PDL 1681

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1681

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, BONETTI, D'ALESSIO, ONORI, RUFFINO

Disposizioni in favore delle donne vittime di violenza di genere

Presentata il 1° febbraio 2024

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Onorevoli Colleghi! – La violenza contro le donne è un fenomeno profondamente radicato nella disuguaglianza di genere ed è una delle violazioni dei diritti umani più pervasive. Tra le varie forme che la violenza contro le donne assume rientra sicuramente la violenza di tipo economico. Quest'ultima non è solo limitatamente conosciuta (e riconosciuta) dalle stesse vittime, ma vede anche un intervento circoscritto da parte delle istituzioni le quali, invece, dovrebbero farsene carico come già avviene con le disposizioni legislative di carattere preventivo e sanzionatorio in campo penale, soprattutto per la lotta contro la violenza di tipo fisico e sessuale.
La violenza di tipo economico si distingue da altri tipi di violenza per la sua caratteristica intrinseca di essere particolarmente subdola. Le donne faticano maggiormente, e impiegano spesso diversi anni, a riconoscere la violenza economica subita come una vera e propria violenza contro di loro. Ciò accade, in particolar modo, alle donne che provengono da un contesto familiare e culturale in cui tale sopruso è stato sempre tramandato come uno dei fondamenti del buon funzionamento della famiglia tradizionale. Questa forma di violenza si manifesta, inevitabilmente, tutte le volte in cui una donna è vittima di violenza di genere di tipo fisico, tra le mura domestiche o nei luoghi di lavoro ma non ha a sua disposizione una concreta rete di supporto, anche da parte delle istituzioni, che la possa aiutare a uscire dalla situazione di violenza.
La violenza economica tollerata per periodi di tempo prolungati arriva a impedire alla vittima di reagire materialmente. La vittima economicamente e psicologicamente dipendente dal soggetto violento, non autonoma e ormai esclusa dal mondo del lavoro, sceglie di subire non vedendo vie di uscita. In tal modo, la controparte violenta arriva a esercitare sulla vittima un controllo totale non più solo economico ma anche psicologico, perché ogni aspetto dell'affermazione dell'individualità e della personalità della donna ha un risvolto economico e ha un costo che la vittima non può sostenere autonomamente.
L'Istituto nazionale di statistica (Istat) riporta dati allarmanti su questo drammatico aspetto della condizione femminile: il 31,2 per cento delle donne dichiara di dipendere economicamente dal partner o da altro familiare e solo il 58 per cento delle donne in Italia dispone di un conto corrente personale.
Essere vittima di violenza economica può provocare un danno patrimoniale ma anche esistenziale e morale quando limita la definizione di sé, l'autonomo sostentamento, le libere scelte che spaziano dalla cura della persona agli acquisti personali, dalle spese mediche al tempo libero, dall'avere adeguati e autonomi contratti telefonici all'essere titolari di un conto corrente e di una carta di credito, avere dei risparmi e la più assoluta libertà di gestirli, spenderli o investirli.
Secondo alcuni stereotipi ancora oggi troppo spesso diffusi, la gestione delle finanze non può essere in mano alle donne: tale forma di controllo diretto, che limita, o impedisce totalmente, l'indipendenza economica e dunque l'espressione dell'autonomia della donna, non permette l'uscita da contesti di violenza di tipo familiare ma non solo.
La presente proposta di legge si pone, quindi, l'obiettivo di sradicare tali criticità.
Alla luce dei dati disponibili e dei trend del fenomeno sopra richiamato, al fine di adottare un significativo intervento per aiutare le donne a riacquistare autonomia, indipendenza e libertà, è assolutamente inderogabile introdurre strumenti e agevolazioni di natura strutturale e che non lascino indietro nessuna.
Quasi la metà delle donne che hanno avviato un percorso di uscita da un contesto di violenza non è economicamente indipendente. In base ai dati elaborati sulla base di un'indagine dell'Istat, la maggioranza delle donne intervistate risultava non avere alcun tipo di occupazione, in quanto ancora in cerca di occupazione (25,2 per cento), casalinga (8,7 per cento) o studentessa (5,2 per cento), mentre il 14,4 per cento ha dichiarato di avere un'occupazione saltuaria. Nella fascia di età da 30 a 39 anni la quota di donne che, al momento della violenza, era disoccupata era quasi pari al 30 per cento (29,8 per cento) mentre il 16 per cento lavorava in forma saltuaria.
