PDL 1760

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1760


PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
EVI, BRAMBILLA, DEBORAH BERGAMINI, BONELLI, BORRELLI, CHERCHI, CIANI, SERGIO COSTA, DALLA CHIESA, DI LAURO, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIBAUDO, GRIMALDI, LACARRA, ORLANDO, PRESTIPINO, ROMEO, SCOTTO, ZANELLA

Disposizioni in materia di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi

Presentata il 6 marzo 2024

torna su

Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge mira a tutelare l'ambiente, la salute umana, la biodiversità, gli ecosistemi e il benessere degli animali da allevamento, rispettando gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese e tutelando al contempo le piccole aziende agricole, incoraggiando la transizione ecologica delle grandi e medie aziende attraverso un piano di riconversione agroecologica del sistema zootecnico italiano, nonché prevedendo nell'immediato una moratoria sull'apertura di nuovi allevamenti intensivi e sull'aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.
L'80 per cento dei fondi dell'Unione europea per l'agricoltura italiana è destinato attualmente al 20 per cento dei beneficiari. Questo è un sistema che penalizza le piccole aziende e favorisce quelle più grandi: secondo i dati dell'Eurostat, l'Italia ha perso oltre 320.000 aziende in poco più di dieci anni (tra il 2004 e il 2016): tale cifra è il risultato di un calo del 38 per cento tra le «piccole» paragonato a un aumento del 21 per cento delle aziende «molto grandi» e del 23 per cento di quelle grandi.
La zootecnia intensiva può essere economicamente vantaggiosa per le aziende grandi e molto grandi, ma la sua elevata dipendenza da fattori esterni (energia, mangimi, acqua) la rende particolarmente fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti) la rende vulnerabile alle sempre più frequenti epidemie. Di fatto l'attuale sistema zootecnico si regge su ingenti finanziamenti pubblici che potrebbero essere investiti in una progressiva transizione che lo renda più sostenibile sotto tutti gli aspetti.
Il grande numero di animali allevati in modo intensivo nel nostro Paese (più di 700 milioni in un anno) richiede un grande uso di risorse, spesso in competizione con quelle utilizzabili per il consumo diretto umano. Circa due terzi dei cereali commercializzati in Europa si trasformano in mangime e circa il 70 per cento dei terreni agricoli europei sono destinati all'alimentazione animale, basata principalmente su coltivazioni, come il mais, che richiedono un grande uso di acqua, anche questa una risorsa sempre più scarsa. Ridurre il numero di animali allevati in modo intensivo permetterebbe di liberare risorse per produrre cibo destinato direttamente al consumo umano, con un uso più efficiente delle risorse stesse: secondo le stime dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura e dell'Organizzazione mondiale della salute, un ettaro coltivato a cereali fornisce cinque volte più proteine di un ettaro destinato alla produzione di mangimi per l'allevamento da carne, mentre quelli coltivati a legumi ne forniscono dieci volte di più.
Gli impatti degli allevamenti intensivi sull'ambiente e le implicazioni connesse con la salute umana sono ampiamente documentati; la loro riduzione entra a pieno titolo nelle azioni da compiere per rispettare gli impegni sottoscritti dall'Italia sulla riduzione delle emissioni inquinanti e sul rientro entro i limiti previsti dalla normativa vigente e in fase di attuazione.
Questi riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (il settore zootecnico è responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali, pari a 274.000 tonnellate su circa 345.000 imputabili all'intero settore agricolo), l'inquinamento da polveri fini, in particolare il particolato fine PM2,5 (di cui gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di formazione), l'inquinamento del terreno e delle acque da azoto e suoi derivati (nei confronti dell'Italia la Commissione europea ha aperto la procedura di infrazione INFR (2018)2249 per violazione della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, cosiddetta «direttiva nitrati»), e le emissioni climalteranti.
