XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 790
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LACARRA, CARÈ
Delega al Governo per la riorganizzazione e il potenziamento della medicina territoriale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale
Presentata il 19 gennaio 2023
Onorevoli Colleghi! – La pandemia di SARS-CoV-2 ha evidenziato diverse criticità nella medicina territoriale, non adeguatamente preparata a fronteggiare una emergenza sanitaria di tale portata. Non a caso, infatti, le regioni con una medicina territoriale più avanzata sono riuscite a rispondere in maniera più efficace alla crescita dei contagi nelle varie fasi della pandemia e nella successiva campagna vaccinale.
Occorre, quindi, potenziare e riordinare il Servizio sanitario nazionale (SSN) nel territorio, agendo sulla prevenzione e sulla promozione della salute, sul rafforzamento dell'assistenza domiciliare, dei percorsi di cure palliative e terapia del dolore (sia ambulatoriali che domiciliari) e sulla continuità assistenziale, anche incoraggiando l'utilizzo delle nuove tecnologie (come la telemedicina).
Le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono, in tale senso, una grande occasione per riorganizzare l'attuale sistema.
Da decenni il mondo occidentale vive cambiamenti demografici, epidemiologici e sociali senza precedenti. L'invecchiamento della popolazione, il diffondersi di malattie croniche, la condizione di solitudine in cui versa la metà degli anziani del nostro Paese fanno sì che i bisogni di assistenza dei prossimi anni saranno radicalmente diversi da quelli per i quali il nostro modello sanitario è stato creato.
Già oggi 13 milioni di italiani sono costretti a rinunciare alle cure. Un numero triplo rispetto a quindici anni fa e quadruplo rispetto alla Francia e alla Germania. Il modello attuale si basa sulla concentrazione degli investimenti su pochi grandi ospedali, lasciando nel territorio i medici di medicina generale isolati nei loro ambulatori, e costituendo una rete di servizi territoriali frammentata e spesso sconosciuta persino ai cittadini del territorio che tali servizi dovrebbero coprire.
L'obiettivo deve essere, invece, la creazione di un anello di congiunzione tra ospedali e territorio, portando servizi sociali e sanitari di qualità quanto più vicino possibile ai cittadini, attraverso il modello delle case della comunità, (introdotte con la cosiddetta legge «Balduzzi», il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189), il potenziamento dell'assistenza domiciliare, lo sviluppo dei servizi di telemedicina e lo svolgimento di capillari campagne di prevenzione.
Questo insieme di servizi costituisce quel «sistema delle cure primarie» che il Premio Nobel per l'economia Amartya Sen sostiene essere il mezzo più importante per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, così come la celebre pediatra Barbara Starfield dimostrò che investire nelle cure primarie non solo garantisce una più equa distribuzione di salute tra i cittadini, ma comporta anche una spesa sanitaria molto inferiore.
Ogni anno, su 21 milioni di accessi in pronto soccorso, 16 milioni si rivelano codici verdi e bianchi. Uno spreco di tempo e di risorse che intasa gli ospedali lasciando spesso per intere giornate i cittadini in attesa di una visita. Dove, invece, è stata realizzata una casa della salute, «prototipo» delle case della comunità, gli accessi in pronto soccorso si sono ridotti del 26 per cento.
Le previsioni del PNRR intendono le case della comunità come strutture di quartiere, che rappresentino il più vicino riferimento per i cittadini che hanno bisogno non solo di cure, ma anche di assistenza sociale o di orientamento socio-sanitario. In tali case i medici di medicina generale, liberi dalle incombenze burocratiche che attualmente gravano sul loro lavoro, si aggregherebbero in équipe multidisciplinari lavorando al fianco di medici specialisti, medici di comunità, infermieri, pediatri, fisioterapisti, dietisti, ma anche psicologi e assistenti sociali.
Le case della comunità, infatti, puntano a riunire in un unico centro tutti i servizi socio-sanitari di un territorio, raggruppando ambulatori, centri vaccinali, consultori familiari, uffici amministrativi, centri unici di prenotazione, sportelli informativi, prestazioni infermieristiche, servizi di consulenza psicologica e nutrizionale, in un'unica struttura sempre accessibile nelle dodici ore diurne. In tal modo si eviterebbe l'eccessiva frammentazione dei servizi territoriali o dei singoli studi medici, caratterizzati da orari di apertura al pubblico completamente diversi tra loro, spesso ridotti e difficilmente compatibili con gli impegni lavorativi dei cittadini.
