XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 958
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PASTORELLA, BENZONI
Modifiche al codice civile, al codice di procedura civile, alla legge 20 maggio 2016, n. 76, e altre disposizioni in materia di accesso egualitario al matrimonio e all'adozione da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso
Presentata il 7 marzo 2023
Onorevoli Colleghi! – Nel 1990 l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha eliminato definitivamente l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali, definendola semplicemente come una «variante del comportamento umano» (decisione OMS del 17 maggio 1990). Il «mutamento di paradigma» derivatone ha progressivamente indotto gli ordinamenti dei Paesi occidentali a decriminalizzare le condotte omosessuali e a riconoscere i diritti delle persone omosessuali, declinando la condizione di omosessualità, in ambito giuridico, in tutela dell'orientamento sessuale, intesa come condizione personale rispetto alla quale, al pari della razza, del genere, della lingua, dell'orientamento religioso o delle opinioni politiche, vige il principio di non discriminazione.
Su questa base, negli Stati Uniti diverse Corti supreme si sono richiamate alla pregressa giurisprudenza in tema di discriminazione razziale per accogliere le eccezioni di incostituzionalità al divieto di matrimonio e in alcune Costituzioni nazionali si è recentemente introdotto l'orientamento sessuale tra le «condizioni personali» tutelate dall'ordinamento. In molti Paesi il trend di una maggiore protezione giuridica, realizzata più diffusamente per via legislativa, è proseguito fino a giungere alla parità di trattamento nel diritto di famiglia e all'accesso all'istituto del matrimonio per le coppie formate da persone dello stesso sesso.
Ad oggi, il matrimonio egualitario è riconosciuto in molti Paesi (Andorra, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Cuba, Costa Rica, Danimarca, Ecuador, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Malta, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d'America, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Taiwan e Uruguay); esistono poi Paesi che, come l'Italia nel 2016, hanno riconosciuto giuridicamente forme di unione familiare diverse dal matrimonio (Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Liechtenstein, Monaco, Montenegro, Repubblica ceca, San Marino e Ungheria).
Alcuni Paesi (tra cui Danimarca, Belgio, Francia, Germania, Finlandia, Islanda, Irlanda, Svezia, Spagna, Olanda, Norvegia, Regno Unito) riconoscono e disciplinano giuridicamente la genitorialità sociale, intesa come il rapporto di parentela che si consolida emotivamente e legalmente, indipendentemente dal vincolo genetico, tra genitore e prole e che consente l'adozione da parte del partner. Sono sempre più numerosi i Paesi che consentono l'adozione da parte da parte di coppie dello stesso sesso (Andorra, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Croazia, Cuba, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Israele, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d'America, Sudafrica, Svezia, Svizzera e Uruguay).
Uno dei passaggi simbolicamente più significativi di questo processo di sviluppo della civiltà e del diritto, che, ancorché recente, appare inarrestabile, è rappresentato dalla sentenza nel caso Obergefell v. Hodges con cui la Corte suprema degli Stati Uniti nel 2015 ha dichiarato l'incostituzionalità delle leggi statali che negavano il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso.
Per prevenire il rischio che anche sul matrimonio egualitario, appoggiato unicamente a una sentenza della Corte suprema, si verificasse quello che è successo sull'aborto, cioè una marcia indietro giurisprudenziale che avrebbe effetti ancora più esplosivi in tema di diritto di famiglia, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una legge – il Respect for Marriage Act – per tutelare a livello federale i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Questa legge è stata votata in modo trasversale da parlamentari democratici e repubblicani a conferma del fatto che in tutto il mondo il sostegno ai matrimoni egualitari è un patrimonio comune del progressismo e del conservatorismo democratico. Altri esempi sono la legge britannica, che fu introdotta dal governo conservatore di David Cameron, e quella tedesca, approvata durante il cancellierato di Angela Merkel.
In Italia il dibattito politico su questi temi è rimasto a lungo ancorato a posizioni ideologiche, che non tenevano conto né dell'esperienza, rappresentata da un numero sempre crescente di persone omosessuali che portavano fuori dall'invisibilità giuridica le loro relazioni affettive, le loro famiglie e i loro figli, né dell'elaborazione giurisprudenziale intervenuta a livello nazionale ed europeo. Il punto di svolta è stato rappresentato dall'approvazione della legge 20 maggio 2016, n. 76 (regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze). Si è così avviato un processo, che però non può certo considerarsi concluso.
