Doc. XXII-bis, n. 2

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DI SICUREZZA E SULLO STATO DI DEGRADO DELLE CITTÀ E DELLE LORO PERIFERIE

(istituita con deliberazione della Camera dei deputati del 23 marzo 2023)

(composta dai deputati: Battilocchio, Presidente, Andreuzza, Ciani, Alessandro Colucci, De Corato, De Maria, Segretario, De Palma, Iaria, Iezzi, Manes, Milani, Montaruli, Morassut, Penza, Perissa, Vicepresidente, Rosso, Ruffino, Vicepresidente, Schiano Di Visconti, Zaratti, Ziello, Segretario)

PRIMA RELAZIONE SULL'ATTIVITÀ SVOLTA DALLA COMMISSIONE
(23 marzo 2023 – 4 aprile 2025)

(Relatrice: on. Giorgia Andreuzza)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 28 maggio 2025

Comunicata alla Presidenza il 28 maggio 2025 ai sensi dell'articolo 1, comma 3,
della deliberazione della Camera dei deputati del 23 marzo 2023

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INDICE

1. LA COMMISSIONE D'INCHIESTA ... 5

  1.1 La delibera istitutiva e la costituzione ... 5

  1.2 Il precedente della XVII legislatura ... 5

  1.3 I documenti acquisiti ... 11

2. SINTESI DELL'ATTIVITÀ SVOLTA ... 12

  2.1 Le audizioni ... 12

   2.1.1 Le audizioni di rappresentanti del Governo ... 15

   2.1.2 Altre audizioni istituzionali ... 34

   2.1.3 Le audizioni di associazioni ed esperti ... 65

   2.1.4 Le audizioni dei consulenti della Commissione ... 101

  2.2 Le missioni esterne ... 102

   2.2.1 Napoli e Caivano ... 106

   2.2.2 Bari ... 110

   2.2.3 Catania ... 116

   2.2.4 Genova ... 122

   2.2.5 Palermo ... 129

   2.2.6 Torino ... 142

   2.2.7 Firenze ... 149

   2.2.8 Venezia ... 158

   2.2.9 Milano ... 165

   2.2.10 Frosinone e Cassino ... 180

   2.2.11 Sopralluoghi e attività nelle periferie della Capitale ... 181

  2.3 Proposte normative e iniziative in corso ... 183

   2.3.1 Giornata nazionale delle periferie ... 183

   2.3.2 Storie di periferia: riportare le periferie al centro della storia ... 185

   2.3.3 Rimozione auto abbandonate ... 186

   2.3.4 Cittadinanza attiva e Terzo settore ... 187

   2.3.5 Beni confiscati alla criminalità ... 189

   2.3.6 Progetto «Storie di periferia: riportare le periferie al centro della storia» e Premio Strega Giovani ... 190

3. LE RISORSE PER LE PERIFERIE ... 192

  3.1 Quadro delle risorse finanziarie per le città: fonti europee e nazionali ... 192

4. PRIME RISULTANZE E ULTERIORI PROSPETTIVE DI INDAGINE ... 199

  4.1 Le questioni sul tappeto ... 199

  4.2 Interventi e prospettive ... 206

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1. LA COMMISSIONE D'INCHIESTA

1.1 La delibera istitutiva e la costituzione

  La Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie è stata istituita con Delibera della Camera dei deputati del 23 marzo 2023. L'atto istitutivo ha definito compiti, composizione e poteri della Commissione, rimandando, per quanto concerne di dettaglio dell'organizzazione interna, a un regolamento da approvare a maggioranza assoluta dei componenti della Commissione.
  La Commissione si è costituita il 21 giugno 2023, con l'elezione del Presidente, dei Vicepresidenti e dei Segretari.
  Nella successiva seduta del 4 luglio 2023 è stato approvato il Regolamento interno, mentre nella seduta del 20 luglio 2023 è stata approvata una Delibera sul regime di gestione e divulgazione degli atti e dei documenti.
  Ai sensi della Delibera istitutiva i principali compiti della Commissione riguardano:

   l'accertamento dello stato di degrado delle città e delle loro periferie, a partire dalle aree metropolitane, con particolare riguardo alle implicazioni sociali e alla sicurezza;

   la verifica dello stato dell'edilizia residenziale pubblica, con specifico riferimento al fenomeno dell'abusivismo edilizio e delle occupazioni abusive di immobili;

   attraverso una attività di ascolto delle realtà istituzionali e associative locali, l'individuazione di iniziative per ampliare i servizi di welfare, per la promozione dell'associazionismo e del volontariato e per il rilancio delle attività produttive.

  Il Regolamento interno ha inizialmente fissato in 20 il numero massimo di collaboratori di cui la Commissione può avvalersi. Successivamente, raggiunto il limite stabilito, nella seduta del 16 ottobre 2024 il Regolamento è stato modificato innalzando tale soglia a 30. Attualmente la Commissione si avvale di 22 consulenti, tutti con incarico a tempo parziale e non retribuito (salvo il rimborso delle spese), nonché di 4 ufficiali di collegamento.

1.2 Il precedente della XVII legislatura

  Sul tema delle periferie urbane la Commissione eredita l'importante lavoro svolto dall'analoga Commissione d'inchiesta istituita, sempre alla Camera dei deputati, nel corso della XVII legislatura. Tale Commissione, le cui competenze paiono sostanzialmente sovrapponibili a quella dell'attuale Commissione, ha svolto un ampio e approfondito lavoro di analisi delle periferie urbane, con il serrato susseguirsi, nell'arco di soli 22 mesi di attività, di audizioni e sopralluoghi in varie città metropolitane. L'attività della Commissione è giunta a compimento il 14 dicembre 2017 con l'approvazione da parte dell'Assemblea della Camera di una ampia e articolata relazione conclusiva.Pag. 6
  Tale relazione, oltre a fornire una qualificata analisi delle principali problematicità delle periferie italiane, formula una serie di indirizzi e proposte di intervento, molte delle quali, alla luce di quanto emerso nel corso dei lavori fin qui svolti, conservano sicuramente una loro attualità.
  L'analisi parte dalla constatazione che le periferie rappresentano una delle maggiori sfide per le politiche pubbliche del nostro tempo, non solo come luoghi di emarginazione e disagio, ma anche come laboratori potenziali di innovazione sociale e urbanistica. Le periferie sono spazi caratterizzati da una duplice dimensione: da un lato, simbolo delle disuguaglianze sociali ed economiche; dall'altro, aree di opportunità e trasformazione. La relazione ha evidenziato che il degrado delle periferie non è un fenomeno spontaneo o inevitabile, bensì il risultato di decenni di politiche inadeguate, caratterizzate da disattenzione, mancanza di coordinamento e visione frammentaria. Questo ha portato a un progressivo deterioramento della qualità della vita per milioni di cittadini, alimentando una percezione di abbandono istituzionale e favorendo, in molti casi, il radicamento di fenomeni come la criminalità e l'esclusione sociale.
  Inoltre, le periferie non sono più solo le aree fisicamente distanti dai centri urbani, ma includono anche spazi centrali che, per ragioni socio-economiche, culturali o urbanistiche, vivono condizioni simili di marginalità. Questa ridefinizione impone un ripensamento radicale delle politiche urbane, che devono abbandonare l'idea di interventi settoriali e frammentati per adottare una visione integrata e olistica.

Le principali questioni della relazione conclusiva

La rigenerazione urbana

  Un elemento cardine della relazione è la rigenerazione urbana, vista non solo come riqualificazione fisica degli spazi, ma come un processo complesso che intreccia sostenibilità ambientale, integrazione sociale e innovazione economica. L'intervento nelle aree dismesse, come vecchie aree industriali o edifici pubblici abbandonati, è individuato come una priorità. Tali spazi rappresentano una risorsa strategica per il rilancio delle città e possono essere riconvertiti in luoghi multifunzionali destinati ad attività culturali, sociali e produttive. La bonifica di territori contaminati è un altro punto cruciale, sia per motivi ambientali sia per recuperare aree che altrimenti rimarrebbero inutilizzate. La rigenerazione urbana deve essere accompagnata da una pianificazione sostenibile, capace di connettere le periferie con il resto del tessuto urbano attraverso reti di trasporto efficienti, spazi verdi e infrastrutture digitali. In questo senso, la relazione richiama anche le esperienze internazionali di «smart cities», sottolineando l'importanza di adottare tecnologie innovative per migliorare la qualità della vita e ottimizzare l'uso delle risorse.

La questione abitativa

  La relazione descrive una situazione critica caratterizzata da un crescente fabbisogno abitativo non soddisfatto. Le politiche pubbliche Pag. 7per l'edilizia residenziale, sia pubblica sia sociale, sono inadeguate e spesso frammentarie. Questo ha portato a un aumento delle occupazioni abusive, un aggravarsi delle disuguaglianze e una maggiore vulnerabilità delle fasce deboli.
  Tra le proposte avanzate vi è il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica (ERP), attraverso la riqualificazione degli alloggi esistenti e la costruzione di nuove unità. Parallelamente, la relazione suggerisce di incentivare il recupero di immobili inutilizzati, come appartamenti sfitti e edifici abbandonati, e di promuovere il cosiddetto «housing sociale», che combina risorse pubbliche e private per offrire soluzioni abitative a costi accessibili. Il problema abitativo è strettamente legato all'inclusione sociale. La casa, infatti, non è solo un bene materiale, ma rappresenta il punto di partenza per garantire diritti fondamentali come l'educazione, la salute e la partecipazione alla vita pubblica. Per questo, la relazione sottolinea l'importanza di politiche integrate che considerino il diritto all'abitare come un pilastro della rigenerazione urbana.

Sicurezza e degrado sociale

  Il tema della sicurezza urbana è affrontato in maniera multidimensionale. La relazione evidenzia come il degrado fisico degli spazi urbani sia spesso correlato al radicamento di fenomeni criminali, all'insicurezza percepita dai cittadini e alla perdita di coesione sociale. Tuttavia, la sicurezza non può essere garantita solo attraverso un aumento della presenza delle forze dell'ordine, ma richiede interventi strutturali e preventivi.
  La prevenzione situazionale, come la progettazione di spazi pubblici più sicuri e la riduzione delle aree abbandonate, va accompagnata dalla prevenzione sociale e comunitaria, che punta a rafforzare i legami sociali e a coinvolgere i cittadini nella gestione del territorio. Viene posta particolare attenzione al fenomeno dei roghi tossici e all'abusivismo edilizio, che richiedono un maggiore impegno da parte delle autorità locali e nazionali per garantire il rispetto delle normative e la tutela della salute pubblica.

Politiche sociali e welfare inclusivo

  Le periferie sono luoghi di forti disuguaglianze, ma anche spazi di resilienza e potenziale innovazione sociale. La relazione sottolinea l'urgenza di ampliare i servizi di welfare, con particolare attenzione alle famiglie in difficoltà, agli anziani, ai giovani e agli immigrati. Si propone di rafforzare i servizi educativi per contrastare la dispersione scolastica e di sviluppare programmi mirati per favorire l'integrazione degli immigrati, visti non come un problema, ma come una risorsa per il futuro del Paese. Un esempio concreto è l'inclusione delle comunità Rom, Sinti e Caminanti, attraverso programmi che combinano interventi abitativi, educativi e occupazionali. Parallelamente, si suggerisce di valorizzare il ruolo delle associazioni e del volontariato, che rappresentano una risorsa fondamentale per rafforzare il tessuto sociale delle periferie.

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Governance, risorse e comunicazione

  La relazione critica l'attuale frammentazione delle politiche pubbliche e propone una riforma della governance che promuova un maggiore coordinamento tra i vari livelli istituzionali. In particolare, si suggerisce di rafforzare il ruolo delle città metropolitane, dotandole di strumenti e risorse adeguate per gestire i processi di rigenerazione. Un altro punto cruciale è la necessità di garantire risorse finanziarie sufficienti. La Commissione sottolinea l'importanza di utilizzare al meglio i fondi europei, come i Programmi Operativi Nazionali e Regionali, e di incentivare partenariati pubblico-privati. Inoltre, si propone di sviluppare una fiscalità urbana più equa, capace di redistribuire la ricchezza e sostenere gli investimenti nelle aree più svantaggiate. Infine, la comunicazione è vista come un elemento strategico per sensibilizzare l'opinione pubblica e coinvolgere i cittadini nei processi decisionali. La rigenerazione delle periferie, infatti, non può avvenire senza il contributo attivo delle comunità locali, che devono essere protagoniste del cambiamento.

Proposte operative e interventi normativi

  Le principali proposte operative formulate nella relazione sono le seguenti:

   Recupero del patrimonio edilizio esistente: incentivare interventi di adeguamento sismico, efficienza energetica e riqualificazione strutturale per migliorare la sicurezza e la vivibilità degli edifici, con un focus sugli immobili di edilizia residenziale pubblica (ERP);

   Bonifica delle aree industriali dismesse: trasformare questi spazi in poli multifunzionali, come parchi urbani, centri culturali e tecnologici, promuovendo l'integrazione tra residenza, lavoro e tempo libero;

   Riutilizzo degli immobili inutilizzati: incentivare il recupero di edifici abbandonati o sottoutilizzati attraverso strumenti fiscali agevolati e partnership pubblico-private;

   Creazione di spazi pubblici di qualità: realizzare nuovi parchi, piazze e aree pedonali per favorire l'interazione sociale e migliorare la qualità della vita dei residenti;

   Pianificazione urbanistica sostenibile: promuovere progetti che integrino mobilità sostenibile, spazi verdi e infrastrutture digitali, in linea con i principi delle «smart cities»;

   Aumentare l'offerta di edilizia residenziale pubblica (ERP): attraverso finanziamenti mirati e l'utilizzo di fondi europei, si propone di ampliare il numero di alloggi disponibili per le fasce più vulnerabili;

   Sviluppare programmi di housing sociale: coinvolgere soggetti privati e del terzo settore per offrire soluzioni abitative a prezzi calmierati;

   Contrastare l'abusivismo edilizio e le occupazioni illegali: introduzione di normative più efficaci per regolare l'accesso agli alloggi Pag. 9pubblici, con strumenti che facilitino lo sgombero delle occupazioni abusive, tutelando però i diritti delle persone più vulnerabili;

   Riqualificare i quartieri di edilizia popolare: migliorare le condizioni abitative e infrastrutturali delle aree a maggiore densità di ERP, spesso segnate da degrado e marginalità;

   Rafforzare la presenza delle forze dell'ordine: migliorare il presidio del territorio, con particolare attenzione ai quartieri più critici;

   Utilizzare tecnologie innovative: implementare sistemi di videosorveglianza, sensori per il monitoraggio ambientale e strumenti digitali per il controllo del territorio;

   Contrastare fenomeni specifici come i roghi tossici: rafforzare i controlli sul traffico illecito di rifiuti e introdurre sanzioni più severe per chi danneggia l'ambiente;

   Progettazione urbanistica orientata alla sicurezza: creare spazi pubblici ben illuminati e progettati per prevenire fenomeni di criminalità;

   Potenziare i servizi educativi: incrementare l'offerta di asili, scuole e centri di formazione professionale per contrastare la dispersione scolastica e favorire l'inserimento lavorativo;

   Sostenere l'inclusione sociale: realizzare progetti specifici per l'integrazione degli immigrati, con un focus sulle donne e sui giovani;

   Promuovere attività culturali e ricreative: creare centri polifunzionali per offrire spazi dedicati a eventi culturali, sportivi e sociali, valorizzando il patrimonio artistico e culturale locale;

   Supportare le associazioni e il volontariato: coinvolgere il terzo settore nel processo di rigenerazione sociale, riconoscendo il ruolo cruciale delle reti associative nelle periferie;

   Riqualificazione energetica degli edifici: incentivare l'utilizzo di tecnologie verdi per ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO2;

   Promuovere attività economiche locali: sostenere l'artigianato, il commercio di prossimità e le imprese sociali come motori di sviluppo economico;

   Sviluppare reti di trasporto pubblico sostenibili: migliorare la connessione tra le periferie e i centri urbani attraverso mezzi di trasporto ecologici ed efficienti;

   Lanciare campagne di sensibilizzazione: informare l'opinione pubblica sull'importanza delle periferie come spazi di opportunità e innovazione;

   Promuovere una narrazione positiva delle periferie: contrastare gli stereotipi attraverso iniziative culturali e mediatiche che valorizzino le esperienze di successo e il potenziale di queste aree.

  La relazione sottolinea l'urgenza di intervenire sul piano normativo per garantire una maggiore efficacia delle politiche pubbliche. Tra le principali riforme proposte figurano:

   l'adozione di una legge quadro nazionale che definisca obiettivi, strumenti e risorse per la rigenerazione delle periferie, superando la Pag. 10frammentazione normativa attuale e promuovendo una pianificazione integrata;

   l'istituzione di un'agenzia nazionale per la rigenerazione urbana, responsabile di monitorare e coordinare i progetti a livello locale e nazionale;

   il rafforzamento delle città metropolitane nella gestione delle politiche urbane, dotandole di risorse adeguate e competenze specifiche;

   l'introduzione di incentivi fiscali per le imprese che investono nelle periferie;

   l'introduzione di meccanismi di perequazione urbanistica per redistribuire le risorse tra le diverse aree urbane;

   il rafforzamento delle normative contro l'abusivismo edilizio e l'introduzione di misure specifiche per tutelare i diritti dei soggetti vulnerabili coinvolti in occupazioni abusive;

   la semplificazione delle procedure per l'assegnazione degli alloggi pubblici, rendendole più trasparenti ed efficienti;

   aggiornare il quadro normativo esistente per incentivare interventi di riqualificazione energetica e promuovere l'utilizzo di energie rinnovabili nelle periferie;

   introdurre standard ambientali più rigorosi per i nuovi progetti di sviluppo urbano;

   introdurre un quadro normativo che garantisca incentivi e sostegno economico alle organizzazioni della società civile.

  Le proposte formulate e, più in generale, gli stimoli ricavabili dalla relazione della XVII legislatura sono stati attentamente valutati dalla attuale Commissione e hanno rappresentato un utile strumento di analisi preliminare e di orientamento nella fase di avvio delle sue attività.
  È innegabile, tuttavia, che molte delle criticità evidenziate nel 2017 restano attuali, a fronte di un quadro normativo che, per molti degli aspetti evidenziati, non ha registrato passi avanti significativi nelle direzioni auspicate.
  Tra i pochi interventi significativi adottati o implementati negli anni successivi merita segnalare, innanzitutto, il Bando Periferie. Introdotto dalla Legge di Stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015 articolo 1, commi 974 e ss.), il Bando prevedeva uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro, destinati a finanziare progetti promossi da enti locali delle città metropolitane, dai comuni capoluogo di provincia e da quelli con una popolazione superiore a 100.000 abitanti. Successivamente i fondi disponibili sono stati incrementati fino a 2,1 miliardi di euro, consentendo in questo modo di finanziare tutti i progetti ritenuti idonei. Tuttavia, l'attuazione del bando ha incontrato, in tempi e contesti diversi, numerose ed importanti difficoltà, individuabili soprattutto nella eccessiva frammentazione dei fondi e nella mancanza di un sistema di monitoraggio e valutazione adeguato, il che ha reso difficile misurare i reali benefici delle opere finanziate. L'episodicità Pag. 11degli interventi, inoltre, spesso non ha consentito di garantire continuità tra le diverse iniziative, con il risultato che alcuni dei miglioramenti ottenuti si sono dispersi nel tempo per mancanza di risorse gestionali o di una visione strategica.
  L'approvazione del Codice del Terzo settore, nel luglio del 2017, ha aperto la strada alla possibilità di un più ampio e sistematico coinvolgimento dell'associazionismo e del volontariato locali nella gestione degli spazi pubblici. Alcuni tra gli strumenti più qualificanti introdotti dal legislatore, come il partenariato pubblico-privato e l'amministrazione condivisa, hanno tuttavia faticato ad affermarsi nella pratica amministrativa locale, impedendo alla società civile, nelle sue varie forme organizzative, di sprigionare appieno tutto il proprio potenziale per affrontare in modo partecipato i problemi di degrado e marginalità nelle nostre città.
  Per quanto riguarda la riqualificazione del patrimonio immobiliare, i vari interventi di incentivazione introdotti negli anni passati dal legislatore (bonus per efficienza energetica, bonus adeguamento sismico, bonus facciate, ecc.) hanno riguardato in misura assai ridotta gli edifici di edilizia residenziale pubblica, per i quali si è persa una occasione forse irripetibile di ammodernamento ed efficientamento ove si consideri la mole imponente delle risorse pubbliche messe in campo.

1.3 I documenti acquisiti

  Alla data del 4 aprile 2025 sono state acquisite e catalogate nell'archivio della Commissione 72 unità documentali (per un totale di 2.868 pagine), di cui:

   Documenti Liberi: 66 unità documentali (per un totale di 2.825 pagine);

   Documenti riservati: 1 (7 pagine);

   Documenti segreti: 2 (22 pagine);

   Esposti Liberi: 3 (14 pagine).

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2. SINTESI DELL'ATTIVITÀ SVOLTA

  La Commissione ha impostato la propria attività, sin dall'inizio, secondo un triplice schema: analisi e studio delle problematiche che riguardano le periferie, presenza istituzionale sul territorio, proposte di intervento normativo.
  Per quanto riguarda l'analisi delle problematiche delle periferie urbane, l'attività si è concretizzata essenzialmente nelle audizioni di rappresentanti istituzionali, di realtà associative e di esperti, svolte soprattutto nella sede parlamentare, ma anche nel corso delle missioni esterne.
  Le missioni istituzionali svolte in varie città italiane e nelle periferie della Capitale, oltre a consentire di raccogliere preziose informazioni dirette sulle principali problematiche locali, hanno permesso di marcare una presenza istituzionale di cui le periferie hanno sicuramente bisogno. La sensazione di abbandono che caratterizza vasti strati delle popolazioni delle nostre periferie, può e deve essere mitigata, oltre che con interventi capaci di modificare le condizioni strutturali che sono alla base del degrado e della fragilità, anche attraverso il segnale indispensabile della presenza fisica delle istituzioni sui territori.
  La formulazione di proposte migliorative del quadro normativo, capaci di dare risposte concrete alle problematiche registrate nei territori, rappresenta sicuramente l'aspetto più qualificante dell'attività della Commissione, come emerge chiaramente anche da una espressa previsione in tal senso nella delibera istitutiva. Nel corso della propria attività la Commissione ha formulato alcune proposte, di cui si dà conto nell'ambito della presente relazione (sezione 2.3), mentre altre sono in corso di definizione.
  Nel periodo considerato dalla presente relazione (23 marzo 2023 – 4 aprile 2025), la Commissione ha svolto 68 sedute plenarie e 63 riunioni dell'Ufficio di presidenza (per un totale di 70 ore e 10 minuti di seduta).

2.1 LE AUDIZIONI

Audizioni formali

  Nel corso della propria attività relativa al periodo cui si riferisce la presente relazione (luglio 2023 – aprile 2025), la Commissione ha svolto un totale di 83 audizioni formali, di cui 54 nella sede parlamentare e 29 nel corso di missioni esterne.
  Per quanto riguarda le audizioni svolte nella sede parlamentare, le audizioni di rappresentanti di Governo sono state ben 11, di cui 9 ministri, un vice-ministro e un sottosegretario (si tratta del numero più alto, in questa legislatura, tra tutte le Commissioni parlamentari).
  Di seguito si fornisce l'elenco delle audizioni svolte nella sede parlamentare (tutte formali), in ordine cronologico.

  Agosto 2023

   Nicola Molteni, Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno

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  Settembre 2023

   Vincenzo Nicolì, Direttore del Servizio controllo del territorio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

   Raffaele Fitto, Ministro per gli affari europei, per le politiche di coesione e per il PNRR

   Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i giovani

  Ottobre 2023

   Giuseppe Valditara, Ministro dell'Istruzione e del merito

  Novembre 2023

   Arturo Guarino, Generale dell'Arma dei carabinieri

   Michele Talia, Presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica

   Adriano De Nardis, membro del Consiglio Nazionale della Croce Rossa Italiana; Giuseppe Saladini, docente di psicopatologia e medicina legale

   Paolo Zangrillo, Ministro per la Pubblica amministrazione

  Dicembre 2023

   Anna Maria Bernini, Ministra dell'Università e della ricerca

  Gennaio 2024

   Sandro Cruciani, Direttore Statistiche ambientali e territoriali ISTAT; Saverio Gazzelloni, Direttore Statistiche demografiche e del censimento popolazione ISTAT

   Francesco Paolo Sisto, Vice Ministro della Giustizia

   Nicola Picco, Architetto e Consigliere Confedilizia Venezia; Laura Ricci, professore ordinario di Urbanistica dell'Università La Sapienza

  Febbraio 2024

   Renato Brunetta, Presidente del CNEL

   Marina Elvira Calderone, Ministra del Lavoro e delle Politiche sociali

  Marzo 2024

   Rappresentanti di Save The Children e di Unicef

   Fabio Ciciliano e Filippo Dispenza, Commissari straordinari per il comune di Caivano

  Aprile 2024

   Stefano Petrocchi, Direttore della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci; Serena Ferraiolo, Assistente di direzione della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci

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   Rappresentanti dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC)

  Maggio 2024

   Marco Mezzaroma, Presidente di Sport e Salute S.p.A.; Diego Nepi Molineris, Amministratore Delegato di Sport e Salute S.p.A.

   Alessandra Locatelli, Ministra per le disabilità

  Giugno 2024

   Fabio Giglioni, professore ordinario di diritto amministrativo dell'Università La Sapienza

   Rappresentanti delle associazioni TorPiùBella e CorvialeDomani; Antonio Coluccia, sacerdote

   Francesco Maria Chelli, Presidente ISTAT; Sandro Cruciani, Direttore Statistiche ambientali e territoriali ISTAT; Saverio Gazzelloni, Direttore Statistiche demografiche e censimento popolazione ISTAT

  Luglio 2024

   Marco Buttieri, Presidente Federcasa; Patrizio Losi, Direttore Federcasa

   Eugenia Maria Roccella, Ministra per le pari opportunità e la famiglia

   Stefania Mancini, Consigliere della Fondazione Charlemagne

   Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito

  Settembre 2024

   Maurizio Patriciello, consulente della Commissione

  Ottobre 2024

   Rappresentanti dell'ANCI

   Enrico Delli Compagni, psicologo clinico

   Alessandro Giuliano, Direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

  Novembre 2024

   Giorgio De Rita, Segretario generale del CENSIS

   Massimo Vallati, Presidente di Calciosociale s.s.d. di Roma (Corviale)

   Stefano Petrocchi, Direttore della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci; Serena Ferraiolo, Assistente di direzione della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci

   Fabio Giglioni, professore ordinario di diritto amministrativo dell'Università La Sapienza

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  Dicembre 2024

   rappresentanti del Coordinamento CAU – Comitati e Associazioni Uniti del Municipio VI di Roma

   Asilo Savoia, Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP)

  Gennaio 2025

   Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari (ASSIV)

   Vanessa Pallucchi, Presidente Forum Terzo Settore

   Tiziana Siano, Coordinatrice delle associazioni Luce Sia

  Febbraio 2025

   Marcello Scurria, Sub commissario straordinario del Governo per il risanamento della baraccopoli della città di Messina

   Asilo Savoia, Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP)

   Daniela Di Maggio, Presidente dell'associazione «Giogiò Vive»

   Carolina Bellantoni, membro dell'Osservatorio sulle periferie del Ministero dell'interno

  Marzo 2025

   Enrico Giovannini, direttore scientifico dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS)

   Arianna Massimi, fotografa e film-maker

   Francesca Ciaralli, rappresentante dell'associazione Procult

   Riccardo Travaglini, sindaco di Castelnuovo di Porto

  Aprile 2025

   Alessandro Giuli, Ministro della cultura

2.1.1 LE AUDIZIONI DI RAPPRESENTANTI DEL GOVERNO

Nicola Molteni, Sottosegretario di Stato al Ministero dell'interno

  Il sottosegretario di Stato al Ministero dell'interno, Nicola Molteni, ha offerto un quadro sulle strategie e le politiche messe in campo per affrontare le sfide legate alla sicurezza urbana e al degrado delle periferie italiane. Nel corso del suo intervento, Molteni ha delineato la visione del Ministero, ponendo l'accento sull'importanza di superare la tradizionale contrapposizione tra centro e periferia. Le periferie non devono più essere considerate come realtà marginali e problematiche, ma come parte integrante del tessuto urbano. Attraverso politiche pubbliche coordinate e integrate, il rilancio delle periferie può contribuire al miglioramento complessivo delle città italiane.
  Molteni ha evidenziato che la sicurezza rappresenta una delle principali richieste dei cittadini, essendo strettamente legata alla qualità della vita e alla fiducia nelle istituzioni. Il degrado urbano e la criminalità, ha spiegato, proliferano laddove lo Stato è percepito come Pag. 16distante o inefficace. Per rispondere a questa sfida, il Ministero dell'interno ha avviato diverse iniziative volte a rafforzare la presenza dello Stato nei territori, con un approccio che combina prevenzione, controllo e repressione. Tra le azioni più significative, ha illustrato il programma di controlli «ad alto impatto», che ha coinvolto grandi città come Roma, Milano e Napoli, e che ha visto l'impiego di oltre 30.000 agenti delle forze dell'ordine tra gennaio e luglio 2023. Questi controlli hanno portato al fermo di 274.151 persone, di cui 628 arrestate e 3.509 denunciate, oltre al sequestro di sostanze stupefacenti e al monitoraggio di oltre 6.798 esercizi pubblici, con significativi risultati anche nella lotta al lavoro nero.
  Uno degli aspetti più critici affrontati riguarda il fenomeno delle occupazioni abusive, spesso legate a dinamiche di degrado sociale e racket criminali. Molteni ha sottolineato come gli immobili occupati diventino frequentemente centri di attività illecite, pregiudicando la sicurezza e la qualità della vita delle comunità circostanti. Per contrastare questa problematica, il Ministero ha sviluppato una strategia che prevede operazioni di sgombero mirate, sempre accompagnate da interventi di tutela per le persone vulnerabili coinvolte, come anziani e minori. L'obiettivo è ripristinare la legalità e creare le condizioni per una rigenerazione urbana, capace di spezzare il legame tra degrado e criminalità.
  Un altro punto cardine del suo intervento è stato il contrasto allo spaccio di droga, descritto come una delle principali priorità del Governo. Attraverso il progetto «PUSHER», il dicastero ha intensificato le operazioni di controllo nelle cosiddette «piazze di spaccio», spesso situate in aree di forte degrado. L'uso di agenti sotto copertura si è rivelato particolarmente efficace per disarticolare le reti criminali coinvolte, molte delle quali collegate alla criminalità organizzata. Tra i fenomeni connessi alla devianza urbana, Molteni ha citato anche le baby gang, composte spesso da giovani minorenni, che agiscono con violenza gratuita e sfruttano i social media per amplificare le loro azioni. Per affrontare questo problema, il Ministero ha promosso iniziative educative nelle scuole, sensibilizzando i giovani su temi come la legalità, i rischi delle droghe e l'uso consapevole della rete.
  Sul fronte delle infrastrutture, Molteni ha rimarcato l'importanza di investire in tecnologia per migliorare la sicurezza urbana. La videosorveglianza è stata indicata come uno strumento chiave, con uno stanziamento di 45 milioni di euro nel triennio 2023-2025 e il finanziamento di 478 progetti per l'installazione di nuovi impianti. Questi interventi, ha spiegato, sono fondamentali per monitorare il territorio, prevenire crimini e rassicurare i cittadini. Inoltre, il Ministero ha promosso programmi come il PON «Legalità», che ha finanziato 556 progetti per un valore complessivo di circa 892 milioni di euro, destinati principalmente alle regioni del Sud Italia.
  Il sottosegretario Molteni ha poi affrontato il tema della rigenerazione urbana, sottolineando il ruolo del PNRR e di altri fondi nazionali nel finanziare interventi per migliorare il decoro urbano, ridurre la marginalità e favorire la coesione sociale. Tra le linee di finanziamento previste, ha citato i 6 miliardi di euro destinati alla resilienza e valorizzazione del territorio e i 3,3 miliardi per la rigenerazione urbana. Questi fondi sono cruciali per sostenere progetti di riqualificazionePag. 17 in aree degradate, che integrino edilizia, infrastrutture e servizi sociali.
  Sul piano legislativo, il sottosegretario ha richiamato l'attenzione sulla necessità di aggiornare l'ordinamento della polizia locale, risalente al 1986. Ha quindi auspicato una riforma che valorizzi il ruolo delle polizie locali nelle grandi città e nelle realtà minori, potenziandone competenze, funzioni e dotazioni. Questo approccio integrato, ha spiegato, è fondamentale per garantire una sicurezza urbana più capillare ed efficace.

Raffaele Fitto, Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR

  Il Ministro Raffaele Fitto, allora Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR (attualmente vicepresidente esecutivo della Commissione europea), ha illustrato le strategie del Governo relative alla gestione del PNRR, delle politiche di coesione e del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), con un focus sulle periferie urbane. Il governo mira a una visione unica e coordinata delle diverse fonti di finanziamento, così riassumibili: Politiche di coesione (2014-2020 e 2021-2027) per un totale di 8,5 miliardi di euro; PNRR, con 220 miliardi di euro complessivi (68 miliardi a fondo perduto, 122 miliardi di prestiti europei e 30 miliardi di fondo complementare); Fondo di sviluppo e coesione (FSC), utilizzato per supportare interventi non completati entro le scadenze del PNRR. Questa integrazione mira a massimizzare l'efficacia degli interventi e a garantire il rispetto delle scadenze e dei criteri stringenti imposti dalla Commissione Europea.
  Ha premesso che per quanto riguarda i problemi e le criticità del PNRR, va considerato che molti progetti inclusi nel PNRR erano stati pianificati prima dell'approvazione del piano stesso e non ne rispettano i requisiti: si pensi alle regole stringenti del PNRR (come il DNSH – Do No Significant Harm) e al rigido cronoprogramma che richiede il completamento entro giugno 2026, nonché al fatto che in molti casi si tratta di interventi già finanziati in passato, ma mai realizzati (es. progetti di dissesto idrogeologico del 2010-2015).
  Il Governo ha quindi presentato alla Commissione europea una proposta di modifica del PNRR volta allo spostamento di progetti non cantierabili dal PNRR ad altri fondi, come il FSC e le politiche di coesione, che hanno scadenze più ampie (fino al 2029) e all'introduzione di un capitolo aggiuntivo dedicato al RePowerEU per affrontare la crisi energetica. Questa strategia mira a evitare il rischio di perdita dei finanziamenti e a garantire che i progetti siano effettivamente realizzati. Il rapporto costruttivo con l'UE aveva già portato all'approvazione delle modifiche alla quarta rata del PNRR e alla definizione di nuovi obiettivi. La proposta di rimodulazione mirava a salvaguardare tutti gli interventi e a garantire l'utilizzo ottimale delle risorse disponibili, con l'obiettivo primario di rispettare le scadenze del 2026 per il PNRR e del 2029 per i fondi di coesione.
  Il Ministro ha quindi aggiunto che i progetti di rigenerazione urbana sono essenziali per migliorare le condizioni delle periferie urbane, ma problemi strutturali e operativi minacciano la realizzazione degli interventi. Le periferie urbane soffrono di problemi complessi, Pag. 18come degrado edilizio, mancanza di servizi e infrastrutture insufficienti. Programmi come PINQuA (Programmi innovativi nazionali per la qualità dell'abitare) e PUI (Piani urbani integrati) sono stati pensati per affrontare queste sfide, ma presentano difficoltà significative nella loro attuazione. In particolare, i progetti di rigenerazione urbana finanziati dal PNRR si caratterizzano per tempistiche inadeguate (la scadenza del giugno 2026 per la rendicontazione dei progetti è irrealistica per molti interventi, data la loro complessità), per la presenza di numerosi progetti preesistenti non conformi (molti interventi sono stati pianificati prima dell'approvazione del PNRR e non rispettano i requisiti stringenti del piano: si pensi allo stadio di Firenze e allo stadio di Venezia, inclusi nei PUI, considerati non ammissibili dalla Commissione europea) e per il rischio di sforamento dei costi (l'aumento dei prezzi delle materie prime ha reso molti progetti finanziariamente insostenibili con i fondi stanziati inizialmente). Inoltre, si consideri che il 75 per cento dei progetti finanziati per i piccoli comuni riguarda opere inferiori ai 100.000 euro, non adatte al PNRR.
  Per affrontare queste criticità il Governo ha adottato una strategia basata sulla rimodulazione delle risorse, stabilendo che i progetti non realizzabili entro il 2026 saranno trasferiti a programmi di finanziamento più flessibili (come il Fondo di sviluppo e coesione e le politiche di coesione 2021-2027, con scadenze fino al 2029), ciò che garantirà il completamento degli interventi senza perdere i finanziamenti. Nel quadro di una visione integrata per gestire fondi del PNRR, FSC e politiche di coesione in modo sinergico, si prevede inoltre l'utilizzo di fondi nazionali per coprire eventuali mancanze finanziarie.
  Il Ministro ha inoltre ricordato che il cosiddetto decreto Caivano ha definito un modello di intervento integrato, che potrebbe essere applicato ad altre periferie in Italia: il decreto ha stanziato 30 milioni di euro per una serie di interventi mirati in questa area critica, combinando risorse FSC e del PNRR. Questo approccio prevede: interventi strutturali, come la riqualificazione di edifici e infrastrutture; azioni sociali e culturali per coinvolgere la comunità e migliorare il tessuto sociale; collaborazione multilivello tra istituzioni nazionali, regionali e locali. Questo modello potrebbe essere esteso ad altre aree periferiche, adattandolo alle specifiche esigenze territoriali.
  Nessun progetto è stato definanziato, ma alcuni sono stati spostati su fonti alternative per garantire la loro realizzazione. È indubbio che la gestione del PNRR presenta sfide significative, ma le azioni del Governo sono necessarie per evitare il fallimento dei progetti, in un quadro di collaborazione con istituzioni locali e Commissione europea e con un monitoraggio continuo, per garantire il rispetto delle scadenze e la realizzazione degli obiettivi.

Andrea Abodi, Ministro per lo sport e i giovani

  Il Ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi, ha illustrato le sfide e le opportunità legate al tema dello sport e delle politiche giovanili nelle periferie urbane e sociali, con un focus particolare su come queste possano contribuire alla coesione sociale e alla prevenzione del degrado. L'intervento del Ministro si è articolato attorno a una riflessione di fondo: il riconoscimento del valore sociale dello sport Pag. 19sancito dalla Costituzione rappresenta un punto di partenza per garantire un diritto effettivo, trasformando lo sport in uno strumento di riscatto e opportunità per le fasce più vulnerabili della popolazione.
  Il Ministro ha sottolineato l'importanza dello sport come elemento di «difesa immunitaria sociale», capace di contrastare il disagio e di promuovere valori come il rispetto, la solidarietà e la cultura della legalità, particolarmente nelle periferie, spesso teatro di marginalità e di assenza di servizi adeguati. Lo sport è uno strumento privilegiato per ricostruire un tessuto sociale compromesso, soprattutto laddove la criminalità organizzata ha occupato gli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni.
  Il Ministro ha posto l'accento sulle criticità legate alla carenza di infrastrutture sportive, sia nelle scuole che nelle comunità. È emerso un dato allarmante: oltre la metà delle scuole italiane non dispone di una palestra, con una situazione particolarmente grave in regioni come Campania e Calabria. Questa lacuna limita non solo l'educazione motoria, ma anche il potenziale dello sport come veicolo di inclusione e crescita personale. Il Governo ha intrapreso azioni mirate, tra cui il progetto «Sport e Periferie», destinato a finanziare infrastrutture sportive nei comuni sotto i 100.000 abitanti. Tuttavia, le risorse disponibili restano insufficienti rispetto alla domanda: nel 2022 sono stati finanziati solo 111 progetti su oltre 1.300 domande presentate, per una disponibilità di appena 50 milioni di euro a fronte di richieste per 584 milioni.
  Il Ministro ha sottolineato l'importanza di un approccio interdisciplinare e collaborativo per affrontare il degrado delle periferie, il che richiede sinergia tra sport, istruzione e cultura. Per esempio, il progetto «Spazi civici di comunità» è stato concepito per integrare attività sportive, culturali e sociali, coinvolgendo giovani tra i 14 e i 34 anni in aree ad alta vulnerabilità sociale. Analogamente, il progetto «Rete» mira a favorire la formazione e l'orientamento al lavoro, includendo esperienze all'estero, e si concentra su città di medie dimensioni particolarmente colpite dal disagio sociale.
  Grande rilievo assume, in questo contesto, il rilancio del centro sportivo ex Delphinia di Caivano, abbandonato per oltre un decennio e simbolo del degrado urbano di quel territorio. Il progetto prevede la bonifica e la riqualificazione dell'area, con il coinvolgimento delle Fiamme Oro e di altre forze dello Stato come presidio di legalità e speranza per la comunità. Questa iniziativa sarà completata entro la primavera del 2024 e fungerà da modello per interventi analoghi in altre realtà difficili.
  Sul piano delle politiche giovanili, il Ministro ha evidenziato la necessità di offrire opportunità concrete per contrastare il fenomeno dei NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione), che in Italia rappresentano una quota significativa della popolazione giovanile. Tra le iniziative intraprese merita ricordare il servizio civile universale, che sta evolvendo verso un modello più professionalizzante, e la piattaforma «Giovani 2030», concepita per rendere più visibili e accessibili le opportunità disponibili.
  Nonostante le limitate risorse a disposizione del Ministero (solo 40 milioni di euro per le politiche giovanili), il Ministro ha sottolineato l'importanza di valorizzare ogni euro investito attraverso un «portafoglioPag. 20 progettuale» ricco e innovativo. Ha ribadito che l'efficacia delle politiche dipende non solo dal volume di risorse disponibili, ma anche dalla capacità di attuare progetti che rispondano realmente ai bisogni dei giovani e delle comunità.
  Infine, il Ministro ha espresso l'auspicio di una maggiore armonizzazione tra le politiche nazionali e locali, sottolineando l'importanza di una presenza costante dello Stato nelle aree di disagio. Ha ribadito che il Governo intende sviluppare modelli replicabili per promuovere il riscatto sociale delle periferie, investendo non solo nello sport, ma anche nella cultura, nell'istruzione e nel lavoro. Lo sport non è una panacea, ma è certamente uno strumento potente per illuminare le zone d'ombra della società e per offrire alle nuove generazioni un futuro migliore.

Giuseppe Valditara, Ministro dell'istruzione e del merito

  Il Ministro dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha illustrato una strategia di ampio respiro per contrastare le profonde disuguaglianze educative e sociali che caratterizzano molte aree del Paese, con un'attenzione particolare al Mezzogiorno e alle periferie urbane, sottolineando il ruolo fondamentale della scuola non solo come luogo di apprendimento, ma come fulcro di rigenerazione sociale, culturale ed economica.
  Il Ministro ha aperto il suo intervento con una riflessione sulla povertà educativa, definita come una privazione della possibilità di apprendere, sviluppare capacità e coltivare aspirazioni. Questo fenomeno, correlato alla povertà economica, colpisce in modo sproporzionato le aree più svantaggiate, specialmente nel Sud Italia. Il risultato è una drammatica carenza di opportunità, che incide negativamente sul futuro dei giovani, favorendo l'abbandono scolastico, la disoccupazione e l'inattività. Il Ministro Valditara ha evidenziato che l'Italia è tra i Paesi europei con il più alto tasso di NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano), una condizione che alimenta il rischio di marginalizzazione e il reclutamento da parte della criminalità organizzata.
  Per rispondere a queste sfide, il Ministero ha lanciato Agenda Sud, un progetto che rappresenta il primo tentativo organico e strategico di affrontare le disuguaglianze educative nel Mezzogiorno. Questo piano coinvolge 2.000 scuole elementari, medie e superiori, con l'obiettivo di ridurre la dispersione scolastica, potenziare le competenze di base e promuovere l'inclusione sociale. Una delle novità principali è l'apertura delle scuole al territorio, anche oltre l'orario scolastico, per offrire attività laboratoriali, sportive, artistiche e culturali, che coinvolgano studenti, famiglie e comunità locali. Per finanziare queste iniziative, sono stati stanziati 265,5 milioni di euro, provenienti da fondi PNRR e PON.
  Agenda Sud prevede anche l'introduzione della figura del docente tutor, estesa ai primi anni delle scuole secondarie superiori e alle scuole medie, per personalizzare l'apprendimento e valorizzare i talenti di ogni studente. L'obiettivo è superare la didattica tradizionale, favorendo un approccio più interattivo e laboratoriale. I docenti che operano in queste scuole saranno specificamente formati, con il supporto degli istituti Indire e Invalsi, per adottare metodologie didattiche innovative.Pag. 21
  Il Ministro ha descritto una serie di interventi specifici per affrontare il degrado sociale e scolastico. A Caivano, ad esempio, sono stati assegnati 20 nuovi docenti e stanziati 25 milioni di euro per supporto sociale e psicologico, con l'obiettivo di riportare i ragazzi a scuola. Per le scuole più fragili, sono previsti incentivi economici pari a 6 milioni di euro per trattenere il personale docente, oltre a bonus aggiuntivi per chi sceglie di lavorare in contesti difficili. A Caivano, il Ministero ha anche distribuito 100 tablet e materiali scolastici agli studenti, creando un entusiasmo palpabile tra i giovani e le loro famiglie.
  Un altro aspetto evidenziato è stato l'investimento nell'edilizia scolastica. Con oltre 5 miliardi di euro, di cui 3,9 miliardi provenienti dal PNRR e 1,2 miliardi da fondi ministeriali, il piano mira a migliorare le infrastrutture scolastiche, con un focus su mense e palestre. Solo per le mense, sono stati stanziati 400 milioni di euro, mentre altri 300 milioni di euro sono stati destinati alle palestre. Il Ministro ha sottolineato che questi interventi non solo migliorano le condizioni di apprendimento, ma favoriscono il tempo pieno e l'inclusione sociale, offrendo ai ragazzi spazi sicuri e funzionali dove trascorrere le ore pomeridiane.
  Il decreto Caivano, poi, introduce anche misure innovative per affrontare l'abbandono scolastico. Tra queste, azioni di recupero sociale e psicologico e, come ultima risorsa, sanzioni per i genitori che non garantiscono la frequenza scolastica dei figli. Tuttavia, il Ministro Valditara ha sottolineato che queste misure punitive devono essere accompagnate da un sostegno economico e logistico alle famiglie più vulnerabili, per evitare che difficoltà materiali diventino un ostacolo insormontabile.
  Il Ministro ha quindi raccontato episodi toccanti vissuti durante le sue visite nelle aree più difficili del Paese, come la Locride e Ostia, dove ha percepito un forte entusiasmo per la presenza dello Stato. Ha descritto con ammirazione il lavoro di insegnanti che, a titolo volontario, si recano casa per casa per convincere le famiglie a mandare i figli a scuola. Valditara ha ribadito che la scuola deve essere il cuore pulsante dello sviluppo territoriale, capace di coinvolgere non solo gli studenti, ma anche le loro famiglie e l'intera comunità.
  Un ulteriore aspetto sottolineato è stato il collegamento tra scuola e mondo del lavoro. Il Ministro ha annunciato collaborazioni con il Ministero delle imprese e del made in Italy, per creare sinergie tra istituti tecnici e imprese locali, favorendo l'inserimento lavorativo dei giovani e lo sviluppo economico del territorio. Iniziative come il Piano STEM, finanziato con 600 milioni di euro, mirano a colmare il divario nelle competenze scientifiche e tecnologiche, particolarmente evidente nel Sud Italia.
  Infine, il Ministro ha affrontato temi di attualità, come il bullismo e il cyberbullismo, sottolineando la necessità di una cultura del rispetto e dell'inclusione. Ha richiamato l'attenzione sulla necessità di rafforzare il dialogo con le famiglie e di promuovere una visione della scuola come luogo di crescita collettiva e personale. Valditara ha concluso il suo intervento esprimendo fiducia nella capacità del sistema educativo di trasformare le aree più difficili in laboratori di rigenerazione sociale, garantendo a ogni giovane italiano le stesse opportunità di realizzare il proprio potenziale.

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Paolo Zangrillo, Ministro per la pubblica amministrazione

  Il Ministro per la pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha delineato l'intervento che il Governo ha avviato per risanare il comune di Caivano. Questo territorio, diventato negli anni simbolo di degrado urbano e sociale, è stato oggetto di un piano straordinario volto a ristabilire la legalità, riorganizzare la macchina amministrativa e offrire nuove prospettive di sviluppo sociale ed economico. L'iniziativa nasce come risposta diretta ai tragici eventi che hanno scosso l'opinione pubblica e al collasso amministrativo seguito allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche.
  Il Ministro Zangrillo ha innanzitutto descritto il contesto in cui si inserisce tale progetto. Caivano, un comune di circa 37.000 abitanti in provincia di Napoli, è noto per il Parco Verde, un complesso edilizio nato negli anni ottanta per accogliere gli sfollati del terremoto dell'Irpinia. Nel corso del tempo, questa zona è diventata il centro di gravi attività criminali, come il traffico di droga e di rifiuti, fino a trasformarsi in una vera e propria «zona franca» per la criminalità organizzata. La situazione è precipitata nell'estate del 2023, quando due bambine hanno denunciato violenze di gruppo, rivelando al Paese il livello di abbandono e degrado di questa comunità. Di fronte a questi eventi, lo Stato ha riconosciuto la necessità di un intervento urgente e strutturale.
  Il Ministro ha spiegato che il piano per Caivano si basa su un approccio innovativo, pensato per affrontare simultaneamente le emergenze legate alla criminalità e quelle amministrative e sociali. Il fulcro dell'intervento è rappresentato da una task-force di trenta esperti, selezionati dal Dipartimento della funzione pubblica e da Formez PA, una società in house del Governo. Questi professionisti sono già operativi sul territorio e si occuperanno per almeno ventiquattro mesi di supportare l'amministrazione comunale in un percorso di ricostruzione. La loro missione non si limita a tamponare le carenze attuali, ma mira a creare una base solida per un'amministrazione autonoma ed efficiente.
  La strategia messa in campo punta su diversi fronti. Uno degli aspetti centrali è il rafforzamento del capitale umano. La squadra inviata a Caivano sta lavorando per valutare le competenze del personale comunale e definire i fabbisogni formativi e organizzativi. Contemporaneamente, sono stati pubblicati due bandi di concorso per reclutare 31 nuove figure professionali, tra cui vigili urbani, assistenti sociali ed educatori scolastici, figure fondamentali per migliorare i servizi ai cittadini. Il Ministro ha sottolineato l'importanza della formazione: i nuovi assunti, insieme al personale già in servizio, saranno coinvolti in programmi di aggiornamento su temi come anticorruzione, trasparenza e digitalizzazione, considerati cruciali per un'amministrazione moderna ed efficace.
  Un altro aspetto evidenziato è stato la digitalizzazione dell'amministrazione comunale, un intervento ritenuto indispensabile per superare i ritardi accumulati negli anni e rendere più efficiente la gestione dei servizi pubblici. La task-force stava già lavorando per digitalizzare gli archivi e migliorare l'operatività degli sportelli unici per le attività produttive e l'edilizia, strumenti chiave per facilitare il rapporto tra cittadini, imprese e amministrazione.Pag. 23
  Il piano comprende anche una forte componente sociale, con iniziative mirate a ridurre la dispersione scolastica, promuovere l'inclusione sociale e rafforzare il tessuto culturale del territorio. L'obiettivo, ha spiegato Zangrillo, è restituire ai giovani di Caivano una visione positiva dello Stato, mostrando che è possibile avere fiducia nelle istituzioni. Tra le proposte in fase di sviluppo c'è la creazione di un consiglio dei bambini, che consenta ai più piccoli di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la loro comunità.
  Zangrillo ha evidenziato che questo progetto rappresenta una svolta rispetto agli approcci del passato, che spesso non hanno prodotto risultati duraturi. Il piano per Caivano si ispira a esperienze come la ricostruzione del ponte Morandi a Genova, esempi in cui l'Italia ha dimostrato di saper unire competenza e rapidità d'azione. La sfida è di trasformare Caivano in un modello replicabile per altre aree del Paese che condividono problematiche simili.
  Il Ministro ha anche affrontato il tema delle infiltrazioni criminali, riconoscendo che non riguardano solo la politica, ma anche la struttura tecnica dei comuni commissariati. Pur affidando alla magistratura il compito di intervenire in questi casi, ha sottolineato che la selezione del personale impiegato a Caivano avviene con criteri rigorosi, per garantire non solo competenza, ma anche integrità morale.
  Sul fronte economico, Zangrillo ha spiegato che il progetto è stato avviato con un finanziamento iniziale di 5 milioni di euro, destinati a coprire le prime attività di reclutamento, formazione e supporto tecnico. Tuttavia, ha riconosciuto che una stima precisa dei costi complessivi sarebbe stata disponibile entro la fine dell'anno 2023 (la sua audizione è di novembre 2023), man mano che il progetto prendeva forma e venivano identificati ulteriori bisogni.
  Il Ministro ha concluso sottolineando che il piano non è un intervento temporaneo, ma un percorso strutturale pensato per durare almeno due anni. Durante questo periodo, il Governo monitorerà costantemente i progressi e apporterà eventuali correttivi per garantire il successo dell'iniziativa. Zangrillo si è detto fiducioso che, se il modello funzionerà, potrà essere applicato con successo in altre realtà difficili del Paese, con il supporto di un'Unità di missione dedicata a replicare questo approccio su scala nazionale.

Anna Maria Bernini, Ministra dell'università e della ricerca

  La Ministra dell'università e della ricerca Anna Maria Bernini ha illustrato un piano strategico, volto a utilizzare la conoscenza e l'innovazione come strumenti principali per trasformare territori caratterizzati da degrado sociale, economico e culturale, individuando nel «modello Caivano» un paradigma replicabile su scala nazionale.
  Caivano, località nota per le gravi problematiche di abbandono e criminalità organizzata, è stata al centro del dibattito come esempio di intervento integrato. Il Ministro ha spiegato come il Governo abbia deciso di investire in modo strutturale e permanente, attraverso il cosiddetto decreto Caivano (decreto-legge n. 123 del 2023), stanziando 5 milioni di euro per il recupero e la rigenerazione di un immobile destinato a diventare un presidio accademico e culturale stabile. Qui si svolgeranno attività di formazione, ricerca e orientamento, avviate con Pag. 24il Festival dell'arte e della scienza, un'iniziativa inaugurata il 16 dicembre 2023. Questo festival coinvolge università, enti di ricerca, accademie, conservatori e istituti superiori delle industrie artistiche (ISIA), con l'obiettivo di promuovere settori di immediato impatto sul mercato del lavoro e rilevanza per il territorio, come scienze sociali, professioni sanitarie, restauro, gestione agricola innovativa e tecnologie avanzate.
  Il Ministro ha evidenziato come l'intervento su Caivano sia solo l'inizio di un percorso più ampio, volto a trasformare l'area in un modello di rinascita che coniughi sicurezza e sviluppo sociale. I presidi di polizia, pur fondamentali, non sono sufficienti da soli. La vera sfida consiste nel creare opportunità formative e lavorative, restituendo speranza alle comunità locali attraverso una rigenerazione che tenga conto delle specificità del territorio e delle sue esigenze.
  Tra gli esempi di successo già realizzati, Bernini ha citato il campus per le professioni sanitarie a Scampia, costruito abbattendo una delle vele, e il nuovo centro per il supercalcolo a San Giovanni a Teduccio, in provincia di Napoli, nato da una collaborazione tra l'Università Federico II, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, il Consorzio CINECA e l'azienda farmaceutica Dompè. Questi interventi, finanziati anche grazie ai fondi del PNRR rappresentano esempi concreti di rigenerazione urbana basata sulla formazione e sull'innovazione.
  Un altro tema dell'audizione è stato il diritto allo studio. Bernini ha ricordato che il Ministero ha aumentato l'importo delle borse di studio a 700 euro e innalzato le soglie ISEE, garantendo, per il 2023, la copertura degli studenti idonei non beneficiari grazie a una riorganizzazione dei fondi. Sono stati, inoltre, stanziati finanziamenti per il 2024 e il 2025, sempre con l'obiettivo di rendere il diritto allo studio accessibile a tutti. Un aspetto collegato è stato l'housing universitario, settore da sempre sottodimensionato in Italia. Il PNRR prevede la creazione di 60.000 nuovi posti letto per gli studenti universitari entro il 2026, un obiettivo ambizioso supportato da 960 milioni di euro, ai quali si sono aggiunti 240 milioni negoziati con la Commissione europea. A dicembre 2023 erano stati realizzati 8.500 posti letto, con ulteriori 5.400 in arrivo grazie a un bando ministeriale da 500 milioni di euro e a iniziative di riqualificazione di immobili demaniali. Tra gli esempi citati, la trasformazione della caserma Magrone a Bari in un campus universitario completo di laboratori, residenze studentesche e spazi comuni.
  Il Ministro Bernini ha sottolineato l'importanza dell'orientamento scolastico e professionale, considerato uno strumento fondamentale per contrastare l'abbandono scolastico e il fenomeno dei NEET (giovani che non studiano né lavorano), particolarmente diffuso in Campania. Un progetto innovativo, avviato a Caivano, è il «Campionato della creatività», realizzato in collaborazione con l'Istituto nazionale di fisica nucleare. Questo programma coinvolge studenti delle scuole primarie e secondarie, avvicinandoli a temi scientifici complessi attraverso metodi interattivi e creativi, come la realizzazione di disegni e plastici. L'obiettivo è far scoprire ai giovani il loro potenziale e dimostrare che anche argomenti apparentemente inaccessibili possono diventare comprensibili e appassionanti.Pag. 25
  Un altro obiettivo dell'azione ministeriale riguarda il supporto al disagio psicologico e alla non autosufficienza, con un fondo di oltre 70 milioni di euro destinato alle università. Questo intervento mira a garantire continuità e stabilità alle iniziative già avviate dagli atenei, rispondendo ai crescenti bisogni degli studenti in difficoltà. Inoltre, il Ministero ha introdotto borse di studio specifiche per incentivare la presenza femminile nelle facoltà STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), settori dove persistono significative disuguaglianze di genere.
  Nel corso dell'audizione, il Ministro ha ribadito che l'università italiana deve essere una «fabbrica di futuro», capace di coniugare ricerca di base, innovazione e imprenditorialità per generare nuove professionalità e opportunità. L'approccio adottato è quello di un sistema ecosistemico, in cui università, ricerca, imprese e amministrazioni locali collaborano per massimizzare l'impatto degli investimenti. Questa filosofia si riflette anche nel recupero di chiese e altri edifici storici a Caivano, dove il Ministero prevede di coinvolgere accademie e tecnici del restauro per promuovere una rinascita culturale che sia anche opportunità lavorativa.

Francesco Paolo Sisto, Vice Ministro della giustizia

  Il Vice Ministro della giustizia Francesco Paolo Sisto ha delineato un quadro delle problematiche legate alle periferie urbane, soffermandosi su come la giustizia possa contribuire a risolverle, attraverso interventi specifici e calibrati. Il termine «periferia» evoca immagini di marginalità sociale, economica e culturale rispetto ai centri cittadini, ma è essenziale superare questa dicotomia, lavorando per trasformare le periferie in luoghi dove giustizia e opportunità siano ugualmente garantite. Il viceministro ha sottolineato come le periferie rappresentino non solo spazi fisici, ma anche simboli di disuguaglianza e vulnerabilità, richiedendo un impegno coordinato e consapevole da parte dello Stato e delle istituzioni.
  Ha evidenziato, quindi, che l'approccio della giustizia deve essere simile a quello di un medico che, di fronte a diverse patologie, adatta i trattamenti alla specificità del caso. Questo significa che non si possono applicare soluzioni uniformi a situazioni che differiscono profondamente tra loro. In particolare, le periferie non devono essere trattate come luoghi di serie B, ma come aree che necessitano di strategie mirate, fondate su un'analisi approfondita dei problemi e sull'utilizzo di strumenti legislativi flessibili e innovativi. La giustizia, dunque, non deve limitarsi a punire, ma deve essere capace di prevenire e curare, promuovendo un cambiamento sociale e culturale che possa ridurre il divario con i centri urbani.
  Uno dei temi dell'audizione è stato quello della giustizia minorile, considerata un elemento chiave per affrontare le criticità delle periferie. Sisto ha richiamato l'innovazione introdotta dal codice di procedura penale «Pisapia-Vassalli» del 1988, che aveva previsto misure specifiche per i reati commessi da minori, puntando sul recupero e sull'educazione piuttosto che sulla semplice punizione. Ha sottolineato come, nonostante questi progressi, negli ultimi anni si sia assistito a un deterioramento del rapporto tra minori e giustizia, con un aumento del Pag. 26fenomeno delle baby gang. Questi gruppi giovanili, caratterizzati da un'esplosione di violenza spesso incontrollata, rappresentano una delle sfide più complesse per le periferie. Sisto ha evidenziato come sia necessario non solo punire i comportamenti devianti, ma anche comprenderne le cause profonde, intervenendo precocemente attraverso politiche educative e sociali. La prevenzione, ha affermato, deve essere il cuore di ogni strategia rivolta ai minori, con un coinvolgimento attivo delle famiglie e delle comunità locali.
  Un altro punto dell'intervento è stato il riferimento al cosiddetto decreto Caivano, trasformato in legge nel novembre 2023. Sisto ha spiegato che il decreto rappresenta un pilastro della strategia del Governo per affrontare le problematiche delle periferie, con l'obiettivo di prevenire i reati e favorire il recupero sociale. Ha sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto da alcune critiche, il decreto non è un provvedimento repressivo, ma un insieme di norme che puntano a costruire un sistema di prevenzione efficace. Tra le innovazioni più significative, il decreto ha istituito un Osservatorio sulle periferie, un organismo incaricato di monitorare i dati e valutare l'impatto delle politiche adottate, con la possibilità di proporre modifiche legislative basate sulle evidenze raccolte. Questo strumento, secondo Sisto, rappresenta un passo avanti fondamentale per affrontare in modo sistematico le sfide delle periferie, garantendo una maggiore attenzione e responsabilità da parte delle istituzioni.
  Il decreto ha introdotto anche misure specifiche per il coinvolgimento delle famiglie nei percorsi di recupero dei minori a rischio. Sisto ha spiegato che questo approccio mira a intervenire precocemente, verificando le condizioni familiari e sociali dei giovani e offrendo supporto laddove necessario. Il coinvolgimento delle famiglie è stato descritto come un elemento centrale per prevenire comportamenti devianti, in quanto permette di agire sul contesto in cui i minori crescono. Inoltre, il decreto ha rafforzato strumenti come il Daspo urbano, esteso anche ai minori di 14 anni, e ha previsto sanzioni amministrative per i genitori che non vigilano adeguatamente sui propri figli. Queste misure, secondo il viceministro, rappresentano un equilibrio tra prevenzione e responsabilità, evitando approcci puramente repressivi.
  La sicurezza nelle periferie è stata un altro tema centrale della discussione. Sisto ha sottolineato che queste aree soffrono spesso di un controllo meno intenso rispetto ai centri urbani, il che contribuisce a creare un senso di insicurezza e abbandono. Ha evidenziato che la sicurezza non può essere garantita solo attraverso l'applicazione delle leggi, ma richiede una presenza costante e visibile delle forze dell'ordine, un miglioramento delle infrastrutture e un rafforzamento della coesione sociale. Ha criticato l'approccio esclusivamente repressivo, sostenendo che la prevenzione è l'unico modo per ottenere risultati duraturi. Ha citato, come esempio, la necessità di una maggiore sorveglianza nei luoghi frequentati dai giovani, come scuole, parchi e centri di aggregazione, per dissuadere comportamenti illeciti e garantire un ambiente più sicuro.
  Un altro problema affrontato riguarda le occupazioni abusive di immobili, una questione particolarmente sentita nelle periferie. Sisto ha descritto una proposta legislativa che mira a semplificare e accelerarePag. 27 le procedure per il recupero degli immobili occupati illegalmente, introducendo strumenti normativi che permettono alle autorità di intervenire con maggiore rapidità ed efficacia. Ha spiegato che questa misura è necessaria per ristabilire la legalità in contesti dove l'illegalità diffusa contribuisce al degrado e all'insicurezza. Ha inoltre sottolineato che il fenomeno delle occupazioni abusive è spesso legato a dinamiche sociali complesse, che richiedono un intervento integrato da parte delle istituzioni.
  Sul tema del contrasto allo spaccio di stupefacenti, il viceministro ha espresso una posizione chiara, affermando che l'inasprimento delle pene, pur avendo un valore simbolico, non è sufficiente a risolvere il problema. Ha suggerito quindi un approccio integrato, che combini l'applicazione rigorosa delle leggi con politiche di prevenzione e controllo del territorio. Ha ribadito che è necessario agire sui contesti sociali ed educativi che favoriscono il fenomeno dello spaccio, investendo in programmi di prevenzione e supporto per i giovani.
  Il viceministro Sisto ha quindi evidenziato l'importanza di mantenere un approccio flessibile e adattabile, pronto a modificare le normative in base ai dati raccolti e alle esigenze emergenti. Ha ribadito che la giustizia, la sicurezza e la coesione sociale devono essere strettamente interconnesse per affrontare in modo efficace le sfide delle periferie. Ha lodato le esperienze virtuose di associazioni, parrocchie e realtà locali, che spesso riescono a intercettare i bisogni della popolazione con sensibilità e competenza, contribuendo a migliorare le condizioni di vita nelle aree più svantaggiate.

Marina Elvira Calderone, Ministra del lavoro e delle politiche sociali

  Marina Elvira Calderone, Ministra del lavoro e delle politiche sociali, ha fornito un'analisi delle iniziative messe in campo dal suo Ministero per affrontare le sfide legate alla povertà, all'esclusione sociale e alla vulnerabilità economica, tutte problematiche che si manifestano in modo accentuato nelle periferie urbane, aggravate dagli effetti della pandemia, illustrando le azioni sistemiche intraprese per garantire inclusione e sviluppo.
  La Ministra ha esordito sottolineando l'ampiezza delle competenze del Ministero, che, con le sue dieci direzioni generali, opera su un vasto spettro di tematiche. Ha spiegato che il suo intervento si sarebbe focalizzato sulle politiche sociali, affrontando in particolare il tema del degrado delle città e delle periferie, analizzandolo non solo sotto il profilo infrastrutturale, ma anche in relazione alle implicazioni sociali ed economiche. Ha quindi riconosciuto l'importanza di un approccio integrato per affrontare la povertà estrema, la marginalità sociale e l'esclusione.
  Uno degli elementi centrali del suo discorso è stato il sostegno alle famiglie vulnerabili, con un'attenzione specifica ai minori, considerati i soggetti più colpiti dal disagio sociale. Ha descritto il programma di prevenzione dell'istituzionalizzazione, finanziato da un apposito fondo ministeriale e riconosciuto come Livello essenziale di prestazione (LEP). Questo programma, che segue le linee della Strategia Europa 2020, mira a ridurre il rischio di maltrattamenti e a prevenire l'allontanamento dei bambini dalle loro famiglie attraverso il rafforzamento Pag. 28della genitorialità. Il Ministero ha coinvolto in questa iniziativa oltre 400 ambiti territoriali tra il 2022 e il 2026, con un finanziamento complessivo di 84 milioni di euro, integrato dalle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.
  La Ministra Calderone ha approfondito l'introduzione dell'assegno di inclusione, una misura introdotta con il decreto-legge n. 48 del 2023, che mira a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, integrando percorsi di inserimento lavorativo. L'assegno è destinato ai nuclei familiari in condizioni di fragilità, in particolare quelli con minori, persone disabili o anziani sopra i sessant'anni, e prevede un approccio olistico per affrontare sia la vulnerabilità sociale che quella lavorativa. Ha sottolineato che la misura è stata estesa anche a categorie particolarmente vulnerabili, come le donne vittime di violenza, per favorirne il reinserimento sociale e lavorativo. Durante la conversione in legge del decreto, il Ministero ha ampliato il suo raggio d'azione per includere ulteriori situazioni di fragilità, come quelle legate alle dipendenze.
  Il Ministro ha poi illustrato l'utilizzo delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che finanzia una serie di progetti finalizzati a sostenere le famiglie e le comunità vulnerabili. Tra le iniziative, ha citato il programma Housing First, che fornisce assistenza abitativa temporanea, per un massimo di 24 mesi, a singoli, piccoli gruppi o famiglie in difficoltà estrema. Questo programma è strettamente collegato al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, che garantisce servizi essenziali come distribuzione di cibo e beni di prima necessità.
  Ha quindi parlato del sostegno agli operatori sociali, con particolare attenzione alla prevenzione del burnout, e delle misure per rafforzare i servizi domiciliari, in linea con la legge delega per gli anziani. Questi interventi prevedono équipe professionali e formazione specifica per migliorare la qualità dei servizi sociali e favorire la dimissione assistita degli anziani dagli ospedali. Calderone ha spiegato che un programma sperimentale per il sostegno agli anziani non autosufficienti prenderà il via nel 2025.
  Un altro punto affrontato è stato il contrasto alla dispersione scolastica, che ha raggiunto livelli preoccupanti, specialmente nelle periferie. Ha citato il caso di Catania, dove la mancanza di trasporti scolastici rende difficile l'accesso alle scuole superiori, con conseguenze drammatiche per i giovani, che rischiano di essere attratti dalla criminalità organizzata. Calderone ha sottolineato l'importanza di percorsi formativi professionalizzanti che offrano ai giovani opportunità concrete di lavoro, riducendo al contempo il fenomeno dell'abbandono scolastico.
  In questo contesto, il Ministro ha descritto il successo dei percorsi di formazione professionale (IeFP) e degli Istituti tecnologici superiori (ITS), che registrano tassi di inserimento lavorativo rispettivamente del 75 per cento e del 98 per cento. Ha evidenziato quindi come il sistema produttivo italiano, con i suoi distretti industriali, soffra di una carenza di professionalità specifiche, e come la formazione professionale possa colmare questa lacuna, favorendo anche il contrasto alla delocalizzazione delle imprese.
  Il Ministro Calderone ha, quindi, parlato delle iniziative per creare spazi di aggregazione per giovani e adolescenti, con progetti come gli Pag. 29spazi multifunzionali previsti dal Piano nazionale di inclusione 2021-2027. Questi spazi, finanziati con un avviso pubblico, promuovono il benessere sociale, l'autonomia e l'inclusione attraverso attività educative, sportive e ricreative. Ha citato anche un progetto in collaborazione con Sport e Salute Spa, che utilizza lo sport come strumento di inclusione sociale.
  Ha inoltre sottolineato l'importanza di un approccio sistemico, che integri le competenze istituzionali con quelle delle comunità locali, delle associazioni di categoria e degli enti del terzo settore. Questo approccio, ha affermato, è essenziale per affrontare in modo efficace le sfide sociali e garantire un futuro migliore per le fasce più vulnerabili della popolazione. Ha infine espresso la piena disponibilità del Ministero a collaborare con la Commissione per approfondire e coordinare ulteriormente le azioni, con l'obiettivo comune di migliorare le condizioni di vita nelle periferie italiane.

Alessandra Locatelli, Ministra per le disabilità

  La Ministra per le disabilità, Alessandra Locatelli, ha illustrato le strategie e iniziative del suo Ufficio per affrontare le problematiche legate alle disabilità nelle periferie italiane, con un focus sulla promozione dell'inclusione sociale e sulla valorizzazione delle persone più fragili. Le periferie rappresentino luoghi particolarmente penalizzanti per le persone con disabilità, poiché l'ambiente fisico e sociale spesso aggrava le difficoltà individuali. Questo approccio si allinea alla definizione di disabilità della Convenzione ONU, che pone al centro l'interazione negativa con l'ambiente circostante, piuttosto che la sola condizione individuale. La sua analisi evidenzia come, in queste aree marginalizzate, le barriere non siano solo fisiche, ma anche culturali e sociali, limitando fortemente l'accesso a una vita dignitosa e inclusiva.
  Uno dei pilastri dell'intervento ministeriale è il bando «Periferie inclusive», introdotto nella legge di bilancio 2023 e finanziato con 10 milioni di euro. Il progetto si rivolge alle dieci città italiane con più di 300.000 abitanti (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania), individuate come contesti emblematici per sperimentare strategie innovative di inclusione. La Ministra spiega che i fondi non sono stati distribuiti in modo diretto, ma attraverso un bando competitivo che richiede la collaborazione tra comuni, associazioni e il terzo settore. Questa scelta riflette l'intenzione di costruire risposte integrate e sostenibili, capaci di unire le risorse istituzionali alle competenze specifiche delle organizzazioni locali. I progetti selezionati mirano a creare percorsi virtuosi attraverso attività ricreative, sociali e formative, che consentano alle persone con disabilità di partecipare attivamente alla vita comunitaria. La Ministra sottolinea che il bando rappresenta una sperimentazione, ma che, qualora si dimostri efficace, potrebbe essere esteso ad altre città e a realtà più piccole con problematiche analoghe. Il monitoraggio dei progetti è affidato al Dipartimento competente, e le città avranno due anni per implementarli, con la possibilità di proroghe. Le cifre stanziate variano in base alla popolazione e alle esigenze delle singole città: Roma riceverà 1,9 milioni di euro, Milano 1,2 milioni, Napoli 1 milione, e così via. La Ministra considera queste risorse un'opportunità significativaPag. 30 per trasformare le periferie in spazi inclusivi, capaci di generare un «circolo virtuoso» di partecipazione tra istituzioni, cittadini e associazioni.
  Un altro intervento è stato pianificato per Caivano, un'area emblematica delle difficoltà delle periferie. Qui il Dipartimento ha stanziato 250.000 euro per sviluppare attività ricreative e sociali rivolte alle persone con disabilità, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. La Ministra sottolinea come, in contesti come questo, la disabilità sia spesso invisibile, con famiglie e individui lasciati a fronteggiare un isolamento drammatico e una mancanza cronica di servizi adeguati. Il progetto prevede il coinvolgimento diretto delle famiglie attraverso la Consulta per la disabilità, una rete locale creata per promuovere iniziative dal basso, come le Giornate Verdi, che hanno già ottenuto un riscontro positivo. La Ministra esprime l'auspicio che l'esperienza di Caivano possa diventare un modello replicabile in altre aree del Paese.
  La questione delle barriere architettoniche viene affrontata in modo critico. La Ministra lamenta che, nonostante la legge sui Piani di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) sia in vigore dagli anni '80, solo il 5-8 per cento dei comuni italiani si è dotato di tali piani. Questo dato riflette una mancanza di priorità politica e di visione strategica. Annuncia, quindi, la creazione di un tavolo tecnico per aggiornare la normativa, sottolineando l'importanza di progettare spazi pubblici accessibili non solo per i cittadini, ma anche per i lavoratori con disabilità. L'accessibilità non riguarda solo le barriere fisiche, ma include anche quelle sensoriali e comunicative. Ad esempio, per le persone sorde, la Ministra evidenzia l'importanza di strumenti come le applicazioni per l'interpretariato in tempo reale, che facilitano l'accesso ai servizi pubblici. Questi strumenti sono stati rifinanziati attraverso il Fondo ipoacusia.
  Un altro tema affrontato è stato quello dell'integrazione scolastica. La Ministra si oppone con fermezza a proposte come la creazione di classi separate per studenti con disabilità, definendole contrarie ai principi di coesione e integrazione sanciti dalla legislazione italiana. Riconosce, tuttavia, la necessità di riformare il sistema educativo per garantire che tutti gli insegnanti siano adeguatamente formati e responsabili dell'inclusione di tutti gli studenti.
  Sul fronte lavorativo, si registra ancora la resistenza di alcune aziende ad assumere persone con disabilità, preferendo pagare sanzioni piuttosto che adeguarsi alle normative. Invita a un cambiamento culturale, in cui il lavoro sia riconosciuto come un diritto fondamentale per la dignità personale e sociale.
  Uno degli aspetti più innovativi del lavoro del suo Dipartimento è la riforma della disabilità, che introduce il concetto di «progetto di vita». Questo approccio mira a porre la persona al centro del sistema di servizi, superando l'attuale frammentazione tra sanità, assistenza sociale e altre istituzioni. La riforma è vista come un «cambiamento epocale» e sarà implementata inizialmente in nove province italiane a partire dal 2025, con l'obiettivo di estendere progressivamente questo modello in tutto il Paese.

