ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00171

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 158 del 08/04/2019
Abbinamenti
Atto 1/00163 abbinato in data 11/04/2019
Atto 1/00166 abbinato in data 11/04/2019
Atto 1/00168 abbinato in data 11/04/2019
Atto 1/00167 abbinato in data 11/04/2019
Atto 1/00169 abbinato in data 11/04/2019
Atto 1/00170 abbinato in data 11/04/2019
Firmatari
Primo firmatario: ROSTAN MICHELA
Gruppo: LIBERI E UGUALI
Data firma: 08/04/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BOLDRINI LAURA LIBERI E UGUALI 08/04/2019
FORNARO FEDERICO LIBERI E UGUALI 08/04/2019


Stato iter:
11/04/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 11/04/2019
Resoconto FONTANA LORENZO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (FAMIGLIA E DISABILITA')
 
DICHIARAZIONE VOTO 11/04/2019
Resoconto TOCCAFONDI GABRIELE MISTO-CIVICA POPOLARE-AP-PSI-AREA CIVICA
Resoconto COLUCCI ALESSANDRO MISTO-NOI CON L'ITALIA-USEI
Resoconto ROSTAN MICHELA LIBERI E UGUALI
Resoconto VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA
Resoconto CALABRIA ANNAGRAZIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DELRIO GRAZIANO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto LOCATELLI ALESSANDRA LEGA - SALVINI PREMIER
Resoconto D'ARRANDO CELESTE MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto PALMIERI ANTONIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BELLUCCI MARIA TERESA FRATELLI D'ITALIA
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/04/2019
Resoconto BORGHI ENRICO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LOLLOBRIGIDA FRANCESCO FRATELLI D'ITALIA
Resoconto FONTANA LORENZO LEGA - SALVINI PREMIER
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/04/2019

NON ACCOLTO IL 11/04/2019

PARERE GOVERNO IL 11/04/2019

DISCUSSIONE IL 11/04/2019

RESPINTO IL 11/04/2019

CONCLUSO IL 11/04/2019

Atto Camera

Mozione 1-00171
presentato da
ROSTAN Michela
testo presentato
Lunedì 8 aprile 2019
modificato
Giovedì 11 aprile 2019, seduta n. 161

