ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00591

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 640 del 17/02/2022
Abbinamenti
Atto 1/00588 abbinato in data 17/02/2022
Firmatari
Primo firmatario: VIANELLO GIOVANNI
Gruppo: MISTO-ALTERNATIVA
Data firma: 17/02/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VALLASCAS ANDREA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
FORCINITI FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
COLLETTI ANDREA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
CABRAS PINO MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
CORDA EMANUELA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
COSTANZO JESSICA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
SPESSOTTO ARIANNA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
GIULIODORI PAOLO MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
TESTAMENTO ROSA ALBA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
TRANO RAFFAELE MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
MANIERO ALVISE MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
VOLPI LEDA MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
RADUZZI RAPHAEL MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
SAPIA FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 17/02/2022
ROMANIELLO CRISTIAN MISTO-EUROPA VERDE-VERDI EUROPEI 17/02/2022
DORI DEVIS MISTO-EUROPA VERDE-VERDI EUROPEI 17/02/2022
SIRAGUSA ELISA MISTO-EUROPA VERDE-VERDI EUROPEI 17/02/2022
ROMANO PAOLO NICOLO' MISTO-EUROPA VERDE-VERDI EUROPEI 17/02/2022
SARLI DORIANA MISTO-MANIFESTA, POTERE AL POPOLO, PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA-SINISTRA EUROPEA 17/02/2022
BENEDETTI SILVIA MISTO-MANIFESTA, POTERE AL POPOLO, PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA-SINISTRA EUROPEA 17/02/2022


Stato iter:
17/02/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 17/02/2022
Resoconto MORETTO SARA ITALIA VIVA
Resoconto SILVESTRI RACHELE FRATELLI D'ITALIA
Resoconto PATASSINI TULLIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE VOTO 17/02/2022
Resoconto VIANELLO GIOVANNI MISTO-ALTERNATIVA
Resoconto TIMBRO MARIA FLAVIA LIBERI E UGUALI
Resoconto RUFFINO DANIELA CORAGGIO ITALIA
Resoconto FREGOLENT SILVIA ITALIA VIVA
Resoconto BUTTI ALESSIO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto PRESTIGIACOMO STEFANIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto RACITI FAUSTO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto PATASSINI TULLIO LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto FICARA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 17/02/2022
Resoconto GAVA VANNIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (TRANSIZIONE ECOLOGICA)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 17/02/2022

DISCUSSIONE IL 17/02/2022

NON ACCOLTO IL 17/02/2022

PARERE GOVERNO IL 17/02/2022

VOTATO PER PARTI IL 17/02/2022

IN PARTE RESPINTO E IN PARTE PRECLUSO IL 17/02/2022

CONCLUSO IL 17/02/2022

Atto Camera

Mozione 1-00591
presentato da
VIANELLO Giovanni
testo di
Giovedì 17 febbraio 2022, seduta n. 640

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 159, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, stabilisce una procedura per la stipulazione di un accordo tra lo Stato con il settore della raffinazione e della bioraffinazione, finalizzato alla promozione degli investimenti da parte delle suddette imprese finanziate con le risorse derivanti dal gettito delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto;

    tale provvedimento, di fatto, costituisce un sussidio ambientale dannoso (Sad) con il quale si finanziano imprese private appartenenti ai settori della raffinazione con denari dei cittadini che pagano attraverso le accise e l'Iva;

    l'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) stabilisce la lotta al cambiamento climatico quale obiettivo dichiarato della politica ambientale dell'Unione europea. Si prevede che, qualora non vengano adottate ulteriori misure volte a ridurre le emissioni, nel corso di questo secolo la temperatura globale media possa subire un aumento compreso tra 1,1 e 6,4 °C. Attività umane quali l'utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e l'agricoltura producono emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N20) e fluorocarburi. Tali gas a effetto serra catturano il calore che viene irradiato dalla superficie terrestre e ne impediscono la dispersione nello spazio, provocando il riscaldamento globale;

    il riscaldamento globale ha provocato e provocherà fenomeni meteorologici estremi più frequenti (quali inondazioni, siccità, piogge intense e ondate di calore), incendi boschivi, scarsità delle risorse idriche, scomparsa del ghiacciai e innalzamento del livello del mare, mutamento dei modelli di distribuzione o persino estinzione di fauna e fiora, malattie delle piante e parassiti, scarsità di alimenti e acqua potabile, nonché migrazione di persone in fuga da tali pericoli. La scienza dimostra che il rischio di un cambiamento irreversibile e catastrofico aumenterebbe in modo rilevante qualora il riscaldamento globale superasse i 2 °C – o anche solo l'1,5 °C – rispetto ai valori preindustriali;