La violenza di genere ha importanti risvolti anche di tipo sociale ed economico, comportando un costo molto alto anche per la società nel suo complesso. A livello europeo uno studio dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) del 2021 ha stimato in 366 miliardi di euro il costo totale annuo a livello europeo della violenza di genere, di cui il 79 per cento, pari a circa 289 miliardi di euro, riferito esclusivamente alla violenza sulle donne e quasi la metà, ossia il 48 per cento, pari a circa 174 miliardi di euro, dei quali 151 miliardi di euro riguardano le sole donne, relativo alla violenza domestica di genere. In Italia, il citato studio dell'EIGE ha stimato il costo sociale annuo complessivo per la violenza di genere in 49,1 miliardi di euro, dei quali 38,8 miliardi di euro relativi alla violenza sulle donne.
Si tratta di numeri che meritano, oltre che una riflessione, degli interventi concreti anche tenuto conto di quanto effettivamente il sistema pubblico spende solamente dopo che la violenza è stata commessa. La violenza di genere è un fenomeno ancora troppo diffuso e di natura strutturale che registra un numero di vittime e di donne sopravvissute sempre crescente. Sono le autorità e le istituzioni a dover dare una risposta alla necessità di riscatto di tutte quelle donne che trovano il coraggio e di quelle che vorrebbero trovarlo, grazie alla sicurezza garantita da una solida base sociale di aiuti, agevolazioni e supporto, di denunciare la persona abusante.
La Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011, più conosciuta come «Convenzione di Istanbul», ratificata dall'Italia all'unanimità ormai quasi undici anni fa ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, stabilisce all'articolo 8 che gli Stati firmatari stanzino «le risorse finanziarie e umane appropriate per un'adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza di genere». Inoltre, agli articoli 18 e 20 della Convenzione è previsto che le parti si accertino che le misure adottate siano tali da accrescere l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne vittima di violenza.
Come previsto quindi dalla stessa Convenzione, l'approccio per il contrasto di qualunque sfumatura della violenza di genere deve essere complessivo e non parziale: è questo il percorso che la presente proposta di legge vuole intraprendere, concentrandosi sul lavoro e sulla formazione per garantire una vera emancipazione, anche economica.
Lavoro e opportunità occupazionali sono gli strumenti fondamentali per garantire, nel breve periodo, un reddito utile a uscire nel minor tempo possibile da una situazione di violenza e, nel lungo periodo, l'indipendenza economica indispensabile affinché la donna possa essere libera da qualsiasi situazione di sottomissione. Assicurare l'occupazione femminile è un valido argine contro la violenza perché l'indipendenza economica può consentire alle donne di sottrarsi a vincoli di potere e attribuire loro piena libertà di scelta e di movimento.
Per quanto riguarda l'inserimento e il reinserimento lavorativo, nell'ultimo decennio gli interventi normativi sono stati in molti casi frammentari, attraverso borse lavoro, corsi di formazione o tirocini, sottraendo fondi che erano stati stanziati per l'attuazione del piano antiviolenza per destinarli alle regioni. La conseguenza di tale modus operandi che pone in capo alle regioni la facoltà di programmare queste risorse sia per l'inserimento lavorativo che per la prevenzione oppure per altre attività, è che ogni donna, a seconda del territorio in cui vive, si trova a poter accedere a livelli di opportunità estremamente diversi. Per questo motivo è innanzitutto necessario introdurre una disciplina a livello nazionale che preveda un finanziamento strutturale per la realizzazione di tale tipologia di interventi.