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Eugenia Maria Roccella, Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità

  L'intervento della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Maria Roccella si sviluppa come una riflessione sulle interconnessioni tra il degrado urbano e sociale, le dinamiche demografiche, il ruolo delle famiglie e delle politiche educative, nonché sulle modalità di intervento per contrastare tali fenomeni. In primo luogo, la Ministra ha sottolineato l'importanza della sussidiarietà come principio guida nell'azione politica e amministrativa, evidenziando come questo approccio rappresenti una modalità equilibrata di presenza dello Stato nelle comunità, specialmente quelle più fragili. La sussidiarietà non deve degenerare né in un dirigismo eccessivo, che soffocherebbe le iniziative locali, né in un assistenzialismo passivo, che lascerebbe le persone in uno stato di dipendenza cronica. L'obiettivo, ha spiegato, è creare contesti che favoriscano la vitalità delle comunità, sostenendo le persone nel promuovere le proprie capacità e la propria libertà.
  La Ministra ha insistito sul legame profondo tra il degrado delle periferie e i problemi demografici, con particolare attenzione alla denatalità, che genera effetti tangibili sul tessuto sociale ed economico. Mentre, in passato, si temeva il sovrappopolamento delle città, oggi ci si confronta con un fenomeno opposto: lo spopolamento, che in Italia e in Europa ha assunto caratteri preoccupanti. La Ministra ha evidenziato come la rarefazione demografica incida non solo sulla disponibilità di lavoratori e consumatori, ma anche sulla perdita di reti di solidarietà familiari e sulla capacità delle comunità di innovare e affrontare nuove sfide. La solitudine, fenomeno correlato alla denatalità, è un tema emergente di rilevanza globale, che già ha portato alcuni paesi, come la Gran Bretagna, a istituire specifici ministeri per affrontarla.
  Il degrado, secondo la Ministra Roccella, non si limita a questioni materiali, ma include anche aspetti immateriali, come la perdita di relazioni sociali e culturali. In Italia, lo spopolamento ha conseguenze particolarmente gravi per via della densità del patrimonio culturale, architettonico e ambientale. L'abbandono dei centri storici e delle aree interne non solo comporta una perdita culturale, ma crea rischi ambientali legati all'incuria e alla mancata manutenzione del territorio, con possibili conseguenze su frane, incendi e altre calamità.
  Un focus dell'intervento ha riguardato i programmi di riqualificazione urbana, nati con il Piano Nazionale del 2015. Questo piano, concepito per affrontare il degrado sociale e migliorare la qualità del decoro urbano, ha subito numerosi ritardi e riduzioni di budget nelle precedenti legislature. Tuttavia, la Ministra ha riportato risultati recenti significativi, tra cui la riattivazione di risorse finanziarie per completare progetti rimasti in sospeso, con un impegno complessivo di 368 milioni di euro. Ha, inoltre, sottolineato le difficoltà legate all'attuazione di questi progetti, aggravate da eventi straordinari come la pandemia e il rincaro dei costi energetici e delle materie prime.
  Un esempio emblematico è il decreto Caivano, descritto dalla Ministra come un modello per interventi futuri in aree caratterizzate da grave degrado urbano e sociale. Il decreto include misure innovative, come il parental control, che consente ai genitori di filtrare contenuti Pag. 32digitali inappropriati e limitare il tempo di utilizzo dei dispositivi elettronici da parte dei minori. Questo strumento, apparentemente marginale, è in realtà fondamentale per proteggere i bambini e gli adolescenti, specialmente in contesti di disagio, dalla sovraesposizione a contenuti dannosi, come quelli pornografici, il cui primo accesso, ha sottolineato, avviene oggi in media all'età di 6-7 anni. Il parental control si affianca a campagne informative sull'uso consapevole della rete, progettate per responsabilizzare le famiglie e contrastare i rischi educativi associati al digitale.
  Un altro punto dell'intervento ha riguardato i Centri per la famiglia, considerati dalla Ministra come uno strumento chiave per il supporto alle famiglie vulnerabili. Attualmente distribuiti in modo disomogeneo sul territorio italiano, questi centri svolgono funzioni che spaziano dalla consulenza educativa alla prevenzione della povertà e alla promozione dell'alfabetizzazione digitale. La Ministra ha annunciato un piano per potenziare e ampliare la rete di questi centri, trasformandoli in punti di riferimento capillari per le famiglie e dotandoli di competenze più definite. Questi centri, secondo la Ministra Roccella, dovrebbero diventare una sorta di «CAF della famiglia», fornendo informazioni sui diritti e sui servizi disponibili, oltre a offrire supporto concreto nelle aree più disagiate.
  La Ministra ha anche affrontato il tema della violenza di genere, sottolineando come questa sia aggravata in contesti di degrado sociale. Ha ricordato le iniziative del Governo per contrastare il fenomeno, tra cui l'incremento dei fondi antiviolenza, la diffusione del numero telefonico antiviolenza e antistalking 1522 e il reddito di libertà per donne in difficoltà economica. Particolare attenzione è stata posta sulle misure di prevenzione, come l'uso di strumenti tecnologici per monitorare e limitare i comportamenti violenti, e sulla necessità di coordinare le istituzioni coinvolte, dalle forze dell'ordine ai servizi sanitari.
  In merito al fenomeno della ludopatia e delle scommesse online, la Ministra ha riconosciuto la crescente rilevanza di questi problemi, specialmente tra i giovani, e ha auspicato un maggiore coordinamento tra i vari ministeri competenti per sviluppare interventi efficaci. Ha anche proposto che i Centri per la famiglia possano diventare un punto di riferimento per campagne informative e di prevenzione in questo ambito.
  Infine, la Ministra Roccella ha ribadito che l'azione del suo Ufficio si fonda sulla convinzione che il degrado sociale ed economico possa essere affrontato solo con una visione integrata e a lungo termine. Questo richiede il coinvolgimento delle famiglie, delle comunità e delle istituzioni locali, promuovendo pari opportunità non solo per le donne, ma anche per i bambini e i giovani, che rappresentano il futuro del Paese.

Alessandro Giuli, Ministro della cultura

  Il Ministro della Cultura Alessandro Giuli ha illustrato il lavoro del suo dicastero in relazione al tema della rigenerazione culturale delle periferie e delle aree interne, sottolineando più volte il valore simbolico, sociale e civile della cultura come strumento di inclusione, coesione e rinascita. Giuli ha esordito ricordando la centralità delle periferie nella Pag. 33sua visione politica e culturale, ispirandosi idealmente alla figura dell'architetto Paolo Portoghesi, al quale ha attribuito una visione multicentrica della città, capace di valorizzare la connessione tra centro e margini attraverso il rispetto del paesaggio, delle stratificazioni storiche e del «genius loci».
  Il ministro ha quindi illustrato il senso e le direttrici del cosiddetto «Piano Olivetti per la cultura», introdotto con il decreto-legge n. 201 del 2024 (cd. Decreto cultura). Questo piano, che si configura come un'azione interministeriale, aperta al contributo del Parlamento e delle realtà territoriali, si ispira alla visione comunitaria e umanistica di Adriano Olivetti, ponendo la cultura al centro di un'azione pubblica orientata alla rigenerazione delle periferie, delle aree svantaggiate e dei piccoli centri. Il piano si prefigge di favorire la cultura come bene comune accessibile, rafforzare le biblioteche come presìdi civici e promuovere la filiera editoriale anche in contesti minori, con particolare attenzione alle generazioni più giovani e alle realtà imprenditoriali under 35. Giuli ha evidenziato, in particolare, che il suo ministero, in tempi molto rapidi, ha già stanziato 34 milioni di euro per sostenere le biblioteche e l'editoria, di cui 30 milioni destinati all'acquisto di libri, 3 milioni all'apertura di biblioteche da parte di giovani imprenditori culturali e un milione alla vendita di libri nei piccoli centri abitati.
  Particolare enfasi è stata posta sul ruolo delle biblioteche come luoghi vivi di aggregazione e alfabetizzazione mediatica, capaci di contrastare la disinformazione e di offrire ai cittadini strumenti critici e consapevolezza culturale. Per questo motivo Giuli ha parlato della necessità di mappare ciò che ha definito la «siccità culturale» del Paese, cioè le aree in cui l'accesso alla cultura è più fragile, discontinuo o assente. Ha insistito, inoltre, sul concetto di biblioteca «di nuova generazione», che non deve limitarsi a conservare libri ma diventare un vero centro culturale polifunzionale, capace di attivare laboratori, gruppi di studio, spazi di teatro e arte. Assai importante è, poi, la valorizzazione dell'editoria locale, delle tradizioni e della storia dei territori, per rafforzare l'identità e il senso di appartenenza, in modo particolare tra i più giovani.
  Giuli ha poi parlato diffusamente del «modello Caivano», presentandolo come un esempio emblematico di riscatto e di intervento civile in un contesto segnato dall'abbandono, dall'illegalità e dalla sfiducia. A tale proposito ha ricordato la posa della prima pietra del nuovo polo culturale, sorto sulle ceneri del vecchio Auditorium Caivano Arte, e il progetto del Piccolo Coro di Caivano, sostenuto anche dal Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, che ha coinvolto bambini e bambine in un percorso educativo e musicale significativo. Per Giuli, l'elemento più importante di questo intervento è nel metodo e nel suo valore simbolico: la sinergia tra istituzioni, la riconquista, da parte dei cittadini, di spazi pubblici un tempo sottratti allo Stato e ora restituiti alla creatività, alla condivisione e alla legalità. Più che un punto d'arrivo, pertanto, il modello Caivano va visto come un punto di partenza, un segnale di inversione di tendenza che il Governo intende estendere ad altre aree.
  Il Ministro ha altresì annunciato un impegno sul fronte dello spettacolo dal vivo nelle periferie, con uno stanziamento di oltre 10 milioni di euro destinati ai comuni capoluogo delle città metropolitane Pag. 34per progetti selezionati tramite bando, con obiettivi di inclusione culturale e riequilibrio territoriale. Altri due strumenti, il bando «Laboratorio di creatività contemporanea» (finanziato con oltre 2,5 milioni di euro) e il progetto «Il museo rigenera» (finanziato con 860 mila euro), sono anch'essi finalizzati a promuovere la rigenerazione urbana attraverso la cultura. A tutto ciò si aggiunge il più ampio «Programma nazionale cultura», che dispone di 176 milioni di euro per sostenere iniziative culturali, tra cui il progetto «Periferie e cultura».
  Il ministro ha affrontato anche la questione dell'accessibilità culturale per le persone con disabilità, tema a lui caro fin dai tempi della presidenza del MAXXI, ricordando che i lavori finanziati con 300 milioni del PNRR stanno migliorando concretamente la fruibilità dei luoghi della cultura. A suo giudizio, il concetto di «periferia» deve essere superato, poiché non riguarda solo la geografia urbana ma è anche una condizione esistenziale, legata all'esclusione e alla marginalità. La cultura, ha ribadito, può e deve diventare un punto di riconnessione tra lo Stato e il territorio.
  Giuli ha poi toccato il tema del possibile «servizio civile culturale», indicandolo come una prospettiva interessante per rafforzare la presenza nei territori di figure formate in grado di promuovere lettura, arte e cittadinanza culturale, ma sottolineando che deve evitare forme di dumping sociale e garantire percorsi qualificanti. Ha infine accennato al progetto di diplomazia culturale che coinvolge il Mezzogiorno come ponte verso il Mediterraneo e ha auspicato che le città italiane si trasformino in città multicentriche, superando la contrapposizione tra centro e margine, e riscoprendo ogni quartiere come centro di sé stesso, anche attraverso percorsi condivisi di rigenerazione culturale e paesaggistica.
  A conclusione dell'audizione il ministro Giuli ha rilanciato l'idea degli Stati Generali della Rigenerazione Urbana previsti per la fine del 2025, invitando la Commissione a parteciparvi attivamente, con spirito di collaborazione e concretezza.

2.1.2 ALTRE AUDIZIONI ISTITUZIONALI

Vincenzo Nicolì, Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

  L'intervento di Vincenzo Nicolì, direttore del Servizio controllo del territorio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, fornisce un'analisi sulle dinamiche della sicurezza urbana, concentrandosi in particolare sulle aree definite come periferie sociali o ad alta densità criminale.
  Il dott. Nicolì parte descrivendo il funzionamento del Servizio da lui diretto, che coordina circa 20.000 operatori tra reparti volanti e reparti prevenzione crimine, sottolineandone il ruolo cruciale nel sistema integrato di sicurezza. Questo modello, unico a livello internazionale, consente la raccolta e la trasmissione immediata di informazioni, anche banali, a tutti i livelli delle strutture investigative e di intelligence, permettendo un'efficace risposta alle minacce criminali.
  Inoltre il dott. Nicolì illustra il cambiamento delle minacce criminali nel tempo: dagli anni Novanta, caratterizzati da reati violenti e da Pag. 35organizzazioni criminali fortemente strutturate, si è passati a uno scenario in cui la grande criminalità si è spostata verso il web e le operazioni finanziarie, lasciando sul territorio una microcriminalità diffusa e frammentata. Questa evoluzione ha modificato le strategie di controllo del territorio, che oggi richiedono un'attenta valutazione dei comportamenti sospetti piuttosto che la semplice risposta ai crimini visibili.
  Nel descrivere l'azione della Polizia di Stato, Nicolì enfatizza l'importanza delle tecnologie avanzate, come le telecamere integrate nelle volanti e i tablet collegati alle banche dati, strumenti che migliorano l'efficienza degli agenti sul campo. Questi dispositivi non solo semplificano le operazioni quotidiane, ma consentono un controllo più rapido e approfondito delle persone e dei veicoli, aumentando il numero di soggetti identificati e controllati. Inoltre, la presenza di reparti prevenzione crimine iperspecializzati, dotati di tecnologie avanzate e formati per gestire situazioni straordinarie, è essenziale per affrontare operazioni complesse in aree critiche come Caivano, Tor Bella Monaca e Ostia.
  Un tema centrale della relazione è l'importanza del bilanciamento tra sicurezza e libertà dei cittadini. Nicolì sottolinea come il controllo del territorio non possa essere invasivo al punto da bloccare intere città, ma debba piuttosto puntare su tecniche raffinate di osservazione e selezione dei sospetti. A questo si affianca un approccio alla sicurezza che va oltre la dimensione operativa, considerando anche la riqualificazione sociale e urbana delle aree periferiche. Tali zone, spesso prive di servizi essenziali come trasporti, scuole e spazi ricreativi, diventano terreno fertile per la criminalità, alimentando un circolo vizioso che solo un'azione integrata può spezzare.
  Nicolì insiste sull'importanza del rapporto diretto tra operatori di polizia e cittadini. Il concetto di polizia di prossimità, che un tempo era confinato a poche figure specializzate, oggi è parte integrante della formazione di base di tutti gli agenti. L'obiettivo è rendere ogni poliziotto in grado di interagire con il territorio e i suoi abitanti, abbandonando l'idea di una polizia distaccata e inaccessibile.
  Un altro aspetto evidenziato riguarda l'uso della tecnologia per avvicinare i cittadini alle Forze dell'ordine. Nicolì menziona l'applicazione Youpol, che consente di inviare segnalazioni anonime direttamente alle sale operative, allegando foto, video e localizzazioni. Questa iniziativa, definita di prossimità digitale, ha riscosso un crescente successo, dimostrando come la tecnologia possa rafforzare il rapporto tra popolazione e istituzioni.
  Nel trattare le problematiche delle periferie, Nicolì evita la semplice definizione geografica, preferendo descriverle come aree ad alta densità criminale. Queste zone, caratterizzate da una concentrazione di attività illegali e da una mancanza di infrastrutture adeguate, rappresentano una sfida complessa. Sebbene Nicolì affermi con sicurezza che non esistano luoghi inaccessibili per le Forze di polizia, riconosce che gli interventi devono essere pianificati con attenzione per garantire la sicurezza degli operatori e l'efficacia delle operazioni.
  Particolare rilievo viene dato alle operazioni ad alto impatto, che combinano interventi visibili sul territorio con attività investigative più discrete. Queste operazioni, preparate in collaborazione con l'autorità Pag. 36giudiziaria, servono a colpire rapidamente situazioni di illegalità diffusa e a raccogliere informazioni preziose per ulteriori indagini. Nicolì sottolinea come tali interventi non siano soluzioni definitive, ma strumenti efficaci per interrompere dinamiche criminali consolidate e restituire un senso di presenza dello Stato ai cittadini.
  Un punto critico affrontato riguarda l'occupazione abusiva di immobili e il ruolo delle autorità locali. Nicolì evidenzia che, sebbene le Forze di polizia siano tecnicamente in grado di sgomberare gli edifici occupati, il problema principale è la gestione successiva di queste persone, che spesso tornano a occupare altri spazi. Questo fenomeno, insieme alla svalutazione immobiliare delle zone colpite, richiede interventi strutturali e una visione strategica a lungo termine.
  Sul fronte della prevenzione, il dott. Nicolì elogia l'adozione del taser, che si è dimostrato uno strumento efficace sia per proteggere gli agenti sia per evitare escalation violente. L'arma ha un forte effetto deterrente (basta, di solito, la semplice estrazione per dissuadere la parte contrapposta agli agenti di polizia), riducendo il rischio di situazioni pericolose per entrambe le parti coinvolte.

Arturo Guarino, Comando generale dell'Arma dei carabinieri

  Il generale dei Carabinieri Arturo Guarino, capo del II Reparto impiego delle forze del Comando generale dell'Arma dei carabinieri, nel corso della sua audizione ha fornito una relazione articolata sul ruolo dell'Arma dei Carabinieri nel garantire la sicurezza pubblica, con un focus particolare sulle periferie urbane, contesti spesso caratterizzati da problematiche complesse e trasversali.
  Il generale Guarino ha introdotto il quadro generale dell'Arma, sottolineando il suo ruolo di forza armata e di polizia a competenza generale, con una duplice dipendenza: operativa dal Ministero dell'Interno e militare dal Ministero della Difesa. L'Arma, composta da una struttura altamente articolata, è impegnata non solo in compiti di sicurezza pubblica sul territorio nazionale, ma anche in missioni militari e di mantenimento della pace a livello internazionale. Una delle sue caratteristiche distintive è l'organizzazione territoriale, che rappresenta il cuore della sua operatività, con oltre 4.500 stazioni distribuite capillarmente sul territorio, e che costituisce il fulcro delle attività di prevenzione e repressione della criminalità.
  La relazione si è concentrata sulle periferie, definite come luoghi dove la vita delle comunità è resa difficile da molteplici fattori, quali la mancanza di servizi pubblici adeguati, l'assenza di spazi di socialità, problemi di pianificazione urbanistica, elevata disoccupazione e la presenza di nuclei familiari in condizioni di disagio economico e sociale. In questi contesti, la criminalità trova terreno fertile, alimentata anche dalla diffusione del mercato degli stupefacenti. Guarino ha descritto come lo spaccio rappresenti una delle problematiche più radicate nelle periferie italiane, citando fenomeni come le «piazze di spaccio» di Secondigliano, a Napoli, o il servizio di consegna a domicilio per i clienti benestanti, che rendono il traffico di droga un fenomeno pervasivo e ben organizzato. La droga non solo finanzia le organizzazioni criminali, ma crea anche un pericoloso modello culturale per i giovani, attratti dal guadagno facile.Pag. 37
  Un altro elemento di criticità riguarda il tessuto sociale delle periferie, che spesso include una forte componente multietnica, con problemi di convivenza tra le diverse componenti, che finiscono per alimentare paure e contrasti, spesso irrazionali, e per questo difficili da governare. Sebbene le periferie italiane non abbiano ancora manifestato forme di protesta di massa simili a quelle delle banlieue francesi, Guarino avverte che la combinazione di immigrazione, precarietà economica e tensioni sociali potrebbe, in futuro, creare situazioni di maggiore conflittualità. Questo è particolarmente rilevante nel contesto delle occupazioni abusive di edifici e dei fenomeni di degrado urbano, che alimentano una percezione di insicurezza diffusa tra i residenti.
  Il generale ha illustrato come l'Arma affronti tali problematiche attraverso un modello di intervento basato su una duplice strategia: da un lato, il controllo capillare del territorio attraverso pattugliamenti, indagini e servizi di pronto intervento; dall'altro, iniziative volte a rafforzare il senso di comunità e a promuovere valori di legalità e coesione sociale. A titolo di esempio, Guarino ha citato progetti educativi e sportivi portati avanti in collaborazione con associazioni e istituzioni locali. A Palermo, nella stazione dei Carabinieri di San Filippo Neri, situata nel cuore del quartiere Zen, vengono organizzati laboratori didattici per bambini e corsi sportivi per i giovani. Analogamente, a Caivano, sono stati avviati corsi di pugilato per trasmettere regole e disciplina, offrendo ai ragazzi un'alternativa alla strada. Questi interventi sono progettati per dimostrare che l'Arma non è solo un presidio di ordine pubblico, ma anche un interlocutore attivo e integrato nelle comunità locali.
  Un altro tema centrale della relazione è stato il contrasto al terrorismo e alla radicalizzazione. Guarino ha spiegato che, sebbene non ci siano segnali significativi di focolai estremisti nelle periferie italiane, l'Arma mantiene alta l'attenzione, collaborando con altre forze di polizia e con istituzioni locali per monitorare possibili segnali di rischio. Ha inoltre sottolineato l'importanza di costruire relazioni di fiducia con le comunità musulmane presenti in Italia, spesso le prime a temere conseguenze discriminatorie in seguito a eventi di terrorismo internazionale.
  L'Arma dedica un'attenzione particolare anche al fenomeno della violenza di genere, che colpisce spesso le fasce più vulnerabili della popolazione, soprattutto nelle periferie. Guarino ha illustrato le iniziative messe in campo per contrastare questo tipo di violenza, come la creazione di spazi protetti per l'ascolto delle vittime nelle caserme, in collaborazione con associazioni come Soroptimist International, e il potenziamento delle competenze del personale attraverso programmi di formazione specifici. Ha inoltre accennato al progetto «Mobile Angel», che prevede la distribuzione di dispositivi di allarme da polso per le vittime di violenza, sperimentato con successo in alcune città.
  Sul fronte operativo, il generale Guarino ha descritto il ruolo cruciale delle stazioni territoriali, che rappresentano spesso l'unico presidio di sicurezza in molti comuni italiani. Questi presidi sono integrati da unità specializzate, come i nuclei per la tutela ambientale e i reparti investigativi. L'Arma ha anche investito nella digitalizzazione delle attività di pattugliamento, dotando le pattuglie di tablet per Pag. 38l'accesso immediato alle banche dati e migliorando così la rapidità e l'efficacia degli interventi.

Michele Talia, Istituto nazionale di urbanistica

  Il presidente dell'Istituto nazionale di urbanistica (INU) Michele Talia, durante l'audizione in Commissione ha delineato un quadro sulle sfide e sulle opportunità legate alla rigenerazione urbana e al governo del territorio. L'INU, fondato nel 1930 come istituto di diritto pubblico, ha una missione che si è evoluta dalla pianificazione urbanistica alla gestione complessiva del territorio, coinvolgendo professionisti, accademici e amministrazioni pubbliche. Il contributo dell'Istituto si manifesta anche attraverso pubblicazioni periodiche, come le riviste «Urbanistica» e «Urbanistica Informazioni», e l'elaborazione di rapporti annuali sul territorio.
  Il presidente Talia ha quindi ricordato il lavoro di predisposizione di una proposta di legge sul governo del territorio promossa dall'INU, che mira a colmare un vuoto normativo esistente da oltre vent'anni, con un approccio multidimensionale che integri urbanistica, ambiente, mobilità, paesaggio ed economia. Tale proposta è stata concepita per affrontare problemi complessi come il consumo di suolo, il cambiamento climatico e la transizione energetica, con particolare attenzione alle aree marginali e periferiche.
  In relazione alle periferie, queste sono state definite, nel corso dell'audizione, non solo come aree geografiche, ma come luoghi di fragilità sociale, economica e ambientale. Secondo dati Istat, il 62 per cento della popolazione dei 14 comuni metropolitani vive in periferia, con un ulteriore 15 per cento in aree intermedie, rappresentando complessivamente oltre 7 milioni di abitanti. Talia ha evidenziato che le periferie italiane soffrono di scarsa accessibilità ai servizi essenziali, degrado abitativo e sociale, e isolamento culturale. Tuttavia, ha anche sottolineato che queste condizioni non sono irreversibili: interventi mirati e investimenti pubblici possono trasformare le periferie in luoghi vitali e integrati nel tessuto urbano.
  La proposta dell'INU punta sulla rigenerazione urbana come leva strategica per migliorare la qualità della vita e affrontare sfide globali. Un elemento innovativo è la revisione degli standard urbanistici, che dovrebbero includere non solo parametri quantitativi, ma anche criteri qualitativi, per garantire prestazioni urbane adeguate. L'INU propone, inoltre, un Piano Nazionale della Casa, che risponda al crescente disagio abitativo, specialmente nelle grandi città come Milano, dove l'accesso a prezzi sostenibili per abitazioni è una delle principali criticità. Il piano prevede il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico, il sostegno all'edilizia residenziale sociale e la valorizzazione degli alloggi privati inutilizzati, combinando politiche urbanistiche e fiscali per incentivare il loro uso.
  Si propone poi il recupero delle proprietà demaniali dismesse, spesso collocate in posizioni strategiche, e il loro riutilizzo per scopi abitativi o sociali. L'INU ritiene che questo patrimonio inutilizzato rappresenti una risorsa chiave per affrontare il problema abitativo, soprattutto in un'ottica di rigenerazione sostenibile.
  Il professor Talia ha anche introdotto il concetto di «città dei quindici minuti», un modello urbanistico che punta a ridurre la Pag. 39dipendenza dalle aree centrali, promuovendo servizi e infrastrutture a livello locale per rafforzare l'identità territoriale e migliorare l'equilibrio insediativo. Questo approccio mira a superare la frammentazione urbana e a rispondere alle esigenze quotidiane dei cittadini senza lunghi spostamenti, migliorando così la qualità della vita.
  Il presidente dell'INU ha affrontato il tema del consumo di suolo, sottolineando l'importanza di ridurre l'espansione urbana incontrollata e promuovere il riutilizzo di aree già edificate. Questo obiettivo si lega a un altro aspetto: la necessità di strumenti legislativi che incentivino interventi di rigenerazione urbana, anche attraverso incentivi fiscali e bandi competitivi che coinvolgano soggetti pubblici e privati. Talia ha citato esperienze virtuose come il «Bando Periferie» e il programma PINQuA (Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare), pur riconoscendo i limiti di questi strumenti, che spesso si concentrano su interventi edilizi senza considerare adeguatamente gli aspetti sociali e multidimensionali.
  Un altro punto critico emerso è l'insufficienza di personale qualificato nella pubblica amministrazione. Talia ha sottolineato l'importanza di investire nella formazione di una nuova generazione di tecnici e amministratori, in grado di affrontare le sfide della pianificazione e della rigenerazione urbana. Ha inoltre evidenziato la necessità di rafforzare il ruolo dello Stato nella raccolta e nella gestione delle conoscenze territoriali, per monitorare le politiche pubbliche e valutarne l'efficacia.
  Infine, il professor Talia ha richiamato il concetto di «capacitazione» elaborato dall'economista e filosofo indiano Amartya Sen, sottolineando l'importanza di coinvolgere attivamente i cittadini nei processi decisionali.

Sandro Cruciani e Saverio Gazzelloni, ISTAT

  I rappresentanti dell'ISTAT sono stati auditi due volte dalla Commissione, il 9 gennaio 2024 e il 26 giugno 2024.
  Durante l'audizione del 9 gennaio 2024, i rappresentanti dell'ISTAT, Sandro Cruciani e Saverio Gazzelloni, hanno delineato con grande precisione l'approccio innovativo adottato dall'Istituto per analizzare le condizioni delle città italiane, in particolare delle periferie urbane. Hanno illustrato le metodologie, i dati disponibili e le prospettive future, evidenziando come il lavoro statistico possa supportare decisioni politiche più informate e mirate.
  Sandro Cruciani, direttore della Direzione centrale per le statistiche ambientali e territoriali, ha introdotto il registro statistico di base dei luoghi, un progetto complesso che integra dati amministrativi, geografici e di altre fonti, permettendo di associare a ogni entità analizzata (individui, famiglie, imprese, unità locali) una coppia di coordinate geografiche. Questo registro, che rappresenta una delle innovazioni tecniche più significative degli ultimi anni, consente un'analisi precisa delle caratteristiche territoriali. Per esempio, grazie alla suddivisione del territorio nazionale in circa 800.000 piccole porzioni geografiche, l'ISTAT ha creato una base informativa estremamente dettagliata, seconda solo al catasto per granularità. Ogni porzione è classificata in base alla copertura del suolo, con indicazioni sull'edificato,Pag. 40 le aree verdi, i terreni agricoli e le foreste, offrendo una mappatura dettagliata utile per analizzare la marginalità o il degrado urbano.
  Uno degli obiettivi centrali del progetto è di rendere possibile la riaggregazione delle informazioni per zone subcomunali, come le zone toponomastiche di Roma o i nuclei di identità locale di Milano, e di produrre analisi specifiche per città metropolitane e comuni con più di 100.000 abitanti.
  Saverio Gazzelloni, direttore della Direzione centrale delle statistiche demografiche e del censimento della popolazione, ha poi illustrato come il censimento permanente abbia rivoluzionato la raccolta dei dati demografici in Italia. Dal 2018, il censimento non è più decennale ma annuale, consentendo un aggiornamento continuo degli indicatori e una maggiore tempestività nella rilevazione dei fenomeni. Ha spiegato che questa nuova metodologia unisce due grandi blocchi operativi: uno basato su campioni rappresentativi a livello provinciale e uno che sfrutta fonti amministrative, come i dati dei comuni, dell'INPS, dell'INAIL, del catasto e dell'ACI, per integrare e arricchire il registro statistico base degli individui. Questo registro consente di mappare dettagliatamente la popolazione italiana, raccogliendo dati su sesso, età, stato civile, cittadinanza, livello di istruzione, condizione professionale e caratteristiche abitative.
  Un risultato significativo di questo approccio è la possibilità di distinguere la popolazione per background migratorio, andando oltre il semplice concetto di cittadinanza. Ciò consente, per esempio, di analizzare le situazioni di oltre un milione di persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana, considerando le loro dinamiche sociali e familiari in modo più accurato. È stato sottolineato come queste informazioni siano cruciali per comprendere i modelli di insediamento delle comunità migranti nelle città italiane, offrendo dati dettagliati su tipologie familiari e concentrazioni specifiche in diverse aree urbane.
  L'ISTAT ha anche sviluppato l'indice di fragilità comunale, che combina dimensioni territoriali, ambientali, socio-demografiche ed economiche per identificare i comuni più vulnerabili. Sebbene attualmente disponibile solo a livello comunale, Cruciani e Gazzelloni hanno evidenziato l'impegno per adattarlo a livelli subcomunali, come le sezioni di censimento, in modo da fornire uno strumento più utile per analizzare le periferie urbane. Parallelamente, hanno presentato il lavoro sull'indice comunale di accessibilità alle infrastrutture di trasporto, che misura il tempo necessario per raggiungere strutture chiave come autostrade, stazioni ferroviarie, porti e aeroporti. Questo indicatore, rilasciato nel dicembre 2023, potrebbe essere ulteriormente raffinato per analizzare l'accessibilità a livello subcomunale, evidenziando come le infrastrutture influenzino il benessere economico e sociale delle periferie.
  Il dott. Cruciani ha annunciato che entro il 2024 l'ISTAT prevedeva di integrare i dati del registro delle attività economiche con quelli dei registri dei luoghi e degli individui.
  Entrambi i relatori hanno sottolineato che la produzione di indicatori, che sarebbe stata presentata alla Commissione, avrebbe rappresentato uno strumento chiave per comprendere il degrado urbano e le sue molteplici dimensioni. Hanno tuttavia avvertito che, a causa Pag. 41della complessità delle integrazioni, alcuni dati potrebbero essere sfasati temporalmente. In prima battuta, sarà fornita una lista di indicatori piuttosto che un indicatore sintetico, in quanto la creazione di quest'ultimo richiede tempi più lunghi per l'analisi concettuale e metodologica.
  Nella seduta del 26 giugno 2024, la Commissione ha ospitato quali rappresentanti dell'ISTAT, il presidente Francesco Maria Chelli, il direttore per le statistiche ambientali e territoriali Sandro Cruciani e il direttore per le statistiche demografiche e del censimento della popolazione Saverio Gazzelloni, che hanno presentato un aggiornamento del lavoro già avviato durante la precedente audizione del 9 gennaio 2024. Il focus dell'incontro è stato un progetto esteso e dettagliato volto a mappare e analizzare le condizioni socio-demografiche e territoriali delle 14 città metropolitane italiane. Obiettivo centrale del lavoro è fornire strumenti conoscitivi utili per individuare criticità, comprendere il degrado urbano e supportare le politiche di gestione delle periferie.
  Il professor Chelli ha aperto l'audizione ricordando che, rispetto al lavoro del 2017, questa nuova analisi beneficia di un'evoluzione metodologica significativa, resa possibile dal censimento permanente della popolazione del 2021 e dall'integrazione di fonti amministrative. Questa combinazione di dati consente di aggiornare e ampliare gli indicatori utilizzati in passato, migliorandone la precisione e la replicabilità. La metodologia è basata sulla geocodifica delle unità statistiche, un approccio che permette di localizzare famiglie, imprese, strutture e altri soggetti sul territorio, con possibilità di aggregazione flessibile a diversi livelli amministrativi o funzionali.
  Il dott. Cruciani ha approfondito gli aspetti metodologici, spiegando come i censimenti decennali tradizionali siano stati sostituiti da un sistema permanente, basato su un campione di famiglie e sull'uso di archivi amministrativi, come le liste anagrafiche comunali, i dati INPS, INAIL e del Ministero dell'istruzione e del merito. Un elemento chiave è il Registro statistico di base dei luoghi, che consente di associare una coordinata geografica precisa a ogni unità statistica, utilizzando indirizzi con numero civico e dati catastali. Grazie a questo sistema, l'ISTAT è in grado di aggregare informazioni secondo vari criteri, come aree sub-comunali, sezioni di censimento, o partizioni urbanistiche specifiche. Questo approccio ha permesso di analizzare 708 partizioni amministrative, corrispondenti a 73.000 sezioni di censimento nelle 14 città metropolitane, pari al 10 per cento delle sezioni di censimento totali in Italia.
  Il lavoro ha prodotto 26 indicatori organizzati in sette aree tematiche, tra cui istruzione, vulnerabilità socioeconomica, accessibilità ai servizi e condizioni demografiche. Cruciani ha evidenziato la possibilità di integrare questi indicatori con dati futuri e di adattarli a specifiche necessità di analisi. Ad esempio, i dati possono essere utilizzati per approfondire temi come l'abbandono scolastico, l'accessibilità alle strutture sanitarie, culturali e sportive, o per stimare il valore medio degli immobili. Una delle innovazioni metodologiche più rilevanti è la capacità di replicare e aggiornare queste analisi con maggiore frequenza rispetto al passato, garantendo dati sempre attuali per le politiche pubbliche.Pag. 42
  Il dott. Saverio Gazzelloni ha illustrato i risultati attraverso una serie di cartogrammi relativi a città come Milano, Roma, Napoli e Palermo, sottolineando le differenze territoriali emerse. A Milano, per esempio, le periferie mostrano criticità significative: aree come Triulzo Superiore e Gratosoglio presentano elevati tassi di giovani che non studiano né lavorano (NEET), basse percentuali di proprietà abitativa e una forte incidenza di famiglie senza reddito o pensioni. A Roma, invece, zone come Torre Angela e Borghesiana concentrano popolazioni economicamente e socialmente vulnerabili, mentre il centro storico registra un'alta incidenza di popolazione anziana. Napoli evidenzia una concentrazione di stranieri nelle aree centrali e di giovani con bassa istruzione in quartieri come Secondigliano e Scampia. A Palermo, zone come Brancaccio-Ciaculli combinano alti tassi di disoccupazione, bassa istruzione e una significativa quota di famiglie in affitto.
  Un aspetto particolarmente innovativo del lavoro è la capacità di individuare situazioni di disagio distribuite non solo geograficamente, ma anche in base a criteri socioeconomici. Ciò consente di superare la tradizionale dicotomia centro-periferia e di identificare aree critiche anche in contesti centrali. Ad esempio, in città come Roma, il concetto di periferia può essere declinato sia in termini geografici che socioeconomici, rivelando che alcune aree centrali presentano livelli di marginalità simili a quelli delle periferie.

Renato Brunetta, Presidente del CNEL

  Il presidente del CNEL, Renato Brunetta, ha offerto un'analisi delle problematiche che affliggono le periferie italiane, evidenziandone le radici storiche e proponendo una puntuale strategia di intervento. Il degrado delle periferie non è un fenomeno recente ma il risultato di decenni di disinvestimenti non solo fisici ma anche sociali, culturali e relazionali. Tale analisi si fonda su una considerazione storica del boom economico italiano, che ha portato allo sviluppo infrastrutturale e all'espansione urbana senza però integrare adeguatamente le periferie nel processo di crescita. Ciò ha generato territori marginalizzati, caratterizzati da insicurezza, degrado fisico e desertificazione sociale.
  Secondo il professor Brunetta occorre evidenziare che, mentre in passato il problema principale era rappresentato dalla mancanza di risorse economiche per gli investimenti, oggi, tale questione appare superata. Il nostro Paese dispone di strumenti finanziari significativi, come i fondi del PNRR, che offrono una dotazione economica senza precedenti, ma la sfida principale consiste nella mancanza di una visione strategica globale e nella carenza di capitale umano in grado di implementare e mantenere gli interventi nel tempo. Tra i progetti in atto più significativi va sicuramente annoverato il Progetto Polis di Poste Italiane, che prevede un investimento di 800 milioni di euro per la creazione di 7.000 punti di accesso alla pubblica amministrazione nelle periferie, come un'iniziativa che integra infrastrutture e servizi per promuovere la coesione sociale.
  Il degrado delle periferie non è solo un problema fisico ma anche sociale e culturale, con comunità che soffrono di un'assenza cronica di beni relazionali, definiti come quelle connessioni sociali che rendono sostenibili gli interventi infrastrutturali. I beni relazionali, come biblioteche,Pag. 43 centri sportivi e spazi sociali, richiedono manutenzione e cura continua, che spesso mancano a causa della debolezza delle istituzioni locali e della società civile. Il degrado delle periferie è spesso frutto di un circolo vizioso, dove la chiusura di uffici postali, sportelli bancari e servizi essenziali alimenta ulteriormente il degrado sociale ed economico, lasciando spazio a fenomeni di criminalità organizzata e devianze.
  In questo contesto, rileva il professor Brunetta, un ruolo centrale è quello dei corpi intermedi, come sindacati, associazioni di volontariato e Terzo settore. Il CNEL, quale istituzione costituzionale, può giocare un ruolo determinante nell'aggregare questi attori, mobilitando il capitale umano necessario per sostenere gli interventi. Occorre adottare un approccio basato su modelli di successo replicabili, guardando ai modelli di trasformazione sociale di successo in contesti difficili, come Montespaccato e Ostia nel comune di Roma. Il censimento e la diffusione di queste storie di successo potrebbe fornire un modello operativo per le periferie di tutta Italia, promuovendo pratiche virtuose che possono essere implementate anche in altre aree.
  Aspetti critici sono la frammentazione normativa e la duplicazione delle risorse disponibili, che spesso restano inutilizzate a causa della mancanza di una pianificazione coerente. Nei suoi rapporti la Corte dei conti documenta troppo spesso inefficienze nella spesa pubblica. Occorre uno sforzo di razionalizzazione delle risorse esistenti e di rafforzamento del capitale umano e sociale, altrimenti anche le ingenti risorse del PNRR rischiano di rivelarsi inefficaci. Le infrastrutture sociali devono essere integrate con i servizi di pubblica utilità, per garantire che strutture come biblioteche e centri sociali rimangano operative e vitali nel tempo.
  Un aspetto cruciale è sicuramente il coinvolgimento della società civile in modo attivo. Il problema delle periferie non può essere risolto solo attraverso investimenti infrastrutturali ma richiede il coinvolgimento di associazioni, volontariato e cittadini per mantenere vivi gli interventi. In questo quadro lo sport è un chiaro esempio di catalizzatore sociale, capace di unire comunità e fornire opportunità ai giovani, anche grazie al ruolo delle parrocchie e di altre organizzazioni locali nella promozione della coesione sociale.
  Occorre la creazione di un «Patto per le periferie», un accordo contrattuale che coinvolga tutti gli attori – istituzioni pubbliche, privati, associazioni e comunità locali – in un progetto condiviso di rigenerazione urbana, poiché il successo delle politiche per le periferie dipende dalla capacità di integrare i vari strumenti e risorse disponibili in una strategia nazionale coerente e sostenibile. Auspica, quindi, che la Commissione voglia focalizzarsi rapidamente sulla formulazione di proposte legislative condivise adottando un approccio pragmatico, che privilegi la replicabilità dei modelli di successo e la semplificazione normativa.
  Occorre quindi agire – secondo il presidente del CNEL – con urgenza e determinazione, sfruttando al meglio le risorse disponibili e mobilitando il capitale umano e sociale necessario per invertire il ciclo di degrado. Il CNEL sarà lieto di offrire alla Commissione tutta la collaborazione necessaria per identificare e replicare modelli di successo e costruire una rete nazionale di buone pratiche, poiché il futuro Pag. 44delle periferie dipende dalla capacità di creare una società civile attiva e coesa, capace di sostenere e ampliare gli interventi nel tempo.

Fabio Ciciliano e Filippo Dispenza, commissari straordinari per il comune di Caivano

  I commissari straordinari per il comune di Caivano Fabio Ciciliano e Filippo Dispenza hanno rappresentato che tale comune è caratterizzato da gravi infiltrazioni camorristiche, degrado amministrativo e tensioni sociali. Le loro audizioni evidenziano un lavoro volto a riqualificare il territorio e a ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni attraverso un approccio multidimensionale che combina interventi infrastrutturali, sociali e amministrativi.
  Il dott. Fabio Ciciliano, nominato commissario straordinario nel settembre 2023, ha descritto come il suo lavoro abbia preso avvio con un sopralluogo immediato per valutare le condizioni del territorio, adottando un approccio derivato dal modello della protezione civile, per affrontare l'emergenza in modo organizzato ed efficiente. Ha spiegato come il modello operativo sia stato strutturato per favorire la partecipazione attiva dei cittadini e delle organizzazioni locali, attraverso la creazione di un open space dove tutte le parti interessate, dai residenti alle imprese, potessero presentare problematiche e necessità. Questo approccio è stato cruciale per superare la diffidenza iniziale della popolazione, frutto di una lunga storia di commissariamenti e una mancanza di fiducia nelle istituzioni.
  Una delle principali sfide identificate è stata quella della dispersione scolastica, che ha colpito anche le scuole elementari e medie, evidenziando una criticità radicata nel contesto familiare e sociale. Il dott. Ciciliano ha presentato il «Piano Straordinario» approvato nel dicembre 2023, che prevede tre direttrici principali: interventi infrastrutturali urgenti, rafforzamento amministrativo del Comune e riqualificazione sociale. Gli interventi infrastrutturali hanno incluso la riqualificazione del centro sportivo e del teatro, simboli del recupero sociale e culturale del territorio, oltre al miglioramento delle scuole e delle infrastrutture pubbliche. Parallelamente, è stata intrapresa una ristrutturazione amministrativa con l'assunzione di nuovo personale.
  Particolare attenzione è stata posta alla componente giovanile, con iniziative mirate a contrastare il fenomeno dei NEET (giovani che non studiano né lavorano). Tra queste, l'istituzione della «Scuola delle arti e dei mestieri», realizzata in collaborazione con l'Università Federico II di Napoli, ha l'obiettivo di fornire competenze tecniche utili per un rapido ingresso nel mondo del lavoro. Il piano ha anche affrontato la necessità di migliorare i servizi sociali, evidenziando come una forte attenzione al welfare sia cruciale per intercettare le fragilità del territorio.
  Sul fronte economico, Ciciliano ha descritto come il «Decreto Caivano» abbia messo a disposizione fondi significativi per la riqualificazione del territorio, tra cui 30 milioni di euro dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, ulteriormente integrati da risorse del Ministero della Cultura e del Ministero dell'Università e della Ricerca. Tuttavia, ha sottolineato come il recupero di fondi inutilizzati da precedenti programmi locali sia stato fondamentale per garantire la fattibilità dei progetti.Pag. 45
  Il dott. Filippo Dispenza, l'altro commissario straordinario, ha focalizzato il suo intervento sulla drammatica situazione amministrativa del Comune, caratterizzata da una cronica mancanza di personale e da un sistema inefficiente e opaco. Dispenza ha evidenziato come all'arrivo della commissione, il Comune disponesse solo di circa 90 dipendenti, molti dei quali a tempo parziale, su un organico previsto di 200 unità. Questo ha reso necessaria una rapida stabilizzazione del personale e l'assunzione di nuovi funzionari, agenti di polizia municipale e assistenti sociali. La mancanza di servizi essenziali per i cittadini, soprattutto nelle aree di assistenza sociale e sicurezza, è stata affrontata con iniziative mirate, come il rafforzamento della polizia locale e la riorganizzazione delle strutture amministrative.
  Egli ha sottolineato come la sicurezza sia stata rafforzata grazie alla presenza costante delle forze dell'ordine, che ha avuto un effetto immediato sulla percezione della legalità da parte dei cittadini. Inoltre, ha avviato il «Consiglio dei bambini», un progetto educativo innovativo volto a promuovere la partecipazione civica e il rispetto delle regole fin dalla giovane età.
  Le azioni della commissione straordinaria si sono estese anche alla promozione della cultura della legalità, attraverso eventi educativi come la «Settimana della legalità» e la valorizzazione di figure simboliche, come Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale, vittima della camorra.
  Infine, entrambi i commissari hanno espresso preoccupazione per la sostenibilità a lungo termine delle iniziative avviate. Ciciliano ha evidenziato la necessità di costruire strutture organizzative solide che permettano all'amministrazione ordinaria di proseguire il lavoro intrapreso, evitando di trasformare gli interventi straordinari in una forma di assistenzialismo. Il dott. Dispenza ha ribadito che il «modello Caivano» dovrebbe essere un punto di partenza per affrontare situazioni simili in altre aree del Paese, sottolineando che problemi analoghi non sono esclusivi del sud Italia, ma si riscontrano anche al nord.

Bruno Corda, Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

  L'audizione di Bruno Corda, direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), e di Mariarosa Turchi, direttore generale dei beni mobili e immobili sequestrati e confiscati, ha fornito una panoramica dettagliata sull'attività dell'Agenzia, le sue finalità, i risultati ottenuti e le sfide ancora aperte. L'ANBSC si colloca al centro di un sistema unico a livello mondiale, mirato a trasformare i beni sottratti alla criminalità organizzata in risorse utili per la collettività, contribuendo al rafforzamento del tessuto sociale e alla lotta contro il crimine organizzato.
  Il direttore Corda ha sottolineato l'importanza della missione dell'Agenzia, che si sviluppa attorno alla gestione e alla destinazione dei beni confiscati. La destinazione dei beni ha come obiettivo principale il loro utilizzo sociale, attraverso l'assegnazione agli enti locali e alle associazioni del terzo settore, ma può includere anche usi istituzionali, come la concessione a forze di polizia, tribunali o altre strutture statali. Pag. 46La normativa italiana è particolarmente avanzata in questo settore, rappresentando un modello di riferimento a livello internazionale. Al 1° aprile 2024, l'Agenzia ha destinato complessivamente 23.710 immobili, di cui 19.192 assegnati agli enti locali. Tra questi, il 58,37 per cento è stato destinato a finalità sociali, mentre un ulteriore 10,85 per cento è stato assegnato a enti demaniali per utilizzi istituzionali. Inoltre, nel 2023 sono stati complessivamente destinati 3.927 beni immobili, dei quali 2.804 (pari al 71,40 per cento) sono stati assegnati agli enti locali.
  Per quanto riguarda le aziende confiscate, i numeri dimostrano un quadro più complesso. A fronte di 2.836 aziende in gestione, di cui 1.974 in confisca definitiva, è emerso che circa il 68 per cento delle aziende confiscate risultano essere «scatole vuote», ossia società create esclusivamente per attività illecite, come il riciclaggio di denaro o la fatturazione falsa. Tuttavia, circa 150 aziende sono attive sul mercato, con punte di eccellenza, come alcune cliniche a Palermo o un grande supermercato in Campania, che complessivamente impiegano 1.826 lavoratori.
  Il direttore Corda ha sottolineato il valore educativo e simbolico del riutilizzo dei beni confiscati, che dimostra in modo concreto la forza dello Stato e la superiorità del modello legale rispetto a quello criminale. Questo messaggio è particolarmente importante nelle periferie urbane, dove il recupero di beni confiscati contribuisce non solo a offrire servizi ma anche a riaffermare la presenza dello Stato in territori spesso segnati dal degrado sociale. Esempi significativi sono i beni trasformati in case famiglia per minori in difficoltà o in strutture per attività sociali.
  Un elemento cruciale dell'attività dell'Agenzia è la piattaforma Copernico, che consente una maggiore trasparenza nella gestione dei beni e una migliore accessibilità alle informazioni per gli stakeholders. La piattaforma ha migliorato notevolmente la conoscibilità dei beni confiscati, incrementando del 265 per cento le destinazioni di beni mobili e immobili e del 302,77 per cento quelle aziendali tra il 2020 e il 2023. Tuttavia, persistono difficoltà, come la scarsa richiesta di beni da parte di alcuni enti locali, che spesso non hanno le risorse tecniche o finanziarie per gestirli.
  La dottoressa Mariarosa Turchi ha approfondito il tema delle criticità tecniche e urbanistiche legate ai beni confiscati. Molti di essi sono stati costruiti in violazione delle normative urbanistiche o si trovano in condizioni strutturali compromesse. Due norme del Codice Antimafia, gli articoli 51 e 112, consentono di sanare alcuni abusi o modificare la destinazione d'uso dei beni, ma in molti casi i beni risultano insanabili, come quelli costruiti in aree a rischio idrogeologico o senza permessi edilizi. L'Agenzia ha proposto una modifica normativa per evitare la confisca di questi beni, proponendo invece la loro demolizione immediata, che rappresenterebbe anche un segnale educativo importante per la collettività.
  Un'altra sfida è rappresentata dal deterioramento dei beni durante le lunghe fasi giudiziarie. Spesso, infatti, i beni arrivano in condizioni di degrado a causa del tempo trascorso tra il sequestro e la destinazione finale, che può durare fino a cinque anni o più. Inoltre, i beni sono spesso vandalizzati dai precedenti proprietari per ostacolare il loro utilizzo da parte dello Stato. Questo problema è particolarmente Pag. 47evidente nelle periferie, dove i beni confiscati, se non rapidamente destinati, rischiano di diventare simboli del fallimento statale.
  Per superare tali criticità l'ANBSC ha avviato una serie di iniziative innovative. Tra queste, la promozione di consorzi intercomunali per la gestione dei beni nei piccoli comuni, come il consorzio «Agrorinasce» in Campania, e la stipula di protocolli d'intesa con Regioni come Calabria, Sicilia e Lombardia, per fornire supporto tecnico e finanziario agli enti locali. Un altro strumento innovativo è rappresentato dalla «vetrina dinamica» per la destinazione dei beni, che consente ai soggetti interessati di candidarsi in modo diretto per l'acquisizione, presentando progetti dettagliati e sostenibili.
  L'obiettivo finale dell'Agenzia rimane quello di ridurre al minimo i tempi di destinazione e di garantire il massimo utilizzo sociale dei beni confiscati. Questo non solo contribuisce a riaffermare la presenza dello Stato ma rappresenta anche un importante strumento di rigenerazione urbana e di sviluppo economico, soprattutto nelle aree più fragili del Paese.

Marco Mezzaroma e Diego Nepi Molineris, Sport e Salute S.p.A.

  Marco Mezzaroma e Diego Nepi Molineris, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Sport e Salute S.p.A., hanno presentato alla Commissione un quadro del ruolo strategico della loro società nella promozione dello sport, come strumento per contrastare fenomeni di degrado urbano e sociale, migliorare la qualità della vita e favorire il benessere psicofisico della popolazione.
  Il dott. Mezzaroma ha illustrato come lo sport, attraverso un'azione coordinata, possa incidere positivamente su diversi ambiti: salute, cultura, sicurezza, sostenibilità e coesione sociale. Ha citato dati dell'Eurobarometro che evidenziano come il 45 per cento della popolazione europea non pratichi mai attività fisica e come una persona su tre non raggiunga livelli sufficienti di esercizio fisico. Questa inattività è causa di patologie croniche come malattie cardiovascolari, diabete, depressione e tumori. Secondo l'OMS e l'OCSE, se la popolazione europea rispettasse i livelli raccomandati di attività fisica, si potrebbero evitare ogni anno oltre 10.000 morti premature e 11,5 milioni di nuovi casi di malattie croniche entro il 2050, generando benefici significativi anche per i sistemi sanitari.
  Uno dei temi centrali trattati è stato poi lo stato dell'impiantistica sportiva italiana. Il dott. Nepi Molineris ha spiegato che, secondo il Rapporto Sport 2023, il 55 per cento degli impianti sportivi italiani è stato costruito tra gli anni '60 e '90, mentre solo il 26 per cento è stato realizzato dopo il 1996. Attualmente, il 60 per cento degli impianti ha oltre 40 anni di età e circa l'8 per cento non è funzionante, percentuale che sale al 20 per cento nel Mezzogiorno. In molte scuole italiane, sei edifici su dieci sono privi di palestra. Complessivamente, si contano circa 77.000 strutture sportive, prevalentemente di proprietà pubblica, distribuite in modo non omogeneo: il Nord vanta 144 impianti ogni 100.000 abitanti, un dato superiore del 35 per cento rispetto al Mezzogiorno, evidenziando un significativo gap infrastrutturale.
  Sport e Salute S.p.A. ha attivato 690 progetti in tutta Italia, coinvolgendo 509 realtà, 2.081 partner e 480 comuni, con un impegno Pag. 48economico di 27 milioni di euro. Tra i progetti più rilevanti figurano «Sport nei parchi», «Sport di tutti», «Inclusione», «Carceri» e «Quartieri», tutti mirati a rendere accessibile la pratica sportiva anche alle fasce più vulnerabili della popolazione, tra cui giovani a rischio, famiglie in difficoltà economica e comunità migranti. Tali iniziative si integrano con il lavoro delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e delle associazioni del terzo settore.
  È stato poi ricordato l'investimento complessivo di oltre 600 milioni di euro per il programma «Sport e periferie», grazie al quale sono stati finanziati, negli anni, circa 1.236 interventi.
  Un esempio concreto della capacità di Sport e Salute di intervenire in contesti critici è il progetto «Illumina Caivano». Avviato nel settembre 2023, mira alla riqualificazione dell'ex complesso sportivo Delphinia, un'area di quattro ettari situata in un territorio ad alto rischio di degrado e criminalità. Il progetto prevede la ristrutturazione di una palestra, una piscina, campi polivalenti, uno skatepark e altre strutture sportive. L'obiettivo è restituire l'area alla comunità entro maggio 2024, garantendo continuità gestionale e promuovendo attività estive già da giugno dello stesso anno. Questo intervento, che integra politiche sociali ed educative, punta a diventare un modello replicabile in altre realtà degradate.
  Il dott. Nepi Molineris ha descritto il lavoro avviato per il censimento nazionale degli impianti sportivi, un progetto volto a mappare in dettaglio lo stato delle infrastrutture esistenti, incluse quelle abbandonate o incomplete, per favorire un'ottimizzazione delle risorse. Questo censimento, che si propone di aggiornare i dati raccolti per l'ultima volta nel 1996, mira a costruire un «Piano regolatore dello sport», uno strumento che consentirà agli enti locali di identificare le carenze e allocare al meglio gli investimenti. Si sta inoltre valutando la possibilità di convertire aree industriali dismesse in strutture sportive, come già avvenuto con successo a Teramo.
  Un altro tema affrontato è stato quello della transizione energetica. Sport e Salute ha sottoscritto un protocollo d'intesa con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) per promuovere l'efficienza energetica e l'uso di fonti rinnovabili negli impianti sportivi. L'obiettivo è ridurre i costi energetici, che incidono fino al 20 per cento sulle spese di gestione, e abbattere le barriere economiche all'accesso alle strutture. L'attenzione si concentra anche sulla creazione di comunità energetiche e sull'autoconsumo per rendere gli impianti sostenibili.
  Il dott. Mezzaroma ha poi sottolineato come praticare sport sia spesso troppo costoso per molte famiglie. Sono stati introdotti voucher sportivi per agevolare l'accesso all'attività fisica da parte di bambini e ragazzi appartenenti a nuclei familiari a basso reddito. Parallelamente, sono state promosse iniziative per sensibilizzare le famiglie sull'importanza dello sport, anche attraverso incontri con testimonial e attività nelle scuole.
  Sport e Salute, infine, si è consolidata come centrale di committenza per progetti legati all'impiantistica sportiva, svolgendo un ruolo analogo a quello di Consip o Invitalia. Il dottor Nepi Molineris ha evidenziato come questa funzione consenta di snellire i processi amministrativi e di garantire supporto tecnico ai piccoli comuni, spesso carenti di risorse umane adeguate.

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Marco Buttieri e Patrizio Losi, Federcasa

  L'audizione di Marco Buttieri, presidente di Federcasa, e di Patrizio Losi, direttore della stessa organizzazione, davanti alla Commissione parlamentare di Inchiesta sulle condizioni delle città e delle periferie, ha affrontato le sfide legate alla gestione dell'edilizia residenziale pubblica (ERP) in Italia.
  Federcasa rappresenta 84 aziende distribuite sul territorio nazionale, ognuna con caratteristiche e modelli gestionali diversi, determinati dalla frammentazione normativa dovuta alle 20 diverse leggi regionali che regolano il settore. Il sistema ERP conta circa 769.745 alloggi, ma presenta numerosi problemi strutturali, organizzativi e finanziari che influiscono non solo sulla qualità della gestione ma anche sulle condizioni di vita degli utenti finali.
  Uno dei principali problemi emersi riguarda gli alloggi sfitti, che ammontano a 60.217 unità. La maggior parte di questi immobili non è assegnabile a causa delle loro condizioni strutturali: necessitano di interventi di ristrutturazione che le aziende non possono effettuare per mancanza di fondi. La situazione è ulteriormente aggravata dall'elevata morosità, che si attesta a 1,191 miliardi di euro, e dalle occupazioni abusive, che interessano 16.214 alloggi. Quest'ultima problematica assume una duplice dimensione: da un lato vi sono occupazioni temporanee, gestite relativamente rapidamente grazie alla collaborazione tra enti gestori e autorità locali; dall'altro, ci sono occupazioni storiche, spesso radicate in contesti controllati dalla criminalità organizzata, che risultano molto difficili da contrastare.
  Federcasa ha sottolineato che queste problematiche sono tre facce della stessa medaglia, legate alla mancanza di una strategia di finanziamento strutturale. I canoni di locazione, mediamente compresi tra 110 e 130 euro al mese, non sono sufficienti a coprire le spese operative, incluse quelle di manutenzione e ristrutturazione. In molti casi, gli enti si trovano a dover affrontare costi elevati per l'IMU e l'IRES, tasse che sottraggono ulteriori risorse utili per interventi sugli alloggi. In Piemonte, ad esempio, le aziende versano complessivamente circa 2 milioni di euro di IMU, una somma che, se reinvestita nella ristrutturazione, potrebbe contribuire a ridurre significativamente il numero di immobili non assegnabili. Questo è particolarmente importante considerando che molti alloggi sfitti appartengono ai comuni, i quali non dispongono delle risorse necessarie per renderli agibili.
  La situazione italiana appare particolarmente complessa anche in confronto con altri Paesi europei. In Francia, ad esempio, il sistema di welfare prevede un canone medio di locazione di circa 350 euro al mese, integrato da sussidi statali per le famiglie in difficoltà. Questo modello consente agli enti gestori di disporre di risorse adeguate per investire in manutenzioni e riqualificazioni. In Italia, invece, i canoni sono stabiliti a livello regionale e risultano spesso troppo bassi per sostenere un sistema di gestione efficiente.
  Un altro aspetto evidenziato riguarda la struttura degli alloggi ERP, molti dei quali risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta, epoca in cui furono costruiti per rispondere all'emergenza abitativa del dopoguerra e agli spostamenti di massa dal Sud verso le città industriali del Nord. Tali edifici presentano standard abitativi ormai superati e richiederebbero interventi anche di demolizione e ricostruzione. Tuttavia, questa Pag. 50opzione, nonostante sia economicamente e tecnicamente sensata, è spesso osteggiata a livello politico e sociale.
  La questione delle occupazioni abusive è stata affrontata in dettaglio. Se in alcune grandi città, come Torino, le micro-occupazioni vengono generalmente risolte in tempi rapidi, i casi più complessi si concentrano in quartieri dove la criminalità organizzata controlla interi complessi abitativi. In tali contesti, persino le autorità hanno difficoltà a intervenire. Inoltre, vi è il problema degli alloggi occupati da famiglie che hanno perso il diritto di permanenza, ma continuano a risiedervi grazie a cavilli legali o alla difficoltà di eseguire sgomberi. Questo fenomeno priva dell'accesso alla casa pubblica molte famiglie che ne avrebbero diritto secondo le graduatorie.
  Per quanto riguarda la morosità, una parte significativa è definita «incolpevole» e deriva da situazioni di fragilità economica o sociale. Le difficoltà occupazionali e il costo crescente delle spese condominiali, spesso superiori al canone di affitto, spingono molte famiglie a non poter onorare i propri impegni. In alcuni casi, interventi come il reddito di cittadinanza hanno contribuito a ridurre la morosità, ma i benefici avrebbero potuto essere maggiori se i fondi destinati all'affitto fossero stati versati direttamente agli enti gestori.
  Un tema cruciale emerso è la necessità di un cambio di paradigma nel concetto di residenzialità. Non basta più garantire un tetto: è necessario integrare servizi sociali, sanitari e culturali per migliorare la qualità della vita dei residenti e favorire la coesione sociale. Durante la pandemia da Covid-19, è emerso come un maggiore coinvolgimento degli enti ERP nella gestione territoriale avrebbe potuto ridurre l'impatto sanitario e sociale della crisi. Questo richiede però un maggiore coordinamento con i comuni e le istituzioni locali, nonché una revisione normativa che permetta agli enti gestori di operare in modo più flessibile e proattivo.
  Infine, è stato sottolineato il ruolo strategico della rigenerazione urbana come nuova frontiera per affrontare i problemi delle periferie.

Carmine Masiello, Capo di Stato maggiore dell'Esercito

  Durante l'audizione del generale Carmine Masiello, Capo di Stato maggiore dell'Esercito, è stato offerto un quadro dettagliato dell'attività dell'Esercito italiano, con particolare attenzione all'operazione Strade Sicure, che rappresenta uno degli interventi più rilevanti in ambito nazionale. Questa operazione, avviata il 4 agosto 2008, nasce con l'obiettivo di supportare le autorità di pubblica sicurezza nella prevenzione della criminalità e nella tutela di siti e obiettivi sensibili. La sua origine legislativa risale al decreto-legge n. 92 del 2008 (convertito dalla legge n. 125 del 2008), che prevedeva inizialmente l'impiego di un contingente massimo di 3.000 unità per un periodo limitato di sei mesi, rinnovabile una sola volta. Tuttavia, le esigenze crescenti e le numerose situazioni straordinarie verificatesi negli anni hanno portato a un'estensione progressiva sia in termini di durata sia di numero di personale coinvolto.
  Il generale Masiello ha quindi riferito che la legge di bilancio 2024 ha autorizzato complessivamente, per tale anno, fino a 6.800 unità, di cui 6.635 appartenenti all'Esercito, 60 alla Marina militare e 105 Pag. 51all'Aeronautica militare. Queste forze operano su tutto il territorio nazionale, escluso il Molise, sotto il coordinamento di 11 Comandi interprovinciali e interregionali, denominati raggruppamenti. La loro presenza è concentrata in 57 province e nelle principali città metropolitane come Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Venezia e Palermo. I militari svolgono compiti di vigilanza presso 929 siti e obiettivi sensibili, tra cui infrastrutture critiche e 20 Centri per l'immigrazione, oltre a garantire il controllo delle principali stazioni ferroviarie nell'ambito dell'iniziativa Stazioni Sicure, che coinvolge 20 stazioni in 11 città.
  L'operazione Strade Sicure è stata caratterizzata da numerosi successi. Dall'inizio della missione, i militari dell'Esercito hanno contribuito a 17.959 arresti, 46.507 denunce, 38.306 fermi, al sequestro di 1.793 armi e 2.529 chilogrammi di droga. Nell'ultimo anno, sono stati effettuati 650 interventi, distribuiti principalmente tra aggressioni, colluttazioni e risse (36 per cento), problematiche di decoro pubblico come vandalismo e molestie (22 per cento), rapine, furti e scippi (18 per cento), consumo e spaccio di sostanze stupefacenti (16 per cento), nonché il possesso di armi e oggetti atti a offendere (8 per cento). Questi risultati sono stati resi possibili grazie alla capillare distribuzione delle forze sul territorio e alla capacità di intervento rapido.
  Un aspetto significativo dell'operazione è il suo contributo alla sicurezza ambientale. Nell'ambito dell'iniziativa Terra dei Fuochi (attiva dal 2014), sono attualmente impiegati 200 militari nelle province di Napoli e Caserta.
  Dall'inizio delle attività state condotte circa 180.000 pattuglie dal personale dell'Esercito, identificati 56.000 individui, controllati 47.020 veicoli, individuati 7.074 siti di sversamento illegale e irrogate sanzioni per un totale di circa 49 milioni di euro. Il supporto tecnologico è stato fondamentale, con l'impiego di droni che hanno effettuato oltre 3.200 missioni, accumulando circa 2.450 ore di volo.
  Il generale Masiello ha sottolineato che, sebbene l'operazione abbia portato benefici tangibili, ha posto una pressione considerevole sulle risorse e sull'efficienza dell'Esercito. L'impiego prolungato dell'equivalente di 12-14 reggimenti di manovra sottrae tempo prezioso all'addestramento al combattimento, compromettendo la preparazione a missioni di alta intensità, sempre più richieste a causa del mutato contesto geopolitico. Inoltre, la necessità di garantire il recupero psicofisico del personale, che accumula fino a 55 giorni di riposo non goduto ogni sei mesi di servizio, rappresenta una sfida significativa per la gestione del personale.
  Oltre a Strade Sicure, l'Esercito svolge un ruolo centrale in situazioni di calamità naturali. Ad esempio, nell'alluvione che ha colpito l'Emilia-Romagna nel maggio 2023, 8.000 militari sono stati impiegati in totale per consolidare argini, ripristinare la viabilità, rimuovere detriti e supportare logisticamente la popolazione. Inoltre, l'Esercito è attivamente impegnato in progetti di riqualificazione urbana, come la bonifica del Centro sportivo ex Delphinia a Caivano, dove sono stati movimentati 530 metri cubi di materiali e bonificati 59.000 metri quadrati di area.
  Infine, il generale ha ribadito il crescente impegno dell'Esercito sul fronte internazionale, con oltre 4.000 militari attualmente impegnati in Pag. 52missioni all'estero, un numero destinato a salire a 5.200 entro il 2025. La Forza armata contribuisce a iniziative di stabilizzazione, assistenza umanitaria e cooperazione militare in quadranti strategici come il Mediterraneo allargato, il fianco est dell'Europa e teatri operativi critici come Ungheria e Bulgaria. Tuttavia, l'attuale livello di impegno, sia nazionale che internazionale, solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine, soprattutto in termini di capacità operativa e preparazione per scenari futuri ad alta intensità.

Alessandro Giuliano, Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

  L'audizione di Alessandro Giuliano, direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, si è rivelata articolata, offrendo una panoramica complessa e dettagliata delle strategie messe in atto per affrontare i problemi legati al degrado urbano e alla criminalità.
  Il dott. Giuliano ha illustrato, innanzitutto, la struttura della Direzione centrale anticrimine, suddivisa in tre settori principali: investigazioni (con il Servizio centrale operativo a livello centrale e tutte le squadre mobili delle questure italiane), controllo del territorio (in particolare, con il Servizio controllo del territorio a livello centrale e gli uffici Prevenzione generale e soccorso pubblico delle questure) e prevenzione (in particolare, con il Servizio centrale anticrimine, con il compito di predisporre le misure o le richieste di misure di prevenzione personali e patrimoniali). Questi comparti lavorano sinergicamente per affrontare problematiche che, sebbene legate al concetto di «periferia», vanno ben oltre una semplice definizione geografica, includendo marginalità sociale e degrado anche in aree centrali di molte città.
  L'analisi si è poi concentrata sulle investigazioni, considerate fondamentali per disarticolare le organizzazioni criminali che prosperano in ambienti degradati. Queste bande sfruttano le condizioni di bisogno per istituire piazze di spaccio o gestire racket di occupazioni abusive, creando una forma di welfare criminale. Tuttavia, non si limitano a nutrirsi del degrado: lo perpetuano, instaurando un circolo vizioso che deve essere spezzato. Giuliano ha sottolineato il valore delle indagini su reati gravi, come associazioni mafiose o traffico di droga, citando operazioni recenti come quelle che hanno portato all'arresto di circa 40 persone nell'area garganica e oltre 60 nel quartiere Ponticelli, a Napoli. Tali operazioni, sebbene complesse e lunghe, generano risultati duraturi, contribuendo a ridurre la pervasività del crimine organizzato.
  Parallelamente, l'azione repressiva deve intervenire sulla cosiddetta «criminalità diffusa», ovvero reati di strada o spaccio su piccola scala. Anche se i reati gravi sono diminuiti rispetto a decenni fa, Giuliano ha evidenziato l'importanza di rispondere alla percezione di insicurezza che colpisce soprattutto chi vive in zone vulnerabili. In questo contesto, squadre specializzate lavorano per contrastare questa tipologia di crimini, garantendo una presenza tangibile delle forze dell'ordine sul territorio.
  Un altro pilastro dell'intervento della Polizia è il controllo del territorio, gestito su due livelli: quello ordinario, coordinato a livello provinciale dai prefetti e questori, e quello straordinario, che prevede operazioni «ad alto impatto». Queste ultime, realizzate con l'apporto Pag. 53di unità specializzate come i Reparti prevenzione crimine, sono pianificate in base alle esigenze locali e spesso coinvolgono non solo forze di polizia ma anche altri attori come Polizie locali, ASL e Vigili del fuoco. Oltre a rafforzare la percezione di sicurezza tra i cittadini, queste operazioni forniscono dati utili per indagini future, contrastano fenomeni criminali radicati e ristabiliscono una presenza istituzionale in aree che spesso si sentono abbandonate.
  Un punto centrale della relazione del dottor Giuliano è stato il crescente uso della tecnologia. Giuliano ha evidenziato come l'innovazione tecnologica abbia trasformato il modo in cui la Polizia opera, migliorando la rapidità e l'efficacia degli interventi. Tablet, telecamere integrate nelle auto di pattuglia, taser e l'app YouPol (con cui il cittadino può direttamente rappresentare problematiche, inviare immagini e farsi geo localizzare dalla centrale operativa) sono alcuni esempi di strumenti che consentono un controllo capillare del territorio e una maggiore interazione con i cittadini. La videosorveglianza è stata descritta come uno strumento imprescindibile, ma Giuliano ha sottolineato che la sua efficacia dipende dall'integrazione con le centrali operative, che devono essere in grado di gestire e analizzare le immagini in tempo reale. Ha anche ribadito che la tecnologia è un supporto all'intelligenza umana, non un sostituto, e che va sempre integrata con le capacità decisionali degli operatori di polizia.
  L'importanza delle misure preventive è stata un altro tema cruciale. Giuliano ha spiegato come strumenti come il DACUR (Divieto di accesso alle aree urbane) siano sempre più utilizzati per contrastare la presenza di soggetti pericolosi in aree specifiche. Tuttavia, ha anche sottolineato che la prevenzione richiede un intervento strutturale che vada oltre la semplice repressione del crimine. Il degrado delle periferie non può essere affrontato senza considerare le sue cause profonde, come la povertà educativa e materiale, la mancanza di opportunità per i giovani e l'assenza di servizi essenziali. Ha lamentato che in molte aree i ragazzi non dispongano nemmeno di spazi ricreativi come campi sportivi o biblioteche. In risposta, la Polizia di Stato ha avviato iniziative come incontri nelle scuole e programmi sportivi gestiti dagli atleti delle Fiamme Oro, per trasmettere valori positivi e offrire alternative concrete alla criminalità.
  La complessità delle occupazioni abusive di immobili è stata affrontata sottolineando come queste situazioni vadano analizzate caso per caso, dato che spesso coinvolgono sia gruppi criminali organizzati sia persone in stato di grave necessità. Giuliano ha chiarito che le operazioni di sgombero sono solo una parte del problema e che la vera sfida consiste nel gestire gli immobili dopo lo sgombero e nel fornire soluzioni abitative alternative a chi ne ha diritto.
  Infine, si è discusso delle baby gang, un fenomeno variegato che richiede un approccio specifico in base al contesto territoriale. Il dott. Giuliano ha fatto riferimento a situazioni molto diverse, come le bande di giovani legate alla criminalità organizzata a Napoli o le gang latino-americane presenti a Milano. Ha sottolineato che il disagio sociale è spesso alla base di queste dinamiche e che, oltre alla repressione, è necessario intervenire sulle cause che portano i giovani a intraprendere strade criminali.

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Roberto Pella, Michele Zuin, Silvia Scozzese e Veronica Nicotra, Associazione nazionale Comuni Italiani (ANCI)

  I rappresentanti dell'ANCI (Associazione nazionale dei comuni italiani) hanno delineato le difficoltà, i successi e le prospettive delle politiche urbane e metropolitane, ponendo in evidenza il contributo dei comuni italiani nel risanamento e nello sviluppo delle aree urbane.
  Veronica Nicotra, segretario generale dell'ANCI, ha sottolineato l'importanza strategica delle città metropolitane come enti capaci di aggregare le risorse e le politiche necessarie a rispondere alle crescenti complessità urbane. Le periferie non devono essere considerate esclusivamente in senso geografico, ma piuttosto come aree caratterizzate da povertà, emarginazione e degrado sociale, che si manifestano anche nei centri storici di alcune città. Significativi progressi sono stati compiuti grazie ai programmi nazionali ed europei, come il PON Metro Plus e i fondi del PNRR, che hanno finanziato progetti di rigenerazione urbana e sviluppo sostenibile. Permangono, tuttavia, alcune criticità, tra cui la frammentazione delle risorse, l'insufficienza dei fondi correnti destinati alle amministrazioni locali e la carenza di personale, in particolare nella polizia municipale delle città del Sud Italia. Nel quadro di un approccio integrato e di lungo termine, è essenziale il rafforzamento delle politiche abitative e, soprattutto, dei finanziamenti necessari per affrontare il crescente problema della morosità incolpevole.
  Roberto Pella, presidente dell'ANCI, ha posto l'accento sul ruolo centrale delle periferie come elemento strategico per il futuro delle città italiane, evidenziando come la crescita demografica nelle aree urbane richieda interventi coordinati per evitare l'aggravarsi delle disuguaglianze e dell'invivibilità. Il tema della rigenerazione urbana appare strettamente collegato ai temi della salute pubblica e dell'invecchiamento della popolazione, da cui discende l'importanza di politiche mirate alla prevenzione delle malattie non trasmissibili e al miglioramento della qualità della vita. In questo campo stati sicuramente compiuti alcuni progressi, anche grazie alle maggiori risorse disponibili, ma è essenziale che il Parlamento garantisca continuità dei finanziamenti e mantenga alta l'attenzione su questi temi nelle future programmazioni legislative.
  Silvia Scozzese, vice sindaca di Roma, ha illustrato le iniziative intraprese nella capitale per migliorare la qualità della vita nelle periferie, evidenziando come l'amministrazione abbia raddoppiato la propria capacità di investimento grazie a fondi straordinari come quelli del PNRR e del Giubileo. Scozzese ha sottolineato l'importanza di politiche integrate che combinino urbanistica, mobilità e inclusione sociale per rispondere alle necessità delle periferie, spesso caratterizzate da carenze infrastrutturali e sociali. Tra i progetti più significativi si segnala la riqualificazione di varie infrastrutture sportive, che costituiscono un elemento chiave per promuovere l'integrazione sociale e migliorare l'accesso ai servizi. Si sta intensificando, inoltre, l'utilizzo di tecnologie avanzate, come le telecamere di sicurezza e i sistemi di monitoraggio ambientale, al fine di garantire una maggiore sicurezza e una gestione più efficiente delle emergenze.
  Michele Zuin, assessore del Comune di Venezia, ha descritto i progressi compiuti attraverso il Piano Urbano Integrato «PIÙ SPRINT», Pag. 55un progetto che punta alla rigenerazione urbana e al supporto dello sviluppo economico e sociale nel territorio metropolitano. Ha spiegato come Venezia stia gestendo in modo efficiente i fondi del PNRR e i fondi complementari, ma ha anche richiamato l'attenzione sui costi crescenti dell'energia, che stanno mettendo sotto pressione i bilanci comunali. Occorre una pianificazione a lungo termine e una maggiore certezza delle risorse, per consentire alle amministrazioni locali di affrontare con successo le sfide poste dal cambiamento climatico, dall'invecchiamento demografico e dalle emergenze sociali.
  Nel complesso i rappresentanti dell'ANCI hanno espresso preoccupazioni per la frammentazione dei programmi e la mancanza di una visione unitaria, evidenziando la necessità di una maggiore integrazione tra i diversi fondi e una semplificazione delle procedure per garantire una distribuzione più equa delle risorse. Essenziale appare, inoltre, il rafforzamento del ruolo delle città metropolitane come enti coordinatori, che rappresentano ormai una percentuale significativa della popolazione italiana e che, attraverso un'azione congiunta, possono ottenere risultati migliori sia sul piano sociale che infrastrutturale.
  Un altro punto affrontato è stato quello del rafforzamento della polizia locale, soprattutto nelle grandi città meridionali, nel quadro di interventi mirati a garantire maggiore sicurezza urbana. Un esempio virtuoso, in questo senso, è l'esperienza di Venezia, che ha creato una sala operativa avanzata per il coordinamento delle forze dell'ordine e il monitoraggio del territorio. Tuttavia, i fondi attualmente disponibili per la sicurezza urbana sono insufficienti e servono risorse aggiuntive sono necessarie per migliorare l'illuminazione pubblica ed estendere la videosorveglianza.
  Infine, è stato affrontato il tema delle aree interne e della loro integrazione nelle politiche nazionali. Occorre promuovere il controesodo ed evitare che la popolazione si concentri esclusivamente nelle città metropolitane, aggravando i problemi di sovraffollamento e degrado, il che richiede un'attenzione particolare alle politiche di coesione territoriale e al sostegno delle comunità rurali.
  La complessità delle sfide affrontate dalle amministrazioni locali richiede un impegno congiunto tra ANCI, Parlamento e Governo per garantire la continuità dei finanziamenti, la semplificazione normativa e il rafforzamento delle infrastrutture e dei servizi nelle aree urbane e periferiche.