Le case della comunità costituirebbero anche la centrale operativa da cui organizzare i servizi di assistenza domiciliare integrata e di telemedicina, oggetto di altre disposizioni della presente proposta di legge e di importanti investimenti previsti nel PNRR.
Curare un malato cronico presso la sua abitazione, infatti, non solo migliora la qualità della vita del paziente, ma rappresenta un risparmio enorme per il bilancio dello Stato. L'ospedalizzazione domiciliare di un paziente costa, tra emolumenti dei medici e degli infermieri e spesa per i farmaci e le attività di laboratorio, circa 1.500 euro al mese. Il ricovero in ospedale del medesimo paziente, per lo stesso periodo, costa in media 15.000 euro.
Con la telemedicina questo risparmio aumenterebbe ulteriormente.
In sintesi, quindi, investire nella sanità territoriale significa portare la salute quanto più vicina ai luoghi in cui i cittadini vivono, migliorando i servizi e consentendo al tempo stesso significativi risparmi.
Se uno degli intenti della presente proposta di legge è creare un filtro per l'accesso alle cure primarie che riduca gli ingressi in ospedale, l'obiettivo di fondo è offrire un modello sanitario alternativo a quello basato sulla cura e non invece sulla prevenzione. L'aumento del budget sanitario da investire in campagne di prevenzione, in combinazione con l'adozione del modello delle case della comunità che consente di creare un rapporto fiduciario tra équipe multidisciplinari e cittadini del quartiere, renderebbe molto più semplice sensibilizzare gli utenti di tali centri su temi come uno stile di vita sano, la prevenzione, un'alimentazione equilibrata e lo screening.
Le case della comunità, infatti, non si occuperebbero solo di curare i pazienti cronici, ma potrebbero divenire anche le promotrici di iniziative di sensibilizzazione nelle scuole, nelle famiglie e nei luoghi di lavoro. Tutti fattori essenziali per trasformare l'attuale «medicina di attesa», che si limita a gestire i disturbi e le malattie una volta manifestatesi, a una «medicina di iniziativa», dove gli stessi professionisti sanitari vanno incontro ai cittadini educandoli e informandoli.
Prevenire, infatti, non è solo il miglior modo per curare, ma anche il più economico. Un chiaro esempio è dato da alcune delle patologie più diffuse: ipertensione, obesità e diabete.
L'ipertensione è uno dei principali fattori di rischio per l'ictus. Ogni anno 216.000 italiani vengono colpiti da ictus, di cui 174.000 non fatali; l'invalidità che ne deriva costa allo Stato tra 6,5 e 16 miliardi di euro, mentre per i medicinali anti-ipertensivi se ne spendono solo 1,5. Secondo diversi studi, intercettare in anticipo le esigenze di terapia anti-ipertensiva porterebbe, nel giro di pochi anni, a risparmi pari a decine di miliardi di euro.
Lo stesso vale per il diabete, il cui costo sanitario in Italia è di circa 15 miliardi di euro all'anno, oltre il 10 per cento dell'intero budget sanitario. Questo importo è calcolato sulla base dei costi dei ricoveri e delle prestazioni specialistiche.
Il trattamento precoce dei pazienti diabetici ha un maggior costo nella fase iniziale, ma nel lungo termine consente un risparmio di spesa, poiché si prevengono l'insorgenza di complicanze e il ricorso ai trattamenti ospedalieri.
Infine, si pensi all'obesità, che colpisce 6 milioni di italiani e che si stima costi allo Stato (spesa per i farmaci, numero di ricoveri e circa un milione di decessi annui) da 9 a 16 miliardi di euro all'anno e per la quale la presenza di nutrizionisti e dietisti nelle case della comunità potrebbe essere di ausilio per la realizzazione di apposite campagne di educazione alimentare.
