ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00664

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 706 del 13/06/2022
Firmatari
Primo firmatario: RUFFINO DANIELA
Gruppo: MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI
Data firma: 13/06/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ANGIOLA NUNZIO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI 13/06/2022
COSTA ENRICO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI 13/06/2022
NAPOLI OSVALDO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI 13/06/2022
PEDRAZZINI CLAUDIO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI 13/06/2022
TRIZZINO GIORGIO MISTO-AZIONE-+EUROPA-RADICALI ITALIANI 13/06/2022
SCHULLIAN MANFRED MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE 13/06/2022


Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 27/06/2022

Atto Camera

Mozione 1-00664
presentato da
RUFFINO Daniela
testo presentato
Lunedì 13 giugno 2022
modificato
Martedì 28 giugno 2022, seduta n. 715

   La Camera,

   premesso che:

    l'Unione europea, e con essa l'Italia, si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica (cosiddetta «net zero») entro il 2050, prevedendo quindi che l'anidride carbonica immessa nell'atmosfera dovrà essere ridotta al minimo e bilanciata da una quantità equivalente, rimossa tramite sistemi di cattura e stoccaggio;

    per raggiungere questi obiettivi, occorre ridurre in modo significativo l'utilizzo di combustibili fossili (carbone, petrolio e, in via graduale, il gas naturale), ricorrendo maggiormente all'impiego di energia elettrica, la cui percentuale sugli usi finali deve passare dall'attuale 21 per cento al 55 per cento;

    questo implica dover arrivare nel 2050 ad una produzione di circa 650 terawattora all'anno senza emissioni di gas serra;

    a titolo di confronto, nel 2021 si è arrivati solamente a 95 terawattora all'anno, di cui 50 terawattora prodotti per il tramite di fonti idroelettrica e geotermica e, quindi, difficilmente incrementabili;

    attualmente, la strategia italiana prevede il raggiungimento di questi obiettivi mediante l'utilizzo esclusiva di fonti rinnovabili;

    questa soluzione, però, non è quella ottimale per il nostro Paese, in quanto, a causa del basso potenziale eolico italiano (anche off-shore), si avrebbe necessità di installare nei prossimi 30 anni enormi quantità di impianti fotovoltaici (da 400 a oltre 600 gigawatt a seconda dello scenario) e circa 50 gigawatt di impianti eolici, oltre ad 1 terawattora di batterie per l'accumulo di breve termine e, nello scenario con soli 400 gigawatt di impianti fotovoltaici, oltre 100 gigawatt di impianti di elettrolisi per la produzione di idrogeno per l'accumulo di lungo termine (stagionale) ed enormi volumi di serbatoi per lo stoccaggio dell'idrogeno prodotto; tecnologie queste ultime non ancora mature e comunque molto costose, a causa dell'impiego degli elettrolizzatori per un numero limitato di ore e per i grandi volumi di stoccaggio idrogeno necessari;

    in aggiunta, l'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici di così ingenti capacità, atteso che sui tetti di edifici residenziali commerciali ed industriali sarebbe possibile installare impianti fotovoltaici per non più di 50 gigawatt, comporterebbe un consumo di suolo eccessivo, stimato in un range compreso tra 600 e 900 mila ettari (circa il doppio del Molise);

    un'ulteriore criticità riguarda il ritmo di installazioni annue, che dovrebbe passare da una media degli ultimi 5 anni dell'ordine di 0,8 gigawatt ad una media di oltre 20 gigawatt l'anno, 25 volte il ritmo attuale; l'alternativa senza dubbio migliore, sia dal punto di vista dell'impatto sul territorio (le superfici impegnate da impianti sarebbero 3 volte inferiori) che dei costi del sistema elettrico (che sarebbero sino al 50 per cento inferiori), è quella di raggiungere al 2050 la neutralità carbonica con un mix elettrico fatto di rinnovabili e nucleare; con una quota di almeno il 40 per cento di elettricità prodotta da centrali nucleari, le quali attenuerebbero i problemi legati alla variabilità, stagionalità e intermittenza di un mix fatto di sole fonti rinnovabili; le centrali nucleari, infatti, emettono, nel ciclo di vita, una quantità di anidride carbonica per kilowattora generato analoga a quella dell'eolico e circa la metà del fotovoltaico, con l'ulteriore vantaggio di garantire un'operatività di oltre 8.000 ore annue, rispetto alle circa 1.400 ore medie del fotovoltaico e alle 2.000 ore medie dell'eolico on-shore e 3.000 ore dei migliori siti off-shore italiani;

