ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/02757/066

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 477 del 30/03/2021
Firmatari
Primo firmatario: ZUCCONI RICCARDO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 30/03/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CARETTA MARIA CRISTINA FRATELLI D'ITALIA 30/03/2021


Stato iter:
31/03/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
DICHIARAZIONE GOVERNO 30/03/2021
AMENDOLA VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
PARERE GOVERNO 31/03/2021
Resoconto AMENDOLA VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Resoconto AMENDOLA VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 30/03/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 30/03/2021

INVITO AL RITIRO IL 31/03/2021

PARERE GOVERNO IL 31/03/2021

NON ACCOLTO IL 31/03/2021

PARERE GOVERNO IL 31/03/2021

RESPINTO IL 31/03/2021

CONCLUSO IL 31/03/2021

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/02757/066
presentato da
ZUCCONI Riccardo
testo presentato
Martedì 30 marzo 2021
modificato
Mercoledì 31 marzo 2021, seduta n. 478

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure urgenti in materia di recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    il turismo, da sempre settore trainante della nostra economia, è stato il comparto che ha subito maggiori conseguenze negative da quando l'epidemia ha avuto inizio, ovvero da quasi un anno;
    attualmente ansia, incertezza e paura dell'ignoto risultano essere i sentimenti prevalenti di molti lavoratori italiani;
    il Censis ha recentemente affermato che il 73,4 per cento degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente; il 66 per cento degli italiani si tiene pronto a nuove emergenze adottando comportamenti cautelativi, ovvero mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti;
    esiste, però, una specifica categoria lavorativa che vive nella totale incertezza: quella le cui aziende insistono ed operano all'interno di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali;
    la Commissione europea potrebbe aprire a breve una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia dopo il rinnovo delle concessioni balneari decise nel 2018 durante il Governo gialloverde (stabilita dalla Legge di Bilancio del 2018 e riconfermate nel recente Decreto Rilancio);
    Bruxelles ha inviato a Roma una «lettera di costituzione in mora» in merito alle autorizzazioni sull'uso del demanio marittimo e del turismo balneare. Questo atto rappresenta la prima fase di una procedura di infrazione. Nel mirino della Ue c’è il rinnovo delle concessioni balneari fino al 2033 deciso dal passato esecutivo. Una scelta che, secondo la Commissione europea, stride con la Direttiva Bolkstein e una sentenza della Corte di giustizia europea che aveva definito incompatibili le concessioni con le indicazioni dell'Unione Europea contenute nella direttiva;
    l'Italia ha già subito una procedura di infrazione europea sulle concessioni balneari già nel 2009, quando era in vigore il regime di «rinnovo automatico» ogni sei anni al medesimo soggetto. Nel 2010 il rinnovo automatico fu abrogato, portando la Commissione Ue a chiudere la procedura di infrazione, e da allora l'Italia è andata avanti con diverse proroghe (prima al 2015, poi al 2020 e infine al 2033), ma senza mai attuare la necessaria riforma complessiva sul demanio marittimo, che potesse conciliare il diritto europeo con le aspettative degli attuali concessionari e con le esigenze di un comparto turistico unico al mondo. Tra l'altro, la proroga che doveva essere garantita dalla diretta esecuzione dell'articolo 1 commi 682, 683 e 684 della legge n. 145 del 2018, risulta attualmente applicata a «macchia di leopardo» nell'intero Stivale in dipendenza del colore politico che guida i Comuni italiani;
    la lettera di Bruxelles, ed in generale l'Unione europea con questo atteggiamento, rischiano di consegnare alla criminalità una parte sana della nostra economia e di bloccare quei rinnovi che molte amministrazioni comunali stavano provvedendo ad attuare, oltre gli investimenti di un settore già in forte crisi;
    è importante ricordare come numerosi giuristi hanno evidenziato nel corso degli anni che le concessioni demaniali rappresentano un «bene» e non un «servizio». Lo stesso ex Commissario europeo Frederik Bolkestein, autore della direttiva, ha dichiarato il medesimo concetto in un convegno organizzato alla Camera dei deputati a cura dell'associazione «Donnedamare» in data 18 aprile 2018. In Italia, inoltre, non risulta essere presente il requisito della «scarsità delle risorse naturali», considerato invece necessario dall'articolo 12 della direttiva ai fini dell'applicazione della direttiva stessa. A riguardo, infatti, esistono ancora moltissimi beni pubblici nel nostro territorio (4.000 chilometri di coste nel solo sud) da assegnare mediante evidenza pubblica e in maniera «competitiva», cosa che contraddice i presupposti della normativa europea;