    il Green deal europeo, il programma europeo per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, vuole dare impulso alla transizione ecologica in un'ottica di sostenibilità con un ambiente sano e una popolazione che possa aspirare, senza discriminazioni, a più che soddisfacenti condizioni di vita. Tutti i 27 Stati membri hanno assunto l'impegno di fare dell'Unione europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050;

    l'Unione europea ha approvato, nel dicembre 2020, un obiettivo riveduto di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In particolare, per conseguire tale ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili, e il 14 luglio 2021 ha presentato ai membri della Commissione Ambiente del Parlamento europeo il pacchetto di proposte legislative denominato «Fit for 55 per cent», contenente 12 iniziative, sia di modifica di legislazioni esistenti sia di nuove proposte, tese a mettere in atto e realizzare tale maggiore livello di ambizione. Per raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e l'apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72 per cento al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100 per cento del mix energetico primario complessivo. In Italia ciò si traduce con un raddoppio nel 2030 dell'attuale quota del 38 per cento di produzione da Fer installando circa 65 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile;

    in questo modo si creeranno nuove opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione, ma anche per ridurre le emissioni, creare posti di lavoro e favorire la sostenibilità economica, affrontare il problema della povertà energetica, ridurre la dipendenza energetica dall'esterno, migliorare la salute e il benessere. Al tempo stesso, la trasformazione garantirà opportunità per tutti, in quanto sosterrà i cittadini vulnerabili affrontando le disuguaglianze e la povertà energetica e rafforzerà la competitività delle imprese europee;

    il metano ha un impatto sul riscaldamento globale maggiore rispetto a quello dell'anidride carbonica con un potenziale climalterante tra le 20 e le 30 volte superiore. In uno scenario business as usual le emissioni annuali di metano sono destinate ad aumentare fino al 2040. È pertanto necessario invertire la rotta con politiche decise diminuendo ogni anno le emissioni di circa 180 milioni di tonnellate tanto da risparmiare un aumento della temperatura globale di 0,3 °C al 2045. In termini di costi sanitari e sociali, equivarrebbe a prevenire nel mondo 260.000 morti premature, 775.000 visite in ospedale per asma, 73 miliardi di ore di lavoro risparmiate da ondate di calore estremo, salvare 25 milioni di tonnellate di coltivazioni altrimenti andate perdute ogni anno;

    le aziende partecipate dallo Stato Eni e Snam hanno il loro core business negli idrocarburi e pertanto, per definizione, ogni progresso di decarbonizzazione completa entrerebbe in contrasto con la mission delle due partecipate. Modificare la loro mission, adeguandola alla completa decarbonizzazione dei processi energetici, rappresenta l'unica soluzione per permettere prosperità alle suddette aziende di Stato;

    la narrazione condotta dal Governo italiano che ha portato alla costruzione del gasdotto Tap veniva motivata dalla necessità di ulteriore approvvigionamento di gas dall'estero per abbassare le bollette elettriche dei cittadini. Oggi invece il Ministro della transizione ecologica afferma che al fine di diminuire il costo delle bollette elettriche dei cittadini si dovrebbe diminuire l'approvvigionamento di gas importato dall'estero e aumentare la produzione nazionale. Tutto ciò oltre a rappresentare una evidente contraddizione non è corroborato da alcun dato scientifico dato per assodato che un eventuale incremento della produzione domestica italiana verrebbe scambiato a mercato secondo il livello di prezzo a cui si attesta in quel momento il mercato del gas italiano, ossia Psv ed inoltre l'ambito di riferimento di tale dinamica non è solo il mercato italiano, ma quello europeo nel suo complesso, essendo i mercati di gas all'ingrosso strettamente interconnessi sia come scambi di volumi che come logiche di formazione del prezzo, per cui qualsiasi volume in tal senso dev'essere misurato su scala europea. Pertanto se ne deduce che un aumento di estrazione di idrocarburi in Italia di circa 4 miliardi di metri cubi annui rispetto l'attuale fabbisogno europeo di circa 400 miliardi di metri cubi annui, avrebbe un effetto ininfluente sul costo delle bollette elettriche dei cittadini;

