se i contratti di lavoro prevedono riposi e ferie, e per determinate figure, come il cuoco o il direttore di sala, le retribuzioni sono di tutto rilievo;

    la carenza di personale è generalizzata per tutte le figure professionali, ma l'area che al momento è in maggiore sofferenza è quella del F&B (food & beverage), soprattutto per quanto riguarda il personale di sala: dal restaurant manager, al commis di sala, dal maître allo chef de rang, tutte figure praticamente introvabili per strutture del segmento. Inoltre, se per la figura del cuoco il richiamo mediatico delle tante trasmissioni televisive ha avvicinato il grande pubblico a questa professione, così non è stato per la figura del cameriere: a differenza dell'executive chef, la figura del restaurant manager non è mai stata pubblicizzata;

    la «fuga» dall'occupazione nel settore del turismo ha la sua matrice, altresì, nell'alta percentuale di «irregolarità» contrattuale che caratterizza il comparto. Non è un mistero, ed è opinione comune, che nei settori del turismo e della ristorazione si ricorre a rapporti di lavoro quantomeno «in grigio», approfittando della stagionalità per portare gli addetti ad accettare contratti part time con orari a tempo pieno. A questo proposito il rapporto dell'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) dell'estate 2021, che fa riferimento alle ispezioni e ai controlli effettuati nelle aziende turistiche e della ristorazione, segnalava come su circa 200 aziende controllate solo il giorno di Ferragosto su tutto il territorio nazionale, il 70 per cento fosse risultato irregolare, con una percentuale che non diminuiva a fronte di oltre 10 mila controlli effettuati nei mesi estivi: sette aziende su dieci vedevano la presenza di lavoratori in nero, con violazioni in materia di busta paga e di tracciabilità dei pagamenti, con irregolarità in merito alla sicurezza del lavoro, a forme spurie di cooperative, agli orari di lavoro, all'illecita somministrazione di manodopera e ai trattamenti contrattuali applicati ai lavoratori. Sempre secondo i dati dell'Ispettorato nazionale del lavoro, il 46 per cento delle violazioni totali avvengono nel comparto del turismo, mentre un altro 12 per cento riguarda l'orario di lavoro;

    i dati evidenziano come il lavoro nel turismo sia il più precario: il 41 per cento dei lavoratori rispetto al 22 per cento del totale dell'economia nazionale; così come è forte l'incidenza della stagionalità, il 14 per cento rispetto al 2 per cento del dato di riferimento a livello nazionale;

    precarietà e instabilità contrattuale sono le caratteristiche di un comparto nel quale più del 55 per cento dei lavoratori sono a chiamata; lo dimostrano anche i dati relativi alle assunzioni a tempo indeterminato, nettamente inferiori nel turismo rispetto agli altri settori: il 59 per cento a tempo indeterminato rispetto all'82 per cento del totale economia;

    i lavoratori stagionali e gli altri lavoratori mobili sono spesso assunti con contratti di lavoro a tempo determinato, tramite agenzie di lavoro interinale e agenzie di collocamento o catene di subappalto. Specie se non assunti direttamente dal datore di lavoro, spesso non ricevono spiegazioni sufficientemente chiare, né protezione in materia di informazioni, obblighi e diritti;

    a tutto ciò si aggiungono le basse retribuzioni (nel turismo sono pari ai due terzi del totale economia), l'orario di lavoro ridotto (il 54 per cento di part time rispetto al 29 per cento del totale economia) e la dequalificazione professionale (82 per cento di qualifiche «operaie» rispetto al 53 per cento del totale economia);

    recentemente il Governo, considerate le difficoltà del settore del turismo, ha previsto (articolo 4, comma 2, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25) il riconoscimento di un esonero contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo determinato – ivi compresi quelli per lavoro stagionale – stipulati nel primo trimestre del 2022, limitatamente al periodo del rapporto di lavoro previsto dal contratto e comunque sino ad un massimo di tre mesi, nei settori del turismo e degli stabilimenti termali; tale beneficio concerne i contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro – relativi al rapporto di lavoro a termine in oggetto e con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail – ed è riconosciuto nel rispetto di una misura massima dello sgravio, relativo al singolo dipendente assunto, pari a 8.060 euro su base annua – riparametrato e applicato su base mensile; il medesimo beneficio è riconosciuto, altresì, in caso di conversione a tempo indeterminato dei contratti di lavoro dipendente a termine nei suddetti settori, per un periodo massimo di sei mesi (decorrenti dalla conversione),

