PDL 935

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 935

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FOTI, ROTELLI, MATTIA, BENVENUTI GOSTOLI, MILANI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI, RACHELE SILVESTRI

Modifica dell'articolo 634 del codice penale e altre disposizioni in materia di occupazione abusiva di immobili

Presentata il 1° marzo 2023

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Onorevoli Colleghi! — Da anni ormai il fenomeno delle occupazioni abusive ha raggiunto dimensioni sconcertanti. L'occupazione abusiva di un immobile, definita occupazione senza titolo, si ha quando qualcuno occupa una casa, un appartamento o un immobile in generale senza un contratto o un altro titolo che ne legittimi il possesso o la detenzione. Essa, pertanto, si manifesta in due casi: quando la persona che lo occupa non ha un titolo per farlo oppure quando l'occupante ha un titolo abitativo che però risulti invalido o annullabile. In quest'ultimo caso, si pensi ad esempio alla mancata restituzione della casa locata da parte dell'inquilino alla scadenza del contratto di locazione.
Sulla base degli ultimi dati ufficiali provenienti dal Ministero dell'interno, risulta che nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2021 i provvedimenti esecutivi di rilascio di immobili ad uso abitativo emessi in Italia ammontano in totale a 38.163 con un incremento, rispetto all'anno 2020, del 17,29 per cento. Tra questi, in particolare, 1.603 sono stati emessi per necessità del locatore, 4.477 risultano emessi a seguito di finita locazione e 32.083 per morosità o altra causa. Nonostante l'ingente numero di provvedimenti emessi, tuttavia, gli sfratti effettivamente eseguiti nel richiamato periodo ammontano solamente a 9.537, evidenziando come gli interessi dei proprietari di immobili, siano essi soggetti pubblici o privati, non siano stati di fatto tutelati.
In questo contesto, particolarmente grave appare il fenomeno dell'occupazione abusiva di abitazioni private, particolarmente diffuso in zone scarsamente abitate in alcuni periodi dell'anno, quali località di villeggiatura, ma frequente anche in contesti urbani, come ha dimostrato l'eclatante caso, avvenuto nell'ottobre del 2021, dell'anziano signore romano che rientrato a casa dopo una degenza ospedaliera l'ha trovata illecitamente occupata.
Tra le principali cause che alimentano il fenomeno delle occupazioni abusive figurano anche gli aspetti legislativi.
La tutela giudiziale in favore del proprietario di un immobile occupato abusivamente può essere sia penale che civile. In sede penale, a seguito della denuncia alla competente procura della Repubblica, sono ipotizzabili diverse fattispecie di reato, in primo luogo quelle dell'invasione di terreni o edifici (articolo 633 del codice penale), punita con la reclusione fino a due anni e con la multa da 103 a 1.032 euro, e della turbativa violenta del possesso di cose immobili (articolo 634 del codice penale), punita con la reclusione fino a due anni e con la multa da 103 a 309 euro. Ulteriori fattispecie contestabili sono funzionalmente collegate all'occupazione abusiva: la violazione di domicilio (articolo 614 del codice penale), il danneggiamento (articolo 635 del codice penale) e il furto (articoli 624 e 625 del codice penale).
L'argomento delle occupazioni arbitrarie, cosiddetto «furto di case», può, ad avviso dei proponenti, essere ricondotto a due distinte disposizioni normative:

a) invasione di terreni ed edifici (articolo 633 del codice penale);

b) turbativa violenta del possesso di cose immobili (articolo 634 del codice penale).