    i risultati dei programmi di finanziamento Eepr e Ner 300 a sostegno delle tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio nel giacimenti fossili in via di esaurimento (Ccs) sono stati «bloccati» dalla Corte dei conti europea al punto che i progetti finanziati sono stati cancellati o conclusi senza essere entrati in funzione oppure senza che abbiano dimostrato vantaggi significativi. Inoltre, al momento non si conoscono i prevedibili rischi legati a tale tecnologia, gli impatti ambientali e i costi di manutenzione. È ormai accertato che i progetti di Ccs sono utili soltanto alle multinazionali degli idrocarburi al fine di esaurire i giacimenti;

    l'industria è una componente fondamentale dell'economia europea. Secondo Eurostat nel 2018, rappresentava il 17,6 per cento del prodotto interno lordo (Pil) e impiegava direttamente 36 milioni di persone. Allo stesso tempo, l'industria è responsabile di oltre la metà delle emissioni totali di alcuni principali inquinanti atmosferici e del gas a effetto serra, nonché di altri importanti impatti ambientali, tra cui il rilascio di inquinanti nell'acqua e nel suolo, la produzione di rifiuti e il consumo energetico. L'inquinamento industriale in Europa sta diminuendo grazie a una combinazione di normative e sviluppi nelle iniziative manifatturiere e ambientali. Tuttavia, l'industria continua a inquinare e la transizione verso la neutralità climatica in questo settore è una sfida ambiziosa. L'inquinamento atmosferico è spesso associato alla combustione di fonti fossili. Ciò vale ovviamente per le centrali elettriche ma anche per molte altre attività industriali che possono disporre in loco di produzione di energia elettrica o termica, come la produzione di ferro e acciaio o la produzione di cemento. Dalla produzione di acciaio primario da ciclo integrato vengono prodotte anche emissioni di inquinanti cancerogeni e genotossici come le diossine e il benz(a)pirene;

    in Italia ai 2020 sono stati prodotti 20,9 milioni di tonnellate di acciaio nei 39 siti di produzione dislocati in tutto il Paese di cui 37 siti da forni elettrici che rappresentano l'83,5 per cento della produzione nazionale e 2 siti da altoforno che rappresentano il 16,5 per cento della produzione nazionale. Relativamente ai 2 siti di produzione di acciaio da altoforno, mentre la produzione di Piombino è ferma per inadempienze del gestore, a Taranto la produzione non si è mai fermata. Taranto e Piombino sono gli ultimi due siti rimasti in Italia di produzione di acciaio da altoforno, poiché per risolvere le criticità ambientali e sanitarie da ciclo integrato da altoforno, nel 1999 per Genova e nel 2021 per Trieste, sono stati realizzati degli accordi di programma al fine di chiudere gli impianti più inquinanti che sono nelle «aree a caldo» dei siderurgici, rinforzare le «aree a freddo», sostenere il reddito dei lavoratori formandoli per altre occupazioni;

    inspiegabilmente a Taranto non è stato deciso lo stesso destino di Genova e Trieste nonostante nel capoluogo Jonico gli effetti della produzione di acciaio su ambiente e salute siano notevolmente più impattanti. Infatti, a Taranto l'area a caldo è sottoposta dal 2012 a sequestro giudiziario senza facoltà d'uso della magistratura con l'accusa di aver «creato eventi di malattia e morte nella popolazione» e il relativo processo è in fase di svolgimento; tuttavia, con oltre 13 decreti-legge è stata creata una legislazione speciale per la continuità produttiva del siderurgico di Taranto stabilendo tra l'altro nel 2012, subito dopo il sequestro giudiziario, la continuità produttiva anche in caso di sequestro senza facoltà d'uso. A causa della produzione di acciaio dell'ex Ilva di Taranto l'Italia è stata condannata nel 2019 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dal 2013 è soggetta a procedura d'infrazione per la mancata realizzazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il termine temporale di realizzazione dell'Aia è stato di volta in volta prorogato nel tempo e dal 2015 è scivolato ad agosto 2023. I dati sanitari e ambientali continuano a rappresentare una realtà drammatica. Dagli annunci del Governo si evincerebbe un ulteriore piano industriale – al momento – non pubblico che teoricamente decarbonizzerebbe l'ex Ilva non prima del 2030 al costo stimabile, ma presumibilmente molto più alto, di 6 miliardi di euro. Tale opzione non permetterà di bonificare l'intera area inquinata in quanto molte aree che necessitano di bonifica sono occupate da impianti esistenti o di prossima costruzione;