Giorgio De Rita, CENSIS

  Durante l'audizione del Segretario generale del CENSIS, Giorgio De Rita è stato tracciato un quadro delle trasformazioni e delle problematiche che caratterizzano le periferie italiane e, più in generale, le aree urbane del Paese. De Rita ha introdotto il suo intervento sottolineando la complessità del tema, in un contesto sociale ed economico in rapida evoluzione, segnato da fenomeni contraddittori che spaziano dalla recrudescenza dei reati alla percezione di insicurezza, fino all'aggravarsi di fragilità economiche, educative, abitative e sanitarie.
  Negli ultimi anni si era registrata una flessione del numero di reati denunciati, con un picco negativo durante la pandemia (meno 22 per cento tra il 2014 e il 2022). Tuttavia, i dati più recenti del 2023 e dei Pag. 56primi mesi del 2024 mostrano un'inversione di tendenza, con un aumento dei reati, sia minori che gravi, segnalando un clima di crescente preoccupazione nella popolazione. Questa dinamica si intreccia con una percezione dell'insicurezza che coinvolge non solo le periferie, ma tutte le realtà urbane e anche alcune aree marginali. Questo fenomeno è emblematico in un Paese che sta affrontando tensioni diffuse e difficoltà crescenti nel metabolizzare queste pressioni sociali.
  Le periferie italiane, da sempre considerate sinonimo di degrado rispetto ai centri storici, si trovano ora al centro di dinamiche più complesse e stratificate. Tradizionalmente definite come aree di esclusione sociale e degrado, queste zone – fermi restando i problemi strutturali che le caratterizzano da decenni, relativamente ai servizi, alla qualità delle infrastrutture e del costruito – non stanno attualmente vivendo un'accelerazione del deterioramento rispetto ai centri storici. Ciò è dovuto a vari fattori positivi, tra cui un minor tasso di invecchiamento della popolazione rispetto ai centri storici, che favorisce una maggiore vitalità sociale ed economica. Le periferie attraggono infatti famiglie giovani, sia italiane che straniere, con una crescente tendenza degli stranieri a diventare proprietari di abitazioni, raggiungendo tassi di proprietà comparabili a quelli delle famiglie italiane. Questo fenomeno testimonia una maggiore integrazione, sebbene non elimini del tutto il problema del degrado abitativo, presente soprattutto in alcune zone specifiche.
  Un altro aspetto positivo è la propensione delle periferie a ospitare attività imprenditoriali, specialmente nel settore dei servizi e delle piccole industrie. Questa tendenza riflette un dinamismo economico che, pur con i limiti delle piccole imprese, indica una capacità di reazione rispetto alle difficoltà strutturali. Tuttavia, questo quadro positivo si accompagna a segnali di preoccupazione. Si osserva, infatti, una diffusione del degrado oltre le tradizionali periferie, verso i comuni limitrofi alle aree metropolitane, e un trasferimento di problematiche dai centri storici verso le zone residenziali di prima cintura. In alcune città, le aree storicamente borghesi o residenziali, come il quartiere Prati o il quartiere Parioli a Roma, mostrano segnali di degrado significativo, sia nei servizi che nella qualità urbana.
  Il professor De Rita ha sottolineato l'importanza di definire con maggiore precisione il concetto di periferia. L'idea tradizionale di periferia come sinonimo di degrado sociale non è più adeguata a descrivere la complessità delle realtà urbane contemporanee. Ogni periferia è caratterizzata da problemi e dinamiche specifiche, che richiedono soluzioni mirate e differenziate. Non è possibile adottare un approccio standard per affrontare le problematiche delle periferie; al contrario, è necessario classificare e clusterizzare le diverse aree periferiche per sviluppare politiche adeguate. L'immagine evocativa utilizzata da De Rita è quella di un grappolo d'uva, in cui ogni acino rappresenta una realtà a sé stante, da affrontare con interventi specifici.
  Sul piano urbanistico e infrastrutturale, De Rita ha evidenziato gli errori del passato nella progettazione e realizzazione degli edifici, soprattutto quelli costruiti tra gli anni Sessanta e Ottanta. Sebbene oggi non sia possibile demolire e ricostruire interamente questi complessi, Pag. 57si sta assistendo a un progressivo miglioramento delle condizioni abitative, con interventi di recupero sugli spazi interni ed esterni, che favoriscono attività economiche come i bed and breakfast e attraggono flussi turistici sempre più ampi. Questo miglioramento, tuttavia, genera una dinamica di esclusione: le famiglie con maggiori risorse tendono a spostarsi nelle zone meno vicine al centro, spingendo le famiglie più povere verso aree ancora più lontane.
  La situazione attuale è ulteriormente complicata da un aumento delle fragilità economiche e sociali, aggravato da difficoltà crescenti nell'accesso a servizi essenziali come la sanità. Il professor De Rita ha citato episodi recenti di aggressioni al personale sanitario come sintomo di una crescente ansia collettiva, paragonabile alla preoccupazione per la sicurezza fisica legata all'aumento dei reati. Questo clima di insicurezza e precarietà non è confinato alle periferie, ma attraversa l'intera società.

Marcello Scurria, sub-commissario straordinario del Governo per il risanamento della baraccopoli di Messina.

  Il sub-commissario straordinario del Governo per il risanamento della baraccopoli di Messina, Marcello Scurria, ha presentato alla Commissione una relazione sulla situazione delle baraccopoli della città e sugli interventi in corso per la loro eliminazione e riqualificazione. La sua esposizione si è focalizzata sulla gravità della situazione abitativa, sulle peculiarità del fenomeno messinese e sulle strategie messe in atto per affrontare un problema che si trascina da oltre un secolo.
  Il dottor Scurria ha sottolineato come Messina rappresenti un caso unico in Italia e in Europa per l'estensione e la persistenza delle baraccopoli, che ancora oggi occupano un'area di 680.000 metri quadrati e sono distribuite su tutto il territorio cittadino, inclusa la zona centrale. Si tratta di insediamenti composti da costruzioni fatiscenti, spesso realizzate con materiali pericolosi come l'amianto, la cui presenza è stimata in circa 100.000 metri quadrati. Un dato particolarmente significativo riguarda il numero delle famiglie ancora residenti: se nel 2018 erano circa 2.300, oggi sono state ridotte a circa 1.600, pari a 4.000-4.500 persone, tra cui numerosi minori e soggetti fragili.
  Uno degli aspetti critici evidenziati dal sub-commissario riguarda il degrado ambientale e sanitario delle aree occupate dalle baraccopoli. Non solo gli edifici sono pericolosi per la presenza di amianto, ma anche il sottosuolo risulta fortemente inquinato, rendendo necessaria una bonifica approfondita prima di poter avviare progetti di riqualificazione. Inoltre, l'assenza di servizi adeguati e le condizioni di vita precarie hanno prodotto effetti negativi sulla salute degli abitanti, come evidenziato da un primo screening sanitario realizzato nel 2018, che ha rivelato dati allarmanti.
  Il dottor Scurria ha poi illustrato la strategia adottata per il risanamento delle baraccopoli, il cosiddetto «metodo Messina», che prevede non solo la demolizione e bonifica delle aree, ma anche l'acquisto o la ristrutturazione di alloggi sul libero mercato, per garantire un'effettiva inclusione sociale degli ex residenti. L'obiettivo è evitare la creazione di «ghetti verticali», ossia complessi di edilizia Pag. 58popolare isolati e degradati, come già accaduto in altre realtà italiane. La priorità nell'assegnazione degli alloggi è stata data alle famiglie con membri fragili, in particolare disabili e bambini con difficoltà. Un censimento aggiornato ha rivelato la presenza di circa 300 famiglie con almeno un componente gravemente disabile, molte delle quali sono già state ricollocate.
  Un altro elemento centrale della relazione ha riguardato la genesi storica delle baraccopoli messinesi, originate dal terremoto del 1908 e successivamente consolidate nel tempo con politiche abitative inefficaci. Il sub-commissario Scurria ha raccontato come la città sia stata ricostruita prima con baracche in legno, poi con quartieri popolari definiti «città giardino», che nel tempo sono divenuti sovraffollati e caratterizzati da abusi edilizi. Il problema, secondo il sub-commissario, è stato aggravato dal mancato coordinamento tra le istituzioni e dalla mancanza di un'efficace strategia di lungo periodo. Negli anni Novanta era stata varata una legge regionale con una dotazione di 500 miliardi di lire per affrontare il problema, ma i risultati sono stati limitati, con la costruzione e l'assegnazione di appena 530 alloggi.
  Negli ultimi anni, grazie alla creazione di un ufficio del commissario straordinario con poteri derogatori e finanziamenti statali, il processo di risanamento ha subito una forte accelerazione. Inoltre, dal 2019, con l'istituzione dell'Agenzia per il risanamento (comunale e con poteri ordinari) e grazie all'utilizzo di fondi europei, sono stati assegnati circa 600 alloggi, un risultato superiore a quello ottenuto nei tre decenni precedenti. Tuttavia, il dottor Scurria ha sottolineato come il trasferimento delle famiglie dalle baraccopoli alle nuove abitazioni non rappresenti un punto di arrivo, bensì l'inizio di un percorso di inclusione, che richiede interventi di accompagnamento sociale ed economico.
  In questo contesto, il sub-commissario ha evidenziato l'importanza dell'educazione e della formazione come strumenti fondamentali per il riscatto delle nuove generazioni. Ha riferito di un'indagine condotta con l'Università di Messina su un campione di 480 famiglie, da cui è emerso che solo una persona aveva conseguito una laurea magistrale. Per contrastare la dispersione scolastica e favorire l'accesso all'istruzione superiore, è stato avviato un programma di borse di studio per giovani residenti nelle baraccopoli, con l'assegnazione di dieci borse da parte di un'università telematica.
  Un altro punto toccato nella relazione riguarda la criminalità nelle baraccopoli, con particolare riferimento allo spaccio di droga. Il dottor Scurria ha raccontato di un caso emblematico nel quartiere di Messina Fondo Fucile, dove, su 134 famiglie, ben 14 persone risultavano agli arresti domiciliari, un dato che suggerisce una presenza significativa della microcriminalità in queste aree. Tuttavia, ha precisato che l'ufficio del commissario non ha competenze dirette in materia di ordine pubblico e che il controllo del territorio è demandato alle forze dell'ordine.
  Infine, il sub-commissario ha avanzato alcune proposte per migliorare la gestione del problema abitativo in Italia, sottolineando la necessità di superare il modello dell'edilizia popolare tradizionale e di incentivare l'integrazione abitativa. Ha suggerito, tra le altre cose, di evitare la costruzione di nuovi complessi di edilizia sociale ghettizzanti Pag. 59e di favorire l'acquisto di alloggi nel libero mercato con il supporto dello Stato.
  Infine, il dottor Scurria ha auspicato una proroga della struttura commissariale oltre il 2025, ritenendola indispensabile per completare il processo di risanamento e riqualificazione urbana.

Carolina Bellantoni, Osservatorio sulle periferie del Ministero dell'interno

  La relazione del prefetto Carolina Bellantoni, membro dell'Osservatorio sulle periferie del Ministero dell'interno, ha fornito un quadro dell'operato del predetto organismo, istituito presso il Ministero dell'interno dal cosiddetto «decreto Caivano» (articolo 3-bis del decreto-legge n. 123 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 159/2023). L'Osservatorio ha il compito di monitorare le condizioni delle aree periferiche italiane, promuovendone la riqualificazione urbanistica, sociale e culturale e contrastando fenomeni di marginalità ed esclusione.
  Il prefetto Bellantoni ha evidenziato come l'Osservatorio sia un organismo interistituzionale, presieduto dal Ministro dell'interno o da un suo delegato, e composto da rappresentanti di vari ministeri, enti territoriali, istituti di ricerca (CENSIS, ISTAT), organizzazioni sindacali, associazioni di categoria e del Terzo settore. La sua articolazione complessa rispecchia la multidimensionalità delle problematiche affrontate e consente un lavoro coordinato tra i vari attori coinvolti.
  L'Osservatorio opera attraverso riunioni plenarie, convocate almeno due volte l'anno, e gruppi di lavoro tematici dedicati all'approfondimento di specifiche questioni. È stata inoltre prevista la creazione di un comitato tecnico ristretto, con funzione di cabina di regia, e la costituzione di Osservatori regionali presso le prefetture dei capoluoghi di regione, in modo da garantire un flusso costante di informazioni tra il livello centrale e i territori. Questa rete permetterà di raccogliere dati dettagliati sulle situazioni di degrado e disagio, studiare i fenomeni di esclusione e marginalizzazione e monitorare l'evoluzione delle condizioni delle periferie.
  Uno degli aspetti della relazione ha riguardato la necessità di definire in modo chiaro e univoco il concetto di «periferia». Tradizionalmente, la periferia è stata considerata un'area geografica marginale rispetto ai centri urbani, ma oggi il termine si riferisce a una realtà più complessa e sfaccettata. Non si tratta più solo di una questione di distanza dal centro cittadino, ma di una condizione di marginalità sociale ed economica che può esistere anche nelle aree centrali delle città, come dimostrano molti casi di degrado urbano a ridosso dei centri storici o nei pressi delle stazioni ferroviarie. Per questo motivo, l'Osservatorio sta lavorando alla costruzione di un sistema di indicatori multidimensionali per identificare e classificare le aree periferiche, basandosi su criteri economici, sociali, infrastrutturali e ambientali.
  Tra gli indicatori presi in considerazione figurano la disoccupazione, il basso livello di istruzione, la dispersione scolastica, la vulnerabilità sociale, il degrado urbanistico, la criminalità e la carenza di servizi essenziali. L'Osservatorio ha coinvolto i suoi membri nella Pag. 60selezione e nella validazione di questi parametri, con l'obiettivo di costruire un sistema flessibile, capace di adattarsi alle trasformazioni urbane e sociali nel tempo.
  Un altro tema affrontato dalla relazione del prefetto Bellantoni è stato quello della mappatura delle buone pratiche. L'Osservatorio intende raccogliere e diffondere esempi di interventi di successo nelle periferie italiane, per individuare strategie replicabili in altri contesti. Questo lavoro si avvarrà della collaborazione degli Osservatori regionali e delle prefetture, che forniranno dati e informazioni sulle esperienze locali. Per facilitare questo processo, si prevede la creazione di una piattaforma digitale che permetta lo scambio di dati e buone pratiche tra le istituzioni coinvolte.
  Nel corso dell'audizione, il prefetto Bellantoni ha anche affrontato il tema delle risorse finanziarie, sottolineando che l'Osservatorio, pur non disponendo di un proprio budget, sta lavorando per mappare le fonti di finanziamento disponibili per gli interventi nelle periferie. Il riferimento è, in particolare, ai fondi del PNRR destinati alla rigenerazione urbana, rispetto ai quali l'Osservatorio intende svolgere un ruolo di monitoraggio per garantire un utilizzo efficace ed equo delle risorse.
  Un caso analizzato durante l'audizione è stato il cosiddetto «modello Caivano», che ha previsto un intervento coordinato tra diverse istituzioni per affrontare le criticità di una delle aree più degradate d'Italia. Questo modello, basato su un approccio integrato e multidisciplinare, ha suscitato interesse, ma anche qualche precisazione in merito alla sua applicabilità ad altri contesti. Il prefetto Bellantoni ha sottolineato che ogni periferia ha caratteristiche specifiche e richiede interventi personalizzati, per cui il modello di Caivano potrebbe essere un riferimento, ma non l'unico possibile.
  Un ulteriore punto affrontato è stato il ruolo del commissario straordinario come strumento di intervento nelle periferie. Se da un lato questa figura può essere utile per affrontare situazioni di emergenza, dall'altro non può rappresentare una soluzione strutturale. Il prefetto Bellantoni ha ricordato esperienze di successo in cui la riqualificazione di quartieri degradati è avvenuta attraverso un'azione continua e sistemica, basata sulla presenza delle istituzioni, sul miglioramento della sicurezza e sulla promozione di attività sociali e culturali.
  La relazione si è soffermata inoltre sull'importanza del dialogo con la società civile. L'Osservatorio vuole promuovere il coinvolgimento attivo delle comunità locali, delle associazioni e del Terzo settore, riconoscendo il loro ruolo fondamentale nella comprensione dei problemi e nella definizione delle soluzioni. L'obiettivo è sviluppare politiche efficaci, basate su un ascolto attento delle esigenze dei territori.

Riccardo Travaglini, sindaco di Castelnuovo di Porto

  Il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini, ha offerto la testimonianza di una realtà locale, alle porte di Roma che, a seguito di un cortocircuito istituzionale, ha visto fortemente degradate alcune aree abitate del suo territorio. La sua esposizione si è aperta con una richiesta di ascolto non tanto formale, quanto autenticamente politica Pag. 61e umana: il dottor Travaglini non si è limitato a rappresentare i problemi di un piccolo comune (circa 8000 abitanti), ma ha cercato di dimostrare come, in quel territorio, siano concentrate le contraddizioni più gravi e paradossali del rapporto tra Stato e periferia, tra legalità e abbandono.
  La sua denuncia si è articolata intorno a due nuclei territoriali che costituiscono, oggi, due vere e proprie fratture urbanistiche e sociali: il comprensorio delle Terrazze a Ponte Storto e l'area di Monte Tufello. In entrambi i casi, il sindaco ha descritto un degrado non solo materiale, ma istituzionale, generato da decisioni sbagliate del passato e aggravato da decenni di disinteresse, che hanno prodotto un cortocircuito in cui la legalità è diventata impraticabile e la gestione del territorio è sfuggita a ogni forma di controllo ordinato.
  Nel caso delle Terrazze, il sindaco Travaglini ha ricostruito una vicenda che affonda le sue radici negli anni Settanta, quando Roma Capitale, nel tentativo di fronteggiare l'emergenza abitativa, trasferì numerose famiglie in un complesso costruito nel territorio di Castelnuovo di Porto. Si trattava di un piccolo centro agricolo che, improvvisamente, vide raddoppiare la propria popolazione. Tuttavia, a questo intervento abitativo non seguì alcuna misura sociale di integrazione, nessun investimento infrastrutturale, nessun accompagnamento reale della transizione. Le opere di urbanizzazione rimasero incompiute, gli edifici non furono mai manutenuti, i servizi basilari vennero trascurati. In pochi anni, quell'area diventò un'enclave di disagio e marginalità, un territorio a sé stante dove la mano pubblica scomparve e lasciò il posto a forme di autogestione precaria, alla proliferazione di occupazioni abusive, alla diffusione della microcriminalità. I luoghi pubblici furono rapidamente fagocitati: farmacia e supermercato divennero abitazioni occupate, gli spazi comuni si svuotarono di funzione e furono abbandonati al degrado.
  Nonostante la situazione disperata, l'amministrazione di Castelnuovo di Porto non è rimasta inerte. Il sindaco Travaglini ha raccontato con orgoglio e amarezza insieme le battaglie portate avanti per ottenere il riconoscimento delle responsabilità di Roma Capitale, culminate in un pronunciamento giudiziario che ha portato al commissariamento del comune di Roma. Tuttavia, nonostante la nomina di due commissari e il trascorrere di anni, nulla è cambiato sul piano sostanziale: le opere di urbanizzazione restano incompiute, l'acquedotto non è allacciato, la rete fognaria continua a scaricare sulla via Tiberina, e gli edifici continuano a deteriorarsi in modo allarmante. Il sindaco ha sottolineato come la gestione di questi problemi ricada interamente su Castelnuovo di Porto, nonostante il comune non abbia giurisdizione formale su quegli immobili, con l'effetto paradossale di dover emettere ordinanze contingibili e urgenti per tamponare problemi che, in realtà, non rientrano nella sua competenza diretta.
  Il dottor Travaglini ha insistito sul fatto che, al di là degli strumenti giuridici, è in gioco una questione di dignità, legalità e giustizia sociale. Ha quindi ricordato come molti abitanti del comprensorio delle Terrazze siano persone fragili: disabili impossibilitati a scendere di casa perché privi di ascensore; malati gravi come persone affette da SLA, che temono di allontanarsi per il rischio che l'abitazione venga occupata in loro assenza; famiglie con bambini che vivono in condizioni Pag. 62igieniche precarie e insicure. In questo contesto, l'amministrazione comunale ha scelto comunque di agire, destinando risorse significative – del tutto sproporzionate rispetto alla dimensione del comune – per garantire servizi educativi, sostegno alla genitorialità, presidi sociali. Un impegno che grava pesantemente sul bilancio, ma che il sindaco rivendica come doveroso, pur nella consapevolezza che da soli non si può reggere all'infinito questo peso.
  La seconda area che il dottor Travaglini ha descritto è quella di Monte Tufello, da lui definita «la collina degli scheletri». In questo caso, la vicenda è forse ancora più emblematica dell'impotenza dello Stato di fronte alla stratificazione del degrado. Negli anni Ottanta vennero costruiti, in modo abusivo, grandi edifici residenziali, in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico. I lavori non furono mai conclusi, le autorizzazioni urbanistiche decaddero, e l'intero comparto finì sotto sequestro penale per reati associativi. Da allora, per oltre trent'anni, quelle strutture sono rimaste lì, incompiute, abusive, in parte abitate da famiglie che hanno stipulato contratti con soggetti formalmente privi di titolo, in una situazione giuridica totalmente incerta. La gestione del sito è rimasta, di fatto, nelle mani degli stessi soggetti legati alla società coinvolta nei procedimenti penali, e nemmeno i custodi giudiziari sono riusciti a prendere effettivo possesso del bene.
  Anche qui, il sindaco ha raccontato gli sforzi dell'amministrazione per garantire i diritti essenziali, come l'acqua potabile. Il comune è stato costretto ad acquisire un depuratore fatiscente e ad assumersi la responsabilità diretta della fornitura idrica, pur sapendo che si tratta di un'operazione straordinaria necessitata dalla situazione, che si è potuta realizzare anche grazie al contributo di Acea. Il dottor Travaglini ha quindi riferito che le abitazioni sono collegate alla corrente con fili volanti, che le bombole del gas vengono utilizzate senza alcuna sicurezza, e che l'assenza di controllo espone gli abitanti a rischi gravi, quotidiani. Il sindaco ha poi aggiunto che, nonostante le numerose segnalazioni, gli organi preposti non sono mai intervenuti in modo efficace. La situazione è di fatto bloccata: non è possibile demolire gli edifici, all'interno dei quali continuano a vivere 250 persone, non si possono regolarizzare le abitazioni, non è nemmeno possibile assegnare regolarmente gli alloggi o stipulare contratti di affitto. Tutto è sospeso in un limbo giuridico che impedisce qualsiasi intervento concreto.
  Il dottor Travaglini ha quindi lanciato un appello esplicito alla Commissione e, più in generale, allo Stato, evidenziando che un piccolo comune come il suo non può portare sulle spalle, da solo, un peso simile. Ha quindi chiesto che Roma Capitale si assuma le proprie responsabilità, trasferisca la gestione degli immobili al comune di Castelnuovo di Porto, consenta l'avvio di percorsi di regolarizzazione e di risanamento. Egli ha inoltre auspicato che lo Stato, nelle sue articolazioni istituzionali, affianchi concretamente gli sforzi locali, mettendo a disposizione risorse, strumenti, poteri straordinari se necessario: in gioco non è solo il benessere di una comunità, ma la credibilità stessa dello Stato e delle sue leggi.
  Il dottor Travaglini ha concluso con un richiamo alla necessità di agire in rete, insieme, riconoscendo che le responsabilità del passato non devono servire per puntare il dito, ma per correggere gli errori. Ha Pag. 63poi riconosciuto che vi è una nuova stagione che si affaccia sul territorio, anche grazie allo sviluppo della logistica e all'arrivo di investimenti privati. Ma ha sottolineato che questo potenziale rischia di essere vanificato se non si interviene per sanare quelle aree che, oggi, rappresentano vere e proprie zone di esclusione dal diritto e dalla cittadinanza. La sua richiesta è stata, in ultima analisi, una richiesta di giustizia, non in senso astratto, ma nella sua accezione più concreta e quotidiana: il diritto di ogni cittadino a vivere in sicurezza, dignità e legalità.
  Dopo l'intervento del sindaco Riccardo Travaglini, la Commissione ha ascoltato altri rappresentanti del territorio di Castelnuovo di Porto, ciascuno dei quali ha contribuito ad arricchire il quadro. I loro interventi hanno dato voce, in particolare, alla scuola, ai servizi sociali, alla polizia locale e alla struttura giuridica dell'amministrazione comunale, rivelando una rete di sforzi e di resistenza che, pur nella scarsità di mezzi, tenta quotidianamente di tenere in piedi un'idea di comunità e di legalità.
  L'assistente sociale Rossella Musmeci, coordinatrice dell'area sociale del Consorzio Valle del Tevere, distaccata presso il comune di Castelnuovo di Porto, ha delineato il contesto di Castelnuovo di Porto come quello di una «nuova periferia» di Roma, dove la pressione abitativa, il costo della vita e il pendolarismo hanno prodotto un progressivo spostamento di popolazione fragile verso questi territori limitrofi. Il Consorzio, ha spiegato Musmeci, è uno strumento recente, ma fondamentale per una governance integrata dei servizi sociali in un'area che abbraccia 17 comuni. La dottoressa Musmeci ha raccontato come Castelnuovo, in particolare, sia costretto a investire in misura sproporzionata rispetto alla propria dimensione per rispondere alle emergenze che si concentrano soprattutto nei comprensori delle Terrazze e di Monte Tufello, ponendo l'accento sul fatto che il disagio sociale, qui, non è solo generazionale, ma addirittura intergenerazionale: sono molte le famiglie seguite dai servizi sociali, per cui si riscontrano condizioni problematiche analoghe nei nonni, nei genitori e nei figli, segno che in queste aree si è creata una vera e propria «catena» della marginalità.
  L'insegnante Aurora Russo ha portato la voce della scuola. Docente dell'Istituto comprensivo «Guido Pitocco», ha parlato in particolare dei due plessi scolastici situati nell'area di Ponte Storto, che accolgono i bambini residenti nelle Terrazze e a Monte Tufello. L'insegnante Russo ha descritto un ambiente scolastico ad altissima complessità educativa, segnato dalla presenza massiccia di bambini con bisogni educativi speciali, da una componente straniera numerosa, da famiglie con scarsa scolarizzazione e prive di strumenti culturali e relazionali adeguati. Ha quindi parlato della fatica quotidiana nel contrastare la dispersione scolastica, nell'accogliere bambini che non parlano l'italiano, nel colmare le disuguaglianze. Ma ha anche raccontato gli sforzi fatti per costruire una scuola come presidio di legalità e di coesione sociale: progetti di inclusione, laboratori pomeridiani, percorsi innovativi di didattica attiva, che cercano di coinvolgere i bambini e le famiglie e di trasformare la scuola in un luogo non solo di apprendimento, ma di appartenenza. Ha posto l'accento sulla necessità di riconoscere ufficialmente la particolarità di questi plessi, chiedendo che Pag. 64siano tutelati alla stregua delle scuole di montagna o di aree a rischio, affinché non siano penalizzati dai parametri numerici previsti dal piano di dimensionamento scolastico. L'insegnante Russo ha rilevato che perdere la scuola in questi quartieri significherebbe perdere l'ultimo presidio istituzionale, l'ultimo legame visibile con lo Stato, e che ogni investimento nella scuola è un investimento nella prevenzione, nella sicurezza, nella crescita del territorio.
  Il rappresentante della polizia locale, Filippo Salvucci, ha introdotto un'altra dimensione del problema: quella dell'ordine pubblico e della sicurezza. Filippo Salvucci ha raccontato come il corpo della polizia locale del comune si trovi a fronteggiare una mole di lavoro enorme con mezzi e personale del tutto insufficienti: solo sette agenti, compreso il comandante, per un comune che, nella zona delle Terrazze, presenta problematiche paragonabili a quelle di interi quartieri metropolitani. Salvucci ha parlato della difficoltà materiale di accertare le occupazioni abusive, che spesso vengono alla luce solo a seguito di segnalazioni. Il rappresentate della polizia locale ha spiegato che l'assenza di un'anagrafe chiara e aggiornata degli assegnatari regolari da parte di Roma Capitale impedisce al comune di Castelnuovo di Porto di sapere chi ha titolo a risiedere in quegli alloggi e chi no. Ha quindi descritto la realtà di un territorio in cui si moltiplicano allacci abusivi, smaltimenti illeciti di rifiuti, degrado strutturale, e dove gli abitanti, non trovando risposte dal proprietario legittimo – cioè il comune di Roma per quanto concerne la zona delle Terrazze – si rivolgono alla polizia locale di Castelnuovo di Porto, generando un carico emotivo e operativo insostenibile.
  L'intervento dell'avvocato del comune Michela Urbani ha aggiunto un ulteriore livello di consapevolezza giuridica e istituzionale. L'avvocato Urbani ha spiegato come l'amministrazione comunale abbia cercato, in ogni modo, di agire attraverso gli strumenti legali a disposizione, considerando Roma Capitale alla stregua di un privato inadempiente e citandola in giudizio per la mancata realizzazione delle opere pubbliche previste. Ha quindi ricordato che il comune di Castelnuovo di Porto ha vinto sia in primo grado sia in sede esecutiva, ma che nonostante il commissariamento imposto al comune di Roma, gli obblighi non sono stati rispettati. Le opere dovevano essere realizzate entro centoventi giorni, ma a distanza di quattro anni siamo ancora alla mappatura della rete fognaria. Riguardo a Monte Tufello, l'avvocata ha evidenziato la contraddizione tra i poteri previsti dal Testo unico dell'edilizia per gli immobili abusivi e il blocco che si verifica quando l'immobile è sotto sequestro penale: in questo caso, non si può né acquisire il bene né demolirlo, né tantomeno regolarizzarne la gestione. L'avvocato Urbani ha denunciato l'assurdità giuridica di una situazione in cui il bene, pur confiscato, resta nella disponibilità degli stessi soggetti che ne avevano il controllo prima del sequestro, e dove il comune, pur avendo la responsabilità sociale e materiale della popolazione residente, non ha alcun potere di intervento.
  Inoltre, la Commissione ha ascoltato anche il custode giudiziario Davide Franco, il quale ha riconosciuto la drammaticità della situazione, ma ha ribadito i limiti entro cui la custodia giudiziaria può operare, in riferimento alla problematica degli immobili di Monte Tufello. Ha spiegato che, in attesa della definizione del procedimento Pag. 65penale – avviato nel 2007 – non è possibile attuare pienamente le misure previste per i beni sequestrati o confiscati. Il dottor Franco ha anche ammesso che non è mai stato possibile entrare in reale possesso degli immobili, e che ciò ha impedito ogni tipo di gestione ordinata o regolare. Il custode giudiziario ha anche ricordato che era stata ipotizzata, senza esito, un'assegnazione provvisoria al comune di Roma, ma anche quella è rimasta sulla carta. Egli ha quindi rilevato che, in assenza di una confisca definitiva, ogni azione rischia di compromettere i diritti della proprietà originaria che, potenzialmente, potrebbe vedersi riattribuire i beni sequestrati, avendo impugnato tale sequestro.
  Infine, è intervenuta l'avvocato Anna Maria Costabile, in rappresentanza del Dipartimento lavori pubblici del comune di Roma, la quale ha dichiarato che, come Dipartimento lavori pubblici, ex SIMU, sono stati vicini al sindaco di Castelnuovo di Porto, in quanto, trattandosi di infrastrutture viarie, a novembre 2024 hanno consegnato gli impianti di illuminazione e, a giugno 2024, hanno consegnato alcune infrastrutture limitrofe al complesso immobiliare Le Terrazze. L'avvocato Costabile ha però affermato che il cortocircuito, in relazione a questa vicenda, sussisterebbe anche tra Dipartimenti dell'amministrazione capitolina e, in particolare, tra quello che lei rappresenta e il Dipartimento valorizzazione del patrimonio e politiche abitative.

2.1.3 LE AUDIZIONI DI ASSOCIAZIONI ED ESPERTI

Giorgia D'Errico, Marco Catitti e Antonella Inverno, Save The Children

  La relazione presentata alla Commissione da Giorgia D'Errico, direttrice Public Affairs e Relazioni istituzionali di Save The Children, da Marco Catitti, coordinatore Relazioni istituzionali della medesima organizzazione, e da Antonella Inverno, responsabile Ricerca, Analisi & Training dello stesso ente, offre un'analisi articolata sulla situazione dei bambini e degli adolescenti che vivono nelle aree periferiche.
  Il focus principale è stato posto sulle disuguaglianze sociali, economiche ed educative che caratterizzano le periferie delle grandi città italiane, sottolineando la necessità di interventi sistemici e duraturi.
  Save the Children, attiva in 120 Paesi del mondo (compresa l'Italia) con vari programmi da oltre un secolo, ha illustrato come operi per supportare minori e famiglie vulnerabili attraverso iniziative mirate. Tra queste, i «Punti Luce», che rappresentano presidi socioeducativi per ragazzi tra i 6 e i 17 anni, mentre il programma «Fuoriclasse» opera all'interno delle scuole per contrastare la dispersione scolastica, promuovendo il protagonismo giovanile e il benessere scolastico. Un'iniziativa particolarmente innovativa è «Qui – un Quartiere per crescere», un progetto di rigenerazione sociale attivo in cinque quartieri italiani: Ostia Ponente (a Roma), ZEN 2 (a Palermo), Pianura (a Napoli), Macrolotto Zero (a Prato) e Porta Palazzo-Aurora (a Torino). Questi territori sono stati scelti per le loro condizioni di marginalità e disagio sociale, con l'obiettivo di trasformarli in spazi in cui i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza siano garantiti in modo trasversale, attraverso la collaborazione tra attori istituzionali, terzo settore e comunità locali. Questo progetto punta a creare un piano di sviluppo territoriale che Pag. 66includa il diritto alla salute, all'istruzione di qualità, alla protezione e alla lotta contro la povertà materiale ed educativa.
  Giorgia D'Errico ha posto l'accento sull'importanza di considerare non solo le periferie geografiche, ma anche quelle sociali ed educative, in cui i minori vivono spesso in condizioni di privazione. Secondo i dati riportati, quasi 3,8 milioni di bambini e adolescenti risiedono nelle grandi città metropolitane italiane, due su cinque in abitazioni sovraffollate, e molti devono affrontare sfide legate alla mancanza di opportunità economiche ed educative. Il rapporto «Fare spazio alla crescita», presentato da Save the Children nel 2023, ha analizzato la distribuzione dei minori nelle 14 città metropolitane in Italia, individuando 33 municipi (su 114 presi in considerazione) con un'alta concentrazione di minorenni e fattori di svantaggio. Tra le criticità evidenziate, la carenza di spazi adeguati per la crescita: il 39,1 per cento dei minori vive in abitazioni sovraffollate, molte delle quali presentano condizioni strutturali precarie, come tetti danneggiati (9,2 per cento), problemi di umidità (13,7 per cento) e scarsa luminosità (5,4 per cento). Inoltre, circa il 45,5 per cento dei provvedimenti di sfratto nel 2022 si è concentrato nelle città metropolitane, con aumenti significativi rispetto all'anno precedente.
  Anche il sistema scolastico presenta gravi lacune: tre scuole su cinque nei territori considerati non dispongono di una palestra, una su tre manca di spazi sociali, e in otto città metropolitane il tempo pieno nella scuola primaria è significativamente inferiore alla media nazionale del 38 per cento. D'Errico ha sottolineato l'importanza della scuola non solo come luogo di istruzione, ma anche come punto di riferimento sociale ed educativo. Save the Children promuove una campagna per garantire il tempo pieno a tutti i bambini, associandolo a risorse per il personale scolastico e per strutture adeguate, come mense, palestre e biblioteche.
  La povertà educativa, strettamente legata a quella economica, rappresenta un'altra sfida cruciale. Nel 2022, 1.269.000 minorenni vivevano in Italia in povertà assoluta, pari al 13,4 per cento del totale, il dato più alto dal 2014, e un minore su quattro in povertà relativa. Tuttavia, mentre la povertà assoluta nelle aree centrali delle città metropolitane è diminuita, nelle periferie è leggermente aumentata, raggiungendo l'11,6 per cento delle famiglie. Save the Children propone interventi mirati per contrastare questa tendenza, come l'inserimento della mensa scolastica tra i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), per garantire almeno un pasto completo e sano al giorno ai bambini in condizioni di povertà certificata.
  Un altro tema rilevante è il lavoro minorile. La ricerca condotta da Save the Children nel 2023 ha stimato che 336.000 bambini e adolescenti tra i 7 e i 15 anni hanno avuto esperienze lavorative, spesso in condizioni di sfruttamento. Tra i quattordici-quindicenni, 58.000 hanno svolto lavori particolarmente pericolosi o incompatibili con la scuola. Il lavoro minorile, come evidenziato da Antonella Inverno, alimenta un circolo vizioso: la necessità economica spinge i ragazzi a lasciare la scuola, limitando le loro prospettive future e perpetuando la povertà.
  Tra le soluzioni proposte da Save the Children, l'agenda urbana nazionale per i bambini è un elemento fondamentale. Questa dovrebbe includere misure come il recupero urbano co-progettato con bambini Pag. 67e adolescenti, gli asili nido accessibili a tutti nella fascia 0-3 anni, un pasto al giorno a scuola (gratuito) per i minori poveri, scuole aperte tutto il giorno, spazi sportivi e culturali, e il comodato gratuito dei libri scolastici. Inoltre, Save the Children sostiene un maggiore utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata per scopi educativi e sociali specificamente destinati a minori e ragazzi, attualmente limitato al 5 per cento dei beni totali assegnati e appena all'1,4 per cento di tutti i beni confiscati nelle 14 città metropolitane.

Laura Baldassarre e Domenico della Porta, UNICEF Italia

  Laura Baldassarre, Responsabile Advocacy dell'UNICEF Italia, ha sottolineato l'importanza di considerare le periferie non solo come luoghi geograficamente marginali, ma come aree dove bambini e adolescenti subiscono una significativa privazione di opportunità. Questa interpretazione, ha spiegato, evidenzia come il problema non risieda esclusivamente nelle periferie urbane, ma anche in quelle situazioni centrali delle città dove i diritti fondamentali dei più giovani non sono garantiti.
  La dottoressa Baldassarre ha posto un forte accento sul ruolo della prevenzione, del contrasto e del recupero come pilastri essenziali per tutelare i diritti umani. Ha richiamato l'importanza di un approccio multidimensionale, che tenga conto delle interazioni tra ambiti sociali, sanitari, educativi, sportivi e culturali. L'Italia, ha affermato, è all'avanguardia a livello internazionale nell'applicazione del concetto di povertà multidimensionale, ma questo progresso teorico non si traduce sufficientemente in politiche territoriali efficaci. È necessario lavorare per garantire l'integrazione dei servizi nelle periferie, dove la frammentazione delle prassi operative rappresenta un ostacolo significativo.
  Un tema centrale del suo intervento è stato il principio di sussidiarietà, inteso sia in senso verticale, ovvero come cooperazione tra i diversi livelli di governo (nazionale, regionale e locale), sia orizzontale, che prevede il coinvolgimento del terzo settore. Quest'ultimo, ha sottolineato Baldassarre, non deve sostituirsi al pubblico, ma affiancarlo, assumendo un ruolo di advocacy e promozione dei diritti. È necessario un cambio di paradigma: mettere i diritti dei bambini al centro delle politiche, non come elemento marginale. Per fare ciò, ha ribadito, servono dati pubblici disaggregati a livello territoriale, strumenti per monitorare e valutare l'impatto delle politiche e una forte volontà politica.
  Un esempio pratico di questo approccio è rappresentato dall'attuazione in Italia della Child Guarantee (Garanzia Infanzia promossa dall'Unione europea), che ha visto il coinvolgimento diretto di bambini e ragazzi nella progettazione dei servizi destinati a loro. Baldassarre ha citato lo Youth Advisory Board, un gruppo di giovani che ha avanzato richieste concrete, come una maggiore partecipazione alla valutazione e progettazione dei servizi. I giovani, ha spiegato, hanno evidenziato come siano loro stessi i principali destinatari delle politiche e pertanto le loro voci debbano essere ascoltate.
  Sul piano delle politiche, la dottoressa Baldassarre ha evidenziato come sia fondamentale tradurre le buone prassi locali in modelli sistemici replicabili su scala nazionale. Ha citato i Patti Educativi di Pag. 68Comunità, che rappresentano esempi di successo nell'integrare scuola e territorio per promuovere il benessere dei giovani. Tuttavia, ha anche rilevato l'importanza di affrontare temi strutturali come l'autonomia differenziata e i livelli essenziali di prestazione (LEP), che devono garantire i diritti dei bambini in tutto il territorio nazionale. Una particolare attenzione è stata posta sulla necessità di investire nelle zone più deprivate, dove i dati indicano una maggiore vulnerabilità dei minori.
  Tra i temi prioritari indicati da Baldassarre ci sono stati l'educazione di qualità, la salute mentale e il benessere psicosociale dei minorenni, il contrasto alla povertà e la sostenibilità. Ha sottolineato come l'urbanistica e l'organizzazione degli spazi urbani possano avere un impatto significativo sul benessere dei bambini, richiamando esempi virtuosi come il Piano Fanfani del dopoguerra, che non si limitava a fornire case, ma mirava a creare comunità con spazi adeguati e ben progettati.
  Domenico Della Porta, consulente dell'Osservatorio per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile UNICEF Italia, ha integrato il discorso di Baldassarre con una prospettiva focalizzata sulla salute e il lavoro minorile. Professore di medicina del lavoro presso l'Università di Salerno, ha illustrato una disciplina innovativa, non curriculare, da lui promossa, che collega il benessere umano alla pianificazione urbanistica. In questo ambito, si mira a trasformare gli ambienti urbani in spazi più vivibili e sostenibili, utilizzando strumenti legislativi già esistenti, come i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP).
  Il professor Della Porta ha fornito dati sul lavoro minorile in Italia: circa 90.000 minorenni sono lavoratori assicurati nel 2023 dall'INPS, concentrati principalmente in agricoltura, edilizia, artigianato e servizi. Ha spiegato che un protocollo d'intesa tra UNICEF e i consulenti del lavoro permette di monitorare queste situazioni e di sviluppare strumenti specifici per valutare i rischi lavorativi per i giovani. È stato elaborato un documento sperimentale, in collaborazione con l'Università di Salerno, che propone linee guida per prevenire patologie professionali e infortuni nei lavoratori minorenni, tenendo conto delle loro peculiarità rispetto agli adulti, da condividere poi con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Un dato significativo emerso è che circa il 40 per cento dei minorenni lavoratori assicurati risiede in aree extraurbane. Questo fenomeno, ha spiegato Della Porta, richiede un intervento mirato per prevenire malattie professionali e ridurre il rischio di lesioni irreversibili.

Stefano Petrocchi e Serena Ferraiolo, Fondazione Bellonci

  I rappresentanti della Fondazione Goffredo e Maria Bellonci sono stati auditi in due occasioni dalla Commissione, il 4 aprile 2024 e il 19 novembre 2024. Di particolare interesse è l'iniziativa «Storie di periferia. Riportare le periferie al centro della storia», che viene evidenziata nella sezione 2.3.2 della presente Relazione.
  L'audizione del 4 aprile 2024 presso la Commissione ha visto la partecipazione di Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Goffredo e Pag. 69Maria Bellonci, e di Serena Ferraiolo, assistente di direzione della stessa Fondazione. L'incontro è stato organizzato per presentare un progetto culturale che mira a coinvolgere le periferie italiane attraverso la promozione della lettura e della scrittura, in particolare rivolgendosi alle scuole e alle associazioni culturali di due territori emblematici per le loro difficoltà: Tor Bella Monaca a Roma e Caivano in Campania.
  Il dottor Stefano Petrocchi ha esordito illustrando l'attività della Fondazione Bellonci, che da anni organizza il Premio Strega, uno dei più prestigiosi riconoscimenti letterari italiani. Negli ultimi anni, la Fondazione ha ampliato il proprio raggio d'azione, dando vita al Premio Strega Giovani, un'iniziativa che coinvolge studenti delle scuole secondarie superiori in tutta Italia e all'estero, chiamandoli a leggere e votare i libri in concorso. Attualmente, la giuria del Premio è composta da studenti di 106 scuole, con oltre mille ragazzi e ragazze partecipanti. Questo coinvolgimento diretto dei giovani, secondo Petrocchi, ha un effetto positivo sulla promozione della lettura, responsabilizzando gli studenti e facendo loro percepire l'importanza del proprio ruolo nel determinare il successo di un'opera letteraria.
  Il nuovo progetto presentato, intitolato «Storie di periferia. Riportare le periferie al centro della storia», si inserisce nel solco di questa esperienza, ma con un obiettivo più ampio: non solo promuovere la lettura nelle periferie, ma creare un vero e proprio percorso culturale che abbia una continuità nel tempo. L'iniziativa prevede di partire con un evento significativo, probabilmente nel teatro di Tor Bella Monaca, che segnerà l'assegnazione del Premio Strega Giovani. Tuttavia, questo evento non sarà concepito come una conclusione, ma piuttosto come un punto di partenza per un lavoro più strutturato nelle periferie. Da ottobre 2024 in poi, infatti, la Fondazione intendeva essere presente stabilmente nei territori coinvolti, portando avanti attività di promozione della lettura e avviando una scuola di scrittura, con l'obiettivo di far emergere la creatività e il punto di vista dei ragazzi che vivono in questi contesti difficili.
  Il direttore Petrocchi ha evidenziato come l'educazione alla scrittura rappresenti un elemento chiave per avvicinare i giovani alla lettura. Imparare a scrivere significa infatti diventare lettori più consapevoli, comprendere meglio i meccanismi narrativi e sviluppare un pensiero critico. Per questo motivo, il progetto prevede che i ragazzi coinvolti partecipino a laboratori di scrittura, che culmineranno nella pubblicazione di un libro contenente i loro scritti. Parallelamente, la Fondazione continuerà a promuovere la lettura attraverso la piattaforma digitale «leggiamoci.it», già attiva da tempo, che offre ai ragazzi uno spazio per condividere i propri testi e confrontarsi con altri lettori.
  La dottoressa Serena Ferraiolo ha aggiunto alcune considerazioni a margine dell'intervento di Petrocchi, sottolineando come portare un premio letterario così prestigioso in contesti periferici non sia un'operazione di facciata, ma un'opportunità concreta per dare visibilità a questi territori e creare occasioni di crescita culturale. Ha ribadito l'importanza di lavorare a stretto contatto con le associazioni locali, che giocano un ruolo fondamentale nel mantenere vivo il tessuto culturale delle periferie. L'idea del progetto non è solo quella di offrire un momento di attenzione mediatica, ma di instaurare un dialogo continuativo con le realtà territoriali, ascoltando i bisogni e gli interessi dei ragazzi coinvolti. Il progetto si adatterà alle esigenze specifiche delle comunità, cercando di stimolare Pag. 70una partecipazione attiva e non calando dall'alto una proposta preconfezionata.
  La successiva audizione del 19 novembre 2024 ha visto nuovamente la partecipazione di Stefano Petrocchi e di Serena Ferraiolo. L'incontro è stato organizzato per discutere lo stato di avanzamento del citato progetto «Storie di periferia. Riportare le periferie al centro della storia», nato con l'intento di portare la cultura e la promozione della lettura nei contesti più fragili, con un focus particolare sulle comunità di Tor Bella Monaca e Caivano.
  Il dottor Petrocchi ha illustrato come il progetto abbia avuto il suo avvio concreto nel maggio precedente, con un evento significativo presso il Teatro di Tor Bella Monaca, che ha ospitato gli autori candidati al Premio Strega e un pubblico composto da numerosi studenti delle scuole secondarie superiori, sia del territorio che di altre regioni italiane. L'iniziativa ha ricevuto grande visibilità, anche attraverso la menzione nella serata finale del Premio Strega in diretta televisiva, confermando il valore simbolico e pratico del percorso intrapreso. Il progetto, ha spiegato Petrocchi, non è nato come un semplice evento isolato, ma come un percorso continuativo che mira a coinvolgere le realtà culturali e scolastiche dei territori, ascoltando le esigenze delle comunità locali e traducendole in attività concrete.
  Nei mesi successivi alla prima fase del progetto, la Fondazione ha avviato un dialogo diretto con le associazioni e le istituzioni scolastiche di Tor Bella Monaca e Caivano, cercando di capire quali fossero le necessità più urgenti e le modalità più efficaci per rendere l'iniziativa realmente incisiva. Da questi incontri è emerso un quadro piuttosto chiaro: sebbene entrambe le aree condividano difficoltà economiche e sociali, presentano caratteristiche e bisogni differenti. Tor Bella Monaca dispone già di una rete di attori culturali attivi da tempo – come il Teatro di Tor Bella Monaca, la libreria Due Torri e l'associazione Cubo Libro – e il progetto si è inserito in un tessuto già parzialmente avviato, contribuendo a creare connessioni tra realtà che fino a quel momento non avevano mai collaborato direttamente tra loro. A Caivano, invece, è emerso un grave problema di mancanza di strutture e spazi culturali: la scuola rappresenta l'unico presidio educativo e aggregativo stabile, mentre al di fuori di essa non esistono biblioteche, centri di aggregazione o librerie che possano sostenere e amplificare le energie positive presenti nel territorio.
  Uno degli elementi emersi dal confronto con le scuole e le associazioni è stato il concetto di opportunità. Gli studenti e gli educatori hanno percepito il progetto come una possibilità concreta di arricchimento e di emancipazione, un'occasione per uscire dall'isolamento culturale e partecipare a una rete più ampia di crescita e scambio. In particolare, a Caivano, il preside del Liceo Braucci, il professor Mola, ha sottolineato come il problema principale non sia la mancanza di motivazione tra gli studenti, ma l'assenza di infrastrutture adeguate per sostenere la loro crescita culturale. La scuola rappresenta un'eccellenza locale, ma il suo impatto rischia di essere limitato dall'assenza di un contesto urbano favorevole.
  Nel corso dell'audizione, il dottor Petrocchi ha annunciato che la seconda fase del progetto sarebbe partita a gennaio 2025 e si sarebbe sviluppata fino alla primavera, coinvolgendo circa 50 studenti per ogni territorio in una serie di incontri con professionisti della scrittura e dell'editoria.Pag. 71 L'obiettivo è quello di offrire ai ragazzi strumenti pratici per avvicinarsi al mondo della scrittura e della lettura in modo attivo e consapevole. Il percorso prevede lezioni mensili con tutor qualificati, che guideranno gli studenti nell'apprendimento delle tecniche narrative e nella comprensione dei meccanismi del mestiere di scrittore. A supporto di questa attività, saranno organizzati incontri con scrittori di rilievo, grazie alla rete di contatti della Fondazione Bellonci, e verrà chiesto ai ragazzi di realizzare racconti originali, che verranno pubblicati sulla piattaforma Leggiamoci.it, uno spazio digitale dedicato ai giovani scrittori.
  Una delle richieste emerse dal territorio di Tor Bella Monaca riguarda la necessità di ampliare il pubblico degli incontri, coinvolgendo non solo gli studenti selezionati per il laboratorio di scrittura, ma anche ragazzi più giovani e le loro famiglie. Si vuole creare un contesto di aggregazione attorno al libro, favorendo la formazione di una comunità che ruoti attorno alla lettura e alla cultura. Per questo motivo, il progetto prevede l'organizzazione di alcuni incontri pubblici, aperti a un'ampia platea, per raccontare la storia del Premio Strega, della Fondazione Bellonci e dell'importanza della lettura come strumento di crescita personale e collettiva.
  La dottoressa Serena Ferraiolo ha poi aggiunto alcune considerazioni più generali, sottolineando come il progetto abbia già avuto un impatto significativo nel creare connessioni tra le diverse realtà culturali delle periferie. Ha raccontato che, durante il primo incontro organizzato con le associazioni di Tor Bella Monaca, è emerso un dato sorprendente: nonostante le diverse organizzazioni culturali operassero tutte nello stesso quartiere e partecipassero regolarmente alle riunioni istituzionali, non avevano mai avuto occasione di incontrarsi e discutere insieme delle loro attività. Questo dimostra come il progetto non stia solo portando nuovi stimoli nei territori, ma stia anche contribuendo a costruire una rete di collaborazione più solida tra gli attori già presenti.
  A Caivano, invece, la situazione è apparsa più frammentata e fragile. Le associazioni culturali presenti sul territorio hanno mostrato un atteggiamento di cautela e protezione, accogliendo il progetto, ma mantenendo una certa riservatezza, segno che il tessuto comunitario locale fatica a riconoscersi come un'entità coesa e collaborativa. Ferraiolo ha evidenziato come questa criticità renda ancora più importante il lavoro di continuità sul territorio, per evitare che il progetto venga percepito come un'iniziativa temporanea e isolata. La costruzione di una comunità culturale richiede tempo e costanza, e la Fondazione Bellonci è determinata a garantire un impegno prolungato, per non disattendere le aspettative che il progetto ha generato tra gli studenti e gli educatori.
  Durante la discussione con i membri della Commissione, è emerso il tema del ruolo delle biblioteche nelle periferie. Il dottor Petrocchi ha sottolineato che, laddove presenti, le biblioteche rappresentano spazi fondamentali di aggregazione culturale, luoghi in cui non solo si prendono in prestito libri, ma si sviluppano percorsi di lettura condivisi e si creano occasioni di confronto. Tuttavia, ha ricordato che in molte periferie italiane – come nel caso di Caivano – le biblioteche sono assenti o poco accessibili, e questo rappresenta un ostacolo significativo per la diffusione della cultura.
  L'audizione si è conclusa con l'impegno della Fondazione Bellonci a proseguire il progetto con un evento finale a giugno 2025 a Caivano, che Pag. 72segnerà il momento conclusivo della prima fase dell'iniziativa. L'obiettivo a lungo termine è quello di consolidare un modello replicabile, che possa essere esteso ad altre periferie italiane, come già richiesto da alcune realtà, tra cui la Falchera di Torino. Il progetto non si limita a portare la cultura nelle periferie, ma mira a rafforzare il senso di appartenenza e di comunità, restituendo alle periferie un ruolo centrale nella narrazione culturale del Paese.

Prof. Fabio Giglioni, Università La Sapienza

  Fabio Giglioni, professore ordinario di diritto amministrativo presso La Sapienza di Roma, è stato audito due volte dalla Commissione, il 19 giugno e il 28 novembre 2024. Le audizioni si legano all'esigenza, evidenziata ripetutamente nel corso dei sopralluoghi esterni della Commissione, di verificare l'opportunità di interventi normativi per la valorizzazione del ruolo del Terzo settore e, più in generale, del volontariato sociale, considerata l'importanza crescente che il ruolo dei privati va assumendo nel fronteggiare i problemi tipici delle aree degradate.
  Nel corso della prima audizione il professor Giglioni ha esposto il concetto di «amministrazione condivisa», evidenziandone il valore di modello innovativo volto a consentire ai cittadini e agli enti del Terzo settore di partecipare attivamente alla risoluzione di problemi di interesse generale, superando l'impostazione tradizionale dell'ente pubblico quale esclusivo titolare dell'organizzazione e dell'erogazione di servizi pubblici. Questo modello, che si è sviluppato in modo spontaneo negli ultimi anni, rappresenta un tentativo di rendere più efficace la collaborazione tra cittadini e istituzioni, sfruttando le risorse e le competenze della società civile. Il principio di «amministrazione condivisa» trova le sue radici nei regolamenti comunali, come quello approvato a Bologna dieci anni fa per la gestione dei beni comuni urbani. Da allora, questo approccio si è diffuso in tutta Italia, spesso assunto sulla base di un assai ampio consenso politico. La sua applicazione si è poi ampliata grazie agli strumenti previsti dal Codice del Terzo Settore, quali coprogettazione, coprogrammazione e convenzioni, che formalizzano la collaborazione tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore per interventi di rilevanza sociale. Anche alcune leggi regionali, come quelle di Lazio, Toscana e Umbria, hanno contribuito a rafforzare questo modello. Un ulteriore sviluppo si è avuto con l'articolo 6 del nuovo Codice dei contratti pubblici, che ha escluso esplicitamente il modello dell'amministrazione condivisa dalle logiche di mercato e dagli obblighi normativi previsti per gli appalti pubblici.
  Nonostante i progressi compiuti, esiste ancora uno spazio per interventi normativi volti a consolidare e migliorare l'amministrazione condivisa. Tuttavia, se una legge generale potrebbe risultare controproducente, irrigidendo un processo che deve invece rimanere flessibile e adattabile alle specificità locali, delle modifiche legislative circoscritte e puntuali potrebbero sicuramente essere utili. Ad esempio, l'introduzione di un articolo nella legge n. 241/1990 per riconoscere formalmente i «patti di collaborazione civica» non solo darebbe legittimità a questi strumenti, ma fornirebbe anche un conforto normativo alle amministrazioni locali, che spesso si muovono con prudenza temendo responsabilità giuridiche.Pag. 73
  Un altro intervento potrebbe riguardare l'articolo 55 del codice del Terzo Settore, che disciplina la coprogettazione. Attualmente, la giurisprudenza italiana ne limita l'applicazione, riconoscendo solo il rimborso dei costi diretti – e non anche quelli indiretti – agli enti del Terzo settore. Si tratta di una interpretazione restrittiva e non allineata alla giurisprudenza europea, che invece ammette il rimborso anche dei costi indiretti, purché non si producano profitti. Un chiarimento normativo su questo punto sarebbe utile per ampliare le possibilità di applicazione della coprogettazione e per superare le resistenze ancora presenti in alcune amministrazioni e nella giurisprudenza amministrativa.
  Sarebbero altresì utili interventi per semplificare il sostegno agli enti del Terzo settore, distinguendo tra finanziamenti legati a specifici progetti e contributi più generali, nonché per risolvere incongruenze normative che oggi limitano l'accesso a risorse da parte di alcune categorie di enti. Per esempio, occorrerebbe rivedere le norme che privilegiano le organizzazioni di volontariato rispetto ad altre forme associative, come le associazioni di promozione sociale, senza una giustificazione logica adeguata.
  Un altro ambito di intervento normativo riguarda il problema dell'abbandono di beni, pubblici e privati, che spesso diventa una causa di degrado urbano e sociale. Al riguardo occorrerebbe definire giuridicamente il concetto di abbandono e, conseguentemente, responsabilizzare i proprietari per garantire un uso adeguato dei beni. Le norme che attualmente regolano i terreni abbandonati nel settore forestale, ad esempio, potrebbero essere estese ad altri ambiti, consentendo ai comuni di intervenire su beni abbandonati anche attraverso soluzioni non espropriative, come l'assegnazione temporanea per progetti di rigenerazione.
  Specifici interventi potrebbero poi essere rivolti a rafforzare l'uso di beni pubblici dismessi, spesso appartenenti al demanio militare o ad altre amministrazioni, prevedendo obblighi per gli enti proprietari di promuovere il riutilizzo di questi spazi. Ad esempio, in caso di inerzia tali beni potrebbero essere trasferiti agli enti locali, che avrebbero il compito di attivare progetti di riqualificazione, magari in collaborazione con il terzo settore.
  Un altro aspetto cruciale evidenziato è la necessità di un cambiamento culturale e organizzativo all'interno delle pubbliche amministrazioni. È assolutamente necessaria la creazione di nuove figure professionali, come i facilitatori, per gestire le relazioni tra amministrazioni e cittadini, promuovendo approcci amministrativi più informali che possano favorire la partecipazione civica. Il livello nazionale dovrebbe svolgere un ruolo di impulso in questo processo, fornendo formazione, linee guida e strumenti per incentivare le amministrazioni locali a sperimentare nuovi modelli di gestione.
  Infine, secondo il prof. Giglioni, è fondamentale integrare l'amministrazione condivisa nelle politiche pubbliche fin dalla fase di progettazione, affinché diventi una funzione strutturale delle amministrazioni locali e non un'iniziativa marginale. Sarebbe pertanto auspicabile un maggiore equilibrio tra il ruolo di indirizzo della politica e quello di gestione delle amministrazioni, affinché si possano valorizzare al Pag. 74meglio le potenzialità del modello condiviso senza rischiare derive di utilizzo strumentale da parte della politica.
  A seguito dell'audizione del 19 giugno 2024, prendendo positivamente atto delle possibilità di intervento normativo prospettate, che rispondono ad esigenze effettivamente riscontrate sul territorio nel corso delle missioni esterne, la Commissione ha deciso di assegnare al prof. Giglioni un incarico professionale retribuito, specificamente finalizzato alla redazione di testi in forma emendativa. Tali testi, trasmessi alla Commissione nel mese di novembre 2024, sono stati illustrati nel corso della seconda audizione del prof. Giglioni del 28 novembre 2024.
  Per una illustrazione delle proposte emendative in questione si rinvia alla sezione 2.3.3 della presente relazione.

Tiziana Ronzio, associazione TorPiùBella

  Tiziana Ronzio, rappresentante dell'associazione TorPiùBella, ha descritto la realtà drammatica vissuta quotidianamente a Tor Bella Monaca, un quartiere di Roma che rappresenta uno dei punti più critici della periferia urbana italiana. Ha delineato un contesto di degrado sistemico, criminalità dilagante e assenza di interventi strutturali, che penalizzano gravemente la popolazione locale, in particolare le fasce più deboli come bambini e anziani.
  Secondo Tiziana Ronzio, molti bambini del quartiere crescono in famiglie coinvolte nel traffico di droga, dove le abitazioni vengono utilizzate per confezionare e distribuire sostanze stupefacenti. Questi bambini sono spesso inconsapevolmente coinvolti in attività criminali, ad esempio facendo da vedette per avvisare gli spacciatori dell'arrivo della polizia, e vivono esperienze di violenza domestica e abbandono educativo. Il tasso di abbandono scolastico è definito «allucinante», e molti giovani passano le giornate in strada, esposti a pericoli e senza accesso a strutture ricreative o educative adeguate. Questo li rende particolarmente vulnerabili al reclutamento da parte della criminalità organizzata.
  Il quadro di degrado è ulteriormente aggravato dalla gestione inadeguata delle case popolari, spesso lasciate in condizioni di abbandono e oggetto di un racket che ne regola l'occupazione illegale. Ronzio ha evidenziato come interi edifici siano sotto il controllo di spacciatori che si comportano come portieri, decidendo chi può accedere agli immobili.
  Un dato allarmante fornito da Ronzio riguarda il numero di persone con precedenti penali che risiedono nel Municipio VI, oltre 800, ben superiore a quelli detenuti del carcere di Rebibbia. Il quartiere è dominato da 13 clan criminali che regolano la vita quotidiana degli abitanti, rendendo impossibile una vita normale. Le faide tra bande, spesso composte da gruppi locali e manodopera straniera, hanno causato episodi tragici, come l'omicidio di un ragazzo di 14 anni coinvolto dal patrigno in un regolamento di conti e l'uccisione di una donna colpita da un proiettile vagante. Questo clima di violenza genera una costante sensazione di insicurezza tra gli abitanti.
  Le infrastrutture pubbliche del quartiere sono in uno stato di degrado avanzato: strade dissestate, parchi abbandonati e spazi pubbliciPag. 75 occupati da spacciatori rendono impossibile l'uso di queste aree da parte di famiglie e bambini. Gli abitanti devono fare i conti con episodi di vandalismo e incendi dolosi di automobili, spesso legati a faide tra gruppi criminali. Ronzio ha denunciato anche l'abbandono scolastico come uno dei principali fattori che alimentano il reclutamento giovanile nelle reti criminali.
  Nonostante la presenza delle forze dell'ordine, il controllo del territorio rimane fortemente limitato. Ronzio ha proposto l'impiego dell'esercito per presidiare gli edifici più critici e ristabilire un minimo di sicurezza, suscitando spesso critiche ma ribadendo la necessità di interventi drastici. Ha sottolineato che l'assenza di un portierato sociale contribuisce a facilitare l'ingresso di persone dedite ad attività illecite. L'associazione TorPiùBella sta cercando di contrastare questa situazione organizzando eventi e attività che ridanno dignità al quartiere, con l'attività svolta nella cosiddetta «Torre 1», la «Torre della Legalità», uno spazio multifunzionale con palestra per anziani e giardino.
  Un'altra criticità emersa riguarda gli anziani, che vivono isolati nelle loro abitazioni per paura di uscire, anche solo per svolgere attività basilari come gettare la spazzatura. La minaccia costante di occupazioni abusive delle abitazioni da parte di criminali contribuisce a peggiorare la qualità della vita di questa fascia di popolazione, già vulnerabile.

Claudio Falasca e Saverio Galeota, associazione CorvialeDomani

  L'audizione di Claudio Falasca e Saverio Galeota dell'associazione CorvialeDomani fornisce un quadro delle problematiche che affliggono le periferie romane, con particolare attenzione alle dinamiche sociali, economiche e politiche che hanno determinato e continuano a perpetuare il degrado in quartieri come Corviale a Roma. La loro analisi si sofferma su due aspetti principali: il fallimento strutturale delle politiche pubbliche e la necessità di adottare approcci innovativi e sistemici per una rigenerazione urbana efficace e sostenibile.
  Saverio Galeota ha tracciato una cronologia del lavoro dell'associazione, iniziato nel 2008, mettendo in luce come l'abbandono di piani precedentemente avviati sia emblematico di un sistema politico incapace di garantire continuità. Ha definito la chiusura della Commissione d'inchiesta Periferie, dopo il termine della XVII legislatura, un «omicidio politico», simbolo di un turnover istituzionale che ricomincia costantemente da zero, lasciando i progetti incompleti e sprecando risorse economiche e sociali. Questo atteggiamento ha impedito di sfruttare appieno strumenti e fondi disponibili, come i 132 milioni di euro già stanziati per Corviale, anche attraverso il progetto «Rigenerare Corviale», avviato nel 2017 e tuttora in fase di stallo.
  Uno dei temi centrali affrontati da Galeota riguarda la criminalità che si manifesta in maniera crescente nel quartiere. Ha denunciato un aumento degli episodi di violenza, come sparatorie e incendi dolosi, aggravati dall'assenza di un controllo efficace sugli ingressi nel «Serpentone», dove chiunque può entrare senza alcuna verifica. Ha sottolineato come il degrado fisico e sociale di Corviale sia il risultato di anni di negligenza istituzionale, che non ha saputo affrontare le problematiche strutturali del quartiere, né promuovere una rigenerazione che coinvolga attivamente la comunità locale.Pag. 76
  Tra le soluzioni proposte, Galeota ha insistito sull'istituzione di un «RUP sociale», un responsabile unico del procedimento in grado di garantire il coinvolgimento dei residenti nella pianificazione e realizzazione di interventi urbani. Ha inoltre sottolineato l'importanza di un «condominio sociale», inteso come strumento per creare occupazione, rafforzare il senso di responsabilità collettiva e prevenire l'occupazione abusiva e il degrado. Questi modelli, secondo Galeota, potrebbero rappresentare un punto di svolta per trasformare Corviale in un esempio virtuoso di rigenerazione urbana.
  Claudio Falasca ha ampliato questa visione con un'analisi tecnica delle cause del degrado. Ha evidenziato come l'approccio alle periferie italiane sia stato caratterizzato da una «miopia istituzionale» che ha portato alla costruzione di grandi complessi residenziali senza adeguati servizi sociali e infrastrutturali. Questa assenza ha generato un circolo vizioso di degrado, isolamento sociale e criminalità, aggravato dalla mancanza di una gestione coerente e dalla debolezza delle politiche pubbliche.
  Falasca ha inoltre posto l'accento sul valore del patrimonio umano e associativo di Corviale, sottolineando come, malgrado il degrado, il quartiere abbia sviluppato una rete di associazioni che ha rappresentato una barriera al completo collasso sociale. Tuttavia, questa rete non può essere l'unica risposta: le istituzioni devono assumersi la responsabilità di coordinare e finanziare interventi strutturali, inclusi tavoli di amministrazione condivisa, dove pubblico e terzo settore collaborino alla gestione delle risorse e alla progettazione del futuro del quartiere.
  Egli ha poi criticato la mancanza di risorse per la gestione corrente dei progetti finanziati, in particolare quelli del PNRR. Ha spiegato come il rischio di realizzare infrastrutture senza prevedere fondi per la loro manutenzione e gestione porti a una frustrazione delle aspettative e, in ultima analisi, a un peggioramento delle condizioni di vita. Questo problema è particolarmente evidente nei casi in cui i comuni, soprattutto nel Meridione, rinunciano ai finanziamenti per infrastrutture come gli asili nido, sapendo di non poter sostenere i costi di gestione successivi.
  Falasca ha anche proposto il potenziamento del coinvolgimento dei residenti attraverso forme di amministrazione partecipata, come il portierato sociale, che offrirebbe lavoro ai locali e garantirebbe un controllo efficace sugli accessi e sulla gestione degli spazi comuni. Ha sottolineato come, in assenza di un tale coinvolgimento, i complessi abitativi diventino terreno fertile per attività illecite e abusi. Ha inoltre criticato la mancanza di strategie integrate che includano i cittadini come parte attiva della gestione della sicurezza nei quartieri. Ha suggerito, ad esempio, di reintrodurre figure come il poliziotto di quartiere e di implementare modelli di sicurezza partecipata, dove la comunità collabora con le forze dell'ordine per il controllo del territorio.

Don Antonio Coluccia

  Don Antonio Coluccia ha dipinto un quadro complesso e drammatico delle periferie romane, mettendo in evidenza come il degrado urbano, la criminalità organizzata e la mancanza di risposte concrete Pag. 77da parte dello Stato creino un circolo vizioso che coinvolge e imprigiona gli abitanti di questi quartieri. Ha iniziato richiamando l'attenzione sulla percezione diffusa della città «che si commuove, ma non si muove», sottolineando che le periferie non possono essere considerate solo luoghi marginali, ma veri epicentri di problemi sistemici.
  Uno degli aspetti centrali del suo intervento è stato il legame inscindibile tra narcotraffico e degrado. Ha spiegato che la droga non è solo una conseguenza, ma una causa profonda della crisi sociale ed economica delle periferie, dove i clan criminali non solo controllano le piazze di spaccio, ma operano come veri e propri sistemi di welfare alternativo. I clan, spesso radicati da generazioni nei quartieri popolari, garantiscono lavoro illecito e assistenza in cambio di consenso sociale. Questo crea un senso di appartenenza e dipendenza che isola ulteriormente queste comunità dal resto della città e dallo Stato. Don Coluccia ha evidenziato come il racket delle occupazioni abusive sia parte integrante di questo sistema, con case popolari trasformate in beni gestiti dalle organizzazioni criminali senza alcun controllo istituzionale. Ha denunciato l'assenza di un censimento adeguato da parte dell'ATER e dell'edilizia residenziale pubblica (ERP), sottolineando che, senza una mappatura precisa degli abitanti, è impossibile intervenire in modo efficace.
  In questo contesto, ha messo in guardia contro il crescente ruolo dei nordafricani nelle attività criminali delle periferie (svolte anche da italiani). Inizialmente utilizzati come manovalanza dai clan locali, questi gruppi stanno progressivamente reclamando più potere, generando tensioni che rischiano di sfociare in violenti conflitti. Ha citato episodi concreti, come incendi dolosi di automobili e accoltellamenti, per dimostrare la gravità della situazione e il rischio di una vera e propria guerra per il controllo del territorio.
  Un altro aspetto affrontato dal suo intervento è stato il problema della dispersione scolastica e dell'attrazione del crimine per i giovani. Don Coluccia ha spiegato che molti minori, in assenza di alternative, entrano a far parte del sistema criminale già da adolescenti, guadagnando cifre significative come vedette per le piazze di spaccio. Ha denunciato il fallimento delle istituzioni educative e sociali nel prevenire questo fenomeno, sottolineando che la vera antimafia consiste nel fornire opportunità di lavoro legale e dignità agli abitanti delle periferie. Ha elogiato iniziative come la creazione di una palestra sociale di pugilato a San Basilio, ma ha evidenziato che queste azioni sono isolate e insufficienti senza un piano più ampio e coordinato.
  Ha richiamato l'attenzione anche sul problema della tossicodipendenza, definendolo una piaga che necessita di un approccio integrato e di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni sanitarie. Ha criticato il fatto che alcune regioni, inclusa la Lombardia, non garantiscano ai tossicodipendenti il diritto di curarsi fuori dai confini regionali, limitando così le loro possibilità di riabilitazione.
  Nel corso del suo intervento Don Coluccia ha fatto appello alla necessità di protocolli antimafia più rigorosi, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle case popolari e dei cantieri pubblici, dove spesso non esiste alcun controllo reale. Ha denunciato l'assenza di trasparenza nell'assegnazione e nella gestione degli appartamenti dell'ATER,Pag. 78 chiedendosi perché non siano mai state avviate indagini serie per identificare i responsabili di queste irregolarità.
  Don Coluccia ha anche sottolineato l'importanza della prevenzione e della sicurezza partecipata. Ha ribadito che la sicurezza non può essere delegata esclusivamente alle forze di polizia, ma deve coinvolgere attivamente i cittadini attraverso programmi educativi, sportivi e culturali. Tuttavia, ha lamentato che molti municipi non dispongano nemmeno delle risorse necessarie per svolgere compiti basilari, come la manutenzione del verde pubblico, rendendo ancora più difficile il compito di ricostruire il tessuto sociale.
  Infine, ha lanciato un appello alla continuità politica, sottolineando che la frammentazione degli interventi e la mancanza di una visione a lungo termine rappresentano uno dei principali ostacoli al miglioramento delle condizioni nelle periferie.

Stefania Mancini, Fondazione Charlemagne

  Stefania Mancini, consigliere delegato della Fondazione Charlemagne, ha offerto alla Commissione un quadro delle attività della Fondazione nel contesto delle periferie urbane, con particolare riferimento alla città di Roma. La Fondazione Charlemagne, che opera da oltre un ventennio in ambito locale, nazionale e internazionale, è una realtà privata che si avvale di rendite patrimoniali per finanziare progetti di utilità sociale, ambientale e culturale. Il suo approccio innovativo si distingue per il focus sui percorsi comunitari, la promozione di reti collaborative e l'attenzione alla partecipazione dal basso.
  Un elemento centrale dell'intervento di Stefania Mancini è stato il programma «Periferiacapitale», attraverso il quale la Fondazione ha attivato circa 90 progetti in tutta Roma, toccando tutti i municipi. I progetti spaziano in vari ambiti: in particolare, 19 sono di natura culturale, 15 ambientale e 26 sociale. La Fondazione ha stipulato protocolli d'intesa con 9 dei 15 municipi romani, ma collabora anche con quelli senza accordi formali, evidenziando la volontà di essere una risorsa per tutta la città. I municipi di Roma, alcuni dei quali con densità abitativa che sfiora i 300.000 abitanti, soffrono di una carenza di autonomia finanziaria. La Fondazione fornisce quindi un supporto strategico e operativo, anche attraverso programmi di formazione per il personale municipale e l'organizzazione di scambi di buone pratiche, come nel caso del Municipio X, il cui personale è stato portato a Torino dove ci sono delle buone pratiche. Questi protocolli d'intesa mirano a ottimizzare gli interventi locali in ambito sociale, ambientale e culturale, rendendoli più efficaci e sostenibili.
  La Fondazione lavora a stretto contatto con il terzo settore, ascoltando le necessità di cooperative, organizzazioni di volontariato, parrocchie e altre realtà locali per individuare percorsi di supporto che favoriscano la coesione comunitaria. L'idea chiave è che gli interventi dall'alto rischiano di sgretolarsi e che bisogna quindi, nelle periferie, alimentare le comunità. Per questo motivo, la Fondazione prospetta diversi strumenti: dal sostegno a taluni enti non solo di tipo economico, al cofinanziamento per facilitare l'accesso ai fondi pubblici e privati, fino a un programma formativo gratuito per le organizzazioni del terzo settore. Questo programma include moduli su governance, accountability,Pag. 79 capacità di fare lobby e creazione di reti collaborative, con l'obiettivo di rafforzare la trasparenza e la capacità di azione delle organizzazioni locali.
  Un contributo importante della Fondazione è rappresentato dalla collaborazione con le università pubbliche di Roma: La Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre. Questi accordi non coinvolgono il Rettorato, ma i singoli dipartimenti, e si concentrano su ricerche applicate, come le «mappe della disuguaglianza». Queste mappe incrociano dati sociologici, economici e culturali per fornire una rappresentazione dettagliata delle criticità urbane, quali la povertà educativa, l'accesso limitato alla sanità pubblica e l'isolamento sociale. I risultati permettono alla Fondazione di individuare aree prioritarie per l'intervento e di pianificare campagne di sensibilizzazione e advocacy.
  Sul piano internazionale, la Fondazione ha promosso nel gennaio 2024 un summit a Roma che ha coinvolto fondazioni di comunità di dieci capitali europee e mondiali, tra cui Kiev, Parigi, Londra, Madrid e Amsterdam. Questo evento ha consentito di confrontare esperienze e modelli. Il dialogo internazionale è visto come un'opportunità per attrarre fondi europei destinati a programmi comunitari e per consolidare la rete globale delle fondazioni di comunità.
  Un altro aspetto affrontato è stato il censimento delle realtà del terzo settore a Roma, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell'Università La Sapienza. Sono stati censiti 5.600 gruppi ed enti, tra cui associazioni non profit, cooperative sociali, mutue e organizzazioni di volontariato. Questi dati, che in gran parte sono riportati nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), rappresentano una risorsa fondamentale per pianificare interventi mirati e coordinati. La Fondazione ha incentivato l'iscrizione al RUNTS, per garantire trasparenza e accessibilità alle informazioni.
  Mancini ha evidenziato diverse criticità nelle periferie romane, come il Quarticciolo e Corviale, dove l'isolamento sociale, l'assenza di servizi e la mancanza di opportunità creano un senso di abbandono. A Corviale, ad esempio, nonostante gli investimenti del PNRR per la riqualificazione degli edifici, persistono gravi problemi di sicurezza e di dialogo con il territorio, nonostante l'iniziativa del «campo dei miracoli», un progetto di calcio sociale finanziato anche da fondazioni coreane, che offre ai giovani un'alternativa positiva in un contesto difficile.
  Egli ha quindi sottolineato la necessità di garantire la sostenibilità e la continuità degli interventi nel lungo periodo, evidenziando che non si può avere un Piano unico per le periferie.
  Infine, Mancini ha invitato la Commissione a considerare modelli positivi emersi in altre città italiane, come Milano, dove collaborazioni tra fondazioni private e terzo settore hanno generato percorsi di welfare innovativi.