Le donne vittime di violenza di genere, indipendentemente dall'origine o dalle conseguenze, devono poter essere aiutate nella ricerca di un lavoro sia per poter consentire loro di emanciparsi in maniera veloce e stabile dalla situazione violenta sia per motivarle a denunciare, anche nei casi di violenze avvenute nei luoghi di lavoro che troppo spesso rimangono taciute per paura di perdere l'impiego. È molto difficile, infatti, decidere di agire contro il datore di lavoro se lui stesso è il molestatore o lo è un dirigente di fiducia dello stesso datore di lavoro.
Oltre a interventi concreti per l'ingresso nel mondo del lavoro, è fondamentale che le donne vittime di violenza, ma non solo, possano ricevere una solida formazione in tema di educazione finanziaria: per le donne adulte, così come per le più giovani, un'alfabetizzazione finanziaria è cruciale per ridurre il divario nell'accesso ai servizi finanziari e nell'emancipazione economica, ed è il primo tassello per contrastare i dati ancora allarmanti sulla violenza economica contro le donne.
Si tratta di uno strumento importante per l'empowerment personale delle donne le quali, anche a causa di una serie di retaggi e norme sociali, vedono profondamente condizionato il loro ruolo come decisori autonomi sulle proprie scelte di gestione consapevole del denaro. Il divario di genere in tema di alfabetizzazione finanziaria nel nostro Paese si manifesta in modo forte già tra i banchi di scuola, come sottolineano i dati dell'indagine Programme for International Student Assessment del 2018, promossa dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che misurano le conoscenze finanziarie dei quindicenni. Secondo uno studio del 2020 pubblicato dal National Bureau of Economic Research (NBER) sugli stereotipi nel campo dell'alfabetizzazione finanziaria, sono tre i fattori che influenzano maggiormente il divario tra uomini e donne sul tema: l'impatto della famiglia, il contesto socio-culturale e il retaggio storico.
Il divario di genere persiste poi tra gli adulti: finanziariamente più fragili e meno resilienti degli uomini, anche le donne maggiorenni in Italia hanno un livello di competenze finanziarie più basso degli uomini. Esiste un divario tra 10 e 20 punti percentuali rispetto agli uomini sulle conoscenze che le donne dichiarano di avere su concetti base della finanza.
La presente proposta di legge consta di dieci articoli.
L'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione della legge, con specifico riferimento alle donne vittime di violenza di genere, beneficiarie degli interventi di protezione.
L'articolo 2, al fine di garantire in via effettiva l'indipendenza economica e l'emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, incrementa il fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza affinché l'intera platea delle potenziali beneficiarie possa accedere alla misura.
L'articolo 3 prevede misure incentivanti per i datori di lavoro che assumono donne vittime di violenza di genere, oltre a sgravi contributivi temporanei per le stesse donne, nonché misure in materia di formazione e sensibilizzazione del personale sul tema della violenza.
L'articolo 4 dispone il rifinanziamento del Fondo per il microcredito di libertà e del Fondo a sostegno dell'impresa femminile.
L'articolo 5 estende il congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere, mentre l'articolo 6 istituisce un apposito fondo a copertura delle spese di apertura di conti correnti intestati unicamente alle donne, attraverso l'adozione di un protocollo d'intesa a cui possono aderire gli istituti di credito.
L'articolo 7 prevede una maggiorazione temporanea dell'assegno unico e universale per i figli a carico, a valere sulle risorse già stanziate dalla disciplina istitutiva dell'assegno stesso.
L'articolo 8 stabilisce che, in via temporanea, alle donne vittime di violenza di genere sia riconosciuto automaticamente un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) pari a zero euro per accedere a ogni servizio, strumento e agevolazione la cui fruizione sia condizionata dalla presentazione del proprio ISEE.
Gli articoli 9 e 10 dispongono, rispettivamente, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provveda ad apportare le opportune modifiche al Programma nazionale per la garanzia occupabilità dei lavoratori e ad adottare linee guida nazionali in materia di inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e ambito di applicazione)