    sia la produzione di acciaio da forno elettrico che quella da altoforno creano fenomeni emissivi inquinanti. Notoriamente l'acciaio prodotto da altoforno è qualitativamente migliore rispetto a quello prodotto da forno elettrico ma al contempo crea effetti maggiormente inquinanti. Tuttavia, l'utilizzo di Dri – un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico ottenuto a partire da pellet (palline) di minerale ferroso trattate per mezzo di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2) – nei forni elettrici migliorerebbe la qualità dell'acciaio che potrebbe essere qualitativamente paragonabile a quello da altoforno e al contempo si stimano impatti emissivi più tenui, anche se non esistono studi che corroborano questa tesi redatti dal Ministero della transizione ecologica e da quello della salute. La realizzazione di grandi impianti da Dri in Europa non è economicamente sostenibile da parte di privati se non con costi totalmente a carico della collettività; oltre il 70 per cento delle emissioni del settore dei trasporti in Europa si devono ai trasporti su strada. Gli inquinanti atmosferici, come il particolato (PM) e il biossido di azoto (N02), danneggiano la salute umana e l'ambiente. Sebbene l'inquinamento atmosferico provocato dai trasporti sia diminuito nell'ultimo decennio grazie all'introduzione di norme di qualità per i carburanti, alle norme europee sulle emissioni dei veicoli e all'uso di tecnologie più pulite, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate. L'inquinamento acustico rappresenta un altro importante problema di salute ambientale legato ai trasporti. Il traffico stradale costituisce la fonte di rumore più diffusa, con più di 100 milioni di persone colpite da livelli nocivi nei Paesi membri dell'Aea. Inoltre, le infrastrutture di trasporto hanno un grave impatto sul paesaggio, perché dividono le aree naturali in piccoli appezzamenti con gravi conseguenze per gli animali e le piante. L'utilizzo di veicoli elettrici per la mobilità urbana ed extraurbana al posto di quelli endotermici ridurrebbe sia le emissioni inquinanti sia l'impatto acustico della circolazione stradale, inoltre diminuirebbe la domanda di fonti fossili come petrolio e gas;

    modificare i modelli di consumo del materiali e gestire correttamente i rifiuti non solo permette di risparmiare denaro e aumentare l'occupazione, ma è anche importante per migliorare le prestazioni ambientali e ridurre il cambiamento climatico, preservando inoltre le materie prime. A tal fine, devono essere necessariamente perseguiti gli obiettivi stabiliti in senso gerarchico dall'articolo 4 della direttiva 98/2008 incentivando la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, in seconda istanza il riciclo del materiali e soltanto in modo residuale – e quindi non dovrebbero essere incentivati – il recupero e il recupero energetico. L'incenerimento dei rifiuti è un trattamento che, a seconda dell'efficienza energetica, si colloca tra la pratica residuale del recupero energetico e lo smaltimento al pari di una discarica e pertanto non deve essere promosso. In quanto è una pratica in contrasto con il principio europeo di «non arrecare un danno significativo)»;

    le città contribuiscono fortemente al cambiamento climatico in quanto circa il 75 per cento degli europei vive in aree urbane. Le aree urbane sono responsabili del 60-80 per cento del consumo di energia a livello mondiale e più o meno della stessa percentuale di emissioni di CO2, dunque è logico che abbiano un'impronta di carbonio voluminosa. Edifici ed elettrodomestici più efficienti possono far risparmiare ingenti quantità di energia, emissioni e denaro. Una porzione considerevole dell'energia utilizzata dalle famiglie europee serve per riscaldare le abitazioni pertanto la riqualificazione energetica deve essere pianificata e sostenuta con adeguati incentivi fruibili nel tempo dalla totalità delle famiglie;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (Il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. La Commissione europea ha inserito a condizioni molto rigide il nucleare e il gas tra le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, nonostante non avessero le condizioni per rientrarvi. L'Italia, attraverso i Ministri che partecipano al Cite, senza coinvolgere il Parlamento ha espresso una posizione favorevole a tale proposta, nonostante la produzione di energia nucleare sia stata oggetto di ben due referendum abrogativi del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare nel Paese, chiedendo addirittura di aumentare i limiti di emissione di gas rispetto quanto proposto dalla Commissione;