L'assistenza psicologica, invece, inserita all'interno dei livelli essenziali di assistenza (LEA) nel 2017 ma raramente fornita dal SSN, merita considerazioni differenti. Ancora oggi l'80 per cento di chi si rivolge a uno psicologo lo fa in ambito privato e la maggior parte dei cittadini vive l'assistenza psicoterapica come un tabù, tendendo a preferirvi terapie farmacologiche spesso «fai da te». Una vera e propria emergenza silenziosa che negli anni della pandemia di COVID-19 ha portato un italiano su cinque a fare ricorso a farmaci ansiolitici.
In Italia c'è solo uno psicologo pubblico ogni 12.000 abitanti mentre in altri Paesi europei il rapporto arriva anche a uno ogni 3.000 abitanti. Nella presente proposta di legge la presenza degli psicologi è prevista sistematicamente all'interno del sistema di welfare territoriale, rendendo disponibile l'assistenza psicologica gratuita per i cittadini serviti da una casa della comunità. Le esperienze già attive dimostrano che la disponibilità di consulenze psicologiche gratuite consente risparmi sulla spesa farmaceutica anche superiori al 30 per cento. La motivazione molto spesso consiste nell'abuso di farmaci che è molto diffuso nelle fasce più vulnerabili della popolazione, la quale sopperisce alla necessità di sostegno psicologico mediante pressanti richieste di prescrizioni farmaceutiche fatte ai propri medici di medicina generale. Ed è proprio alla condizione di questi ultimi che si rivolgono diverse disposizioni della presente proposta di legge.
Negli ultimi anni la medicina generale ha subìto sempre maggiori pressioni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dell'eccessiva burocratizzazione del ruolo dei medici di medicina generale. Ne è prova il «calo vocazionale» degli ultimi anni, che ha visto un numero crescente di giovani medici abbandonare il corso di formazione in medicina generale (in diverse province il tasso di abbandono è superiore al 50 per cento) o rifiutarsi di intraprendere questo percorso, le cui graduatorie sono in corso di scorrimento fino agli ultimi posti della classifica al fine di trovare qualcuno disposto a iscriversi. Nei prossimi sei anni andranno in pensione circa 36.000 medici di medicina generale. Se non si individuano soluzioni per rendere più attrattiva questa professione, gli attuali 1,5 milioni di cittadini privi del medico di famiglia diventeranno presto 15 milioni.
La presente proposta di legge interviene su tre aspetti: contesto lavorativo, contratto e formazione.
In primo luogo, il nuovo assetto della medicina territoriale garantirebbe ai medici di medicina generale di lavorare sempre a stretto contatto con équipe multidisciplinari e di essere forniti di strumenti diagnostici in loco, evitando sia l'isolamento professionale che spinge molti ad abbandonare la professione, sia lo svolgimento di mansioni amministrative o di prestazioni infermieristiche, lasciando loro più tempo per dedicarsi alla clinica e al rapporto con il paziente. In secondo luogo, si introduce la possibilità per i medici di medicina generale, su base libera e volontaria, di accedere alla dirigenza medica e agli istituti ad essa connessi: ferie, congedo e indennità di maternità, contributi previdenziali e orari adeguati.
In ultima analisi, l'assenza della medicina generale e delle cure primarie nell'ambito dei percorsi accademici ha contribuito a far diminuire l'interesse generale verso la medicina territoriale.
Da un lato i medici e professionisti sanitari, nel corso della formazione universitaria, sono orientati prevalentemente all'ambito ospedaliero o al mondo della ricerca, senza avere possibilità di conoscere e di interessarsi al lavoro nel territorio. Dall'altro lato, invece, la mancanza in Italia – tra i pochi Paesi europei – di uno specifico percorso accademico per l'accesso alla professione di medico di medicina generale ha portato erroneamente molti giovani medici e cittadini a considerare la medicina generale una branca non specialistica di «serie B».
Per queste ragioni, con la presente proposta di legge si intende creare un settore scientifico-disciplinare che valorizzi i percorsi per la formazione di tutti i professionisti delle cure primarie.