Si aggiunga che le emissioni degli allevamenti intensivi hanno conseguenze dirette sulla salute umana, in particolare legate al citato PM2,5: questa componente del particolato atmosferico è infatti più pericolosa perché, in virtù delle sue minori dimensioni, riesce a penetrare nelle parti profonde dell'apparato respiratorio e l'esposizione cronica può arrivare a causare malattie molto gravi, compreso il tumore del polmone. Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) queste sono state responsabili di più di 50.000 morti premature (52.300) in Italia nel solo 2020, per una stima di 462.300 anni di vita persi e di quasi 47.000 nel 2021. Dati drammatici che collocano l'Italia al primo posto per morti premature causate dall'esposizione al PM2,5 e che comportano anche enormi costi sanitari, in particolare nelle zone come la Pianura padana nelle quali si registra un'alta concentrazione di attività emissive, quali gli allevamenti intensivi. I dati pubblicati a novembre 2023 riportano 46.800 morti premature in Italia a causa di esposizione al PM2,5 e pongono il nostro Paese al secondo posto in Europa dopo la Polonia (47.300).
Bisogna anche ricordare che il nostro Paese, attraverso gli accordi internazionali sottoscritti e il recepimento della disciplina dell'Unione europea, si è impegnato a rispettare una serie di obiettivi in materia ambientale, alcuni dei quali riguardano in particolare le attività zootecniche.
La direttiva 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, cosiddetta «direttiva NEC (National Emission Ceiling)» impegna l'Italia a diminuire le emissioni di ammoniaca del 16 per cento a partire dal 2030 e il PM2,5 del 40 per cento, rispetto ai livelli del 2005. Le emissioni di ammoniaca zootecnica e, di conseguenza, la formazione di particolato fine in atmosfera sono direttamente legate alle funzioni fisiologiche degli animali allevati.
Il rispetto della citata direttiva nitrati del 1991 riguarda strettamente le emissioni di ammoniaca zootecnica, che devono quindi essere affrontate e ridotte anche per consentire la chiusura della procedura di infrazione in corso, per la quale, nel febbraio 2023, è stato adottato un parere motivato ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea nei confronti dell'Italia, e che rischia di concludersi con l'irrogazione di pesanti sanzioni da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea.
All'inquinamento da nitrati, data l'alta solubilità di questi composti azotati nell'acqua, è strettamente legato il rispetto della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000 (cosiddetta «direttiva quadro sulle acque»), che impegna gli Stati membri ad ampliare la protezione delle acque, sia superficiali che sotterranee, e a raggiungere il «buono» stato per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015, termine che il nostro Paese non ha rispettato.
La strategia «Dal produttore al consumatore», di cui alla comunicazione della Commissione (COM(2020) 381 definitivo), del 20 maggio 2020, che è parte integrante del Green Deal europeo, prevede che i sistemi alimentari europei debbano urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta. Quanto sopra illustrato rende evidente il ruolo cruciale delle emissioni inquinanti zootecniche nel garantire il rispetto di questo obiettivo.
Infine nella 28a conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28), svoltasi a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, 134 Paesi, compresa l'Italia, hanno aderito alla «Dichiarazione COP28 degli Emirati Arabi Uniti sull'agricoltura sostenibile, i sistemi alimentari resilienti e l'azione per il clima», impegnandosi a integrare il cibo nei loro piani nazionali di adattamento ai cambiamenti climatici e a fornire una rendicontazione annuale.
I sempre più frequenti eventi estremi e la siccità ormai cronica, anche nel nostro Paese, impongono la ricerca di una nuova efficienza alimentare che prediliga le produzioni a più basso consumo di risorse e favorisca l'adozione di diete salutari e a minor contenuto di prodotti di origine animale da parte di tutte le fasce della popolazione.
La presente proposta di legge intende ridurre in modo significativo gli impatti sociali, sanitari e ambientali del sistema di allevamento intensivo, puntando su una transizione agroecologica del sistema zootecnico italiano, con la sospensione temporanea dell'apertura di nuovi allevamenti intensivi e dell'aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti, in attesa che venga adottato un piano nazionale di riconversione del settore zootecnico.
Le principali finalità della presente proposta di legge possono essere così sintetizzate:

a) tutelare la salute pubblica, riducendo gli impatti degli allevamenti intensivi a partire dalle zone a più alta densità zootecnica;

b) tutelare le risorse naturali a vantaggio della sicurezza alimentare delle generazioni presenti e future;

c) contribuire al rispetto degli obiettivi in materia di clima e inquinamento;

d) tutelare le realtà virtuose, rafforzando il sostegno economico, e permettere a quelle convenzionali di affrontare la necessaria riconversione;

e) tutelare gli animali da allevamento diminuendone la sofferenza.

Più precisamente, l'articolo 1, comma 1, richiama i princìpi costituzionali su cui si fondano le finalità della legge, in particolare in virtù della recente modifica attuata dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che ha aggiunto all'articolo 9 della Carta la tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali, sancendo altresì, attraverso la modifica all'articolo 41 della Costituzione, che l'iniziativa economica debba svolgersi nel rispetto della tutela della salute e dell'ambiente. Vengono inoltre richiamate le direttive e le strategie dell'Unione europea in materia di tutela del benessere animale e di filiera agroalimentare.
Il comma 2 elenca i principali impegni assunti dal nostro Paese in materia di tutela dell'ambiente e di riduzione delle emissioni di gas serra in base agli accordi internazionali e alla normativa dell'Unione europea.
Il comma 3 richiama le strategie e la normativa dell'Unione europea concernenti la riduzione dei nitrati, dell'ammoniaca e del PM2,5 che assumono particolare rilevanza per la materia disciplinata dalla legge.
L'articolo 2 dichiara l'oggetto e la finalità della legge, specificando, al comma 1, che lo scopo principale della riorganizzazione delle attività del settore zootecnico è quello di tutelare l'ambiente e la salute pubblica; il comma 2 prevede che debbano essere tutelate anche la biodiversità, gli ecosistemi e il benessere degli animali; il comma 3 dispone che la giusta transizione del settore zootecnico verso un modello compatibile debba tenere conto della disponibilità e conservazione delle risorse naturali e della tutela della salute.
L'articolo 3 reca la definizione di allevamento intensivo, basata su quella prevista nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (COM (2022)156 final) che modifica la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali, che stabilisce come soglia di densità massima sotto la quale un allevamento può considerarsi «estensivo» la densità di due unità di bestiame adulto (UBA) per ettaro di superficie agricola utilizzata (SAU). L'UBA è l'unità di misura della consistenza di un allevamento; per ogni specie, questa si ottiene applicando appositi coefficienti al numero dei capi presenti nell'azienda. In accordo con la definizione di «agricoltura intensiva» fornita dall'AEA, al criterio della densità si aggiunge quello dell'intensità di apporti esterni, in particolare per quanto riguarda la quota proteica dell'alimentazione animale, caratteristica comune agli allevamenti «senza terra» che utilizzano mangimi provenienti da coltivazioni molto distanti, in buona parte da oltreoceano. Si richiamano inoltre i regolamenti europei vigenti per gli allevamenti biologici (regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, e regolamento di esecuzione (UE) 2020/464 della Commissione, del 26 marzo 2020) come limite per le densità al chiuso e l'accesso all'aperto come minimo requisito per limitare la sofferenza degli animali da allevamento.
L'articolo 4 prevede, al comma 1, che vengano definiti le modalità e i criteri per la riorganizzazione produttiva degli allevamenti intensivi e, al comma 2, che siano assegnate adeguate risorse economiche sia per la transizione degli allevamenti tradizionali sia per il sostegno delle aziende che già adottano buone pratiche agroecologiche. Il comma 3 indica le finalità, i tempi e le modalità di elaborazione del piano nazionale per la riconversione del settore zootecnico, individuando alcuni princìpi cardine quali la densità zootecnica territoriale, e il comma 4 prevede l'istituzione di un tavolo di partenariato che comprenda gli operatori economici e sociali nonché le agenzie e gli enti di ricerca istituzionali, i quali sono chiamati a collaborare alla redazione del piano e alla sua attuazione.
L'articolo 5, comma 1, dispone la sospensione delle autorizzazioni per l'apertura di nuovi allevamenti intensivi e per l'aumento del numero di animali allevati negli allevamenti intensivi già esistenti; il comma 2 chiarisce che la moratoria di cui al comma 1 resta valida sino all'approvazione del piano nazionale per riconversione del settore zootecnico, di cui all'articolo 4, comma 3; il comma 3 specifica che la moratoria riguarda esclusivamente le attività che rientrano nella definizione di cui all'articolo 3, dalla quale sono esclusi i piccoli allevamenti che praticano il pascolo all'aperto.
L'articolo 6, comma 1, istituisce il Fondo per la riconversione del settore zootecnico, volto a sostenere le iniziative previste dalla legge nonché le aziende nel percorso di riconversione delle pratiche zootecniche in chiave agroecologica, al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui alla medesima legge. Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste siano stabiliti i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, per il quale il comma reca una dotazione di 10 milioni di euro annui per il triennio 2024-2026, a valere sulle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Princìpi)

1. La Repubblica, in attuazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione, tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, disciplina i modi e le forme di tutela degli animali e garantisce che la libera iniziativa economica si svolga senza recare danno alla salute e all'ambiente. Le attività agricole e zootecniche si svolgono nel rispetto delle norme nazionali di settore e dell'articolo 544-ter del codice penale, dell'articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e della direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, che riconoscono il benessere degli animali come valore da tutelare e interesse pubblico da perseguire, nonché della comunicazione della Commissione «Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente» (COM(2020) 381 definitiva), del 20 maggio 2020, che persegue l'obiettivo della transizione verso un'agricoltura e una zootecnia più sostenibili.
2. Le attività economiche, comprese quelle agricole e zootecniche, concorrono alla progressiva riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ai fini del conseguimento degli obiettivi di neutralità climatica nel 2050 in attuazione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015, ratificato ai sensi della legge 4 novembre 2016, n. 204, nonché in applicazione del regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021.
3. Le attività agricole e zootecniche devono essere condotte, altresì, nel rispetto degli obiettivi della Strategia dell'Unione europea sulla biodiversità per il 2030, di cui alla comunicazione della Commissione (COM(2020) 380 definitivo), dell'iniziativa per i prodotti sostenibili, di cui alla comunicazione della Commissione (COM(2022) 140 definitivo), della direttiva 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, che impegna l'Italia a diminuire le emissioni di ammoniaca del 16 per cento a partire dal 2030 e il particolato fine (PM2,5) del 40 per cento rispetto ai livelli del 2005, nonché della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, concernente la protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