Enrico Delli Compagni, psicologo clinico

  Enrico Delli Compagni, psicologo clinico specializzato in scienze criminologico-forensi, ha fornito una dettagliata analisi sul fenomeno delle baby gang, evidenziandone le caratteristiche, le cause e le possibili Pag. 80soluzioni. Ha spiegato che le baby gang sono gruppi di almeno tre giovani, solitamente minorenni, che possono includere anche ragazzi al di sotto dell'età imputabile. Questi gruppi, caratterizzati da una certa stabilità, si impegnano in una gamma di comportamenti devianti che variano dal bullismo a crimini più gravi e violenti. Nonostante il fenomeno non sia nuovo, essendo presente da almeno trent'anni, negli ultimi anni si è registrato un aumento significativo della violenza associata ai reati commessi da questi gruppi.
  Le baby gang operano principalmente in zone definite «anomiche», cioè aree prive di controllo sociale come fabbriche abbandonate, stazioni e parcheggi di centri commerciali, ma anche spazi più moderni e frequentati. Il contesto sociale e urbano contribuisce fortemente al proliferare di questi fenomeni, soprattutto in ambienti caratterizzati da degrado e mancanza di supervisione. La composizione delle gang è prevalentemente maschile, ma negli ultimi tempi si osserva una crescente partecipazione femminile. Anche la componente straniera è rilevante, con una forte presenza di minori stranieri non accompagnati (MISNA), che spesso sfuggono al controllo delle strutture di accoglienza per unirsi a queste gang.
  Dal punto di vista strutturale, le baby gang possono essere inizialmente disorganizzate, senza un vero leader, ma con il tempo, soprattutto se il gruppo si stabilizza, emerge una gerarchia piramidale con un capo e altri ruoli subordinati. Le dimensioni dei gruppi variano: la maggior parte è composta da meno di dieci membri, poiché sociologicamente è difficile per più di sei o sette persone mantenere una coesione. Tuttavia, alcune gang più grandi, soprattutto quelle ispirate a bande sudamericane o a organizzazioni criminali, possono arrivare a quaranta membri, operando con una struttura più definita e con territori di controllo ben delineati.
  Il dottor Delli Compagni ha evidenziato che la pandemia da COVID-19, con l'isolamento sociale e il lockdown, ha accelerato dinamiche di disagio giovanile che erano già presenti. Questo disagio si manifesta in un aumento dei comportamenti devianti e della violenza. I giovani coinvolti spesso non hanno una chiara percezione del disvalore delle loro azioni, agendo come se fossero immuni alle conseguenze. Questo è evidente in casi di crimini commessi in pieno giorno, senza preoccuparsi di lasciare tracce evidenti. Tale atteggiamento deriva da una «bolla di onnipotenza infantile», che rende difficile per questi ragazzi comprendere le implicazioni delle loro azioni.
  Un aspetto preoccupante è il cambiamento nella percezione delle autorità e del carcere. Le forze dell'ordine sono spesso viste come nemici, e il carcere non viene più considerato una conseguenza naturale dei reati, ma piuttosto come un'ingiustizia. Questo atteggiamento contrasta con quello delle generazioni precedenti di criminali, che accettavano il carcere come parte del «patto» della loro attività illegale. I giovani, invece, considerano la detenzione come una punizione arbitraria, il che può spiegare comportamenti come le rivolte nei centri di detenzione minorile e le fughe mal pianificate.
  Le gang possono essere classificate in quattro tipologie: gruppi spontanei dediti alla violenza o alla devianza; gang affiliate a organizzazioni criminali italiane come la mafia, la camorra o la 'ndrangheta; gang ispirate a organizzazioni criminali internazionali, come mafie Pag. 81russe o albanesi; e gruppi altamente specializzati in reati specifici, come furti di cellulari o clonazione di carte di credito. Questi gruppi possono evolvere rapidamente, aumentando il livello di complessità e organizzazione, soprattutto se il contesto lo consente.
  Il dottor Delli Compagni ha sottolineato l'importanza di interventi preventivi e pedagogici per contrastare il fenomeno. Gli investimenti in prevenzione, soprattutto nei primi anni di vita, sono cruciali per ridurre il rischio di devianza. La mancanza di una famiglia stabile e di una guida educativa adeguata è una delle principali cause del disagio giovanile. Interventi precoci, come l'allontanamento da famiglie disfunzionali e l'inserimento in strutture educative, possono rappresentare una rinascita per molti bambini. Tuttavia, è necessario un equilibrio delicato, poiché l'allontanamento è spesso percepito come traumatico.
  Le comunità educative e gli istituti penitenziari minorili devono essere riformati per garantire un approccio pedagogico efficace. Delli Compagni ha suggerito che il sistema attuale non riesce a fornire una risposta adeguata ai bisogni di questi giovani. Le comunità educative, ad esempio, mancano di regolamentazioni nazionali e spesso si trovano a gestire situazioni di emergenza senza strumenti adeguati. Inoltre, l'educazione sportiva, in particolare gli sport da combattimento, potrebbe aiutare a canalizzare l'aggressività in modo costruttivo.
  Un'altra proposta riguarda la gestione dei minori stranieri non accompagnati. Attualmente, questi giovani vengono spesso inseriti in comunità con altri ragazzi della stessa etnia, creando di fatto dei ghetti che ostacolano l'integrazione. Una redistribuzione più equilibrata potrebbe favorire il confronto culturale e il processo educativo. Inoltre, Delli Compagni ha sottolineato l'importanza di incrementare l'obbligo scolastico o formativo fino a 18 anni, specialmente per i minori stranieri, legando i permessi di soggiorno a percorsi educativi.
  Infine, il dottor Delli Compagni ha sottolineato che il fenomeno delle baby gang è sempre più amplificato dai social media, che offrono a questi giovani una piattaforma per esibire comportamenti devianti e acquisire una fama narcisistica. Questo contribuisce a rendere più complessa la gestione del fenomeno, poiché lo Stato e le istituzioni perdono credibilità agli occhi dei giovani. La previsione è che il fenomeno delle baby gang crescerà nei prossimi dieci anni, rendendo indispensabili interventi coordinati che combinino prevenzione, educazione e deterrenza. Solo un approccio integrato potrà arginare un problema che sta diventando sempre più radicato e difficile da gestire.

Massimo Vallati e Natalia Pane, Calciosociale s.s.d.

  Durante l'audizione presso la Commissione parlamentare d'inchiesta, Massimo Vallati, presidente di Calciosociale s.s.d., e Natalia Pane, responsabile sviluppo progetti Calciosociale Italia, hanno illustrato in dettaglio il loro progetto, un'iniziativa che, partendo dal calcio come strumento educativo e sociale, ha creato un modello innovativo per contrastare il degrado e la criminalità nelle periferie urbane, con particolare attenzione al quartiere di Corviale a Roma.
  Il progetto Calciosociale, attivo da vent'anni e presente da quattordici anni a Corviale, rappresenta un esempio concreto di come sia possibile trasformare una comunità attraverso l'integrazione di sport, Pag. 82educazione civica e rigenerazione urbana. Il fulcro dell'iniziativa è il Campo dei Miracoli, un luogo a Corviale che era in origine una discarica abusiva, sfruttata da organizzazioni criminali per lo smaltimento illegale di rifiuti tossici, e che è stato completamente rigenerato e restituito alla popolazione. Grazie all'impegno di Vallati, Pane e della comunità locale, oggi il Campo dei Miracoli è uno spazio di bellezza e inclusione, dove si praticano attività sportive e si promuovono valori come la legalità, la giustizia sociale e la cura dell'ambiente. Tra le attività organizzate spiccano i campionati tematici, in cui squadre formate da persone di tutte le età e abilità, dai bambini agli anziani, partecipano a un torneo che ogni anno ruota intorno a un tema educativo. Ad esempio, un campionato ha visto le squadre intitolate a figure vittime delle mafie, come Paolo Borsellino o Pio La Torre, stimolando riflessioni sui loro insegnamenti attraverso partite non solo sul campo, ma anche fuori, con azioni pratiche di cittadinanza attiva.
  Il progetto Calciosociale è stato riconosciuto a livello internazionale, ricevendo premi dalla UEFA, dalla FIGC e dalla FIFA, che ha scelto il Campo dei Miracoli come tappa in Italia per il World Cup Trophy Tour del 2014. Questo riconoscimento riflette il valore di un modello capace di trasformare territori segnati dalla criminalità in luoghi di aggregazione e rinascita sociale. Nonostante questi successi, Vallati ha evidenziato le difficoltà quotidiane di operare in un contesto come Corviale, definito una «architettura criminogena» per le sue caratteristiche urbanistiche e per la gestione semi-fallimentare da parte dell'ATER, l'ente regionale responsabile delle case popolari.
  Si è evidenziato che il cosiddetto «serpentone» di Corviale ospita oltre 1.300 appartamenti, ma è caratterizzato da racket abitativi, occupazioni abusive e una criminalità che tiene sotto scacco la popolazione onesta. La mancanza di servizi adeguati è una delle principali criticità affrontate dal progetto. Vallati ha sottolineato che il Municipio XI di Roma, con i suoi 150.000 abitanti, ha soltanto presso la ASL due psicologi e uno psichiatra, un numero del tutto insufficiente per rispondere ai bisogni di una comunità così vasta. Questa carenza si riflette anche nelle difficoltà di accesso ai servizi: convincere un giovane a iniziare un percorso psicologico è già un'impresa, ma l'attesa di sei-otto mesi per un appuntamento rischia di vanificare ogni sforzo di recupero. Inoltre, la lentezza burocratica dei servizi sociali ostacola iniziative mirate, come un recente progetto europeo per i NEET (giovani che non studiano né lavorano), in cui i servizi sociali non sono stati in grado di fornire nemmeno i nominativi necessari.
  Natalia Pane ha spiegato che Calciosociale non è solo un progetto sportivo, ma un intervento a tutto campo, che mira a creare una comunità. Tra le attività offerte ci sono il supporto scolastico, cene comunitarie per ricreare un ambiente familiare e un orto urbano curato dalle mamme del quartiere, i cui prodotti vengono distribuiti agli anziani in difficoltà. Tuttavia, il contrasto tra la bellezza del Campo dei Miracoli e il degrado circostante genera una sfiducia diffusa tra gli abitanti, rendendo difficile costruire un tessuto sociale coeso. La paura di ritorsioni, il senso di isolamento e l'assenza di un intervento pubblico efficace contribuiscono a mantenere la comunità frammentata.
  Il progetto si scontra anche con un sistema calcistico giovanile che Vallati ha definito una «piaga sociale». Le scuole calcio professionistiche,Pag. 83 più interessate al profitto che alla formazione, contribuiscono a perpetuare un modello diseducativo, mentre le curve degli stadi, dominate dalla criminalità organizzata, rappresentano un problema sociale di vasta portata. Calciosociale si propone come un'alternativa, cercando di coinvolgere i giovani in attività che combinano sport, educazione e valori civici. Negli ultimi due anni, è stata inaugurata la scuola calcio Miracoli FC, che partecipa ai tornei federali e sta contribuendo a superare il pregiudizio verso Corviale, attirando ragazzi da quartieri limitrofi.
  Un altro tema emerso durante l'audizione è la gestione dei fondi pubblici e degli investimenti del PNRR. Vallati ha denunciato che interventi infrastrutturali, come l'installazione di un parco giochi o la riqualificazione del palazzone, rischiano di essere vanificati dall'assenza di sorveglianza e manutenzione. Un esempio emblematico è il parco giochi inaugurato dal Presidente della Repubblica Mattarella, ora lasciato al buio e soggetto a vandalismi. Questo problema evidenzia la necessità di un approccio integrato, in cui le risorse siano accompagnate da un controllo costante e da un coinvolgimento attivo della comunità locale.
  Nonostante le difficoltà, Vallati e Pane continuano a credere nel potenziale trasformativo del loro progetto, ma hanno lanciato un appello alle istituzioni per un sostegno più concreto. Hanno sottolineato che investire nelle periferie non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di economia: ogni euro speso per prevenire degrado e criminalità è un risparmio per lo Stato.

Federica Alessandrini, Stefania Cecconi, Fabio Mercanti e Luigina Onorina Pivetta, Coordinamento CAU

  L'audizione del Coordinamento CAU (comitati e associazioni uniti), ha offerto un quadro dettagliato delle criticità che affliggono il Municipio VI di Roma, una delle aree periferiche più problematiche della capitale. Gli interventi di Federica Alessandrini, Stefania Cecconi, Fabio Mercanti e Luigina Onorina Pivetta hanno rappresentato uno spaccato delle sfide sociali, ambientali e sanitarie che la comunità locale affronta da decenni, evidenziando al contempo l'inerzia delle istituzioni.
  Federica Alessandrini, presidente del Coordinamento CAU, ha tracciato un quadro delle condizioni del territorio, spesso definito la «Terra dei Fuochi di Roma». Ha sottolineato come l'area, pur ricca di storia e cultura grazie a siti archeologici di rilevanza come Gabi e la necropoli di Osteria dell'Osa, sia stata trasformata in un epicentro di degrado ambientale e sanitario. Questo degrado è alimentato dalla concentrazione di impianti industriali, tra cui il sito di trattamento rifiuti di Rocca Cencia, e da una proliferazione incontrollata di discariche abusive.
  I problemi ambientali, ha spiegato Alessandrini, non si limitano alla sporcizia visibile o ai miasmi insopportabili. Le emissioni tossiche, la contaminazione del suolo e l'aria irrespirabile hanno un impatto diretto sulla salute dei cittadini, con un'incidenza di tumori che supera quella di qualsiasi altra zona di Roma. I residenti del Municipio VI hanno un'aspettativa di vita inferiore di tre anni rispetto al resto della Pag. 84città. Nonostante la gravità della situazione, le istituzioni – secondo Alessandrini – non hanno avviato un piano serio di riqualificazione, continuando invece a investire in progetti come un nuovo biodigestore che rischia di aggravare ulteriormente la situazione.
  La dottoressa Alessandrini ha inoltre ricordato che, già nel 2017, il Coordinamento CAU aveva denunciato l'abbandono del territorio alla stessa Commissione, senza ottenere risultati concreti. La mancanza di interventi è percepita come un'ulteriore conferma dell'abbandono istituzionale e dell'assenza di un percorso di riqualificazione che parta dalla bonifica dei terreni inquinati e dalla lotta contro le discariche abusive.
  Stefania Cecconi, rappresentante del Coordinamento CAU, ha focalizzato il suo intervento sull'impatto sanitario della crisi ambientale. Facendo riferimento all'articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute, Cecconi ha descritto le difficoltà affrontate dai residenti: miasmi insopportabili che impediscono una vita normale, carenza cronica di medici di base e ospedali insufficienti per le esigenze della popolazione. Ha ribadito che il degrado ambientale, causato principalmente dall'impianto di Rocca Cencia, è direttamente responsabile di un incremento di patologie tumorali, respiratorie e tiroidee.
  Cecconi ha chiesto la chiusura immediata della trasferenza dei rifiuti a Rocca Cencia, considerata una delle principali cause di inquinamento, e ha sottolineato come la salute dei cittadini del Municipio VI sia compromessa a livelli inaccettabili. Ha inoltre lamentato l'assenza di azioni concrete, ribadendo che anche i cittadini delle periferie hanno diritto a essere considerati di serie A.
  Fabio Mercanti, altro rappresentante del Coordinamento CAU, ha arricchito la discussione con un'analisi storica e strutturale. Ha descritto il Municipio VI come un territorio dalle grandi potenzialità ambientali, archeologiche e culturali, che però vengono sistematicamente ignorate a favore di un utilizzo intensivo e irresponsabile del territorio per scopi industriali e di gestione dei rifiuti. Ha evidenziato come Roma Capitale abbia concentrato gli impianti di trattamento rifiuti nelle periferie, trascurando le conseguenze ambientali e sociali per i residenti.
  Mercanti ha posto l'accento sul peso crescente che il Giubileo porterà in termini di gestione dei rifiuti, con 35 milioni di pellegrini attesi e un'aggravante di circa 400 tonnellate di rifiuti giornalieri. Ha criticato l'assenza di un piano strategico da parte delle istituzioni per gestire questa emergenza, sottolineando che il Municipio VI non può continuare a essere il «contenitore» dei problemi di Roma. Ha inoltre denunciato il degrado degli impianti esistenti, descrivendoli come strutture obsolete e inadeguate, che non rispettano gli standard ambientali e aggravano il già pessimo stato dell'aria e del suolo.
  Luigina Onorina Pivetta, altra rappresentante del Coordinamento CAU, ha portato all'attenzione della Commissione i dati preoccupanti relativi all'inquinamento atmosferico nel Municipio VI, con un focus sul biossido di azoto (NO2). Ha spiegato come la concentrazione di NO2 in alcune aree superi di gran lunga i limiti raccomandati dall'Organizzazione mondiale della sanità, con gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, tra cui aumento di ricoveri per malattie respiratorie e cardiovascolari. Ha sottolineato che i dati raccolti nel 2023 indicano Pag. 85una situazione già critica, destinata a peggiorare con l'aumento dei rifiuti e del traffico pesante previsto per il Giubileo.
  Pivetta ha anche espresso preoccupazione per la costruzione di nuovi biodigestori, sostenendo che questa tecnologia, sebbene considerata meno impattante, presenta comunque rischi ambientali significativi.

Massimiliano Monnanni, Azienda pubblica Servizi alla Persona (ASP) «Asilo Savoia»

  Massimiliano Monnanni, presidente dell'Azienda pubblica Servizi alla Persona (ASP) «Asilo Savoia», è stato ascoltato in due distinte audizioni dalla Commissione: il 18 dicembre 2024 e l'11 febbraio 2025, in questa seconda occasione a seguito del danneggiamento della Palestra della legalità ad Ostia.
  Nel corso della sua prima audizione del 18 dicembre 2024 il dott. Monnanni ha illustrato il lavoro svolto dall'ente che dirige e l'importanza del «Patto per Montespaccato», un modello innovativo di collaborazione interistituzionale e rigenerazione sociale per il quartiere romano di Montespaccato.
  Il dottor Monnanni ha aperto il suo intervento sottolineando il valore di un'iniziativa che ha coinvolto attivamente istituzioni a vari livelli, cittadini e organizzazioni locali, evidenziando come il progetto si sia sviluppato su un duplice binario: da un lato, un lavoro paziente e duraturo di creazione di una rete territoriale basata su una coprogettazione dal basso; dall'altro, il coinvolgimento delle principali istituzioni pubbliche per garantire la realizzazione concreta degli interventi. Il patto, siglato il 27 novembre 2024, è stato accelerato da un episodio intimidatorio avvenuto il 20 agosto 2024 presso l'impianto sportivo «Don Pino Puglisi», che ha catalizzato l'attenzione delle istituzioni e rafforzato la necessità di un'azione sinergica.
  Il «Patto per Montespaccato» rappresenta un esempio di best practice, in quanto integra risorse e competenze di diversi attori istituzionali, tra cui la Regione Lazio, Roma Capitale e l'Agenzia Italiana per la Gioventù, con il sostegno del Ministro dello sport e dei giovani, Andrea Abodi. Monnanni ha spiegato che il patto si basa su un modello di governance che garantisce il coordinamento e il monitoraggio delle attività tramite una cabina di regia, composta da rappresentanti operativi delle varie amministrazioni. Questa struttura non solo facilita l'attuazione delle politiche, ma ne verifica l'impatto a livello locale, assicurando che gli interventi siano efficaci e rispondano alle esigenze reali del quartiere. Gli interventi previsti comprendono la rigenerazione urbanistica nell'ambito del programma «Città dei 15 minuti» di Roma Capitale, la riqualificazione di servizi sociali come i consultori familiari e l'utilizzo di finanziamenti per lo sport per sostenere attività inclusive.
  Un elemento distintivo del progetto è il lavoro di rete già realizzato da oltre sei anni dall'ASP nel quartiere. Monnanni ha descritto come l'ente abbia costruito una rete territoriale che comprende istituti scolastici, biblioteche, comitati di quartiere, associazioni di protezione civile, parrocchie e centri anziani. Questo tessuto sociale coeso ha favorito la partecipazione dei cittadini e la capacità del quartiere di Pag. 86rivendicare i propri diritti e necessità a livello politico e amministrativo. La coesione sociale di Montespaccato, ha sottolineato Monnanni, rappresenta una peculiarità che ha reso possibile un intervento così articolato, distinguendo il quartiere da altre realtà periferiche più frammentate, come Ostia, dove sarebbe più complesso applicare lo stesso modello.
  Nonostante i successi raggiunti, il dottor Monnanni ha evidenziato le difficoltà persistenti legate alla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, in particolare l'impianto sportivo «Don Pino Puglisi». Questo bene, attualmente in regime di confisca non definitiva, è in uno stato di degrado strutturale che ne compromette l'utilizzo per attività agonistiche e sportive. Monnanni ha spiegato che la situazione è ulteriormente complicata da lungaggini giudiziarie: una recente sentenza della Corte di Cassazione del 9 dicembre 2024 ha annullato una decisione precedente della Corte d'appello, prolungando l'incertezza sul destino dell'impianto. Questo stallo giuridico impedisce l'utilizzo di fondi già stanziati da Sport e Salute Spa per interventi di manutenzione straordinaria, bloccando di fatto la possibilità di restituire l'impianto alla comunità.
  Per superare questa impasse, il dottor Monnanni ha proposto all'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati di risolvere il debito della società proprietaria dell'impianto tramite una cessione proporzionale delle sue quote, consentendo così di sbloccare i fondi e avviare i lavori necessari. Ha inoltre suggerito alla Commissione parlamentare di organizzare un'audizione con l'Agenzia per discutere strategie per migliorare la gestione e il riutilizzo dei beni confiscati. Ha sottolineato come la programmazione preventiva e la coprogettazione con le comunità locali possano ridurre i ritardi e le difficoltà nella destinazione di questi beni, trasformandoli in risorse per la collettività.
  Un aspetto affrontato dall'intervento del dottor Monnanni, nel corso della sua prima audizione, è stato il focus sull'importanza di un approccio non politicizzato. Ha spiegato che l'ASP «Asilo Savoia» è un esempio virtuoso di collaborazione tra amministrazioni di diverso orientamento politico, dimostrando che il pragmatismo e l'attenzione alle esigenze dei cittadini possono prevalere sulle divisioni ideologiche. Ha inoltre ribadito che il successo del progetto è stato possibile grazie alla capacità dell'ASP di mantenere un approccio tecnico e istituzionale, basato su una rigorosa attenzione ai contenuti e al merito delle decisioni.
  La seconda audizione di Massimiliano Monnanni – come anticipato – si è svolta l'11 febbraio 2025, a seguito dell'episodio di vandalismo ai danni della palestra della legalità di Ostia, verificatosi nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2025. Prendendo le mosse da tale episodio, il dottor Monnanni ha innanzitutto ribadito con forza che, nonostante l'accaduto, il progetto non subirà battute d'arresto e anzi proseguirà con maggiore determinazione. La palestra, che rientra nel più ampio programma «Talento & Tenacia», è infatti molto più di un semplice impianto sportivo: si tratta di un simbolo di legalità e opportunità per i giovani della zona, spesso esposti a situazioni di marginalità e devianza. L'evento vandalico non ha fermato le attività, e la struttura è rimasta aperta senza interruzioni, a dimostrazione di una volontà chiara di resistenza e di continuità. Monnanni ha sottolineato come vi Pag. 87sia stata una risposta positiva da parte della comunità, con numerosi cittadini che hanno manifestato solidarietà, anche offrendo contributi economici, sebbene l'ASP sia stata in grado di far fronte ai danni autonomamente.
  Un altro tema affrontato durante l'audizione è stato quello della gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, con particolare riferimento all'impianto sportivo «Don Pino Puglisi» di Montespaccato. La vicenda – come già segnalato nel corso della prima audizione – è segnata da lungaggini burocratiche e giudiziarie: la seconda sentenza della Corte di Cassazione ha rimandato la questione a una nuova pronuncia della Corte d'appello, allungando ulteriormente i tempi della definitiva destinazione del bene. Il presidente Monnanni ha evidenziato come questa situazione sia problematica non solo per l'ASP, che ha investito nel progetto, ma anche per il quartiere, che rischia di perdere un'importante opportunità di aggregazione e crescita.
  Ricordando che è stato siglato un «patto per il quartiere» che coinvolge il Dipartimento per lo sport, la Regione Lazio, Roma Capitale, Sport e Salute Spa, l'Agenzia italiana per la gioventù, Unindustria e la Camera di commercio, con l'obiettivo di garantire continuità alle attività e valorizzare l'impianto, rendendolo un fulcro di rigenerazione sociale, il dottor Monnanni ha ribadito che l'incertezza giuridica sul bene impedisce l'utilizzo dei fondi già stanziati per la sua riqualificazione, mettendo a rischio la prosecuzione delle attività.
  Una possibile soluzione prospettata è l'introduzione, a livello normativo, del principio di «destinazione anticipata» dei beni sequestrati, in modo che, laddove vi sia un progetto sociale avviato e riconosciuto dal tribunale, il bene possa essere assegnato provvisoriamente a enti pubblici o a soggetti qualificati, evitando il degrado e garantendo continuità agli interventi. Questo strumento potrebbe rappresentare un argine alle lungaggini burocratiche che spesso caratterizzano la gestione dei beni confiscati.
  L'incontro è stato anche l'occasione per ribadire l'importanza del lavoro svolto dall'ASP, sia a Ostia che a Montespaccato. A Ostia, la palestra della legalità conta oltre 1.200 iscritti e svolge un ruolo determinante nell'accoglienza di giovani segnalati dai servizi sociali, offrendo percorsi gratuiti per ragazzi in situazioni di fragilità economica o sociale. A Montespaccato, l'attività della scuola calcio, pur operando in condizioni di difficoltà finanziaria, continua a essere un punto di riferimento per il quartiere, con oltre 550 tesserati, tra cui un crescente numero di ragazze, segnale di una maggiore inclusività dello sport.
  Un altro elemento emerso durante l'audizione è stato il dialogo con il gruppo di lavoro G124 del senatore Renzo Piano, che ha manifestato interesse a sviluppare un progetto di riqualificazione urbana a Montespaccato, nell'ambito del programma della «Città dei 15 minuti» promosso dal comune di Roma. Questo rappresenterebbe un'opportunità per il quartiere, andando a integrare gli interventi già previsti e rispondendo alle richieste dei giovani residenti, che hanno espresso il desiderio di avere spazi dedicati ad attività sportive come basket e pallavolo.

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Maria Cristina Urbano e Andrea Porchera, Associazione italiana vigilanza e servizi fiduciari (ASSIV)

  L'audizione di Maria Cristina Urbano, presidente, e Andrea Porchera, rappresentante dell'Associazione italiana vigilanza e servizi fiduciari (ASSIV) ha offerto un resoconto sul contributo della vigilanza privata alla sicurezza urbana e sulle prospettive di una maggiore integrazione con le forze dell'ordine e le istituzioni pubbliche.
  La dottoressa Maria Cristina Urbano ha aperto il suo intervento delineando una concezione moderna e inclusiva di sicurezza urbana, che va oltre la tradizionale protezione del territorio per abbracciare aspetti quali legalità, inclusione sociale e benessere cittadino. Ha richiamato il decreto-legge 14 del 2017, che ridefinisce il concetto di sicurezza in modo ampio, e ha sottolineato come la vigilanza privata, già fortemente regolamentata e supervisionata dal Ministero dell'interno, possa essere una risorsa essenziale per affrontare le sfide della sicurezza urbana, specie nelle periferie.
  Secondo la dottoressa Urbano, il settore della vigilanza privata non solo tutela il patrimonio, ma ha anche sviluppato competenze e tecnologie avanzate che possono essere integrate con le attività delle forze dell'ordine. Tra i contesti in cui questo avviene già oggi, ha citato porti, aeroporti, stazioni ferroviarie e metropolitane, dove le guardie giurate collaborano con le Forze di polizia per garantire sicurezza in aree critiche. Questo modello di integrazione è stato descritto come un rapporto «win-win», in cui le forze dell'ordine possono concentrarsi su compiti istituzionali, mentre la vigilanza privata gestisce attività più operative.
  Un aspetto affrontato nel corso dell'audizione è stato quello del ruolo delle tecnologie avanzate nella trasformazione del settore. La dottoressa Urbano ha spiegato come l'introduzione di sistemi di videosorveglianza intelligente e predittiva abbia ampliato enormemente le capacità di monitoraggio e prevenzione. L'intelligenza artificiale, pur essendo ancora in una fase iniziale di applicazione, promette di migliorare ulteriormente la gestione della sicurezza urbana attraverso l'analisi dei dati e l'identificazione predittiva di potenziali minacce. Tuttavia, ha sottolineato che la tecnologia non sostituirà mai l'uomo, la cui presenza sul territorio rimane imprescindibile per interpretare i segnali e prendere decisioni informate.
  Il dottor Andrea Porchera ha quindi approfondito il tema della sinergia tra pubblico e privato, evidenziando che la vigilanza privata, con circa 55.000 guardie giurate attive in Italia, può integrare le risorse limitate delle forze dell'ordine. Ha riferito che durante le ore notturne, in molte aree del Paese, le uniche pattuglie presenti sul territorio sono quelle degli istituti di vigilanza. Questa presenza consente di monitorare e segnalare eventi sospetti, indirizzando le risorse pubbliche verso interventi più complessi e strategici. Ha inoltre evidenziato l'importanza di protocolli di collaborazione, come «Mille occhi sulla città», che permettono una comunicazione diretta tra le centrali operative degli istituti di vigilanza e le forze dell'ordine.
  La discussione si è poi concentrata sulle opportunità e sulle sfide del settore. La dottoressa Urbano ha sottolineato che, nonostante la normativa vigente sia moderna e adeguata, alcune modifiche potrebbero ampliare i campi di intervento della vigilanza privata, come la Pag. 89possibilità di operare nella sicurezza personale, oggi formalmente vietata, ma spesso richiesta nei fatti. Ha inoltre suggerito di aggiornare il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) per eliminare retaggi normativi che limitano l'efficacia del settore.
  Un tema critico emerso durante l'audizione riguarda la gestione delle gare d'appalto pubbliche per i servizi di vigilanza. Porchera ha denunciato che molti bandi si basano sul criterio del massimo ribasso, compromettendo la qualità dei servizi e mettendo a rischio la sicurezza stessa delle strutture pubbliche. Ha proposto di sviluppare linee guida specifiche per le gare d'appalto, in modo da garantire che le esigenze di sicurezza siano adeguatamente considerate e affrontate. Questo problema, secondo Porchera, non riguarda solo la vigilanza privata, ma più in generale l'efficacia delle politiche di sicurezza urbana.
  Durante il dibattito con i membri della Commissione, la dottoressa Urbano ha risposto alle preoccupazioni sollevate riguardo al rischio di sovrapposizione tra i compiti delle guardie giurate e quelli delle forze dell'ordine. Ha chiarito che le guardie giurate sono incaricati di pubblico servizio, non pubblici ufficiali, e che le loro competenze sono chiaramente delimitate dalla legge. Ha ribadito che il ruolo della vigilanza privata è complementare e mai sostitutivo di quello delle Forze di polizia, e che ogni attività viene svolta sotto la supervisione del Ministero dell'interno e in collaborazione con le forze dell'ordine.
  Un altro tema affrontato è stato quello delle condizioni contrattuali e salariali dei lavoratori del settore, in particolare degli operatori di sicurezza disarmati, noti come «fiduciari». La dottoressa Urbano ha affermato che, dopo anni di difficoltà, il rinnovo del contratto collettivo nazionale ha migliorato significativamente i salari, riportandoli in linea con le normative europee e nazionali. Tuttavia, ha riconosciuto che permangono sfide nella gestione delle gare d'appalto, dove talvolta i nuovi livelli salariali non vengono adeguatamente considerati.

Vanessa Pallucchi, Forum Nazionale del Terzo Settore

  Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, ha fornito una testimonianza articolata sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città e periferie, mettendo in evidenza il ruolo centrale del Terzo Settore nella rigenerazione sociale, culturale e urbana delle periferie italiane. Ha presentato un'analisi delle problematiche che affliggono questi territori, accompagnata da proposte concrete e una visione di lungo termine per promuovere un cambiamento sistemico.
  La dottoressa Pallucchi ha esordito delineando il quadro generale delle periferie italiane, definite come spazi in cui si concentrano fragilità e disuguaglianze, ma che rappresentano al contempo una grande opportunità di trasformazione. Le periferie sono i luoghi dove si manifestano con maggiore evidenza le contraddizioni del nostro tempo: accesso limitato a risorse comuni, crisi abitativa, povertà energetica ed educativa, esclusione sociale, vulnerabilità ambientale e disuguaglianze economiche. Questi problemi, ha osservato, non sono altro che il risultato di un modello di sviluppo che ha sistematicamente ignorato le necessità di questi territori, alimentando conflitti tra gli ultimi, i penultimi e i più vulnerabili. Tuttavia, la dottoressa Pallucchi Pag. 90ha voluto sottolineare che queste difficoltà non devono essere viste come insormontabili, ma piuttosto come una sfida e un'opportunità per rivedere l'approccio delle politiche pubbliche.
  Ha quindi riconosciuto il fallimento di alcune politiche tradizionali, che si sono concentrate esclusivamente sulla riqualificazione fisica degli spazi urbani, trascurando gli aspetti sociali e culturali. Ha spiegato che, sebbene gli interventi infrastrutturali siano necessari, essi risultano spesso inefficaci quando non accompagnati da azioni che promuovano la coesione sociale, il benessere e le opportunità economiche. La rigenerazione, ha ribadito, non è solo una questione di mattoni e cemento, ma richiede una trasformazione più profonda, capace di coinvolgere le persone che abitano quei territori e di restituire loro diritti, dignità e prospettive di autonomia.
  Il Terzo Settore, ha rilevato la dottoressa Pallucchi, è un attore fondamentale in questo processo, poiché è radicato nelle periferie e opera quotidianamente per rilevare bisogni, promuovere partecipazione e costruire reti di solidarietà. Tuttavia, ha lamentato che troppo spesso il Terzo Settore si trovi a svolgere un ruolo di supplenza rispetto alle mancanze delle politiche pubbliche, agendo più per riparare e ricucire che per innovare e generare nuove opportunità. Ha evidenziato come questa dinamica sia il risultato di un approccio culturale e politico che non riconosce pienamente il potenziale trasformativo del Terzo Settore.
  Un altro aspetto del suo intervento è stato il richiamo alla necessità di un cambiamento culturale nell'approccio alle periferie. Ha infatti sottolineato l'importanza di lavorare «con» le comunità locali, piuttosto che semplicemente «per» loro. Questo significa superare un approccio assistenzialista e paternalistico, promuovendo invece la partecipazione attiva dei cittadini e la costruzione di percorsi di autonomia. La dignità, ha affermato, è il primo passo per una cittadinanza attiva e consapevole, che a sua volta rafforza il tessuto sociale e crea le condizioni per uno sviluppo sostenibile.
  La dottoressa Pallucchi ha poi individuato quattro ambiti prioritari di intervento per affrontare le problematiche delle periferie. Il primo riguarda l'adozione di una politica intersettoriale per la rigenerazione urbana, che integri la riqualificazione fisica con quella sociale e culturale. Ha criticato la frammentazione degli strumenti normativi esistenti, come i contratti di quartiere e il Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare (PINQuA), sottolineando che il loro insuccesso è stato talvolta determinato dalla mancanza di un adeguato sostegno ai processi partecipativi.
  Il secondo ambito è l'accesso ai servizi come diritto di cittadinanza. La dottoressa Pallucchi ha raccontato l'aneddoto di Ascanio Celestini, che ha descritto le periferie come luoghi in cui «finisce l'ultima fermata dell'autobus», per sottolineare l'importanza di garantire servizi di qualità in ambiti come sanità, cultura, educazione, mobilità e spazi verdi. La mancanza di questi servizi, ha spiegato, non solo aggrava la marginalizzazione, ma crea un senso di abbandono e solitudine tra i cittadini.
  Il terzo ambito riguarda il diritto a un'abitazione dignitosa e sostenibile. Ha evidenziato come la povertà energetica sia una delle forme di disuguaglianza più acute nelle periferie, colpendo in particolarePag. 91 gli anziani e i bambini. Politiche strutturali coerenti con la direttiva europea sulle case green, ha sostenuto, sono essenziali per garantire abitazioni efficienti dal punto di vista energetico e migliorare la qualità della vita nei territori più vulnerabili.
  Il quarto ambito è il contrasto alla povertà educativa. La portavoce Pallucchi ha sottolineato l'importanza di finanziare e promuovere i patti educativi di comunità, coinvolgendo attivamente tutti i soggetti locali per sviluppare soluzioni mirate e contestualizzate. Ha inoltre lamentato il mancato rifinanziamento del Fondo per il contrasto alla povertà educativa, che aveva dimostrato la sua efficacia attraverso un approccio partecipativo e territoriale.
  Ella ha inoltre illustrato l'organizzazione del Forum del Terzo Settore, che rappresenta oltre 100 reti nazionali del volontariato, dell'associazionismo e dell'impresa sociale. Ha spiegato che il Forum opera attraverso una struttura articolata, che include forum regionali e territoriali, ed è coinvolto in numerosi processi partecipativi, inclusi i tavoli di lavoro del PNRR. Ha sottolineato come il Terzo Settore rappresenti una peculiarità unica a livello europeo, grazie alla sua capacità di mobilitare risorse civiche e promuovere coesione sociale.

Tiziana Siano, associazioni Luce Sia

  L'audizione dell'avvocato Tiziana Siano, coordinatrice delle associazioni Luce Sia, offre una panoramica allarmante sulla realtà di diverse zone di Roma, in cui sembra che vi sia stato l'abbandono da parte delle istituzioni e dove sono radicati fenomeni di illegalità diffusa. L'intervento si sviluppa attorno a diversi nuclei tematici, tra cui il degrado urbano, le occupazioni abusive, il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata, la necessità di una maggiore presenza delle istituzioni e delle forze dell'ordine, e il ruolo che le associazioni come Luce Sia stanno cercando di assumere per ridare voce e strumenti di difesa ai cittadini.
  L'associazione Luce Sia nasce dall'iniziativa di cittadini che, vivendo in quartieri periferici segnati da problemi gravi e irrisolti, hanno deciso di unirsi per contrastare la diffusa percezione di abbandono da parte delle istituzioni. L'avvocato Siano racconta che l'associazione ha preso forma da una serie di incontri spontanei tra residenti di diverse zone della città – da San Basilio a Tor Bella Monaca, da Villaggio Falcone al Quarticciolo, fino a Esquilino e Cinecittà – i quali condividevano la medesima frustrazione nei confronti del degrado urbano e dell'impunità con cui la criminalità organizzata impone la propria legge nelle periferie.
  Da questi incontri è nata l'idea di creare un coordinamento di associazioni autonome, ma interconnesse, in grado di affrontare le problematiche specifiche di ogni territorio, senza perdere di vista la necessità di una strategia comune. L'obiettivo di Luce Sia è duplice: da un lato, creare una rete di supporto tra i cittadini per superare il senso di isolamento e paura; dall'altro, instaurare un dialogo con le istituzioni, affinché si prenda atto dell'urgenza di intervenire con misure strutturali e non solo emergenziali.
  Uno dei temi affrontati nell'intervento riguarda il degrado crescente che caratterizza le periferie romane, un degrado che non è solo Pag. 92materiale – con strade dissestate, edifici fatiscenti e spazi pubblici abbandonati – ma anche sociale, determinato dalla mancanza di sicurezza e di presidi dello Stato. Siano sottolinea come, in tutti i quartieri in cui l'associazione è attiva, il senso di abbandono sia palpabile e generalizzato: le istituzioni sono percepite come distanti e inefficaci nei confronti del sistema di illegalità che domina il territorio.
  Questo stato di cose ha generato una sfiducia crescente nei confronti delle autorità, alimentata dall'assenza di risposte concrete alle richieste di aiuto dei cittadini. L'avvocato Siano denuncia il fatto che, nonostante le numerose segnalazioni da parte degli abitanti, raramente le forze dell'ordine intervengono in modo tempestivo ed efficace, lasciando campo libero alla criminalità. La paura di ritorsioni ha reso sempre più difficile anche il semplice atto di denunciare situazioni di illegalità, poiché chi lo fa, spesso, si trova isolato e senza protezione.
  Un aspetto inquietante del degrado urbano è il ruolo che la criminalità organizzata gioca nel mantenere il controllo sui quartieri. Il fenomeno dello spaccio di stupefacenti, ad esempio, non si limita alle classiche «piazze di spaccio» visibili, ma si è evoluto in forme più sofisticate e pervasive. Alcuni quartieri, come Quarticciolo e San Basilio, sono ormai dominati da veri e propri «para-Stati» che gestiscono l'illegalità con una strategia ben precisa, utilizzando vedette, sistemi di videosorveglianza clandestini e armi per mantenere il controllo del territorio.
  Un altro punto affrontato nell'intervento dell'avvocato Siano riguarda il fenomeno delle occupazioni abusive, che rappresentano una delle principali modalità attraverso cui la criminalità organizzata esercita la propria influenza sui quartieri romani, che avvengono anche all'interno di condomini di proprietà di enti pubblici e fondazioni private.
  Le occupazioni non avvengono in modo casuale o spontaneo: dietro a questo fenomeno esistono vere e proprie organizzazioni criminali che individuano gli immobili, li assegnano dietro pagamento di somme che possono arrivare fino a 4.000 euro, e poi gestiscono gli affitti abusivi, chiedendo ai nuovi occupanti il pagamento di canoni mensili che finiscono nelle casse della malavita, anziché nelle mani dei legittimi proprietari. Chi si oppone a questo sistema si trova spesso vittima di minacce e ritorsioni, in un clima di paura che impedisce qualsiasi forma di resistenza organizzata.
  L'avvocato Siano rileva che le modalità con cui vengono effettuate le occupazioni dimostrano il livello di sofisticazione raggiunto da queste organizzazioni: si va dall'uso di strumenti professionali per sfondare le porte, fino all'impiego di mini-esplosivi per forzare gli ingressi. Una volta all'interno, gli occupanti vengono istruiti a chiamare le forze dell'ordine per autodenunciarsi, sfruttando il fatto che le persone fragili – come donne incinte o famiglie con bambini piccoli – difficilmente vengono sgomberate. Siano ha inoltre riferito che a Roma, con l'ordinanza Gualtieri, queste persone riescono a ottenere la residenza negli immobili occupati, legittimando di fatto l'occupazione e rendendo ancora più difficile il recupero degli immobili.
  Il controllo della criminalità organizzata si manifesta non solo attraverso le occupazioni abusive, ma anche attraverso il racket delle attività commerciali, la gestione dello spaccio di droga e il riciclaggio Pag. 93di denaro sporco, con modalità, in alcune aree, tipiche delle mafie tradizionali: l'uso di videosorveglianza illegale per monitorare le strade, l'impiego di armi per intimidire la popolazione e la capacità di influenzare l'economia locale attraverso il controllo degli immobili e delle attività commerciali.
  Di fronte a questa situazione, Luce Sia chiede un intervento immediato e strutturale da parte delle istituzioni. Tra le proposte avanzate dall'avvocato Siano ci sono: una maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio, con pattugliamenti regolari e visibili; modifiche legislative che consentano alle forze dell'ordine di intervenire in flagranza di reato per le occupazioni abusive e di avviare sequestri preventivi, senza necessità di querela da parte del proprietario; accelerazione delle assegnazioni di alloggi pubblici, per evitare che le famiglie in difficoltà finiscano nelle mani dei racket delle occupazioni; creazione di un canale di comunicazione diretto tra cittadini e istituzioni, per facilitare le segnalazioni e proteggere chi denuncia.

Daniela Di Maggio, associazione Giogiò Vive

  La dottoressa Daniela Di Maggio, presidente dell'associazione «Giogiò Vive», ha offerto alla Commissione una testimonianza intensa e toccante, che ha coniugato il dolore personale con un messaggio di speranza e impegno sociale. Il suo intervento è stato segnato dal ricordo di suo figlio, Giovanbattista Cutolo, un giovane musicista tragicamente ucciso, il 31 agosto 2023, a Napoli per aver difeso un amico durante una lite. Questa perdita devastante ha spinto la dottoressa Di Maggio a trasformare il lutto in azione, avviando una serie di iniziative per diffondere la cultura della bellezza, dell'arte e della musica come antidoto alla violenza e al degrado sociale.
  Sin dall'inizio del suo intervento, la dottoressa Di Maggio ha sottolineato la necessità di una «ribellione gentile» per contrastare la sopraffazione e la violenza che dominano molte aree periferiche. La sua idea centrale è che solo attraverso l'educazione al bello si possa realmente cambiare la società, offrendo ai giovani un'alternativa concreta alla cultura della criminalità. La sua associazione, «Giogiò Vive», è nata proprio con questo scopo: portare la «bellezza di Giogiò in ogni dove», utilizzando la musica e l'arte come strumenti di trasformazione sociale.
  Uno degli esempi più significativi del lavoro svolto è l'orchestra intitolata a suo figlio, nata a Castel Volturno, una zona storicamente segnata da criminalità e degrado. Qui, bambini di diversa provenienza, inclusi figli di immigrati e ragazzi con difficoltà, trovano nella musica un'opportunità di riscatto. Tra loro c'è anche un bambino autistico, che grazie alla musica ha raggiunto progressi straordinari nel suo sviluppo. La dottoressa Di Maggio ha descritto con orgoglio come questi ragazzi abbiano scelto di trascorrere le loro giornate a suonare piuttosto che rimanere per strada, dimostrando che l'arte e la disciplina musicale possono offrire alternative concrete alla devianza.
  Nel suo intervento, la madre di Giovanbattista Cutolo ha posto una questione fondamentale: il problema delle periferie non è solo urbanistico o economico, ma è anche uno «status dell'anima», una condizione psicologica che porta molti a sentirsi sconfitti e senza speranza. Pag. 94L'obiettivo del suo lavoro è proprio quello di ribaltare questa percezione, dimostrando che anche nei contesti più difficili si può costruire un futuro migliore. Ha raccontato, ad esempio, di aver regalato un corno francese a un bambino dell'orchestra, spiegandogli che neanche suo figlio, pur essendo un musicista affermato, aveva avuto uno strumento così bello all'inizio della sua carriera. Questo gesto simbolico ha permesso a quel bambino di sentirsi per la prima volta vincitore in un ambiente che lo aveva sempre fatto sentire perdente.
  Un altro tema del suo discorso ha riguardato il sistema penitenziario e il trattamento dei minori che delinquono. La dottoressa Di Maggio ha espresso forti critiche nei confronti di un approccio che, a suo avviso, è troppo permissivo e non realmente riabilitativo. Ha raccontato di essere entrata nel carcere di Poggioreale, a Napoli, per incontrare i detenuti e di aver visto come il contatto degli stessi con la storia di suo figlio abbia generato una reazione emotiva potente, portando molti di loro a chiederle perdono. La dottoressa Di Maggio ha sottolineato quindi che il problema della criminalità giovanile nasce spesso da un'educazione carente, dove i genitori trascurano i figli o, peggio, li introducono direttamente nel mondo del crimine. In questo senso, la sua missione non è solo quella di ricordare Giogiò, ma anche di lavorare affinché altri giovani non prendano la stessa strada dell'assassino di suo figlio.
  Nel corso dell'audizione, diversi parlamentari hanno espresso il loro sostegno e ammirazione per il lavoro svolto dall'associazione. In particolare, è stato sottolineato come il messaggio della dottoressa Di Maggio rappresenti una chiara alternativa all'inasprimento delle pene come unica risposta alla violenza. La sua proposta si basa sulla prevenzione e sulla creazione di opportunità, piuttosto che solo sulla repressione. Inoltre, è stato evidenziato il ruolo fondamentale dell'educazione e della cultura per contrastare il degrado sociale e la diffusione della violenza.
  Un ulteriore punto del suo intervento è stato l'appello affinché lo Stato sostenga l'orchestra «Giovanbattista Cutolo», che attualmente sopravvive grazie alla generosità di privati e volontari. La dottoressa Di Maggio ha chiesto che questa iniziativa venga riconosciuta come un progetto educativo di valore nazionale, garantendone la continuità attraverso finanziamenti pubblici.
  La dottoressa Di Maggio ha ricordato che Giogiò viveva in un ecosistema di amore, arte e amicizia, e che è proprio questo modello di vita che deve essere proposto ai ragazzi affinché possano scegliere un futuro diverso dalla violenza e dalla criminalità.

Enrico Giovannini, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS)

  L'audizione del professor Enrico Giovannini, direttore scientifico dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), ha offerto una riflessione sulla necessità di un approccio integrato allo sviluppo urbano. Il prof. Giovannini ha introdotto il suo intervento sottolineando l'importanza di considerare il territorio non come un insieme di problemi settoriali, ma come un sistema complesso che richiede politiche coerenti e coordinate. Ha poi ricordato che l'ASviS, organizzazione che riunisce oltre 330 soggetti della società civile, si occupa dal Pag. 952016 di promuovere l'attuazione dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite in Italia e, in questo contesto, ha elaborato un'Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile, che declina i diciassette obiettivi globali in funzione delle competenze dei comuni e delle realtà locali.
  Secondo il professor Giovannini, la scelta di analizzare il degrado urbano e le diseguaglianze territoriali attraverso una prospettiva che metta in relazione le dimensioni economica, sociale e ambientale è fondamentale per evitare una lettura frammentaria dei problemi e garantire la coerenza delle politiche di sviluppo. Sin dagli inizi del lavoro dell'ASviS, uno degli aspetti centrali è stato il monitoraggio dell'evoluzione delle città, delle province e delle regioni, in modo da comprendere quali politiche locali contribuiscano effettivamente al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Attraverso la raccolta e l'analisi di dati statistici, in particolare quelli dell'ISTAT, l'Alleanza ha elaborato un quadro dettagliato della situazione italiana, pubblicando ogni anno due rapporti: uno a ottobre, che analizza lo stato di avanzamento dell'Agenda 2030 su scala nazionale, europea e globale, e uno a dicembre, focalizzato sui territori italiani. Questa attività ha mostrato come comuni anche geograficamente vicini possano presentare livelli di sviluppo molto differenti, spesso a causa di strategie politiche ed economiche divergenti. Neppure la scala regionale risulta uniforme: esistono aree con forti squilibri interni che non possono essere compresi senza un'analisi dettagliata a livello comunale e provinciale.
  Un altro aspetto affrontato nell'intervento del professor Giovannini ha riguardato l'impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sui territori. ASviS ha avviato uno studio volto a valutare in che misura i progetti finanziati dal PNRR potranno modificare la fisionomia delle città italiane entro il 2026, analizzando le ricadute su scala regionale e provinciale. Questo lavoro permette di superare la visione tradizionale di un elenco di interventi separati e di fornire un'interpretazione più strategica e prospettica, che integri gli obiettivi di sviluppo sostenibile con le risorse a disposizione. Il professor Giovannini ha sottolineato che, se si vuole evitare di perdersi in una semplice catalogazione di progetti, la Commissione dovrebbe adottare una metodologia di analisi simile, capace di valutare gli effetti concreti delle politiche in un quadro integrato.
  Uno dei nodi sollevati è stato quindi quello della governance delle politiche urbane in Italia. A differenza di altri Paesi, l'Italia non dispone di un Ministero delle Città, un organismo che, in ipotesi, potrebbe garantire una regia unica per gli interventi di sviluppo urbano. Il professor Giovannini ha ricordato come, durante il suo incarico ministeriale nel Governo Draghi, come Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, fosse stato istituito un dipartimento per le politiche urbane all'interno del suo dicastero, proprio per sopperire a questa lacuna. Tuttavia, il problema della frammentazione delle competenze tra diversi ministeri rende difficile attuare strategie efficaci e coordinate. Per questo motivo, ha esposto la necessità di rilanciare il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU), che era stato formalmente ricostituito sotto il Governo Draghi, ma che non è mai entrato in funzione. Questo organismo potrebbe svolgere un ruolo di coordinamento tra i vari ministeri e gli enti locali, permettendo Pag. 96di garantire maggiore coerenza nelle politiche urbane e di offrire al Parlamento un interlocutore unico per verificare l'efficacia delle azioni intraprese.
  Il professor Giovannini ha inoltre sottolineato la distinzione tra riqualificazione e rigenerazione urbana. Egli ha espresso rammarico per la mancata approvazione della legge sulla rigenerazione urbana, un provvedimento che avrebbe consentito di affrontare in modo strutturale le problematiche delle periferie. Ha spiegato che, mentre la riqualificazione si concentra sugli edifici e le infrastrutture, la rigenerazione è un processo più ampio, che coinvolge le comunità locali e mira a creare condizioni di vita migliori, con impatti significativi non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche economico e sociale. Ha poi citato come esempio positivo il Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare (PINQuA), che durante il Governo Draghi aveva ricevuto un notevole potenziamento di fondi per incentivare progetti con un impatto integrato su ambiente, economia e società.
  Sul piano normativo, ha evidenziato come la mancata riforma del DPR 380/2001 e di altre leggi urbanistiche rappresenti un ostacolo significativo alla rigenerazione delle città. Inoltre, ha segnalato la totale assenza di fondi per l'attuazione della «direttiva case green» e del regolamento europeo sulla rigenerazione della natura, la Nature Restoration Law, che potrebbe determinare il blocco del consumo di suolo nei comuni con oltre 50.000 abitanti. Se questa interpretazione fosse confermata, la rigenerazione urbana diverrebbe non solo un'opzione, ma una necessità imprescindibile, soprattutto nelle aree periurbane, dove la pressione dell'espansione edilizia incontra la necessità di preservare gli ecosistemi.
  Ulteriore argomento affrontato è stato quello della mobilità, intesa come elemento essenziale per definire il concetto stesso di periferia. Secondo il professor Giovannini, ciò che rende una zona periferica non è solo la distanza dal centro, ma la difficoltà di connessione con il resto della città. La mobilità è quindi un fattore determinante nella qualità della vita e nella percezione dello spazio urbano. Ha osservato che l'attuale sistema di trasporti, basato prevalentemente sull'automobile privata, non solo contribuisce all'inquinamento, ma incide negativamente anche sul benessere psicologico delle persone. Il direttore Giovannini ha ricordato che l'Italia ha uno dei più alti tassi di motorizzazione in Europa e ha sottolineato come gli studi internazionali dimostrino che il tempo trascorso nel traffico sia una delle principali fonti di stress quotidiano. Ha quindi ribadito la necessità di investire in forme di mobilità sostenibile e condivisa, per ridurre l'impatto ambientale e migliorare la vivibilità urbana.
  Inoltre, il professor Giovannini ha posto l'attenzione sulle rigidità burocratiche che ostacolano l'innovazione e la sostenibilità nelle città italiane. Ha raccontato il caso di una comunità energetica a San Giovanni a Teduccio, a Napoli, dove l'installazione di pannelli solari era stata bloccata dalla Soprintendenza con la motivazione che i pannelli erano visibili «dai droni». Questo episodio ha evidenziato come le normative, in particolare quelle sulla tutela paesaggistica, debbano essere aggiornate alla luce della riforma costituzionale del 2022, che ha introdotto la tutela dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali della Repubblica. Ha citato anche il caso di Piacenza, Pag. 97dove un progetto di riqualificazione urbana con la creazione di un'area verde era stato bloccato con la motivazione che gli alberi previsti non erano presenti nel progetto originario della piazza.
  In conclusione, il professor Giovannini ha offerto la disponibilità di ASviS a collaborare con la Commissione, per fornire dati e strumenti utili a una pianificazione più efficace, sottolineando come solo una visione integrata e investimenti continui possano garantire un reale miglioramento della qualità urbana nel lungo periodo.

Arianna Massimi, fotografa e film-maker

  Arianna Massimi, fotografa e film-maker, ha esposto il senso, il metodo e gli sviluppi del suo progetto «Suburbe», raccontando un'esperienza che intreccia arte, documentazione sociale e partecipazione attiva delle comunità.
  La dottoressa Massimi ha esordito illustrando il percorso che l'ha condotta alla realizzazione del progetto, che rappresenta la tappa più recente di un lavoro iniziato nel 2020 con il documentario «Stati d'infanzia», in collaborazione con Riccardo Venturi e con il supporto dell'impresa sociale «Con i Bambini», finalizzato a raccontare la povertà educativa in Italia. Questo primo progetto le ha aperto uno sguardo sulle periferie non solo come luoghi fisici, ma come condizioni esistenziali, spesso segnate da marginalità e fragilità non scelte, ma subite. Da allora, la sua attività si è progressivamente concentrata sulle forme di esclusione e sulle risorse delle periferie, attraverso lavori che mettono al centro le persone, le loro storie, i loro bisogni e le loro speranze. La dottoressa Massimi sottolinea che il suo stile autoriale non privilegia la ripresa dei luoghi quanto quella dei volti: è un racconto che vuole essere corale, centrato sull'individuo, nella sua unicità e nel suo contesto.
  «Suburbe», nello specifico, nasce dalla vittoria della seconda edizione del bando «Vitamina G» della Regione Lazio e si è sviluppato lungo un arco di circa due anni, culminando nella pubblicazione del volume nel 2024. Il progetto si basa su una metodologia partecipativa che prevede il coinvolgimento diretto della comunità locale, in particolare giovanile. La dottoressa Massimi ha insistito sull'importanza di un approccio non invasivo e rispettoso, che prevede l'ingresso nei territori non da estranei, ma accompagnati da chi già li abita e li conosce, costruendo ponti anziché limitarsi all'osservazione. Questo metodo si è rivelato fondamentale soprattutto a Roma a Torrevecchia, nel quartiere popolare noto come «Bronx», dove il progetto ha preso vita grazie alla collaborazione con i giovani del quartiere e con figure di riferimento come la presidente del comitato di zona. È stato proprio uno di questi giovani a fare da tramite, introducendo la fotografa e film-maker alla rete relazionale locale, generando una catena virtuosa che ha reso possibile una narrazione condivisa.
  Un'esperienza simile è avvenuta anche nel quartiere Pietralata, nel IV Municipio di Roma, dove da tre anni la dottoressa Massimi tiene corsi di fotografia per adolescenti all'interno dell'associazione sportiva e culturale «Liberi Nantes». Qui il lavoro si è arricchito di una relazione educativa e di fiducia, che ha permesso a diversi ragazzi di aprirsi e partecipare attivamente al progetto, anche se alcuni – come Pag. 98ha ricordato la stessa audita – hanno preferito non esporsi, per timidezza o pudore. Un dato, questo, che testimonia l'autenticità e la delicatezza con cui il progetto è stato portato avanti. La dottoressa Massimi ha inoltre raccontato un aneddoto: alcuni dei suoi studenti, pur vivendo a Roma, non erano mai stati in quartieri centrali come Monti e si riferivano al centro con l'espressione «andare a Roma», come se abitassero altrove. Questo scollamento simbolico e geografico è, a suo avviso, emblematico del senso di esclusione che molti ragazzi delle periferie interiorizzano.
  A chi le ha chiesto se il progetto fosse esportabile, la dottoressa Massimi ha risposto in maniera convinta e motivata. Secondo lei, «Suburbe» è sì un progetto radicato nel contesto romano, ma ha una struttura e una visione tali da poter essere replicato anche in altre città italiane, da Torino a Napoli, da Palermo a Barriera di Milano, dove lei stessa ha già avuto esperienze di lavoro sul campo. La chiave, ha spiegato, sta nella capacità di dialogare con le realtà locali, siano esse parrocchie, oratori, centri giovanili, scuole o associazioni. Proprio su questo aspetto insiste la dottoressa Massimi, chiarendo come uno degli obiettivi più importanti del suo lavoro sia trasmettere competenze culturali e creative a giovani che solitamente non vi hanno accesso, non per mancanza di potenziale, ma per carenza di opportunità.
  Significativo è il riferimento al valore trasformativo della cultura e dell'arte, in particolare nell'adolescenza. Secondo la dottoressa Massimi, senza un approccio creativo alla vita si rischia di perdere una dimensione essenziale della crescita. La fotografia, nel suo caso, non è solo uno strumento tecnico, ma un mezzo per stimolare la riflessione, l'autorappresentazione e, soprattutto, la consapevolezza di sé. Racconta, ad esempio, di un ragazzo di nome Andrea che le chiedeva consigli sulla propria relazione sentimentale: un dettaglio apparentemente marginale, ma che rivela la fiducia e il tipo di rapporto costruito nel tempo.
  Infine, la dottoressa Massimi ha indicato come uno dei prossimi passi l'integrazione tra narrazione artistica e dati statistici, con l'obiettivo di fornire una visione più ampia e sistemica delle dinamiche delle periferie, superando il rischio di limitarle a casi studio isolati. Questo approccio ibrido, che unisce il racconto umano alla lettura dei fenomeni sociali su scala più ampia, potrebbe, a suo giudizio, rendere il progetto ancora più efficace nel generare consapevolezza e nel suggerire linee d'intervento. In questo senso, anche il recente progetto «Non Sono Emergenza», dedicato alla salute mentale degli adolescenti, conferma una direzione di lavoro che mette insieme arte, documentazione sociale e attivismo.
  Il suo intervento si è chiuso con la riaffermazione della possibilità concreta di esportare «Suburbe» altrove, proprio perché già costruito in modo da essere replicabile, adattabile e capace di generare reti virtuose tra comunità, educatori, istituzioni e operatori culturali. Secondo la dottoressa Massimi, l'Italia è piena di «piccole periferie» che non sempre coincidono con le grandi città, e anche le aree interne, spesso abbandonate, possono trarre beneficio da un simile approccio.

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Associazione Procult

  Francesca Ciaralli, rappresentante dell'associazione Procult, insieme a Giuseppe Casa, direttore artistico della medesima associazione e a Oriana Rizzuto, curatrice e responsabile arti visive dell'associazione, hanno illustrato il lavoro pluridecennale dell'organizzazione, ponendo particolare enfasi su un modello di rigenerazione urbana e sociale che si fonda sull'arte e sulla cultura come strumenti di trasformazione profonda e duratura dei territori, specialmente di quelli periferici.
  In particolare, la dottoressa Ciaralli ha esordito ricordando che Procult è attiva da oltre venticinque anni nelle periferie di Roma e che, in tutto questo tempo, ha elaborato un metodo fondato sulla multidisciplinarietà artistica, sul coinvolgimento delle comunità locali e sulla replicabilità delle esperienze. Questo approccio è stato sperimentato e perfezionato attraverso numerosi progetti, molti dei quali riuniti sotto l'egida della Biennale MArteLive, un festival multidisciplinare diffuso che, da semplice evento universitario nato nel 2001, si è evoluto in una delle più grandi realtà culturali europee del settore, con migliaia di artisti coinvolti, decine di location attivate e un forte impatto territoriale. Nel contesto di MArteLive sono stati sviluppati progetti speciali mirati, tra cui Street Art for Rights, Corviale Urban Lab e Performazione Sociale, che hanno rappresentato occasioni concrete per intervenire in aree marginali attraverso l'arte visiva, le arti performative e il teatro sociale.
  Nel suo intervento, la dottoressa Ciaralli ha approfondito in particolare il progetto Corviale Urban Lab, di cui è tra le responsabili. Questo progetto, giunto alla sua quattordicesima edizione, è stato realizzato nel quartiere di Corviale, una delle aree periferiche simboliche della Capitale, ed è diventato un modello operativo grazie alla sua capacità di coniugare creatività e coesione sociale. L'azione artistica, ha spiegato, viene infatti pensata fin dall'inizio come generatrice di impatto non solo estetico, ma anche sociale, urbano, economico e turistico. Attraverso attività diversificate, che coinvolgono direttamente le associazioni locali, le scuole, i residenti e le istituzioni, si costruiscono legami duraturi che continuano anche oltre la fine dei singoli progetti. A Corviale, Procult collabora da anni con almeno dieci associazioni locali, creando una rete viva che permette al progetto di rigenerarsi ed evolvere nel tempo, in modo sostenibile.
  La dottoressa Ciaralli ha tenuto a sottolineare la trasferibilità e replicabilità del modello MArteLive, affermando che Corviale Urban Lab non è rimasto un'esperienza isolata, ma è stato esportato in altri contesti urbani, sia a Roma sia in altre città italiane ed europee. Lo stesso format è stato, ad esempio, adottato a Roma Tiburtina e, in ambito europeo, portato a Nantes e Salonicco, sempre con l'obiettivo di attivare le comunità attraverso percorsi di partecipazione, arte pubblica e formazione. Un progetto in corso che testimonia ulteriormente questa attitudine è «Sognare in Grande: un Muro di Fantasia», sviluppato nel Municipio IV di Roma, in collaborazione con otto scuole dell'infanzia e il liceo artistico Enzo Rossi. In questo progetto i bambini realizzano disegni su temi universali, che vengono poi reinterpretati dai ragazzi del liceo per diventare murales. In tal modo, i più piccoli si ritrovano quotidianamente immersi in un ambiente scolastico arricchitoPag. 100 dalla loro stessa immaginazione, trasformata in arte pubblica. La dottoressa Ciaralli ha chiarito che questo tipo di intervento si distingue per la sua coerenza educativa e la sua capacità di rigenerare non solo gli spazi fisici, ma anche il tessuto sociale e relazionale, valorizzando il ruolo delle scuole, degli insegnanti e delle famiglie.
  La medesima dottoressa Ciaralli ha inoltre sottolineato come Procult operi sempre in stretta collaborazione con le realtà locali, costruendo alleanze con i territori attraverso un'azione che non è mai calata dall'alto, ma pensata in dialogo costante con chi vive quotidianamente in quei quartieri. Secondo Ciaralli, è proprio questo che permette ai progetti di radicarsi e generare un impatto significativo, che può essere misurato sia in termini quantitativi, attraverso i numeri delle presenze, delle opere realizzate, dei laboratori svolti e delle ricadute economiche, sia in termini qualitativi, osservando il mutamento del clima sociale, della percezione di sé delle comunità coinvolte e della loro apertura alla partecipazione culturale. A tal proposito, ha illustrato una tabella che riassume l'impatto complessivo dei tre progetti principali – Street Art for Rights, Corviale Urban Lab e Performazione Sociale – parlando di circa 30.000 persone coinvolte, oltre quaranta spazi urbani trasformati e più di 1.000 partecipanti attivi tra laboratori, workshop ed eventi.
  Infine, la dottoressa Ciaralli ha esposto una panoramica sui progetti futuri. Procult intende proseguire ed estendere il proprio operato, pianificando nei prossimi tre anni la creazione di nuovi musei a cielo aperto, sull'esempio di quelli già realizzati a Settecamini e a Corviale. In particolare, ha accennato all'intenzione di lanciare nuovi Urban Lab in quartieri come Quadraro a Roma e Scampia a Napoli, seguendo l'esperienza già positiva di Bari, dove il format è stato adottato con successo. Ha anche fatto riferimento alla volontà di spostare il progetto Performazione Sociale, finora attivo a Spinaceto, in altri quartieri di periferia. Per quanto riguarda la Biennale del 2026 o quella successiva del 2028, ha anticipato un obiettivo ambizioso: la realizzazione del video mapping più lungo del mondo, destinato a percorrere l'intera facciata del cosiddetto «Serpentone» di Corviale, lungo circa un chilometro. Questo tipo di progetto, ha sottolineato, non ha solo una valenza artistica, ma ha anche un forte potere di riscatto e di riappropriazione dello spazio da parte dei cittadini.
  In aggiunta a quanto sopra riportato, Giuseppe Casa ha raccontato le origini di MArteLive, nato nel 2001 e sviluppatosi nel corso degli anni in un grande evento multidisciplinare. Fin dall'inizio, il DNA del progetto è stato caratterizzato dalla molteplicità di linguaggi artistici, coinvolgendo fin dalla prima edizione ben sedici discipline, in una formula che è rimasta costante anche nelle successive trasformazioni.
  Una parte del suo intervento è stata dedicata al progetto Street Art for Rights, iniziativa che unisce la pratica della street art all'impegno civile, attraverso la realizzazione di murales tematici che affrontano i diritti umani e gli obiettivi dell'Agenda ONU 2030. Giuseppe Casa ha illustrato come, attraverso questo progetto, siano state attivate numerose periferie romane, tra cui Settecamini, Torpignattara, Quarticciolo, Corviale e Tiburtino III, e come in ciascun caso le opere realizzate abbiano non solo abbellito i quartieri, ma anche innescato dinamiche sociali nuove, spesso restituendo dignità e centralità a luoghi degradati Pag. 101o abbandonati. In particolare, ha raccontato il caso di una piazza di Cassino, inizialmente marginale e nota per episodi di spaccio, che, grazie alla realizzazione di un'opera murale di Solo e Diamond, è diventata punto di riferimento per la comunità, attirando eventi e attività e trasformandosi in uno spazio vissuto e condiviso.
  Giuseppe Casa ha sottolineato il concetto di «multidisciplinarietà diffusa» come chiave metodologica del progetto. Per lui, l'arte, per essere realmente efficace nelle periferie, deve essere vissuta in tutte le sue forme, integrata nella quotidianità, accessibile e partecipata. In questo senso, ha citato anche il progetto Corviale Urban Lab, sviluppato ormai da quattordici anni nello storico quartiere romano, come esempio concreto di un intervento che, da puramente culturale, è divenuto nel tempo anche sociale, urbano ed economico, proprio perché costruito in stretta relazione con le associazioni locali e con le comunità residenti. Secondo Giuseppe Casa, l'esperienza di Corviale dimostra come la rigenerazione culturale possa essere uno strumento stabile e sostenibile per affrontare criticità urbane complesse.
  Un altro tema su cui ha insistito Giuseppe Casa riguarda la necessità di pianificazione a lungo termine e di replicabilità dei modelli. MArteLive, infatti, ha sviluppato un sistema organizzativo che prevede nuclei attivi non solo a Roma, ma in diverse regioni italiane e anche all'estero. Questo ha consentito a Procult di esportare i propri progetti in realtà differenti, come Bari, e di partecipare con successo a bandi europei, come nel caso del progetto Street Art for Rights Europe, che ha visto collaborazioni con partner francesi e greci e la realizzazione di opere monumentali, come quella a Corviale firmata dall'artista olandese JDL, dedicata ai cambiamenti climatici e accompagnata da un'azione di riqualificazione urbana partecipata. Proprio su quest'ultima esperienza, Giuseppe Casa ha voluto soffermarsi raccontando come, in origine, l'opera dovesse essere temporanea, a causa di lavori previsti per il cappotto termico dell'edificio, ma come, grazie all'intervento dei cittadini che si sono costituiti in comitato, si sia cercato di preservarla, a testimonianza del valore che l'intervento artistico ha assunto per il quartiere.
  Infine, ha accennato al ruolo del MArteFund, la struttura interna al sistema MArteLive dedicata al fundraising, che si occupa di monitorare i bandi e le opportunità a livello locale, nazionale ed europeo, e grazie alla quale è possibile realizzare progetti ambiziosi ma costosi, come quelli illustrati. Giuseppe Casa ha spiegato che, pur essendo sempre alla ricerca di nuove risorse, Procult è ormai una rete ben strutturata e capace di operare in modo efficace su più livelli, costruendo alleanze con le amministrazioni locali, con le scuole, con le associazioni di territorio e con partner culturali.
  Oriana Rizzuto, oltre a ripercorrere l'attività dell'associazione ha illustrato, tramite la proiezione di immagini, le singole opere artistiche promosse dall'associazione, che hanno impreziosito i muri e le piazze di diversi quartieri della Capitale e anche di altre località, come la citata Cassino.

2.1.4 LE AUDIZIONI DEI CONSULENTI DELLA COMMISSIONE

  Si segnala che nel corso dell'attività della Commissione si è dato luogo anche ad audizioni formali dei consulenti della stessa.Pag. 102
  In particolare, sono state volte le seguenti audizioni:

   Adriano De Nardis e Giuseppe Saladini, il 20 novembre 2023;

   Nicola Picco e Laura Ricci, il 29 gennaio 2024;

   Domenico Della Porta, Andrea Dongarrà, Armando Balducci, Nicola Picco, Laura Ricci, Simone Ombuen, Giuseppe Saladini, Antonio Rosario Derinaldis, Adriano De Nardis, Emanuele Merlino e Maria Eugenia Cadeddu, il 25 marzo 2024;

   Maria Eugenia Cadeddu e Marco Accorinti, l'11 giugno 2024;

   Armando Balducci e Simone Ombuen, il 29 luglio 2024;

   Antonio Rosario Derinaldis, il 10 settembre 2024;

   Don Maurizio Patriciello, il 25 settembre 2024;

   Andrea Dongarrà, Laura Ricci, Nicola Picco, Simone Ombuen, Micaela Ottomano, Antonio Rosario Derinaldis, Armando Balducci, Marco Accorinti, Maria Eugenia Cadeddu, Giuseppe Saladini, Giuseppe Francolino, Patrizia Ratti e Angelo Lattarulo, il 28 ottobre 2024.

2.2 LE MISSIONI ESTERNE

  Nel corso della propria attività nel periodo cui si riferisce la presente relazione (luglio 2023 – 4 aprile 2025), la Commissione ha svolto un totale di 20 tra missioni e sopralluoghi esterni, con 29 audizioni formali di sindaci, prefetti, questori e altri soggetti istituzionali locali.
  Le missioni hanno riguardato 9 delle 14 città metropolitane del nostro Paese, ossia: Napoli, Bari, Catania, Genova, Palermo, Torino, Firenze, Venezia e Milano, nonché le città di Frosinone e Cassino. Si ricorda, inoltre, che nella città metropolitana di Roma la Commissione ha svolto diversi sopralluoghi, per il quali si rinvia alla sezione 2.2.11.
  Di seguito si fornisce l'elenco cronologico delle missioni e dei sopralluoghi svolti, con indicazione dei soggetti auditi e incontrati, nonché dei luoghi visitati.

  23 ottobre 2023

  Napoli e Caivano

  Napoli

   Incontro con il Sindaco di Napoli (dott. Gaetano Manfredi)

   Incontro con il Prefetto (dott. Claudio Palomba) (audizione formale)

  Quartiere Scampia

   Visita all'Associazione (R)esistenza Anticamorra (incontro con Ciro Corona) e visita alla «Star Judo Club» (incontro con Gianni Maddaloni)

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  Caivano

   Incontro con don Maurizio Patriciello

   Incontro con la Commissione straordinaria per Caivano (dott. Filippo Dispenza, dott.ssa Simonetta Calcaterra e dott. Maurizio Alicandro) e con parroci locali (audizione formale)

  22 e 23 gennaio 2024

  Bari

   Incontro con il Sindaco di Bari (dott. Antonio De Caro), con il Prefetto (dott. Francesco Russo) e con il Questore (dott. Giovanni Signer) (audizioni formali)

   Incontro con l'Associazione Regionale per la Casa e l'Abitare (ARCA Puglia) (avv. Pietro Augusto De Nicolo) (audizioni formali).

   Incontro con don Gianni De Robertis, Vicario episcopale per le periferie

   Visita della Parrocchia San Nicola e del quartiere Enziteto (S.Pio) al seguito di don Luciano Cassano

   Visita alla Biblioteca Lombardi e all'adiacente Istituto Comprensivo «Grimaldi – Lombardi» presso il Quartiere San Paolo

  26 e 27 febbraio 2024

  Catania

   Incontro con il Sindaco (dott. Enrico Trantino), il Prefetto (dott.ssa Maria Carmela Librizzi) e il Questore (dott. Giuseppe Bellassai) (audizioni formali)

   Incontro con l'Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) (dott. Angelo Sicali) (audizione formale).

   Visita all'Oratorio Livatino – Incontro con don Fabio Vassallo (Parrocchia S. Maria Ausiliatrice e S. Domenico Savio) ed esponenti dell'associazionismo locale (Quartiere San Giorgio)

   Visita all'Oratorio Salesiano (Suor Mendola Ausilia)

   Incontro con rappresentanti dell'Associazione sportiva «Catania boxing team» (Complesso sportivo PalaNitta) e dell'associazione sportiva di rugby «I Briganti» (Campo sportivo San Teodoro Liberato)

   Visita all'oratorio Don Bosco – Salette; incontro con Don Benedetto Sapienza e realtà associative locali.

   Incontro con personale scolastico, studenti e loro famiglie all'Istituto scolastico comprensivo statale Vitaliano Brancati.

  8-9 aprile 2024

  Genova

   Incontro con il Sindaco (dott. Marco Bucci), il Prefetto (dott.ssa Cinzia Teresa Torraco) e il Questore (dott.ssa Silvia Burdese) e con i Pag. 104Comandanti locali della Guardia di finanza e dei Carabinieri (audizioni formali)

   Incontro con il prof. Alessandro Clavarino (Ufficio scolastico regionale – Liguria)

   Incontro con il dott. Paolo Gallo (Azienda Regionale Territoriale per L'Edilizia della Provincia di Genova)

   Visita all'Istituto Don Bosco di Sampierdarena – Incontro con don Maurizio Lollobrigida

   Visita al complesso residenziale Le Lavatrici, alle Dighe di Begato e al Paladiamante

   Sopralluogo nei quartieri del Centro storico di Genova

   Visita all'Istituto Comprensivo Voltri 2 (Plesso Aldo Moro) e incontro con il dott. Sergio Casali (Comunità di Sant'Egidio)

  16 e 17 settembre 2024

  Palermo

   Visita del quartiere Brancaccio: Istituto Comprensivo Statale Padre Pino Puglisi; Piazzetta Beato Padre Pino Puglisi; Cittadella del Povero e della Speranza

   Incontro con il Sindaco (dott. Roberto Lagalla) (audizione formale)

   Incontro con il Prefetto (dott. Massimo Mariani) e con il Questore (dott. Vito Calvino) (con la presenza dei Comandanti provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza) (audizioni formali)

   Incontro con il Commissario straordinario dell'IACP di Palermo (dott.ssa Alessandra Russo) (audizione formale)

   Visita del quartiere Zen

   Visita alla stazione dei Carabinieri «San Filippo Neri»

   Fondazione Albero della Vita

   Parrocchia San Filippo Neri

   Presidio istituzionale sul luogo della strage di Capaci del 23 maggio 1992

  21 e 22 ottobre 2024

  Torino

   Incontro con Assessori del Comune di Torino (Carlotta Salerno, Paolo Mazzoleni e Marco Porcedda) (audizione formale)

   Incontro con il Prefetto (dott. Donato Giovanni Cafagna), con l'assessore regionale Maurizio Marrone e con il Presidente dell'ATC Piemonte Centrale (dott. Emilio Bolla) (audizioni formali)

   Visita a Piazza Bengasi

Pag. 105

   Visita alla Piccola casa della divina provvidenza – Cottolengo

   Visita al Sermig – Servizio Missionario Giovani

   Visita ai giardini Alimonda

   Opera Salesiana Michele Rua

   Visita all'Istituto Comprensivo «Leonardo da Vinci – Anna Frank»

   Visita all'Associazione Damamar

  12 novembre 2024

  Frosinone

   Visita del quartiere Selva Piana con la presenza del Sindaco Riccardo Mastrangeli, Prefetto Ernesto Liguori, Questore Pietro Morelli, Comandante provinciale della Guardia di Finanza Stefano Boldrini, Comandante provinciale dei Carabinieri Gabriele Mattioli, Commissario Ater Antonello Iannarilli

  Cassino

   Visita dei quartieri Colosseo e San Bartolomeo, presenti il Sindaco di Cassino Enzo Salera e l'assessore alle politiche sociali Luigi Maccaro

  24 gennaio 2025

  Firenze

   Incontro con il Prefetto (dott.ssa Francesca Ferrandino), il Questore (dott. Fausto Lamparelli) (audizione formale)

   Incontro con l'assessora comunale all'urbanistica (dott.ssa Caterina Biti) (audizione formale) e con la sindaca Sara Funaro.

   Incontro con il presidente di Casa Spa (dott. Luca Talluri) (audizione formale)

   Sono presenti i parlamentari Chiara Tenerini, Erica Mazzetti, Deborah Bergamini, Federica Gianassi e Andrea Barabotti, nonché i consiglieri regionali Marco Stella e Lorenzo Masi.

   Visita alla sede dell'Arcidiocesi di Firenze: incontro con S.E. Gherardo Gambelli (Vescovo di Firenze) e con Marzio Mori, direttore della Caritas di Firenze.

   Visita alla zona della Leopolda, alle Piagge e al Parco delle Cascine (Piazza Vittorio Veneto e Ippodromo Le Mulina).

  24 febbraio 2025

  Venezia

   Incontro con il Prefetto (dott. Darco Pellos) e con il Questore (dott. Gaetano Bonaccorso) (audizione formale)

Pag. 106

   Incontro con il Sindaco (dott. Luigi Brugnaro) (audizione formale)

   Incontro con il presidente di ATER Venezia (dott. Fabio Nordio) (audizione formale)

   Visite, a Mestre (frazione di Venezia), presso l'edificio ATER «Nave 1» di via Altobello e presso via Piave.

  10-11 marzo 2025

  Milano

   Incontro con il Sindaco (dott. Giuseppe Sala) (audizione formale)

   Incontro con il Prefetto (dott. Claudio Sgaraglia) e con il Vicario del Questore (dott. Michele Pontoriero) (audizione formale)

   Incontro con l'assessore regionale alla casa e housing sociale (Paolo Franco), con il presidente di ALER Milano (dott. Matteo Mognaschi) e con il presidente di MM Spa (ing. Simone Dragone) (audizione formale)

   Visite nei seguenti luoghi: Piazzale Selinunte (San Siro), Via Quarti, Via Gola, Rogoredo, Viale Omero (Corvetto), Piazzetta Archinto, area circostante la Stazione Centrale, via Oreste Salomone

   Visita all'Istituto di istruzione secondaria superiore Marelli-Dudovich (Via Livigno n. 11)

  Di seguito, si fornisce un resoconto sintetico dei principali contenuti delle audizioni svolte e delle visite realizzate nel corso delle missioni istituzionali della Commissione nelle città italiane.