Entrambe le fattispecie descritte non sono, tuttavia, soddisfacenti. Il concetto di invasione si ricollega sul piano storico-culturale a fenomeni di massa in occasione di forme di proteste socio-economiche. La dottrina, inoltre, ritiene che «Per “invasione” si intende l'introduzione o l'immissione arbitraria in un immobile altrui, per un tempo giuridicamente apprezzabile, la quale non costituisce, però, una vera e propria occupazione. È, peraltro, indifferente che l'invasione sia totale o parziale, oppure che l'avente diritto venga spogliato del suo godimento totalmente o soltanto parzialmente».
La turbativa violenta di cui all'articolo 634, invece, presuppone la violenza o la minaccia alla persona. Ciononostante sembra essere la disposizione più adatta a tutelare il possesso del bene, se adeguatamente integrata con le esigenze di allargata protezione necessarie, con riferimento ai casi qui in esame.
Inoltre, le pene attualmente previste dall'articolo 633 del codice penale non fungono da effettivo deterrente, atteso che consentono al soggetto agente, in caso di condanna, di poter beneficiare della sospensione condizionale della pena o, anche qualora la pena irrogata sia superiore a due anni, di poter in ogni caso accedere ad ulteriori benefìci che, di fatto, ne escludono l'esecuzione. A ciò si aggiunga il fatto che, in caso di flagranza di reato, non è consentito l'arresto né l'adozione di misure cautelari, salvo per le ipotesi aggravate previste dallo stesso articolo 633 del codice penale, quando l'invasione arbitraria è commessa da più di cinque persone o da persona palesemente armata, per le quali è consentito l'arresto facoltativo.
Appare evidente, quindi, che il sistema sanzionatorio vigente, improntato a politiche deflative, tende a lasciare sostanzialmente impuniti gli autori del delitto e, circostanza ancora più grave, non assicura un'adeguata e repentina tutela della persona offesa, privata della propria abitazione. Al riguardo occorre, infatti, rilevare che la persona offesa, che – secondo la norma penale – può essere sia colui che vanta il diritto di proprietà sull'immobile occupato abusivamente sia una terza persona che su di esso vanta un legittimo diritto di godimento, sovente deve attendere anni prima di essere reintegrata nel possesso del proprio immobile, con gravi ripercussioni economiche, oltre che esistenziali. La persona «spossessata», infatti, non solo deve provvedere alle spese legali per l'avvio di un procedimento civile o penale al fine di tutelare i propri diritti, ma deve anche continuare a pagare le imposte che gravano su quell'immobile e che lo Stato esige sebbene persista l'occupazione abusiva.
In sede civile, il proprietario dell'immobile può, invece, avvalersi delle cosiddette azioni petitorie: in primo luogo l'azione di rivendicazione (articolo 948 del codice civile), con la quale il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene; oppure può tutelarsi in via d'urgenza ricorrendo al giudice per ottenere la reintegrazione nel possesso (articolo 1168 del codice civile), un'azione che oltre al proprietario spetta anche all'usufruttuario o al conduttore in locazione dell'immobile.
Durante la XVII legislatura il Governo ha approvato il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, con l'obiettivo di definire i percorsi attraverso i quali l'autorità di pubblica sicurezza, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, può mettere a disposizione la forza pubblica per procedere allo sgombero in esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Specificatamente, il provvedimento ha disposto che l'impiego della forza pubblica per lo sgombero dovesse tenere conto delle seguenti priorità: situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nei territori interessati; rischi per l'incolumità e la salute pubblica; diritti dei proprietari degli immobili; livelli assistenziali che regioni ed enti locali possono assicurare agli aventi diritto.
A distanza di anni, è possibile affermare con certezza che le norme introdotte non hanno condotto a un miglioramento della gestione dell'occupazione arbitraria e dell'esecuzione materiale degli sgomberi, perché il fatto che l'impiego della forza pubblica debba tenere conto di tali priorità ha fatto sì che, nel bilanciamento di diversi interessi e diritti che rilevano in relazione agli sgomberi, la tutela del diritto di proprietà, anche se legittimamente avanzata in forza di un titolo e di un provvedimento giudiziale, può essere surclassata dall'esigenza di non pregiudicare l'ordine e la pubblica sicurezza nonché i bisogni primari degli occupanti abusivi collegati a particolari condizioni di vulnerabilità.
Pertanto, le norme richiamate non hanno in alcun modo arginato il grave problema delle occupazioni abusive, giungendo esclusivamente ad arrestare ulteriormente la tutela dei proprietari che sono costretti a subire lesioni e limitazioni dei propri diritti, senza un sostegno efficace da parte dello Stato.
D'altra parte, l'inefficacia delle azioni intraprese finora ha anche esposto lo Stato a cospicui risarcimenti per la mancata tutela del diritto di proprietà. In tale senso, il tribunale civile di Roma, sezione II civile, con la sentenza n. 13719 del 4 luglio 2018, ha condannato il Ministero dell'interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire circa 28 milioni di euro alla proprietà di un immobile occupato abusivamente da nove anni, nonostante le richieste di sgombero, affermando che, nel caso di occupazione abusiva di un compendio immobiliare protrattosi ininterrottamente per alcuni anni, deve essere condannata a risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguito dal proprietario l'autorità di pubblica sicurezza che non abbia provveduto allo sgombero né avvalendosi dei poteri amministrativi che le sono autonomamente attribuiti né dando esecuzione – in quanto organo delegato di polizia giudiziaria – al sequestro preventivo emesso dall'autorità giudiziaria penale, con conseguente compromissione dei diritti di proprietà e di iniziativa economica, riconosciuti tanto dall'ordinamento europeo che da quello interno. Il danno risarcibile, determinato quanto al diritto di proprietà dall'oggettiva impossibilità di disporre del bene, deve essere commisurato al valore locatizio del bene stesso; mentre, quanto al diritto di iniziativa economica, è determinato dall'impossibilità di concludere positivamente l'investimento programmato e deve essere commisurato al profitto non introitato.
Di notevole importanza sul punto risulta essere, altresì, la sentenza della Corte di cassazione, III sezione civile, n. 24198 del 4 ottobre 2018, che ha stabilito il rapporto fra discrezionalità amministrativa ed esecuzione di un provvedimento esecutivo affermando il principio secondo cui «la discrezionalità della p.a. non può mai spingersi, se non stravolgendo ogni fondamento dello Stato di diritto, a stabilire se dare o non dare esecuzione a un provvedimento dell'autorità giudiziaria, a maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU, come nel caso del diritto di proprietà, tutelato dall'articolo 41 della Costituzione, dall'articolo 6 CEDU ed articolo 1 del Primo Protocollo addizionale CEDU. È pertanto colposa la condotta dell'Amministrazione dell'interno che, a fronte dell'ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato vi aut clam, trascuri per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica».
In un ulteriore passaggio della pronuncia citata i giudici hanno altresì stigmatizzato il fatto che «Quanto poi alla sconcertante affermazione secondo cui astenersi dall'esecuzione dei provvedimenti giudiziari sarebbe un modo di “tutelare l'ordine pubblico”, basta osservare che: tollerare il crimine, per di più commesso da masse organizzate in pregiudizio di cittadini indifesi, è una ben strana forma di tutela dell'ordine pubblico: questo si tutela ripristinando la legalità violata, e non già assicurando al reo, per sei anni, il godimento del frutto del reato; nessuna comparazione o bilanciamento di interessi è consentito alla p.a. quando vengono in conflitto l'interesse accampato da chi viola la legge (l'occupante abusivo), e chi l'ha rispettata (il proprietario dell'immobile occupato); sicché è impensabile che per ragioni di ordine pubblico si possa dare preferenza al primo».
In conclusione, da quanto sin qui esposto appare con chiarezza l'incapacità dello Stato di tutelare uno dei diritti fondamentali della persona, la proprietà privata, anche a causa di un impianto normativo e sanzionatorio del tutto inadeguati. Non sfugge quindi che lo Stato non può più rimanere inerme davanti a una sistematica quanto territorialmente estesa violazione delle sue norme, e che il legislatore ha il precipuo compito di difendere i proprietari di immobili.
Pertanto, la presente proposta di legge introduce disposizioni volte a rendere più efficace la tutela dei proprietari di immobili e il contrasto alle occupazioni abusive.
In particolare, l'articolo 1 sostituisce l'articolo 634 del codice penale, introducendo il reato di «spoliazione o turbativa violenta del possesso o della detenzione di cose immobili», al quale si applica l'arresto in flagranza di reato (articolo 2), mentre non si applica il rito abbreviato (articolo 3). Per il reato di cui al novellato articolo 634, inoltre, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla reimmissione del bene nel possesso del suo legittimo titolare (articolo 4).
L'articolo 5 estende l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 81 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, in materia di esenzione dall'imposta municipale propria, al reato di cui al 634 del codice penale come modificato dalla presente proposta di legge, in aggiunta ai reati già previsti di cui agli articoli 614, secondo comma, e 633 del codice penale.
L'articolo 6, infine, reca l'abrogazione di alcune norme in contrasto con le disposizioni di cui alla presente proposta di legge.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica dell'articolo 634 del codice penale)