   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è tra i Paesi sviluppati che si trovano oggi a fronteggiare uno scenario demografico il cui impatto sulla crescita del prodotto pro capite nei prossimi decenni sarà negativo. L'Istat stima che la popolazione residente in Italia dovrebbe attestarsi nel 2065 sui 53,7 milioni di abitanti, con una perdita secca pari a 7 milioni in meno rispetto ad oggi, 4,2 milioni dei quali a carico del sud;
    l'ultimo report annuale dell'Istat sulla dinamica demografica del nostro Paese testimonia che, nel solo anno 2018, a fronte di circa 450.000 nascite si contavano quasi 650.000 decessi, confermando per il terzo anno consecutivo un deciso decremento del tasso di natalità e del tasso di sostituzione generazionale, a riprova che l'onda lunga della crisi economica continua ad erodere la demografia italiana;
    la contrazione della natalità e della mortalità, quest'ultima legata ad un innalzamento dell'aspettativa di vita, hanno inciso sulla struttura per età della popolazione, determinando un lento e progressivo invecchiamento, e senza il contributo dell'immigrazione alla dinamica della popolazione in età lavorativa, il calo del prodotto interno lordo potrebbe risultare severo;
    il suddetto studio sembra infatti voler evidenziare quanto la perdurante congiuntura economica sfavorevole, che ha spinto sempre più giovani a ritardare rispetto alle generazioni precedenti l'appuntamento con le tappe della transizione verso la vita adulta, si sia riflessa sensibilmente nella crisi della formazione delle famiglie e nel calo della natalità;
    la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine è dovuta anche ad altri fattori, tra cui l'aumento diffuso della scolarizzazione e l'allungamento dei tempi formativi, le difficoltà che incontrano i giovani nell'ingresso nel mondo del lavoro e la diffusa instabilità del lavoro stesso, le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni;
    questo ritardo della popolazione giovanile nel vivere gli eventi cruciali della transizione all'età adulta – sempre più pronunciato rispetto alle generazioni precedenti ed ai coetanei europei – determina per il nostro Paese uno spreco di capitale umano, consolidando la trappola demografica della bassa fecondità con conseguente, come si è visto, invecchiamento della popolazione e perdita di equilibrio generazionale;
    d'altro canto le famiglie, quali ammortizzatori sociali di prima istanza, rispondono alla mancanza di politiche di sostegno dei giovani con una strategia di supporto basato prevalentemente sull'inclusione dei figli a casa fino al raggiungimento delle condizioni ritenute necessarie per iniziare una vita autonoma. Tutto questo inibisce, da un lato, l'intraprendenza giovanile nell'affrontare la vita con coraggio e determinazione, e, dall'altro, ritarda il momento di avvio di una nuova coniugalità dei genitori con figli adulti non più conviventi;
    se le difficoltà proprie del contesto socio-economico sono uguali per tutti i giovani, non lo sono però le caratteristiche delle loro famiglie d'origine, poiché solo alcune sono in grado di supportare più di altre i figli giovani, ed in assenza di un adeguato intervento di welfare è probabile che si generino nuove forme di diseguaglianze;
    la sfida demografica, dunque, impone una immediata rivisitazione di tutti quegli interventi a supporto dei nuclei familiari già messi in campo dal governo seppur sotto forma di bonus una tantum, una forma che certamente non aiuta la pianificazione da parte delle famiglie, lasciandole in balia di un'ampia, e spesso confusa, gamma di misure che inevitabilmente incidono sulla volontà di avere figli;
    i tassi di copertura dei servizi per i bambini nella fascia 0-3 anni restano in Italia molto bassi, soprattutto rispetto agli altri grandi paesi dell'Unione europea. Si pensi che, secondo una ricerca dell'Istituto degli Innocenti in Italia, tutti i bambini dai 3 ai 6 anni frequentano le scuole per l'infanzia (1 milione e 600 mila posti ad accesso per la maggior parte gratuito), ma in media solo un bambino su cinque frequenta l'asilo nido e la proporzione diminuisce a uno su dieci nelle regioni del Sud; si tratta di numeri ben al di sotto rispetto agli obiettivi di Lisbona fissati dall'Unione europea per gli Stati membri, ai quali si chiede di fornire servizi di cura ad almeno il 33 per cento dei bambini sotto i 3 anni di età;
    nonostante emerga da numerose analisi statistiche declinate per genere che le donne nel nostro Paese sono mediamente più istruite degli uomini, si registrano grandi differenziali, a loro sfavore, nei tassi di occupazione. Gli stessi dati rilevano, inoltre, che uno dei fattori di questo risultato risiede nella bassa condivisione tra i componenti della famiglia della gestione dei carichi di cura familiari e dei carichi di lavoro;
    come risulta dal database di Eurostat, l'occupazione femminile nel nostro Paese calcolata nella fascia d'età 15-64 anni è ferma al 48,1 per cento, rendendoci fanalino di coda nell'eurozona a 28 Stati ove si attesta, invece, nel medesimo periodo, al 61,4 per cento, con un divario di 13,2 punti rispetto alla media, seguita soltanto dalla Grecia;
    il suddetto dato cela, inoltre, ampie differenze territoriali e generazionali. Infatti, i primi risultati di uno studio Svimez sulla condizione delle donne nel Sud restituiscono un primato ancor più drammatico e dimostrano che il lavoro per queste ultime resta ancora un miraggio. Secondo lo studio, infatti, tutte le regioni meridionali sono collocate in posizioni gravemente svantaggiate rispetto alle altre europee, con Puglia, Calabria, Campania e Sicilia nelle ultime quattro posizioni, con valori del tasso di occupazione femminile che sfiorano il 29 per cento, di circa 35 punti inferiori alla media europea e sensibilmente distanti da quelli del Centro-Nord;
    a questi dati si aggiunge il fatto che la distribuzione del carico di lavoro domestico e di cura all'interno della famiglia ricade soprattutto sulle spalle delle donne;
    dal suddetto scenario discende che per le donne che partecipano al mondo del lavoro si profilano carriere più discontinue e retribuzioni più basse riconducibili alle minori possibilità di accesso ai ruoli apicali, una maggiore offerta di lavori part-time e carriere discontinue, tutti fattori determinanti, assieme ad una diversa struttura per età, dei differenziali di genere nei redditi percepiti;
    il lavoro costituisce un antidoto efficace anche contro la violenza, perché consente alla donna di allontanarsi da un contesto violento e di essere più rispettata dalla comunità civile;
    occorre pertanto avviare un profondo percorso di ripensamento delle politiche e delle azioni a favore dell'occupazione femminile, anche quale fattore capace di stimolare la crescita economica, atto a rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena valorizzazione della risorsa femminile sul lavoro;
    sulle donne gravano inoltre la gran parte degli impegni familiari e di cura e spesso sono costrette a scegliere tra famiglia e professione;
    il 4 aprile 2019 con 490 voti a favore, 82 contrari e 48 astensioni, è stata approvata dal Parlamento europeo una nuova direttiva dell'Unione europea (alla quale gli stati membri dovranno adeguarsi entro tre anni) in forza della quale il padre o il secondo genitore equivalente, se riconosciuto dalla legislazione nazionale, ha diritto ad almeno 10 giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito all'atto della nascita del figlio. Obiettivo della direttiva, che conduce gli Stati membri sulla strada della parità di genere con un gioco di contrappesi, è quello di incrementare le opportunità delle donne nel mercato del lavoro e rafforzare il ruolo del padre, o di un secondo genitore equivalente, all'interno delle famiglie;
    la crisi può rappresentare l'occasione per lo Stato per riconvertire il sistema « Welfare», mettendo al centro dell'azione politica, le famiglie, la non autosufficienza ed il terzo settore;
    per anni il modello di « Welfare» italiano si è basato sulla disponibilità delle famiglie a sostenere i soggetti più vulnerabili della società, e cioè i figli, gli anziani, i disabili;
    la famiglia ha sempre svolto un ruolo primario nei processi di inclusione, un potente ammortizzatore sociale, un vero e proprio sistema di protezione verso i propri componenti nei passaggi cruciali della vita o anche in occasione di particolari eventi critici come la nascita di figli, la disoccupazione, la malattia, e altro;
    se da una parte la legislazione italiana ha consolidato la centralità della famiglia dei portatori di handicap, considerata il perno intorno al quale ruotano l'assistenza e la cura di questi soggetti e per i quali rappresenta spesso, di fronte alla cronica carenza di strutture assistenziali e di provvidenze economiche da parte dello Stato, l'unico punto di riferimento in grado di rispondere in maniera puntuale alle loro esigenze, dall'altra, deludente è stata la scarsa attenzione prestata dal legislatore alle famiglie numerose, con figli o altri familiari a carico;
    l'incidenza della povertà sulle famiglie cresce sensibilmente al crescere del numero dei figli. Diventa pertanto prioritario potenziare le politiche fiscali e gli eventuali trasferimenti assistenziali in favore dei nuclei familiari numerosi;
    le politiche sociali per la famiglia non possono, in ogni caso, limitarsi soltanto a forme di intervento che sanino situazioni estreme, come la povertà, i conflitti interni o, peggio, le violenze. Esse devono invece tendere, in via ordinaria, a facilitare la vocazione educativa della famiglia che sta a fondamento della solidarietà e del patto tra generazioni;
    la programmazione politica dei governi che si sono avvicendati negli ultimi venti anni è stata orientata verso un modello di Welfare rivolto più all'assistenza delle persone in stato di difficoltà, che alla valorizzazione ed al sostegno della famiglia nel suo complesso, con un vuoto di attenzione che, come si è visto, ha lentamente ed inesorabilmente avviato un processo di denatalità e quindi di impoverimento demografico;
    non è immaginabile qualsivoglia ripresa economica e sociale del nostro Paese che prescinda da un'inversione di rotta con la quale venga valorizzata e tutelata questa cellula fondamentale della società;
    accanto a misure tese all'alleggerimento del carico fiscale delle famiglie con figli occorre adottare misure mirate al rafforzamento dei servizi per la prima infanzia ed al potenziamento della conciliazione vita-lavoro, attraverso una revisione della regolamentazione dei congedi e della flessibilità dell'orario di lavoro,