    attualmente nel mondo ci sono in uso oltre 440 centrali nucleari, con ulteriori 54 in costruzione, che producono circa il 10 per cento dell'elettricità globale anche per esportarla in Paesi che non ne possiedono, tra cui l'Italia, che vanta il triste primato di unico Paese del G7 senza centrali nucleari;

    l'energia nucleare è una soluzione a bassissimo impatto ambientale, basti considerare che la Francia, Paese dell'Unione europea con il maggior numero di centrali e reattori, presenta in modo costante le minori emissioni di anidride carbonica per unità di energia elettrica generata, assieme ai Paesi scandinavi che si possono basare quasi unicamente su idroelettrico ed eolico, oltre – appunto – al nucleare nel caso della Svezia;

    ogni giorno l'Italia importa energia prodotta dalle centrali nucleari dei nostri vicini e un'elaborazione dei dati ricavati dal sito electricitymap.org – piattaforma open source nata nel 2016 per il monitoraggio dei flussi internazionali di energia elettrica – ha mostrato come anche nel mese di marzo 2022 il nucleare sia stata la seconda fonte di produzione di elettricità consumata in Italia dopo il gas naturale;

    ipotizzando una potenza media di 5 gigawatt per ogni centrale (ciascuna formata da 3-4 reattori), per produrre il 40 per cento circa del fabbisogno elettrico al 2050, sarebbero necessarie 8 centrali per una potenza installata di circa 40 gigawatt, con reattori a fissione di nuova generazione, ovvero dalla terza generazione evoluta in poi;

    la sicurezza è da sempre, soprattutto in Italia, fonte di preoccupazione ogni qualvolta si affronti il tema dell'energia nucleare a causa dei due incidenti di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011) e dei conseguenti referendum popolari tenutisi;

    nel caso della centrale situata nell'allora Unione Sovietica, però, si trattava di un reattore privo dei più comuni sistemi di sicurezza già adottati all'epoca da decenni nelle centrali occidentali;

    nel caso giapponese, invece, la centrale era più vecchia di vent'anni rispetto a quella sovietica ed era stata costruita con la tecnologia degli anni '60; tuttavia, tutti i reattori hanno resistito al quarto terremoto più forte mai registrato nella storia dell'umanità (magnitudo 9.1, circa 30 mila volte più potente di quello de L'Aquila, con oltre 16 mila vittime del maremoto e buona parte della costa est del Giappone distrutta) e alle prime scosse si sono spenti in modo automatico e in completa sicurezza;

    il successivo incidente è stato causato dall'onda di tsunami che ha allagato il locale che ospitava i generatori diesel che, dopo il totale collasso della rete elettrica, si erano regolarmente avviati per alimentare le pompe di raffreddamento del nocciolo della centrale; in seguito all'incidente di Fukushima, stress test sono stati condotti su tutte le centrali europee e più stringenti prescrizioni sono state adottate per tener conto di possibili allagamenti in caso di eventi straordinari;

    il Giappone – così come decine di altri Paesi – considera le centrali nucleari talmente sicure e prioritarie per la generazione di energia elettrica che attualmente sono in costruzione 2 ulteriori reattori, per un totale di 2,6 gigawatt di potenza installata;

    la costruzione di una centrale nucleare, nei Paesi dove se ne costruiscono regolarmente, non richiede decenni ma pochi anni; Giappone e Corea del Sud hanno impiegato ed impiegano, in media, rispettivamente, 46 e 56 mesi, ovvero meno di cinque anni;