La presente proposta di legge, composta da un unico articolo, prevede, ai fini del rafforzamento dell'offerta sanitaria e socio-sanitaria assicurata dal SSN, una delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere al riordino del SSN al fine di adeguare l'offerta di servizi sanitari e socio-sanitari all'attuale contesto demografico e sociale mediante l'adozione di un modello organizzativo di assistenza territoriale fondato sulla multidisciplinarietà e sulla multisettorialità;
b) adottare un testo unico che comprenda la normativa vigente in materia di assistenza territoriale, assistenza socio-sanitaria primaria, assistenza materno-infantile, assistenza alla salute mentale territoriale, assistenza domiciliare e cure palliative e telemedicina;
c) garantire l'aggiornamento annuale dei LEA, prevedendo la loro integrazione in materia di emergenza-urgenza pre-ospedaliera e ospedaliera, di assistenza sanitaria territoriale, di assistenza sociale, di ospedalizzazione domiciliare e di domiciliarizzazione tecnologicamente assistita integrata;
d) rafforzare la medicina territoriale e di prossimità attraverso l'adozione di modelli organizzativi volti a massimizzare l'integrazione socio-sanitaria e la collaborazione interprofessionale per una migliore presa in carico dei bisogni socio-assistenziali tipici dei cittadini appartenenti a una medesima comunità;
e) potenziare i servizi di assistenza domiciliare integrata;
f) assicurare piena applicazione alla legge 15 marzo 2010, n. 38, per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore;
g) promuovere la disciplina delle cure primarie e della salute di comunità in ambito accademico all'interno di percorsi pre-laurea e post-laurea, mediante l'istituzione di uno specifico settore scientifico-disciplinare (SSD) volto alla formazione di figure professionali operanti nell'ambito della medicina di comunità e delle cure primarie;
h) prevedere un riordino territoriale dei distretti;
i) garantire la presenza, in ogni casa della comunità, di almeno due psicologi o psicoterapeuti;
l) garantire la presenza, in ogni casa della comunità, di almeno tre nutrizionisti o dietisti, con la possibilità di incrementarne l'organico delle strutture in aree soggette a maggior incidenza di casi di obesità e diabete e ipertensione;
m) rafforzare le politiche di prevenzione e promozione della salute per il contrasto della crescente diffusione di malattie cronico-degenerative;
n) prevedere la graduale introduzione di una nuova disciplina contrattuale, su base libera e volontaria, nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente, che comprenda sia la dirigenza medica sia il comparto;
o) promuovere strategie di partecipazione e di coinvolgimento attivo della popolazione ai fini della programmazione sanitaria;
p) favorire, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie mediche e sanitarie, il passaggio graduale del personale convenzionale, su base libera e volontaria;
q) promuovere lo sviluppo della cartella clinica digitale socio-sanitaria integrata in rete;
r) intraprendere ulteriori iniziative per la riduzione delle liste di attesa per l'accesso alle prestazioni sanitarie.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Ai fini del rafforzamento dell'offerta sanitaria e socio-sanitaria assicurata dal Servizio sanitario nazionale e del perseguimento di una maggior efficienza ed efficacia del medesimo, il Governo è delegato ad adottare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) provvedere al riordino del Servizio sanitario nazionale al fine di adeguare l'offerta di servizi sanitari e socio-sanitari all'attuale contesto demografico e sociale, prevedendo opportune misure di prevenzione volte alla promozione della salute e del benessere degli individui e delle comunità, nonché al contrasto all'insorgenza di patologie, mediante l'adozione di un modello organizzativo di assistenza territoriale fondato sulla multidisciplinarietà e sulla multisettorialità, garantendo la continuità assistenziale e la presa in carico del paziente, il pieno accesso ai professionisti e ai servizi e il loro adattamento ai diversi contesti;
b) adottare un testo unico che comprenda la normativa vigente in materia di assistenza territoriale, assistenza socio-sanitaria primaria, assistenza materno-infantile, assistenza alla salute mentale territoriale, assistenza domiciliare e cure palliative e telemedicina;