2.2.1 NAPOLI E CAIVANO

  Il 23 ottobre 2023 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Napoli e Caivano.
  A Napoli si è svolto un incontro con il sindaco di Napoli, dott. Gaetano Manfredi e l'audizione del prefetto, dott. Claudio Palomba. La delegazione si è poi recata nel quartiere Scampia, dove ha fatto visita alla sede dell'Associazione (R)esistenza Anticamorra, incontrando il presidente Ciro Corona; successivamente ha visitato lo «Star Judo Club», incontrando il presidente Gianni Maddaloni.
  A Caivano si sono svolti incontri con don Maurizio Patriciello e con i componenti della Commissione straordinaria per Caivano: dott. Filippo Dispenza, dott.ssa Simonetta Calcaterra e dott. Maurizio Alicandro.

NAPOLI

Prefetto

  Il prefetto Claudio Palomba ha esposto i temi cruciali relativi alla sicurezza, al degrado urbano e al disagio sociale che caratterizzano Napoli e le sue periferie, sottolineando come molte delle problematiche Pag. 107del territorio richiedano un intervento sistemico, con particolare attenzione a zone emblematiche come Caivano, che rappresenta un caso paradigmatico per comprendere le sfide e le opportunità di intervento. Il degrado urbanistico e sociale del Parco Verde di Caivano è il simbolo di un fallimento nella gestione abitativa e sociale. In situazioni come questa occorre un approccio radicale, come avvenuto con l'abbattimento e la ricostruzione delle Vele di Scampia e un censimento capillare per identificare gli occupanti abusivi e le condizioni delle abitazioni.
  L'assenza di documentazione ufficiale sulle assegnazioni abitative a Caivano rappresenta una delle principali criticità. Si tratta certamente di una mancanza non casuale, bensì del risultato deliberato di decenni di incuria e infiltrazioni criminali nelle amministrazioni locali. Lo scioglimento diretto del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, senza passare per una commissione d'accesso, testimonia della gravità della situazione che si era creata in quel territorio. Ora occorre quindi creare delle task force dedicate per ricostruire la documentazione e implementare sistemi informatici capaci di monitorare e gestire i dati demografici e abitativi, non solo a Caivano ma anche in altri comuni critici come Torre Annunziata. Il Prefetto ha poi collegato il problema delle occupazioni abusive al disagio abitativo, sottolineando l'importanza di interventi immediati per evitare che gli alloggi sgomberati vengano nuovamente occupati.
  Altro tema fondamentale è la dispersione scolastica, che rappresenta non solo un indicatore del disagio sociale, ma anche una causa diretta di fenomeni di violenza giovanile. Da accogliere con favore è l'implementazione di strumenti di monitoraggio della frequenza scolastica, come il portale del Comune di Napoli, secondo un modello che sarebbe opportuno estendere in altre municipalità. Il quadro della dispersione scolastica è drammatico, con molti giovani che non frequentano la scuola a causa di condizioni familiari critiche, come genitori detenuti, tossicodipendenti o incapaci di gestire la vita domestica. In alcune zone, la dispersione scolastica raggiunge livelli superiori al 60 per cento, rendendo indispensabile un intervento che combini misure educative e rafforzamento dei servizi sociali, questi ultimi spesso gravemente carenti. In molte periferie mancano risorse fondamentali per sostenere i minori e le loro famiglie, il che spiega perché confidare sulle sole forze dell'ordine per affrontare queste emergenze sociali non è sufficiente.
  Un altro punto cardine è il recupero delle strutture sportive, culturali e sociali, che in molte aree si trovano in stato di degrado o inutilizzabili, ma che rappresentano potenziali strumenti per sottrarre i giovani all'influenza delle organizzazioni criminali. Occorre semplificare la normativa e adottare modelli di gestione più snelli, come convenzioni temporanee o concessioni a cooperative giovanili, reperendo i fondi necessari per ristrutturare e riattivare tali spazi. Vi sono certamente degli esempi virtuosi, come il Centro Delfinia e il progetto delle Fiamme Oro, ma senza un supporto economico adeguato molte di queste iniziative restano sulla carta.
  Il prefetto ha evidenziato quindi la necessità di affrontare il problema della violenza e del disagio giovanile con un approccio integrato che includa educazione, lavoro e attività ricreative. FondamentaliPag. 108 sono le politiche attive per l'occupazione, come la clausola sociale nei bandi pubblici, che prevede quote riservate a disoccupati di lunga durata e a persone in condizioni di fragilità. Importanti iniziative si registrano a Scampia e Caivano, dove si stanno sviluppando progetti di formazione specifica in collaborazione con enti locali e associazioni industriali, per offrire ai giovani opportunità lavorative concrete e sottrarli al cosiddetto «welfare criminale».
  Per quanto riguarda la sicurezza, assai importanti sono le operazioni di alto impatto già in corso, come la chiusura di diverse piazze di spaccio a Caivano; ulteriori interventi di questo tipo sono previsti nelle zone più critiche di Napoli, come Piazza Garibaldi e il quartiere Vasto. Assai grave è anche il problema dell'abusivismo abitativo legato alla criminalità organizzata, il che richiederebbe di procedere prioritariamente allo sgombero degli alloggi controllati da organizzazioni criminali. La videosorveglianza e un migliore controllo del territorio sono strumenti indispensabili e servono quindi ulteriori investimenti per illuminare le strade e installare nuove telecamere, specialmente nelle periferie.
  Infine, il turismo svolge un ruolo importante come volano economico per Napoli e il suo hinterland. La crescita del turismo deve tuttavia essere accompagnata da interventi che migliorino il decoro urbano, la sicurezza e la gestione del territorio, garantendo al contempo la valorizzazione delle aree interne. Occorrerebbe inoltre un maggiore coinvolgimento del settore privato, e alcuni importanti investimenti già effettuati da imprenditori locali vanno nella giusta direzione. Anche in questo ambito, peraltro, occorrerebbe semplificare la burocrazia per favorire interventi di qualità e contrastare l'abbandono.
  In conclusione, i problemi di Napoli non possono essere affrontati in maniera isolata, ma richiedono una coesione istituzionale senza precedenti. Solo attraverso un'azione integrata che combini sicurezza, lavoro, educazione e recupero urbano sarà possibile invertire il ciclo di degrado e creare le condizioni per una ripresa duratura.

CAIVANO

  L'incontro presso il Comune di Caivano, del 23 ottobre 2023, ha rappresentato un momento cruciale per fare il punto sulla grave situazione di degrado e infiltrazione mafiosa che ha portato al commissariamento dell'ente locale. Gli interventi del commissario straordinario Filippo Dispenza e della dottoressa Simonetta Calcaterra hanno messo in luce le sfide che attendono il Comune e le strategie che intendono adottare per ripristinare la legalità e restituire dignità alla comunità locale.

Commissari straordinari

  Filippo Dispenza, prefetto e commissario straordinario di Caivano, ha esordito sottolineando che la nomina della commissione straordinaria è avvenuta a seguito dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, una decisione del Governo presa su indicazione del Ministro dell'interno Matteo Piantedosi. Lui e i suoi colleghi, Maurizio Alicandro e Simonetta Calcaterra, vantano già esperienze di commissariamentoPag. 109 in territori segnati dalla criminalità organizzata. Dispenza ha ricordato in particolare il suo impegno in Sicilia, a Vittoria, dove ha contribuito a sottrarre il mercato ortofrutticolo più grande d'Europa al controllo mafioso.
  Il commissario ha ribadito il proprio senso dello Stato e la volontà di lavorare per far sì che le regole tornino ad essere applicate con rigore, garantendo così la piena legalità all'amministrazione comunale. Ha inoltre sottolineato l'importanza di fornire opportunità concrete alle nuove generazioni, affinché non siano costrette a rivolgersi all'«anti-Stato», ossia alla criminalità organizzata, per trovare un futuro. Secondo Dispenza, il problema del degrado non è solo materiale ma anche sociale e culturale: se le istituzioni non forniscono alternative ai giovani, la camorra si sostituirà a loro. L'attenzione alle nuove generazioni è quindi una priorità assoluta, non solo per i ragazzi del Parco Verde, ma per tutti i giovani che vivono in condizioni di disagio nel territorio.
  Ha quindi ricordato che le periferie problematiche esistono ovunque in Italia, ma che la situazione di Caivano è emersa con particolare forza grazie anche al lavoro e al coraggio di Don Maurizio Patriciello. Dispenza ha raccontato di essersi confrontato con i sacerdoti locali, ai quali ha chiesto se avessero oratori attivi, riconoscendo il ruolo fondamentale degli spazi aggregativi per togliere i ragazzi dalla strada. Ha ricordato il suo passato in un oratorio salesiano e come esperienze di questo tipo possano contribuire a formare cittadini migliori. Ha assicurato che la Commissione straordinaria farà tutto il possibile affinché Caivano riacquisti dignità e opportunità di crescita sociale, etica e morale.
  Dispenza ha evidenziato che lavorerà in piena sintonia con il commissario Ciciliano, già impegnato nell'implementazione di un piano di interventi a 360 gradi, e ha sottolineato l'importanza di coinvolgere scuole, parrocchie e associazioni per costruire un tessuto sociale sano. Tra le iniziative concrete menzionate, ha posto particolare enfasi sulla collaborazione con le Fiamme Oro, le sezioni giovanili della Polizia di Stato, che già operano in città come Reggio Calabria, Bari, Brindisi, Taranto e Palermo. L'idea è di offrire ai ragazzi percorsi sportivi e formativi, sottraendoli così al rischio di devianza.
  Simonetta Calcaterra, membro della Commissione straordinaria, ha affermato che il compito principale della Commissione è il ripristino della legalità e che questo obiettivo passa anche per una riorganizzazione della macchina amministrativa, attualmente inesistente. Ha sottolineato che Caivano si trova in una condizione di grave carenza di personale: su un organico teorico di 400 impiegati, attualmente sono presenti solo 90 dipendenti, molti dei quali con contratti a tempo determinato. Senza una struttura amministrativa efficiente, qualsiasi intervento rischia di essere temporaneo e di non lasciare un'eredità duratura.
  Per questo motivo, Calcaterra ha annunciato che verrà presto bandito un concorso per l'assunzione di 15 agenti della Polizia municipale, considerato che l'attuale corpo conta appena 14-15 agenti con un'età media di 59 anni, molti dei quali non più idonei al servizio esterno. Inoltre, ha dichiarato che la Commissione è in contatto con il Pag. 110Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, per trovare soluzioni concrete e dare nuova linfa alla struttura comunale.

Le testimonianze dei parroci

  L'incontro ha visto la partecipazione di numerosi parroci locali, che hanno fornito una testimonianza diretta della situazione del territorio. Hanno raccontato come le loro parrocchie siano spesso gli unici punti di riferimento per i giovani e le famiglie, in un contesto caratterizzato da criminalità, povertà educativa e assenza di strutture adeguate. Alcuni di loro hanno denunciato la mancanza di spazi per svolgere attività aggregative, mentre altri hanno segnalato il degrado e l'abbandono di strutture comunali che potrebbero essere riqualificate per ospitare attività educative e sociali.
  Don Antonio Sgariglia ha parlato della necessità di combattere l'abbandono scolastico e ha chiesto il ripristino di una biblioteca abbandonata che potrebbe diventare un centro di aggregazione per i ragazzi. Don Arturo Caterino ha raccontato della sua associazione dedicata al recupero di giovani con problemi di dipendenza, sottolineando come in zona non esistano strutture residenziali per il recupero dei tossicodipendenti. Don Maurizio Patriciello ha invece ribadito che il degrado non è solo economico, ma anche morale, e che è necessario un profondo cambiamento culturale affinché i giovani non vedano più nei camorristi dei modelli di riferimento.

2.2.2 BARI

  Il 22 e 23 gennaio 2024 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Bari, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il Sindaco Antonio De Caro, il Prefetto dott. Francesco Russo, il Questore dott. Giovanni Signer e l'avvocato Pietro Augusto De Nicolo, rappresentante dell'Associazione Regionale per la Casa e l'Abitare (ARCA Puglia). Successivamente la delegazione ha incontrato don Gianni De Robertis, Vicario episcopale per le periferie e ha visitato la Parrocchia San Nicola (dove ha incontrato don Franco Lanzolla) e il quartiere Enziteto (S.Pio), al seguito di don Luciano Cassano. Infine, la delegazione ha fatto visita alla biblioteca Lombardi e all'Istituto Comprensivo «Grimaldi – Lombardi», dove ha incontrato la dirigente scolastica, alcuni docenti e gli studenti.

Sindaco

  Il sindaco Antonio Decaro ha rilevato, innanzitutto, la necessità di distinguere tra periferie fisiche e periferie sociali. Le periferie fisiche, ovvero aree geograficamente lontane dal centro cittadino, come San Pio, San Paolo, Santa Rita, Loseto e Japigia, sono quartieri spesso caratterizzati dalla mancanza di servizi e infrastrutture adeguate, con edifici costruiti per rispondere a emergenze abitative, ma senza una pianificazione per spazi di socializzazione e attività economiche. Un esempio di periferia sociale è invece il Quartiere Libertà, vicino al centro ma socialmente isolato, segnato da alti livelli di povertà, criminalitàPag. 111 e disagio sociale; pur essendo centrale, viene percepito come una periferia a causa delle problematiche sociali e del degrado.
  Le periferie fisiche di Bari sono nate in risposta alla crisi abitativa degli anni passati, spesso senza tenere conto della necessità di spazi per la socializzazione, il commercio e altre attività quotidiane. I quartieri risultano isolati sia dal punto di vista geografico che sociale, con difficoltà di collegamento al centro cittadino. In molte aree la criminalità organizzata ha avuto un forte impatto, contribuendo ulteriormente all'isolamento sociale e all'assenza di sicurezza. Un esempio di ciò è San Pio, un quartiere che ha visto fallire tentativi di sviluppo economico a causa della mancanza di abitanti e di infrastrutture adeguate; si era pensato, in passato, di insediare delle attività commerciali, che però hanno avuto vita breve per mancanza di un volume adeguato di domanda e interi complessi di negozi sono rimasti vuoti o sono stati occupati abusivamente.
  Il sindaco ha posto l'accento su una serie di iniziative mirate a migliorare l'interconnessione delle periferie con il centro urbano attraverso interventi infrastrutturali e di rigenerazione sociale. Per quanto riguarda i trasporti e le connessioni urbane, la creazione di una linea di metropolitana suburbana ha permesso di ridurre i tempi di collegamento tra le periferie e il centro, favorendo una maggiore integrazione di quartieri come San Paolo e San Pio. Sebbene i tempi di attesa per i treni siano ancora lunghi (40 minuti), la possibilità di raggiungere il centro in 10-12 minuti rappresenta un miglioramento significativo rispetto ai vecchi sistemi di trasporto, che impiegavano fino a un'ora. Per quanto riguarda, invece, la rigenerazione urbana, l'attività amministrativa si è posta l'obiettivo di colmare il divario non solo fisico ma anche sociale tra periferie e centro. Renzo Piano ha definito questo processo come «rammendo» urbano, un'azione che include il miglioramento delle infrastrutture e l'integrazione sociale.
  Con riferimento agli interventi specifici nei quartieri, il Sindaco ha segnalato quanto segue. Il quartiere San Paolo ha ricevuto finanziamenti importanti dal programma Pinqua, con interventi mirati per migliorare l'identità del quartiere e integrare maggiormente i residenti nel tessuto urbano. La nuova ferrovia suburbana ha migliorato l'accessibilità del quartiere, favorendo l'integrazione con il centro (che ora non viene più percepito come un'altra città, un luogo distante.
  Il Quartiere San Pio ha visto diverse iniziative volte a creare spazi di aggregazione sociale, tra cui playground, campi sportivi e centri culturali. Inoltre, un centro cinema è stato aperto da ragazzi del quartiere, alcuni dei quali si sono formati professionalmente proprio grazie a questa iniziativa. Un progetto di riqualificazione ha portato poi alla creazione di un birrificio sociale, diventato un centro di aggregazione per giovani e residenti.
  Il Quartiere Libertà, pur essendo vicino al centro, soffre di una forte criminalità, un elevato tasso di arresti domiciliari e una conflittualità interna tra clan criminali. Tuttavia, è anche un quartiere giovane, dove si insediano nuove coppie grazie ai bassi costi delle abitazioni, offrendo una potenziale speranza di rinascita. Tra gli interventi principali vanno segnalati la rigenerazione di piazze e spazi verdi, nonché la ristrutturazione della ex Manifattura dei Tabacchi, che diventerà un centro di ricerca del CNR (Consiglio Nazionale delle Pag. 112Ricerche); questo progetto rappresenta un tentativo di riqualificazione sociale attraverso l'integrazione di attività di alto valore culturale e scientifico nel quartiere.
  Attraverso i fondi del PNRR Bari ha ricevuto finanziamenti per importanti progetti di rigenerazione urbana. Quartieri come Japigia e San Giorgio vedranno un parco marino e un ampliamento delle aree verdi. La sfida per il futuro è evitare di creare nuovi «quartieri satellite» scollegati dal centro, come accaduto in passato. Il nuovo piano urbanistico prevede un'espansione della città a cerchi concentrici, evitando così la creazione di nuovi insediamenti abitativi isolati. Uno degli obiettivi del piano, inoltre, è evitare il consumo eccessivo di suolo, limitando l'espansione urbanistica incontrollata e concentrando invece le nuove costruzioni in aree già urbanizzate. Quartieri come Japigia, che in passato erano considerati periferie, sono stati trasformati e ora sono meglio integrati nel tessuto cittadino.
  Adeguata attenzione è stata dedicata al sostegno alle attività commerciali, specialmente nei quartieri più degradati. Un'iniziativa interessante è stata quella di finanziare con 50.000 euro negozi di vicinato in aree considerate degradate dal punto di vista urbanistico, combinando attività commerciali con iniziative sociali, come corsi di formazione per giovani e disabili.
  Nel complesso la rigenerazione delle periferie di Bari non si limita alla costruzione di nuove infrastrutture, ma include un forte impegno per migliorare il tessuto sociale, attraverso la creazione di spazi di aggregazione, iniziative economiche sostenibili e l'integrazione con il centro cittadino. L'approccio è quello di una rigenerazione urbana che tiene conto sia degli aspetti fisici che sociali, con l'obiettivo di creare una città policentrica, dove ogni quartiere possa essere autonomo e ben collegato al resto della città.

Prefetto

  Il Prefetto di Bari, Francesco Russo, ha fornito un quadro principali problematiche di sicurezza e degrado urbano della città di Bari e delle sue periferie.
  Si rileva la presenza di una criminalità organizzata strutturata in modo «molecolare», con 14 famiglie criminali distribuite nei vari quartieri della città. Il traffico e lo spaccio di stupefacenti sono il «core business» di queste organizzazioni, che si dedicano anche ad estorsioni, racket e usura. Tuttavia, si registra una certa fluidità tra le cosche, con giovani che cercano di affermarsi e creare nuove dinamiche criminali.
  Per quanto concerne la criminalità comune, nel 2023 si è registrata una diminuzione dei furti in generale, ma i furti di automobili restano un problema persistente, in particolare nel nord-est della Puglia. Sono state svolte numerose operazioni coordinate dalla Polizia per contrastare questo fenomeno, con risultati significativi, come il recupero di molte auto rubate grazie all'uso di mezzi aerei. Una serie di episodi di vandalismo, come le cosiddette «spaccate» (vetrine di negozi rotte), creano disagio tra i cittadini, anche se economicamente non sono particolarmente rilevanti per i criminali. Rilevante è, poi, il problema dei senzatetto, soprattutto stranieri, che rifiutano spesso l'assistenza comunale, creando situazioni di degrado, soprattutto in quartieri come Pag. 113San Girolamo e nelle aree vicine alla stazione ferroviaria (piazza Moro e piazza Umberto). Le aree vicine alla stazione sono oggetto di un controllo costante da parte delle forze dell'ordine, con presidi fissi o dinamici, e si prevede un ulteriore rafforzamento della presenza militare. Nella «Bari Vecchia», zona storica della città, che registra una capillare presenza criminale e una movida spesso violenta, sono stati effettuati numerosi interventi di sicurezza.
  Il fenomeno delle babygang non è strutturato, ma si manifesta con gruppi temporanei di giovani che compiono atti di violenza o vandalismo, come il lancio di pietre contro gli autobus. Questo tipo di comportamenti è monitorato con grande attenzione, soprattutto nelle scuole dei quartieri periferici.
  I quartieri periferici come San Pio, San Paolo e Japigia, aree con elevate esigenze di intervento statale e presenza istituzionale, hanno visto un importante lavoro di alcuni preti molto attivi sul territorio e nelle parrocchie. Sono stati avviati progetti educativi nelle scuole per contrastare l'influenza della criminalità sulla gioventù.
  È stata rilevata una grave situazione di occupazioni abusive di immobili, in particolare da parte di soggetti legati alla criminalità o alle loro famiglie. Le istituzioni locali, come l'Arca e le forze di Polizia, stanno collaborando per contrastare questo fenomeno, con l'obiettivo di risolvere i casi più critici.
  Per quanto concerne, infine, il contrasto allo spaccio di droga, le operazioni di repressione sono in genere molto efficaci, ma il facile accesso alle droghe è un problema crescente, con conseguente aumento della ricchezza delle organizzazioni criminali. La normativa vigente è severa nei confronti dei trafficanti, ma assai meno verso gli assuntori, per i quali ritiene che la repressione debba essere bilanciata con la prevenzione e l'assistenza sociale.

Questore

  Il Questore di Bari, Giovanni Signer, ha delineato una panoramica approfondita delle problematiche di degrado e illegalità nella città metropolitana di Bari, illustrando interventi operativi e riflessioni strategiche. Ha innanzitutto richiamato l'attenzione sulle situazioni critiche nei quartieri centrali, come piazza Umberto e piazza Aldo Moro, inizialmente caratterizzate da una forte presenza di persone senza fissa dimora, tossicodipendenti e piccoli spacciatori, il che creava un significativo senso di insicurezza per i residenti e i commercianti. La soluzione adottata è stata l'istituzione di presidi fissi delle forze dell'ordine, che hanno ridotto l'allarme sociale e ristabilito una certa percezione di sicurezza.
  Un altro tema delicato è quello delle babygang e della violenza giovanile, con episodi di aggressioni e rapine nei parchi cittadini e nelle zone centrali. Pur evitando di attribuire una precisa identità a questi gruppi, si tratta per lo più di gruppi composti da ragazzi provenienti da contesti familiari difficili, in alcuni casi legati da rapporti di parentela. Nonostante i numeri della criminalità minorile a Bari siano inferiori rispetto ad altre realtà meridionali, si è registrato un aumento di reati violenti ad opera di giovani, spingendo le autorità a intensificare i controlli in aree come piazza Ferrarese.Pag. 114
  Tra le problematiche principali figura lo spaccio di sostanze stupefacenti, diffuso in tutto il territorio ma particolarmente evidente nei quartieri centrali e storici come Bari Vecchia. Qui la situazione è peggiorata per il basso costo di droghe come l'eroina e sostanze sintetiche quali l'MDMA, che alimentano un aumento del numero di tossicodipendenti. Lo spaccio è strettamente legato alla criminalità organizzata locale, che non solo gestisce questo traffico per i profitti immediati, ma lo utilizza come mezzo per consolidare il proprio controllo territoriale e reclutare nuovi adepti. La presenza di tossicodipendenti nelle aree centrali ha accentuato il senso di degrado, spingendo i residenti a richiedere interventi urgenti.
  Per quanto riguarda la criminalità minore, come i furti con spaccata ai danni di esercizi commerciali, i danni arrecati ai negozianti risultano significativi, compromettendo la fiducia dei commercianti e peggiorando la percezione di insicurezza. Grazie a operazioni investigative mirate, la Questura è riuscita a identificare e fermare diversi responsabili di questi reati, riducendo la frequenza delle spaccate.
  I furti di automobili, particolarmente diffusi nei quartieri periferici di Bari, rappresentano un problema sistematico, spesso legato a reti di ricettazione e smantellamento gestite da gruppi locali e provinciali. Il Questore ha descritto il modus operandi sofisticato di questi gruppi, che utilizzano jammer per disattivare i sistemi di allarme e si avvalgono di aree rurali per nascondere i veicoli prima di smontarli e rivenderne i pezzi. Operazioni con l'ausilio di elicotteri della Polizia hanno permesso di recuperare numerosi veicoli, ma il problema rimane radicato.
  Un fenomeno sociale e culturale peculiare di Bari è il ricorso massiccio ai fuochi d'artificio illegali per celebrare eventi privati, spesso associati a pericolose condizioni di conservazione e trasporto. Preoccupa la vendita online di questi prodotti, che sfugge ai controlli tradizionali, per cui sarebbe necessari interventi legislativi più incisivi per regolamentare il fenomeno.
  Sul fronte delle migrazioni, assai significative sono le problematiche legate alla gestione degli stranieri irregolari, spesso concentrati in zone come piazza Cesare Battisti o nei pressi del Cara di Bari. Episodi di scavalcamento delle recinzioni e utilizzo delle linee ferroviarie da parte di migranti che lavorano nei campi sono frequenti, creando situazioni di rischio sia per loro che per la popolazione locale. Tuttavia, la comunità musulmana locale, prevalentemente sunnita, non presenta segnali di radicalizzazione, grazie a un buon rapporto con le autorità.
  Il questore ha poi affrontato il tema della criminalità minorile e dell'abbandono scolastico, collegando questi fenomeni all'influenza negativa dei modelli promossi dai social media e a una carenza di interventi educativi mirati. Occorre affiancare agli interventi preventivi delle forze dell'ordine un approccio educativo, coinvolgendo psicologi per aiutare i giovani a comprendere le motivazioni profonde dietro i comportamenti violenti.
  Il questore, infine, ha sottolineato l'importanza della presenza visibile delle forze di Polizia come deterrente per il crimine e strumento per rassicurare la popolazione, ma ha anche evidenziato la necessità di investire in tecnologie avanzate, come sistemi di videosorveglianza e Pag. 115lettura automatica delle targhe, per migliorare l'efficienza della prevenzione e del controllo.

A.R.C.A. Puglia

  L'avvocato Pietro Augusto De Nicolo, amministratore unico dell'Associazione Regionale per la Casa e l'Abitare (ARCA) della Puglia, ha illustrato le problematiche legate alle case popolari nella regione, soffermandosi sull'abusivismo, la gestione del patrimonio immobiliare, la necessità di interventi sociali e la collaborazione con le istituzioni locali.
  ARCA gestisce il 41 per cento del patrimonio immobiliare destinato all'edilizia popolare in Puglia, con 21.000 alloggi di proprietà. In Puglia vivono in case popolari circa 350.000 persone (circa il 10 per cento della popolazione regionale), con una concentrazione particolarmente alta nel quartiere San Paolo di Bari, dove circa il 90 per cento delle abitazioni sono di edilizia popolare. Uno dei problemi principali è l'aggregazione di fragilità sociali all'interno di questi quartieri, dovuta alla scarsa attenzione al contesto sociale nelle politiche abitative del passato. La mancanza di servizi sociali e di inclusione ha reso questi quartieri particolarmente vulnerabili.
  Il 7 per cento del patrimonio gestito da ARCA è attualmente occupato abusivamente, con picchi del 12 per cento in alcune città. A Bari, il numero di occupazioni abusive è particolarmente elevato, con 500 occupazioni accertate, anche se si sospetta che il fenomeno sommerso sia più esteso. Le occupazioni abusive avvengono spesso con metodi organizzati e violenti, e in molti casi sono riconducibili a clan criminali locali, con frequenti episodi in cui abitazioni vengono occupate non appena si liberano, nonostante gli sforzi di blindare gli alloggi disponibili. ARCA ha collaborato con la Prefettura e la Questura per contrastare l'abusivismo edilizio, con operazioni mirate, come l'intervento su palazzine in cui i clan avevano costruito strutture abusive sui tetti, comprese piscine e barbecue. Eseguire gli sfratti per gli occupanti abusivi è molto difficile, specialmente quando le famiglie occupanti vengono considerate vulnerabili. In alternativa, ARCA ha iniziato a utilizzare lo strumento del sequestro preventivo degli alloggi, permettendo all'ente di riprendere il controllo delle abitazioni senza passare per il lungo processo di sfratto. L'avvocato De Nicolo ha anche sottolineato l'assurdità di alcuni casi in cui i giudici concedono la messa alla prova per gli occupanti abusivi, permettendo loro di continuare a vivere nell'abitazione occupata mentre scontano la pena.
  La gestione e manutenzione degli edifici è un problema significativo per ARCA, che dispone di risorse finanziarie limitate. Molti edifici, specialmente quelli costruiti negli anni '60, sono in condizioni precarie, e gli interventi di manutenzione sono spesso rimandati per mantenere il bilancio in ordine. ARCA ha recentemente ottenuto un mutuo di 10 milioni di euro dalla Cassa Depositi e Prestiti, che verrà utilizzato in parte per abbattere le barriere architettoniche in molte delle proprietà, migliorando l'accessibilità per le persone con disabilità. Ci sono 140 richieste di servoscala e 500 richieste di adeguamento dei bagni per i disabili.
  Un altro problema è la morosità, con 85 milioni di euro di affitti non pagati dagli inquilini. Nonostante i canoni siano molto bassi (il 40 Pag. 116per cento degli inquilini paga meno di 50 euro al mese), molti non riescono a pagare. ARCA ha introdotto un piano di rateizzazione per consentire agli inquilini di rientrare gradualmente del debito, ma la situazione rimane complessa.
  ARCA collabora costantemente con le forze dell'ordine e le istituzioni locali per contrastare il degrado urbano e migliorare le condizioni abitative. Si evidenzia, tuttavia, la necessità di interventi a livello nazionale per chiarire questioni legislative, come l'esenzione dall'IMU per le case popolari, una questione che attualmente varia da comune a comune.
  ARCA ha presentato progetti per oltre 100 milioni di euro alla Regione Puglia nell'ambito dei fondi di sviluppo e coesione per la rigenerazione urbana, ma attende ancora una risposta definitiva. È auspicabile, quindi, un'accelerazione nei tempi di risposta per permettere di avviare i progetti di riqualificazione.
  In prospettiva l'agenzia per la casa non può più occuparsi solo della gestione patrimoniale, ma deve anche farsi carico delle fragilità sociali dei residenti. L'inclusione sociale è fondamentale per migliorare le condizioni di vita nei quartieri popolari, e ARCA ha avviato progetti per offrire spazi a servizi sociali e sanitari in collaborazione con le ASL e altri enti locali.

2.2.3 CATANIA

  Il 26 e 27 febbraio 2024 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Catania, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il sindaco Enrico Trantino, il prefetto Maria Carmela Librizzi, il questore Giuseppe Bellassai e Angelo Sicali, presidente dell'Istituto Autonomo Case Popolari (IACP).
  Successivamente la delegazione si è recata da don Fabio Vassallo nella Parrocchia S. Maria Ausiliatrice e S. Domenico Savio, ha incontrato esponenti dell'associazionismo locale al Quartiere San Giorgio, ha fatto visita all'Oratorio Salesiano (dove ha incontrato Suor Mendola Ausilia), ha incontrato rappresentanti dell'Associazione sportiva «Catania boxing team» (presso il Complesso sportivo PalaNitta) e dell'associazione sportiva di rugby «I Briganti» (presso il Campo sportivo San Teodoro Liberato)
  Successivamente la delegazione ha fatto visita all'oratorio Don Bosco – Salette, incontrando Don Benedetto Sapienza ed esponenti di realtà associative locali.
  Infine, la delegazione ha incontrato il personale scolastico, studenti e loro famiglie all'Istituto scolastico comprensivo statale Vitaliano Brancati.

Sindaco

  Il sindaco Enrico Trantino ha illustrato la difficile situazione della città, sia dal punto di vista economico che sociale, evidenziando come Catania sia una città di 300.000 abitanti che ogni giorno ne accoglie circa 600.000 a causa della conurbazione con i comuni limitrofi. Questo sovraccarico crea una forte pressione sui servizi pubblici che, progettati Pag. 117per una popolazione ridotta, non riescono a far fronte a questa affluenza quotidiana.
  Uno dei principali problemi riguarda la carenza di personale, in particolare per quanto riguarda i vigili urbani. La città ha attualmente solo 248 vigili, quando ne servirebbero almeno 800 per gestire adeguatamente la sicurezza e l'ordine pubblico. Inoltre, la maggior parte degli attuali vigili ha un'età media superiore ai sessant'anni, il che limita ulteriormente l'efficacia dell'organico.
  Un problema fondamentale è il degrado urbano delle periferie, accentuato dall'inadeguata gestione dei rifiuti, anche a causa del diffuso fenomeno del conferimento illegale da parte di cittadini dei comuni limitrofi. Poiché la raccolta differenziata è più rigorosa nelle aree circostanti, molti individui preferiscono portare i loro rifiuti a Catania, in particolare nelle periferie meno sorvegliate, contribuendo così al degrado. Questo problema alimenta un ciclo negativo, in cui i residenti delle periferie, vedendo il degrado crescente e la mancanza di controllo, sono sempre meno incentivati a prendersi cura degli spazi pubblici.
  Il sindaco ha presentato alcuni dei principali progetti di rigenerazione urbana che mirano a migliorare la situazione delle periferie di Catania, tra cui il quartiere Librino, uno dei più problematici. Librino è stato descritto come una «città nella città», concepito come un quartiere-dormitorio, privo di servizi sociali adeguati e isolato dal centro. I residenti di Librino spesso si riferiscono al centro di Catania come «un'altra città», segno dell'isolamento psicologico e fisico. In passato, sono stati realizzati interventi come la costruzione di una pista ciclabile e di spazi verdi, ma che questi progetti non hanno risolto il problema dell'isolamento, ma hanno anzi aggravato la percezione di marginalizzazione, poiché non sono stati accompagnati da una connessione efficace con il resto della città.
  Grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e ai Piani Urbani Integrati (PUI), Catania ha ricevuto 76 milioni di euro per realizzare progetti mirati alla rigenerazione urbana. Un progetto chiave è la creazione di collegamenti tra Librino e San Berillo Vecchio, un quartiere centrale ma anch'esso in condizioni di degrado. Il collegamento tra le due aree sarà facilitato dall'ampliamento della metropolitana. È prevista anche la costruzione di 64 nuovi alloggi a Librino grazie ai fondi del PINQuA (Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare).
  Un altro tema centrale è quello della criminalità organizzata, legata soprattutto al traffico di droga. Le organizzazioni criminali locali controllano gran parte del mercato degli stupefacenti, coinvolgendo giovani disoccupati nel trasporto e nella distribuzione di droghe. Tuttavia, rispetto al passato, la presenza della criminalità organizzata è meno invasiva e non sembra esserci il rischio di infiltrazioni mafiose nei progetti di appalto pubblici attualmente in corso. Il sistema di controllo è rigido, e il Comune collabora strettamente con le forze dell'ordine e la Guardia di Finanza per prevenire ogni tentativo di infiltrazione.
  Un altro punto critico è la situazione del patrimonio abitativo pubblico a Catania. Molti edifici destinati all'edilizia popolare sono in condizioni fatiscenti e necessitano di urgenti interventi di manutenzione,Pag. 118 ma purtroppo le risorse disponibili per la riqualificazione sono limitate.
  Le scuole pubbliche della città sono un'altra fonte di preoccupazione, specialmente a causa della vulnerabilità sismica. Catania si trova in una zona ad alto rischio sismico, ma le scuole elementari e medie gestite dal Comune richiederebbero interventi di consolidamento strutturale per un costo stimato di 248 milioni di euro, mentre i fondi disponibili ammontano a soli 75.000 euro.
  Altro tema importante è il ruolo del terzo settore e delle associazioni nel sostenere la popolazione più vulnerabile, soprattutto nelle aree più disagiate come San Cristoforo, un quartiere centrale ma di fatto una «periferia sociale». Le associazioni lavorano per ridurre la dispersione scolastica e per fornire supporto alle famiglie in difficoltà.
  Relativamente alla situazione finanziaria, il Comune di Catania è in uno stato di dissesto finanziario che limita notevolmente la capacità dell'amministrazione di agire. Il Comune è sottoposto all'Organismo Straordinario di Liquidazione, e per questo ha richiesto ulteriori proroghe per gestire la massa passiva di debiti accumulati negli anni. Il sindaco ha sottolineato che servono modifiche legislative che incoraggino i creditori ad accettare accordi transattivi, poiché in assenza di tali strumenti, il dissesto finanziario potrebbe protrarsi ancora a lungo.
  Un punto cruciale per il futuro di Catania è rappresentato dai progetti di mobilità sostenibile. L'ampliamento della metropolitana è già in corso e si estenderà fino all'aeroporto e oltre, collegando Catania con comuni come Misterbianco e Paternò. Questo progetto è fondamentale per liberare il centro storico dal traffico e migliorare la mobilità urbana. Un altro grande problema riguarda l'inadeguatezza delle infrastrutture stradali, in particolare l'autostrada Catania-Palermo, descritta come «un'autostrada a una corsia» a causa dei continui cantieri mai completati.
  Per risollevare strutturalmente le sorti della città occorre un nuovo patto sociale tra i cittadini e le istituzioni, che miri a cambiare la cultura civica della città, promuovendo un maggiore rispetto delle regole e un senso di appartenenza alla comunità. La mancanza di fiducia dei cittadini nelle istituzioni ha contribuito a una generale disaffezione verso la cura degli spazi pubblici e il rispetto delle leggi.

Prefetto

  Il prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, evidenzia che la città soffre di problemi economici legati alla crisi del commercio e dell'agricoltura, ma ci sono segnali positivi provenienti da nuovi investimenti industriali. La STMicroelectronics ha ricevuto un finanziamento di 70 milioni di euro, mentre la fabbrica di pannelli solari 3Sun ha ottenuto 600 milioni di euro per diventare una gigafactory. Questi investimenti sono visti come potenziali fonti di miglioramento occupazionale in un contesto in cui il tasso di disoccupazione si attesta al 16 per cento, più alto della media nazionale.
  La provincia di Catania è caratterizzata dalla presenza di forti organizzazioni criminali, con nove famiglie mafiose attive. Il clan più potente è quello dei Santapaola-Ercolano, seguito dai Cappello e dai Laudani. Queste famiglie si sono infiltrate nell'economia legale, soprattuttoPag. 119 tramite il traffico di droga e il controllo di settori come lo smaltimento dei rifiuti e le scommesse. Negli ultimi anni si è instaurata una sorta di «pax mafiosa» tra i clan, che ha ridotto le faide violente ma ha aumentato le infiltrazioni economiche. Le principali «piazze di spaccio» sono concentrate nei quartieri più difficili, come Picanello, Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo.
  Le estorsioni rappresentano un altro grave problema, con richieste di pizzo che colpiscono sia piccoli commercianti che grandi aziende. Tuttavia, le denunce da parte delle vittime sono scarse, e spesso emergono solo attraverso operazioni di polizia. Un esempio recente è quello del presidente dell'Associazione Industriali, che ha confessato di aver pagato il pizzo solo dopo un'operazione di polizia.
  La criminalità minorile è un fenomeno preoccupante, con molti giovani coinvolti in reati come furti, rapine e spaccio di droga. La dispersione scolastica è particolarmente elevata in alcune aree, raggiungendo il 30 per cento in quartieri come San Cristoforo. A tale riguardo il Prefetto ha evidenziato l'importanza il progetto «Liberi di Scegliere», avviato in collaborazione con il Tribunale dei Minori, che mira a sottrarre i giovani dalle influenze criminali delle loro famiglie mafiose, offrendo loro opportunità educative e sociali.
  È stato istituito un Osservatorio Metropolitano per monitorare le aree a rischio di criminalità e disagio sociale. Attraverso una mappatura digitale delle vulnerabilità sociali, sono state individuate sei aree critiche in cui operare, analizzando dati come la dispersione scolastica, la criminalità minorile e la carenza di servizi. Quartieri come San Berillo e San Cristoforo sono stati identificati come zone ad alta criticità. San Berillo, per esempio, ha visto una forte presenza di extracomunitari coinvolti nello spaccio di droga e nell'occupazione abusiva di edifici.
  Catania sta beneficiando di importanti fondi del PNRR, che vengono utilizzati per progetti di rigenerazione urbana e per il miglioramento delle condizioni delle periferie. L'idea è di creare «infrastrutture di prossimità», come spazi verdi, centri di aggregazione e miglioramenti nei trasporti pubblici, per rendere le periferie più vivibili. Un elemento positivo è la presenza di una rete di associazionismo molto attiva, con numerose iniziative di inclusione sociale e supporto educativo, specialmente nei quartieri difficili. Progetti come «I Briganti di Librino» (una squadra di rugby) e «Musica insieme a Librino» stanno coinvolgendo i giovani in attività sportive e culturali.
  Catania soffre anche di una forte crisi abitativa, con una carenza di alloggi pubblici e privati. Le occupazioni abusive di immobili sono in aumento, sebbene non in forma massiva, e sono spesso organizzate da «Comitati per la casa». Sul fronte dell'immigrazione, ci sono circa 28.000 migranti regolari a Catania. Nonostante ciò, l'integrazione è considerata generalmente positiva, con pochi episodi di razzismo. La città ospita anche un hub di accoglienza per migranti con una capacità di 650 persone, oltre a numerosi SAI e CAS per la gestione dell'accoglienza dei migranti.
  Il prefetto ha sottolineato l'importanza degli strumenti di prevenzione per evitare infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, soprattutto in relazione ai fondi del PNRR. La prevenzione collaborativa è uno degli strumenti utilizzati per monitorare le aziende sospettate di legami Pag. 120con la criminalità, permettendo loro di continuare a lavorare sotto un regime di tutoraggio. La Prefettura ha stipulato diversi protocolli di legalità con grandi enti pubblici e privati, come Ferrovie e ANAS, e organizza regolari controlli nei cantieri per verificare la presenza di imprese interdette.

Questore

  Il questore di Catania, Giuseppe Bellassai, si è concentrato sulle condizioni di sicurezza, la criminalità organizzata, i fenomeni di degrado urbano e i progetti di controllo del territorio a Catania e nelle sue periferie.
  Per quanto riguarda reati predatori (furti di autovetture, furti su autovetture, furti di motoveicoli), dopo un picco nel 2019, questi reati sono diminuiti durante il periodo del lockdown per poi risalire progressivamente fino al 2023. Nel solo primo mese del 2024 sono già stati rilevati numerosi casi, soprattutto furti di veicoli, particolarmente concentrati nella città e nella provincia di Catania.
  Dal 2019 al 2023 si è verificato un aumento significativo di truffe e frodi informatiche, in linea con le tendenze nazionali. Anche i casi di danneggiamento sono rimasti costanti nel tempo, mentre il numero di estorsioni denunciate è relativamente basso, poiché molte vittime non presentano denuncia.
  Catania è un territorio caratterizzato dalla presenza di diversi clan mafiosi, tra cui il più noto è il clan Santapaola-Ercolano, affiliato a Cosa Nostra. Altri clan attivi sono i Cappello-Bonaccorsi, i Laudani, e i Mazzei. Questi gruppi dominano il traffico di stupefacenti e hanno stabilito delle «piazze di spaccio» organizzate, soprattutto nei quartieri di San Cristoforo, Librino e San Giovanni Galermo. Queste piazze di spaccio sono strutturate con vedette e sistemi di comunicazione sofisticati, rendendo difficile l'intervento delle forze dell'ordine.
  Catania è suddivisa in diverse aree, ciascuna con un proprio commissariato (Borgo Ognina, Nesima, Centrale, Librino). Il commissariato centrale copre le aree più problematiche della città, come San Berillo e San Cristoforo, dove si concentra la maggior parte dei reati legati alla criminalità organizzata. Il quartiere Librino, pur essendo uno dei più vasti dal punto di vista territoriale, è meno popolato e presenta una minore incidenza di reati, anche se rimane un punto critico per lo spaccio di droga.
  Tra le iniziative di controllo del territorio, il questore ha menzionato il Piano Trinacria, che prevede l'utilizzo di unità specializzate, come le squadre cinofile e il reparto prevenzione crimine, per intervenire in specifiche aree della città. Inoltre, il controllo integrato del territorio (CIT) coinvolge anche la polizia locale per monitorare questioni legate al degrado urbano, come l'illuminazione pubblica e la pulizia delle strade.
  Nel 2023, sono state presentate oltre 1.000 segnalazioni per violenza domestica e atti persecutori, con 398 ammonimenti da parte del questore e l'utilizzo di dispositivi elettronici come il braccialetto elettronico per 39 soggetti.
  Il problema della criminalità minorile è presente a Catania, con 109 reati commessi da minori nel 2023. Il bullismo e la violenza Pag. 121minorile sono particolarmente diffusi nelle zone centrali della città: per affrontare tale fenomeno occorre innanzitutto rafforzare la collaborazione con le scuole per prevenire la dispersione scolastica.
  Catania ospita circa 28.000 immigrati regolari, con una forte presenza di nordafricani e cittadini dello Sri Lanka. Sebbene gli immigrati rappresentino una percentuale bassa dei reati complessivi, la presenza di un centro di prima accoglienza in via Forcile ha visto un transito di oltre 17.000 migranti nel 2023.
  Nonostante i progressi fatti, il territorio continua a essere caratterizzato da un'elevata presenza di criminalità organizzata e fenomeni di degrado urbano, che richiedono interventi costanti e mirati.

Istituto Autonomo case Popolari (IACP)

  Il dott. Angelo Sicali, presidente dell'Istituto autonomo case popolari (IACP) di Catania, ha affrontato temi legati alla gestione degli alloggi popolari nella città e provincia di Catania, toccando questioni come la manutenzione degli edifici, l'abusivismo, la morosità, le opportunità di riqualificazione energetica e il ruolo sociale dell'IACP.
  L'IACP di Catania gestisce circa 8.500 alloggi in tutta la provincia, insieme a 600 locali non abitativi. Negli ultimi anni sono stati avviati progetti di riqualificazione del patrimonio immobiliare, con un investimento di 43,5 milioni di euro in lavori di ristrutturazione e manutenzione. Questo include non solo interventi strutturali, ma anche la creazione di comunità energetiche che rappresentano una novità per la Sicilia. Questi progetti permettono la produzione di energia sostenibile, con la partecipazione attiva degli inquilini degli alloggi popolari. Uno degli obiettivi principali dell'IACP non è solo la riqualificazione strutturale degli edifici, ma anche quella sociale. A tal fine è fondamentale promuovere l'integrazione e migliorare il tessuto sociale dei quartieri popolari. Ad esempio, l'IACP sta lavorando su 500 alloggi per migliorare la loro efficienza energetica, e al contempo sta sviluppando progetti che favoriscono l'inclusione, come spazi culturali e artistici all'interno delle aree residenziali. Un esempio di questo approccio è la consegna recente di 21 alloggi di social housing a Catania, destinati a giovani coppie, anziani e donne vittime di violenza. Questi progetti di co-housing sono pensati per favorire la coesione sociale e includono spazi verdi e aree per bambini, in contrasto con i vecchi modelli di edilizia popolare che isolavano le persone in quartieri dormitorio.
  Un punto critico è rappresentato dalle occupazioni abusive, che riguardano il 17 per cento del patrimonio immobiliare dell'IACP di Catania. Grazie a una recente sanatoria regionale, molti inquilini abusivi stanno regolarizzando la loro posizione, pagando gli arretrati per l'uso degli alloggi. La sanatoria, che scadrà il 31 marzo 2024, ha già portato alla regolarizzazione di oltre 800 alloggi. Tuttavia, rimangono ancora 1.459 unità occupate abusivamente, di cui 231 non potranno beneficiare della sanatoria e dovranno essere sgomberate.
  Sicali ha sottolineato l'importanza di una maggiore collaborazione tra l'IACP, i comuni e le forze dell'ordine per affrontare il problema delle occupazioni abusive, spesso legate a fenomeni malavitosi, auspicando rafforzamento degli organici e un maggiore coordinamento per accelerare i processi di sgombero e restituire gli alloggi a chi ne ha diritto.Pag. 122
  Un altro problema è la morosità degli inquilini, che l'IACP cerca di ridurre progressivamente. Il superamento del reddito di cittadinanza non ha fin qui avuto un impatto significativo sui tassi di morosità, ma la situazione è in evoluzione e potrebbe cambiare nei prossimi mesi.
  Al riguardo ricorda come l'IACP avesse proposto, in passato, una norma che permettesse di trattenere direttamente dagli importi del reddito di cittadinanza una parte destinata al pagamento degli affitti, ma questa proposta non è stata accolta.
  Sicali ha espresso rammarico per l'opportunità mancata del Superbonus 110 per cento, che avrebbe potuto permettere all'IACP di realizzare interventi per 80 milioni di euro su centinaia di alloggi. Nonostante l'Istituto fosse pronto con progetti e bandi, il cambiamento delle norme sul Superbonus ha bloccato l'accesso ai fondi, privando l'IACP di una risorsa importante per la riqualificazione del proprio patrimonio.
  Per affrontare le sfide future, l'IACP ha presentato un piano di riqualificazione del patrimonio immobiliare che richiederebbe un investimento complessivo di 350 milioni di euro. Questo piano include la sistemazione di infrastrutture essenziali, come le fognature in quartieri popolari come San Giorgio, che ancora oggi non dispongono di servizi adeguati.
  È inoltre importante continuare a lavorare per creare una cultura del bene comune e favorire l'integrazione sociale nei quartieri popolari, soprattutto in aree come Librino, un quartiere disegnato dall'architetto Kenzo Tange, ma privo di spazi sociali fondamentali come piazze o aree comuni.

2.2.4 GENOVA

  L'8 e 9 aprile una delegazione della Commissione si è recata in missione a Genova, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il sindaco Marco Bucci, il prefetto Cinzia Teresa Torraco, il questore Silvia Burdese), i comandanti locali della Guardia di finanza e dei Carabinieri (audizioni formali), il prof. Alessandro Clavarino, rappresentante dell'Ufficio scolastico regionale – Liguria, il dott. Paolo Gallo, presidente dell'Azienda regionale territoriale per l'edilizia della Provincia di Genova.
  Successivamente la delegazione ha visitato l'Istituto Don Bosco di Sampierdarena, dove ha incontrato don Maurizio Lollobrigida e ha svolto una serie di sopralluoghi presso le cd. Lavatrici, le cd. Dighe di Begato, il Paladiamante e alcuni quartieri del Centro storico di Genova
  Infine, la delegazione ha fatto visita all'Istituto comprensivo Voltri 2 (Plesso Aldo Moro), dove ha incontrato il dirigente scolastico e alcuni docenti, nonché il dott. Sergio Casali della Comunità di Sant'Egidio.

Sindaco

  Il sindaco Marco Bucci ha descritto Genova come una città multicentrica, sostanzialmente composta da 20 comuni unificati. Ogni quartiere ha caratteristiche specifiche, il che rende la gestione della città assai complessa. La conformazione geografica di Genova, tra mare e colline, richiede un'attenzione particolare alla distribuzione dei Pag. 123servizi. Un vantaggio di questa struttura è la mancanza di una «periferia» nel senso tradizionale, ma lo svantaggio è la necessità di garantire servizi locali per ogni centro, come sedi civiche, servizi di sicurezza e scuole. La digitalizzazione ha aiutato a gestire le necessità locali, riducendo i costi.
  Un tema fondamentale è stata la lotta contro la creazione di ghetti urbani, un problema derivante dall'urbanistica degli anni '70, che ha portato alla costruzione di grandi complessi di edilizia popolare destinati a famiglie con redditi bassi, creando segregazione sociale. Genova ha affrontato questo problema con la demolizione di 600 appartamenti e la riqualificazione di varie aree degradate. L'integrazione sociale è stata favorita non solo attraverso interventi edilizi, ma anche attraverso la creazione di spazi culturali e sportivi e il miglioramento della connessione tra quartieri.
  Un altro punto focale è stata la riqualificazione del centro storico, caratterizzato da strade strette e palazzi alti, con problemi di rumore, pulizia e degrado. La riqualificazione si è concentrata su pulizia e illuminazione. È stato introdotto un sistema innovativo per la gestione dei rifiuti, chiamato ecopunti, che ha eliminato i cassonetti dalle strade, per cui i residenti possono depositare i rifiuti differenziati in appositi punti controllati da telecamere, riducendo l'abbandono indiscriminato di rifiuti e migliorando la pulizia del centro storico.
  Il Progetto Caruggi ha messo a disposizione 130 milioni di euro per la riqualificazione di abitazioni e spazi pubblici nel centro storico. L'obiettivo è stato migliorare la qualità della vita, promuovendo attività sociali e incentivando i residenti a vivere attivamente il quartiere. Altri progetti di riqualificazione urbana includono interventi sulle piste ciclabili e il waterfront di Levante, un'importante opera urbanistica che mira ad avvicinare la città al porto e a migliorare la vivibilità delle aree costiere.
  Un'altra sfida importante è l'integrazione tra il porto e la città. Tradizionalmente, Genova ha mantenuto una separazione tra queste due realtà, ma negli ultimi anni si è lavorato per eliminare questa divisione, favorendo progetti come il waterfront. Tuttavia, l'immigrazione legata al lavoro nei cantieri navali ha creato nuove sfide di integrazione sociale, soprattutto nelle aree limitrofe ai cantieri.
  Per quanto riguarda le aree di edilizia popolare, il quartiere di Begato è stato uno degli esempi principali di riqualificazione. Un'area una volta caratterizzata da degrado urbano e sociale è stata oggetto di demolizioni e ricostruzioni. Sono stati introdotti nuovi servizi, come una caserma dei Carabinieri e spazi commerciali, con l'obiettivo di evitare la creazione di nuovi ghetti e favorire una vita di comunità. L'Istituto ARTE, responsabile della gestione degli alloggi popolari, ha recuperato circa 1.500 appartamenti sfitti dal 2020, con un investimento di 25-30.000 euro per alloggio.
  Per quanto riguarda la sicurezza urbana, il Nucleo centro storico della Polizia locale è stato rafforzato per combattere la microcriminalità, in particolare i reati predatori e lo spaccio di droga. Sono stati istituiti tre nuclei specialistici per contrastare questi fenomeni. L'amministrazione ha anche affrontato il problema dell'abbandono dei veicoli, rimuovendo oltre 5.000 veicoli dal 2019. Tuttavia, persistono Pag. 124problemi legati alla notifica delle rimozioni, soprattutto per veicoli con targa straniera.
  Il sindaco ha quindi sottolineato l'importanza della rigenerazione sociale. Il progetto Startappe ha coinvolto oltre 4.000 persone in percorsi di formazione e inclusione lavorativa. Genova è anche un punto di accoglienza per un numero crescente di minori non accompagnati, un fenomeno che richiede risorse significative e un'attenzione costante.
  L'amministrazione ha una chiara visione strategica del futuro, che punta a fare di Genova un hub di riferimento per il sud Europa, come centro logistico intermodale in grado di gestire merci, persone, cultura e dati.

Prefetto e Questore

  Il prefetto di Genova Cinzia Teresa Torraco e il questore Silvia Burdese hanno affrontato vari temi relativi alla sicurezza pubblica, alla criminalità, all'immigrazione, alla gestione delle periferie e alle politiche di riqualificazione urbana. Genova si distingue per la sua particolare conformazione geografica e storica, essendo una città lineare che si estende lungo la costa per circa 33 chilometri, stretta tra il mare e le colline. Questa struttura urbana rende complesso il concetto di «periferia» in senso tradizionale. Molte zone della città, anche centrali, presentano caratteristiche simili a quelle delle periferie, come Sampierdarena, che ha subito un processo di «periferizzazione» negli ultimi decenni. Quartieri di edilizia popolare come Begato e il CEP (Centro di Edilizia Popolare), situati sulle colline, sono tra le aree più problematiche per il degrado sociale ed economico.
  La criminalità a Genova è caratterizzata da fenomeni di microcriminalità e illegalità diffusa, concentrati soprattutto nei quartieri periferici e nel centro storico. In queste aree si registrano problemi di spaccio di droga, risse e piccoli episodi di violenza. Il centro storico di Genova è una delle zone più problematiche in termini di sicurezza, con una forte presenza di immigrati e situazioni di degrado urbano. Le autorità locali stanno implementando un sistema di videosorveglianza con più di 1.200 telecamere per monitorare e migliorare la sicurezza.
  A Genova risiedono oltre 69.000 cittadini extracomunitari, rappresentando una delle città italiane con la più alta percentuale di popolazione straniera. La comunità più numerosa è quella ecuadoriana, seguita da altre provenienti dall'Africa e dall'Asia. L'immigrazione contribuisce significativamente all'economia locale, soprattutto nei settori dell'edilizia, del lavoro domestico e dei servizi. Tuttavia, la presenza di comunità etniche in alcune zone della città ha portato alla formazione di enclave difficili da integrare con la popolazione locale.
  Uno dei problemi principali è l'aumento della dispersione scolastica e della devianza minorile. Sono stati segnalati episodi di abuso di sostanze stupefacenti da parte di giovani, con un consumo di cocaina e crack che inizia in età molto precoce, spesso già a 11-12 anni. Le autorità collaborano con associazioni locali e parrocchie per promuovere attività sociali e sportive rivolte ai giovani, cercando di contrastare la marginalizzazione e la delinquenza giovanile.
  Le forze dell'ordine hanno intensificato i controlli nelle zone più critiche di Genova, come il centro storico, Sampierdarena e Cornigliano,Pag. 125 attraverso operazioni ad alto impatto. Questi interventi coinvolgono diversi corpi, tra cui la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di finanza, e mirano a contrastare fenomeni come il traffico di stupefacenti e la criminalità economica. Sono stati rafforzati i presidi nei quartieri più degradati, con un'attenzione particolare alle aree di edilizia popolare e ai luoghi ad alta concentrazione di immigrati. I servizi di controllo del territorio includono operazioni straordinarie con l'impiego di unità cinofile e pattuglie in moto, particolarmente efficaci nei caruggi del centro storico.
  Sono in corso progetti di riqualificazione urbana nelle zone più degradate della città, come il quartiere di Begato, dove è in atto un programma di rigenerazione con la creazione di nuove aree pedonali, impianti sportivi e alloggi sociali. La presenza di caserme delle forze dell'ordine è stata potenziata per garantire maggiore sicurezza.
  La criminalità organizzata è presente soprattutto nel traffico di droga, con ndrangheta e camorra attive nella gestione dei traffici illegali. Le operazioni di polizia, tra cui l'operazione Atlantide, hanno di recente portato all'arresto di soggetti coinvolti in attività di riciclaggio e traffici illeciti nel settore della pesca.

Azienda regionale territoriale per l'edilizia (A.R.T.E.)

  Il dott. Paolo Gallo, amministratore unico di A.R.T.E. Genova (Azienda regionale territoriale per l'edilizia) ha trattato il tema della gestione dell'edilizia residenziale pubblica a Genova con un'attenzione particolare agli interventi di riqualificazione, alla gestione delle occupazioni abusive e ai programmi di miglioramento delle condizioni abitative.
  A.R.T.E. gestisce oltre 7.000 contratti di edilizia residenziale pubblica nella provincia di Genova, coinvolgendo una popolazione di circa 14.700 persone. Il canone medio mensile per gli alloggi è di 104 euro, ma per le fasce più deboli della popolazione il canone è notevolmente ridotto, con una media di 32 euro al mese per i redditi più bassi (ISEE inferiore a 17.000 euro annui). Circa il 43 per cento degli utenti rientra nelle fasce più deboli, con un reddito pari a due pensioni minime INPS.
  Un punto cruciale della gestione di A.R.T.E. riguarda il progetto «Restart Begato», avviato nel 2018-2019 per la riqualificazione del quartiere Begato, uno dei quartieri più degradati di Genova. Il progetto ha visto la demolizione delle due grandi strutture di edilizia popolare conosciute come Diga Rossa e Diga Bianca, che ospitavano complessivamente 523 unità abitative. La decisione di demolire queste strutture è stata presa a seguito del rifiuto, da parte dei potenziali utenti, di accettare l'assegnazione degli alloggi a Begato, a causa delle condizioni di degrado. La demolizione ha avuto successo grazie alla sinergia tra Regione Liguria, Comune di Genova e A.R.T.E. stessa. I nuclei familiari sono stati ricollocati in circa 400 nuovi alloggi tra il luglio 2019 e il maggio 2020, periodo durante il quale le dighe sono state completamente svuotate. Nella fase successiva è stata demolita la Diga Rossa, mentre una parte della Diga Bianca è stata mantenuta come «testimonianza» e riqualificata. Il progetto di recupero prevede la realizzazione di 55 appartamenti ad alta efficienza energetica (NZeb), migliorando la qualità della vita per i futuri residenti.Pag. 126
  La rigenerazione del quartiere di Begato rappresenta un cambiamento significativo per l'area. In particolare, è stata promossa una edilizia residenziale diffusa, evitando la costruzione di grandi complessi abitativi e puntando invece sulla riqualificazione degli alloggi esistenti. Questo approccio ha consentito di recuperare 630 unità abitative sfitti in varie aree della città. Il progetto ha incluso anche interventi per migliorare l'efficienza energetica degli edifici, grazie ai fondi del Superbonus 110 per cento, che hanno permesso di efficientare oltre 1.000 appartamenti, riducendo il consumo energetico e migliorando le condizioni di vita degli inquilini. Complessivamente, sono stati investiti 87 milioni di euro a costo zero per le casse di Regione Liguria, Comune e A.R.T.E.
  Per quanto riguarda le occupazioni abusive, si tratta di un fenomeno presente ma di dimensioni meno allarmanti rispetto ad altre grandi città. Tuttavia, le occupazioni abusive, anche se limitate, possono causare problemi significativi nei condomini, soprattutto per via del furto di energia elettrica associato a queste situazioni. Un problema significativo per A.R.T.E. è rappresentato dagli alloggi sfitti, che spesso richiedono investimenti importanti per essere nuovamente abitabili. Il costo medio per recuperare un alloggio sfitto si aggira intorno ai 25-30.000 euro, soprattutto perché molti degli alloggi sono stati lasciati in condizioni estremamente compromesse e necessitano di lavori di manutenzione e adeguamento. L'obiettivo dell'ente è di ridurre drasticamente il numero di alloggi sfitti, ma questo richiede risorse finanziarie stabili e misure strutturali di finanziamento. Assai importante sarebbe, poi, un canale strutturale di finanziamento, che attualmente manca a livello nazionale dopo la cessazione dei fondi Gescal. La domanda di case popolari a Genova rimane alta, con richieste costanti da parte della popolazione. A.R.T.E. sta lavorando per aumentare l'offerta di alloggi, ma deve affrontare il problema del turnover degli alloggi sfitti, che rallenta la capacità di assegnare nuove abitazioni.

Ufficio scolastico regionale

  Alessandro Clavarino, rappresentante dell'Ufficio scolastico regionale della Liguria, ha fornito innanzitutto una panoramica sulla popolazione scolastica nella città di Genova, che conta circa 97.000 studenti, di cui 83.100 frequentano scuole statali e 13.600 scuole paritarie. Vi sono inoltre 5.500 adulti iscritti a corsi di istruzione per adulti. La distribuzione di genere è equilibrata, con una leggera predominanza di studenti maschi (51,3 per cento) rispetto alle studentesse (48,7 per cento). Le scuole superiori sono concentrate principalmente nel centro di Genova. Un terzo degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado si sposta dalle zone esterne della città per raggiungere le scuole nel centro. Circa il 17 per cento di questi studenti impiega più di 30 minuti per arrivare a scuola, spesso utilizzando il trasporto pubblico, mentre il 26,2 per cento viene accompagnato in auto dai genitori. Gli studenti di origine non italiana rappresentano circa il 15 per cento della popolazione scolastica di Genova, dato in crescita di circa un punto percentuale ogni anno. La maggior parte degli studenti stranieri si concentra nei quartieri periferici come Val Polcevera (26 per cento di studenti stranieri), Centro-Ovest (22 per Pag. 127cento) e Medio Ponente (18 per cento). La carriera scolastica degli studenti di origine straniera tende a essere più breve rispetto ai loro coetanei italiani, con una maggiore presenza nei cicli scolastici inferiori. Questo fenomeno è legato ai processi migratori e ai ricongiungimenti familiari, che stanno aumentando, soprattutto nelle aree a forte concentrazione industriale.
  La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto significativo sulle competenze scolastiche, in particolare in italiano e matematica, come dimostrano i dati INVALSI. Per esempio, nella scuola secondaria di primo grado, la percentuale di studenti con competenze adeguate in italiano è scesa dal 69,4 per cento al 64,2 per cento, e in matematica dal 66,8 per cento al 59,6 per cento. Nella scuola secondaria di secondo grado, il calo è stato ancora più marcato, con una riduzione dal 71 per cento al 56,5 per cento in italiano e dal 67 per cento al 52,9 per cento in matematica.
  La dispersione scolastica è una delle principali problematiche affrontate dalla scuola ligure, con un'alta incidenza negli istituti tecnici e professionali. In questi istituti, fino all'82 per cento degli studenti si colloca nelle fasce più basse di competenza in italiano e matematica. La dispersione è spesso legata alla mancanza di competenze nelle materie fondamentali, e il fenomeno è più accentuato nelle scuole secondarie di secondo grado. Il Ministero dell'Istruzione pubblica annualmente dati sulla dispersione scolastica, i quali indicano che il fenomeno è più legato alle competenze degli studenti che alla loro origine sociale o territoriale. Gli studenti che hanno difficoltà in italiano e matematica nelle scuole primarie tendono a rimanere indietro anche nei cicli successivi e ad avere tassi più alti di abbandono.
  L'Ufficio Scolastico Regionale della Liguria ha messo in atto diversi progetti educativi per contrastare la dispersione scolastica, come i Patti educativi di comunità, che hanno coinvolto scuole, comuni, enti del terzo settore e famiglie. Questi progetti si sono dimostrati efficaci durante e dopo la pandemia, fornendo supporto educativo ai ragazzi più a rischio. Un esempio significativo è il lavoro svolto dai Centri di Educazione al Lavoro (CEL) del Comune di Genova, che aiutano i giovani tra i 16 e i 20 anni, con problemi di frequenza e motivazione, a reinserirsi nel percorso formativo o ad avvicinarsi al mondo del lavoro. Tra i progetti di innovazione educativa merita segnalare il progetto «Riconnettere per includere», sviluppato in collaborazione con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e il Comune di Genova. Il progetto mira a promuovere l'educazione digitale e lo sviluppo professionale degli insegnanti, oltre a facilitare l'inclusione sociale degli studenti. Un altro progetto importante è «La scuola ritrovata», che prevede la collaborazione tra docenti ed educatori per migliorare la qualità dell'insegnamento e sostenere la motivazione degli studenti, specialmente quelli in difficoltà. L'Ufficio Scolastico Regionale ha promosso iniziative per sostenere le famiglie, in particolare quelle di origine straniera, e favorire l'inclusione interculturale nelle scuole. L'istituto comprensivo di Sestri Est è stato indicato come un esempio di successo, con progetti che coinvolgono le famiglie e migliorano il dialogo tra genitori, insegnanti e studenti.

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Comunità di Sant'Egidio

  La discussione si è concentrata sulle attività svolte dalla Comunità di Sant'Egidio nelle periferie di Genova, in particolare nei quartieri di edilizia residenziale pubblica, come CEP Ca' Nuova e Begato, e sugli interventi per combattere il degrado urbano e migliorare le condizioni sociali ed educative. Di seguito, un riassunto dei principali temi affrontati.
  La Comunità di Sant'Egidio ha sottolineato il ruolo fondamentale della scuola nei quartieri periferici di Genova, come il CEP Ca' Nuova e Begato.
  La presenza istituzionale della scuola rappresenta un presidio vitale in quartieri caratterizzati da degrado e povertà. Nei quartieri popolari come questi, la percentuale di bambini e ragazzi è ancora elevata, poiché molte famiglie numerose ottengono alloggi tramite le graduatorie dell'edilizia residenziale pubblica.
  Tuttavia, i rappresentanti della Comunità hanno descritto un contesto difficile, in cui un recente studio di Save the Children ha evidenziato che un bambino su cinque a Genova vive in condizioni di povertà relativa, con la maggior parte dei minori poveri che frequentano scuole in periferia.
  È stato inoltre discusso il problema della segregazione scolastica, con famiglie più abbienti che preferiscono iscrivere i figli in scuole fuori dal quartiere, peggiorando la situazione nelle scuole locali che si trovano ad affrontare non solo difficoltà didattiche, ma anche problemi sociali, sanitari ed economici.
  Un'iniziativa importante presentata durante l'incontro è il progetto «Nuovo Orizzonte», sviluppato in collaborazione con l'Istituto Comprensivo Voltri II. L'obiettivo è quello di invertire il fenomeno della fuga dalle scuole periferiche, migliorando la qualità educativa e creando un ambiente scolastico attrattivo per le famiglie.
  Il progetto prevede l'introduzione di una sezione Montessori per la scuola primaria e di una scuola media a tempo pieno, con attività pomeridiane di tipo laboratoriale. Questo approccio mira a dare ai ragazzi, spesso esposti a situazioni di marginalizzazione, un'opportunità di crescita non solo scolastica, ma anche artistica e sportiva, attraverso la collaborazione con il Teatro della Tosse e altre associazioni.
  È previsto anche il trasporto gratuito e la mensa gratuita per tutti i bambini coinvolti, per favorire la partecipazione delle famiglie più vulnerabili e integrare meglio i ragazzi provenienti da diversi contesti sociali.
  Durante l'incontro è stato descritto come, negli ultimi anni, le scuole di queste aree abbiano dovuto affrontare un calo delle iscrizioni a causa della percezione negativa che i genitori avevano del quartiere e delle scuole locali. Un esempio emblematico è la creazione di pluriclassi (classi con alunni di età diverse), che solitamente sono presenti solo in aree rurali con pochi studenti, e che invece sono state introdotte in questi quartieri, nonostante la presenza di molti bambini.
  Il progetto «Nuovo Orizzonte» sta già portando i primi risultati positivi: il numero di iscrizioni è aumentato, tanto che è stato possibile formare classi di dimensioni normali sia per la scuola primaria che per Pag. 129la scuola media, segnando un'inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti.
  Un altro tema affrontato è stato quello della solitudine e della povertà nelle periferie. La pandemia di Covid-19 ha aggravato queste problematiche, con molte famiglie che si sono trovate in gravi difficoltà economiche, acuite dall'aumento dell'inflazione. Genova è stata una delle città più colpite, con un incremento del 30 per cento del costo degli oli alimentari e altri beni di prima necessità.
  Durante il lockdown, la Comunità di Sant'Egidio ha distribuito pacco alimentari a numerose famiglie in difficoltà. La solitudine è considerata una delle cause principali dei problemi sociali nelle periferie, accentuata dalla mancanza di reti di supporto familiare e comunitario.
  Per affrontare le difficoltà delle famiglie, Sant'Egidio ha introdotto la figura dei facilitatori scolastici, operatori che agiscono come intermediari tra la scuola e le famiglie. Questi facilitatori aiutano i bambini e le famiglie in varie situazioni, come accompagnare i minori a scuola, supportare le famiglie straniere con la burocrazia (ad esempio, l'iscrizione scolastica o la gestione di servizi come lo SPID), e facilitare i colloqui con gli assistenti sociali.
  La Comunità ha inoltre sottolineato l'impatto negativo che la povertà e l'isolamento possono avere sui bambini e sugli adolescenti. Molti ragazzi trascorrono gran parte del tempo libero in casa, isolati dai social network e da Internet, con conseguenze negative sul loro sviluppo sociale e cognitivo. I rappresentanti hanno descritto un aumento di casi di ragazzi hikikomori, che si autoescludono dalla vita sociale.

2.2.5 PALERMO

  Il 16 e 17 settembre 2024 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Palermo, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il sindaco Roberto Lagalla (con alcuni assessori e il direttore generale del comune), il prefetto Massimo Mariani, il questore Vito Calvino e il commissario straordinario dell'Istituto autonomo case popolari (IACP) di Palermo, Alessandra Russo.
  Prima delle audizioni formali, la delegazione si era recata al quartiere Brancaccio, visitando l'Istituto comprensivo statale Padre Pino Puglisi, la Piazzetta Beato Padre Pino Puglisi (con visita alla Casa-Museo) e la Cittadella del Povero e della Speranza.
  Dopo le audizioni istituzionali la delegazione ha fatto visita al quartiere ZEN, recandosi, in particolare, alla stazione dei Carabinieri «San Filippo Neri», alla Fondazione Albero della Vita e alla Parrocchia San Filippo Neri.
  Infine, la delegazione si è recata sul luogo della strage di Capaci del 23 maggio 1992, deponendo un omaggio floreale alla memoria dei caduti.

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Sindaco

  Il sindaco Roberto Lagalla ha illustrato, con l'ausilio di alcuni suoi assessori e del direttore generale del comune, le problematiche che si presentano e le azioni che l'amministrazione comunale di Palermo sta portando avanti, con una particolare enfasi sulle periferie della città. Il suo discorso ha toccato vari aspetti, tra cui rigenerazione urbana, bilancio comunale, infrastrutture, politiche sociali ed educative, e sicurezza. Ecco un riassunto più ampio dei principali temi trattati.
  Lagalla ha aperto l'incontro evidenziando che l'amministrazione ha lavorato per eliminare il concetto tradizionale di «periferie», termine che considera peggiorativo rispetto al valore urbano delle diverse zone di Palermo. In collaborazione con il professore Maurizio Carta, assessore e docente di urbanistica, è stato coniato il termine «poliferie», che mira a riconoscere una pari dignità e identità ai vari quartieri della città, superando la netta separazione tra centro e periferia.
  I quartieri più colpiti dal degrado, come lo ZEN 1 e 2, il CEP, Borgo Nuovo, lo Sperone e Brancaccio, sono stati citati come aree di forte disagio socioeconomico, con persistenti problemi di povertà e disoccupazione. Lagalla ha ricordato che, nonostante queste difficoltà, l'amministrazione sta lavorando a progetti di rigenerazione, in particolare lungo la costa sud, una zona devastata dall'inquinamento e dal sacco edilizio degli anni Sessanta. Tra i progetti di rigenerazione figurano la bonifica del Parco Libero Grassi, il recupero della balneabilità delle coste e la creazione di piste ciclabili.
  Lagalla ha posto l'accento sulla disparità socioeducativa all'interno della città. Palermo vanta licei di eccellenza a livello nazionale, ma soffre di elevati tassi di abbandono scolastico, che sebbene siano migliorati (dal 22 per cento al 16 per cento), rimangono preoccupanti. Ha, poi, introdotto il concetto di dispersione implicita, ovvero la mancanza di capacità di apprendimento tra i giovani, causata da contesti difficili.
  Una delle cause principali del disagio giovanile è la disoccupazione, con un numero significativo di giovani NEET (giovani che non studiano né lavorano). Nonostante alcune iniziative innovative come il south working (lavoro da remoto per aziende nazionali e internazionali a Palermo), i giovani con competenze più basse rimangono esclusi dalle opportunità economiche. Lagalla ha criticato la dipendenza da un'economia assistenziale, storicamente presente nel Mezzogiorno, auspicando invece un sistema più produttivo e meritocratico.
  Uno dei problemi più gravi ereditati dall'amministrazione è stata la condizione finanziaria del Comune di Palermo, che nel 2022, si trovava in uno stato di predissesto, con il bilancio fermo al 2019. Lagalla ha sottolineato che, sebbene la dichiarazione di dissesto sarebbe stata giustificata, l'amministrazione ha optato per una via più impegnativa, ma ritenuta più produttiva per la città: la sottoscrizione di un patto con lo Stato e la predisposizione di un piano di riequilibrio, su cui si sarebbe espressa la Corte dei conti. Grazie a questo piano, Palermo ha recuperato la liquidità necessaria e ha migliorato la gestione della cassa, che, alla data della missione, ammontava a 320 milioni di euro. Inoltre, la città ha ottenuto fondi extra-comunali per oltre un miliardo di euro, provenienti da vari programmi come il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), il PON Metro, e il PNRR, destinati a progetti di Pag. 131rigenerazione urbana e infrastrutturale. Tra questi, l'edilizia scolastica e la riqualificazione della costa sud sono al centro delle priorità.
  Uno dei temi centrali trattati da Lagalla è stata la necessità di integrare meglio le periferie con il centro. Palermo ha una rete tranviaria frammentata, con due anelli non interconnessi tra loro. L'amministrazione sta lavorando per completare la rete e connettere meglio le periferie al centro, migliorando così la mobilità urbana. Questo intervento, secondo Lagalla, è anche una questione sociale, poiché molte persone che vivono nelle periferie sentono di non far parte del tessuto urbano centrale. Migliorare i collegamenti fisici tra i quartieri può, quindi, contribuire anche alla coesione sociale. Oltre alla rete tranviaria, l'amministrazione sta lavorando su progetti di infrastrutture verdi e sportive, investendo anche sulla videosorveglianza per migliorare la sicurezza nelle periferie.
  Un altro tema affrontato è la gestione dell'edilizia residenziale pubblica (ERP) e dei beni confiscati alla mafia. Il patrimonio abitativo di proprietà comunale conta circa 4.577 unità, a cui si aggiungono circa 3.932 unità gestite dalla Regione e circa 1.000 beni confiscati. Di questi, circa 451 sono già stati assegnati a famiglie in emergenza abitativa. Lagalla ha evidenziato le difficoltà nella gestione di questi immobili, in particolare riguardo alle occupazioni abusive e alle intimidazioni verso i nuovi assegnatari, soprattutto quando si tratta di beni confiscati alla mafia. L'amministrazione ha avviato anche un programma di manutenzione degli immobili ERP, con un investimento di 6 milioni di euro per la riqualificazione di case popolari, molte delle quali mai manutenute.
  Nel piano di rigenerazione si dà una elevata valenza alle politiche sociali. In particolare, è stato ricordato l'impegno per aumentare il numero dei servizi sociali nei quartieri periferici, con l'apertura di nuovi centri sociali e la creazione di tirocini inclusivi. Il PON Metro prevede investimenti significativi per i servizi sociali, destinati sia ai giovani sia agli adulti, con progetti di inclusione sociale e riqualificazione.
  Lagalla ha anche parlato dell'evoluzione del reddito di cittadinanza verso il nuovo assegno di inclusione, evidenziando come questo strumento possa essere più efficace nel distinguere tra persone «occupabili» e quelle in condizioni di fragilità. Ha comunque sottolineato l'importanza di continuare a sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione con strumenti mirati, ma ha anche ricordato che l'accesso ai servizi sociali deve essere accompagnato da un percorso di inclusione.
  L'amministrazione ha messo in atto una serie di misure per migliorare la gestione ambientale e prevenire incendi, fenomeno che ha colpito gravemente Palermo, soprattutto nelle periferie. Lagalla ha illustrato un sistema di telerilevamento termico collegato alla control room del Comando di Polizia municipale, che permette di identificare e spegnere rapidamente gli incendi. Altri progetti includono la pulizia dei canali di maltempo e la riqualificazione degli spazi verdi nelle periferie.
  Infine, per quanto concerne la sicurezza e il controllo del territorio, Lagalla ha evidenziato che Palermo soffre di una carenza di agenti di polizia municipale, con un organico di circa 854 agenti per una città Pag. 132che ospita oltre un milione di persone al giorno. L'amministrazione ha chiesto al governo un contingente straordinario di 100 vigili urbani per migliorare il controllo del territorio. Lagalla ha anche parlato di un piano per il potenziamento della videosorveglianza, con nuovi fondi stanziati dal PON Legalità e dal PON Metro per migliorare la sicurezza nelle periferie.