    è prevedibile che la riprogrammazione di molte nuove centrali in Inghilterra, Francia, Polonia, Finlandia e altri Paesi e l'esperienza acquisita dalla soluzione delle difficoltà incontrate nella costruzione delle pochissime unità realizzate negli ultimi anni in Europa portino a ridurre in modo significativo i tempi di costruzione di futuri reattori, e, di conseguenza, i costi finanziari, per allinearli alle migliori esperienze prima citate; tuttavia, conservativamente, si può assumere che in Italia, la costruzione di una centrale nucleare possa richiedere circa 10 anni e che i cantieri per le 8 centrali ipotizzate vengano avviati a breve scadenza uno dall'altro, così che l'intero parco venga realizzato in circa 20 anni;

    per quanto riguarda la questione dei rifiuti radioattivi derivanti dall'esercizio delle centrali nucleari, quelli ad alto livello (Hlv, high-level waste), provenienti dal combustibile nucleare irraggiato (cioè dopo l'uso nel reattore), sono prodotti in quantità molto piccola (per esempio, in Francia, le centrali nucleari, che generano oltre il 70 per cento dell'energia elettrica, ne producono l'equivalente di una solo lattina di bibita per abitante, in un tempo pari alla sua vita); inoltre, possono essere smaltiti in un unico deposito geologico nazionale (o regionale, ovvero condiviso tra più Paesi) in modo totalmente sicuro con le attuali tecnologie, come mostra l'esempio del deposito geologico finlandese, quasi completato, o svedese, la cui costruzione è stata avviata; le altre tipologie di rifiuti, più abbondanti, sono simili a quelli generati anche dalla medicina nucleare, da attività industriali e di ricerca e possono essere smaltiti in depositi di superficie;

    peraltro, l'Italia ha già la necessità di dotarsi sia di un deposito di superficie, sia di uno geologico (eventualmente condiviso con altri Paesi), per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali e dagli impianti nucleari in esercizio sino al 1987; in particolare, rifiuti ad alta attività devono necessariamente rientrare dal Regno Unito e dalla Francia; si tratta di 4 cask (robustissimi cilindri di acciaio e rame) dal Regno Unito, per i quali i consumatori elettrici ogni anno stanno già pagando una tariffa di «parcheggio» di 18 milioni di euro e di ulteriori 6 cask dalla Francia, che, se non rientreranno in Italia entro il 2025, comporteranno presumibilmente un ulteriore esborso di 27 milioni di euro l'anno;

    il processo di localizzazione del deposito nazionale di superficie è in oggettivo ritardo, ma, una volta scelto il sito, il deposito potrebbe essere nominalmente realizzato in cinque anni, a condizione che vengano subito risolte le criticità gestionali di Sogin, già evidenziate con diversi atti di sindacato ispettivo e dallo stesso Ministro Cingolani; il quale ha dichiarato di valutare anche l'ipotesi di procedere al commissariamento della stessa società;

    il decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recante «Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali», dispone, all'articolo 34, il commissariamento di Sogin, prendendo atto delle evidenti criticità gestionali della Società – emerse da tempo e oggetto anche di numerosi atti di sindacato ispettivo – e dei ritardi riscontrati nel processo di localizzazione e conseguente realizzazione del deposito nazionale di superficie;

    l'attuale crisi energetica mostra come sia indispensabile per un Paese pienamente sviluppato possedere un sistema energetico nazionale affidabile, stabile e con fornitori diversificati;

    tale obiettivo può essere perseguito solo con la previsione di utilizzare un insieme vario di fonti energetiche e tecnologie di generazione di energia elettrica e con la pianificazione delle modalità e dei tempi della loro entrata in servizio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per includere l'energia elettrica generata da centrali nucleari, con reattori a fissione dalla terza generazione evoluta in poi, nel mix energetico nazionale per la transizione verso gli obiettivi «net zero» del 2050 e per ridurre la vulnerabilità italiana dovuta alla dipendenza dalle importazioni di energia;

2) a favorire campagne di informazione pubblica sulle diverse fonti e tecnologie energetiche disponibili per conseguire gli obiettivi di lungo termine di azzeramento delle emissioni di gas serra, basate unicamente sulle evidenze scientifiche, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza sugli oggettivi limiti e vantaggi di ciascuna di esse, liberandole tutte da ogni pregiudizio di parte;

3) ad adottare iniziative per sostenere la ricerca tecnologica sui reattori a fissione nucleare di ultima generazione – inclusi i cosiddetti small modular reactor (reattori modulari di piccole dimensioni) – e sulla fusione nucleare, ampliando l'offerta formativa nelle università italiane e incrementandone l'attrattività anche per ricercatori e docenti stranieri.
(1-00664) (Nuova formulazione) «Ruffino, Angiola, Costa, Napoli, Pedrazzini, Trizzino, Schullian».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

centrale nucleare

inquinamento stratosferico

tecnologia energetica