    in data 9 gennaio 2022 il Commissario europeo al mercato interno Thierry Breton ha affermato che «le centrali nucleari europee di nuova generazione richiederanno all'Unione europea un investimento di 500 miliardi di euro, da qui al 2050», aggiungendo che «solo gli impianti nucleari già in funzione necessitano di 50 miliardi di euro di investimenti fino al 2030». Tali dichiarazioni rendono chiara l'idea dello spropositato e insostenibile esborso economico a carico dei cittadini europei di politiche energetiche che confermino e/o rilancino la produzione di energia da nucleare nel continente;

    inoltre, in Italia, come nel resto del mondo, perdura il problema del decommissioning, in quanto dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale, così sono scaricati sulle bollette dei cittadini. Se per i rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività si è in fase di individuazione di un deposito nazionale dove stoccarli definitivamente e che dovrebbe essere pronto non prima del 2029, il problema rimane irrisolto per i rifiuti a media e soprattutto per quelli ad alta attività per i quali al mondo non si è ancora riusciti a trovare metodi e/o siti dove smaltirli definitivamente. Tantomeno i roboanti annunci sul rilancio del nucleare di IV generazione ma anche sulla fusione nucleare non si sono ancora concretizzati e i tempi di realizzazione da oltre 10 anni vengono di volta in volta spostati avanti e al momento le stime molto approssimative indicano la realizzazione nei prossimi decenni, sicuramente troppo avanti nel tempo per rispettare gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici. Occorre aggiungere che, nonostante i costi della ricerca in tali settori siano quadruplicati rispetto alle stime iniziali, al momento non si conoscono gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute per cui è impossibile definire come «sicure e sostenibili» queste produzioni energetiche;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. È quindi ovvio che continuare a puntare sulle fonti fossili così come sul nucleare abbia un costo economico maggiore scaricato sulla cittadinanza rispetto al puntare sulle fonti rinnovabili;

    inoltre, è proprio per alleggerire il peso dei costi del consumo dell'energia elettrica gravante attualmente sulle famiglie e sulle attività produttive che si deve rivedere la problematica dell'incremento delle bollette, fino ad oggi arginata dal Governo attraverso stanziamenti insufficienti ed inoltre finanziati dai proventi delle aste per la CO2 (sistema ETS), che invece dovrebbero essere investiti per la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale, la mobilità sostenibile, la corretta gestione del ciclo dei rifiuti e dell'economia circolare e la protezione delle aree protette;

    a tale scopo, si evidenzia che una delle cause del vertiginoso aumento delle bollette (che si sta verificando negli ultimi tempi) dipende dalla modalità di funzionamento della Borsa dell'energia (in Italia nota con l'acronimo I.P.E.X.-Italian Power Exchange) che consiste in uno specifico mercato telematico deputato a favorire l'incontro tra l'offerta dei produttori e la domanda dei fornitori (quindi ad agevolare la conclusione delle transazioni tra i vari operatori del settore);

    la Borsa dell'energia è strettamente connessa al «System Marginal Price» che fissa il prezzo degli incrementi delle bollette sulla base del prezzo del gas, il cui aumento comporta (pertanto) la lievitazione del prezzo dell'energia elettrica;

    si tratta, quindi, di un binomio molto negativo che ha permesso e sta permettendo a grandi società di settore (come E.N.I., A2A, Erg, Edison e altri) di beneficiare di enormi profitti a danno dei consumatori finali (costretti a sopportare ingenti oneri in bolletta), senza tralasciare che il sistema in commento consente veri e propri cartelli lesivi della concorrenza e dei diritti dei cittadini;

    pertanto, è chiara l'iniquità della soluzione prescelta che potrebbe essere emendata, neutralizzando il carico degli incrementi delle bollette attraverso l'imposizione di specifici prelievi fiscali sui profitti derivanti dal sistema del prezzo marginale (liberando in tal modo la fiscalità generale), al fine di usare il relativo gettito per rimborsare le famiglie italiane e le piccole e micro imprese oltre che tassare gli extra profitti delle grandi aziende che estraggono, raffinano e distribuiscono idrocarburi; inoltre, sussiste l'evidente necessità di riformare il meccanismo di determinazione del prezzo dell'energia elettrica, separando quest'ultimo dall'andamento del costo del gas;