Assessore alle politiche abitative

  Fabrizio Ferrandelli, assessore alle politiche abitative e alle politiche giovanili del comune di Palermo, nel suo intervento nella medesima audizione, ha affrontato vari temi legati alla gestione dell'edilizia residenziale pubblica (ERP) e ai beni confiscati alla mafia, oltre a fornire dettagli sulla situazione abitativa del Comune di Palermo.
  Ferrandelli ha illustrato la composizione del patrimonio immobiliare destinato all'emergenza abitativa, che comprende 4.577 unità abitative di proprietà comunale, 3.932 unità gestite dalla Regione, ma comunque nella disponibilità degli uffici comunali e circa 1.000 unità derivanti da beni confiscati alla mafia, di cui 451 sono già stati assegnati a nuclei familiari in emergenza abitativa, con il recente esempio di un immobile in via Decollati.
  Ferrandelli ha spiegato che, grazie a una nuova piattaforma digitale introdotta dall'amministrazione, la gestione delle domande di accesso alla graduatoria per l'assegnazione delle case popolari è ora informatizzata. Questo sistema consente uno scorrimento in tempo reale delle graduatorie e garantisce maggiore trasparenza per i cittadini, che possono monitorare il proprio stato all'interno della lista.
  Alla data della missione, il numero di famiglie iscritte a Palermo nella graduatoria per un alloggio popolare è sceso a circa 2.970, con una significativa riduzione rispetto al passato. Ferrandelli ha attribuito questo miglioramento al nuovo sistema informatico e alla collaborazione con i sindacati degli inquilini e le associazioni che operano nel settore dell'emergenza abitativa. Tuttavia, secondo un primo monitoraggio delle nuove istanze, il numero degli aventi diritto sembra essere sceso ulteriormente, avvicinandosi a meno di 1.000 famiglie. Questo dato è significativo, poiché permette di iniziare a pianificare interventi concreti per risolvere i problemi abitativi delle famiglie più bisognose.
  Ferrandelli ha spiegato che il comune di Palermo ha istituito una cabina di regia tra l'assessorato alle politiche abitative e l'assessorato alle politiche sociali, con l'obiettivo di integrare le azioni di supporto ai nuclei familiari più vulnerabili. Questo approccio olistico permette di affrontare non solo i problemi abitativi, ma anche altre fragilità presenti nei nuclei familiari, come la disabilità o la necessità di assistenza domiciliare integrata (ADI). Ferrandelli ha sottolineato l'importanza di questo coordinamento per fornire un supporto completo alle famiglie, evitando che le problematiche sociali si aggravino a causa della mancanza di un'adeguata sistemazione abitativa.
  Ferrandelli ha poi toccato il tema delle occupazioni abusive, un problema che riguarda anche gli alloggi ERP. Ha menzionato una recente legge regionale che consente la sanatoria degli alloggi occupati senza titolo prima del 31 dicembre 2017, e ha spiegato che, su un totale di circa 2.500 domande di sanatoria presentate, 478 sono state già Pag. 133perfezionate. Questo rappresenta un primo passo verso la regolarizzazione degli occupanti che risiedono in alloggi popolari senza titolo, ma che potrebbero avere diritto a una sistemazione legittima.
  Ferrandelli ha inoltre dedicato una parte del suo intervento alla gestione dei beni confiscati alla mafia, che rappresentano una risorsa fondamentale per rispondere all'emergenza abitativa. Tuttavia, ha sottolineato che, spesso, questi beni sono occupati abusivamente al momento del trasferimento al Comune, in particolare da parenti dei prevenuti (coloro a cui i beni sono stati confiscati), il che rende la gestione di tali immobili più complicata. Quando si riscontrano situazioni di fragilità nei soggetti occupanti, il Comune cerca di intervenire in maniera «intelligente» e collaborativa, soprattutto in sinergia con l'assessorato alle politiche sociali.
  Ferrandelli ha sottolineato l'assenza di una normativa nazionale o regionale che regoli in modo chiaro la gestione di queste situazioni, per cui l'amministrazione sta valutando la possibilità di redigere regolamenti comunali per affrontare il problema delle occupazioni abusive in modo più efficace e regolare.
  Un ulteriore tema trattato è stato il sostegno alle famiglie in difficoltà, soprattutto attraverso strumenti che aiutino queste famiglie a raggiungere una maggiore autonomia. Ferrandelli ha citato l'uso dell'Agenzia sociale per la casa, uno strumento che permette di supportare le famiglie non solo con l'assegnazione di un alloggio, ma anche con politiche mirate, come l'integrazione all'affitto o altri tipi di supporto sociale. Questo approccio mira a ridurre il numero di famiglie dipendenti dall'assistenza comunale e a favorire un percorso di inclusione sociale e di autonomia.

Direttore generale del comune

  Il direttore generale del comune di Palermo Eugenio Ceglia ha fornito poi un quadro sui fondi extracomunali che l'amministrazione di Palermo gestisce per lo sviluppo e la rigenerazione della città, descrivendo le principali fonti di finanziamento, i programmi di spesa attivi e la distribuzione dei fondi destinati a progetti specifici. Ecco una sintesi estesa dei punti principali del suo intervento.
  Ceglia ha evidenziato che il Comune di Palermo gestisce un totale di circa un miliardo di euro in fondi extracomunali, destinati a vari programmi di spesa che includono interventi di riqualificazione urbana, infrastrutture, edilizia, e altre aree strategiche per la città. Questa cifra proviene da diverse fonti, tra cui:

   Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC): circa 80 milioni di euro, destinati a vari interventi a titolarità del Comune di Palermo. Questo fondo è il risultato di un accordo tra la Regione Siciliana e il governo nazionale;

   PN Metro Plus 2021-2027: un programma specificamente dedicato alle città metropolitane, che vale 225 milioni di euro per Palermo;

   Fondi territorializzati FESR: Palermo ha beneficiato di circa 200 milioni di euro da questo fondo, destinati all'area urbana funzionale (FUA), che include anche altre 31 amministrazioni comunali nella cintura extraurbana di Palermo.

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  Uno dei risultati più significativi dell'amministrazione, secondo Ceglia, è stato il recupero dei fondi GESCAL (Gestione Case per i Lavoratori), che erano rimasti bloccati per vent'anni. Questo fondo, destinato esclusivamente alle periferie, ammonta a 44 milioni di euro e sarà utilizzato per interventi di edilizia residenziale pubblica e per migliorare le condizioni abitative nelle aree più disagiate della città. Ceglia ha sottolineato che il recupero di questi fondi.
  Ceglia ha proseguito illustrando la gestione dei fondi provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che ammontano a 235 milioni di euro per Palermo. Ha, poi, spiegato che circa 70 milioni di euro sono stati temporaneamente esclusi dal programma a causa di ritardi nell'attuazione, ma che l'amministrazione è riuscita a recuperare 34 milioni di euro grazie all'articolo 32 di un recente provvedimento normativo. Questi fondi sono stati destinati a progetti specifici di rigenerazione urbana, tra cui quelli per la riqualificazione della costa sud, i cui bandi di gara sono già stati pubblicati grazie a una collaborazione con Invitalia, che ha assunto il ruolo di stazione appaltante.
  Un ulteriore strumento di finanziamento gestito dal comune è il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS), coordinato dal Ministero della cultura, che prevede circa 90 milioni di euro destinati a interventi di riqualificazione del centro storico di Palermo, inclusi la ristrutturazione di strade, piazze e l'arredo urbano, oltre al recupero di edifici storici.
  Ceglia ha inoltre elencato ulteriori fondi destinati a settori strategici per la città, tra cui:

   100 milioni di euro per progetti legati all'igiene urbana, principalmente destinati all'acquisto di nuovi mezzi per la raccolta dei rifiuti e alla costruzione di un impianto a Bellolampo;

   80 milioni di euro di fondi FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate), che sono stati recuperati dopo essere rimasti inutilizzati per molti anni. Questi fondi sono stati destinati a progetti di sviluppo nelle aree periferiche.

  Ceglia ha poi fatto riferimento a ulteriori finanziamenti minori, come 1 milione di euro per l'installazione di telecamere per la videosorveglianza finanziato dal PON Legalità, e i fondi dedicati al Fondo nazionale povertà e ad altre attività sociali.
  Infine, Ceglia ha informato che, per la prima volta, il Comune di Palermo ha applicato un avanzo di amministrazione disponibile pari a circa 70 milioni di euro per investimenti. Questo avanzo sarà oggetto di esame da parte del consiglio comunale, con l'obiettivo di destinare ulteriori risorse a progetti di sviluppo e miglioramento della città.

Assessore all'urbanistica

  Maurizio Carta, assessore all'urbanistica del comune di Palermo e professore ordinario di urbanistica, ha esposto la visione dell'amministrazione comunale per la riqualificazione urbana della città. Ha approfondito, in particolare, la pianificazione strategica e gli strumenti urbanistici che la città sta adottando per trasformare il tessuto urbano, Pag. 135con un'attenzione particolare alla rigenerazione delle periferie e alla promozione di una città policentrica e sostenibile.
  Carta ha spiegato che il Comune di Palermo ha avviato un processo di pianificazione volto a superare l'approccio tradizionale dei piani regolatori, introducendo un nuovo Piano urbanistico generale (PUG). Questo piano, approvato a dicembre 2023 nelle sue direttive generali, si fonda su una visione strategica che non si limita alla regolazione della città, ma si concentra sulla trasformazione urbana.
  Il PUG mira a riconfigurare Palermo non solo come una città con un grande centro storico e vaste periferie, ma come una città policentrica, con venticinque quartieri che possano integrarsi in modo più omogeneo e dinamico. Carta ha sottolineato che l'obiettivo è promuovere una città più equilibrata, dove le funzioni centrali vengano distribuite in tutte le aree.
  Il nuovo piano urbanistico di Palermo si sviluppa su tre matrici principali che orientano la visione di rigenerazione urbana:

   Matrice della mobilità sostenibile: Carta ha spiegato che la mobilità sostenibile è al centro del nuovo piano urbanistico. Questo prevede lo sviluppo della rete tranviaria, l'anello e il passante ferroviario, strumenti che consentiranno di servire quasi 400.000 abitanti con stazioni a non più di 500 metri di distanza. Questo approccio mira a incentivare l'uso dei trasporti pubblici, riducendo la necessità di utilizzare l'auto privata e migliorando la capillarità del sistema di trasporto pubblico su gomma;

   Matrice del policentrismo: Il piano prevede di decentralizzare alcune delle funzioni centrali della città, portando servizi e infrastrutture verso le aree periferiche. L'idea non è solo quella di facilitare l'accesso delle periferie al centro, ma anche di rilocalizzare alcune funzioni centrali direttamente nelle periferie, creando così uno scambio bidirezionale. Questo favorisce l'integrazione sociale e urbanistica, evitando la ghettizzazione delle periferie e promuovendo uno sviluppo più equo e omogeneo;

   Matrice della rigenerazione urbana: Carta ha posto un forte accento sulla rigenerazione delle aree degradate, sia nelle periferie che nel centro storico, ponendo particolare attenzione alla transizione climatica. Questa include misure per la sostenibilità energetica, ecologica e per una gestione più efficiente dei rifiuti. Le comunità energetiche sono un elemento fondamentale di questa matrice, in quanto consentono ai quartieri periferici di diventare protagonisti della produzione di energia rinnovabile, favorendo la transizione verso un modello urbano più sostenibile.

  Un aspetto cruciale del piano è l'uso del partenariato pubblico-privato come strumento per accelerare la rigenerazione urbana. Carta ha spiegato che questo modello può includere diversi attori, dagli investitori agli sviluppatori privati, fino al terzo settore. Questo approccio flessibile permette di adattare gli interventi in base alle esigenze specifiche del contesto urbano, incoraggiando la partecipazione attiva di attori privati per realizzare progetti di sviluppo che siano sostenibili sia dal punto di vista economico che sociale.
  Carta ha inoltre sottolineato che la rigenerazione delle periferie non può basarsi solo su interventi puntuali o progetti che trovano già Pag. 136una remunerazione sul mercato immobiliare. Piuttosto, è necessario agevolare le operazioni che non hanno una leva immobiliare già presente, in modo da promuovere un vero cambiamento nelle aree più svantaggiate.
  Un'altra priorità per l'amministrazione è l'espansione delle ciclovie. Carta ha menzionato che è stato approvato uno studio di fattibilità per 80 chilometri di nuove ciclovie, molte delle quali collegheranno le aree periferiche della città. Le ciclovie non saranno solo pensate per la mobilità ricreativa, ma anche come percorsi casa-scuola e casa-lavoro, integrandosi in un sistema di mobilità sostenibile più ampio.
  Carta ha descritto i progetti in corso per la riqualificazione della costa sud di Palermo, un'area che è stata gravemente danneggiata negli anni Sessanta durante il «sacco di Palermo», quando molte ville storiche furono demolite e i materiali di risulta furono scaricati lungo la costa. Il progetto di rigenerazione prevede la bonifica e la trasformazione di questa zona, rendendola nuovamente fruibile ai cittadini. Tra gli interventi chiave figura il Parco Libero Grassi, un parco sulla costa che sarà recuperato con un investimento di 11 milioni di euro.
  Sono in corso anche altri progetti di riqualificazione della costa, tra cui il recupero di piccoli porti e la partecipazione a concorsi di idee internazionali come Reinventing Cities, che coinvolge aree di archeologia industriale come la Chimica Arenella, uno spazio di 86.000 metri quadrati sul mare che è stato inserito in un progetto di recupero con sei proposte di interesse internazionale.

Assessore all'istruzione

  Aristide Tamajo, assessore all'istruzione del comune di Palermo, ha centrato il suo intervento sulla gestione del sistema scolastico cittadino, con particolare attenzione ai problemi legati alla manutenzione degli edifici scolastici, alla lotta alla dispersione scolastica e agli interventi per migliorare la qualità dell'istruzione nelle zone più svantaggiate della città. Ha illustrato gli sforzi dell'amministrazione per garantire una scuola più accessibile, sicura e inclusiva. Di seguito una sintesi estesa dei punti principali del suo intervento.
  Tamajo ha descritto l'ampio patrimonio immobiliare scolastico che il Comune di Palermo gestisce, che include 270 plessi scolastici di scuola dell'infanzia statale, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, nonché 30 asili nido e 33 sezioni di scuola dell'infanzia comunale. Questa vastità ha rappresentato una grande sfida per l'assessorato all'istruzione, soprattutto perché molte scuole erano in uno stato di degrado e necessitavano interventi urgenti di manutenzione. Tamajo ha sottolineato che, al momento dell'insediamento della giunta, i principali problemi riguardavano infiltrazioni d'acqua, cornicioni pericolanti e altre criticità legate alla sicurezza degli edifici scolastici. L'assessore ha evidenziato che, spesso, l'amministrazione riceveva solleciti dai dirigenti scolastici per interventi di manutenzione, alcuni dei quali erano stati ignorati da anni.
  Per risolvere queste problematiche, l'amministrazione ha subito stanziato 4 milioni di euro nel primo bilancio dedicati alla manutenzione delle scuole, una cifra che Tamajo ha definito straordinaria, poiché non si vedeva da decenni nei bilanci comunali. Questo stanziamentoPag. 137 ha permesso di effettuare lavori di manutenzione straordinaria in molti edifici, migliorando le condizioni delle scuole e rendendole più sicure e fruibili per gli studenti e il personale scolastico.
  Tamajo ha illustrato l'adozione di un sistema di accordi quadro che ha permesso di realizzare interventi in modo più rapido e mirato, suddividendo la città in diverse aree. L'accordo quadro «Palermo Sud» ha consentito di superare anni di immobilismo in quella parte della città, realizzando interventi che hanno reso utilizzabili molte aule e palestre, migliorando notevolmente le condizioni degli edifici scolastici.
  Successivamente, è stato avviato l'accordo quadro «Palermo Nord», che copre l'area della città che si estende verso Mondello, dove sono stati avviati interventi simili, con l'obiettivo di migliorare anche in quella zona la qualità delle strutture scolastiche. Questo sistema, secondo Tamajo, si è rivelato molto efficace per ottenere risultati concreti in tempi brevi.
  Un altro tema importante affrontato da Tamajo è stato l'uso dei fondi del PNRR per la realizzazione di nuovi asili nido e per migliorare l'infrastruttura scolastica nelle aree più disagiate della città. Sono già stati avviati i lavori per dodici nuovi asili nido, e il Comune ha presentato candidature per altri sei progetti di asili nido.
  Tamajo ha sottolineato che la maggior parte di questi interventi è stata pianificata nelle zone periferiche della città, dove i servizi per l'infanzia sono particolarmente carenti. L'obiettivo è quello di rendere queste aree più vivibili e di offrire alle famiglie servizi educativi di alta qualità.
  Oltre agli asili nido, sono state realizzate tre palestre e tre mense scolastiche, mentre è stata presentata la candidatura per altre tre mense in altre scuole della città. Questi interventi mirano a migliorare non solo la qualità dell'insegnamento, ma anche le condizioni di vita scolastica, offrendo strutture adeguate destinate all'educazione fisica e una corretta alimentazione.
  Tamajo ha riconosciuto che uno dei problemi più pressanti che l'amministrazione ha dovuto affrontare all'inizio del mandato è stato quello del riscaldamento nelle scuole. Molti bambini erano costretti a frequentare le lezioni con cappotti e sciarpe a causa della mancanza di un sistema di riscaldamento funzionante in alcune scuole. Tamajo ha espresso la sua soddisfazione per il fatto che oggi la gran parte delle scuole ha sistemi di riscaldamento adeguati, e che solo tre o quattro scuole necessitano ancora di interventi, che verranno completati a breve.
  Un aspetto del piano educativo dell'amministrazione è la lotta alla dispersione scolastica, che è particolarmente diffusa nelle aree periferiche della città. Tamajo ha sottolineato che i miglioramenti infrastrutturali, come la riqualificazione degli edifici scolastici e la costruzione di nuovi asili nido, sono strettamente collegati a politiche sociali ed educative volte a tenere i bambini e i giovani nelle scuole.
  In particolare, l'apertura di nuovi asili nido in quartieri come lo Sperone, il CEP, Borgo Nuovo e lo ZEN mira a dare ai bambini un accesso precoce all'educazione e a fornire supporto alle famiglie in difficoltà. Tamajo ha citato l'esempio dell'asilo di Danisinni, riaperto dopo diciassette anni, e l'asilo «La Mimosa» nel quartiere Pallavicino, che sarà inaugurato a breve.Pag. 138
  Tamajo ha anche affrontato il tema della mensa scolastica, un servizio che era stato soggetto a numerosi problemi amministrativi in passato. L'assessore ha spiegato che oggi il Comune ha un contratto biennale per la gestione del servizio mensa, che può essere rinnovato per altri due anni, garantendo così continuità e qualità del servizio per i prossimi anni.
  Un altro punto cruciale del suo intervento è stato il miglioramento del servizio di assistenza agli alunni disabili. Tamajo ha sottolineato che questo servizio è ora ben organizzato e puntuale, e contribuisce a garantire l'inclusione degli studenti con disabilità all'interno del sistema scolastico.
  Infine, Tamajo ha menzionato un'iniziativa congiunta con la Città Metropolitana per l'apertura pomeridiana delle palestre scolastiche. Queste strutture vengono affidate ad associazioni sportive locali, permettendo ai bambini di frequentare attività sportive nel pomeriggio. Questa iniziativa, oltre a promuovere lo sport, contribuisce a contrastare il disagio sociale nelle periferie, offrendo ai giovani un'alternativa sana e costruttiva per il loro tempo libero.

Assessore alle politiche sociosanitarie

  Rosalia Pennino, assessore alle politiche sociosanitarie del comune di Palermo, nel suo intervento ha trattato vari aspetti delle politiche sociali, in particolare quelle rivolte all'inclusione delle fasce più fragili della popolazione, evidenziando il ruolo fondamentale del servizio sociale di prossimità.
  Pennino ha spiegato che, sin dall'insediamento dell'amministrazione, è stato scelto di identificare l'assessorato come «politiche sociosanitarie» per sottolineare la missione di integrazione che deve avere. L'assessorato non si occupa solo delle necessità sociali, ma anche di quelle sanitarie, cercando di creare un sistema di presa in carico integrata delle persone in stato di bisogno.
  Pennino ha poi fornito dati specifici sull'erogazione del Reddito di cittadinanza (RdC) a Palermo, spiegando che, fino al 31 ottobre 2023, erano presenti circa 56.300 domande o percettori del reddito, distribuiti su due piattaforme (GePI ed ANPAL). Tuttavia, ha chiarito che il ruolo dell'ente locale era limitato in questa fase, con una gestione separata tra i casi assistiti dai servizi sociali e quelli gestiti dai centri per l'impiego.
  Con il passaggio dal RdC al nuovo Assegno di Inclusione, il ruolo del servizio sociale di prossimità è stato potenziato, poiché le nuove normative distinguono meglio tra i soggetti «occupabili» e quelli in condizioni di fragilità. Questo cambiamento consente ai servizi sociali di lavorare in modo più efficace sulla presa in carico delle persone in difficoltà, trasformando l'assegno in uno strumento di lavoro per favorire l'inclusione sociale.
  Pennino ha poi evidenziato l'importanza del servizio sociale di prossimità, che ha un compito essenziale nel monitorare e prendere in carico le famiglie in difficoltà. Tuttavia, ha sottolineato che questo servizio deve gestire anche altre problematiche, come la tutela dei minori, gli anziani e i casi seguiti dal tribunale. Per questo motivo, è fondamentale ripensare il ruolo e le funzioni dei servizi sociali, per Pag. 139garantire che possano rispondere efficacemente alle nuove sfide, soprattutto alla luce dell'aumento della povertà a livello nazionale.
  Pennino ha inoltre sottolineato l'importanza della coprogettazione tra ente pubblico e terzo settore, per la realizzazione di progetti sociali più efficaci e mirati. Palermo ha sperimentato questo approccio con successo in diversi progetti, tra cui il programma Periferie Inclusive, che ha ricevuto un riconoscimento a livello nazionale per la sua capacità di includere persone con disabilità in percorsi di aggregazione e inclusione.
  Tuttavia, sono state messe in luce anche alcune difficoltà legate alla coprogettazione, come le tempistiche dei fondi, che spesso non consentono di mettere in campo processi complessi di coprogettazione senza rischiare di perdere i finanziamenti. Ha inoltre suggerito che, all'interno dei fondi, si dovrebbe prevedere una voce di spesa dedicata alla coprogettazione, per supportare un terzo settore che non sempre è preparato a gestire questa tipologia di collaborazione.
  Pennino ha concluso spiegando che, nonostante l'attivazione di bandi e concorsi per potenziare i servizi sociali, il numero di operatori non è sufficiente per far fronte a tutte le necessità della popolazione fragile di Palermo. L'assessore ha auspicato che, nel futuro, si possa arrivare a una maggiore differenziazione di competenze all'interno del servizio sociale, per garantire un'azione più specifica e mirata, in modo che i servizi possano rispondere a tutti i bisogni della comunità.

Prefetto

  Il prefetto Mariani, nel corso del suo intervento, ha approfondito vari temi legati alla sicurezza e al controllo del territorio, con particolare attenzione alle periferie di Palermo e alla gestione dei beni confiscati alla mafia.
  Il Prefetto ha elogiato innanzitutto il lavoro svolto dalla collaborazione interforze, sottolineando come la cooperazione tra la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza abbia permesso di garantire la sicurezza in diverse aree critiche della città, in particolare nelle periferie. Ha specificato che la stretta collaborazione ha reso possibile l'arresto e la messa a disposizione della giustizia di tutti i responsabili di crimini significativi, in particolare grazie al supporto della videosorveglianza.
  Il prefetto ha sottolineato l'importanza del potenziamento della videosorveglianza, specialmente nelle periferie dove attualmente mancano sufficienti telecamere. Ha annunciato che sono previsti nuovi investimenti per circa 2 milioni di euro attraverso il PON Legalità e il PON Metro. Questi fondi saranno utilizzati per installare nuove telecamere, integrate in una control room avanzata gestita dal Comando di Polizia Municipale, in grado di monitorare in tempo reale le aree più problematiche della città.
  Un tema centrale è quello dei beni confiscati alla mafia, che spesso rappresentano una risorsa importante per l'edilizia residenziale pubblica. Tuttavia, la gestione di questi beni è resa difficile dalle occupazioni abusive. Mariani ha spiegato che in molti casi questi immobili vengono occupati da individui legati ai soggetti a cui sono stati confiscati, creando una situazione di conflitto che richiede un interventoPag. 140 più deciso da parte delle forze dell'ordine. In alcuni casi, le famiglie assegnatarie di questi immobili sono state oggetto di intimidazioni, obbligandole a lasciare la casa loro assegnata.
  Il Prefetto ha chiesto un maggiore supporto statale per la gestione e la manutenzione di questi immobili, riconoscendo che l'attuale capacità delle istituzioni locali di gestire queste proprietà non è sufficiente. Ha anche parlato dell'importanza di garantire che le famiglie assegnatarie ricevano protezione e che il processo di assegnazione avvenga con trasparenza e sicurezza.
  Il prefetto ha quindi affrontato il problema delle occupazioni abusive, che colpisce molti alloggi popolari e beni confiscati. Questo fenomeno è diffuso nelle periferie, dove le famiglie in condizioni di emergenza abitativa spesso occupano immobili illegalmente. Mariani ha evidenziato come la situazione sia aggravata dalla presenza di soggetti legati alla criminalità organizzata che occupano abusivamente i beni confiscati. Ha chiesto l'adozione di misure normative più efficaci per permettere una regolarizzazione più agevole delle occupazioni abusive nei casi in cui le famiglie occupanti abbiano diritto a una casa.
  Il Prefetto ha anche parlato della sicurezza nelle periferie, descrivendole come aree particolarmente vulnerabili ai fenomeni di degrado urbano e criminalità, sottolineando anche il fatto che la criminalità nelle periferie non è solo un problema di ordine pubblico, ma è strettamente legata alle condizioni di degrado sociale ed economico. Per questo, ha auspicato una visione integrata che vada oltre la mera repressione della criminalità, e che includa interventi di rigenerazione urbana, politiche sociali e un miglioramento dell'accesso ai servizi.

Questore

  Il questore Calvino ha quindi descritto la sicurezza nelle periferie di Palermo come una sfida continua, aggravata dalla presenza di microcriminalità e dal degrado urbano. Le periferie, come lo ZEN, il Sperone e Brancaccio, sono spesso aree più vulnerabili alla criminalità, dove il livello di sorveglianza è inferiore rispetto al centro cittadino. In queste aree, fenomeni come atti vandalici, spaccio di droga e violenza sono più frequenti, richiedendo un impegno continuo delle forze dell'ordine per il mantenimento dell'ordine pubblico.
  Uno dei punti cruciali dell'intervento del questore Calvino è stato il potenziamento del sistema di videosorveglianza della città, ritenuto uno strumento chiave per migliorare la sicurezza, soprattutto nelle periferie meno sorvegliate. Palermo ha già iniziato a espandere la sua rete di telecamere grazie a finanziamenti del PON Legalità e del PON Metro, per un totale di 2 milioni di euro. Questi fondi verranno impiegati per aumentare la presenza di telecamere in zone ad alta incidenza di criminalità, con un particolare focus sulle aree periferiche.
  Le telecamere saranno integrate in una control room evoluta del Comando di polizia municipale, che permetterà di monitorare in tempo reale l'intera città. Calvino ha sottolineato l'importanza di avere «un occhio sulla città», poiché la videosorveglianza si è dimostrata un fattore decisivo per individuare e assicurare alla giustizia i responsabili di reati.
  Il questore ha anche parlato della collaborazione interforze tra la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza, descrivendo questa sinergia Pag. 141come fondamentale per combattere la criminalità a Palermo. Grazie a questa cooperazione, la città è riuscita a gestire meglio le sfide legate alla sicurezza, con una presenza più capillare delle forze dell'ordine nei quartieri più difficili. Tutti i responsabili di atti di violenza e criminalità sono stati individuati e arrestati, anche grazie all'integrazione delle telecamere private con quelle pubbliche.
  Oltre al potenziamento delle telecamere, Calvino ha discusso di altre misure di sicurezza in corso di implementazione, come il controllo più rigoroso del territorio attraverso l'uso di telecamere mobili e stazioni di monitoraggio nelle periferie. Queste azioni mirano a prevenire il degrado e contrastare comportamenti illegali, come il conferimento abusivo di rifiuti, che nelle zone come lo ZEN avviene spesso vicino agli edifici scolastici, ferendo ulteriormente il tessuto sociale di queste aree.
  Calvino ha affrontato la questione della carenza di risorse umane, un problema particolarmente sentito dalla polizia municipale di Palermo, che gestisce un territorio vasto con un numero di agenti inferiore alla media di altre città metropolitane. Attualmente, Palermo ha circa 854 vigili urbani per una popolazione che, nei giorni lavorativi, supera il milione di persone. Calvino ha sottolineato che la gestione di una città così grande con un numero ridotto di forze di polizia rappresenta una sfida significativa.

Istituto autonomo case popolari (IACP)

  Alessandra Russo, commissario straordinario dell'Istituto autonomo case popolari (IACP) di Palermo, ha esposto una serie di criticità relative alla gestione del patrimonio immobiliare pubblico e alle condizioni socio-economiche delle periferie di Palermo.
  Ha quindi ricordato che l'IACP di Palermo non ha un consiglio di amministrazione dal 2008, operando tramite commissari straordinari. Russo ha descritto una situazione di grave instabilità, accentuata dalla mancanza di dirigenti e di un direttore generale. Ha dovuto prendere decisioni importanti, come il pagamento degli stipendi e la nomina di un direttore generale ad interim.
  L'IACP è gravato da debiti ingenti, tra cui uno storico con la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele (che, oggi, ha portato a un debito nei confronti di doBank), che ammonta a 17 milioni di euro, con pagamenti annuali di 50.000 euro. A questo, si aggiungono debiti con AMAP, l'azienda municipalizzata per l'acqua, per 15 milioni di euro e un contenzioso per il pagamento dell'IMU. Il problema dell'IMU è stato particolarmente rilevante, con difficoltà nel far riconoscere gli alloggi popolari come esenti da questa imposta
  Il personale dell'IACP è ridotto a 119 dipendenti, includendo anche personale ausiliario come autisti e uscieri. Inoltre, c'è una situazione di blocco delle risorse per il personale a causa di errori amministrativi tra il 2010 e il 2013. Russo ha attivato una procedura con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) per sbloccare tali risorse, ma ancora in attesa di una risposta definitiva.
  Uno dei problemi più rilevanti è la presenza di 2.818 occupanti abusivi negli alloggi gestiti dall'IACP, con una morosità molto elevata. Russo ha sottolineato come molte famiglie preferiscano rimanere Pag. 142abusive piuttosto che regolarizzare la loro situazione, poiché non sarebbero in grado di pagare gli arretrati. Sono state avviate collaborazioni con sindacati degli inquilini e convenzioni con il Comune per cercare di gestire questa problematica.
  Un altro problema riguarda la confusione normativa e i contenziosi con il comune di Palermo, soprattutto in merito al pagamento dell'IMU. La gestione delle occupazioni abusive è resa ancora più difficile dalla mancanza di risorse da parte del Comune per intervenire in supporto dell'IACP. Inoltre, c'è una complessità legata alla gestione delle opere di urbanizzazione, che risultano ancora a carico dell'IACP invece che del Comune, causando difficoltà legali e operative.
  Nonostante le difficoltà, l'IACP è riuscito a portare avanti alcuni progetti di manutenzione straordinaria e di efficientamento energetico grazie ai fondi del PNRR. Tuttavia, l'Istituto ha risorse limitate, con un solo ingegnere a gestire l'intero ufficio tecnico.

2.2.6 TORINO

  Il 21 e 22 ottobre 2024 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Torino, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, gli assessori comunali Carlotta Salerno, Paolo Mazzoleni e Marco Porcedda, il prefetto Donato Giovanni Cafagna, l'assessore regionale Maurizio Marrone e il presidente dell'Agenzia territoriale per la casa ATC) del Piemonte Centrale, Emilio Bolla.
  Successivamente, la delegazione ha svolto visite nei seguenti luoghi: Piazza Bengasi; Piccola casa della Divina Provvidenza – Cottolengo; Sermig – Servizio missionario giovani; giardini Alimonda (passando per Corso Giulio Cesare, giardini Maria Teresa, Corso Brescia, Ponte Mosca); Opera Salesiana Michele Rua; Istituto Comprensivo «Leonardo da Vinci – Anna Frank»; Associazione Damamar.

Assessori comunali

  L'incontro tra la Commissione e gli assessori del comune di Torino, Carlotta Salerno (istruzione, edilizia scolastica, giovani, periferie e rigenerazione urbana), Paolo Mazzoleni (urbanistica) e Marco Porcedda (legalità e sicurezza), ha offerto una visione articolata delle sfide e delle opportunità della città. L'interazione ha toccato temi centrali come la rigenerazione urbana, la sicurezza, le dinamiche demografiche, e il ruolo delle istituzioni nel sostenere un cambiamento sostenibile e inclusivo.
  L'assessore Carlotta Salerno ha delineato un quadro complesso delle periferie torinesi, evidenziando che il concetto di periferia non è solo geografico ma anche sociale ed esistenziale. Molte zone periferiche sono situate vicino al centro città, ma presentano fragilità significative legate a deprivazione sociale, alta disoccupazione, basso livello di istruzione e condizioni abitative precarie. Alcune criticità, come quelle delle aree di Barriera di Milano e Regio Parco, sono radicate da decenni e si sono mantenute inalterate nonostante gli interventi.
  Il contesto demografico aggrava queste difficoltà. Torino registra un calo costante della popolazione e un invecchiamento progressivo, con un'età media di 47 anni e indici di vecchiaia particolarmente alti Pag. 143in zone come Santa Rita e Mirafiori. Questo fenomeno è accompagnato da una crescente mobilità delle seconde generazioni di famiglie migranti, che in passato mostravano maggiore stanzialità. Nelle scuole, si osserva una diminuzione della stabilità tra gli studenti di origine straniera, che spesso si trasferiscono dopo pochi anni.
  La rigenerazione urbana è al centro della politica cittadina da oltre due decenni, con l'avvio del «Progetto periferie» nel 1997. Questo approccio integrato ha incluso interventi urbanistici, azioni di inclusione sociale e strumenti di partecipazione cittadina. Progetti emblematici come «The Gate» a Porta Palazzo, i contratti di quartiere in aree come via Artom e via Arquata, e le «case del quartiere» hanno trasformato zone critiche, creando modelli replicabili in altre città italiane.
  Oggi, il comune sta implementando nuovi programmi grazie a finanziamenti significativi, tra cui quasi un miliardo di euro derivanti da PNRR, fondi europei e nazionali. Di questi, oltre 230 milioni sono destinati alle periferie. Tra i progetti principali vi sono il Piano Urbano Integrato, che include il rinnovamento del sistema bibliotecario cittadino come infrastruttura sociale, e il PINQuA, che si concentra su edilizia pubblica e qualità abitativa in zone come Vallette e Porta Palazzo.
  Salerno ha sottolineato l'importanza di integrare interventi materiali e immateriali. I progetti più efficaci sono quelli che combinano il miglioramento delle infrastrutture fisiche con azioni sociali e culturali, garantendo così un impatto duraturo. Tuttavia, ha anche evidenziato le difficoltà legate alla frammentazione delle risorse finanziarie e alla mancanza di una rete istituzionale stabile per la condivisione di esperienze tra città.
  L'assessore Paolo Mazzoleni ha illustrato l'importanza di aggiornare il Piano regolatore della città, che risale a 40 anni fa e non risponde più alle esigenze attuali. La revisione del Piano è stata accompagnata da un ampio processo partecipativo, che ha coinvolto cittadini, associazioni e stakeholder, con l'obiettivo di creare uno strumento innovativo e flessibile. Questa revisione punta a risolvere problemi come i vuoti urbani e gli immobili abbandonati, che spesso aggravano il degrado delle periferie.
  Un progetto simbolo di questa visione è la Linea 2 della metropolitana, che collegherà le periferie nord e sud. La tratta iniziale, da Rebaudengo a Porta Nuova, sarà completata entro il 2032 e includerà la riqualificazione del Trincerone, una vecchia sede ferroviaria che diventerà un grande spazio pubblico. Mazzoleni ha ribadito che, oltre agli interventi infrastrutturali, è essenziale avere una normativa nazionale che garantisca stabilità e continuità ai progetti di lungo periodo.
  L'assessore Marco Porcedda ha analizzato le problematiche di sicurezza che affliggono Torino, concentrandosi sulle periferie. Queste aree sono caratterizzate da aggregazioni su strada legate a minimarket, spaccio e occupazioni abusive di alloggi. Le occupazioni sono state classificate in tre categorie principali: nuclei familiari in difficoltà, occupazioni associate alla microcriminalità e quelle effettuate da famiglie nomadi, spesso percepite come più problematiche.
  La Polizia municipale ha intensificato i controlli, riuscendo a ridurre significativamente il numero di alloggi occupati abusivamente. Pag. 144Porcedda ha proposto interventi normativi per regolamentare gli orari di apertura dei minimarket e migliorare la gestione del territorio. Inoltre, ha evidenziato la necessità di un maggiore riconoscimento del ruolo della Polizia locale, suggerendo l'accesso a banche dati nazionali per migliorare l'efficacia degli interventi.
  Per quanto riguarda la demografia e flussi migratori, Mazzoleni ha evidenziato un aumento della popolazione nel 2023 (+1,5 per cento), grazie in parte alla presenza di studenti universitari e migranti, che contribuiscono al ringiovanimento della città, mentre il calo delle nascite rimane un problema strutturale.

Prefetto

  Il prefetto Donato Giovanni Cafagna ha offerto un'analisi articolata della situazione di Torino e della sua area metropolitana, affrontando temi che spaziano dal degrado urbano alla criminalità, dalle dinamiche demografiche alle politiche di sicurezza e integrazione sociale. L'incontro ha permesso di approfondire le caratteristiche specifiche del territorio torinese, evidenziando problematiche strutturali e le strategie messe in atto per affrontarle.
  Il prefetto ha riferito che Torino, con i suoi 846.000 abitanti e un'area di 130 km², è caratterizzata da una forte eterogeneità sociale e urbanistica. Il centro storico, con il suo patrimonio architettonico di pregio e una crescente vocazione turistica, contrasta con quartieri periferici che, sebbene vicini al centro, mostrano profonde criticità. Aree come Barriera di Milano, Aurora, Borgo Vittoria, Madonna di Campagna e Regio Parco sono contraddistinte da un'alta concentrazione di immigrati (dal 20 per cento al 40 per cento della popolazione) e presentano problematiche legate a disoccupazione, abbandono scolastico, degrado urbano e criminalità.
  Il prefetto ha spiegato come queste periferie, storicamente legate all'immigrazione meridionale e allo sviluppo industriale della FIAT, abbiano subito una trasformazione socioeconomica. La contrazione del settore industriale ha lasciato un'eredità di disoccupazione e fragilità economica, aggravata dalla riduzione dei tassi di natalità e dall'invecchiamento della popolazione. Allo stesso tempo, il centro città ha sviluppato una nuova vocazione turistica, migliorando la percezione della città nel suo insieme ma senza risolvere i problemi delle aree periferiche.
  Il prefetto ha sottolineato l'importanza delle politiche di sicurezza per affrontare fenomeni di degrado e criminalità. Ha illustrato il ruolo centrale delle operazioni «ad alto impatto», un approccio che coinvolge tutte le forze di polizia, la Polizia locale e altre istituzioni (ASL, Ispettorato del lavoro, Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro – SPReSAL), per garantire una presenza massiccia e coordinata sul territorio. Questi interventi si concentrano su quartieri critici come Aurora e Barriera di Milano, dove lo spaccio di sostanze stupefacenti rappresenta una problematica grave. Il traffico di droga è gestito principalmente da reti criminali subsahariane e magrebine, mentre ai vertici rimangono la 'ndrangheta e, sempre più frequentemente, organizzazioni albanesi.
  I dati del 2024 evidenziano l'impatto di queste operazioni: 149 interventi, con oltre 15.870 persone identificate, 46 arresti e 268 Pag. 145denunce. Sono stati sequestrati 3 kg di hashish e più di 10.000 euro in contanti. Oltre al contrasto diretto allo spaccio, le forze dell'ordine hanno affrontato fenomeni di degrado urbano, controllando oltre 700 esercizi pubblici, spesso implicati nella vendita illegale di alcolici o in attività di lavoro nero.
  Un'attenzione particolare è stata dedicata alle zone della cosiddetta movida, come San Salvario, Vanchiglia e i Murazzi, dove si sono registrati episodi di violenza giovanile e raduni organizzati tramite i social media. In queste aree, la presenza delle forze dell'ordine è stata intensificata nei finesettimana per garantire una maggiore sicurezza.
  Un altro tema affrontato dal prefetto è stato quello delle occupazioni abusive, che, pur non essendo numericamente rilevanti, generano un forte impatto sulla qualità della vita e sulla percezione di sicurezza. Nel 2024, sono stati recuperati 76 alloggi, di cui 30 grazie all'intervento delle forze dell'ordine. Tuttavia, il prefetto ha sottolineato la necessità di prevenire nuove occupazioni attraverso un monitoraggio costante degli immobili liberi e interventi tempestivi entro le prime 72 ore, per evitare che le occupazioni si stabilizzino.
  Le occupazioni abusive sono spesso accompagnate da fenomeni di degrado, come il bivacco e l'abbandono di rifiuti, soprattutto nelle aree occupate da comunità rom. Il prefetto ha evidenziato come queste situazioni creino tensioni sociali e richiedano un approccio integrato, che combini interventi di sicurezza con politiche sociali per gestire le fragilità.
  Un esempio emblematico è l'ex Gondrand, un immobile abbandonato in Barriera di Milano, oggetto di ripetuti sgomberi ma ancora privo di un progetto di recupero definitivo. Il prefetto ha sottolineato l'importanza di incentivare la rigenerazione di immobili degradati, semplificando le procedure burocratiche per attrarre investimenti privati e favorire il riutilizzo di questi spazi.
  Il fenomeno dei minimarket, diffusi soprattutto in zone come Corso Giulio Cesare, rappresenta un'altra sfida complessa. Questi esercizi, spesso aperti 24 ore su 24, sono associati alla vendita di alcolici e al degrado urbano. Il prefetto ha riconosciuto i limiti normativi che impediscono una regolamentazione più stringente e ha proposto uno studio approfondito per analizzare il sistema di approvvigionamento e gestione di questi negozi. Ha inoltre suggerito modifiche legislative per regolare gli orari di apertura e garantire un maggiore controllo sulle attività commerciali.
  Il prefetto ha poi riferito che Torino ha una lunga tradizione di accoglienza e integrazione, con circa il 19 per cento della popolazione costituita da immigrati di prima e seconda generazione. Questi ha evidenziato l'importanza dell'Osservatorio interistituzionale sugli stranieri, che analizza costantemente l'impatto della presenza migratoria sulla città e supporta le politiche sociali e di sicurezza.
  Un aspetto cruciale per l'integrazione è l'apprendimento della lingua italiana, che rimane una sfida per molti immigrati. Le difficoltà linguistiche si riflettono anche nel mercato del lavoro, dove gli immigrati sono spesso impiegati in attività a basso reddito, come la ristorazione e il lavoro domestico. Il prefetto ha sottolineato che un maggiore accesso a opportunità lavorative potrebbe ridurre il coinvolgimento nella criminalità e migliorare la sicurezza complessiva.Pag. 146
  Un elemento distintivo del modello di gestione della sicurezza a Torino è il dialogo con le comunità locali. Il prefetto ha istituito tavoli circoscrizionali per coinvolgere cittadini, forze dell'ordine e amministrazioni locali nella definizione delle priorità di intervento. Questo approccio ha migliorato la percezione di sicurezza e ha rafforzato la fiducia nelle istituzioni, come dimostrano esempi positivi a Mirafiori e Barriera di Milano.

Assessore regionale alle politiche sociali e integrazione socio-sanitaria

  L'intervento di Maurizio Marrone, assessore regionale del Piemonte alle politiche sociali e integrazione socio-sanitaria, ha offerto una panoramica sulla gestione dell'edilizia popolare, il fenomeno delle occupazioni abusive e le politiche per la rigenerazione urbana e il sostegno sociale nella città metropolitana di Torino e in Piemonte. Marrone ha delineato un quadro di problematiche e soluzioni, evidenziando l'interconnessione tra fattori sociali, economici, normativi e di sicurezza.
  Secondo Marrone, il fenomeno delle occupazioni abusive nel settore dell'edilizia popolare ha subito un'evoluzione negli ultimi anni, passando da casi isolati a una maggiore concentrazione in specifiche aree della città metropolitana di Torino, con picchi di oltre 210 alloggi occupati. Attualmente, il numero si attesta a 177 unità, ma il fenomeno rimane significativo per il suo impatto sociale e urbanistico. Marrone ha sottolineato che l'aumento delle occupazioni è in parte correlato alla chiusura dei campi rom e alla migrazione di nuclei familiari nomadi verso gli alloggi popolari, nonché alla crisi economica e abitativa che colpisce le fasce più deboli della popolazione.
  Le occupazioni non si limitano a rispondere a esigenze abitative, ma spesso sono legate ad attività illegali, come lo spaccio di droga e la ricettazione di merci rubate, soprattutto nelle aree di Torino Nord. Marrone ha evidenziato che alcune occupazioni sono organizzate da gruppi familiari estesi, creando situazioni di degrado che impattano negativamente sulla qualità della vita dei residenti regolari. Episodi di intimidazioni, vandalismi e allacciamenti abusivi alle utenze contribuiscono ad aumentare il senso di insicurezza nei quartieri colpiti.
  Per affrontare il problema delle occupazioni abusive, Marrone ha descritto una serie di interventi attuati in sinergia tra Regione, ATC (Agenzia Territoriale per la Casa) Piemonte Centrale, Prefettura e forze dell'ordine. L'intensificazione degli sgomberi è stata possibile grazie alla collaborazione istituzionale e al monitoraggio costante degli immobili sfitti, che rappresentano circa il 10 per cento del patrimonio ATC. Per prevenire nuove occupazioni, gli alloggi recuperati vengono immediatamente messi in sicurezza, con l'installazione di porte blindate, sistemi di allarme e interventi di manutenzione straordinaria.
  La Regione ha destinato risorse del Fondo Sociale Europeo per supportare le famiglie fragili coinvolte nelle occupazioni, offrendo soluzioni temporanee di social housing. Questo approccio risponde anche alle normative europee che richiedono di garantire alternative abitative a nuclei familiari con minori o anziani vulnerabili.
  Un altro strumento è l'autorecupero, che consente agli assegnatari di anticipare i lavori di ripristino degli alloggi in cambio di uno sconto Pag. 147sui canoni di locazione. Marrone ha riconosciuto che l'efficacia di questa misura è limitata dalla capacità economica degli assegnatari, ma ha evidenziato l'impegno della Regione nel migliorare il sistema, aumentando il rimborso al 100 per cento dei costi sostenuti e coinvolgendo le fondazioni bancarie per offrire anticipi finanziari.
  Marrone ha anche affrontato la questione della vetustà del patrimonio edilizio, evidenziando che circa il 75 per cento degli edifici risale a prima del 1985 e richiede interventi di riqualificazione urgente. La Regione ha utilizzato una combinazione di risorse provenienti dal PNRR, dal Superbonus 110 per cento e da fondi regionali per avviare progetti di efficientamento energetico e rigenerazione urbana. Tuttavia, le modifiche normative sul Superbonus hanno rallentato alcuni interventi, lasciando irrisolte le problematiche legate alla povertà energetica. Molti inquilini si trovano a fronteggiare bollette insostenibili, nonostante i canoni di locazione medi siano tra i più bassi in Italia (99 euro al mese).
  Per alleviare il peso delle spese energetiche, la Regione ha istituito un fondo di 1,5 milioni di euro destinato a coprire i conguagli più elevati. Marrone ha inoltre sottolineato l'importanza di una gestione più efficiente degli alloggi liberi, spesso inutilizzati a causa di ritardi nelle assegnazioni. Ha proposto una riforma della legge regionale n. 3/2010 per rendere più snelle le procedure e ridurre i tempi di attesa, che attualmente possono superare un anno.
  L'assessore ha evidenziato l'interconnessione tra degrado urbano, criminalità e sicurezza sociale. Nei quartieri popolari, la presenza di minimarket associati alla vendita illegale di alcolici e ad attività di riciclaggio aggrava il senso di insicurezza. Marrone ha suggerito interventi normativi per regolamentare meglio gli orari di apertura di questi esercizi, distinguendo tra attività commerciali legittime e quelle utilizzate come copertura per attività illecite.
  Un'altra iniziativa è l'introduzione del tutor sociosanitario, una figura professionale che, in collaborazione con équipe di strada, fornisce supporto a persone senza fissa dimora con problemi di dipendenza e salute mentale. Questo programma, finanziato con 150.000 euro, mira a ridurre il degrado nei quartieri più colpiti dallo spaccio di droga e a migliorare l'accesso ai servizi sanitari per le persone vulnerabili.
  Per rafforzare la sicurezza nei quartieri, Marrone ha proposto di destinare alcuni alloggi popolari alle forze dell'ordine, creando un mix sociale positivo. Ha inoltre sottolineato l'importanza della partecipazione attiva dei residenti attraverso comitati inquilini e forme di autogestione delle parti comuni degli edifici.
  Marrone ha concluso il suo intervento delineando una visione a lungo termine per la gestione dell'edilizia popolare e la rigenerazione urbana. Ha suggerito di riutilizzare edifici pubblici dismessi per aumentare l'offerta abitativa e promuovere la rigenerazione generazionale nei quartieri popolari, incentivando l'insediamento di giovani famiglie e studenti. Ha anche auspicato un maggiore coordinamento tra le istituzioni per accelerare l'assegnazione degli alloggi e migliorare la gestione delle graduatorie.

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Agenzia territoriale per la casa (ATC) – Piemonte Centrale

  Emilio Bolla, presidente dell'ATC (Agenzia territoriale per la casa) Piemonte Centrale, ha offerto una panoramica sulle problematiche che caratterizzano la gestione dell'edilizia popolare e sulle soluzioni adottate dall'Agenzia per affrontare il degrado urbano, le occupazioni abusive e le difficoltà economiche e sociali nei quartieri di Torino e della sua area metropolitana. Nel corso del suo intervento, Bolla ha analizzato le dinamiche storiche, economiche e normative del settore, sottolineando la complessità delle sfide e l'importanza di una visione strategica e coordinata per promuovere la legalità, migliorare la qualità della vita e favorire l'inclusione sociale.
  Bolla ha riferito che l'ATC Piemonte Centrale gestisce circa 29.000 alloggi, di cui 18.000 situati nella città di Torino. Questi immobili rappresentano un patrimonio significativo per rispondere alle esigenze abitative delle fasce più deboli della popolazione, ma sono caratterizzati da una vetustà diffusa: il 75 per cento degli edifici risale a prima del 1985. Questa situazione comporta un fabbisogno manutentivo molto elevato, con la necessità di interventi sia ordinari sia straordinari. La condizione degli immobili, ha spiegato Bolla, è aggravata dal degrado delle parti comuni, dal vandalismo, dagli allacciamenti abusivi alle utenze e dalla presenza di immondizia accumulata in molte aree.
  Nonostante queste difficoltà, l'ATC ha sfruttato in modo efficace le opportunità offerte da programmi come il Superbonus 110 per cento e i fondi del PNRR per avviare progetti di efficientamento energetico e rigenerazione urbana. Sono stati effettuati 168 interventi, per un investimento complessivo di circa 400 milioni di euro. Questi progetti hanno permesso di migliorare le condizioni di molti quartieri, sebbene le modifiche normative sul Superbonus abbiano causato ritardi in alcune opere. Bolla ha sottolineato che gli interventi di efficientamento non solo migliorano il comfort abitativo, ma riducono anche la povertà energetica, un problema significativo nei quartieri popolari, dove molte famiglie si trovano a fronteggiare bollette insostenibili nonostante canoni di locazione medi molto bassi (circa 99 euro al mese).
  Altro tema affrontato nell'intervento di Bolla è stato il fenomeno delle occupazioni abusive, che ha subito un incremento significativo negli ultimi anni. Questo fenomeno è in parte legato alla chiusura dei campi rom e alla pandemia, che hanno spinto molte famiglie vulnerabili a occupare alloggi popolari. Nel 2022, il numero di unità occupate abusivamente ha raggiunto un picco di 210, per poi scendere a 177 nel 2024 grazie agli interventi coordinati tra ATC, Prefettura e forze dell'ordine.
  Le occupazioni abusive, ha spiegato Bolla, non si limitano a rispondere a bisogni abitativi, ma spesso sono collegate a fenomeni di illegalità, come lo spaccio di droga e la ricettazione di merci rubate, soprattutto nelle aree di Torino Nord. Gli alloggi occupati illegalmente vengono spesso vandalizzati, con danni che richiedono costosi interventi di ripristino (in media 15.000 euro per unità). Per contrastare il fenomeno, l'ATC ha intensificato gli sgomberi e ha messo in atto misure preventive, come l'installazione di porte blindate e sistemi di allarme negli immobili sfitti. Inoltre, sono stati aperti tavoli istituzionali presso la Prefettura per monitorare e affrontare la situazione in modo continuativo.Pag. 149
  Bolla ha illustrato alcune iniziative introdotte dall'ATC per migliorare le condizioni di vita nei quartieri popolari e promuovere la coesione sociale. Tra queste, la reintroduzione della portineria in quartieri critici come Corso Racconigi e il Sedicesimo quartiere. Questa figura, un tempo comune nei complessi residenziali, offre un punto di riferimento per i residenti e contribuisce a prevenire nuove occupazioni e fenomeni di degrado. Insieme alla portineria, sono state avviate officine per piccole manutenzioni, che permettono di intervenire tempestivamente su problemi minori, come la sostituzione di lampadine o la riparazione di vetri rotti, evitando che si trasformino in situazioni più gravi.
  Un'altra iniziativa è stata l'apertura di sportelli decentrati nei quartieri, che offrono assistenza per pratiche amministrative e fungono da punto di ascolto per i cittadini. Questi sportelli, ha spiegato Bolla, sono stati particolarmente utili per le persone anziane, che spesso incontrano difficoltà nel recarsi presso gli uffici centrali. Questo approccio ha migliorato il rapporto tra residenti e istituzioni, favorendo la fiducia e incoraggiando le segnalazioni di occupazioni abusive.
  L'ATC ha anche collaborato con la Regione Piemonte per promuovere programmi di autorecupero degli alloggi sfitti. Questo strumento consente agli assegnatari di anticipare i lavori di ripristino degli alloggi, con la possibilità di recuperare i costi attraverso sconti sui canoni di locazione. Sebbene il suo utilizzo sia limitato dalla capacità economica degli assegnatari, Bolla ha evidenziato che le recenti modifiche normative, che prevedono il rimborso totale dei costi sostenuti, potrebbero rendere questa misura più accessibile.
  Bolla ha sottolineato l'importanza di affiancare agli interventi strutturali una rigenerazione sociale e generazionale nei quartieri popolari. Per creare un mix sociale più equilibrato, l'ATC sta valutando la possibilità di destinare alcuni alloggi a giovani studenti e lavoratori, favorendo l'inserimento di nuove energie e prospettive. Questa strategia mira a contrastare l'invecchiamento della popolazione residente e a promuovere una maggiore vitalità nei quartieri.
  Un ulteriore elemento di rigenerazione sociale è rappresentato dalla collaborazione con associazioni di volontariato e comitati inquilini, che svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere la coesione sociale e nel supportare i residenti più vulnerabili. Tuttavia, Bolla ha riconosciuto che i comitati più attivi sono spesso composti da persone anziane e ha auspicato un maggiore coinvolgimento delle nuove generazioni.

2.2.7 FIRENZE

  Il 24 gennaio 2025 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Firenze, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il prefetto Francesca Ferrandino, il questore Fausto Lamparelli, l'assessore comunale all'urbanistica Caterina Biti (alla presenza della sindaca Sara Funaro) e il presidente di Casa Spa Luca Talluri.
  Successivamente, la delegazione ha svolto visite nei seguenti luoghi:

   sede dell'Arcidiocesi di Firenze: incontro con S.E. Gherardo Gambelli (Vescovo di Firenze) e con Marzio Mori, direttore della Caritas di Firenze;

Pag. 150

   zone della Leopolda, delle Piagge e del Parco delle Cascine (Piazza Vittorio Veneto e Ippodromo Le Mulina).

Prefetto

  Francesca Ferrandino, prefetto di Firenze, ha presentato un quadro delle condizioni della città metropolitana, soffermandosi sulle sfide legate alla sicurezza, al degrado urbano e alle dinamiche sociali ed economiche che incidono sulla qualità della vita. Ha iniziato il suo intervento sottolineando la complessità del contesto fiorentino, caratterizzato da una popolazione che sfiora il milione di abitanti distribuiti in 41 comuni, con un'età media elevata e una significativa presenza di stranieri. Ha evidenziato che il 31 per cento della popolazione ha tra i 45 e i 64 anni, mentre il 26 per cento supera i 65, dati che influenzano direttamente le necessità di servizi e la pianificazione di politiche di sicurezza e di sviluppo urbano. Un aspetto rilevante è la composizione della popolazione straniera, che rappresenta il 13,4 per cento del totale, con comunità particolarmente numerose provenienti dalla Cina, dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dal Bangladesh, dalla Georgia, dal Pakistan, dall'India, dalla Romania, dall'Albania e dal Perù.
  Il prefetto Ferrandino ha poi focalizzato l'attenzione su Firenze, che con i suoi oltre 300.000 abitanti non può essere considerata solo in base ai residenti, poiché ogni giorno la città accoglie il doppio della sua popolazione per motivi di lavoro e studio. Questo dato è particolarmente significativo se si considerano gli oltre 33.000 studenti universitari, di cui circa 15.000 fuori sede, cui si aggiunge la forte presenza di studenti americani iscritti alle numerose università straniere presenti in città e al prestigioso istituto Polimoda. Ha quindi sottolineato come questa presenza temporanea, unita alla forte vocazione turistica di Firenze, incida non solo sul mercato immobiliare, ma anche sulla sicurezza e sulla percezione del degrado, influenzando le politiche di gestione del territorio. Il prefetto ha quindi riferito che Firenze è divisa in cinque quartieri, che vengono costantemente monitorati attraverso i Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, dove l'analisi dei dati sulla criminalità non è fine a sé stessa, ma serve come punto di partenza per elaborare strategie integrate, che tengano conto delle trasformazioni sociali ed economiche in atto.
  Un tema affrontato dalla Prefetta è stato quello del degrado urbano, analizzato non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche attraverso una lente sociale. Ha quindi spiegato che la sicurezza non può basarsi esclusivamente sull'attività di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, ma deve necessariamente includere interventi di natura educativa e sociale. È stata quindi evidenziata la crescente problematica dei giovani che adottano comportamenti deviati, i quali incidono non solo sulla percezione di sicurezza, ma anche sul degrado delle città. Il prefetto Ferrandino ha inoltre riferito che, su input del Ministero dell'Interno, è stato condotto un approfondito studio sulla condizione delle persone senza fissa dimora, un fenomeno strettamente legato al degrado. A Firenze sono stati quindi censiti oltre 1.300 senzatetto, la maggior parte dei quali sono stranieri ultra cinquantenni, privi di legami familiari e, spesso, in situazione di irregolarità sul territorio nazionale. Si è inoltre osservato che recentementePag. 151 è aumentata la presenza di nuclei familiari con minori e di donne, un dato che richiede una risposta più articolata da parte delle istituzioni, in collaborazione con il comune di Firenze, che già accoglie molti di questi soggetti in strutture di prima e seconda accoglienza.
  Un altro punto critico sollevato è stato quello degli affitti brevi, un fenomeno che ha un impatto significativo sul tessuto sociale ed economico della città. Il prefetto ha spiegato che Firenze ha un'incidenza di affitti brevi superiore a quella di Milano e Venezia, con il 13 per cento del totale degli immobili destinati a questo scopo, in particolare nel centro storico. Se da un lato ciò genera occupazione per oltre 6.000 imprese, dall'altro comporta un aumento del costo degli affitti per i residenti e gli studenti, costretti a destinare fino al 50 per cento del proprio reddito alla casa. Questo fenomeno ha portato a una trasformazione del tessuto urbano, con un progressivo svuotamento del centro storico di residenti stabili e una crescente difficoltà per le famiglie a trovare soluzioni abitative accessibili: il comune di Firenze, con il supporto della Regione Toscana, sta lavorando a nuove regolamentazioni per contenere l'espansione incontrollata degli affitti brevi, che non solo influiscono sulla vivibilità della città, ma hanno anche implicazioni dirette sulla sicurezza e sul degrado.
  È stata quindi affrontata la questione della povertà e della precarietà economica, citando i dati dell'Osservatorio delle povertà della Caritas, che evidenziano un peggioramento delle condizioni economiche per il 46 per cento delle famiglie fiorentine, con un aumento del 6 per cento delle richieste di aiuto agli sportelli della Caritas nel solo 2022. Questa condizione di vulnerabilità è strettamente legata al lavoro sommerso e allo sfruttamento lavorativo, in particolare nei cosiddetti «capannoni alveari»: recenti ispezioni, condotte in collaborazione con l'Ispettorato del lavoro e le aziende sanitarie locali, hanno rivelato condizioni igienico-sanitarie disastrose e situazioni di sfruttamento ai limiti dello schiavismo. Questi fenomeni, oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti dei lavoratori, contribuiscono al degrado delle periferie e alimentano circuiti di illegalità diffusa.
  Sul fronte della sicurezza, il prefetto ha evidenziato due aree particolarmente critiche: il Quartiere 1, che comprende il centro storico, e il Quartiere 5, caratterizzato da una popolazione giovane e da problematiche di integrazione sociale. In particolare, nel Quartiere 1 il fenomeno delle spaccate ai danni di negozi è in aumento, generando forte allarme tra i commercianti. Per contrastarlo, è stato avviato il progetto «Progetti sicuri», finanziato dalla Camera di commercio, che prevede l'installazione di sistemi di sicurezza passiva nei negozi più esposti. Nel Quartiere 5, invece, la sfida principale è legata alla prevenzione della devianza giovanile e alla creazione di opportunità educative e lavorative per i giovani.
  Il prefetto Ferrandino ha riferito che una delle strategie più efficaci adottate per il controllo del territorio è stata l'introduzione di ordinanze comunali che limitano l'orario di apertura dei minimarket, riducendo così il rischio di risse ed episodi di microcriminalità nelle ore notturne. Il prefetto ha inoltre ricordato l'utilizzo delle ordinanze ex articolo 2 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per allontanare soggetti pericolosi da aree sensibili come il Parco delle Cascine e la stazione di Santa Maria Novella, con un totale di 74 persone Pag. 152allontanate nei mesi recenti. Ha inoltre riferito che il prefetto può anche chiedere la revoca delle licenze commerciali per motivi di ordine pubblico, un provvedimento applicato con successo in 13 casi negli ultimi due anni, sei dei quali riguardavano esercizi commerciali a Firenze.
  Ulteriore argomento trattato è stato quello del disagio giovanile e delle strategie messe in atto per affrontarlo. In particolare, la dispersione scolastica riguarda circa il 2 per cento degli studenti, con una percentuale elevata tra i giovani stranieri. Il prefetto ha quindi sottolineato il legame tra abbandono scolastico, uso di sostanze stupefacenti e reati giovanili, evidenziando la necessità di un intervento educativo e sociale più incisivo. È stato quindi messo in campo un progetto innovativo, sviluppato in collaborazione con l'Università di Firenze e il Ministero dell'Interno, che coinvolge giovani problematici in attività legate alla valorizzazione del patrimonio artistico della città: alcuni ragazzi segnalati dalle scuole hanno seguito corsi per diventare guide turistiche nei musei cittadini, un'esperienza che ha contribuito a rafforzare il loro senso di appartenenza alla comunità.

Questore

  Fausto Lamparelli, questore di Firenze, ha offerto un quadro dello stato della sicurezza in città, soffermandosi su fenomenologie criminali, strategie di prevenzione e repressione e sul concetto di sicurezza partecipata. Sin dal suo insediamento a Firenze, avvenuto il 16 dicembre 2024, ha concentrato il suo lavoro sulla comprensione delle dinamiche della delittuosità e sulla percezione della sicurezza da parte dei cittadini, sottolineando come in una città come Firenze non si possa parlare di sicurezza come un elemento gestito esclusivamente dalle forze dell'ordine, ma di un modello di sicurezza partecipata che coinvolge diversi attori istituzionali e la cittadinanza.
  Uno degli aspetti affrontati dall'analisi del dott. Lamparelli riguarda la composizione demografica della città e la sua influenza sui fenomeni di criminalità. Firenze, con circa 362.000 residenti, è in realtà una città che ogni giorno accoglie il doppio della popolazione, tra lavoratori pendolari, studenti fuori sede e turisti. Il questore ha sottolineato che l'università di Firenze conta circa 50.000 iscritti e che la città ospita alcune università americane e l'istituto Polimoda, che attira un numero elevato di studenti stranieri. Inoltre, il turismo ha un impatto enorme, con circa 12 milioni di visitatori annui e una rete di oltre 70.000 affitti brevi, un fenomeno che incide sulla sicurezza urbana. La suddivisione in cinque quartieri della città di Firenze rende necessario un monitoraggio costante delle diverse aree, ma il dott. Lamparelli ha spiegato che non è corretto parlare di centro e periferia in termini tradizionali: la struttura urbana di Firenze è tale che molte delle problematiche si concentrino anche in aree non immediatamente riconducibili alle classiche periferie degradate.
  L'analisi della delittuosità ha messo in evidenza un aumento generale dei reati, tra il 2023 e il 2024, con una crescita dell'11 per cento, portando il totale dei reati denunciati da 31.353 a 34.660. Tuttavia, il questore ha fatto notare che il dato va contestualizzato e che, confrontandolo con il periodo pre-pandemia, si riscontra un Pag. 153ritorno ai livelli del 2019, quando i reati erano stati 34.546. Le principali tipologie di reati che attualmente destano preoccupazione sono quelli contro il patrimonio e lo spaccio di stupefacenti, in particolare perché incidono sulla percezione della sicurezza da parte dei cittadini. Il questore ha sottolineato che i furti con destrezza sono aumentati del 47 per cento, passando da 7.450 nel 2023 a 10.940 nel 2024, un dato che riflette la vocazione turistica della città, con la maggior parte dei reati che si verificano nelle zone a maggiore afflusso di persone. I furti negli esercizi commerciali sono aumentati dell'11 per cento, con 2.689 episodi nel 2024 rispetto ai 2.431 dell'anno precedente, mentre le rapine sono diminuite del 33 per cento, con 977 episodi nel 2024 rispetto ai 1.351 del 2023.
  Un fenomeno allarmante è quello delle cosiddette «spaccate», ovvero i furti con scasso nei negozi, che a Firenze avvengono spesso con l'utilizzo di tombini per sfondare le vetrine. Il questore Lamparelli ha spiegato che, nonostante il forte impatto sulla percezione della sicurezza, non si tratta di un fenomeno riconducibile a un'organizzazione criminale strutturata, ma piuttosto a episodi isolati compiuti da soggetti occasionali. Per contrastare il problema, la questura ha attivato misure di prevenzione come il protocollo «Mille occhi sulla città», che coinvolge istituti di vigilanza privata nella segnalazione di situazioni di rischio, e il progetto «Progetti sicuri», finanziato dalla Camera di commercio di Firenze, che prevede incentivi per l'installazione di sistemi di sicurezza passiva nei negozi più esposti.
  Un altro tema affrontato dal questore di Firenze è stato lo spaccio di sostanze stupefacenti, che rappresenta una delle principali criticità della città, con epicentri nel Parco delle Cascine e nella zona di Santa Maria Novella. Il dottor Lamparelli ha descritto un quadro criminale in cui il traffico di droga è gestito prevalentemente da gruppi criminali di origine albanese e nigeriana, con soggetti albanesi che controllano l'importazione e distribuzione all'ingrosso della cocaina e soggetti africani, in particolare nordafricani e nigeriani, che gestiscono lo spaccio al dettaglio. Il questore ha evidenziato il dato dei sequestri effettuati nel 2024, che ammontano a 217 kg di cocaina, 230 kg di hashish e 226 kg di eroina, con 623 arresti e oltre 3.264 denunce per reati legati alla droga. Egli ha anche precisato che i dati sui reati di spaccio registrano un apparente calo, con 29 episodi rilevati nel Parco delle Cascine nel 2024 rispetto ai 75 dell'anno precedente, un dato che, tuttavia, potrebbe essere influenzato dall'efficacia dell'azione di contrasto, piuttosto che da una reale riduzione del fenomeno.
  Per quanto riguarda la gestione della sicurezza urbana, il questore ha illustrato il funzionamento della cabina di regia interforze, recentemente istituita, che analizza i dati sulla criminalità e orienta le strategie di intervento. Il dottor Lamparelli ha sottolineato l'importanza delle attività straordinarie di controllo del territorio e delle operazioni «ad alto impatto», che coinvolgono non solo polizia e carabinieri, ma anche unità specializzate come il NAS dei Carabinieri per i controlli sanitari negli esercizi pubblici e l'Ispettorato del lavoro per la verifica delle condizioni di impiego dei lavoratori. Un'azione particolarmente incisiva è stata condotta con l'adozione di ordinanze, ex art. 2 del TULPS, per l'allontanamento di persone ritenute socialmente pericolose dalle zone più critiche della città, come Santa Maria Pag. 154Novella e le Cascine, con un totale di 74 allontanamenti tra ottobre 2024 e gennaio 2025.
  Un'altra strategia adottata è stata quella delle misure di prevenzione amministrativa, che hanno portato all'applicazione di 190 avvisi orali di pubblica sicurezza, 110 D.AC.UR. (divieti di accesso alle aree urbane) e 157 fogli di via obbligatori. Questi provvedimenti mirano a prevenire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti pericolosi, con particolare attenzione a coloro che hanno precedenti per reati contro la persona o per spaccio di droga. Il questore ha inoltre evidenziato l'importanza del sistema di videosorveglianza, con oltre 1.400 telecamere attive nel comune di Firenze, un elemento fondamentale per la prevenzione e il contrasto dei reati, soprattutto nel centro storico della città.
  Nel concludere il suo intervento, il questore ha affrontato il tema della criminalità minorile, spiegando che, pur non essendo particolarmente diffuso, è un fenomeno in crescita. Ha riferito che nel 2024 nel Parco delle Cascine sono stati attribuiti a minorenni una rapina, cinque furti e un danneggiamento, mentre nella zona delle Piagge si sono registrati una rapina, cinque furti e un episodio di spaccio riconducibile a giovani sotto i 18 anni. Il dottor Lamparelli ha evidenziato che la questura sta lavorando in stretta collaborazione con le autorità scolastiche e il Tribunale per i minorenni per attuare programmi di prevenzione, tra cui percorsi di educazione alla legalità e iniziative di reinserimento per i giovani coinvolti in attività criminali.

Assessore comunale all'urbanistica

  Caterina Biti, assessore all'urbanistica del comune di Firenze, ha delineato un quadro della città, soffermandosi sulle sfide e le strategie adottate dall'amministrazione per affrontare tematiche fondamentali come l'urbanistica, l'emergenza abitativa, la sicurezza e il decoro urbano. L'assessore ha iniziato il suo intervento sottolineando il contesto particolare in cui opera Firenze, una città relativamente piccola dal punto di vista della superficie e della popolazione residente, con circa 360.000 abitanti, ma con un'affluenza giornaliera e annuale che ne moltiplica la dimensione e la complessità. Ella ha inoltre evidenziato come Firenze sia costantemente attraversata da flussi imponenti di persone, tra turisti, studenti e lavoratori pendolari, e che questa caratteristica rende indispensabile una gestione attenta del territorio, capace di rispondere alle esigenze di chi vi risiede in maniera stabile e di chi la vive temporaneamente. L'assessore ha ribadito l'importanza di partire dal contesto per affrontare al meglio i problemi della città, riconoscendo che solo attraverso un'analisi approfondita delle dinamiche urbane è possibile elaborare risposte efficaci e durature.
  L'assessore Biti ha ricordato che Firenze è suddivisa in cinque quartieri e che il più popoloso, il Quartiere 5, ospita circa 100.000 abitanti, caratterizzandosi per una composizione demografica più giovane rispetto ad altre zone della città. Il medesimo assessore ha voluto sottolineare che, nonostante vengano spesso considerate periferie, queste aree devono essere viste come parti integranti della città, che negli ultimi anni hanno beneficiato di importanti interventi di riqualificazione. Ella ha rimarcato il fatto che la visione dell'amministrazione si Pag. 155basa sul concetto di una Firenze per tutti e tutte, in cui ogni area deve offrire pari opportunità ai cittadini e garantire una qualità della vita adeguata. In questo senso, ha spiegato che l'amministrazione si è impegnata a sviluppare politiche che rendano la città più giusta, sostenibile e sicura, adottando un approccio preventivo per evitare che situazioni di degrado si consolidino e diventino difficili da risolvere.
  L'assessore Biti ha ricordato la sua doppia delega, che include l'urbanistica e il decoro urbano, specificando che la scelta di concentrarsi sul decoro e non sul degrado è dettata dalla volontà di adottare un approccio proattivo, volto a mantenere elevati standard di vivibilità e a prevenire fenomeni di deterioramento urbano. In quest'ottica vi è il coinvolgimento di vari enti e associazioni in tali operazioni di riqualificazione, riconoscendo il ruolo fondamentale della collaborazione tra pubblico e privato per migliorare la qualità della vita nei diversi quartieri.
  L'assessore ha quindi posto l'accento sulla questione dell'emergenza abitativa, definendola una delle principali priorità dell'amministrazione. Ha quindi riferito che il comune sta affrontando il problema attraverso una serie di interventi mirati, volti sia a garantire soluzioni abitative per le persone in maggiore difficoltà, sia a prevenire un allargamento della fascia di cittadini che si trovano in condizioni di precarietà abitativa, facendo riferimento al ruolo di Casa Spa, l'ente che gestisce l'edilizia residenziale pubblica a Firenze, e ha sottolineato come il comune abbia stanziato risorse significative per il recupero e la manutenzione degli alloggi popolari. L'assessore ha quindi illustrato le strategie adottate per incrementare l'offerta abitativa, spiegando che nel piano operativo urbanistico è stata introdotta una norma che prevede l'obbligo di riservare almeno il 20 per cento delle nuove trasformazioni urbane all'edilizia residenziale convenzionata: si tratta di una scelta coraggiosa e non priva di difficoltà, in quanto impone vincoli agli operatori immobiliari, ma ciò appare necessario al fine di contrastare la speculazione e garantire un'offerta abitativa accessibile ai cittadini.
  L'assessore Biti ha inoltre approfondito la questione degli affitti brevi, un fenomeno che a Firenze ha raggiunto proporzioni elevate e ha inciso significativamente sulla disponibilità di alloggi per i residenti: l'elevato numero di appartamenti destinati ad affitti turistici ha determinato uno spopolamento del centro storico e ha reso sempre più difficile per studenti e lavoratori trovare soluzioni abitative a prezzi sostenibili. Sebbene il settore generi occupazione e opportunità economiche, è necessario regolamentarlo per evitare squilibri nel mercato immobiliare. L'assessore ha riferito come l'amministrazione abbia tentato di affrontare il problema attraverso strumenti urbanistici, ma ha fatto anche appello al legislatore nazionale affinché intervenga con normative più efficaci per gestire il fenomeno su scala più ampia.
  L'assessore all'urbanistica ha quindi parlato dei grandi progetti di trasformazione urbana in corso a Firenze, citando in particolare la riqualificazione dell'ex caserma Gonzaga «Lupi di Toscana» e l'intervento nell'area di San Salvi: la prima iniziativa rappresenta una delle operazioni di rigenerazione urbana più ambiziose della città, con la creazione di uno studentato pubblico, alloggi di edilizia residenziale calmierata e nuovi spazi verdi e servizi per i cittadini ed è stata Pag. 156sviluppata attraverso un processo di partecipazione pubblica e in collaborazione con diversi enti. L'assessore ha quindi illustrato la trasformazione dell'area di San Salvi, un'ex struttura manicomiale che sta diventando un nuovo polo urbano, con l'integrazione di servizi pubblici e spazi verdi, con l'obiettivo di ridurre il degrado e migliorare la fruibilità dell'area.
  L'assessore ha poi evidenziato il ruolo della mobilità sostenibile, come strumento per migliorare la qualità della vita urbana e ridurre il degrado, riferendo che l'amministrazione comunale ha investito molto nello sviluppo delle linee tranviarie, che non solo migliorano il trasporto pubblico, ma hanno anche un effetto positivo sulla riqualificazione urbana, favorendo la crescita economica e sociale e riducendo il rischio di marginalizzazione. In particolare, una nuova linea collegherà la stazione centrale con il quartiere delle Piagge, un'area destinata a subire importanti trasformazioni nei prossimi anni.
  L'assessore ha concluso il suo intervento parlando della necessità di una gestione integrata della sicurezza urbana, sottolineando il ruolo della collaborazione tra amministrazione comunale, forze dell'ordine e cittadini.