La vita di coppia è alla base dell'organizzazione della famiglia e, come è emerso negli ultimi anni da pronunce giurisprudenziali sempre più numerose, non costituisce una struttura cristallizzata, ma si modifica di pari passo con le trasformazioni della società, dei costumi e dell'ordinamento giuridico. La famiglia e il matrimonio costituiscono istituti duttili che la sociologia e l'antropologia ci raccontano mutevoli nel tempo e nello spazio.
Nella società e nel diritto italiano, famiglia e matrimonio sono cambiate radicalmente nel volgere di pochi decenni, passando attraverso l'affermazione della competenza statale e non religiosa sul matrimonio, l'uguaglianza giuridica dei coniugi, la dissolubilità del vincolo matrimoniale, l'eguaglianza giuridica dei figli nati dentro e fuori il matrimonio. In definitiva, il diritto vigente ha dovuto modificarsi radicalmente per adeguare il matrimonio alle modificazioni nel frattempo determinatesi nella società e nelle relazioni familiari.
La duttilità umana e sociale della famiglia italiana è confermata anche dai dati statistici, che descrivono modelli e strutture che sono cambiati e si sono moltiplicati. Si sono diffuse, per esempio, le famiglie senza figli, quelle biparentali e monoparentali, ricostruite, allargate, coniugate oppure di fatto. Si tratta di modelli familiari non irrilevanti o occasionali, ma che sono ricorrenti e hanno spesso carattere di stabilità.
Nel rapporto 2022 l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ha confermato che le nuove forme familiari continuano a crescere: negli anni 2020-2021 sono 9.400.000 le famiglie costituite da single non vedovi, padri e madri sole non vedove, coppie non coniugate e le famiglie ricostituite coniugate. Vivono in queste famiglie più di 17 milioni di individui, quasi il 30 per cento della popolazione, dato più che raddoppiato in venti anni.
Sono sempre di più i figli nati fuori dal matrimonio. Sono stati 159.453 nel 2021, pari al 38,9 per cento del totale; erano il 10 per cento nel 2001. Le famiglie con figli sono circa un terzo del totale e dovrebbero ridursi a un quarto tra vent'anni. Il 40 per cento dei figli nasce da genitori non coniugati.
In tale contesto, la parola «famiglia» deve essere declinata al plurale per essere rappresentativa della realtà. Questi dati confermano che l'evoluzione delle forme familiari è stata spontanea e che la lunga opposizione a ogni forma di regolamentazione delle unioni omosessuali non è stata affatto correlata, come retoricamente si sosteneva, alla difesa della famiglia e della natalità, che peraltro riflette nelle sue dinamiche problemi economici generali e i ritardi accumulati nel nostro Paese sul welfare pro family, non certo la più o meno grande rigidità ed esclusività dell'istituto matrimoniale.
Fino a che non vi è stata anche in Italia una regolamentazione delle unioni tra persone dello stesso sesso, non vi è stata neppure in campo statistico un'attenzione per le relative organizzazioni familiari.
Le coppie same sex non furono rilevate dal censimento del 2001, perché ritenute non conferenti per le finalità della raccolta e perché – si disse – sarebbe mancata, nel regolamento di esecuzione del censimento, un'autorizzazione ad hoc per il trattamento di dati ritenuti sensibili. Nel corso del censimento 2011, invece, i dati relativi alle coppie same sex sono stati finalmente censiti, nonostante un intervento del Garante per la protezione dei dati personali abbia impedito che nel questionario ci fosse un esplicito riferimento alla convivenza in coppia formata da persone dello stesso sesso.
Dopo l'approvazione della legge n. 76 del 2016, un'indagine dell'ISTAT e dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), condotta tra 21.000 persone omosessuali o bisessuali che nel 2020 vivevano (o avevano vissuto) in un'unione civile, offre una prima più precisa rappresentazione delle caratteristiche di questa forma familiare. Si tratta per la quasi totalità di cittadini italiani, una chiara maggioranza di uomini (66,9 per cento), una quota rilevante di persone di età matura (il 43,6 per cento ha 50 anni e oltre) e una più diffusa concentrazione nel Nord del Paese (61,2 per cento).