impegna il Governo:

1) a dare centralità e riconoscimento alle famiglie costrette, nel nostro Paese, ad un sovraccarico funzionale, partendo dall'adozione di politiche fiscali che tengano conto dei carichi familiari, mettendole così al riparo dalla eccessiva pressione fiscale che altrimenti subirebbero;
2) ad adottare una serie di iniziative, anche normative, volte:
   a) a sostenere in ambito lavorativo la genitorialità, promuovendo una cultura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di maggiore condivisione dei compiti di cura dei familiari all'interno della coppia;
   b) alla razionalizzazione di bonus ed incentivi alla genitorialità (bonus mamma domani, bonus bebé, contributo per asili nido e per l'acquisto di servizi di baby-sitting) rendendoli strutturali e legati all'Isee;
   c) all'innalzamento a 15 giorni del congedo obbligatorio retribuito di paternità;
3) ad incentivare l'occupazione femminile stabile e dignitosamente retribuita e a contrastare lo squilibrio di genere nei diversi territori e settori occupazionali e nei trattamenti retributivi;
4) ad assumere iniziative per salvaguardare la dignità e l'incolumità della donna sui luoghi di lavoro ed in ambito domestico;
5) ad assumere iniziative, anche per salvaguardare la condizione della donna nelle famiglie, volte a garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di donne vittime di violenza di genere;
6) a promuovere, in sede europea, l'adozione di misure, nell'ambito della disciplina dei bilanci pubblici, che escludano dal Fiscal Compact le risorse finanziarie destinate alle politiche di sostegno all'infanzia e alle famiglie con minori.
(1-00171) «Rostan, Boldrini, Fornaro».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lavoro femminile

condizione della donna

dinamica della popolazione