Presidente di Casa Spa

  Luca Talluri, presidente di Casa Spa, ha offerto un'analisi sulla gestione dell'edilizia residenziale pubblica a Firenze e nei comuni della provincia, delineando le caratteristiche del sistema, le sfide che esso affronta e le strategie adottate per migliorare l'offerta abitativa e la qualità della vita degli inquilini. L'ingegner Talluri ha esordito sottolineando il ruolo di Casa Spa come ente gestore delle case popolari in un'area che comprende Firenze e i comuni della provincia, evidenziando come la gestione del patrimonio abitativo pubblico sia un elemento chiave per la coesione sociale e la stabilità economica della città. Il presidente Talluri ha riferito che Casa Spa gestisce circa 14.000 alloggi, di cui 9.000 si trovano nella città di Firenze, e che il sistema toscano, così come quello emiliano-romagnolo, si distingue per una gestione unitaria del patrimonio pubblico, che ha consentito di mantenere un livello di efficienza e di sostenibilità economica superiore rispetto ad altre regioni italiane.
  Il presidente Talluri ha quindi illustrato i principali indicatori di gestione, evidenziando come la morosità sugli affitti sia contenuta al 4 per cento, un dato significativamente inferiore rispetto alla media nazionale, che nelle città metropolitane si attesta tra il 20 per cento e il 30 per cento. Egli ha precisato che questo risultato è il frutto di un sistema di gestione oculato, di una rete di controllo capillare e di procedure consolidate nel tempo, che permettono di mantenere un equilibrio tra il sostegno alle famiglie in difficoltà e la necessità di garantire la sostenibilità economica del sistema e ha riferito che anche il numero di occupazioni abusive è estremamente ridotto, con appena cinquanta casi su un totale di 14.000 alloggi, un dato che testimonia l'efficacia delle politiche di prevenzione e di contrasto all'abusivismo adottate dall'amministrazione. L'ingegner Talluri ha sottolineato che l'azienda da lui presieduta ha un rapporto ottimale tra numero di dipendenti e alloggi gestiti, con ottantadue dipendenti che garantiscono un servizio efficiente e capillare.Pag. 157
  Il presidente Talluri ha quindi parlato del ruolo chiave che la manutenzione del patrimonio abitativo riveste per garantire la qualità della vita degli inquilini e per preservare il valore degli immobili, evidenziando che la manutenzione straordinaria rappresenta una delle principali criticità del settore, in quanto la mancanza di finanziamenti pubblici strutturali rende difficile intervenire in maniera tempestiva e adeguata sulle necessità più urgenti. L'ingegner Talluri ha riferito che il comune di Firenze ha scelto di destinare 20 milioni di euro per il recupero e la ristrutturazione degli alloggi popolari, una decisione che ha permesso di contenere il problema, ma che non è sufficiente a rispondere all'intero fabbisogno. Ha quindi sottolineato che la capacità di spesa dell'azienda è elevata e che tutte le risorse disponibili vengono impiegate, ma ha ribadito che servirebbero finanziamenti stabili e strutturali per garantire una manutenzione adeguata nel lungo periodo.
  Il presidente di Casa Spa ha poi parlato della questione degli alloggi sfitti, spiegando che attualmente ce ne sono circa 700, molti dei quali già coperti da finanziamenti per la ristrutturazione, chiarendo che il recupero degli alloggi sfitti è una priorità, poiché consente di aumentare la disponibilità di case senza dover costruire nuovi edifici, ma sottolineando che i costi di ristrutturazione sono spesso elevati e che, senza finanziamenti adeguati, il processo è più lento di quanto sarebbe auspicabile. L'ingegner Talluri ha quindi spiegato che la media per il recupero di un alloggio sfitto è di circa 17.000 euro e che, in alcuni casi, gli interventi di ristrutturazione possono raggiungere cifre molto più alte, rendendo più conveniente la vendita di quegli immobili, che richiederebbero investimenti sproporzionati rispetto al loro valore.
  L'ingegner Talluri ha poi affrontato il tema del canone di affitto medio degli alloggi da lui gestiti, spiegando che a Firenze si attesta a 130 euro mensili, un valore superiore rispetto alla media regionale di 115 euro e a quella nazionale di 90 euro, chiarendo che questo dato è dovuto a una gestione efficiente, che consente di mantenere il servizio sostenibile e di reinvestire le entrate nella manutenzione del patrimonio abitativo. Egli ha quindi parlato del problema della spesa energetica per gli inquilini delle case popolari, spiegando che, sebbene il canone di affitto sia contenuto, i costi energetici possono incidere significativamente sul bilancio familiare, sottolineando che molti inquilini, per difficoltà economiche, tendono a limitare l'uso del riscaldamento, il che rende ancora più urgente la necessità di interventi di efficientamento energetico. Il presidente ha spiegato che Casa Spa è uno dei maggiori utilizzatori del conto termico in Italia e che ha avviato numerosi progetti di riqualificazione energetica, tra cui l'installazione di cappotti termici, la sostituzione di infissi e l'adeguamento degli impianti di riscaldamento, accennando anche al ruolo delle Energy Service Companies (ESCo) e dei fondi del PNRR per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici popolari.
  Il presidente Talluri ha anche affrontato il tema della criminalità negli alloggi popolari, spiegando che Casa Spa ha implementato, a partire dal 2018, un ufficio di gestione e coesione sociale che si occupa della mediazione dei conflitti, dell'individuazione delle fragilità sociali e dell'accompagnamento all'abitare, sottolineando che questo ufficio opera in stretta collaborazione con i servizi sociali del comune, i SerT, le forze dell'ordine e le associazioni di volontariato, con l'obiettivo di Pag. 158prevenire e risolvere situazioni di disagio e di degrado. Egli ha inoltre spiegato che il regolamento d'utenza prevede sanzioni per chi viola le regole condominiali e che, nei casi più gravi, si può arrivare alla revoca dell'assegnazione dell'alloggio, chiarendo inoltre che, pur non avendo competenze dirette in materia di ordine pubblico, Casa Spa lavora in rete con le autorità per garantire un ambiente sicuro e decoroso nei complessi di edilizia residenziale pubblica.
  In relazione ad un eventuale piano di dismissioni, il presidente Talluri ha spiegato che, pur essendo una possibilità prevista dalla normativa, la vendita degli alloggi pubblici viene considerata solo in casi specifici, come quelli in cui la manutenzione risulta particolarmente onerosa o quando un immobile si trova in un condominio misto in cui la maggioranza è già di proprietà privata, sottolineando che la priorità dell'amministrazione è mantenere e incrementare il patrimonio abitativo pubblico, poiché la domanda di alloggi popolari supera di gran lunga l'offerta disponibile. Egli ha inoltre evidenziato che il tasso di movimento delle graduatorie è molto basso, attestandosi intorno al 3-4 per cento, il che significa che l'assegnazione di nuovi alloggi avviene con estrema lentezza e che molti nuclei familiari rimangono in attesa per anni.

2.2.8 VENEZIA

  Il 24 febbraio 2025 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Venezia, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il prefetto Darco Pellos, il questore Gaetano Bonaccorso, il sindaco Luigi Brugnaro, e il presidente di ATER Venezia Fabio Nordio.
  Successivamente la delegazione ha svolto visite a Mestre (frazione di Venezia), presso l'edificio ATER «Nave 1» di via Altobello e presso via Piave, che ha percorso incontrando i commercianti del luogo.

Prefetto e questore

  L'incontro con il prefetto di Venezia, Darco Pellos, e il questore, Gaetano Bonaccorso, ha rappresentato un'occasione per analizzare le problematiche di sicurezza e degrado urbano che affliggono la città metropolitana di Venezia, con un focus particolare sulle aree di Mestre e Marghera.
  Il prefetto Pellos ha aperto il suo intervento ringraziando la Commissione per l'attenzione dedicata a Venezia, sottolineando l'unicità della città nel contesto internazionale e la necessità di adottare un approccio specifico per affrontare le sue criticità. Il territorio della città metropolitana di Venezia è caratterizzato da una popolazione di circa 834.000 abitanti, distribuiti su 44 comuni, con una significativa concentrazione nel capoluogo, che ospita oltre 250.000 persone. All'interno di questa popolazione, il 16,7 per cento è composto da cittadini stranieri, con una forte presenza di extracomunitari, in particolare del Bangladesh, che si concentrano prevalentemente nelle zone di Marghera e Mestre, dove sono impiegati nei settori industriale e commerciale.
  Il prefetto Pellos ha evidenziato che Venezia non presenta una periferia nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto un insieme di Pag. 159aggregati urbani con problematiche diverse. Il degrado urbano, pur non essendo diffuso in modo uniforme, si manifesta in alcune zone del centro storico e della terraferma, con particolare riferimento a Mestre e Marghera, dove si concentrano fenomeni di criminalità, occupazioni abusive di edifici, spaccio e consumo di droga, e un crescente disagio sociale. Tra le principali cause di degrado, il prefetto ha individuato la presenza di soggetti dediti al mercato degli stupefacenti, la diffusione di reati predatori come borseggi, furti in abitazione e presso esercizi commerciali, l'abbandono di edifici storici e industriali e la crescita disomogenea della popolazione, con ripercussioni negative sul tessuto sociale ed economico.
  La questione demografica è emersa come uno degli aspetti più critici della città metropolitana. Venezia sta attraversando una fase di contrazione demografica, caratterizzata da un saldo naturale negativo e da un progressivo invecchiamento della popolazione. Questo fenomeno ha ripercussioni dirette sulla richiesta di servizi, con un aumento delle esigenze legate all'assistenza agli anziani e una riduzione della domanda di strutture educative. Inoltre, Mestre e Marghera stanno vivendo una trasformazione sociale che ha visto il progressivo spostamento delle fasce economicamente più deboli della popolazione italiana, sostituite da cittadini stranieri, con conseguenti tensioni culturali e problemi di sovraffollamento abitativo. Il fenomeno è particolarmente evidente negli edifici di edilizia residenziale pubblica, dove si registrano episodi di intolleranza legati alla convivenza tra gruppi etnicamente e culturalmente eterogenei. In queste aree, si è verificato un aumento del numero di esposti da parte dei residenti, spesso preoccupati per il degrado degli immobili e le condizioni di promiscuità. Tuttavia, come evidenziato dal prefetto, in molti casi le indagini non hanno riscontrato la presenza di attività illegali, ma piuttosto una difficile coabitazione tra comunità diverse, spesso aggravata da condizioni di sovraffollamento e precarietà economica.
  Un altro tema affrontato ha riguardato la presenza degli stranieri, che costituiscono il 12 per cento della popolazione della città metropolitana, con una concentrazione ancora più elevata a Mestre e Marghera, dove si supera il 20 per cento. La forte presenza di lavoratori stranieri è strettamente legata alle attività industriali e commerciali, con particolare riferimento al polo petrolchimico di Marghera e ai cantieri navali di Fincantieri, che attraggono manodopera disponibile a svolgere attività poco richieste dai cittadini italiani. Tuttavia, questa dinamica ha portato anche all'insorgere di fenomeni di sfruttamento della manodopera, spesso ad opera degli stessi connazionali. Parallelamente, si è assistito a una trasformazione del tessuto commerciale, con una progressiva riduzione delle attività gestite da italiani e un aumento delle imprese a conduzione straniera, in particolare cinesi e bangladesi. Questo cambiamento ha avuto effetti anche sulla qualità del commercio, con una prevalenza di negozi dedicati alla vendita di prodotti a basso costo e una riduzione dei servizi essenziali per i residenti.
  Il prefetto ha poi posto l'accento sulla questione della criminalità, in particolare sul fenomeno della microcriminalità legata allo spaccio di droga, che ha il suo epicentro nelle zone intorno alla stazione di Mestre, in particolare via Piave, via Cappuccina e Corso del Popolo. Pag. 160Queste aree sono divenute il fulcro di attività illecite legate al traffico di stupefacenti, con una forte presenza di spacciatori di origine tunisina e nigeriana. Un esempio drammatico è rappresentato dall'omicidio di Giacomo Gobbato, avvenuto nel settembre 2024, a Mestre, per mano di un cittadino moldavo in stato di alterazione psichica. Questo episodio ha acceso i riflettori sulla necessità di un intervento più incisivo per contrastare l'uso e lo spaccio di sostanze stupefacenti, che costituiscono una delle principali fonti di disagio nella città.
  Il questore Bonaccorso ha illustrato le strategie messe in atto dalle forze di polizia per contrastare questi fenomeni, sottolineando l'importanza di un'azione coordinata tra Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia locale. Nel corso del 2024 sono stati effettuati 512 servizi di controllo straordinario, con l'identificazione di oltre 11.000 persone, di cui 2.905 con precedenti penali. L'azione delle forze dell'ordine si è concentrata sull'allontanamento dei soggetti pericolosi dal territorio, con un aumento degli accompagnamenti alla frontiera e dei provvedimenti di espulsione. Sono stati inoltre adottati numerosi provvedimenti amministrativi, tra cui il «DASPO urbano» e la chiusura di esercizi pubblici ritenuti centri di attività illecite. Per migliorare la sicurezza urbana, sono stati implementati nuovi strumenti operativi, tra cui la revisione del Piano coordinato di controllo del territorio e l'introduzione delle «zone rosse» in occasione di eventi particolarmente sensibili, come il Carnevale. L'impiego dei militari dell'Esercito nell'operazione «Strade Sicure» ha contribuito a rafforzare la presenza delle forze dell'ordine nei punti critici della città.
  Parallelamente, sono stati avviati progetti di supporto sociale, come l'iniziativa «Stop and Go», che prevede un servizio di assistenza mobile per le persone senza fissa dimora e per i tossicodipendenti. Il questore ha evidenziato l'importanza di coniugare repressione e prevenzione, adottando un approccio integrato che coinvolga non solo le forze di polizia, ma anche i servizi sociali e sanitari. Tuttavia, il contrasto alla criminalità risente di alcuni limiti normativi, in particolare la difficoltà di adottare misure restrittive efficaci nei confronti dei soggetti dediti ai reati predatori.
  Infine, l'attenzione si è spostata sul centro storico, dove il principale problema di sicurezza è rappresentato dal fenomeno dei borseggi. Grazie a un'intensa attività di contrasto, si è registrato un calo significativo delle denunce rispetto all'anno precedente. Sono state inoltre avviate campagne di sensibilizzazione rivolte ai turisti, con la distribuzione di materiali informativi multilingue e l'organizzazione di incontri con le forze dell'ordine.

Sindaco

  L'audizione del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha rappresentato un'occasione per approfondire le dinamiche della città lagunare e le strategie adottate dalla sua amministrazione per affrontare le problematiche più rilevanti. Il sindaco Brugnaro ha iniziato il suo intervento con una riflessione di carattere personale e politico, anche in relazione a uno procedimento giudiziario che lo ha coinvolto personalmente, sottolineando l'importanza del lavoro svolto dalle istituzioni sul territorio e la necessità di non perdere il contatto con la realtà Pag. 161concreta della vita cittadina. Il dottor Brugnaro ha rimarcato il fatto che il compito di un sindaco non è solo quello di amministrare nel rispetto delle leggi, ma anche di tradurre le politiche in azioni concrete, rendendo il governo locale un elemento chiave della democrazia. Ha ribadito il valore della presenza diretta dello Stato nelle città, sottolineando che la visita della Commissione e l'ascolto delle esperienze locali rappresentano un importante momento di confronto tra il Parlamento e le amministrazioni municipali.
  Il sindaco Brugnaro ha quindi affrontato il tema della sicurezza urbana, chiarendo fin da subito che Venezia è una città estremamente sicura rispetto ad altre realtà metropolitane italiane. Questo risultato, ha spiegato, è frutto di una collaborazione costante e strutturata tra l'amministrazione comunale, la prefettura, la questura e le altre forze dell'ordine. Ha sottolineato l'importanza del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che si riunisce periodicamente per monitorare la situazione e adottare misure tempestive. La sua amministrazione, ha spiegato, ha sempre scelto di non nascondere i problemi, ma di affrontarli con trasparenza, coinvolgendo i cittadini e promuovendo politiche efficaci di prevenzione e controllo. Il sindaco ha menzionato, come esempio concreto di questa filosofia di governo, l'introduzione di un fondo comunale per risarcire i commercianti vittime di atti vandalici, con l'obiettivo di incentivare la denuncia e combattere la rassegnazione che spesso accompagna episodi di criminalità diffusa.
  Un altro punto della sua esposizione ha riguardato la microcriminalità e il fenomeno dei piccoli reati, come borseggi, vandalismi e disturbo della quiete pubblica, che, pur non costituendo una minaccia grave per l'ordine pubblico, incidono negativamente sulla percezione di sicurezza da parte dei cittadini. Egli ha quindi espresso preoccupazione per il fatto che molte di queste infrazioni restano impunite a causa di normative inefficaci e della lentezza burocratica del sistema giudiziario. Per affrontare questa problematica, ha rilanciato la proposta di attribuire ai giudici di pace poteri penali limitati, consentendo loro di comminare pene detentive brevi, da uno a dieci giorni, per chi viene colto in flagrante in reati di minore entità. Secondo il sindaco Brugnaro, un intervento rapido ed efficace su questi episodi potrebbe ridurre sensibilmente il fenomeno e ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
  Il sindaco ha poi affrontato il tema dello spopolamento del centro storico di Venezia, descrivendolo non come una conseguenza di scelte individuali dei residenti, ma come un problema strutturale legato principalmente al calo delle nascite. Ha spiegato che il saldo demografico negativo della città è determinato non tanto dalla fuga dei veneziani, quanto dalla naturale diminuzione della popolazione dovuta ai decessi degli abitanti, non compensati da corrispondenti nascite o arrivi da fuori Venezia, un fenomeno che riguarda tutta l'Italia e che colpisce in modo particolare le città con costi abitativi elevati e servizi limitati. Ha quindi sottolineato che una strategia efficace per contrastare questo trend deve necessariamente passare dal potenziamento dell'attrattività della città per i giovani, attraverso investimenti nel settore universitario e politiche che incentivino la permanenza di studenti e ricercatori. Ha citato, a questo proposito, l'iniziativa «VeneziaPag. 162 Città Campus», un progetto che mira a rafforzare il ruolo della città come polo accademico internazionale, favorendo l'arrivo di professori stranieri e studenti europei, con l'obiettivo di rendere Venezia competitiva rispetto ad altre città universitarie globali. Il sindaco ha osservato che un ambiente universitario vivace non solo porta benefici economici immediati, ma contribuisce anche a creare una comunità dinamica e innovativa, capace di attrarre nuove risorse e investimenti.
  Accanto a questa riflessione, il sindaco Brugnaro ha evidenziato le difficoltà che le imprese locali incontrano nel reperire manodopera qualificata, un problema che riguarda non solo il settore turistico e commerciale, ma anche i trasporti pubblici e la sanità. Ha quindi sottolineato che esistono molti posti di lavoro disponibili, ma che molte posizioni restano scoperte a causa di normative troppo rigide che scoraggiano l'inserimento lavorativo, specialmente per gli immigrati già presenti sul territorio. Ha citato come esempio il limite di reddito annuo di 6.500 euro per chi risiede nei Centri di accoglienza straordinaria, una soglia che spinge molti stranieri a rifiutare impieghi regolari per non perdere il diritto all'ospitalità. Il sindaco ha quindi proposto di elevare questa soglia a 15.000 euro annui, in modo da incentivare l'accettazione di lavori regolari e favorire l'integrazione economica e sociale degli immigrati.
  Sul fronte dell'edilizia residenziale, il sindaco ha espresso forti critiche nei confronti del modello attuale delle case popolari, che spesso perpetua situazioni di assistenza permanente anziché favorire l'autonomia economica. Ha quindi suggerito di adottare un sistema più flessibile, in cui l'accesso agli alloggi pubblici sia garantito in base alla reale necessità, ma con un percorso che incentivi i beneficiari a migliorare la propria condizione lavorativa ed economica. Il dottor Brugnaro ha dunque proposto di considerare le case popolari come una sorta di «ospedale sociale», in cui chi si trova in difficoltà possa essere accolto immediatamente, senza lunghi tempi burocratici, ma con l'obbligo di impegnarsi attivamente nella ricerca di un'occupazione o in percorsi formativi. Egli ha denunciato, inoltre, il problema delle case sfitte in Italia, sottolineando che molti proprietari preferiscono non affittarle per timore di non poter riottenere la disponibilità del bene una volta scaduto il contratto. Secondo il sindaco, per risolvere questa situazione occorre garantire tempi certi per lo sfratto degli inquilini morosi o abusivi, ripristinando la fiducia nel mercato degli affitti e incentivando la messa a disposizione di alloggi a canoni accessibili.
  Il sindaco Brugnaro ha poi affrontato il tema delle infrastrutture e della mobilità urbana, sottolineando l'importanza di rendere più efficienti i trasporti pubblici, sia per i residenti che per i turisti. Ha quindi illustrato il funzionamento della Smart Control Room del comune di Venezia, un avanzato centro operativo che consente di monitorare in tempo reale il traffico, la sicurezza stradale e la gestione dei flussi di persone in città. Ha inoltre evidenziato come questa tecnologia rappresenti un modello di gestione urbana che potrebbe essere adottato anche in altre città italiane per migliorare l'efficienza amministrativa e la sicurezza pubblica.
  Il sindaco ha concluso il suo intervento con una riflessione sulla governance delle città metropolitane, sostenendo la necessità di un federalismo amministrativo che attribuisca maggiore autonomia agli Pag. 163enti locali nella gestione delle risorse e delle politiche urbane. Egli ha inoltre rammentato la lentezza burocratica e la difficoltà di attrarre investimenti, a causa di normative eccessivamente complesse, facendo l'esempio delle bonifiche di Porto Marghera, bloccate da iter amministrativi lunghissimi. Il sindaco ha ribadito che le città, più che lo Stato centrale, sono oggi i veri motori dello sviluppo economico e che un maggiore sostegno del Governo alle amministrazioni locali potrebbe generare benefici concreti per l'intero Paese.

Presidente di Ater Venezia

  L'audizione del dottor Fabio Nordio, presidente di ATER Venezia, ha fornito una panoramica sulla situazione dell'edilizia residenziale pubblica nella città metropolitana di Venezia. Nel suo intervento, il dottor Nordio ha tracciato un quadro delle sfide che ATER affronta nella gestione del patrimonio abitativo pubblico, toccando aspetti legati alla residenzialità, alla manutenzione degli immobili, alle occupazioni abusive e ai progetti di riqualificazione urbana.
  Il presidente Nostro ha innanzitutto illustrato il ruolo di ATER Venezia, che gestisce circa 10.700 alloggi di proprietà, distribuiti nei 44 comuni della provincia, a cui si aggiungono circa 1.000 unità di proprietà comunale, per un totale di circa 11.700 abitazioni. La concentrazione maggiore di alloggi si trova nella città metropolitana di Venezia, dove ATER possiede 7.500 unità, di cui 2.500 situate nel centro storico. Questa presenza così massiccia conferisce all'ente un'influenza rilevante sulla residenzialità della città, un aspetto che è stato al centro delle politiche di gestione degli ultimi anni. Il dottor Nordio ha sottolineato che una delle scelte strategiche del consiglio di amministrazione di ATER è stata quella di non inserire gli alloggi del centro storico nel piano di vendita approvato dalla Regione, con l'obiettivo di preservare la residenzialità e contrastare il fenomeno della gentrificazione, che sta progressivamente trasformando il tessuto sociale della città lagunare.
  Tuttavia, la conservazione del patrimonio abitativo pubblico si scontra con una realtà complessa, caratterizzata dalla necessità di reperire fondi per la riqualificazione degli alloggi sfitti. Attualmente, ci sono circa 500 alloggi vuoti nel centro storico, suddivisi tra 200 unità non ERP (Edilizia residenziale pubblica) e 300 unità ERP. La ristrutturazione di questi alloggi rappresenta una sfida economica enorme, poiché i costi di riqualificazione a Venezia sono sensibilmente più alti rispetto alla terraferma, oscillando tra i 120.000 e i 140.000 euro per unità abitativa. Per far fronte a questa situazione, ATER ha avviato una collaborazione con l'Università IUAV di Venezia per la progettazione della riqualificazione di questi immobili, cercando al tempo stesso fonti di finanziamento alternative.
  Il presidente Nordio ha poi menzionato alcuni interventi di riqualificazione già completati, come il recupero di un progetto avviato nel 1983 e rimasto incompiuto per oltre quarant'anni. Questo progetto, che riguarda 19 alloggi progettati dall'architetto portoghese Álvaro Siza, è stato finalmente portato a termine grazie a un accordo con il Consorzio Innova di Bologna, che ha investito risorse proprie per completare i lavori. Attualmente, si stanno finalizzando gli accatastamenti e i Pag. 164passaggi di proprietà delle aree con il comune di Venezia, che avrà il compito di realizzare una piazza per completare il progetto.
  Un altro tema affrontato dal presidente di ATER riguarda le occupazioni abusive, che pur non essendo un fenomeno dilagante rispetto ad altre città italiane, risultano particolarmente concentrate nel centro storico veneziano. Degli oltre 200 alloggi occupati abusivamente in tutta la provincia, più della metà si trova proprio nella città lagunare. Questa situazione è determinata dal maggiore appeal che il centro storico esercita per chi cerca un'abitazione, anche in modo irregolare. Le occupazioni, insieme alla difficoltà di manutenzione degli alloggi, contribuiscono al degrado di alcune aree urbane e rendono necessaria una strategia di intervento mirata.
  Il dottor Nordio ha poi spostato l'attenzione sulla periferia e, in particolare, sul quartiere Altobello a Mestre, un'area caratterizzata da una forte concentrazione di edilizia residenziale pubblica. Questo quartiere è stato oggetto di un importante intervento di riqualificazione nell'ambito del «Contratto di Quartiere 2», finanziato con un decreto ministeriale del 2001. Tra gli interventi realizzati spicca la costruzione di un complesso di 36 alloggi, completamente accessibili alle persone con disabilità, denominato «Campo dei Sassi». Questo complesso è stato progettato con l'obiettivo di garantire la totale accessibilità agli anziani e ai disabili e prevede una control room con la presenza di badanti h24, un servizio che si è rivelato fondamentale per la sicurezza e il benessere degli inquilini.
  Nel medesimo quartiere è stato completato un altro progetto di riqualificazione, riguardante una serie di edifici storicamente degradati noti come le «tettoie». Questi immobili erano stati originariamente destinati alla vendita, ma la difficoltà di trovare acquirenti a prezzi accessibili ha spinto ATER a riconvertirli in residenze per studenti universitari. L'accordo con l'ESU (Ente per il diritto allo studio universitario) ha permesso di destinare 38 nuovi posti letto a studenti, contribuendo non solo a dare nuova vita al quartiere, ma anche a contrastare il rischio di degrado e criminalità.
  Una delle questioni più spinose affrontate dal dottor Nordio riguarda il destino della cosiddetta «Nave 1», un edificio sito a Mestre, zona Altobello, composto da 102 alloggi, di cui solo 36 effettivamente abitati. Questo immobile, caratterizzato da gravi problemi strutturali, infiltrazioni e continue occupazioni abusive, è stato a lungo un punto critico per il quartiere. La presenza di attività illecite, come lo spaccio e il riciclaggio di auto rubate nei garage sottostanti, ha reso necessario un intervento radicale. ATER ha quindi avviato il trasferimento degli inquilini, offrendo un sostegno economico per i traslochi e assegnando alle persone più fragili una sistemazione alternativa nel complesso di Campo dei Sassi.
  Per la «Nave 1» si stanno valutando diverse opzioni: la ristrutturazione completa o la demolizione con ricostruzione di nuove palazzine più piccole e meglio integrate nel contesto urbano. Mentre alcuni architetti sostengono il valore storico dell'edificio, il dottor Nordio ha ribadito che l'immobile, risalente agli anni Ottanta, non è vincolato e non rientra tra i beni di valore storico. A suo avviso, la demolizione rappresenterebbe la soluzione migliore per garantire un mix sociale più equilibrato, evitando di creare grandi blocchi monofunzionali che Pag. 165rischiano di diventare ghetti. L'incarico affidato allo IUAV prevede sia la progettazione di una possibile ristrutturazione sia lo studio di un nuovo modello abitativo che includa, oltre agli alloggi ERP, anche soluzioni per studenti e dipendenti della pubblica amministrazione, categorie che spesso faticano a trovare casa a Venezia a causa dei costi elevati.
  Il presidente Nordio ha concluso il suo intervento affrontando il problema della carenza di fondi per la riqualificazione del patrimonio abitativo. Ha ricordato che, a livello nazionale, ci sono circa 80.000 alloggi di edilizia pubblica sfitti, per i quali servirebbero almeno 2,5 miliardi di euro per la ristrutturazione. Il dottor Nordio ha quindi segnalato l'esistenza di un fondo vincolato presso Cassa depositi e prestiti, contenente circa 890 milioni di euro provenienti dai fondi ex Gescal, che potrebbero essere utilizzati per un nuovo Piano casa. Tuttavia, ha lamentato la mancanza di accesso diretto a queste risorse da parte degli enti locali, evidenziando la necessità di un intervento del Governo per sbloccare i finanziamenti.

2.2.9 MILANO

  Il 10 e 11 marzo 2025 una delegazione della Commissione si è recata in missione a Milano, dove ha incontrato, svolgendo audizioni formali, il sindaco Giuseppe Sala, il prefetto Claudio Sgaraglia, il vicario del questore Michele Pontoriero, l'assessore regionale alla casa e housing sociale Paolo Franco, il presidente di ALER Milano Matteo Mognaschi e il presidente di MM Spa Simone Dragone.
  Successivamente, la delegazione ha svolto visite nei seguenti luoghi:

   Piazzale Selinunte (San Siro);

   Via Quarti;

   Via Gola;

   Rogoredo;

   Viale Omero (Corvetto);

   Piazzetta Archinto;

   Area circostante la Stazione centrale;

   via Oreste Salomone.

  La delegazione della Commissione si è recata, inoltre, a far visita all'Istituto di istruzione secondaria superiore Marelli-Dudovich (Via Livigno n. 11).

Sindaco

  L'intervento del sindaco di Milano Giuseppe Sala, accompagnato da alcuni assessori e dalla vicesindaca, ha rappresentato una relazione sulla condizione urbana della città, con un'attenzione particolare ai quartieri più fragili e alle dinamiche che attraversano il tessuto metropolitano milanese. Il sindaco ha aperto il suo intervento ricordando come, sin dal 2016, la sua amministrazione abbia adottato un Pag. 166approccio strategico al governo del territorio, basato sull'idea di una città policentrica, nella quale i diversi quartieri possano godere di pari dignità in termini di infrastrutture, servizi, spazi pubblici, trasporti e qualità della vita. Milano è stata divisa idealmente in 88 quartieri e, a partire da questa suddivisione, si è lavorato per definire e attuare politiche di valorizzazione locale, con l'obiettivo di superare la tradizionale frattura tra centro e periferia che affligge le grandi città italiane e non solo.
  Il sindaco Sala ha spiegato che questo disegno si è concretizzato, in particolare, attraverso un'intensa azione di rigenerazione urbana, resa necessaria da una lunga stagione di deindustrializzazione che ha lasciato sul territorio circa duecento ex siti produttivi dismessi. La strategia è stata quella di recuperare questi immobili abbandonati, in parte trasformandoli in residenze, e di farlo affiancando interventi sulle infrastrutture, sulla mobilità e sui servizi. In molti casi, come a Dergano, Bovisa e Quarto Oggiaro, questa strategia ha dato buoni risultati, migliorando la vivibilità e l'inclusione, mentre in altri quartieri il percorso è ancora da compiere. A testimonianza di come la mobilità incida profondamente sulla qualità della vita urbana, il sindaco ha citato l'esempio della nuova linea metropolitana M4, che collega Linate con l'ovest cittadino, e che ha già modificato sensibilmente la percezione e la funzionalità di alcuni quartieri. L'idea è che portare la metropolitana «sotto casa» modifichi radicalmente l'esperienza quotidiana degli abitanti, riducendo la distanza tra le zone centrali e quelle più periferiche.
  Il sindaco Sala ha poi fornito un quadro aggiornato della situazione demografica. Milano conta oggi circa un milione e 407 mila residenti, con una percentuale stabile o in lieve crescita. Un dato rilevante riguarda la componente straniera, che rappresenta oltre il 21 per cento della popolazione, con cittadini provenienti da ben 170 nazionalità diverse. Le comunità più numerose provengono da Egitto, Cina, Filippine e Perù. Questo dato, tuttavia, non è omogeneamente distribuito: quartieri come Comasina e San Siro presentano percentuali molto più elevate di stranieri, a causa della forte concentrazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Il sindaco Sala ha chiarito che questo non è un elemento da stigmatizzare, ma una realtà da comprendere in tutte le sue implicazioni: la distribuzione degli stranieri riflette, infatti, anche le dinamiche dell'accesso alla casa, e in particolare all'edilizia popolare, che è assegnata secondo criteri ISEE e condizioni di fragilità, tra cui la disabilità. Ciò comporta un impatto anche sul sistema scolastico, dove le famiglie composte da italiani, se possibile, cercano di evitare classi con alte percentuali di bambini non italofoni, alimentando un processo di segmentazione sociale che mina la coesione.
  L'ERP, ha rilevato il sindaco, rappresenta un elemento strutturale della città: Milano conta circa 66 mila alloggi pubblici tra proprietà comunali e regionali, pari all'8 per cento del totale, una cifra molto superiore alla media nazionale. Questo patrimonio, costruito in gran parte tra gli anni Trenta e il secondo dopoguerra, necessita oggi di una manutenzione straordinaria profonda, a causa della vetustà, dell'inefficienza energetica e della presenza di impianti obsoleti. Le risorse richieste sono ingenti, mentre i canoni di affitto, spesso tra i 150 e i 300 euro al mese, e l'elevata morosità, rendono il sistema finanziariamente Pag. 167insostenibile. Il Comune, ha ricordato Sala, spende ogni anno circa 86 milioni di euro per la gestione dell'edilizia residenziale pubblica, a fronte di entrate molto inferiori. Tuttavia, questa realtà, per quanto difficile, rappresenta un pezzo fondamentale del sistema di welfare cittadino e risponde a un bisogno abitativo profondo e crescente.
  Nel corso della relazione, il sindaco ha affrontato anche il tema della sicurezza, da sempre in cima alle preoccupazioni dei milanesi. Pur riconoscendo che i dati della questura indicano una riduzione complessiva dei reati, il sindaco Sala ha ammesso che esistono fenomeni, come i furti con strappo o lo spaccio, che continuano a generare forte insicurezza, soprattutto nei quartieri periferici. Le occupazioni abusive degli alloggi ERP sono state contrastate con decisione: nel solo patrimonio comunale, si è passati da 1.740 casi nel 2014 a 500 nel 2024, con una riduzione del 70 per cento. Questo risultato, ha detto il sindaco, è stato ottenuto sia con le forze dell'ordine, sia cercando soluzioni sociali per i casi più delicati, ad esempio quelli con minori. Il sindaco Sala ha riferito che Milano, oggi, riesce a bloccare circa il 90 per cento dei tentativi di nuove occupazioni, ma resta aperto il tema della recidiva, su cui è necessario un impegno più strutturato da parte dello Stato. Per affrontare queste sfide, l'amministrazione ha investito molto nella polizia locale, portando il numero degli agenti da 2.800 a 3.100, con l'obiettivo di arrivare a 3.350 entro fine mandato. Sono state potenziate le pattuglie serali e notturne, rilanciato il progetto del «vigile di prossimità» e ampliata la rete di videosorveglianza, che oggi conta oltre 2.100 telecamere. Il sindaco ha lamentato, tuttavia, che la città non può accedere a nuovi fondi statali per la videosorveglianza, perché ha già ricevuto un finanziamento nel 2021, e ha chiesto una revisione delle regole di accesso.
  Il sindaco Sala ha poi affrontato un nodo delicato, quello della proposta di legge nota come «Salva Milano», nata – nell'intento dei proponenti – per sbloccare una serie di operazioni urbanistiche da realizzare a Milano, ferme in seguito a procedimenti giudiziari e divergenti interpretazioni normative in materia. Il sindaco ha riferito di aver sostenuto a lungo questa proposta, ma dopo dodici mesi di attesa e numerosi ostacoli nel percorso parlamentare, ha deciso di sospendere il proprio sostegno, pur senza opporsi a che il Parlamento prosegua l'iter. Il sindaco ha voluto chiarire che le scelte urbanistiche contestate sono state fatte in modo consapevole, e che in diversi casi il Comune ha anche vinto in giudizio. Ha quindi ribadito che il modello adottato puntava a incentivare la rigenerazione degli opifici dismessi, anche permettendo aumenti di volumetria, per evitare che quegli edifici rimanessero vuoti e degradati. Oggi, ha detto, l'attenzione si sposta sul nuovo Piano di governo del territorio, che sarà al centro della prossima stagione amministrativa. Il sindaco Sala ha inoltre sottolineato come Milano sia oggi oggetto di una fortissima pressione immobiliare, con il 50 per cento degli investimenti italiani nel settore concentrati sul suo territorio, e che questo ha contribuito ad alimentare le diseguaglianze sociali. In questo quadro, si inserisce il nuovo piano per la costruzione di 10.000 alloggi in affitto calmierato, che ha l'ambizione di dare risposte alle giovani famiglie e ai lavoratori con redditi medi, esclusi sia dall'ERP che dal mercato libero.

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Assessori comunali e vicesindaca

  A integrare il discorso del sindaco sono intervenuti alcuni membri della giunta comunale. L'assessore alla sicurezza Marco Granelli ha descritto il funzionamento dei protocolli di sicurezza integrata nei quartieri più critici, come San Siro e Corvetto. L'assessore ha illustrato come, grazie alla collaborazione con questura, prefettura e altri attori istituzionali, sia stato possibile coordinare le forze di polizia, la polizia locale, i servizi sociali e le attività del terzo settore in un'azione sinergica, che mira non solo al contrasto dei reati, ma anche alla rigenerazione sociale del territorio. Granelli ha parlato anche della regolazione degli orari delle attività commerciali, dei controlli sulla vendita di alcolici e del potenziamento delle pattuglie notturne, che oggi sono quasi triplicate rispetto al passato. Ha proposto, inoltre, modifiche normative per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato nella polizia locale e per permettere ai capoluoghi di accedere più liberamente ai fondi per la videosorveglianza.
  L'assessore al welfare, Lamberto Bertolé, ha posto l'accento su un'altra questione: quella dei minori stranieri non accompagnati. Ha spiegato che Milano accoglie stabilmente oltre 1.200 di questi ragazzi, a fronte di un sistema nazionale che dispone di appena 6.000 posti del sistema accoglienza e integrazione (SAI) per un totale di 22.000 minori. L'assenza di una regia nazionale e di una distribuzione equa rende molto difficile offrire un'accoglienza di qualità, e aumenta il rischio che questi giovani, spesso tra i 16 e i 17 anni, vengano attratti da percorsi devianti. L'assessore Bertolé ha anche espresso preoccupazione per il futuro dei servizi sociali del Comune, messi in difficoltà dall'adeguamento del contratto collettivo delle cooperative, che comporterà un aumento dei costi di circa 30 milioni annui. Senza un intervento del governo, ha spiegato, il rischio è che il Comune debba limitarsi a garantire solo i servizi essenziali, rinunciando a molti progetti di prevenzione territoriale.
  Infine, la vicesindaca Anna Scavuzzo ha parlato della necessità di rafforzare il ruolo degli enti locali, anche dal punto di vista normativo. La vicesindaca ha rilevato che i sindaci possono emettere ordinanze solo urgenti e temporanee, che spesso vengono impugnate, e ha chiesto una maggiore autonomia per regolare fenomeni locali come la «malamovida». Ha proposto una revisione dei codici ATECO per distinguere tra attività commerciali virtuose e quelle problematiche, e ha chiesto al Parlamento di evitare nuovi tagli agli enti locali, che spesso suppliscono alle carenze dello Stato, soprattutto nell'educazione. Ha concluso citando l'esempio del centro «Labzerosei» nel quartiere di via Padova a Milano, un progetto di rigenerazione urbana basato su un modello integrato che ha attirato l'interesse della Commissione europea.

Prefetto

  Il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia ha fornito un quadro della situazione della sicurezza nel capoluogo lombardo e nella sua area metropolitana, soffermandosi con particolare attenzione sulle dinamiche che attraversano le periferie urbane e sulle risposte messe in campo Pag. 169dalle istituzioni. Il suo intervento, arricchito anche dalle parole del vicario del questore Michele Pontoriero e da altri rappresentanti delle forze dell'ordine, ha illustrato una città complessa, nella quale la diminuzione complessiva dei reati coesiste con un sentimento diffuso di insicurezza e con fenomeni di degrado radicati, soprattutto nei quartieri più fragili.
  Il prefetto Sgaraglia ha innanzitutto osservato che, nel confronto tra il 2023 e il 2024, si registra una lieve diminuzione complessiva dei reati, pari al 4,6 per cento, mentre alcune tipologie sono in aumento, come i furti con strappo e le rapine, sebbene siano in calo quelle commesse in pubblica via. Egli ha sottolineato come l'aumento delle denunce e degli arresti (+12 per cento in entrambi i casi) rifletta un'intensificazione dell'attività investigativa da parte delle forze di polizia, piuttosto che un incremento della criminalità effettiva. Ha inoltre evidenziato che una percentuale significativa delle persone arrestate è composta da stranieri, con un'incidenza stimata tra il 65 per cento e il 70 per cento, dato che si inserisce in un contesto in cui, circa il 20 per cento della popolazione residente nella provincia di Milano, è di nazionalità straniera, con un trend in crescita.
  Il prefetto ha riconosciuto che, al di là dei dati ufficiali, la percezione dell'insicurezza tra i cittadini resta molto alta, alimentata in particolare dalla cosiddetta microcriminalità diffusa e dalla crescente presenza di minori coinvolti in reati, spesso violenti, e talvolta al di sotto dell'età di imputabilità. A questo proposito, ha illustrato un protocollo attivo con il carcere minorile Beccaria e alcune fondazioni e associazioni del territorio, finalizzato a offrire ai giovani detenuti percorsi di formazione professionale per favorire il reinserimento sociale e prevenire la recidiva. Il prefetto ha sottolineato l'urgenza di affrontare il fenomeno delle baby gang, spesso costituite da adolescenti molto giovani, che commettono reati talvolta per emulazione o per semplice divertimento, ma anche – come confermato dal comandante provinciale dei carabinieri – al servizio di organizzazioni criminali dedite allo spaccio nei parchi e nelle periferie.
  Un altro tema toccato dal prefetto Sgaraglia è stato quello della pressione sociale e dei conflitti etnici che si registrano nei quartieri con maggiore presenza di stranieri. Ha quindi citato i casi di San Siro e Pioltello, dove convivono decine e decine di etnie diverse (oltre 85 a San Siro e più di 100 a Pioltello), e ha parlato delle difficoltà legate alla convivenza e alle tensioni tra gruppi etnici, che si sommano alle diseguaglianze economiche e alla dispersione scolastica. A suo giudizio, la vicinanza geografica tra centro e periferia, tipica di Milano, accentua il senso di frustrazione tra i giovani delle aree marginali, che vivono quotidianamente il contrasto tra la povertà del loro contesto e la ricchezza della città «vetrina».
  Il prefetto ha quindi illustrato le diverse azioni promosse per rispondere a queste criticità. Tra le più rilevanti, ha parlato dell'istituzione di presidi mobili h24 delle forze di polizia in via Padova, una delle zone più problematiche, con alta concentrazione di cittadini stranieri, presenza di negozi etnici e attività di spaccio. Se questa sperimentazione darà risultati positivi, potrà essere estesa ad altre aree urbane. Un ruolo centrale è svolto anche dalle cosiddette «operazioni ad alto impatto», che prevedono l'impiego coordinato e massiccio di Pag. 170forze interforze per il controllo del territorio: nel solo 2024 ne sono state realizzate 71 nelle periferie, con centinaia di veicoli controllati, arresti, espulsioni e sanzioni.
  Particolare attenzione è stata data ai quartieri di Corvetto e San Siro, protagonisti di episodi di cronaca nera e oggetto di piani integrati di intervento. A Corvetto, ad esempio, si è deciso di destinare un intero edificio con 70 appartamenti alle forze dell'ordine, per rafforzare la presenza dello Stato nel territorio. In collaborazione con l'Università Cattolica e la Comunità di Sant'Egidio, sono state attivate anche borse di studio per ragazzi meritevoli di seconda generazione e corsi di lingua per genitori stranieri. Analogamente, a San Siro si sta lavorando su più fronti, con doposcuola, supporto psicologico per le madri, interventi contro la dispersione scolastica, sgomberi e riqualificazioni edilizie.
  Il prefetto Sgaraglia ha citato anche altri quartieri critici, come via Zamagna, Lorenteggio, via Quarti, Rogoredo e Pioltello, oggetto di interventi specifici. In alcuni casi si tratta di sgomberi e riqualificazioni, in altri di ordinanze speciali: Rogoredo e Corvetto, ad esempio, sono state inserite tra le cosiddette «zone rosse», un meccanismo che consente l'allontanamento di soggetti pericolosi o recidivi e che ha portato, solo nel 2024, a oltre 300 denunce. La prefettura ha chiesto e ottenuto una proroga delle zone rosse e sta valutando di estenderle ad altre aree.
  Molti sforzi sono stati dedicati anche alla sicurezza nelle stazioni ferroviarie, grazie al patto «Stazioni sicure», attivo solo a Milano e ritenuto molto efficace. Il prefetto ha ricordato che, alla stazione di Rogoredo, si valuta la possibilità di chiudere il sottopasso durante la notte per contrastare il degrado, mentre alla stazione Cadorna è stato disposto un presidio della Polizia visibile fino all'una di notte. Altri interventi riguardano i centri commerciali e la presenza della criminalità nelle aree limitrofe. A Merlata Bloom, ad esempio, è stato chiesto un potenziamento della vigilanza privata e l'installazione di telecamere dopo l'accoltellamento di un giovane. Un'azione simile è in corso anche al centro commerciale Bonola.
  Il prefetto ha parlato poi dei rimpatri, che nel 2024 sono aumentati del 76 per cento, e degli sforzi per contrastare l'immigrazione irregolare. Ha spiegato che, anche attraverso il FAMI, il Fondo asilo migrazione e integrazione, si stanno finanziando progetti di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, che rappresentano il 10 per cento del totale nazionale. Questo comporta un carico molto elevato sui servizi scolastici e assistenziali della città.
  Un tema discusso nel corso dell'incontro è stato quello della collaborazione tra le forze dell'ordine e la polizia locale di Milano. Il prefetto Sgaraglia ha sottolineato l'importanza del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che si riunisce almeno una volta a settimana e consente di pianificare interventi congiunti, come quelli contro i mercati abusivi o in aree occupate. Egli ha ricordato la proposta di legge delega per la riforma della polizia locale, che prevede per quest'ultima anche l'accesso diretto alla banca dati SDI (Sistema di indagine), utile – secondo la polizia locale – per rendere più efficace e tempestiva la sua attività. Si è rilevato, tuttavia, che il numero delle pattuglie notturne della polizia locale è limitato e che spesso sono i Pag. 171Carabinieri o la Polizia di Stato a dover coprire, in orario notturno, anche questi servizi, a scapito del presidio del territorio.
  Un altro passaggio ha riguardato la presenza dei militari del progetto «Strade sicure». Attualmente, ne sono impiegati circa 730, soprattutto nelle stazioni e nei luoghi sensibili, ma il prefetto ha detto che, se ci fosse disponibilità di personale, sarebbe favorevole a un loro impiego più diffuso anche in altri quartieri. Ha precisato che l'uso dei militari come deterrente visivo è utile, ma che per agire è comunque necessaria la presenza delle forze di polizia. Ha ricordato che via Padova è il luogo scelto per una sperimentazione con presidio fisso, attivo da pochi giorni.

Vicario del questore

  Nel suo intervento, il vicario del questore di Milano, Michele Pontoriero, ha offerto un'integrazione tecnica e operativa alla relazione presentata dal prefetto Claudio Sgaraglia, concentrandosi in particolare sulle attività svolte dalla Questura e dalle forze di polizia sul territorio milanese, con attenzione ai meccanismi di controllo, prevenzione, repressione e coordinamento, soprattutto nelle zone periferiche più esposte a fenomeni di criminalità e degrado. La sua esposizione ha delineato un sistema articolato, che si regge su una rete integrata di presìdi, reparti mobili, commissariati e collaborazioni interforze, concepito per rispondere con efficacia alle sfide di una metropoli complessa come Milano.
  Il dottor Pontoriero ha innanzitutto spiegato come il presidio del territorio venga garantito quotidianamente attraverso un piano di controllo coordinato che coinvolge gli equipaggi dell'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura, i sedici commissariati sezionali distribuiti nei diversi quartieri del Comune di Milano e i quattro commissariati distaccati che operano nei comuni della cintura metropolitana. Questo modello organizzativo consente di coprire un territorio molto vasto, ma anche densamente popolato, attraverso una presenza capillare, che viene rafforzata nei fine settimana e durante gli eventi pubblici più rilevanti. Milano, ha ricordato il vicario del questore Pontoriero, ospita numerose manifestazioni, concerti, eventi sportivi e culturali che comportano criticità per l'ordine pubblico e richiedono un impegno straordinario in termini di personale e logistica. A ciò si aggiunge la particolare conformazione sociale della città, che ospita nove università e una popolazione studentesca molto numerosa e dinamica, il che alimenta la cosiddetta «movida» in zone come i Navigli e il centro storico, dove si registra un'elevata incidenza di reati legati allo spaccio e ai furti.
  Il vicario del questore ha evidenziato che i reati predatori e quelli legati allo spaccio di sostanze stupefacenti sono in gran parte attribuibili a cittadini stranieri, con una prevalenza significativa di soggetti nordafricani, in particolare egiziani, la cui comunità a Milano è numerosa e stimata in circa 80.000 persone. Per fronteggiare queste situazioni, la Questura ha avviato servizi mirati, che si svolgono in collaborazione tra i vari reparti e commissariati, e che prevedono anche l'impiego di unità specializzate come i «falchi» della squadra mobile, destinati in particolare al contrasto dei reati violenti e dello Pag. 172spaccio. A partire dal giorno stesso dell'audizione, ha ricordato, è attivo un presidio sperimentale in via Padova, una delle aree cittadine più problematiche. Tale presidio consiste nella presenza fissa di un camper della Polizia di Stato, al cui interno operano un ufficiale di polizia giudiziaria e altri agenti, pronti a raccogliere denunce e a garantire una presenza costante e visibile nel quartiere. Il presidio è affiancato da volanti dell'Ufficio prevenzione generale e del commissariato Villa San Giovanni, nonché da pattuglie dei «falchi» nelle ore serali e notturne. L'obiettivo dichiarato è quello di aumentare la fiducia dei cittadini nella presenza dello Stato, intervenendo non solo nei momenti di emergenza, ma anche in un'ottica di prevenzione e vicinanza quotidiana.
  Il dottor Pontoriero ha poi affrontato il tema delle occupazioni abusive, illustrando le attività coordinate dalla Prefettura per contrastare il fenomeno, in sinergia con ALER, MM Spa e polizia locale. Ha quindi descritto la situazione di via Quarti, dove sono presenti sette edifici di proprietà ALER per un totale di circa 400 unità abitative, di cui 159 ancora occupate abusivamente. Gli sgomberi vengono portati avanti con cadenza regolare e sono accompagnati da verifiche sugli allacci abusivi alla rete elettrica e ad altri servizi essenziali. Questo approccio, ha spiegato il vicario del questore, si basa su un lavoro di monitoraggio continuo, che mira a ripristinare la legalità senza trascurare la tutela delle persone fragili.
  Ampio spazio è stato riservato alla descrizione delle attività di contrasto allo spaccio, un fenomeno presente in diverse zone della città e che si manifesta in modo particolare nei pressi delle stazioni e nei parchi urbani. Il dottor Pontoriero ha ricordato le operazioni condotte nella zona di Rogoredo, un'area nota in passato come «parco dello spaccio», dove negli ultimi mesi sono stati effettuati numerosi arresti, grazie in particolare all'intervento della squadra mobile. In aggiunta all'azione repressiva, si è proceduto anche con interventi fisici su quel territorio, come l'abbattimento di cespugli e vegetazione che offrivano nascondigli e vie di fuga agli spacciatori. Egli ha segnalato che, oltre alle sostanze più classiche come hashish, marijuana e cocaina, si registra un ritorno dell'eroina e una crescente diffusione di droghe sintetiche, spesso consumate durante il fine settimana dai più giovani.
  Un altro caso emblematico citato è quello di via Gola, un quartiere semicentrale in cui la squadra mobile ha recentemente eseguito tredici misure cautelari contro un gruppo di cittadini nordafricani dediti allo spaccio, che utilizzavano anche aree esterne agli appartamenti per nascondere la droga. Questo, secondo il questore vicario Pontoriero, dimostra la capacità delle forze di polizia di intervenire anche nei contesti più complessi e radicati, ma sottolinea al tempo stesso quanto sia importante il lavoro d'intelligence e l'analisi del territorio per colpire i fenomeni criminali alla radice.
  Nel passaggio dedicato ai luoghi di culto islamici, il vicario del questore ha ricordato che nella sola città di Milano sono presenti venticinque centri di culto islamico, a cui se ne aggiungono altri quattro nella provincia. La maggior parte di essi è sunnita, con una presenza sciita residuale. Ha assicurato che tutti i luoghi sono sottoposti a costante monitoraggio da parte dei commissariati e in particolare della DIGOS, che verifica regolarmente i frequentatori, i predicatori e i contenuti dei sermoni, anche in collegamento con le strutture di Pag. 173sicurezza a livello nazionale. Ha specificato che durante il Ramadan si intensificano le attività di sorveglianza, in quanto si registra la presenza di predicatori itineranti collegati a movimenti come i Tabligh Eddawa. Il dottor Pontoriero ha riferito che non risultano elementi concreti di rischio eversivo, ma ha riconosciuto che in alcuni centri potrebbero esserci carenze logistiche e normative, ad esempio in materia di sicurezza, metrature, uscite di emergenza e servizi igienici. Ha assicurato che, laddove necessario, verranno avviati controlli in sinergia con le altre autorità competenti.
  Sul fronte della prevenzione, ha illustrato l'azione svolta nei confronti di soggetti ritenuti pericolosi per l'ordine pubblico, anche in assenza di condanne penali. Ha citato, a titolo di esempio, il caso del presidente dell'Associazione Palestinesi d'Italia, a cui è stato notificato un provvedimento di allontanamento da Milano per aver pronunciato discorsi ritenuti contrari alla legge durante una manifestazione pubblica. Questo, ha spiegato, dimostra come l'attività preventiva non si limiti al monitoraggio passivo, ma comporti anche azioni amministrative e misure cautelari nei confronti di chi manifesta comportamenti potenzialmente pericolosi.
  Infine, il dottor Pontoriero ha parlato della collaborazione con i centri commerciali e delle azioni avviate per migliorare la sicurezza in luoghi ad alta frequentazione. Ha ricordato l'intervento al centro Merlata Bloom, teatro di un recente accoltellamento, dove, grazie alla collaborazione con la prefettura, è stato ottenuto un potenziamento della vigilanza privata, l'installazione di nuove telecamere e una maggiore presenza delle pattuglie di polizia. Il vicario del questore ha quindi fatto cenno anche all'utilizzo di auto elettriche per i commissariati, in modo da mantenere una presenza visibile sul territorio senza interruzioni, sfruttando le colonnine di ricarica dei centri commerciali.

Assessore regionale alla casa e housing sociale

  L'assessore regionale alla casa e housing sociale della Lombardia, Paolo Franco, ha offerto un intervento con riferimenti operativi, normativi e politici, delineando un quadro complesso dell'edilizia residenziale pubblica nella regione e, in particolare, nell'area metropolitana di Milano, che per dimensioni e criticità rappresenta la situazione più impegnativa d'Italia.
  L'assessore Franco ha esordito chiarendo che la Regione Lombardia ha assunto la questione dell'abitare non come un ambito tecnico-amministrativo, ma come una missione politica e sociale prioritaria. A supporto di questa affermazione ha riportato dati significativi: in soli ventiquattro mesi, l'amministrazione regionale ha destinato complessivamente un miliardo e 570 milioni di euro a interventi distribuiti su cinque grandi assi d'azione, che comprendono la rigenerazione urbana, la manutenzione e valorizzazione del patrimonio esistente, le politiche di welfare abitativo, la promozione dell'housing sociale e il contrasto alla morosità incolpevole. Quest'ultima, in particolare, viene affrontata non solo nel comparto pubblico, ma anche in quello privato, con un'attenzione marcata per le famiglie con ISEE inferiori ai 25.000 euro, che costituiscono la fascia più fragile e, allo stesso tempo, più numerosa tra coloro che vivono il disagio abitativo.Pag. 174
  Il centro dell'intervento dell'assessore è stato dedicato alla trasformazione che ha investito, negli anni, il ruolo degli ALER, le aziende lombarde per l'edilizia residenziale pubblica, che si sono trasformate da enti nati per offrire alloggi dignitosi ai lavoratori negli anni del boom economico a soggetti oggi costretti a gestire un patrimonio sempre più vetusto, spesso degradato, e ad affrontare emergenze sociali sempre più complesse. Questo mutamento di funzione – da operatore edilizio a gestore di welfare abitativo – è avvenuto, secondo l'assessore, senza un aggiornamento contestuale della cornice normativa e senza una riforma organica dell'impianto istituzionale. Il risultato è un sistema che, oggi, si trova a fare i conti con una domanda crescente e multiforme, ma con strumenti talvolta inadeguati, e con una situazione sul campo che in alcune aree rasenta l'ingovernabilità.
  Il caso di Milano, in tal senso, è stato descritto con toni molto espliciti. L'area metropolitana milanese conta oltre 70.000 alloggi gestiti da ALER, cui si aggiungono quelli di proprietà comunale affidati a MM Spa, per un totale di circa 100.000 alloggi pubblici, cifra assolutamente eccezionale nel panorama italiano. In alcuni quartieri, ha spiegato Franco, si sono create vere e proprie concentrazioni etniche, con la compresenza anche di decine di etnie differenti, spesso in condizioni di convivenza forzata, in assenza di mediazione culturale e con profondi squilibri sociali ed economici. A ciò si somma il fenomeno dell'occupazione abusiva, che in alcune situazioni ha raggiunto livelli tali da impedire persino alle forze dell'ordine di accedere liberamente agli edifici. La descrizione che l'assessore ha fatto di questi contesti è quella di spazi urbani dove la legalità è messa quotidianamente alla prova, dove si è persa la distinzione tra chi ha diritto e chi non ce l'ha, e dove i segnali dello Stato – quando ci sono – rischiano di apparire deboli, contraddittori o tardivi.
  Una delle risposte messe in campo dalla Regione è stata l'introduzione del principio di mix abitativo. A partire da una modifica normativa, si è cercato di favorire l'accesso all'edilizia residenziale pubblica non solo a chi si trova in stato di povertà assoluta, ma anche a categorie «strategiche» per la vita urbana, come appartenenti alle forze dell'ordine e famiglie con redditi medio-bassi. L'obiettivo, ha spiegato l'assessore, è rompere il meccanismo della ghettizzazione e favorire una maggiore eterogeneità sociale, presupposto indispensabile per garantire la coesione nei quartieri popolari. Tuttavia, questo principio, per funzionare, ha bisogno di un presidio quotidiano dell'ordine pubblico, di strumenti normativi adeguati, di personale formato e soprattutto di un messaggio chiaro: chi rispetta le regole deve sentirsi tutelato, chi le viola non può essere premiato.
  Sul piano operativo, l'assessore Franco si è soffermato sul fenomeno delle occupazioni abusive. Se un tempo si contavano oltre 3.600 occupazioni, oggi, gli alloggi occupati abusivamente sono circa 2.600-2.700, ma ogni anno si registrano diverse centinaia di tentativi di occupazione, sventati nelle 48 ore, nella sola Milano. Il problema non è soltanto quantitativo, bensì culturale e sistemico. L'assessore ha denunciato la presenza di una contraddizione, per cui molti occupanti abusivi, entrati prima del 2007, risultano ancora oggi residenti, con conseguente accesso ai servizi e con diritti che consolidano la loro posizione, rendendo difficile intervenire per ristabilire la legalità. Pag. 175Inoltre, ha ricordato la prassi, adottata in passato da alcune amministrazioni, di restituire l'alloggio agli abusivi dopo lo sgombero.
  A proposito degli sgomberi, ha poi riferito che la questione si scontra con una logica diffusa secondo cui si procede a sgomberare solo quando si è già individuato un alloggio alternativo per l'occupante. L'assessore ha ammesso di comprendere la difficoltà di chi si trova a dover effettuare uno sgombero, ma ha ribadito che, se si attende sempre di avere un alloggio alternativo, non si sgombererà mai nessuno. Sempre in relazione agli sgomberi, l'assessore ha riferito che esiste un protocollo firmato con la Prefettura che coinvolge tutte le forze dell'ordine, e ha osservato che, di regola, la Polizia locale è più attiva sugli immobili comunali, mentre per ALER dovrebbero intervenire la Polizia di Stato e i Carabinieri. Tuttavia, ha ammesso che la presenza di una procedura formalizzata con protocolli per effettuare gli sgomberi è di per sé un'anomalia, ricordando inoltre la normativa che obbliga, in caso di sgombero, a conservare per due mesi tutti i beni presenti nell'alloggio, anche quando non appartengono all'occupante. Questa prassi, ha detto, fa lievitare il costo di uno sgombero fino a 30.000 euro, una cifra che rende insostenibile un piano sistematico di recupero degli immobili.
  L'assessore ha quindi riferito che le utenze delle abitazioni occupate sono allacciate, di solito, in modo abusivo.
  Nel descrivere il lavoro sul campo, l'assessore regionale ha fatto riferimento a operazioni mirate condotte in alcuni quartieri particolarmente complessi, come via Zamagna, dove dopo una bonifica si è scelto di mantenere una vigilanza armata h24, e il Corvetto, dove è stata attivata una sorveglianza notturna per prevenire nuove occupazioni. Egli ha rilevato che in questi contesti il supporto delle forze dell'ordine è essenziale, così come la collaborazione con le aziende erogatrici di servizi per interrompere allacciamenti abusivi a luce, gas e acqua. Ha inoltre ricordato che la Regione Lombardia ha stanziato 3 milioni di euro per la vigilanza privata nei complessi residenziali, pur non essendo una competenza regionale diretta. Ma l'urgenza della situazione, ha detto, impone di agire anche oltre i limiti formali delle attribuzioni istituzionali.
  L'assessore Franco ha poi affrontato il tema della rigenerazione urbana, rilevando che riqualificare costa molto più che costruire ex novo, ma è l'unica strada sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Progetti come quello di Lorenteggio, con 537 milioni di euro stanziati, sebbene complessi e lenti, dimostrano che la collaborazione tra Regione, Comune e operatori può produrre risultati, a patto che vi siano regole chiare, investimenti certi e una visione strategica condivisa. Altrettanto centrale è, secondo l'assessore, il tema della durata del diritto all'abitazione popolare. Ha quindi immaginato un limite temporale – ad esempio vent'anni, legato al ciclo di crescita di una famiglia – alla permanenza nell'alloggio, con deroghe in presenza di fragilità, per favorire un maggiore ricambio e per rendere il sistema più dinamico e meritocratico. L'assessore ha anche osservato che molte persone evitano di aumentare il proprio reddito, o di lavorare in regola, per paura di perdere l'alloggio pubblico per sopravvenuta mancanza di requisiti. Questo crea un disincentivo alla crescita, all'autonomia e all'emersione del lavoro nero.Pag. 176
  In relazione agli investimenti effettuati dalla regione Lombardia per la creazione di nuovo patrimonio abitativo, l'assessore Franco ha ricordato il bando per l'housing sociale, da 18 milioni di euro, finalizzato alla creazione di 550 alloggi per una fascia ISEE compresa tra 16.000 e 25.000 euro. Ha quindi spiegato che si tratta di una fascia non coperta dalla tradizionale edilizia residenziale pubblica, la quale, soprattutto per quanto riguarda ALER Milano, si rivolge oggi a una fascia ISEE tra 0 e 9.000 euro, cioè persone in condizioni di estrema indigenza. Questa caratteristica, ha sottolineato, impedisce all'ente non solo di autofinanziarsi in modo adeguato, ma perfino di garantire la sostenibilità economica minima per la gestione del patrimonio. L'housing sociale, dunque, non è un'alternativa all'ERP, ma un'integrazione necessaria, per ridare un minimo di equilibrio alla composizione sociale dei quartieri.
  Quanto alla vendita degli alloggi, l'assessore Franco ha riferito che oggi ALER Milano procede all'alienazione solo in casi molto specifici, come quelli in cui l'ente possiede una quota minoritaria (meno del 10 per cento) all'interno di stabili ormai diventati privati, magari perché oggetto di precedenti operazioni di vendita. In questi casi, ha spiegato, si procede con la cessione anche per evitare che l'ente pubblico debba continuare a sostenere costi di manutenzione e infrastruttura per una quota residuale. Sulla vendita diretta agli inquilini, l'assessore Franco ha dichiarato che, pur esistendo un diritto di prelazione, è necessario avviare una riflessione più ampia. Ha posto quindi il tema dell'equità: secondo lui, vendere un alloggio al 30-40 per cento del valore catastale a chi vi ha abitato rappresenta una forma di discriminazione nei confronti di tutti quegli italiani che, pur non avendo avuto accesso alla casa popolare, ne hanno comunque finanziato l'esistenza attraverso i tributi. La proposta dell'assessore, che ha dichiarato di voler formalizzare in sede parlamentare, è quella di rivedere le condizioni della vendita, per renderle più eque e più sostenibili dal punto di vista del patrimonio pubblico.
  L'assessore Franco, nel rilevare l'illegalità che si percepisce in determinate situazioni abitative, ha raccontato che, in certi quartieri, non si riesce a entrare negli edifici di edilizia residenziale pubblica senza scorta delle forze dell'ordine.

Presidente di ALER Milano

  Matteo Mognaschi, presidente di ALER Milano, ha esposto un quadro della situazione dell'edilizia residenziale pubblica milanese, evidenziando tanto le criticità quanto gli sforzi messi in campo per contrastarle.
  Il dottor Mognaschi ha innanzitutto sottolineato la portata dell'ente che presiede, ricordando che ALER Milano rappresenta la più grande realtà immobiliare pubblica d'Italia e la seconda in Europa. Il suo patrimonio è imponente: circa 68.000 unità immobiliari, di cui 43.000 localizzate nella sola città di Milano e le restanti distribuite nell'area metropolitana. Questa diffusione capillare fa sì che ALER sia, di fatto, uno dei principali attori nello sviluppo urbanistico delle periferie milanesi. Il presidente Mognaschi ha spiegato che molti dei quartieri periferici odierni sono nati proprio attorno ai grandi insediamenti di Pag. 177edilizia pubblica costruiti nel corso del Novecento, quando Milano si affermava come polo industriale e attrattivo.
  Nel tratteggiare il contesto in cui opera l'ente, il dottor Mognaschi ha evidenziato la complessità sociale e la fragilità che caratterizzano gran parte dell'utenza. ALER si trova a gestire un inquilinato segnato da una forte incidenza di persone anziane – il 29 per cento ha più di 65 anni, un dato significativamente più alto rispetto alla media generale, che si ferma al 22 per cento – e da una presenza rilevante di cittadini stranieri, oltre che da situazioni di disagio economico e sociale diffuse. Queste condizioni, pur non rientrando formalmente nelle competenze dell'ente, impongono comunque una presa in carico anche sul piano umano e sociale. Il presidente ha sottolineato che ALER, pur essendo un ente pubblico economico e non un soggetto deputato al welfare, non può sottrarsi a un ruolo attivo nella tutela e nella cura delle persone, oltre che degli edifici.
  Un tema affrontato è stato quello dell'abusivismo abitativo, che rappresenta una delle maggiori emergenze nella gestione del patrimonio. Al 31 dicembre 2024, si contavano circa 3.000 occupazioni abusive, di cui 2.600 a Milano città. Il dato, seppur preoccupante, è in calo rispetto all'anno precedente, con una diminuzione dell'8 per cento. Questo risultato è stato possibile grazie a un rafforzato coordinamento con la Prefettura e con le forze dell'ordine, anche se il presidente ha evidenziato come ALER non abbia la possibilità diretta di disporre gli sgomberi e debba quindi attendere l'intervento degli organi competenti. Tuttavia, ha messo in luce un altro dato incoraggiante: circa il 90 per cento delle nuove occupazioni viene sventato entro le 48 ore, grazie agli sgomberi in flagranza, che nel solo 2024 sono stati circa 700 a Milano.
  Un'altra parte del suo intervento ha riguardato le iniziative messe in campo da ALER per cercare di intervenire non solo sul degrado materiale degli edifici, ma anche su quello sociale. A tal proposito, il dottor Mognaschi ha illustrato il funzionamento degli «Spazi Casa», presìdi che operano sia come uffici amministrativi decentrati, sia come punti di ascolto e sostegno sociale. In questi spazi lavorano giovani community manager con competenze miste, amministrative e sociali, incaricati di intercettare il disagio, prevenire l'esclusione e fare da ponte tra l'ente e i servizi del territorio. Alcuni Spazi Casa ospitano anche medici di base e infermieri di comunità, rafforzando il presidio sanitario nelle zone più fragili. Questo modello è stato così apprezzato da essere stato recentemente esteso anche alla provincia.
  Il presidente Mognaschi ha inoltre valorizzato il ruolo dei custodi, oggi presenti in 160 stabili. La loro funzione è duplice: da un lato svolgono compiti di sorveglianza e manutenzione ordinaria, dall'altro rappresentano un riferimento quotidiano per gli inquilini e un elemento di deterrenza rispetto a occupazioni e vandalismi. Il presidente ha evidenziato come, in certi casi, la sola presenza del custode riesca a fare la differenza tra due edifici confinanti in termini di ordine, pulizia e sicurezza.
  Il dottor Mognaschi ha quindi parlato del piano anti-abusivismo, finanziato con 3 milioni di euro dalla Regione Lombardia, grazie al quale ALER ha potuto sperimentare soluzioni inedite come la vigilanza privata armata h24 in alcuni stabili particolarmente problematici. Ha quindi citato in particolare i quartieri di San Siro, Corvetto e Gratosoglio,Pag. 178 dove la presenza costante di personale di sorveglianza ha già dato risultati tangibili in termini di contenimento delle occupazioni e maggiore percezione di sicurezza da parte degli inquilini.
  Infine, il presidente di ALER Milano ha affrontato una questione più «ambientale», ma non meno significativa: il problema dell'abbandono dei rifiuti, in particolare ingombranti. In alcune zone, come San Siro, il fenomeno ha assunto dimensioni tali da richiedere protocolli specifici con AMSA (Azienda milanese servizi ambientali) per aumentare la frequenza dei passaggi. Tuttavia, anche con i passaggi straordinari, il problema persiste: molte volte i rifiuti sono abbandonati nuovamente poche ore dopo la raccolta. Il presidente ha spiegato che, spesso, non sono solo gli inquilini a causare l'accumulo di rifiuti, ma soggetti esterni che, approfittando della vicinanza degli stabili a grandi arterie stradali, scaricano abusivamente materiali di ogni genere, soprattutto di notte.

Presidente di MM Spa

  Simone Dragone, presidente di MM Spa, nel suo intervento ha offerto un quadro dell'attività dell'ente che dirige, evidenziando sia le caratteristiche strutturali della società sia le sfide sociali, urbanistiche e manutentive che affronta quotidianamente nel contesto milanese. Il suo intervento è stato relativo all'esperienza accumulata in oltre dieci anni di gestione diretta del patrimonio abitativo del Comune di Milano.
  L'ingegner Dragone ha esordito specificando la natura di MM Spa, differenziandola dall'ALER Milano. A differenza di quest'ultima, infatti, MM Spa non è proprietaria degli immobili che gestisce, ma opera in qualità di soggetto gestore per conto del Comune di Milano. Il patrimonio affidatole è costituito da 27.887 appartamenti all'interno della città e da 783 al di fuori dei confini comunali, in gran parte nella provincia di Milano. Questo patrimonio ospita una popolazione che supera i 40.000 abitanti, e presenta caratteristiche demografiche particolari, che influiscono direttamente sul modo in cui l'azienda struttura la propria attività gestionale e sociale.
  Uno degli aspetti su cui il presidente Dragone si è soffermato è stato la composizione del tessuto sociale all'interno degli alloggi gestiti. Oltre il 40 per cento delle famiglie è composto da nuclei mono-persona, e solo il 7,5 per cento è costituito da famiglie con più di quattro membri. A questo dato si aggiunge una forte incidenza di persone anziane: il 26 per cento dei nuclei mono-familiari è composto da over 65, e nelle famiglie composte da più persone, almeno una ha più di 65 anni nel 22 per cento dei casi. Si tratta, dunque, di un'utenza fragile, spesso sola, che richiede attenzione non solo dal punto di vista dell'amministrazione tecnica degli immobili, ma anche da quello dell'accompagnamento sociale. Per questo MM Spa affianca alla propria struttura di 275 dipendenti (di cui 127 sono custodi) anche una rete di custodi sociali e la collaborazione con comitati e autogestioni condominiali. In particolare, ha evidenziato come i 12 custodi sociali, che operano in sinergia con cooperative e altre realtà del territorio, siano destinati ad aumentare, proprio per la funzione importante che svolgono come antenne sociali nei quartieri più complessi. Accanto a loro operano 43 comitati ufficiali e 17 autogestioni, oltre a numerosi cittadini attivi che Pag. 179si rendono disponibili a collaborare con l'ente, svolgendo un ruolo di mediazione e ascolto.
  Nel ripercorrere l'attività ultra decennale di MM Spa, dal 2014 a oggi, il presidente Dragone ha illustrato il piano di manutenzione straordinaria portato avanti, sottolineando che, nel corso di questo periodo, sono stati investiti circa 280 milioni di euro in opere strutturali. Di questi, 150 milioni sono stati impiegati per il riatto di oltre 5.000 appartamenti, cioè la ristrutturazione completa di alloggi che, una volta riportati a standard abitativi adeguati, sono stati rimessi in assegnazione. I restanti 130 milioni hanno finanziato altri tipi di interventi, tra cui numerosi lavori resi possibili dal PNRR e dal Superbonus. Tuttavia, Dragone non ha nascosto che il fabbisogno manutentivo attuale è ancora molto elevato: per portare l'intero patrimonio a un livello di qualità soddisfacente, sarebbero necessari circa 450 milioni di euro, a cui andrebbero aggiunti altri 350 milioni se si volesse procedere anche a un'effettiva riqualificazione energetica degli edifici. L'ingegner Dragone ha fatto riferimento a un'intervista del presidente di Federcasa, Marco Buttieri, che stima un fabbisogno nazionale, per la manutenzione degli alloggi popolari, compreso tra i 15 e i 20 miliardi di euro, cifra che il presidente di MM Spa ritiene sottostimata. Se poi si considerano anche le necessità di nuove costruzioni – che potrebbero ammontare a 200.000 o 250.000 alloggi – il fabbisogno complessivo raddoppierebbe.
  L'ingegner Dragone ha quindi affrontato il tema dell'abusivismo, riferendo come, al momento del passaggio della gestione a MM Spa, nel dicembre 2014, gli alloggi occupati abusivamente fossero 1.740. Dopo cinque anni, il numero si era dimezzato, attestandosi a 900, e oggi è sceso ulteriormente a 470. Egli ha quindi illustrato la composizione sociale e temporale di queste occupazioni. All'interno di questi 470 alloggi occupati abusivamente, si contano 163 invalidi, 325 over 65, 25 over 80 e ben 211 minori. La stratificazione temporale delle occupazioni mostra che solo una minima parte è riconducibile all'ultimo quinquennio: le occupazioni più recenti, consolidate tra il 2015 e il 2025, sono 57, di cui metà sono cosiddetti «subentri negativi» (cioè casi in cui un familiare rimane nell'alloggio dopo la morte o la partenza del titolare), mentre l'altra metà sono vere e proprie effrazioni. Il presidente Dragone ha precisato che, grazie a una rete integrata di controllo sociale – che comprende custodi, cittadini, comitati e strumenti tecnologici come l'Internet of Things – il fenomeno delle effrazioni si è quasi del tutto arrestato, tanto che nel quinquennio più recente solo una di queste ha portato a un'occupazione consolidata.
  In relazione al tema degli sgomberi, il presidente Dragone ha fornito il dato complessivo: negli ultimi dieci anni MM Spa ha effettuato 570 sgomberi. Non ha potuto specificare, per mancanza di dati precisi, se in ciascun caso fosse intervenuta esclusivamente la Polizia locale o anche le forze dell'ordine statali, ma ha confermato che, nella maggior parte dei casi, erano presenti Polizia di Stato o Carabinieri. Ha quindi illustrato la procedura: prima si effettua una valutazione del nucleo abusivo, poi si porta il caso al tavolo con Questura, Prefettura e Comune, dove si decide se procedere allo sgombero. Egli ha inoltre riferito che, su 470 occupazioni ancora in essere, 112 riguardano Pag. 180cittadini stranieri, pari a circa il 23 per cento, un dato in linea con la composizione generale dell'utenza.
  Il presidente Dragone ha quindi sottolineato l'importanza del rapporto con gli inquilini, riconoscendo che, pur non essendo esplicitamente parte della missione affidata a MM Spa, la dimensione sociale e relazionale della gestione abitativa è fondamentale. Ha quindi riferito che l'azienda gestisce circa 150.000 contatti singoli all'anno tramite call center, in larga parte legati a segnalazioni di tipo manutentivo. A questi si aggiungono 25.000 contatti in modalità remota, attivati soprattutto durante il periodo pandemico e ora in lieve calo, e 3.500 contatti registrati tramite il portale digitale dell'inquilino, operativo a pieno regime dal 2024. Anche sul piano culturale e comunitario MM Spa ha investito molto: dal 2016 in poi sono state realizzate decine di iniziative sociali e culturali presso gli stabili, con un'accelerazione a partire dal 2022, anno in cui si sono raggiunti i cento eventi l'anno. Laboratori, corsi e altre attività sono stati pensati non solo per animare i quartieri, ma anche per rinsaldare i legami sociali tra inquilini e rafforzare il senso di appartenenza.
  Il presidente Dragone ha infine affrontato il tema delle risorse e delle strategie di rigenerazione urbana. Ha ricordato che MM Spa ha già avviato interventi importanti di demolizione e ricostruzione, come quelli in via dei Giaggioli e via Tofano, e che a breve partirà anche quello in via San Romanello. L'ingegner Dragoni ha confermato che vi è un potenziale anche per la vendita di alcuni alloggi agli inquilini, ma ha precisato che questa è una decisione di competenza del Comune, non della società. Ha quindi lanciato un appello affinché si tenga conto della scadenza del 30 giugno 2026 per l'utilizzo dei fondi della Missione 7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sottolineando la necessità urgente di pubblicare i decreti attuativi, affinché gli enti possano cantierare in tempo gli interventi. In caso contrario, ha ammonito, anche il ricorso a strumenti come il partenariato pubblico-privato potrebbe non bastare a scongiurare la perdita delle risorse disponibili.

2.2.10 FROSINONE E CASSINO

  Il 12 novembre 2024 una delegazione della Commissione si è recata a Frosinone e Cassino
  A Frosinone si è svolta una visita del quartiere Selva Piana, con la presenza del Sindaco Riccardo Mastrangeli, del Prefetto Ernesto Liguori, del Questore Pietro Morelli, del Comandante provinciale della Guardia di Finanza Stefano Boldrini, del Comandante provinciale dei Carabinieri Gabriele Mattioli e del Commissario Ater Antonello Iannarilli.
  A Cassino si è svolta una visita dei quartieri Colosseo e San Bartolomeo, presenti il Sindaco di Cassino Enzo Salera e l'assessore alle politiche sociali Luigi Maccaro.

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2.2.11 SOPRALLUOGHI E ATTIVITÀ NELLE PERIFERIE DELLA CAPITALE

  18 settembre 2023

  Ostia

  Visita alla Palestra della Legalità «Talento & Tenacia» di Ostia: incontro con il Presidente del X Municipio Mario Falconi, con il Dott. Massimiliano Monnanni (ASP Asilo Savoia, Ente gestore della struttura) e con Don Antonio Coluccia.