Le caratteristiche socio-culturali ed economiche sono anch'esse peculiari. Le persone coinvolte nell'indagine presentano un livello di istruzione piuttosto elevato: il 38,8 per cento ha conseguito almeno la laurea, con una quota leggermente più alta tra le donne (39,4 per cento), contro un valore pari al 15,3 per cento per il complesso della popolazione. Nel complesso – sette su dieci – giudicano buona la propria condizione economica.
È ragionevole ritenere che le persone impegnate in un'unione civile formalizzata non siano rappresentative della generalità delle coppie same sex, anche conviventi. La stessa pubblicizzazione dell'unione implica una capacità di tenuta dei partner rispetto a forme di discriminazione esplicita o di discredito personale e quindi è correlata a buone condizioni di istruzione e di reddito e alla vita in contesti sociali e personali con più alto grado di tolleranza. Da questo punto di vista, la trasformazione in senso egualitario dell'istituto matrimoniale rappresenterebbe un messaggio potente anche nel senso del riconoscimento sociale delle famiglie omosessuali.
La presente proposta di legge intende rendere il matrimonio accessibile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso, nel solco di una mutata coscienza sociale e, soprattutto, dei princìpi della Costituzione, che affermano l'uguaglianza e la pari dignità, il divieto di discriminazione e la promozione e la tutela dei diritti fondamentali della persona in tutte le formazioni sociali in cui svolge la sua personalità.
È importante sottolineare che questa diversità di trattamento giuridico è stabilita unicamente in base a una caratteristica personale, qual è l'orientamento sessuale, che l'articolo 3 della Costituzione impedisce di prendere come elemento di discriminazione normativa tra le persone. Non operare questa apertura avrebbe il significato di tollerare il pregiudizio e la discriminazione in relazione ad un diritto, quello di sposarsi, che la Costituzione e le convenzioni internazionali inseriscono tra quelli fondamentali.
La libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale della persona nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 (articolo 16), nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848 (articolo 12), e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del 12 dicembre 2009 (articolo 9).
Sul punto la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, se da una parte ha ritenuto che l'articolo 12 della Convenzione non impone agli Stati contraenti l'obbligo di concedere l'accesso al matrimonio alle coppie omosessuali, dall'altra ha affermato che, in conformità con il carattere di «strumento vivente» della Convenzione, il diritto al matrimonio previsto dall'articolo 12 non poteva essere limitato in qualsiasi circostanza al matrimonio tra due persone di sesso opposto. In ordine alla capacità genitoriale delle persone omosessuali, la giurisprudenza ha fatto notevoli passi avanti, orientando legislazioni che, in materia di adozione, hanno aperto a discipline che prescindono ampiamente dall'orientamento sessuale dei partner.
Le preoccupazioni che in genere vengono espresse rispetto ai figli riguardano la paura che i genitori omosessuali possano condizionarne l'orientamento sessuale o pregiudicarne un sano sviluppo emotivo e relazionale, anche a causa dello stigma che colpisce le loro famiglie. Si tratta di timori e paure che non hanno basi empiriche, dal momento che tutte le ricerche condotte a livello internazionale sui figli cresciuti in famiglie omogenitoriali hanno sempre accertato che non esistono differenze significative tra loro e i figli cresciuti da coppie eterosessuali.
Gli studi condotti comparativamente su nuclei familiari con genitori omosessuali ed eterosessuali dimostrano che l'orientamento sessuale dei genitori non ha conseguenze disfunzionali sul processo di crescita. Non vi sono differenze statisticamente rilevanti in termini di benessere fisico e mentale, risultati scolastici, incidenza di disturbi psicologici e comportanti devianti.
La qualità del processo di crescita riflette complessivamente la qualità delle relazioni familiari. Molto rilevante è inoltre che non esistono differenze significative neppure rispetto all'orientamento sessuale e a identità e comportamenti di genere.
Non esiste dunque alcuna ragione per non equiparare le famiglie composte da persone dello stesso sesso a quelle composte da persone di sesso diverso, in ordine al diritto all'adozione.
Per portare alla piena uguaglianza di tutte le persone, al di là dell'orientamento sessuale, di fronte alla legge e, nello specifico, al diritto di famiglia, una volta assicurato l'accesso al diritto al matrimonio per le coppie composte da persone dello stesso sesso, non ha senso prevedere la permanenza di una regolamentazione speciale per le sole unioni omosessuali. Dunque, proprio in una logica antidiscriminatoria, la presente proposta di legge prevede che la piena equiparazione rispetto al diritto al matrimonio di persone eterosessuali e omosessuali porti alla contestuale abrogazione della disciplina delle unioni civili introdotta dall'articolo 1, commi da 1 a 35, della legge n. 76 del 2016 e disciplinata con i decreti legislativi 19 gennaio 2017, nn. 5, 6 e 7.
