PDL 1375

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1375

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata CARETTA

Introduzione dell'articolo 7-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di istituzione degli istituti regionali per la fauna selvatica

Presentata il 17 agosto 2023

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Onorevoli Colleghi! – È noto da anni che nelle regioni italiane sussiste l'emergente problematica di rendere efficiente la raccolta e l'elaborazione dei dati concernenti il monitoraggio ambientale. È necessario dotarsi di strumenti rapidi e funzionanti per realizzare censimenti sull'avifauna migratoria e stanziale nonché sulle popolazioni mammologiche, senza trascurare lo status delle specie vegetali e animali autoctone e no.
Mai come in questi ultimi anni le regioni soffrono della presenza invasiva di specie aliene e alloctone che minano la sopravvivenza di quelle più vulnerabili autoctone.
Solo attraverso una dinamica e autonoma strategia di raccolta dei dati «riconosciuta istituzionalmente» si potrà, già nell'immediato futuro, realizzare gli interventi gestionali volti alla tutela della biodiversità del territorio, bene primario di ogni regione. Negli anni si sono stratificate le competenze di una serie di organi centrali con forte connotazione burocratica, che hanno creato disagi e ritardi a danno della gestione territoriale della fauna selvatica che sempre più sovente richiede interventi e risposte celeri e mirati, come ad esempio nel caso della diffusione della peste suina.
La mancanza di informazioni costantemente aggiornate nonché di un vero e proprio monitoraggio delle tendenze di crescita nelle varie regioni italiane ha reso sempre più difficoltoso il monitoraggio della fauna selvatica, del suo stato di salute e della consistenza della biodiversità nel territorio nazionale. Data la ricchissima biodiversità nel Paese, ai fini di una sua corretta gestione e preservazione, l'urgenza di adottare modalità costanti di monitoraggio e di controllo da parte delle regioni si è fatta sempre più intensa. Inoltre, come peraltro segnalato da numerose categorie e operatori agricoli in tutto il territorio nazionale, è ormai diventato fondamentale il tema della fauna selvatica invasiva e nociva, il cui mancato monitoraggio rende sempre più difficoltosa l'elaborazione di programmi a tutela dei comparti agricoli, nonché più complessa l'effettiva elaborazione dei piani di gestione e di controllo.
È dunque evidente come occorra riportare al centro del dibattito sulla tutela della biodiversità la possibilità di fornire alle regioni gli strumenti per rispondere alle crescenti esigenze di costante monitoraggio e di controllo della consistenza numerica e dello stato di conservazione delle varie specie.
La fauna italiana è stimata in oltre 58.000 specie e il numero totale arriva a circa 60.000 se si prendono in considerazione anche le sottospecie, tenendo altresì conto che le specie endemiche italiane sono estremamente numerose. Il numero di specie differenti presenti in Italia, pari, come si è detto, a circa 60.000, è il più alto in Europa. Basti pensare agli uccelli, di cui sono presenti centinaia di specie nidificanti, in un territorio come la penisola italiana che rappresenta anche un'importantissima area di svernamento per molte specie che si riproducono nelle aree settentrionali d'Europa. Anche nel caso dei mammiferi si registra un'ampia diffusione in tutto il territorio italiano, con alcune specie, tuttavia, in popolazioni così abbondanti da rappresentare un danno all'ecosistema stesso. In tal senso la biodiversità e l'ambiente possono venire tutelate unicamente tramite un'opera di costante monitoraggio della consistenza delle specie nel territorio e con opere di prevenzione degli eccessi che possono causare un danneggiamento della biodiversità nazionale. Al fine, tra gli altri, di monitorare la consistenza faunistica nel territorio per finalità di cura e di tutela della fauna stessa è stato istituito nel 1993 l'allora Istituto nazionale per la fauna selvatica, poi confluito nel 2008 nell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Nel corso degli anni tuttavia è emersa la necessità di informazioni sempre più precise e di un monitoraggio sempre più costante, che tenga in considerazione le specificità dei singoli territori regionali, in modo da poter disporre delle informazioni più accurate dal punto di vista scientifico – date le sempre più intense interlocuzioni a livello europeo in materia di tutela della biodiversità – e territoriale, essenziali per valutare lo «stato di salute» di ciascuna regione. L'assenza di adeguate e congrue informazioni scientifiche, peraltro, ha posto in condizione di isolamento scientifico l'Italia in alcuni consessi internazionali, come ad esempio in occasione della revisione del documento «Key concepts of article 7(4) of directive 79/409/EEC on period of reproduction and prenuptial migration of huntable bird species in the EU», adottato dal Comitato per l'adeguamento al progresso scientifico e tecnico della direttiva sulla conservazione dell'avifauna selvatica (ORNIS), di cui alla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, cosiddetta «direttiva uccelli». Tale documento infatti contiene i dati di riferimento sulle migrazioni e sulla fine della riproduzione di oltre ottantadue specie cacciabili negli Stati membri dell'Unione europea. E proprio sul punto è emerso che i dati forniti a suo tempo da parte italiana, corrispondenti a dati ISPRA, non erano aggiornati e indicavano date e periodi migratori totalmente disallineati rispetto a quelli presentati dagli altri Paesi mediterranei, compresi i dati di pertinenza di aree confinanti con l'Italia.
Il mancato monitoraggio della consistenza faunistica nel territorio, inoltre, impedisce l'attuazione di puntuali misure di contenimento, finalizzate a tutelare il patrimonio ambientale e faunistico, ma anche la tenuta delle attività economiche con riferimento al comparto agro-silvo-pastorale, nonché la garanzia della pubblica incolumità. Tale opera di prevenzione deve necessariamente basarsi su un monitoraggio costante della consistenza delle specie in tutte le regioni italiane, poiché non sempre la consistenza di una specie in un dato territorio corrisponde a quella della medesima specie in un altro territorio. All'attività di monitoraggio peraltro deve affiancarsi un'attività di contenimento per tutte le specie che possono danneggiare, oltre che le coltivazioni, il mantenimento della biodiversità anche di altre specie. Basti pensare, a titolo di esempio, che nella sola regione Puglia gli storni costituiscono una fonte interminabile di danni per gli oliveti, i quali vengono continuamente «presi d'assalto». Ogni storno mangia fino a venti grammi di olive al giorno, sicché migliaia di storni causano una perdita fra il 30 per cento e il 60 per cento del prodotto presente sulle piante, senza contare poi le deiezioni dei volatili stessi che spesso rendono non più raccoglibili né commestibili le colture orticole, oltre a imbrattare i fabbricati rurali, causando spese aggiuntive pari a migliaia di euro. Parimenti i cormorani rappresentano una grave fonte di danni per alcuni comparti come quello ittico, tenuto conto che ciascun cormorano divora fino a dieci chilogrammi di pesce al mese, lasciando in giro pesci feriti con il rischio di diffusione di malattie e di parassiti. Considerando che negli ultimi venticinque anni il loro numero è cresciuto di venti volte, essi costituiscono un problema non più trascurabile per i territori, in particolar modo quelli lagunari con una forte attività ittica. Gli acquacoltori e i pescatori professionali hanno visto ridurre il proprio pescato, mentre a livello naturale la consistenza della fauna ittica, spesso mantenuta proprio dagli operatori del comparto, viene gravemente compromessa per effetto degli assalti subìti da queste specie. Per perseguire queste due finalità serve uno strumento per tutelare la conservazione e migliorare la biodiversità.
La presente proposta di legge si compone di due articoli.
Con l'articolo 1, che apporta una novella alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, si intende istituire in ciascuna regione un istituto regionale per la fauna selvatica (IRFS), quale organismo tecnico-scientifico specializzato per la conservazione della fauna selvatica e dei suoi habitat naturali. Gli IRFS potranno quindi svolgere funzioni di studio e di gestione della fauna selvatica anche in collaborazione con i servizi faunistici delle altre regioni italiane, nonché con i dipartimenti e i centri di ricerca universitari. Gli IRFS si occuperanno inoltre di fornire alle regioni la consulenza tecnica necessaria per l'autorizzazione degli interventi di cattura della fauna selvatica locale ai fini di ripopolamento e di ricerca scientifica, nonché per la predisposizione dei piani di gestione e controllo della fauna selvatica. A tale riguardo, il monitoraggio degli IRFS, operando quali osservatori regionali, consentirebbe di disporre di un quadro chiaro, a livello nazionale, della consistenza numerica e dello stato di conservazione della fauna selvatica e della diffusione della fauna selvatica invasiva e dannosa tra le varie regioni, consentendo interventi più mirati in quei territori ove la presenza di fauna nociva sia stata rilevata in consistente aumento. Ai fini di una corretta esecuzione delle attività, gli IRFS esercitano le proprie funzioni con il coordinamento dell'ISPRA.
L'articolo 2 reca le disposizioni di invarianza finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 7-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157)