Art. 2.
(Oggetto e finalità)

1. La presente legge reca disposizioni in materia di riconversione delle attività del settore zootecnico, in particolare degli allevamenti intensivi, e di limitazione degli impatti ambientali e sanitari delle attività medesime, anche attraverso l'adozione di misure transitorie.
2. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, del benessere degli animali negli allevamenti zootecnici e della salute umana nonché al rispetto degli impegni nazionali di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 maggio 2018, n. 81.
3. La presente legge persegue altresì l'obiettivo di avviare e realizzare una giusta transizione per gli operatori del settore zootecnico, al fine di pervenire gradualmente e in tutto il territorio nazionale a un'organizzazione dell'allevamento compatibile con le finalità di protezione della salute e dell'ambiente di cui al comma 2.

Art. 3.
(Definizione)

1. Ai fini della presente legge, per «allevamento intensivo» si intende un allevamento con una densità superiore a due unità di bestiame adulto equivalente (UBA) per ettaro di superficie agricola utilizzata, con una prevalente dipendenza da fonti esterne non locali o regionali, in particolare per la quota proteica dell'alimentazione animale, che superi le densità al chiuso previste dal regolamento (UE) 848/2018 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, e dal regolamento di esecuzione (UE) 2020/464 della Commissione, del 26 marzo 2020, e che non preveda l'accesso all'aperto continuo e volontario degli animali.

Art. 4.
(Piano nazionale di riconversione del settore zootecnico)

1. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, sono stabiliti le modalità e i criteri per la riorganizzazione produttiva degli allevamenti intensivi, anche attraverso la riduzione del numero dei capi allevati nel territorio nazionale e senza l'incremento dell'approvvigionamento di animali e di carni dall'estero, in attuazione dei princìpi della presente legge.
2. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentate e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e con il Ministro della salute, adotta un decreto recante la disciplina della corretta gestione degli allevamenti secondo un modello di zootecnia compatibile con la salute, l'ambiente e il benessere animale e introduce altresì un sistema di incentivi economici finalizzati a interventi tecnici, strutturali e relativi all'innovazione e alla ricerca, destinati alle aziende che attuano pratiche sostenibili che contribuiscono concretamente al conseguimento degli obiettivi quali la tutela della biodiversità, la circolarità dei prodotti, delle risorse e dei nutrienti e la diminuzione della competizione alimentare tra le persone e gli animali.
3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e con il Ministro della salute, è approvato il piano nazionale di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi, anche tenendo conto della densità zootecnica territoriale riferita al carico zootecnico misurato in kg/azoto/anno e agli obiettivi previsti dalla direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, degli obiettivi nazionali, internazionali ed europei previsti dalla normativa ambientale e in conformità ai criteri stabiliti dal decreto di cui al comma 1 del presente articolo.
4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di garantire un ampio processo di condivisione con le istituzioni competenti, i settori produttivi interessati nonché le associazioni, gli enti di ricerca e gli altri soggetti esperti in materia, con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e con il Ministro della salute, è istituito un tavolo di partenariato per il confronto e la discussione sugli elementi strategici, tecnici e operativi concernenti la progressiva transizione agroecologica degli allevamenti intensivi esistenti, anche ai fini della predisposizione del decreto di cui al comma 2 e del piano di cui al comma 3.

Art. 5.
(Divieti)

1. Nelle more dell'approvazione del piano di cui all'articolo 4, comma 3, il rilascio di nuove autorizzazioni nel territorio nazionale per l'apertura di allevamenti intensivi è sospeso ed è altresì fatto divieto di aumentare il numero dei capi allevati negli allevamenti esistenti.
2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano agli allevamenti di piccola dimensione (aziende con meno di venti UBA totali) che prevedono la fruizione del pascolo con uno o più turni annuali di durata complessiva di almeno novanta giorni in montagna e centocinquanta giorni in collina e pianura nonché per gli allevamenti avicoli che prevedono la permanenza degli animali in uno spazio aperto per almeno un terzo della loro vita.

Art. 6.
(Fondo per la riconversione agroecologica del settore zootecnico)

1. È istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Fondo per la riconversione agroecologica del settore zootecnico, con la dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, destinato alla concessione di incentivi economici per le finalità di cui all'articolo 4, commi 2 e 3.
2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo di cui al comma 1.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

torna su