Allo stesso tempo, anche in questo caso su di un piano di perfetta uguaglianza, è previsto che sia alle coppie omosessuali che alle coppie eterosessuali continuino ad applicarsi le norme in materia di convivenze di fatto, di cui all'articolo 1, commi 36 e seguenti, della medesima legge n. 76 del 2016.
Di seguito si illustra il contenuto degli articoli della presente proposta di legge.
L'articolo 1 stabilisce che il matrimonio può essere contratto tra due persone di sesso diverso o dello stesso sesso, introducendo il principio che il matrimonio è egualitario, nei requisiti e negli effetti, indipendentemente dal sesso delle persone che lo contraggono.
L'articolo 2 modifica alcune disposizioni del codice civile al fine di adeguarle al principio del matrimonio egualitario. In particolare, sono sostituite le parole: «marito e moglie» con quella di: «coniuge». Merita ricordare che la parola coniuge, al singolare o al plurale, è utilizzata già numerose volte nei predetti codici e ricorre molto più frequentemente delle parole marito e moglie.
Nello specifico, al comma 1, lettere a) e b), si sostituiscono le parole: «in marito e in moglie» con: «come coniugi» negli articoli 107, primo comma, e 108, primo comma, che disciplinano, rispettivamente, la forma del matrimonio e l'inopponibilità di termini e condizioni alla dichiarazione degli sposi di prendersi come coniugi. Negli articoli 107 e 108, inoltre, l'avverbio: «rispettivamente», riferito al prendersi come marito e moglie, è sostituito con: «reciprocamente», riferito ora al prendersi come coniugi.
La lettera c) modifica l'articolo 143 del codice civile, che disciplina i diritti e doveri reciproci dei coniugi, sostituendo al primo comma le parole: «il marito e la moglie» con: «i coniugi, indipendentemente dal sesso,».
La lettera d) modifica l'articolo 143-bis del codice civile stabilendo che i coniugi, al momento del matrimonio, possono conservare ciascuno i propri cognomi o possono adottare un cognome comune della famiglia, formato dall'unione di un cognome dell'uno con un cognome dell'altro, disposti nell'ordine che essi sceglieranno. Tale regola consente ad ogni persona di avere sempre due cognomi. Il nuovo articolo 143-bis dispone, inoltre, che ciascuno dei coniugi conservi il cognome comune durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze, e che si perda in caso di divorzio.
La lettera e) modifica l'articolo 156-bis del codice civile, recante disposizioni in materia di divieto dell'utilizzo del cognome del marito da parte della moglie, nel corso della separazione, quando ne possa derivare un pregiudizio, per coordinarlo con la nuova disciplina.
L'articolo 3 equipara ai fini del diritto d'adozione, come disciplinato dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, i matrimoni tra persone dello stesso sesso e le unioni civili di cui alla legge n. 76 del 2016 al matrimonio tra persone di sesso diverso.
L'articolo 4 modifica il codice di procedura civile, in materia di astensione del giudice, sostituendo all'articolo 51, primo comma, numeri 2) e 3), il riferimento alla moglie con quello al coniuge.
L'articolo 5 stabilisce che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge siano abrogate le disposizioni della legge 20 maggio 2016, n. 76, che disciplinano le unioni civili.
L'articolo 6 detta le norme transitorie e finali.
In particolare, il comma 1 contiene una disposizione generale con la quale si precisa che tutte le disposizioni in materia di matrimonio e adozione, ovunque ricorrano, si applicano indipendentemente dal sesso dei coniugi, tranne che non sia previsto diversamente in maniera espressa.
Il comma 2 contiene un'ulteriore disposizione generale con la quale si precisa che le parole marito e moglie, dovunque ricorrano, sono da intendersi riferite ai coniugi, senza distinzione di sesso, ad eccezione di quelle disposizioni espressamente introdotte per eliminare la disparità di trattamento tra uomo e donna.