    è paradossale che l'Italia sia da oltre trent'anni arrovellata attorno ad una tematica risolta già da anni al di fuori dei confini nazionali. Ad esempio all'interno dell'UE, Paesi come Spagna, Portogallo e Croazia hanno già da tempo risolto la questione in maniera positiva, provvedendo con lunghe concessioni da 30 a 75 anni, non includendo le concessioni demaniali marittime e lacustri fra le attività attinenti alla direttiva Bolkestein ed evitando procedure di infrazione, cosa a cui invece sembra essere assoggettato attualmente il nostro Paese. In particolar modo la Spagna, attraverso una riforma del 2013, non solo ha elevato a 75 anni il termine massimo delle concessioni, ma ha introdotto un meccanismo di prorogabilità delle stesse per ulteriori 75 anni, in forza di quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, della ley 2/2013, che ha modificato sul punto la « ley de costas» che disciplina il settore. A seguito della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016, alcuni rappresentanti dei concessionari italiani sono stati auditi dinanzi alla Commissione europea e ai rappresentanti del Governo italiano. Nel corso dell'audizione dell'11 ottobre 2016 presso la Commissione petizioni del Parlamento europeo, questi ultimi hanno evidenziato come l'applicazione da parte del Governo italiano della direttiva servizi alle concessioni balneari in essere si tradurrebbe nella lesione dei diritti sanciti in particolare dagli articoli 7, 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, ponendo in grave pericolo la sopravvivenza delle imprese attive nel settore (in buona parte micro imprese a conduzione familiare), che svolgono compiti di interesse pubblico a tutela della sicurezza, igiene, protezione ambientale e valorizzazione turistica delle spiagge in loro concessione. L'assenza di una chiarezza e soprattutto di una tutela nei confronti di chi ha già investito nel settore ha già portato a un inviluppo dello stesso, compromettendo seriamente gli investimenti, l'occupazione e lo sviluppo con gravi ripercussioni sul PIL e sulla crescita del settore stesso;
    il paradosso e la persecuzione, che sembra affliggere le migliaia di micro e piccole aziende a conduzione familiare legate al comparto delle concessioni demaniali in ambito turistico, è ancora più evidente se prendiamo in considerazione l'articolo 49 del Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327, aggiornato alle modifiche apportate dal decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 221 e dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 230);
    l'articolo 49, comma 1, del Codice della Navigazione prevede in particolar modo che, quando venga a cessare la concessione, le opere definibili come «non amovibili», realizzate su area demaniale, restino acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso per il concessionario, salvo che non sia stato diversamente stabilito nell'atto di concessione. Potrebbe prevedersi, per esempio, che in caso di opere inservibili nel pubblico interesse oppure in cattivo stato di manutenzione, non siano incamerabili e, quindi, che debbano essere rimosse, a cura e spese del concessionario e che, in caso di inadempienza da parte di questi, provvederà la P.A., rivalendosi in toto, per le spese, sul deposito cauzionale (o, più probabilmente, polizza fidejussoria ex articolo 17 Reg. Es. C.N.) che, di regola, ogni concessionario è tenuto a corrispondere, a garanzia dell'adempimento di tutti gli obblighi scaturenti dalla concessione;
    in molti casi, dunque, al danno derivante da un mancato rinnovo per le concessioni in scadenza al 2020 (previsto per legge da una recente norma nazionale fino al 2033), in questo caso si andrebbe a sommare ad una «beffa» rappresentata dal dover risarcire economicamente lo Stato per la rimozione di opere «non amovibili» che insistono sulla concessione ormai scaduta,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad abrogare l'articolo 49 del Codice della Navigazione e a garantire la sopravvivenza ed il futuro del comparto balneare italiano emanando velocemente una circolare ministeriale che obblighi esplicitamente i comuni ad applicare la proroga fino al 2033 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali in scadenza così come previsto dall'articolo 1, commi 682, 683 e 684 della legge 145 del 2018.
9/2757/66Zucconi, Caretta, Prisco.