1. Dopo l'articolo 7 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è inserito il seguente:

«Art. 7-bis.
(Istituti regionali per la fauna selvatica)

1. Ciascuna regione può istituire, con proprio provvedimento, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un istituto regionale per la fauna selvatica (IRFS) che svolge, nell'ambito del territorio di competenza, attività di studio, di censimento e di monitoraggio dello stato di salute e della consistenza numerica della fauna selvatica regionale, anche in collaborazione con i servizi faunistici di altre regioni italiane, con gli istituti scientifici europei e con i dipartimenti e i centri di ricerca universitari. Gli istituti regionali per la fauna selvatica svolgono altresì attività di consulenza tecnico-scientifica a supporto dell'amministrazione regionale in materia di autorizzazione di interventi di cattura della fauna selvatica regionale a scopo di ripopolamento nonché di predisposizione di piani di prelievo o di controllo della fauna selvatica regionale ritenuta dannosa, aliena o invasiva.
2. Gli istituti regionali per la fauna selvatica sono sottoposti alla vigilanza del presidente della giunta regionale. Gli istituti regionali per la fauna selvatica collaborano con l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, che ne coordina l'azione, nei progetti e nelle attività di carattere nazionale e internazionale.
3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, alle funzioni attribuite agli istituti regionali per la fauna selvatica si provvede facendo riferimento alle competenze attribuite agli organi istituiti per le corrispondenti funzioni secondo le rispettive norme.
4. Gli istituti regionali per la fauna selvatica sono composti da:

a) un rappresentante, di provata esperienza, designato dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sentito il presidente della giunta regionale;

b) un rappresentante, di provata esperienza, designato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, sentito il presidente della giunta regionale;

c) un docente universitario esperto in scienze naturali appartenente a un ateneo della regione;

d) un docente universitario esperto in scienze forestali appartenente a un ateneo della regione;

e) un docente universitario esperto in zoologia appartenente a un ateneo della regione;

f) un laureato in scienze biologiche;

g) un tecnico faunistico.

5. Gli istituti regionali per la fauna selvatica possono avvalersi di collaborazioni esterne.
6. I componenti degli istituti regionali per la fauna selvatica sono nominati con decreto del presidente della giunta regionale».

Art. 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'applicazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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