Il comma 3 dispone che le amministrazioni pubbliche procedano a modificare le espressioni marito e moglie in «coniuge» o «coniugi» ovunque ricorrano nella modulistica, nei certificati e nei siti web.
Il comma 4 dispone che i matrimoni già contratti all'estero tra persone dello stesso sesso possono essere trascritti in Italia, con efficacia dal momento della loro celebrazione.
Il comma 5 stabilisce le modalità di conversione in matrimonio delle unioni civili, di cui alla legge n. 76 del 2016, contratte in Italia tra persone dello stesso sesso, prima dell'entrata in vigore della legge.
Infine, si stabilisce che dalla legge non debbano derivare nuovi oneri a carico della finanza pubblica.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 90-bis del codice civile in materia di matrimonio egualitario)
1. Dopo l'articolo 90 del codice civile è inserito il seguente:
«Art. 90-bis. – (Matrimonio egualitario) – Il matrimonio può essere contratto da persone di sesso diverso o dello stesso sesso con i medesimi requisiti ed effetti».
Art. 2.
(Modifiche al codice civile in materia di coniugi)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 107, primo comma, le parole: «rispettivamente in marito e in moglie» sono sostituite dalle seguenti: «reciprocamente come coniugi»;
b) all'articolo 108, primo comma, le parole: «rispettivamente in marito e in moglie» sono sostituite dalle seguenti: «reciprocamente come coniugi»;
c) all'articolo 143, primo comma, le parole: «il marito e la moglie» sono sostituite dalle seguenti: «i coniugi indipendentemente dal sesso»;
d) l'articolo 143-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 143-bis – (Cognome dei coniugi) – I coniugi possono conservare i propri cognomi o adottare un cognome comune formato dall'unione del cognome o di uno dei cognomi dell'uno con il cognome o uno dei cognomi dell'altro. Ciascuno dei coniugi conserva il cognome comune durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze. Il cognome comune si perde in caso di divorzio»;
e) l'articolo 156-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 156-bis – (Cognome del coniuge) – Il giudice può vietare al coniuge l'uso del cognome dell'altro coniuge o del cognome comune quando tale uso sia gravemente pregiudizievole per l'altro coniuge».
Art. 3.
(Adozione da parte di coppie dello stesso sesso)
1. Ai fini della legge 4 maggio 1983, n. 184, i matrimoni tra persone dello stesso sesso e le unioni civili di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, sono equiparati al matrimonio tra persone di sesso diverso.
Art. 4.
(Modifica all'articolo 51 del codice di procedura civile, in materia di astensione del giudice)
1. All'articolo 51, primo comma, numeri 2) e 3), del codice di procedura civile, ovunque ricorrono, le parole: «o la moglie» sono sostituite dalle seguenti: «o il coniuge».
Art. 5.
(Abrogazione delle in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso)
1. I commi da 1 a 35 della legge 20 maggio 2016, n. 76, nonché i decreti legislativi 19 gennaio 2017, nn. 5, 6 e 7, sono abrogati.
2. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni di cui al comma 1 presente articolo.
Art. 6.
(Disposizioni transitorie e finali)
1. Le disposizioni vigenti in materia di matrimonio e di adozione, ovunque contenute in leggi, decreti e regolamenti, si applicano indipendentemente dal sesso dei coniugi, ove non diversamente stabilito.
2. Fatto salvo quanto disposto dalle disposizioni di cui all'articolo 2, le parole: «marito e moglie», ovunque ricorrono in leggi, decreti e regolamenti, a esclusione delle disposizioni volte a garantire la parità di trattamento tra uomo e donna, si intendono riferite ai coniugi, senza distinzione di sesso.
3. Le amministrazioni pubbliche procedono a modificare le espressioni «marito e moglie» in «coniuge» o «coniugi» ovunque ricorrano in atti, certificati, modulistica e siti internet.
4. Possono essere trascritti in Italia i matrimoni contratti all'estero tra persone dello stesso sesso, anche se celebrati prima della data di entrata in vigore della presente legge. Gli effetti di questi ultimi sono fatti salvi dal momento della celebrazione.
5. Possono essere convertite in matrimonio le unioni civili, contratte in Italia tra persone dello stesso sesso ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, prima della data di entrata in vigore della presente legge. L'istanza deve essere presentata da entrambe le parti dell'unione al comune in cui è avvenuta l'iscrizione o la trascrizione dell'atto nei registri dello stato civile.