1. La presente legge reca disposizioni in favore delle donne vittime di violenza di genere, beneficiarie di interventi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.

Art. 2.
(Incremento del fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza)

1. Per le donne che versano in condizione di maggiore vulnerabilità, al fine di garantire in via effettiva l'indipendenza economica e l'emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, il reddito di libertà introdotto ai sensi dell'articolo 105-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è incrementato fino a euro 1.000 pro capite su base mensile.
2. Per le finalità di cui al comma 1, il fondo di cui di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 3.
(Sgravio contributivo per i datori di lavoro e per le donne vittime di violenza di genere)

1. A decorrere dal 1° luglio 2024, lo sgravio contributivo previsto dall'articolo 1, comma 220, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, si applica, nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui, a tutti i datori di lavoro privati che assumono, con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata superiore a un anno, o indeterminato, donne vittime di violenza di genere di cui all'articolo 1 della presente legge.
2. Ai datori di lavoro privati è riconosciuto un credito d'imposta, cumulabile con lo sgravio contributivo di cui al comma 1, pari al 50 per cento delle spese sostenute per l'avvio di corsi di formazione professionale per le donne vittime di violenza assunte entro i sei mesi precedenti con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata superiore a un anno, o indeterminato.
3. Alle lavoratrici vittime di violenza di genere di cui all'articolo 1 della presente legge è riconosciuto un esonero del 100 per cento della quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore per i ventiquattro mesi successivi alla presa in carico e all'avvio degli interventi di protezione di cui al medesimo articolo 1, ovvero per i primi ventiquattro mesi nel caso di nuova assunzione.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1. Con il medesimo decreto sono altresì stabiliti gli obblighi, per i datori di lavoro privati di cui al comma 1, di formazione e sensibilizzazione del personale sul tema della violenza maschile contro le donne, da strutturare in collaborazione con i centri antiviolenza e le case rifugio e con il supporto delle associazioni di categoria, come previsto dalla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 e ratificata ai sensi della legge 15 gennaio 2021, n. 4.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3.
6. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 4.
(Rifinanziamento del Fondo per il microcredito di libertà e del Fondo a sostegno dell'impresa femminile)

1. Il Fondo per il microcredito di libertà, istituito dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri a seguito dell'accordo con l'Ente nazionale per il microcredito approvato il 10 novembre 2021, è incrementato di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.
2. Al fine di rafforzare il sostegno alle iniziative di autoimprenditorialità promosse dalle donne e allo sviluppo di nuove imprese femminili in tutto il territorio nazionale, il Fondo a sostegno dell'impresa femminile, di cui all'articolo 1, comma 97, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è rifinanziato per un importo pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025.
3. Le misure di cui al comma 2 sono concesse nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato.
4. Agli oneri derivanti dai commi 1 e 2, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2024 e a 35 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 5.
(Estensione del congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere)

1. All'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «tre mesi» sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

b) al comma 2, le parole: «tre mesi» sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi»;

c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Le lavoratrici autonome inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto al recesso da tutti i contratti in atto senza penale e alla sospensione dei pagamenti delle imposte e dei contributi previdenziali per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di sei mesi»;

d) dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Il Garante per la protezione dei dati personali monitora tutte le fasi legate alla richiesta e alla fruizione del congedo di cui al presente articolo, assicurando che alla lavoratrice siano garantite la massima segretezza e riservatezza nei rapporti con il datore di lavoro pubblico o privato, ivi compresi i codici associati al congedo che l'Istituto nazionale della previdenza sociale utilizza per le proprie procedure»;

2. Ai maggiori oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, pari a 35 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Art. 6.
(Fondo per l'indipendenza finanziaria)

1. Al fine di garantire una reale indipendenza finanziaria alle donne vittime di violenza di genere, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.
2. Le risorse di cui al comma 1 sono destinate:

a) alla copertura integrale delle spese materiali e accessorie per l'apertura di un contratto di conto corrente intestato esclusivamente alle donne vittime di violenza di genere presso gli istituti bancari di cui al comma 3;

b) all'avvio di percorsi di sensibilizzazione, informazione ed educazione finanziaria, volti a sviluppare:

1) le competenze economico-finanziarie di base, per la gestione della propria autonomia economica;

2) la conoscenza dei diritti in ambito economico, finanziario e patrimoniale, per sviluppare una maggiore partecipazione alle decisioni inerenti alla propria vita privata e pubblica;

3) le conoscenze tecniche per una gestione proattiva del risparmio, al fine di disinnescare situazioni di isolamento economico e sociale che precludono ogni indipendenza economica.

3. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede ad adottare, entro i novanta giorni successivi al termine di cui al comma 4, un protocollo d'intesa, sentita l'Associazione bancaria italiana, con gli istituti di credito aderenti alle misure e alle iniziative previste dai commi 1 e 2, secondo le modalità stabilite dal decreto di cui al medesimo comma 4.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri di adesione al protocollo d'intesa di cui al comma 3 e le modalità di erogazione delle misure di cui al comma 2, nel pieno rispetto della normativa nazionale ed europea in materia di protezione dei dati personali.