    per velocizzare la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili la direttiva dell'Unione europea n. 2018/2001 (cosiddetta RED II) prescrive che gli Stati membri pianifichino le aree idonee alla loro installazione, nel rispetto del principio «non arrecare un danno significativo» all'ambiente. Il Governo ha parzialmente dato attuazione alla direttiva RED II con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, senza ancora, tuttavia, individuare, tramite il Ministero per la transizione ecologica, le suddette aree idonee e non idonee, nonostante abbia già ricevuto, in data 26 luglio 2021, una lettera di messa in mora da parte della Commissione europea, determinando in tal modo il concreto rischio di sospensione dell'erogazione delle prossime tranche di finanziamenti europei del Recovery Plan, necessari per realizzare la transizione ecologica;

    parimenti il Governo ha dato attuazione solo parzialmente, tramite il decreto legislativo n. 201 del 2016, alla direttiva dell'Unione europea n. 2014/89 sulla pianificazione dello spazio marittimo, anche ai fini della individuazione delle aree più idonee all'installazione degli impianti eolici off shore, come precisato nella comunicazione della Commissione europea n. 741 del 19 novembre 2020. Nonostante le linee guida approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017, ad oggi ancora nessun piano di gestione dello spazio marittimo è stato approvato dal Comitato tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, rendendo concreto il pericolo di una procedura di infrazione e non fornendo un quadro chiaro sugli interventi ammissibili agli imprenditori del settore eolico, alla cittadinanza e agli enti pubblici coinvolti nelle procedure autorizzative;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi. Sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata ma al contrario accelerata con politiche di stimolo degli investimenti di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita e il nucleare come anche il gas non sono, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, per cui sarebbe necessario che la Commissione europea e i Governi nazionali cogliessero l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie veramente pulite;

    il 3° Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli identifica sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) stimati per il 2018 in 15,3 miliardi di euro e sussidi ambientalmente dannosi (Sad) stimati in 19.7, quelli di incerta classificazione in 8,6 miliardi di euro. Fra i dannosi, i sussidi alle fonti fossili sono stimati in 17,7 miliardi di euro. La Strategia dell'Unione europea per l'integrazione del sistema energetico COM(2020)299 persegue l'obiettivo di guidare gli Stati membri nella graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili,

impegna il Governo:

1) a stabilire una pianificazione con tempi certi e stringenti per garantire il phase-out dalle fonti fossili, salvaguardando la sicurezza dell'approvvigionamento energetico mediante un importante ricorso alle fonti di energia rinnovabile, adeguati stoccaggi di energia e mirati investimenti per migliorare la stabilità della rete elettrica nazionale;

2) ad adottare iniziative per pianificare la riconversione del «core business» delle società partecipate Eni e Snam, al fine di renderle libere dagli idrocarburi e compatibili con una decarbonizzazione totale e quindi garantire ad esse un futuro anche oltre il phase-out dalle fonti fossili;

3) ad adottare iniziative per diminuire gradualmente in Italia l'estrazione di idrocarburi in mare e in terra ed inoltre vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

4) ad adottare iniziative volte ad accompagnare la riconversione dell'industria oil & gas, pianificando in tempi certi una graduale dismissione e una riconversione ove possibile e facendo sì che siano assicurati da parte del mercato, in virtù del principio europeo «chi inquina paga», investimenti privati in nuove tecnologie, la sostituzione e la dismissione degli impianti obsoleti esistenti, e ad incoraggiare l'automazione, la digitalizzazione e l'elettrificazione diffusa della filiera di produzione energetica, nonché l'utilizzo di sistemi per il rilevamento accurato e l'individuazione puntuale delle perdite di metano;

5) ad adottare iniziative per disincentivare la realizzazione dei progetti di Ccs in quanto non garantiscono alcun ritorno economico, ambientale e sociale per il Paese;

6) ad esprimere pubblicamente e in sede europea il netto dissenso nei confronti dell'inserimento del gas naturale e del nucleare nella tassonomia verde;

7) a promuovere, in un prossimo provvedimento, l'abrogazione dell'articolo 1, comma 159, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in quanto recante un sussidio ambientalmente dannoso (Sad) che finanzia imprese della raffinazione con risorse economiche delle accise e dell'Iva pagata dai cittadini italiani;

8) ad adottare iniziative per incentivare e semplificare la riduzione a monte della produzione dei rifiuti e la preparazione al riutilizzo, e in via subordinata, il riciclo dei materiali, posto che il recupero e il recupero energetico non devono ottenere né semplificazioni normative né incentivi diretti e indiretti, in quanto sono operazioni residuali e quindi da scoraggiare, della gerarchia quadro dei rifiuti stabilita dalla direttiva 98/2008;