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di carattere normativo a sostegno dei lavoratori del settore del turismo e del comparto agricolo, finalizzate a:

   a) migliorare l'approccio delle politiche nazionali/regionali, soprattutto nella gestione dei flussi (politiche nazionali con il «decreto flussi») e nell'attenzione e nel controllo dell'impiego di manodopera sul territorio (politiche regionali), proprio in considerazione del forte fabbisogno stagionale, soprattutto in alcune aree regionali;

   b) dare maggiore efficacia alla legge n. 199 del 2016, promuovendo anche azioni di analisi e verifica della coerenza tra fabbisogno di manodopera ed entità del lavoro contrattualizzato, con l'ausilio di strumenti e metodi dalla solida base scientifica;

   c) attivare misure incentivanti per la rete del lavoro agricolo;

   d) promuovere con gli istituti agrari relazioni con le aziende agricole e del settore agroalimentare, al fine di favorire l'incontro tra le richieste del mercato e gli istituti formativi, anche attraverso il potenziamento degli istituti tecnici superiori operanti nell'agroalimentare;

   e) promuovere una piattaforma per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche migliorando quanto realizzato da Anpal, integrando le informazioni presenti sia nei database di Agea e dell'Inps, in modo che le imprese, con facilità, possano contattare direttamente, o tramite un corpo intermedio, il personale necessario, anche selezionandolo tra coloro che non raggiungono i requisiti minimi per la disoccupazione agricola;

   f) rafforzare e prorogare le normative volte ad introdurre specifici incentivi per le assunzioni con contratto di lavoro stagionale e nel settore del turismo, anche sostenendo la formazione prevista dalla normativa nazionale e regionale nei casi di assunzioni con apprendistato professionalizzante, anche con contratto stagionale;

   g) adottare il decreto di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 81 del 2015 e individuare le attività stagionali, attraverso un aggiornamento delle stesse, previste dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 230 del 1962, abrogata nel 2001;

   h) attivare una piattaforma informatica, quale strumento tecnologico per favorire i percorsi di incrocio tra domanda e offerta di lavoro anche di tipo stagionale;

   i) dotare i centri per l'impiego e gli organismi autorizzati alle attività di intermediazione in materia di lavoro, in ogni sede aperta al pubblico, di uno sportello dedicato al lavoro stagionale, anche stipulando convenzioni non onerose con le associazioni di categoria con il compito di raccogliere le domande e le offerte di lavoro stagionale, fornire le relative informazioni ai lavoratori ed alle imprese che ne facciano richiesta e fornire informazioni relative ai diritti e alle tutele previsti per il lavoro stagionale;

   l) garantire, supportare e finanziare forme di upskilling e formazione continua anche del lavoratore stagionale, nel periodo di non lavoro, dando priorità a corsi di qualità, innovativi ed esperienziali;

   m) assicurare, nell'ambito di una riforma degli ammortizzatori sociali, adeguate misure di sostegno al reddito per i lavoratori stagionali nei periodi di non lavoro, tenendo conto della peculiarità e specificità del lavoro stagionale;

   n) prevedere misure per incentivare nei citati comparti l'emersione spontanea, vantaggiosa del lavoro nero, sia per il datore di lavoro, sia per il lavoratore;

   o) rafforzare le azioni di contrasto al lavoro nero e irregolare, nel settore stagionale;

   p) ridurre in via sperimentale il costo del lavoro nel settore del turismo, della ristorazione e dell'agricoltura, incentivando altresì contratti di lavoro duraturi;

   q) introdurre delle premialità per le aziende dei settori di cui in premessa, che dimostrano particolare attenzione all'etica del lavoro;

   r) rafforzare la collaborazione fra imprese ed enti formativi, in particolar modo istituti tecnici superiori, gli enti che organizzano corsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), istituti alberghieri e agrari.
(1-00672) «Manzo, Gallinella, Masi, Invidia, Gagnarli, Sut, Barzotti, Palmisano, Orrico, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Cominardi, Cubeddu, Pallini, Segneri, Tripiedi, Tucci, Bilotti, Cadeddu, Cassese, Cillis, L'Abbate, Maglione, Alberto Manca, Parentela, Pignatone».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lavoro stagionale

contratto di lavoro

lavoro nero