c) prevedere l'aggiornamento annuale dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e la loro integrazione in materia di emergenza-urgenza pre-ospedaliera e ospedaliera, di cure territoriali, di assistenza sociale, di ospedalizzazione domiciliare e di domiciliarizzazione tecnologicamente assistita integrata con i medici di medicina generale in materia di assistenza primaria, di continuità assistenziale e di medicina dei servizi, con i medici di comunità, con gli specialisti ambulatoriali e con gli infermieri, al fine di garantire un'offerta attiva e personalizzata di servizi sanitari e socio-sanitari, in particolare nell'ambito dell'assistenza a pazienti cronici e non autosufficienti, anche tenuto conto del progressivo invecchiamento della popolazione;
d) al fine di assicurare una maggiore uniformità di accesso alle cure e di ridurre le diseguaglianze tra cittadini e tra territori, rafforzare la medicina territoriale e di prossimità attraverso l'adozione di modelli organizzativi volti a massimizzare l'integrazione socio-sanitaria e la collaborazione interprofessionale per una migliore presa in carico dei bisogni socio-assistenziali dei cittadini appartenenti a una medesima comunità, attraverso la realizzazione di una rete capillare e territorialmente omogenea di presìdi socio-sanitari che operino quali punti di riferimento di prossimità per i servizi di cure primarie, di assistenza sanitaria e di assistenza sociale e garantiscano percorsi di prevenzione, diagnosi e cura forniti da équipe multidisciplinari composte da medici di medicina generale e di comunità, pediatri, infermieri, assistenti sociali, psicologi, ostetriche, educatori e volontari;
e) potenziare i servizi di assistenza domiciliare integrata, anche mediante la fornitura di strumenti tecnologici e digitali adeguati per i servizi di telemedicina e il monitoraggio a distanza dei parametri vitali, aumentando la capacità quantitativa e qualitativa di offerta delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e sociali domiciliari destinate ai pazienti cronici, con l'integrazione di attività di pulizia e di igiene della persona, di aiuto per il disbrigo di pratiche amministrative e altre commissioni, di accompagnamento, di consegna di pasti e di ausilio nella gestione delle attività domestiche;
f) assicurare la piena applicazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore e l'assunzione di un numero adeguato di professionisti formati in cure palliative e terapia del dolore al fine del loro impiego nei servizi di assistenza domiciliare e nelle strutture di cure intermedie in favore di persone affette da patologie croniche;
g) promuovere la disciplina delle cure primarie e della salute di comunità in ambito accademico all'interno di percorsi pre-laurea e post-laurea, mediante l'istituzione di uno specifico settore scientifico-disciplinare volto alla formazione di figure professionali operanti nell'ambito della medicina di comunità e delle cure primarie, che comprenda i medici di medicina generale, gli specialisti in medicina di comunità e cure primarie, gli psicologi delle cure primarie, gli infermieri di famiglia e di comunità, le ostetriche di comunità, e, in generale, i professionisti che operano nelle cure primarie e nell'ambito della salute della comunità. Istituire in ambito medico una scuola di specializzazione unica in «medicina generale, di comunità e delle cure primarie», nonché istituire per tutti i professionisti operanti nell'ambito dell'assistenza territoriale corsi di dottorato di ricerca dedicati alle cure primarie e alla salute di comunità, finanziando borse di studio per progetti di ricerca sulle cure primarie. Estendere, ai sensi del paragrafo 3 dell'articolo 28 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, l'esercizio dell'attività di medico di medicina generale nell'ambito del Servizio sanitario nazionale ai medici in possesso del diploma di specializzazione in medicina di comunità, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 1° agosto 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 5 novembre 2005, o del diploma di specializzazione in medicina di comunità e delle cure primarie, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 4 febbraio 2015, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2015;
h) prevedere un riordinamento territoriale dei distretti affinché diventino responsabili della salute della popolazione corrispondente al proprio bacino di competenza caratterizzato da un territorio omogeneo e circoscritto e provvedere al potenziamento delle loro funzioni, sia di programmazione, committenza ed erogazione delle cure, sia di integrazione socio-sanitaria, attraverso il conferimento della governance diretta sui dipartimenti in materia di programmazione, committenza ed erogazione delle cure delle case della comunità e dei servizi di assistenza domiciliare integrata, il coordinamento di tutti i professionisti socio-sanitari che operano nel territorio di riferimento favorendo l'integrazione ospedale-territorio e la promozione dell'intersettorialità degli interventi, anche mediante l'integrazione e il coinvolgimento dei servizi sociali comunali e degli enti del Terzo settore;