Art. 7.
(Maggiorazione dell'assegno unico e universale per i figli a carico)

1. All'articolo 4 del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Per le donne vittime di violenza di genere, nei dodici mesi successivi alla presa in carico e all'avvio degli interventi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, è prevista una maggiorazione pari a 100 euro mensili degli importi individuati ai sensi del presente articolo».

2. Agli oneri derivanti dal comma 1 del presente articolo si provvede a valere sulle risorse di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230.

Art. 8.
(Indicatore della situazione economica equivalente)

1. Al fine di permettere alle donne vittime di violenza di genere di accedere a ogni servizio, strumento e agevolazione per i quali la fruizione sia condizionata dalla presentazione del proprio indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), per i primi dodici mesi successivi alla presa in carico e all'avvio degli interventi di protezione di cui all'articolo 1, il valore di tale indicatore è automaticamente equiparato a zero euro.
2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle misure di cui al comma 1, nel pieno rispetto della normativa nazionale ed europea in materia di protezione dei dati personali.

Art. 9.
(Modifiche al Programma nazionale per la garanzia di occupabilità dei lavoratori)

1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta le opportune modifiche al Programma nazionale per la garanzia di occupabilità dei lavoratori di cui al decreto del medesimo Ministro 5 novembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 27 dicembre 2021, inserendo esplicitamente le donne vittime di violenza tra i beneficiari del Programma medesimo, favorendo la costruzione di percorsi dedicati in grado di realizzare un bilancio di competenze della vittima, di garantire la sua riqualificazione e il suo accompagnamento al reinserimento nel mondo del lavoro e prevedendo l'introduzione di moduli di formazione obbligatoria, da strutturare in collaborazione con i centri antiviolenza, sul tema della violenza contro le donne destinati al personale dei centri per l'impiego pubblici e privati, dei servizi e delle agenzie per la formazione e il lavoro.
2. I centri per l'impiego adottano le opportune misure di protezione al fine di garantire la riservatezza dei dati dei soggetti di cui al comma 1.

Art. 10.
(Linee guida nazionali in materia di inserimento lavorativo)

1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, adotta le linee guida nazionali in materia di inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere garantendo accesso alle stesse opportunità di formazione e di reinserimento lavorativo indipendentemente dal luogo di domicilio o residenza e finanziamenti adeguati al fabbisogno delle singole regioni, al fine di:

a) favorire la costruzione di percorsi integrati che, accanto all'accesso agevolato o a fondo perduto al credito, prevedano altresì corsi di alfabetizzazione finanziaria, formazione specialistica, servizi di tutoraggio e assistenza tecnica personalizzata e continuativa;

b) fornire opportunità formative diversificate e personalizzate, gratuite o economicamente accessibili, che rispondano alle esigenze lavorative di imprese e società cooperative nonché della pubblica amministrazione;

c) prevedere una capillare diffusione delle informazioni riguardanti gli incentivi per promuovere l'occupazione di donne vittime di violenza di genere sia per le imprese e le società cooperative, soprattutto di piccole dimensioni, sia per la popolazione generale;

d) introdurre criteri prioritari di accesso ai servizi pubblici per la gestione dei carichi di cura e per promuovere la mobilità geografica delle donne vittime di violenza;

e) introdurre l'obbligo di formazione per il personale dirigenziale tra i criteri previsti per l'ottenimento della certificazione della parità di genere, istituita dall'articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, in collaborazione con le strutture antiviolenza e con il supporto delle associazioni di categoria, ai sensi della legge 15 gennaio 2021, n. 4;

f) monitorare l'utilizzo dello strumento della ricollocazione delle dipendenti della pubblica amministrazione, previsto dal comma 1-ter dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e valutare, anche attraverso il finanziamento di sperimentazioni, l'eventuale replicabilità in favore delle lavoratrici di imprese private con due o più sedi di lavoro dislocate in diverse regioni del territorio nazionale;

g) elaborare una mappatura delle pratiche già esistenti, effettuando una valutazione approfondita e integrando la richiesta dei dati che provengono dai centri per l'impiego, per monitorare l'efficacia delle disposizioni introdotte dalla presente legge.

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