9) ad adottare iniziative tese a sterilizzare gli incrementi delle bollette domestiche e delle piccole e medie imprese, attraverso l'imposizione di specifici prelievi fiscali a carico degli operatori del settore elettrico e delle industrie dell'estrazione e della raffinazione di idrocarburi che abbiano beneficiato di maggiori profitti derivanti dall'incremento del costo dei gas, della benzina e del diesel, al fine di usare il relativo gettito per calmierare i costi delle bollette per i cittadini e le piccole e micro imprese;

10) ad adottare iniziative per riformare il meccanismo di determinazione del prezzo dell'energia elettrica, sganciando quest'ultimo dall'andamento del costo del gas;

11) a velocizzare la pubblicazione delle linee guida per l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e la redazione dei piani di gestione degli spazi marittimi;

12) ad adottare iniziative per condizionare la concessione dei finanziamenti pubblici per la realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile, alla loro collocazione sulle aree e sugli spazi marittimi pianificati come idonei dal Ministero competente e dalle regioni;

13) a promuovere l'eolico off shore e l'agrovoltaico nel rispetto dei vincoli ambientali, paesaggistici e senza arrecare danno alla fauna, alla flora e alte colture caratteristiche;

14) a promuovere, con un Piano nazionale dell'acciaio, una visione moderna, competitiva, innovativa e sostenibile della produzione italiana dell'acciaio, migliorando la qualità dell'acciaio prodotto nei forni elettrici attualmente esistenti, previa valutazione sulla sostenibilità economica e ambientale, tramite l'utilizzo di Dri e di idrogeno verde e a concludere entro il 2022 accordi di programma con gli enti locali in analogia al «modello Genova», con la chiusura delle «aree a caldo» dei cicli integrati dell'acciaio primario, a cominciare dal polo di Taranto, adottando iniziative affinché gli accordi di programma prevedano la formazione lavorativa e il reimpiego degli eventuali lavoratori in esubero garantendo i livelli reddituali;

15) ad adottare iniziative per ripristinare gli incentivi per i veicoli elettrici fino al 2035 prevedendone una graduale riduzione a partire dal 2030 e contestualmente modernizzare in tempi certi la rete stradale di competenza di Anas e la rete autostradale italiana in «Smart Road» con punti di ricarica elettrica «Fast Charge» almeno ogni 50 chilometri;

16) ad adottare iniziative per incentivare la riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica e privata rinnovando la misura del «bonus 110 per cento» fino al 2030;

17) ad adottare iniziative per pianificare in tempi certi la dismissione dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) prevedendo altresì entro il 2023 che gli stessi Sad siano esclusi dalle bollette elettriche del cittadini;

18) a pianificare ed adottare iniziative volte alla formazione occupazionale dei lavoratori attualmente impiegati nei settori «Hard to abate», e «oil & gas», garantendone i livelli reddituali e riconvertendo tali posizioni lavorative nei settori delle energie rinnovabili, nella riqualificazione energetica degli edifici, nelle bonifiche ambientali, nella protezione e tutela ambientale, nella digitalizzazione dei servizi e dei processi, nell'economia circolare;

19) a porre in essere ogni iniziativa affinché i Piani territoriali per una «transizione giusta» siano diretti prevalentemente ad agevolare le famiglie, le piccole e medie imprese e gli enti territoriali attualmente svantaggiati e arretrati rispetto alla transizione ecologica, agevolando le opportunità di lavoro in nuovi settori e in quelli in fase di transizione, investendo nella lotta alla povertà energetica, facilitando l'accesso all'energia rinnovabile, sicura e a prezzi equi, sostenendo la transizione delle piccole e medie imprese verso tecnologie a zero o a bassissime emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N20) e, fluorocarburi e, in fine, incentivando la decarbonizzazione dei settori dell'agricoltura e della pesca sostenibile con adeguate risorse in sostituzione dei relativi Sad.
(1-00591) «Vianello, Vallascas, Forciniti, Colletti, Cabras, Corda, Costanzo, Spessotto, Giuliodori, Testamento, Trano, Maniero, Leda Volpi, Raduzzi, Sapia, Romaniello, Dori, Siragusa, Paolo Nicolò Romano, Sarli, Benedetti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

inquinamento atmosferico

produzione d'energia

gas naturale