i) garantire la presenza, in ogni casa della comunità, di almeno due psicologi o psicoterapeuti, preferibilmente esperti nell'ambito delle cure primarie, al fine di assicurare una capillare rete di sostegno psicologico gratuito, di promuovere iniziative di prevenzione, anche coerentemente alle attività dei distretti socio-sanitari di cui alla lettera m), di incrementare le capacità di intercettare utenti potenzialmente bisognosi di supporto, anche sulla base di appositi protocolli di coordinamento tra tutte le professionalità presenti nelle case della comunità;
l) garantire la presenza, in ogni casa della comunità, di almeno tre nutrizionisti o dietisti, con la possibilità di incrementarne l'organico delle strutture in aree soggette a maggior incidenza di casi di obesità e diabete e ipertensione, al fine di ridurre la prevalenza di malattie croniche quali diabete, obesità ed il loro impatto sulla salute dei cittadini, di prevenire l'insorgere di disturbi alimentari, e di promuovere una cultura del benessere psicofisico basato anche sulla sana alimentazione;
m) prevedere un rafforzamento delle politiche di prevenzione e di promozione della salute per il contrasto della crescente diffusione di malattie cronico-degenerative, disponendo il vincolo, a carico delle regioni, di destinare almeno il 5 per cento della spesa sanitaria annua per la promozione e lo sviluppo di attività di screening e di prevenzione, nonché di campagne informative per la promozione di uno stile di vita sano, elaborando iniziative che tengano conto dei determinanti di salute e dei fattori antropologici e sociali di individui e comunità;
n) prevedere la graduale introduzione di una nuova disciplina contrattuale, su base libera e volontaria, nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente, che comprenda la dirigenza medica e il comparto, compresi gli infermieri di comunità e gli psicologi delle cure primarie, caratterizzato da un sistema di remunerazione omogeneo per tutti i professionisti delle cure primarie che promuova con specifici incentivi e premialità il continuo miglioramento della qualità dell'assistenza attraverso il monitoraggio di esiti e processi assistenziali e il lavoro in équipe interprofessionali, garantendo a tali équipe l'autonomia decisionale necessaria per progettare e per realizzare interventi in ambito sanitario adeguati ai vari contesti nonché la necessaria integrazione tra ambito sociale e sanitario;
o) promuovere strategie di partecipazione e di coinvolgimento attivo della popolazione ai fini sia della programmazione sanitaria, con lo scopo di assicurare un'adeguata valutazione dei servizi offerti e delle politiche sanitarie regionali e locali, sia dello sviluppo di comunità che, secondo i princìpi del welfare di comunità o generativo e della costruzione del capitale sociale, svolgano un ruolo attivo nella promozione della salute, di corretti stili di vita e di un invecchiamento attivo per il contrasto dell'insorgenza di patologie cronico degenerative e della fragilità;
p) favorire, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie mediche e sanitarie, il passaggio graduale del personale in convenzione, su base libera e volontaria, al rapporto di lavoro dipendente, nonché uniformare i contratti dei medici in regime di convenzione, equiparando il contratto della medicina generale a quello della specialistica ambulatoriale;
q) promuovere lo sviluppo di una cartella clinica digitale socio-sanitaria integrata in rete in cui raccogliere ed elaborare, in sicurezza e garantendo i più alti livelli di tutela della riservatezza, i dati sanitari prodotti da tutti gli operatori del Servizio sanitario nazionale, in regime di dipendenza e di convenzionamento o di accreditamento, nonché i dati provenienti dalle pubbliche amministrazioni, provvedendo all'adeguata formazione del personale socio-sanitario e amministrativo, assicurando la piena interoperabilità di tali dati, anche al fine di migliorare e di correggere le politiche sanitarie;
r) intraprendere ulteriori iniziative per la riduzione delle liste di attesa.
2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data della trasmissione. Decorso il predetto termine i decreti sono emanati, anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni.
3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi previsti dal comma 1, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative dei medesimi decreti nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al citato comma 1 e con la procedura di cui al comma 2.