1. L'articolo 634 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 634. – (Spoliazione o turbativa violenta del possesso o della detenzione di cose immobili) – Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 633 e 633-bis, con violenza alla persona, con minaccia o con violenza sulle cose, spoglia qualcuno del possesso o della detenzione di cose immobili, o altrimenti turba tale possesso o detenzione, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.000 a 10.000 euro.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di una civile abitazione o delle sue pertinenze, la pena è della reclusione da cinque a nove anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro.
Nelle ipotesi di flagranza di reato, la polizia giudiziaria interviene per impedire che il reato sia portato a ulteriori conseguenze.
Nei casi di cui al secondo comma, l'autorità giudiziaria competente, acquisita la notizia di reato, procede entro quarantotto ore al sequestro preventivo, ai sensi dell'articolo 321 del codice di procedura penale, della civile abitazione o delle sue pertinenze oggetto del reato e dispone l'esecuzione dello sgombero e l'immediata restituzione dell'immobile all'avente diritto».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 380 del codice di procedura penale)

1. All'articolo 380, comma 2, del codice di procedura penale è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«m-sexies) delitto di spoliazione o turbativa violenta del possesso o della detenzione di cose immobili, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 634, secondo comma, del codice penale».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 444 del codice di procedura penale)

1. All'articolo 444, comma 1-bis, del codice di procedura penale, le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-octies e 634, secondo comma,».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 163 del codice penale)

1. All'articolo 163 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 634, secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla reimmissione del bene nel possesso del suo legittimo titolare».

Art. 5.
(Modifica al comma 759 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in materia di esenzione dall'imposta municipale propria)

1. Alla lettera g-bis) del comma 759 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole: «in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, 633, o 634 del codice penale».

Art. 6.
(Abrogazioni)

1. L'articolo 11 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, è abrogato.
2. L'articolo 31-ter del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, è abrogato.

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