XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2033
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VACCARI, DE MARIA
Abrogazione dei commi 9 e 9-bis dell'articolo 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, concernenti la partecipazione delle aziende fornitrici di dispositivi medici al ripiano del superamento del tetto di spesa regionale
Presentata il 13 settembre 2024
Onorevoli Colleghi! – Nel nostro Paese il comparto dei dispositivi medici rappresenta un settore significativo, che genera un mercato che vale 17,3 miliardi di euro tra export e mercato interno. Il settore è composto da oltre 4.400 imprese, delle quali il 6,4 per cento sono grandi imprese multinazionali, affiancate da una folta rete di piccole e medie imprese. Si tratta di un tessuto industriale molto eterogeneo, altamente innovativo e specializzato, nel quale le piccole aziende convivono con i grandi gruppi, una filiera lunga che vede aziende produttrici e fornitrici a proprio marchio, aziende produttrici per conto terzi, filiali italiane di grandi imprese globali, rivenditori nazionali e locali di vari marchi sia italiani che esteri.
Il comparto impiega quasi 119.000 addetti, in gran parte altamente qualificati, in tutto il territorio nazionale. Il numero di occupati donne (44 per cento), degli addetti alla ricerca (7,6 per cento) e degli occupati in possesso di dottorato di ricerca (2,6 per cento) è addirittura superiore alla media generale del Paese. Il comparto dei dispositivi medici costituisce una parte importante del tessuto imprenditoriale del Paese: nonostante la concentrazione numericamente maggiore delle imprese si sviluppi sull'asse Milano-Bologna-Roma, vi sono cluster industriali e aree di specializzazione rilevanti anche in Veneto, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia, intorno ai quali sono cresciuti parchi tecnologici di eccellenza.
Il solo distretto di Mirandola, il primo in Europa e il terzo nel mondo nel settore biomedicale, registra un fatturato di 32 milioni di euro, con 210 dipendenti e quattro stabilimenti.
È infatti nella capacità d'innovazione che il settore dei dispositivi medici ha la sua cifra distintiva: nuove tecnologie, prodotti innovativi, strumenti e servizi per migliorare le prestazioni e offrire opportunità di salute sempre più efficaci e affidabili.
Secondo i più accreditati analisti economici, il comparto dei dispositivi medici rappresenta uno dei settori con maggiori potenzialità di crescita a livello globale, tanto che alcuni Paesi d'oltreoceano lo qualificano e lo supportano come settore strategico, che – in condizioni di normalità e agibilità economica (al momento non presenti in Italia) – può garantire percentuali di crescita e capacità di attrazione di investimenti esteri non trascurabili. Non è un caso che i principali fondi di investimento europei ed extra europei stiano puntando molto sulle imprese del settore dei servizi relativi alle cure mediche e alle attività diagnostiche (anche noto come white economy) e mostrino grande interesse per la capacità di continua innovazione e avanzamento tecnologico dei dispositivi medici. Il settore, inoltre, si arricchisce continuamente di nuove start up: ad oggi, in Italia, ne contiamo oltre 300.
Il cosiddetto «meccanismo del payback», ovvero la partecipazione delle aziende fornitrici di dispositivi medici al ripiano del superamento del tetto di spesa regionale, fu disciplinato inizialmente con il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, ma solo a seguito dell'emanazione del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2022, n. 142 (cosiddetto «decreto aiuti bis»), la disciplina ha dispiegato i suoi effetti sugli operatori del settore, che hanno presentato centinaia di ricorsi. In particolare, le aziende del distretto hanno evidenziato che la necessità di destinare risorse al pagamento del payback limita gli investimenti in ricerca e sviluppo, compromettendo l'innovazione tecnologica oltre a ridurre la capacità delle aziende di fornire dispositivi medici al Servizio sanitario nazionale, con possibili ripercussioni sulla qualità delle cure.
Le associazioni di categoria hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale, la quale, con due sentenze pubblicate il 22 luglio (n. 139 e n. 140), ha riconosciuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale. Ciò tuttavia non inficia, anzi rafforza, la necessità di intervenire per via legislativa, al fine di evitare il collasso di un settore produttivo all'avanguardia nel nostro Paese.
Con la presente proposta di legge si dispone l'abolizione del meccanismo di payback al fine di sostenere le imprese del settore biomedicale, eliminando norme irrazionali e inique. L'obiettivo è ristabilire la sostenibilità economica delle aziende, promuovere l'innovazione e garantire l'accesso a dispositivi medici di qualità nel Servizio sanitario nazionale.
È inoltre previsto l'incremento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e la ripartizione dello stesso a favore delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. I commi 9 e 9-bis dell'articolo 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, e ogni altra disposizione relativa alla partecipazione delle aziende fornitrici di dispositivi medici al ripiano del superamento del tetto di spesa regionale a carico delle aziende che operano nel settore della produzione di dispositivi medici, sono abrogati.
Art. 2.
1. Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è incrementato di 7.000 milioni di euro per l'anno 2025 e di 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026.
2. Con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla ripartizione delle risorse di cui al comma 1 tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 3.
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 2, valutati nel limite massimo di 7.000 milioni di euro per l'anno 2025 e di 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, si provvede a valere sulle misure di rimodulazione ed eliminazione dei sussidi dannosi per l'ambiente (SAD) di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221. A tal fine, entro il 30 marzo 2025, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, sentito il Ministero delle imprese e del made in Italy, individua i sussidi di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, oggetto di rimodulazione ed eliminazione, al fine di conseguire risparmi di spesa o maggiori entrate non inferiori a 7.000 milioni di euro per l'anno 2025 e 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026.