CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 ottobre 2011
541.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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Martedì 4 ottobre 2011. - Presidenza del Presidente Gianfranco FINI.

La seduta comincia alle 16.35.

Esame della questione concernente la disciplina regolamentare delle assenze delle deputate per maternità.

Gianfranco FINI, Presidente, ricorda che con una lettera pervenuta il 26 settembre scorso, le onorevoli Mogherini e Bongiorno hanno posto la questione della mancata regolamentazione del congedo per maternità delle deputate, a loro avviso «riconosciuto e garantito» nell'ordinamento della Camera «ma solo perché considerato assenza per malattia». Ciò - secondo le colleghe - stride con il buon senso comune ed evidenzia un'incoerenza rispetto alle norme generali a tutela della maternità varate dal Parlamento. Le colleghe chiedono, in particolare, che la mancata partecipazione delle deputate ai lavori della Camera, nel periodo corrispondente a quello (5 mesi) per il quale è riconosciuto alle lavoratrici il regime di astensione obbligatoria per maternità, sia equiparata alla missione ai fini del computo del numero legale.
La questione è stata sottoposta all'Ufficio di Presidenza nella riunione del 28 settembre scorso: in quella sede ha avuto modo di chiarire anzitutto che nel Regolamento o nelle delibere dell'Ufficio di Presidenza o del Collegio dei questori non si rinvengono disposizioni che ricomprendano la mancata partecipazione ai lavori parlamentari delle deputate in maternità nell'ambito delle assenze per malattia. È vero piuttosto che, in sede applicativa fin dal 1996 (con una delibera del Collegio dei questori del 23 ottobre, confermata dalle successive delibere del 31 maggio e 12 luglio 2000), è stato previsto che le deputate nel periodo corrispondente all'astensione obbligatoria per maternità siano giustificate ai fini delle trattenute sulla diaria.
Ha poi in quella sede osservato, quanto alla specifica richiesta di estendere alle deputate in questione il regime della missione (per considerarle conseguentemente presenti ai fini del numero legale, e non solo «giustificate» ai fini delle trattenute), che l'articolo 46, comma 2, del Regolamento prevede tale regime per i deputati impegnati per incarico avuto dalla Camera, fuori dalla sua sede, o, se membri del Governo, per ragioni del loro ufficio. Il Regolamento individua dunque la missione nell'esercizio di funzioni riconducibili ad un mandato ricevuto dalla Camera o alla titolarità di determinate cariche e non, più

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in generale, alla presenza di situazioni soggettive che determinino una particolare condizione personale, quale è quella della maternità. In coerenza con l'impostazione dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento sopra ricordata, le circolari dei Presidenti e le delibere dell'Ufficio di Presidenza in tema di missioni riconnettono sempre tale istituto all'esercizio di funzioni istituzionali.
Nella precedente riunione dell'Ufficio di Presidenza del 21 dicembre 2010, in cui la questione era stata sollevata dall'on. De Biasi, aveva manifestato la mancanza di obiezioni, da parte sua, a procedere nella direzione indicata, che mira sostanzialmente a valorizzare la condizione delle deputate in maternità (nel periodo coincidente con quello per il quale la legislazione vigente prevede per le lavoratrici l'astensione obbligatoria) in ragione della essenziale funzione sociale della maternità, riconosciuta anche dalla Costituzione. Tuttavia, come emerso in Ufficio di Presidenza il 28 settembre, la bontà delle ragioni addotte dalle onorevoli Mogherini e Bongiorno non vale a superare il tenore dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, alla luce del quale non appare possibile dar corso, rebus sic stantibus, alla richiesta senza investirne la Giunta per il Regolamento, organo preposto all'interpretazione ed all'elaborazione delle proposte di modifica al Regolamento ai sensi dell'articolo 16, comma 2.
Precisa quindi che resta ovviamente rimessa alla Giunta la valutazione del percorso procedurale da seguire per risolvere la questione, ove si ritenga di farlo - e personalmente ciò auspica -, se cioè proporre all'Assemblea una modifica del Regolamento o se procedere in via interpretativa attraverso un parere sostanzialmente integrativo del testo regolamentare, nel senso di computare nel numero legale anche le deputate in maternità. Resta altresì fermo che un'eventuale disciplina di questo genere non potrebbe pregiudicare in alcun modo la piena libertà di mandato delle deputate, non potendosi cioè configurare per esse un «obbligo» di astensione, come invece avviene per le lavoratrici dipendenti: in sostanza - a differenza che per le lavoratrici-madri - spetterebbe comunque in concreto a ciascuna deputata valutare caso per caso se partecipare ai lavori parlamentari o essere considerata in missione.
Nel chiedere dunque l'orientamento dei membri della Giunta, prospetta, per maggiore chiarezza dei lavori, la seguente ipotesi di parere:

«La Giunta per il Regolamento,
esaminata la questione concernente la disciplina regolamentare delle assenze delle deputate per maternità,
delibera il seguente parere:
Le deputate che non partecipino ai lavori parlamentari nei periodi corrispondenti a quelli per i quali la legislazione vigente prevede l'astensione obbligatoria per maternità sono equiparate, ai fini del computo nel numero legale, ai deputati in missione ai sensi del comma 2 dell'articolo 46 del Regolamento.
Per quanto riguarda ulteriori ipotesi di assenze collegate alla maternità, le relative deliberazioni restano affidate ai competenti organi della Camera (Ufficio di Presidenza e Collegio dei questori) ai fini della giustificazione delle assenze e senza effetti sul numero legale».

Linda LANZILLOTTA osserva che l'ipotesi di parere testé illustrata dalla Presidenza, ancorché volta a tutelare la fondamentale funzione sociale della maternità, rischia tuttavia di introdurre, nell'ordinamento interno della Camera, un'ingiustificata differenza di trattamento rispetto alla tutela accordata ad altri diritti fondamentali egualmente riconosciuti dalla Costituzione, come il diritto alla salute: ne deriverebbe, ad esempio, che, mentre le deputate che non partecipino ai lavori parlamentari durante il periodo di astensione obbligatoria per maternità sarebbero equiparate, ai fini del computo del numero legale, ai deputati in missione e non risulterebbero pertanto considerate assenti, i deputati che versino in grave stato di

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malattia figurerebbero viceversa comunque assenti.
A suo avviso, sarebbe quindi preferibile, secondo una qualificazione giuridica peraltro più aderente alla realtà, introdurre anche nel Regolamento della Camera l'istituto del congedo, contemplato dall'articolo 62 del Regolamento del Senato, che consente di distinguere l'ipotesi della mancata partecipazione ai lavori parlamentari per giustificati motivi dall'assenza tout court anche ai fini del computo nel numero legale.
Invita quindi i membri della Giunta a valutare l'ipotesi di procedere, piuttosto che all'adozione di un parere integrativo, che fa leva sull'istituto della missione dilatandola oltre misura, ad una vera e propria modifica regolamentare, che disciplini la fattispecie secondo le appropriate categorie giuridiche.

Gianfranco FINI, Presidente, sottolinea la concreta necessità di una sollecita soluzione al problema posto. In questa ottica, il percorso del parere e quello della riforma regolamentare non gli pare siano fra loro alternativi.

Antonio LEONE ritiene preferibile che la Giunta si limiti, per il momento, ad esprimere un parere: tale strumento procedurale, di per sé flessibile, si presta a consentire alla Giunta, a seguito di ulteriore istruttoria, di implementare eventualmente il novero delle situazioni giuridiche che giustificano la mancata partecipazione ai lavori parlamentari, tutelando anche funzioni diverse dalla maternità, ove ritenute anch'esse socialmente rilevanti e quindi meritevoli di eguale trattamento nell'ordinamento interno, come ad esempio la paternità o l'assistenza agli anziani.

Dopo che Armando DIONISI ha richiamato specifici istituti previsti dalla legislazione vigente a tutela di diritti costituzionalmente riconosciuti, Gianclaudio BRESSA, nel concordare con il Presidente Leone, ritiene - pur dato atto alla collega Lanzillotta di aver posto una questione indubbiamente rilevante - che la Giunta, per il momento, debba procedere con l'adozione di un parere che consenta di computare come presenti ai fini del numero legale le deputate in maternità. Reputa tuttavia opportuno che, una volta espletata un'adeguata istruttoria, la Giunta valuti l'eventualità di introdurre nel Regolamento l'istituto del congedo.

Giuseppe CALDERISI, nella consapevolezza che il tema portato all'attenzione della Giunta merita senz'altro una soluzione adeguata, giudica tuttavia alquanto forzato il ricorso, a tal fine, sul piano interpretativo, all'istituto della missione, che si riferisce evidentemente a fattispecie completamente diverse, non certo assimilabili a quella di cui sta discutendo oggi.
A suo avviso, associandosi alla posizione dell'on. Lanzillotta, sarebbe assai più congruo procedere rapidamente ad una modifica regolamentare che dia risposta alle esigenze emerse in questa sede attraverso l'introduzione di istituti ad hoc, quale quello del congedo previsto dal Regolamento del Senato. Questa soluzione, infatti, senza pervenire ad una minuziosa elencazione di tutti i casi ipotizzabili di assenza dai lavori parlamentari per motivi socialmente o privatamente meritevoli di adeguata considerazione (elencazione che andrebbe piuttosto rimessa a specifici organi), sarebbe in grado di fornire a tali esigenze una risposta di carattere generale.

Dopo che Gianfranco FINI, Presidente, ha osservato come, a differenza del procedimento di modifica regolamentare, che richiede fisiologicamente tempi di svolgimento più lunghi, una pronuncia della Giunta consentirebbe in tempi rapidissimi di risolvere la questione postasi e di assicurare così alle assenze delle deputate per maternità un trattamento regolamentare in alcun modo assimilabile a quello previsto per le assenze per malattie, Marina SERENI conviene sulla soluzione prospettata dal Presidente della Camera, che consente di superare subito quella che, a suo avviso, costituisce un'obiettiva incongruenza

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del sistema, ossia una sostanziale identità di trattamento normativo delle assenze per il periodo della maternità e di quelle per malattia. Ciò non toglie, ovviamente, che si possa avviare una riflessione sulla possibilità di introdurre istituti che, in generale, assicurino sul piano regolamentare una disciplina adeguata anche per assenze di altro genere dovute a cause meritevoli di considerazione normativa.

Gianfranco FINI, Presidente, constata il consenso dei componenti della Giunta - con l'astensione dell'on. Calderisi, che conferma l'ordine di riserve manifestato nel suo intervento - sulla possibilità di procedere in via interpretativa attraverso il parere sostanzialmente integrativo del testo regolamentare da lui proposto.

La Giunta approva la proposta di parere.

Gianfranco FINI, Presidente, precisa che, con l'approvazione del parere da parte della Giunta, saranno ora l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei Questori a determinare le concrete modalità operative della disciplina in esso contenuta affinché possa essere applicata già dalla prossima settimana.

Dopo che Linda LANZILLOTTA, ribadito come - ovviamente - alla tutela della maternità debba essere assicurata l'attenzione dovuta, ha auspicato che anche situazioni personali diverse, come quelle di una malattia, possano ricevere sul piano regolamentare adeguato trattamento, Gianfranco FINI, Presidente, la incarica, congiuntamente al collega Molteni, di avviare un lavoro istruttorio finalizzato ad individuare i punti di una possibile riforma regolamentare che vada nel senso auspicato.

Antonio LEONE desidera richiamare l'attenzione della Giunta su due aspetti problematici della vita dell'Assemblea che ha dovuto constatare nella sua esperienza di Vicepresidente della Camera. Si riferisce, innanzitutto, alla questione degli interventi sull'ordine dei lavori sulla cui compatibilità, in taluni casi, con il razionale svolgimento dei lavori dell'Assemblea - fermo restando, ovviamente, il diritto di parola di ciascun deputato - si rende necessario interrogarsi. Da una parte, infatti, ha dovuto constatare che tali interventi spesso non hanno altro scopo che riprendere surrettiziamente temi precedentemente discussi dall'Assemblea, ritardando, a volte piuttosto consistentemente, l'esame di punti successivi, magari collocati ad ora fissa; inoltre sarebbe opportuno valutarne la riduzione dei tempi di durata. Non intende qui intaccare la possibilità di svolgere, anche all'inizio della seduta, interventi effettivamente sull'ordine dei lavori, magari politicamente qualificati dal fatto di essere segnalati dai presidenti di gruppo, ma solo arginare il rischio che - in fasi diverse da quella finale della seduta - si svolgano interventi idonei a produrre effetti negativi sul complessivo andamento dei lavori dell'Assemblea.
Accanto a questa questione desidera richiamare l'attenzione sul più generale tema dei termini regolamentari di durata massima degli interventi in alcune fasi del procedimento in Assemblea, termini che ritiene dovrebbero, in linea generale, essere ridotti in chiave sempre di razionalizzazione dei lavori parlamentari: ricorda in particolare i tempi assegnati per lo svolgimento delle interpellanze, in cui il deputato interpellante dispone complessivamente di ben venticinque minuti, tempo che, in modo del tutto incongruo, è ben più ampio di quello a disposizione per altri procedimenti simili (come il question time).

Gianfranco FINI, Presidente, ritiene che un intervento di modifica regolamentare che abbia ad oggetto i tempi di intervento dei deputati non possa essere valutato se non nell'ambito di una riflessione più complessiva sulle procedure parlamentari che consideri allo stesso tempo le prerogative del Governo, intese, ovviamente, non soltanto con riferimento ai tempi disponibili; diversamente un intervento isolato

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sui termini rischia di avere comunque un effetto di compressione dei diritti dei membri della Camera. In proposito sarebbe, piuttosto, opportuno individuare preliminarmente i vari, possibili temi di riforma regolamentare, sui quali svolgere una riflessione condivisa.
Quanto poi al question time, è sua opinione che esso dovrebbe essere oggetto di una più radicale riforma, che ne esalti, sul modello inglese, in particolar modo l'oralità.

La seduta termina alle 17.