  Tor Bella Monaca

  Sopralluogo nelle piazze di spaccio di sostanze illegali in Via dell'Archeologia e in Via Santa Rita da Cascia, al seguito di Don Antonio Coluccia.

  27 settembre 2023

  Tor Bella Monaca

  Il Municipio Roma VI delle Torri, assieme ad Opera Don Giustino di Don Antonio Coluccia e all'Associazione Tor Più Bella, in collaborazione con la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Periferie, hanno presentato «Finestre sull'Opera», un grande concerto di musica lirica in collaborazione con il Teatro dell'Opera di Roma. Il concerto, tenutosi all'interno del cortile di Via dell'Archeologia a partire dalle ore 19, gratuito e con accesso libero, ha rappresentato un segnale importante di presenza delle istituzioni culturali e politiche locali, facendo di Tor Bella Monaca un importante spazio di incontro, arte e inclusione sociale.

  10 ottobre 2023

  Primavalle

  Incontro con rappresentanti del XIV Municipio
  Visita al locale Commissariato di Polizia e incontro con il Commissario Roberto Ricciardi
  Visita dell'oratorio della Parrocchia della Chiesa Santissima Maria e San Giuseppe; incontro con rappresentanti dell'Associazione sportiva «DNA Boxe»
  Visita al Mercato sociale di Primavalle

  20 febbraio 2024

  Quadraro

  Visita alla Parrocchia Assunzione di Maria e incontro con esponenti religiosi e dell'associazionismo locale

  Romanina

  Visita al Parco della Legalità e di altri immobili confiscati alla criminalità organizzata

Pag. 182

  Tor Marancia

  Incontro con Amedeo Ciaccheri, Presidente dell'VIII municipio
  Visita di un complesso di edilizia residenziale pubblica e incontro con esponenti dell'associazionismo locale

  19 marzo 2024

  Ostia

  Sopralluogo nell'area dello stabilimento Balneare Mecs Village di Torvaianica (danneggiato da incendio di probabile natura dolosa il 9 marzo 2024)
  Incontro con il Presidente del X Municipio Mario Falconi
  Visita a un immobile (Via Braies) confiscato che, a seguito del pronunciamento dell'Autorità giudiziaria, è stato definitivamente liberato e riacquisito alla disponibilità del Municipio, il quale ha proceduto alla sua assegnazione all'Azienda pubblica di servizi «Asilo Savoia»

  21 maggio 2024

  Guidonia Montecelio

  Visita al campo Rom dell'Albuccione, con la presenza del sindaco Mauro Lombardo
  Visita alla caserma della Guardia di finanza del gruppo di Guidonia Montecelio
  Visita alla parrocchia Nostra Signora di Lourdes (incontro con don. Daniele Masciadri)
  Visita all'Istituto Comprensivo «G. Montelucci» (incontro con la dirigente, gli insegnanti e gli studenti)

  23 luglio 2024

  Ponte Di Nona – Castelverde

  Incontro con Nicola Franco, Presidente del VI Municipio
  Presidio istituzionale sul luogo dell'omicidio del 23 maggio 2024 e visita all'ex Centro Sportivo Heaven
  Visita al Punto Luce Save the Children
  Visita alla Polisportiva Ponte di Nona
  Visita nuova sede delle Associazioni di volontariato locali
  Visita alla succursale dell'Istituto Amaldi
  Aula civica Castelverde – Incontro con associazioni e comitati del territorio

  2 ottobre 2024

  Laurentino 38

  Incontro con Titti Di Salvo, Presidente del IX Municipio
  Visita del quartiere al seguito di don Antonio Coluccia e incontro con rappresentanti dell'associazionismo locale

Pag. 183

  2 dicembre 2024

  Portuense

  Incontro con il presidente del XI Municipio Gianluca Lanzi
  Visita al complesso residenziale Nuovo Corviale (cd. «Serpentone»)
  Incontro con Don Gabriele Petreni
  Visita alla sede dell'Associazione sportiva dilettantistica CalcioSociale e incontro con il Presidente Massimo Vallati; partecipazione alla cena di raccolta fondi.

  18 marzo 2025

  Spinaceto

  Incontro con il presidente del IX Municipio Titti di Salvo e con il direttore generale ATER del comune di Roma Marco Rocchi, alla presenza di don Antonio Coluccia;
  Visita a via Padre Romualdo Formato, presso area case ATER
  Visita all'ex «Città del rugby», a via Augusto Renzini, alla presenza dell'assessore al patrimonio e alle politiche abitative del comune di Roma Andrea Tobia Zevi
  Visita a via Salvatore Lorizzo
  Visita al Commissariato di P.S. Roma – Spinaceto
  Visita alla stazione dei Carabinieri Roma – Tor de Cenci.

2.3 PROPOSTE NORMATIVE E INIZIATIVE IN CORSO

  La formulazione di proposte migliorative del quadro normativo, capaci di dare risposte concrete alle problematiche registrate nei territori, rappresenta sicuramente l'aspetto più qualificante dell'attività della Commissione, come emerge chiaramente anche da una espressa previsione in tal senso nella delibera istitutiva. Nel corso della propria attività la Commissione ha formulato alcune proposte normative e preso parte ad attività culturali, di cui si dà conto nell'ambito della presente sezione.

2.3.1 Giornata nazionale delle periferie

  Un primo importante risultato dell'attività di elaborazione e proposta normativa all'interno della Commissione è sicuramente l'approvazione della legge n. 170 del 5 novembre 2024, di istituzione della Giornata nazionale delle periferie.
  La proposta di legge (A.C. 1737), sottoscritta dai rappresentanti di tutti i gruppi politici presenti in Commissione, è stata depositata, a prima firma del Presidente Battilocchio, nel mese di aprile 2024 e, nel breve volgere di alcuni mesi è stata approvata, senza modificazioni, da entrambi i rami del Parlamento, a testimonianza dello spirito unitario e trasversale che ha animato l'iniziativa e, più in generale, del rinnovato interesse per la questione delle periferie da parte della politica nazionale.
  La legge individua il 24 giugno come Giornata nazionale delle periferie urbane. La scelta di tale data si riallaccia a quanto avvenuto il 24 giugno 2014, quando le cronache hanno riportato l'orrore dell'episodioPag. 184 verificatosi nel Parco Verde di Caivano, dove la piccola Fortuna Loffredo, di appena sei anni, è precipitata dall'ottavo piano di un palazzo e, nonostante il trasporto d'urgenza in ospedale, è deceduta poco dopo. Inizialmente è sembrato trattarsi di un incidente, ma ben presto i risultati dell'autopsia hanno rivelato una verità scioccante, ossia che la bambina era stato oggetto di ripetuti abusi e violenze.
  L'episodio di Caivano, com'è noto, ha acceso i riflettori sulle condizioni di disagio e degrado che caratterizzano molte aree periferiche delle città italiane, inducendo il Governo a intervenire con un provvedimento d'urgenza volto a ripristinare al più presto condizioni di sicurezza e vivibilità in quel comune (decreto-legge n. 123 del 2023, cd. Decreto Caivano). Si tratta di un modello di intervento che investe i profili della sicurezza, della capacità amministrativa, dell'illegalità connessa al traffico di sostanze stupefacenti, dell'abbandono scolastico, delle opportunità formative: un primo tassello, territorialmente circoscritto, di una strategia che, sulla scorta dei risultati della sperimentazione a livello locale, potrà essere in futuro estesa a livello nazionale, coinvolgendo le istituzioni e la società civile dei territori in uno sforzo coordinato e sinergico.
  In questo quadro si inserisce anche l'attività della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Nel corso dei primi sopralluoghi effettuati in alcune realtà periferiche particolarmente disagiate, infatti, la Commissione è stata ripetutamente sollecitata a tenere accesi i riflettori sulle problematiche che affliggono le periferie e ad assicurare continuità e sostenibilità degli interventi, affinché lo sdegno e il clamore suscitato dagli episodi di cronaca possano tradursi nella consapevolezza che le periferie urbane costituiscono ormai una questione nazionale da porre al centro delle politiche pubbliche a tutti i livelli.
  Proprio muovendo da questa consapevolezza, la Giornata nazionale delle periferie urbane vuole rappresentare uno stimolo alla riflessione e all'azione che conduca, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, degli enti territoriali, degli enti del Terzo settore, delle istituzioni scolastiche e del servizio pubblico radiotelevisivo, alla realizzazione di una strategia nazionale, con l'obiettivo, in una cornice di interventi organici e di lungo respiro, di sottrarre quanto prima milioni di cittadini alle condizioni di degrado nelle quali da troppo tempo si trovano costretti a vivere. La Giornata nazionale intende anche rappresentare un'occasione per promuovere, far conoscere e valorizzare le tante iniziative di successo e di speranza che hanno luogo in molte periferie italiane, frutto dell'impegno costante, portato avanti tra grandi difficoltà e a volte non sufficientemente valorizzato e sostenuto, degli amministratori locali, delle organizzazioni del volontariato, delle associazioni sportive e delle istituzioni religiose. Un appuntamento istituzionale annuale, quale quello che la legge individua per il 24 giugno, vuole quindi rappresentare lo strumento per assicurare quella continuità di attenzione alle periferie che spesso è mancata in passato.
  Per quanto concerne i contenuti della legge, si prevede che per la celebrazione della Giornata nazionale, lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni promuovano e sostengano, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamentoPag. 185 con gli enti previsti del Terzo settore e con le istituzioni scolastiche operanti nei territori, iniziative specifiche, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri e momenti di studio e analisi, volti alla sensibilizzazione delle istituzioni e dei cittadini sulle peculiarità delle periferie urbane e sugli interventi necessari a contrastare le situazioni di degrado economico, sociale, culturale e abitativo. Nello svolgimento di tali attività curano, in particolare, l'informazione e l'aggiornamento sulle iniziative adottate al fine di contrastare le situazioni di degrado economico, sociale, culturale e abitativo di specifiche aree periferiche, nonché di favorire la conoscenza dei più efficaci modelli di intervento e la diffusione delle migliori pratiche. Si prevede, infine, che la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo dedichi, secondo le disposizioni previste dal contratto di servizio, adeguati spazi a temi connessi alla Giornata nazionale nell'ambito della programmazione nazionale e locale.
  Da ultimo, la legge di bilancio per il 2025 (legge n. 207 del 2024, articolo 1, commi 898-890) ha previsto uno stanziamento di 100 mila euro, per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, in favore del Ministero dell'interno, da destinare alle città metropolitane per iniziative inerenti alla celebrazione della giornata nazionale delle periferie.

2.3.2 Storie di periferia: riportare le periferie al centro della storia

  La Commissione ha avviato una importante iniziativa culturale in collaborazione con la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci (organizzatrice del Premio Strega), volta ad avvicinare gli studenti delle periferie alle attività di lettura e scrittura e, più in generale, a promuovere la diffusione della letteratura contemporanea nelle scuole secondarie di secondo grado.
  Il progetto, denominato Storie di Periferia. Riportare le periferie al centro della storia, è stato annunciato ufficialmente il 28 maggio 2024 con una Conferenza stampa tenutasi presso la sala stampa della Camera di Vico Valdina; l'iniziativa è stata quindi lanciata nel corso della cerimonia di premiazione dei finalisti del Premio Strega Giovani 2024, che su impulso della Commissione è stata ospitata per la prima volta, il 4 giugno 2024, presso il teatro di Tor Bella Monaca (le precedenti edizioni della cerimonia erano state ospitate dalla Camera dei deputati).
  Il progetto è promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, con il sostegno della Enel Cuore (la onlus del gruppo Enel) e con la collaborazione speciale della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle Periferie. Nella prima edizione il progetto coinvolgerà due periferie oggetto di ripetuti sopralluoghi da parte della Commissione nel corso della propria attività: Tor Bella Monaca a Roma e Caivano a Napoli. Si tratta di contesti che in questi anni hanno spesso attirato l'attenzione della politica e dei media, caratterizzati da ampie sacche di marginalità e degrado, ma che sulla spinta di recenti interventi normativi di riqualificazione (si pensi al DL n. 123 del 2023, cd. Decreto Caivano) e di una più ampia disponibilità di risorse finanziarie (legate soprattutto al PNRR), stanno dando segni di riscatto che occorre accompagnare anche sul piano culturale.
  Il lavoro con i territori si è sviluppato da ottobre 2024 a marzo 2025 ed è stato suddiviso in due fasi: la prima orientata alla scelta di Pag. 186un tema con il quale lavorare, un argomento che sia d'interesse per gli studenti e che li spinga a identificarsi con il progetto; la seconda, che costituisce il cuore del progetto, incentrata invece sullo sviluppo del tema attraverso un laboratorio di lettura e scrittura (in svolgimento da gennaio a marzo 2025). Il tema individuato diventa l'elemento da cui partire per offrire agli studenti coinvolti un corso di lettura e scrittura organizzato in lezioni mensili, tenute da docenti esperti e da una scrittrice o da uno scrittore di rilevanza nazionale.
  Al termine dei laboratori saranno scritti dei racconti che verranno pubblicati sulla piattaforma leggiamoci.it, progetto di Fondazione Bellonci e Centro per il Libro e la Lettura, organo del Ministero della Cultura, con il contributo di BPER Banca, che ha l'obiettivo di creare una comunità di futuri lettori e scrittori.
  La prima edizione del progetto si concluderà a Caivano, dove verranno resi noti i risultati delle attività svolte e, soprattutto, avrà luogo la premiazione del Premio Strega Giovani 2025. Per le successive edizioni del progetto l'auspicio dalla Commissione è quello di coinvolgere scuole delle periferie di tutte le città metropolitane italiane.

2.3.3 Rimozione auto abbandonate

  Nel corso delle missioni esterne è stato ripetutamente portato all'attenzione della Commissione il fenomeno delle automobili abbandonate lungo le strade pubbliche. Le automobili abbandonate su strade pubbliche rappresentano un problema significativo di degrado urbano, con ripercussioni sia sull'ambiente che sulla qualità della vita. Il fenomeno nasce spesso dalla scelta dei proprietari di abbandonare i veicoli per motivi economici, come l'impossibilità di sostenere i costi di riparazione o di demolizione. Altre volte, si tratta di veicoli venduti informalmente senza completare le pratiche di passaggio di proprietà, oppure semplicemente dismessi per evitare i costi e le procedure obbligatorie per il loro corretto smaltimento. Le conseguenze di queste pratiche sono molteplici. Da un lato, c'è un evidente rischio ambientale, in quanto le auto abbandonate possono rilasciare oli, carburanti o altre sostanze tossiche che contaminano il suolo, contribuendo a un inquinamento invisibile ma insidioso. Dall'altro lato, comportano un immediato degrado visivo, poiché la presenza di veicoli inutilizzati e spesso vandalizzati trasmette un senso di trascuratezza che può influire negativamente sulla percezione del quartiere da parte dei residenti. Oltre ai danni ambientali le automobili abbandonate generano anche problemi sociali e di sicurezza, diventando spesso rifugio per attività illecite o oggetto di vandalismo, aggravando ulteriormente il senso di insicurezza. Non meno importante è l'ostacolo fisico che spesso rappresentano, occupando spazio sulla carreggiata o sui marciapiedi, riducendo la viabilità e creando disagi per i pedoni.
  Alla luce della normativa vigente rimuovere questi veicoli non è semplice. Le difficoltà sono molteplici e iniziano già dall'identificazione del proprietario, che può risultare complicata soprattutto quando le auto sono prive di targhe o documenti. A ciò si aggiungono i lunghi tempi burocratici necessari per dichiarare un veicolo ufficialmente «abbandonato», durante i quali le autorità devono seguire procedure precise e molto articolate per gli accertamenti richiesti dalla legge.Pag. 187
  Al fine di contribuire a contrastare il fenomeno, la Commissione ha elaborato un emendamento volto a una complessiva semplificazione delle procedure amministrative richieste agli enti locali per la rimozione dei veicoli abbandonati. La proposta prevede che i comuni, le città metropolitane e le province o, comunque, l'ente proprietario della strada, ove siano rinvenuti sul suolo pubblico veicoli iscritti nel PRA e non reclamati dai proprietari o acquisiti per occupazione, ne certificano l'inutilizzabilità e ne danno comunicazione senza ritardo e, comunque, entro sette giorni, a mezzo di posta elettronica certificata o con altro mezzo idoneo, al proprietario risultante dal PRA. Ove il proprietario non si opponga con messaggio di posta elettronica certificata o con altro mezzo idoneo alla certificazione di inutilizzabilità entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, l'ente che ha inviato la comunicazione può procedere alla rimozione del veicolo, alla sua demolizione e alla cancellazione dal PRA senza che possa essere opposta l'iscrizione sul veicolo del fermo amministrativo (ossia la misura cautelare adottata dall'agente della riscossione per garantire il pagamento di debiti tributari). Si prevede, inoltre, che in presenza di motivi di incolumità pubblica, di sicurezza pubblica o di sicurezza della circolazione stradale, di tutela ambientale, nonché per esigenze di carattere militare ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale, la rimozione del veicolo è disposta immediatamente all'atto del rinvenimento del veicolo sul suolo pubblico.
  L'emendamento, sottoscritto da commissari appartenenti a tutti i gruppi politici presenti in Commissione, è stato presentato all'articolo 2 del progetto di legge AC 805 ed è stato approvato nella seduta del 13 novembre 2024 (Commissione Trasporti). Passato all'esame dell'Assemblea il provvedimento è stato, quindi, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 27 marzo 2025.

2.3.4 Cittadinanza attiva e Terzo settore

  Nel corso dei sopralluoghi esterni della Commissione sono stati ripetutamente rappresentati, da parte degli amministratori locali, le difficoltà e gli ostacoli, anche di tipo normativo, che ancora si frappongono alla piena valorizzazione del ruolo del Terzo settore e, più in generale, del volontariato sociale, nella gestione di numerosi servizi pubblici. Considerata l'importanza crescente che il ruolo dei privati va assumendo nel fronteggiare i problemi tipici delle aree degradate, la Commissione ha quindi ritenuto opportuno consultare un esperto di diritto amministrativo con competenze specialistiche in tale settore, al fine di verificare la possibilità di interventi volti a superare le lacune presenti nell'ordinamento, nella prospettiva di un complessivo miglioramento del quadro normativo.
  A tal fine la Commissione ha svolto, il 19 giugno 2024, una prima audizione di Fabio Giglioni, professore ordinario di diritto amministrativo presso La Sapienza di Roma, il quale ha confermato la presenza di aspetti dell'ordinamento vigente che non consentono al volontariato sociale di espletare appieno il proprio ruolo, in collaborazione con gli enti locali, per fronteggiare i problemi tipici delle aree degradate.Pag. 188
  Prendendo positivamente atto delle possibilità di intervento normativo prospettate, che rispondono ad esigenze effettivamente riscontrate sui territori nel corso delle missioni esterne, la Commissione ha quindi deciso di assegnare al prof. Giglioni un incarico professionale specificamente finalizzato alla redazione di testi in forma emendativa; adempiendo al proprio incarico, il prof. Giglioni, nel corso della sua seconda audizione del 28 novembre 2024, ha fornito alla Commissione i testi richiesti, illustrando nel dettaglio contenuti e finalità di ciascuno di essi.
  Un primo intervento normativo, di portata generale, riguarda la legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, con l'introduzione di un articolo 11-bis. La disposizione è volta a generalizzare la possibilità per pubbliche amministrazioni e cittadini di stipulare accordi di collaborazione, che si propone di denominare «patti di collaborazione civica». I patti di collaborazione civica si presentano così come una tipologia particolare degli accordi disciplinati dall'art. 11, legge n. 241 del 1990, ma presentano alcune specificità: la nuova norma è più snella per quanto riguarda la soddisfazione delle esigenze di trasparenza, non presenta l'alternativa provvedimentale a conclusione del procedimento (cosicché se l'accordo non c'è la collaborazione semplicemente non avviene) e rimette ai contenuti dell'accordo la definizione delle vicende giuridiche del rapporto. A stipulare il patto di collaborazione civica possono essere gli enti del terzo settore, ma anche associazioni che non presentano tale qualifica (si pensi al caso della Caritas), gruppi informali di cittadini (in più di trecento comuni italiani ciò avviene già) e singoli cittadini, come il principio di sussidiarietà orizzontale prevede. La norma si applica principalmente a beni pubblici o a spazi urbani pubblici, ma se i proprietari privati sono disponibili, anche su proprietà privata (si pensi ai casi di beni privati che costituiscono un onere per i proprietari e che attraverso i patti di collaborazione potrebbero trovare un nuovo utilizzo con vantaggi anche per i proprietari stessi). L'oggetto del patto di collaborazione è definito nei contenuti, ma deve essere sempre finalizzato a garantire l'uso collettivo del bene; è fondato sull'inclusione dei cittadini, anche quelli inizialmente non firmatari, e deve perseguire finalità civiche. Per questa ragione tale strumento non può essere confuso in alcun modo con le concessioni pubbliche. La durata è sempre temporanea e le responsabilità sono reciproche e non solamente a carico dei cittadini.
  Un secondo intervento normativo riguarda il Codice del terzo settore (decreto legislativo n. 117 del 2017). Una prima modifica è volta a inserire tra le finalità di interesse generale che consentono l'intervento degli enti il recupero, l'adeguamento e la riqualificazione di impianti sportivi (attualmente la norma fa riferimento solo alle attività di gestione e organizzazione di attività sportive). La seconda modifica intende adeguare il nostro Paese agli indirizzi che provengono dall'ordinamento europeo e, in modo particolare, dalla Corte di giustizia. Nel diritto europeo, infatti, sono ammessi accordi e partenariati con soggetti che non perseguono fini di lucro, anche quando questi prevedono soluzioni che garantiscono la remunerazione dei costi diretti e indiretti sostenuti (così le sentenze Spezzino, C-113/13, e ASADE, C-436/20), purché siano garantiti i principi di trasparenza e imparzialità. Tale soluzione normativa permetterebbe di superare i limiti che Pag. 189vengono applicati sul piano nazionale per lo sviluppo della co-progettazione, ex art. 55, del Codice. Al momento prevale, infatti, una giurisprudenza nazionale più restrittiva, che escludendo il rimborso dei costi indiretti, sta limitando il ricorso alla coprogettazione con gli enti del Terzo settore sul territorio. La terza modifica, infine, prevede la possibilità di concessione in comodato d'uso di beni pubblici non utilizzati per fini istituzionali anche a beneficio dei soggetti che partecipano alla coprogettazione.
  Per quanto riguarda, specificamente, il profilo della sicurezza urbana, si prevedono due modifiche al decreto-legge n. 14 del 2017 (cd. Decreto Minniti). La prima è volta a inserire i centri sportivi tra le aree per le quali le reti territoriali di volontariato possono essere coinvolte nei patti per la sicurezza urbana. La seconda è volta a inserire gli enti del Terzo settore tra i soggetti con cui sviluppare la collaborazione nei patti per la sicurezza.
  Strettamente correlata all'introduzione dei patti di collaborazione civica nella legge n. 241 del 1990 è, poi, la modifica proposta al decreto legislativo n. 36 del 2003, recante il Codice dei contratti pubblici), volta a prevedere che l'esclusione dall'ambito applicativo del Codice non sia limitata ai soli enti del Terzo settore (come attualmente previsto), ma riguardi tutti i soggetti privati che siano parte di modelli organizzativi di amministrazione condivisa.
  Infine, alcune modifiche normative intendono superare le difficoltà che si registrano a livello locale in relazione alla copertura assicurativa dei volontari. La normativa nazionale, infatti, attualmente prevede che se i cittadini agiscono all'interno di associazioni di volontariato non ci sono problemi assicurativi, poiché le associazioni hanno l'obbligo di stipulare polizze assicurative per i loro appartenenti; se invece cittadini e volontari agiscono al di fuori di organizzazioni associative dovrebbero farsene carico a proprie spese, il che inevitabilmente costituisce un fattore disincentivante. Si propone, quindi, di introdurre una norma volta a stabilire che i cittadini attivi e i volontari, operanti singolarmente o in gruppi non formalmente costituiti nell'ambito di patti di collaborazione civica, beneficiano di polizza assicurativa a carico delle amministrazioni pubbliche che hanno stipulato i patti medesimi.

2.3.5 Beni confiscati alla criminalità

  Nel corso dei sopralluoghi esterni della Commissione è emersa la difficoltà, per le aziende pubbliche di servizi alla persona (ex IPAB), di avvalersi dei beni confiscati alla criminalità organizzata, a causa di lacuna del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia. Nella parte in cui disciplina il procedimento di destinazione dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, infatti, la normativa vigente non prevede la possibilità, per l'ente territoriale assegnatario e titolare dell'immobile confiscato, di trasferirne la proprietà alle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) di cui al Capo II del Decreto Legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (ex IPAB), né menziona espressamente tali Aziende tra i soggetti (enti del Terzo settore, cooperative sociali, enti parco, ecc.) ai quali l'ente territoriale, o la stessa Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzataPag. 190 (ANSBC), possono assegnare l'immobile in concessione. Si tratta di una esclusione del tutto irragionevole, ove si consideri che l'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328 («Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali») ha disposto l'inserimento delle ex IPAB nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali e che si tratta di aziende le quali, al pari degli enti del Terzo settore, operano in campo sociale senza fini di lucro. Va oltretutto sottolineato che, conformemente alle previsioni di cui al D.lgs. 207/2001 e alle relative leggi regionali attuative, la governance delle ASP è ricondotta usualmente agli Enti locali e alla Regione di riferimento, cui compete la designazione e la nomina dei relativi organi di amministrazione.
  Per rimediare a tale incongruenza normativa, aggiornando il testo del decreto legislativo n. 159 del 2011, la Commissione ha quindi predisposto una proposta emendativa che intende sottoporre all'attenzione della Camera nell'ambito dell'esame parlamentare di un futuro provvedimento governativo in materia sociale o di giustizia.

2.3.6 Progetto «Storie di periferia: riportare le periferie al centro della storia» e Premio Strega Giovani

  La Commissione ha avviato una importante iniziativa culturale in collaborazione con la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci (organizzatrice del Premio Strega), volta ad avvicinare gli studenti delle periferie alle attività di lettura e scrittura e, più in generale, a promuovere la diffusione della letteratura contemporanea nelle scuole secondarie di secondo grado.
  Il progetto, denominato Storie di Periferia. Riportare le periferie al centro della storia, è stato annunciato ufficialmente il 28 maggio 2024 con una Conferenza stampa tenutasi presso la sala stampa della Camera di Vico Valdina; l'iniziativa è stata quindi lanciata nel corso della cerimonia di premiazione dei finalisti del Premio Strega Giovani 2024, che su impulso della Commissione è stata ospitata per la prima volta, il 4 giugno 2024, presso il teatro di Tor Bella Monaca (le precedenti edizioni della cerimonia erano state ospitate dalla Camera dei deputati).
  Il progetto è promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, con il sostegno della Enel Cuore (la onlus del gruppo Enel) e con la collaborazione speciale della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle Periferie. Nella prima edizione il progetto coinvolgerà due periferie oggetto di ripetuti sopralluoghi da parte della Commissione nel corso della propria attività: Tor Bella Monaca a Roma e Caivano a Napoli. Si tratta di contesti che in questi anni hanno spesso attirato l'attenzione della politica e dei media, caratterizzati da ampie sacche di marginalità e degrado, ma che sulla spinta di recenti interventi normativi di riqualificazione (si pensi al DL n. 123 del 2023, cd. Decreto Caivano) e di una più ampia disponibilità di risorse finanziarie (legate soprattutto al PNRR), stanno dando segni di riscatto che occorre accompagnare anche sul piano culturale.
  Il lavoro con i territori si è sviluppato da ottobre 2024 a marzo 2025 ed è suddiviso in due fasi: la prima orientata alla scelta di un tema con il quale lavorare, un argomento che sia d'interesse per gli studenti Pag. 191e che li spinga a identificarsi con il progetto; la seconda, che costituisce il cuore del progetto, incentrata invece sullo sviluppo del tema attraverso un laboratorio di lettura e scrittura (in svolgimento da gennaio a marzo 2025). Il tema individuato diventa l'elemento da cui partire per offrire agli studenti coinvolti un corso di lettura e scrittura organizzato in lezioni mensili, tenute da docenti esperti e da una scrittrice o da uno scrittore di rilevanza nazionale.
  Al termine dei laboratori saranno scritti dei racconti che verranno pubblicati sulla piattaforma leggiamoci.it, progetto di Fondazione Bellonci e Centro per il Libro e la Lettura, organo del Ministero della Cultura, con il contributo di BPER Banca, che ha l'obiettivo di creare una comunità di futuri lettori e scrittori.
  La prima edizione del progetto si concluderà a Caivano, dove verranno resi noti i risultati delle attività svolte e, soprattutto, avrà luogo la premiazione del Premio Strega Giovani 2025. Per le successive edizioni del progetto l'auspicio dalla Commissione è quello di coinvolgere scuole delle periferie di tutte le città metropolitane italiane.

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3. LE RISORSE PER LE PERIFERIE

3.1 Quadro delle risorse finanziarie per le città: fonti europee e nazionali

  Gli anni della crisi economica e delle politiche di bilancio restrittive hanno fortemente pesato sul comparto degli enti locali, con una riduzione complessiva delle risorse, umane e finanziarie, destinate alle città e alle loro periferie.
  Tra il 2011 e il 2021 il sistema dei Comuni ha perso 120.000 unità di personale, un quarto del totale dell'organico, e la ripresa delle assunzioni registrata nell'ultimo biennio non compensa il persistente flusso di uscite dal servizio. In questi anni difficili i Comuni hanno assicurato un rilevante contributo al risanamento della finanza pubblica: si tratta nel complesso di 14 miliardi di euro, di cui tagli alle risorse per 8 miliardi e 6 miliardi di accantonamenti.
  Tutto questo ha drasticamente ridotto le possibilità di azione delle Amministrazioni nel contrasto allo stato di degrado delle città e delle loro periferie.

Il bando Periferie del 2016

  In tale contesto un primo segnale della volontà politica di invertire la tendenza è stato il Bando Periferie del 2016 (ufficialmente denominato «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie»), che ha rappresentato una delle iniziative più ambiziose intraprese in Italia per affrontare le criticità delle aree urbane periferiche, segnate da degrado edilizio, isolamento sociale, insufficienza di infrastrutture e diffusione di fenomeni di marginalità.
  Introdotto dalla Legge di Stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, art. 1, commi 974 e ss.), il Bando prevedeva uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro, destinati a finanziare progetti promossi da enti locali delle città metropolitane, dai comuni capoluogo di provincia e da quelli con una popolazione superiore a 100.000 abitanti.
  Il bando si poneva l'obiettivo di riqualificare le periferie italiane attraverso un approccio integrato che combinasse interventi infrastrutturali e politiche sociali. Il degrado delle periferie non era visto soltanto come un problema urbanistico, ma anche come una questione sociale e culturale, che richiedeva soluzioni multidimensionali. Gli interventi proposti spaziavano dalla riqualificazione di edifici pubblici e spazi urbani al miglioramento delle reti di trasporto, passando per azioni volte a rafforzare l'inclusione sociale, la sicurezza urbana e la sostenibilità ambientale.
  La visione alla base del bando era quella di superare l'approccio emergenziale spesso adottato nei confronti delle periferie, in favore di una pianificazione a lungo termine, capace di trasformare questi luoghi da simboli di esclusione a spazi di opportunità. La scelta di destinare i fondi non solo alle grandi città, ma anche a centri di medie dimensioni, mirava a garantire un impatto diffuso sul territorio nazionale, riconoscendo che il degrado periferico non è un fenomeno limitato ai grandi agglomerati urbani.Pag. 193
  Sin dall'inizio, l'interesse suscitato dal bando è stato significativo, con la presentazione di oltre 120 progetti da parte degli enti locali. La selezione dei progetti da finanziare si basava su criteri di fattibilità, sostenibilità e impatto sociale ed economico. Le iniziative dovevano dimostrare di poter migliorare non solo l'aspetto fisico delle periferie, ma anche la qualità della vita dei residenti, attraverso azioni mirate a contrastare la povertà, ridurre la criminalità e rafforzare la coesione sociale.
  Nel corso del 2017, il governo Gentiloni ha ampliato il programma, incrementando i fondi disponibili fino a 2,1 miliardi di euro, consentendo in questo modo di finanziare tutti i progetti ritenuti idonei. La disponibilità di maggiori risorse ha permesso agli enti locali di avviare interventi complessi e articolati, che includevano, ad esempio, la trasformazione di aree industriali dismesse, la creazione di nuovi spazi verdi, il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e la realizzazione di programmi culturali e educativi.
  Tuttavia, l'attuazione del bando ha incontrato, in tempi e contesti diversi, numerose ed importanti difficoltà. Una delle criticità principali ha riguardato i ritardi nella realizzazione dei progetti, spesso dovuti a complessità burocratiche o alla carenza di capacità amministrativa da parte degli enti locali. Questo problema si è accentuato ulteriormente nel 2018, quando il Governo Conte I, attraverso il Decreto Milleproroghe (decreto-legge n. 91 del 2018), ha deciso di sospendere temporaneamente l'erogazione dei finanziamenti per i progetti che non avevano ancora raggiunto uno stadio esecutivo. Questa decisione, giustificata con la necessità di riorganizzare le priorità di spesa, ha suscitato forti polemiche e una netta opposizione da parte delle amministrazioni locali, che lamentavano il rischio di compromettere l'avanzamento delle opere.
  Malgrado queste difficoltà, il Bando Periferie ha permesso di avviare numerosi interventi significativi in diverse città italiane. A Milano, i fondi sono stati utilizzati per riqualificare piazze e spazi pubblici nei quartieri periferici, migliorando la vivibilità e l'accessibilità di queste aree. A Roma, molti progetti si sono concentrati sul recupero di edifici abbandonati per destinarli a scopi sociali e culturali, favorendo l'inclusione delle fasce più vulnerabili della popolazione. A Napoli, uno degli interventi più emblematici ha riguardato la demolizione delle «Vele» di Scampia, simbolo del degrado urbano, e la realizzazione di nuovi edifici residenziali più moderni e funzionali. A Torino, invece, i progetti si si sono focalizzati sulla riqualificazione del quartiere Aurora, con la creazione di spazi pubblici e iniziative per favorire l'integrazione sociale.
  Nonostante i risultati positivi, le criticità più rilevanti sono state rappresentate dalla eccessiva frammentazione dei fondi, distribuiti su un elevato numero di progetti, il che ha talvolta ridotto l'impatto complessivo degli interventi. Inoltre, la mancanza di un sistema di monitoraggio e valutazione adeguato ha reso difficile misurare i reali benefici delle opere finanziate. A ciò si aggiunge la necessità di garantire una maggiore continuità tra le diverse iniziative, al fine di evitare che i miglioramenti ottenuti si disperdano nel tempo per mancanza di risorse gestionali o di una visione strategica.Pag. 194
  Il Bando Periferie del 2016 ha rappresentato, in ogni caso, un momento di svolta nella politica urbana italiana, riportando il tema delle periferie al centro dell'agenda politica e promuovendo una nuova consapevolezza sulle loro potenzialità.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

  Con gli stanziamenti previsti dal PNRR si è aperta una fase totalmente nuova di straordinaria disponibilità finanziaria per gli investimenti degli enti locali.
  Le risorse PNRR assegnate a Comuni, Città Metropolitane e loro aggregazioni, sono pari a 37,5 miliardi, che con le risorse derivanti dal Piano Nazionale Complementare arrivano a un totale di circa 40 miliardi. A seguito della riprogrammazione del PNRR i progetti di Comuni e Città finanziati dal PNRR (al netto di quelli trasferiti su risorse nazionale e fondo complementare) hanno un valore di 29,1 miliardi. Le linee di investimento più importanti che nel PNRR intervengono in materia di rigenerazione delle periferie (collocati nella componente 2 della missione 5, che riguarda «Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore», sono:

   2.1 Progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, che ha un valore di 4,3 miliardi e coinvolge 645 enti per 2.325 opere finanziate;

   2.2 i Piani Urbani Integrati (PUI), che coinvolgono 14 Città Metropolitane e 303 Comuni in 31 Piani del valore complessivo di 2,7 miliardi;

   2.3 Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare (PINQqA), che ha un valore di 2,8 miliardi e coinvolge 76 Comuni e 8 Città Metropolitane nella realizzazione di 131 progetti.

Progetti di rigenerazione urbana

  Per i Progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, il PNRR assegna 4,3 miliardi, di cui almeno il 40 per cento alle regioni del Mezzogiorno, in capo al Ministero degli Interni, coinvolgendo 645 enti per 2.325 opere finanziate. I comuni beneficiari, che devono avere più di 15.000 abitanti, sono stati individuati con il DPCM 21 gennaio 2021. Le risorse sono assegnate, prioritariamente, ai Comuni che abbiano nel proprio territorio una densità maggiore di popolazione, caratterizzata da condizioni di elevata vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), con conseguenti fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale. Gli importi delle assegnazioni variano tra 5 e 20 milioni, per fasce demografiche.
  L'investimento è stato oggetto di riprogrammazione, a seguito della quale restano stanziati a valere sul PNRR 2 miliardi di euro. Trattandosi, almeno in parte, di progetti «in essere», le risorse non più finanziate dal PNRR tornano ad essere reperite dalle fonti nazionali originariamente previste (articolo 1, comma 42, della legge n. 160 del 2019, legge di bilancio per il 2020). Il target europeo prevede che entro il 30 giugno 2026 siano completati almeno 1.080 progetti, riguardanti almeno un milione di metri quadrati.

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Piani Urbani Integrati (PUI)

  L'investimento per i Piani Urbani Integrati, pari a 2,7 miliardi (di cui 200 milioni a valere sul Fondo Complementare) è dedicato alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l'obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile.
  L'investimento è tra quelli oggetto di riprogrammazione, a seguito della quale risultano permanere a valere sul PNRR 900 milioni di euro, mentre le restanti risorse sono finanziate da altre fonti finanziarie individuate dal decreto-legge n. 19/2024.
  Con decreto del 22 aprile 2022 del Ministero dell'Interno sono stati approvati 31 Piani Integrati delle Città Metropolitane. Sono previsti circa 600 progetti (CUP) per circa 300 Soggetti Attuatori tra Comuni e Città Metropolitane. Con decreto del 12 giugno 2024 il Ministero dell'Interno ha individuato i progetti che rimangono finanziati dal PNRR e quelli trasferiti su fonti nazionali. Il target europeo prevede entro il giugno 2026 la realizzazione di almeno 300 interventi che coprano un'area di almeno 3 milioni di metri quadrati in tutte le Città Metropolitane. Il target è cambiato a seguito della riprogrammazione, laddove in precedenza si prevedeva il completamento di almeno un Piano Integrato in ciascuna Città Metropolitana.

Il Programma innovativo della qualità dell'abitare (PINqUA)

  Il programma innovativo della qualità dell'abitare (PINqUA), a titolarità del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stato istituito con fondi nazionali nel 2020 ed è successivamente confluito nel PNRR. Con i suoi 2,8 miliardi di dotazione, è il principale investimento sulle politiche abitative all'interno del Piano. Il Programma è rivolto a Comuni e Regioni per la realizzazione di progetti che attribuiscano all'edilizia sociale un ruolo prioritario e che prevedano interventi per l'incremento di disponibilità di alloggi, la riqualificazione degli spazi urbani, il miglioramento della sicurezza, l'efficienza energetica e l'adattamento ai cambiamenti climatici. Ciascuno ente ha potuto presentare fino a tre progetti, di valore massimo pari a 15.000 euro ciascuno. Oltre a questi progetti, definiti come «ordinari», si è previsto la possibilità di presentare «progetti pilota» di particolare valore strategico o innovativo, per un valore massimo di 100 milioni di euro. I circa 850 progetti presentati da un totale di 282 Comuni e Città Metropolitane sono stati valutati da un'Alta Commissione composta da rappresentanti del Governo e dall'Associazione Nazionale Comuni Italiani. La graduatoria con la lista dei 159 progetti ammessi a finanziamento (151 ordinari e 8 pilota) è stata pubblicata il 7 ottobre 2021. 131 progetti saranno realizzati da 76 Comuni e 8 Città Metropolitane. Rimangono da finanziare altri 112 progetti (valutati già ammissibili a finanziamento dalla Commissione) per i quali sarà necessario uno stanziamento aggiuntivo di circa 1 miliardo. Secondo quanto previsto dai target europei, i lavori interesseranno almeno 10.000 unità abitative e 800.000 metri quadrati di spazi urbani e saranno completati entro il 31 marzo 2026. I progetti presentati superano ampiamente i target europei, prevedendo di intervenire su 16.500 unità abitative e interessando ben 14,8 milioni di metri quadrati di superficie.

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Politiche di coesione e PN Metro Plus

  Il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 delle politiche di Coesione in Europa può contare su un finanziamento complessivo di 392 miliardi di euro. La nuova programmazione, con i 43 miliardi di provenienza europea e i co-finanziamenti nazionali, in Italia ha un valore di 74 miliardi.
  Per quanto riguarda la rigenerazione urbana, i punti di interesse nella programmazione italiana 2021-2027 sono i seguenti:

   come previsto dall'articolo 11 del Regolamento 1058/2021, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale è dedicato per almeno l'8 per cento della dotazione a sostenere interventi di Sviluppo Urbano Sostenibile, con un aumento rispetto al 5 per cento previsto nella programmazione precedente;

   ai comuni capoluogo di Città Metropolitana è dedicato il PN Metro, che ha una dotazione di circa 3 miliardi (risultando più che triplicato rispetto alla programmazione precedente). Di particolare interesse è il modello di governance del Programma, che ha visto i Comuni assumere il ruolo di Organismi Intermedi. Questo ha consentito l'attivazione di nuove competenze nelle Amministrazioni e dato loro autonomia nella programmazione e attuazione degli interventi;

   nel nuovo PN Metro sono coinvolti non solo i Comuni capoluogo di Città Metropolitana, ma anche 39 Città Medie del Sud, con una linea ad esse dedicata per azioni legate all'innovazione sociale per un valore complessivo di circa 300 milioni;

   infine, vanno considerate le Strategie urbane previste dalle programmazioni regionali, che prevedono iniziative di rigenerazione urbana in decine di Comuni prevalentemente di medie dimensioni e nelle relative aree funzionali, per un valore complessivo che può essere stimato in oltre 2 miliardi di euro.

  Come osservato, il PN Metro Plus e Città Medie Sud ha un valore complessivo di 3 miliardi, dei quali 2,6 sono destinati ai 14 Comuni capoluogo di Città Metropolitana per l'attuazione dei Piani Operativi. Il Programma nasce nel ciclo 2014-2020 della Politica di Coesione come PON Metro, con una dotazione finanziaria di 873,9 milioni, arrivata a 2 miliardi con l'integrazione di fondi stabilita dopo la pandemia con l'iniziativa REACT-EU.
  I progetti PN Metro Plus sono articolati su cinque priorità tematiche:

   transizione digitale, proseguendo e garantendo la continuità del processo di digitalizzazione già avviato, con particolare riferimento al supporto alla domanda di servizi digitali da parte di cittadini e imprese;

   transizione verde come risposta delle città alla sfida dei cambiamenti climatici e alla transizione verso la mobilità urbana sostenibile, l'efficientamento energetico e la messa in sicurezza dell'edilizia;

   inclusione e innovazione sociale per combattere l'incremento della «povertà urbana» e il disagio abitativo, sociale ed economico, al fine di favorire l'uscita da situazione di marginalizzazione;

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   rigenerazione urbana indirizzata al recupero e alla migliore fruizione dei beni culturali e degli spazi sottoutilizzati, dismessi o poco sicuri in un'ottica sostenibile e inclusiva.

  Vanno considerate, inoltre, le nuove assunzioni previste a supporto dell'attuazione della Politica di Coesione, previste nell'ambito del Programma Capacità per la Coesione per le pubbliche amministrazioni delle regioni del Sud, tra le quali rientrano Comuni e Città Metropolitane che potranno assumere rispettivamente 1.674 e 70 unità di personale a tempo indeterminato.
  Infine, ai fondi europei si affianca in Italia il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) che per il suo ciclo 2021-2027 può contare su risorse pari a circa 76 miliardi. In buona parte la programmazione di queste risorse avviene tramite gli Accordi per la Coesione istituiti con il DL SUD (DL 124/2023). Ad oggi sono stati stipulati 21 accordi con altrettante Regioni e Province autonome.

Fondo nazionale complementare al PNRR

  Per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse messe a disposizioni con il Fondo nazionale complementare al PNRR (articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 59 del 2021), sono stati previsti i seguenti interventi:

   Sicuro, verde e sociale: programma per la riqualificazione dell'edilizia residenziale pubblica, per complessivi 2 miliardi di euro per il periodo 2021-2026;

   Piani urbani integrati, per complessivi 210 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2024.

  Infine, allo scopo di rafforzare gli interventi contenuti nel PNRR da parte dei comuni con più di 500.000 abitanti, è stato inoltre istituito un fondo con una dotazione complessiva di 665 milioni di euro per il periodo 2023- 2026. In base alla popolazione residente al 1° gennaio 2021 sono stati attribuiti: 258 milioni a Roma, 129 milioni a Milano, 85 milioni a Napoli, 80 milioni a Torino, 60 milioni a Palermo e 53 milioni a Genova (articolo 42 del decreto-legge n. 50 del 2022). Tali opere sono state assoggettare ai poteri di verifica previsti (dall'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 19 del 2024) in capo alla Struttura di missione PNRR e alla Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per il PNRR (articolo. 8-ter, comma 2, decreto-legge n. 113 del 2024).

Il decreto-legge n. 208 del 2024 (cd. Decreto Caivano-bis)

  Il decreto-legge n. 208 del 2024 (cd. Decreto Caivano-bis) ha previsto un piano straordinario di interventi infrastrutturali e di progetti di riqualificazione sociale, funzionali ai comuni o alle aree metropolitane ad alta vulnerabilità sociale di Rozzano (MI), Roma Quartiere Alessandrino-Quarticciolo, Napoli Quartiere Scampia-Secondigliano, Orta Nova (FG), Rosarno-San Ferdinando (RC), Catania – Quartiere San Cristoforo, Palermo – Borgo Nuovo. Per il finanziamento del piano straordinario, da approvare con delibera del Consiglio dei ministri, è autorizzata la spesa complessiva di euro 180 milioni nel Pag. 198triennio 2025-2027, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2025, 50 milioni di euro per l'anno 2026 e 30 milioni di euro per l'anno 2027, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027. Per la realizzazione degli interventi inseriti nel piano possono essere utilizzate anche le risorse messe a disposizione dalle regioni, dai comuni, da altri enti o istituzioni locali e nazionali, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci. Il provvedimento, attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive, mira ad estendere ad altre realtà periferiche caratterizzate da degrado, il modello di intervento approntato con il decreto-legge n. 123 del 2023 per il Comune di Caivano.

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4. PRIME RISULTANZE E ULTERIORI PROSPETTIVE DI INDAGINE

4.1 Le questioni sul tappeto

  Nelle pagine che seguono si proverà a tracciare, alla luce delle evidenze emerse nel corso dell'attività fin qui svolta dalla Commissione, i contorni delle principali problematiche che affliggono le aree urbane periferiche delle nostre città. Rimandando alla relazione finale per l'indicazione di puntuali strategie di intervento, in questa sede pare comunque opportuno iniziare a delineare, in termini generali e senza alcuna pretesa di puntualità, completezza o esaustività, alcuni temi di riflessione, che saranno oggetto di ulteriore approfondimento nel corso dei mesi che separano l'attività della Commissione dal termine del suo mandato, previsto alla fine della legislatura.
  Le periferie italiane rappresentano una delle sfide più complesse per le città contemporanee, poiché concentrano in sé una serie di problematiche che si intrecciano e si rafforzano reciprocamente, generando un circolo vizioso di marginalità ed esclusione. Sebbene ogni città abbia una storia urbanistica e socio-economica propria, le difficoltà che caratterizzano le aree periferiche sono spesso le stesse: degrado edilizio e urbanistico, insicurezza diffusa, disoccupazione, criminalità, carenza di servizi pubblici e infrastrutture, dispersione scolastica, povertà educativa e difficoltà di integrazione sociale. Questi problemi non solo limitano la qualità della vita degli abitanti, ma impediscono anche a intere generazioni di migliorare la propria condizione, perpetuando un senso di sfiducia nelle istituzioni e una percezione di abbandono da parte dello Stato.
  Un dato preliminare, ormai ampiamente acquisito, che emerge dall'attività fin qui svolta dalla Commissione, attiene alla definizione della nozione di periferia. Diversamente dalla tradizionale concezione di periferia, intesa come area urbana situata ai margini delle grandi città, oggi la periferia non è solo una questione geografica o di localizzazione territoriale urbana, ma rappresenta, piuttosto, un'area segnata da condizioni di marginalità, diventata sinonimo di spazi di esclusione, non necessariamente collocati in luoghi marginali, a volte anche a ridosso degli stessi centri storici, dove la qualità della vita è significativamente inferiore rispetto ad altre aree della città.
  Una delle questioni più evidenti e preoccupanti nelle periferie è quella della sicurezza. In molte città italiane la presenza della criminalità organizzata e della microcriminalità ha reso alcune zone delle vere e proprie «aree franche», in cui la legge dello Stato fatica a imporsi e l'ordine viene mantenuto da gruppi criminali che si sostituiscono alle istituzioni. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle grandi città, dove alcuni quartieri sono diventati veri e propri snodi strategici per il traffico di droga. A Roma le zone di Tor Bella Monaca, San Basilio, il Quarticciolo e Ostia Nuova sono da anni al centro dell'attenzione per il radicamento delle «piazze di spaccio», che vengono gestite con un'organizzazione capillare che include vedette, sistemi di videosorveglianza abusivi e un controllo rigido del territorio da parte delle organizzazioni criminali. In questi quartieri, interi palazzi sono occupati da famiglie che vivono direttamente o indirettamente dei proventi dello spaccio, rendendo il fenomeno difficile da Pag. 200estirpare. Situazioni analoghe si riscontrano a Napoli, nei quartieri di Scampia e Secondigliano, dove il traffico di stupefacenti è diventato negli anni un elemento strutturale dell'economia locale, e a Milano, nei quartieri di Quarto Oggiaro e San Siro, dove il controllo del territorio da parte di gruppi criminali è sempre più forte. A Torino, zone come Barriera di Milano e le Vallette presentano dinamiche simili, con un'alta concentrazione di reati legati allo spaccio di droga e alla violenza urbana.
  Collegato al problema della criminalità organizzata è il fenomeno delle baby gang, che si sta diffondendo sempre più rapidamente in diverse città italiane. Gruppi di adolescenti, spesso minorenni, si organizzano per compiere atti di vandalismo, rapine, aggressioni e violenze gratuite, spesso riprendendo le loro azioni per poi diffonderle sui social media. Questo fenomeno è particolarmente presente a Torino, dove negli ultimi anni si sono verificati numerosi episodi di violenza legati a bande giovanili che si muovono nelle periferie, creando un clima di insicurezza tra i residenti. A Milano, gruppi di giovani si radunano nelle zone meno controllate della città, prendendo di mira coetanei e commercianti, mentre a Palermo, nei quartieri dello Zen e di Brancaccio, la presenza delle baby gang si intreccia con la criminalità organizzata, creando situazioni di pericolosa instabilità sociale. Dati effettivi e approfonditi per analizzare in modo chiaro il fenomeno delle gang giovanili ancora mancano, ma alcuni aspetti appaiono comunque sufficientemente chiari. Le gang sono presenti su tutto il territorio nazionale e sono formate da ragazzi di ambo i sessi di un'età compresa tra i 14 e i 17 anni. Negli anni recenti l'intervallo di età dei partecipanti si è allargato arrivando a comprendere ragazzi di 11 anni e giovani adulti fino a 25 anni. Se fino a qualche tempo fa le gang erano prevalentemente composte da soggetti di sesso maschile, attualmente la distanza tra i generi si va lentamente assottigliando, mostrando un aumento dei reati violenti anche da parte delle ragazze. Sono presenti soprattutto ragazzi italiani, ma la quantità di stranieri di prima e seconda generazione sta aumentando in modo considerevole. Solitamente i gruppi sono composti da non più di 10 elementi, tranne in casi specifici come ad esempio quello delle gang di estrazione sudamericana (anche con 50 elementi e più). Nei piccoli gruppi di solito si trova una leadership orizzontale, mentre con l'aumento del numero dei partecipanti si registra una verticalizzazione del comando in stile piramidale, con ruoli e responsabilità riconosciute. La psicodinamica iniziale prevede una richiesta o una provocazione verso la vittima al fine di creare una forma di sudditanza della stessa, chiamata a cedere qualcosa, anche di modico valore: una sigaretta, un accendino, la merenda, per poi iniziare una progressiva crescita di agiti violenti in caso di diniego. Si osservano dunque estorsioni, rapine, furti, aggressioni più o meno gravi, con un aumento graduale del senso di grandiosità della gang, che inizia a provare una forma di onnipotenza infantile, un senso di intoccabilità. Spesso i componenti di questi gruppi non hanno la piena consapevolezza di commettere dei reati, non riuscendo a percepire l'altro come vittima, essendo spesso l'affermazione per proprio Sé il reale bisogno che li spinge a commettere tali atti. A volte anche i reati più gravi sono motivati da qualcosa di tangibile, ma di poco conto, come un piccolo debito o un litigio per futili motivi, ma in realtà ciò Pag. 201che spinge davvero gli aggressori è il bisogno di sanare la ferita narcisistica dello «sgarro». Spesso gli autori dei reati non si preoccupano di nascondere le prove delle loro azioni, quasi come se non fossero consapevoli che in uno Stato esistono le forze dell'ordine e istituzioni chiamate a scoprire e reprimere i reati. I reati sessuali sono presenti, seppur non rappresentano le violazioni principali. Dalla ricerca Transcrime (2022) emerge che le gang possono essere ricondotte essenzialmente a quattro tipologie: a) gruppi privi di una struttura definita prevalentemente dediti ad attività violente o devianti: presenti in tutte le macroaree del Paese, sono il tipo maggiormente rilevato e più consistente numericamente, con un'ampia maggioranza di questi gruppi coinvolta in reati violenti; b) gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane, presenti specialmente nel Sud del Paese e composti quasi totalmente da italiani; c) gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali o gang estere, presenti prevalentemente in aree urbane del Nord e del Centro e composti in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione; d) gruppi con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni e dediti soprattutto a reati appropriativi, come furti o rapine, composti prevalentemente da italiani. Le aree di azione delle gang sono i «non luoghi», le cosiddette zone anomiche, prive di controllo sociale e altamente frequentate da avventori di passaggio. Se in passato questi luoghi erano prevalentemente le stazioni, da sempre aree ad alto tasso di criminalità, oggi, anche a causa di un cambiamento delle abitudini sociali, sono diventate zone anomiche anche alcuni parchi, piazze, edifici dismessi, ma anche centri commerciali o parcheggi.
  Le periferie urbane presentano molteplici luoghi che lo Stato non riesce a presidiare efficacemente, dove pertanto le gang fanno valere la loro legge. Il concetto di territorialità è un'altra componente spesso presente in questi gruppi, quasi a voler affermare una legge nei luoghi dove quella dello Stato è assente o comunque non riconosciuta. Le cause di adesione a questi gruppi meritano approfondimenti, ma sicuramente nascono da problematiche familiari, dalla ricerca di conferme, ma anche di affermazione. L'evasione scolastica è uno dei sintomi principali, ma un ruolo crescente hanno anche le emergenti problematiche psicopatologiche sempre più presenti tra i giovani, a cui si unisce il sempre più precoce utilizzo di alcool e sostanze stupefacenti.
  Per affrontare efficacemente le problematiche legate al tema della sicurezza occorre, innanzitutto, un rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio. La presenza della polizia di vicinato rafforza il rapporto di fiducia con la comunità, che vede nelle forze dell'ordine una risorsa locale, in grado di rispondere alle esigenze quotidiane dei cittadini. L'utilizzo di telecamere di sorveglianza e una migliore illuminazione nelle zone critiche possono disincentivare attività illegali e migliorare la percezione di sicurezza. I progetti di illuminazione urbana in Italia incontrano sovente difficoltà legate alla mancanza di risorse aggiuntive dopo i finanziamenti iniziali, che ne impediscono il completamento o l'espansione. I cambiamenti nelle amministrazioni locali possono ridurre la priorità di questi progetti, mentre la burocrazia complessa e la lentezza nei bandi e nei permessi rallentano la loro realizzazione. Una volta che i sistemi di illuminazionePag. 202 sono installati, la mancanza di manutenzione ne riduce l'efficacia e la durata. Infine, molti progetti vengono calati dall'alto senza un adeguato coinvolgimento delle comunità locali, limitando l'adeguamento delle soluzioni alle reali esigenze dei cittadini. Azioni di prevenzione più efficaci e mirate, poi, richiederebbero una maggiore integrazione tra istituzioni e comunità locali, attraverso partenariati tra forze dell'ordine e associazioni locali del terzo settore, che conoscono bene le dinamiche del territorio.
  La presenza delle forze dell'ordine, in questo contesto, assume un valore simbolico, pratico e operativo. Simbolico, perché la loro presenza trasmette il messaggio che lo Stato è vicino ai cittadini; pratico, perché garantisce un monitoraggio costante del territorio; operativo, perché le forze dell'ordine devono essere pronte a intervenire tempestivamente quando necessario. Questo rafforza il senso di protezione nella popolazione, che deve sentirsi non solo monitorata, ma anche realmente tutelata in caso di necessità. Occorre considerare, inoltre, che nelle periferie le Forze dell'ordine hanno spesso rapporti di relazione personali con chi le abita. Stabilire relazioni significative appare un elemento cruciale, poiché la relazionalità con le Forze dell'ordine contribuisce ad aumentare la fiducia nelle istituzioni dello Stato e a contrastare la rappresentazione che i mezzi di comunicazione tendono a volte a dare delle periferie, enfatizzando episodi di criminalità che contribuiscono a una visione distorta della realtà periferica che finisce per rinforzare i pregiudizi verso chi vive in aree non centrali.
  La sicurezza è un elemento fondamentale per garantire la vivibilità delle periferie, ma non può essere ridotta esclusivamente alla presenza delle forze dell'ordine o a interventi repressivi. Una periferia sicura è quella in cui lo Stato è presente non solo attraverso le forze dell'ordine, componente essenziale e di cruciale importanza, ma anche tramite servizi, infrastrutture e opportunità che rafforzano la coesione sociale e prevengono il radicarsi di fenomeni criminali. In molte aree ad alta densità di criminalità in Italia gli interventi focalizzati unicamente sulla repressione hanno spesso fallito nel garantire risultati duraturi. Al contrario, esperienze di successo dimostrano che la sicurezza si costruisce attraverso un approccio integrato, che combina la presenza istituzionale e di controllo del territorio con iniziative per migliorare la qualità della vita dei residenti. Per una sicurezza duratura, quindi, è essenziale che la presenza istituzionale si accompagni a politiche sociali, educative e culturali. Solo integrando prevenzione, interventi e coesione sociale sarà possibile trasformare le periferie in luoghi non solo sicuri, ma anche vivi e accoglienti, dove il senso di appartenenza supera il rischio di isolamento e degrado.
  A tal fine lo sport può svolgere un ruolo fondamentale di promozione sociale. Lo sport offre un'opportunità di incontro tra persone di diverse origini, etnie e classi sociali. Nelle periferie, dove la segregazione sociale ed etnica può essere più marcata, praticare sport insieme aiuta a dissolvere pregiudizi, stereotipi e divisioni, promuovendo senso di appartenenza e solidarietà. Le attività sportive diventano uno spazio neutro in cui le differenze culturali vengono messe da parte per un obiettivo comune. La partecipazione a un'attività sportiva favorisce lo sviluppo di abilità fondamentali come il lavoro di squadra, la comunicazione,Pag. 203 la leadership e la gestione dei conflitti. Queste competenze sono essenziali per il miglioramento delle relazioni interpersonali nelle comunità periferiche, dove spesso si riscontrano alti tassi di isolamento e disgregazione sociale. Lo sport insegna anche il rispetto delle regole e la disciplina, creando un ambiente di crescita personale e collettiva. In molte periferie i giovani affrontano rischi legati alla disoccupazione, alla criminalità e alla marginalità sociale, a fronte dei quali lo sport può rappresentare una valida alternativa per canalizzare l'energia dei giovani verso attività positive, riducendo il rischio di coinvolgimento in comportamenti devianti. Inoltre, le attività sportive possono fungere da supporto psicologico, offrendo ai giovani un senso di realizzazione e un'opportunità di espressione. Lo sport è anche uno strumento di educazione civica e alla legalità, e in contesti dove la fiducia nelle istituzioni è bassa può contribuire a rafforzare la cultura del rispetto, dell'inclusività e della giustizia. Lo sport, infatti, promuove la parità di trattamento e la meritocrazia, valori che si riflettono positivamente nel comportamento quotidiano e nella relazione con le regole sociali. Le attività sportive, inoltre, possono essere un elemento chiave nella rigenerazione urbana delle periferie. Attraverso la creazione di impianti sportivi accessibili e la valorizzazione di spazi pubblici, infatti, lo sport può contribuire a trasformare le aree degradate in luoghi di incontro, socializzazione e sviluppo. Gli impianti sportivi diventano così punti di riferimento per la comunità, promuovendo l'uso positivo degli spazi pubblici e riducendo il rischio di vandalismo e criminalità.
  Anche gli oratori, come ripetutamente verificato nel corso di varie missioni esterne svolte dalla Commissione, rappresentano uno strumento prezioso per la socializzazione dei giovani nelle periferie. Le parrocchie, infatti, offrono spazi di incontro, attività ricreative, educative, sportive e di supporto alle famiglie. In molte periferie gli oratori sono tra i pochi luoghi in cui i giovani possono trascorrere il loro tempo libero in modo costruttivo, lontano da rischi di devianza e criminalità, offrendo corsi di formazione, laboratori creativi, attività sportive e occasioni di riflessione religiosa che possono diventare momenti di crescita personale e collettiva. Inoltre, grazie alla presenza di educatori e volontari, gli oratori sono luoghi in cui i giovani possono trovare supporto emotivo e psicologico, contribuendo così alla loro integrazione sociale.
  Una funzione simile, come centri di educazione e inclusione, può essere svolta anche dalle biblioteche. Questi spazi non sono solo luoghi di lettura, ma diventano anche punti di accesso alla conoscenza, alla cultura e alle informazioni. Attraverso l'organizzazione di eventi culturali, corsi di alfabetizzazione, laboratori creativi, attività didattiche e incontri con esperti, le biblioteche rispondono spesso alle esigenze di formazione e aggiornamento della comunità. In molte periferie, le biblioteche sono anche un rifugio per i giovani e gli adulti che non hanno accesso a risorse culturali altrove. Attraverso la promozione della lettura e l'offerta di attività educative, le biblioteche possono ridurre le disuguaglianze sociali, creando opportunità di apprendimento e di crescita.
  Nell'azione educativa ha chiaramente un peso fondamentale l'istituzione scolastica, sia per-ché coinvolta nella preparazione delle future generazioni, sia anche perché può costituire una presenza anche fisica Pag. 204di riferimento per i nuclei familiari e per tutta la popolazione residente in una determinata area. Occorre pertanto investire sulla preparazione del corpo docente (con insegnanti che andrebbero efficacemente formati ed incentivati, anche economicamente, ad operare nelle zone più disagiate), ma anche prevedere la possibilità di realizzare programmi rivolti alla generalità della popolazione, attraverso l'offerta di specifiche opportunità di educazione, formazione e inserimento lavorativo e l'apertura di spazi al di fuori dell'orario scolastico, con l'obiettivo di favorire l'integrazione sociale e la promozione della coesione comunitaria. La scuola sul territorio potrebbe così diventare un «luogo sicuro» ma anche un «centro sociale» di vita e impegno (anche di volontariato) aperto alla collettività, di prevenzione del crimine e di sostegno per le difficoltà delle persone. Al contrario, l'assenza di una funzione scolastica adeguata (o difficile da raggiungere a causa dell'assenza di una rete di mobilità) genera povertà educativa, incidendo fortemente sulle opportunità lavorative e di crescita dei giovani, contribuendo a generare e sostenere il fenomeno dei Neet, particolarmente grave in Italia.
  Ogni processo di rigenerazione urbana dovrebbe tener conto, poi, di un orientamento strategico che integri le azioni di tutela della salute nella progettazione territoriale, essendo forte la dipendenza tra il benessere fisico, psichico e sociale e il territorio in cui una persona vive. L'approccio definito dell'urban health, specificatamente per la popolazione che vive in ambiti metropolitani, ha reso evidente la stretta correlazione tra pianificazione urbana e salute, in cui il Servizio Sanitario Nazionale è chiamato ad assumere un ruolo rilevante, non solo come promotore di politiche e azioni volte a migliorare gli stili di vita e le condizioni della salute della popolazione, ma anche come garante della possibilità che tali miglioramenti siano facilitati e resi duraturi nel tempo (anche secondo quanto disposto dal DPCM 12 gennaio 2017 sui Livelli Essenziali di Assistenza – LEA). Evidenze scientifiche prodotte in campo medico mostrano, infatti, che il crescente inurbamento e la conseguente urbanizzazione delle periferie è collegata soprattutto a una crescita drammatica delle malattie croniche non trasmissibili (MCNT), come cardiopatie, diabete, broncopneumopatie e tumori: un fenomeno che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha recentemente definito specificatamente una «nuova epidemia urbana», con un peso evidente sulle finanze pubbliche.
  Il degrado urbano è un altro elemento chiave che caratterizza le periferie italiane. Molti di questi quartieri sono stati costruiti negli anni '60 e '70 con una logica di espansione rapida delle città, spesso senza un'adeguata pianificazione urbanistica e senza prevedere spazi pubblici e servizi. Questo ha portato alla creazione di quartieri dormitorio, caratterizzati da una forte densità abitativa, edifici fatiscenti, strade dissestate, illuminazione insufficiente e una generale assenza di manutenzione. A Roma, quartieri come Corviale e Laurentino 38 rappresentano esempi emblematici di questa problematica, con grandi complessi residenziali che nel tempo sono diventati simboli del degrado urbanistico e sociale. A Napoli, Palermo e Catania il degrado edilizio è particolarmente marcato, con numerosi edifici in stato di abbandono o bisognosi di manutenzione urgente.Pag. 205
  L'emergenza abitativa è un'altra criticità delle periferie, dove il fenomeno delle occupazioni abusive di immobili è diffuso e spesso collegato a reti di sfruttamento illegale. In città come Roma, Milano e Torino (assai meno a Firenze) numerosi edifici pubblici e privati sono stati occupati da famiglie senza casa o da gruppi organizzati che gestiscono l'assegnazione abusiva degli alloggi, creando situazioni di tensione con i residenti. La precarietà abitativa si manifesta anche nella presenza di intere aree trasformate in ghetti urbani, dove l'assenza di servizi e il sovraffollamento aggravano le condizioni di vita. Il tema delle occupazioni abusive di immobili rappresenta una delle sfide più complesse e rilevanti per l'urbanistica e l'edilizia, con effetti profondi e durevoli non solo sul mercato delle proprietà, ma anche sulla gestione delle risorse pubbliche e private. In un contesto urbano già segnato da un grave disagio abitativo, l'occupazione abusiva si inserisce in un panorama contraddittorio, dove convivono da un lato edifici ristrutturati, frutto di interventi di recupero e manutenzione che ne hanno incrementato il valore commerciale, e dall'altro immobili in grave stato di degrado, il cui valore di mercato è ormai ridotto ai minimi termini. Questa spaccatura ha ripercussioni non solo sulle dinamiche del mercato edilizio, ma anche sulla gestione delle occupazioni abusive, creando difficoltà nell'amministrazione delle indennità e aumentando la pressione sulle politiche urbanistiche e sulle risorse destinate alla risoluzione del problema. La crescita delle occupazioni arbitrarie si è tradotta in un'emergenza sociale che investe molte aree urbane, con conseguenze pesanti per la qualità della vita dei residenti, la sicurezza e la coesione sociale. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e strettamente legate a fattori economici e sociali: la crisi economica iniziata nel 2008, l'aumento della povertà, la crescente disuguaglianza sociale, i flussi migratori e il progressivo indebolimento delle politiche abitative, hanno tutti contribuito ad aggravare questa situazione di disagio. Nonostante i ripetuti interventi normativi (decreto-legge n. 14 del 2017, decreto-legge n. 113 del 2018) il fenomeno rimane un problema aperto, con difficoltà giuridiche e pratiche legate alla gestione delle situazioni abitative precarie e all'individuazione di soluzioni alternative per i soggetti vulnerabili.
  Alla base di molte delle difficoltà delle periferie vi è anche, ovviamente, la questione economica. Il tasso di disoccupazione è generalmente più alto rispetto alle zone centrali delle città, con una forte dipendenza dal lavoro nero e da forme di impiego precarie. La mancanza di opportunità professionali si riflette nella crescita del numero di giovani NEET, ossia di coloro che non studiano, non lavorano e non partecipano a percorsi di formazione. Questo fenomeno è particolarmente preoccupante nel Sud Italia, dove città come Napoli, Palermo e Catania registrano percentuali elevate di giovani che vivono in una condizione di inoccupazione prolungata. L'assenza di percorsi formativi e di accesso a impieghi qualificati alimenta il senso di frustrazione e di rassegnazione, contribuendo a rafforzare il legame tra disagio economico e criminalità.
  Un'altra criticità rilevante è l'accesso ai servizi pubblici, che nelle periferie risulta spesso insufficiente o inadeguato. La carenza di trasporti pubblici efficienti penalizza molte zone periferiche, rendendo difficoltoso per i residenti raggiungere i luoghi di lavoro, le scuole e i Pag. 206servizi sanitari. In alcune città, come Roma e Milano, le periferie sono mal collegate con il resto del tessuto urbano, costringendo gli abitanti a lunghi spostamenti quotidiani per accedere a servizi essenziali. La sanità è un altro settore in cui si registrano forti disuguaglianze tra centro e periferia, con una carenza di presidi ospedalieri e una minore disponibilità di servizi di assistenza.
  La difficoltà di integrazione tra le diverse componenti sociali è un altro fattore di tensione nelle periferie, soprattutto nelle città che hanno registrato una forte immigrazione negli ultimi decenni. La presenza di comunità multietniche non sempre è stata accompagnata da politiche di inclusione adeguate, portando alla formazione di quartieri chiusi, dove le dinamiche di segregazione sociale si sono consolidate nel tempo. Questo ha alimentato il rischio di conflitti tra gruppi diversi e ha reso ancora più difficile il processo di coesione sociale.

4.2 Interventi e prospettive

  Negli ultimi anni il tema delle periferie italiane è diventato sempre più centrale nelle politiche nazionali e locali, con un'attenzione crescente alle strategie di riqualificazione urbana, sicurezza, inclusione sociale e sviluppo economico. La consapevolezza una serie di interventi, i quali puntano non solo a migliorare le infrastrutture e i servizi, ma anche a rafforzare il tessuto sociale e a creare nuove opportunità di crescita per chi vi abita. Le azioni messe in campo dal governo centrale, dalle amministrazioni locali e dall'Unione Europea si sviluppano su più livelli, con un approccio che combina misure di contrasto alla criminalità e alla marginalità con progetti di rigenerazione urbana e inclusione lavorativa, nella convinzione che solo un'azione integrata può davvero migliorare le condizioni di vita delle periferie e ridurre il divario con i centri cittadini.
  Per quanto concerne il versante normativo, la legislazione recente ha segnato alcuni importanti passi avanti nella giusta direzione, che testimoniano di un rinnovato interesse per le periferie urbane del nostro Paese dopo anni di sostanziale immobilismo. Il punto di svolta è sicuramente rappresentato del cd. Decreto Caivano, adottato nel settembre 2023 (decreto-legge n. 123/2023), che ha consentito di affrontare le gravi problematiche di quel territorio con un approccio innovativo, basato sulla immediatezza e semplificazione degli interventi e su una strategia integrata, che chiama in causa le competenze di vari ministeri, per intervenire simultaneamente su tutti gli aspetti che caratterizzano il degrado, l'insicurezza e la marginalità dell'area. È stato innanzitutto nominato un Commissario straordinario con il compito di predisporre e attuare un piano di interventi infrastrutturali e di riqualificazione del territorio di Caivano (tra cui il centro sportivo ex Delphinia), prevedendo la possibilità di agire in deroga a ogni disposizione di legge (diversa da quella penale). Le strutture amministrative del Comune (tra cui educatori e assistenti sociali) e il contingente di Polizia locale sono stati rafforzati prevedendo la possibilità di assumere personale, in tempi brevi, con modalità semplificate. È stato disposto un rifinanziamento di 12 milioni di euro per il Piano strategico «Grandi Progetti Beni culturali», al fine di sostenere interventi per la realizzazione o la riqualificazione di infrastrutture culturali nel territorio.Pag. 207 Sono stati finanziati, inoltre, con 5 milioni di euro, specifici progetti finalizzati alla costruzione o rigenerazione di edifici e spazi nell'area di Caivano, da destinare ad attività educative e formative, realizzati dalle istituzioni universitarie con sede in Campania; è inoltre previsto un accordo di programma tra il Ministero dell'Università e della Ricerca e una o più università statali con sede in Campania, volto alla predisposizione di specifici percorsi di orientamento universitario, allo scopo di fornire supporto sociale, culturale e psicologico agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Caivano e dei comuni limitrofi. Infine, è stata potenziata la rete territoriale antiviolenza nel Comune, al fine di offrire maggiore supporto alle vittime di violenza e prevenire con maggiore efficacia tali fenomeni.
  Di grande rilievo per contrastare il fenomeno, purtroppo ancora assai diffuso in alcune realtà periferiche, dell'occupazione abusiva di immobili, è l'articolo 10 del disegno di legge governativo in materia di sicurezza (A.S. n. 1236, approvato in prima lettura dalla Camera e attualmente all'esame dell'Assemblea del Senato), il quale introduce il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (o delle relative pertinenze) e una procedura d'urgenza per il rilascio dell'immobile e la reintegrazione nel possesso. In particolare, la nuova fattispecie penale prevede che è punito, con la reclusione da 2 a 7 anni, chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui ovvero impedisce il rientro del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, nonché chiunque si appropria con artifizi o raggiri di un immobile altrui ovvero cede ad altri l'immobile occupato. Soggiace alla stessa pena chiunque, fuori dai casi di concorso, si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione. Assai rilevanti sono, poi, la perseguibilità d'ufficio del reato nei casi in cui il fatto sia commesso ai danni di una persona incapace oppure riguardi un bene pubblico o destinato al pubblico e, soprattutto, la previsione del rilascio coatto dell'immobile da parte dell'occupante, previa autorizzazione del pubblico ministero (autorizzazione che può essere scritta ma anche resa oralmente e confermata per iscritto o resa per via telematica), nel caso sussistano fondati motivi per ritenere l'arbitrarietà dell'occupazione.
  Una spinta alla promozione culturale nelle periferie potrà derivare da quanto previsto, da ultimo, dal decreto-legge n. 201 del 2024 (cd. Decreto cultura). Il provvedimento prevede l'adozione del «Piano Olivetti per la cultura», con l'obiettivo di favorire lo sviluppo della cultura come bene comune accessibile e integrato nella vita delle comunità; promuovere la rigenerazione culturale delle periferie e delle aree svantaggiate, in particolare quelle caratterizzate da marginalità sociale ed economica, degrado urbano, denatalità, anche tramite il coinvolgimento degli enti del Terzo settore in attività di coprogettazione (ai sensi dell'articolo 55 del codice del Terzo settore); promuovere la produzione culturale e artistica giovanile; valorizzare le biblioteche, con il loro patrimonio materiale e digitale, quali strumenti di educazione intellettuale e civica, di socialità e di connessione con il tessuto sociale.
  Il «modello Caivano», sperimentato sul campo con l'applicazione del complesso di misure e interventi previsti dal decreto-legge 123/Pag. 2082023, ha rappresentato un punto di riferimento costante nell'attività della Commissione, la quale si è ripetutamente interrogata, anche nel confronto con gli esponenti dei territori oggetto dei sopralluoghi, sulla sua replicabilità in altri contesti locali e sulla sua sostenibilità finanziaria se applicato su una scala più vasta. Tenendo conto dei dati raccolti e dell'esperienza maturata nel corso della sua attività, la Commissione ha valutato assai positivamente l'approccio integrato del modello Caivano auspicandone, ripetutamente e pubblicamente, l'estensione ad altre realtà locali. La Commissione ha salutato con favore, quindi, la decisione del Governo di intervenire con un nuovo decreto-legge (n. 208 del 2024, cd. Decreto Caivano-bis) che, sul modello del precedente decreto-legge n. 123 del 2023, ha disposto uno stanziamento di 180 milioni nel triennio 2025-2027, affidando ad un Commissario straordinario (con il supporto tecnico-operativo di INVITALIA S.p.A. e di Sport e Salute S.p.A.) il compito di redigere un nuovo piano straordinario di interventi infrastrutturali e di progetti di riqualificazione sociale di sei Comuni e aree metropolitane ad alta vulnerabilità sociale: Rozzano, Roma Quartiere Alessandrino-Quarticciolo, Napoli Quartiere Scampia-Secondigliano, Orta Nova, Rosarno-San Ferdinando, Catania Quartiere San Cristoforo, Palermo Borgonuovo. Nel prosieguo della propria attività la Commissione intende monitorare con attenzione l'implementazione di questo secondo decreto, al fine di trarne utili elementi di valutazione in vista di una ulteriore generalizzazione delle modalità di intervento in esso adottate.
  Alle innovazioni sul piano legislativo corrispondono, in alcuni territori, anche interventi che sembrano segnare una certa discontinuità rispetto al passato. Per quanto concerne il profilo della sicurezza, il Ministero dell'Interno ha avviato una serie di operazioni mirate a rafforzare il presidio dello Stato nei quartieri più problematici, con un aumento delle forze dell'ordine, l'incremento delle operazioni ad alto impatto, l'installazione di nuovi sistemi di videosorveglianza e l'intensificazione delle attività di contrasto allo spaccio di droga e alla criminalità minorile. In varie città le operazioni di polizia sono state accompagnate dall'istituzione di presidi fissi nei quartieri più esposti al rischio di illegalità, con l'obiettivo di garantire una presenza costante delle forze dell'ordine e di interrompere il controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali. Allo stesso tempo, si stanno sviluppando programmi di prevenzione per contrastare il fenomeno delle baby gang, che negli ultimi anni si è diffuso in diverse città, con bande giovanili che si organizzano per compiere rapine, atti di vandalismo e violenze gratuite. A Torino e Palermo sono stati attivati progetti rivolti ai giovani più a rischio, con il coinvolgimento delle scuole e delle associazioni del territorio per offrire alternative concrete alla strada e alle attività criminali, mentre in altre città si stanno sperimentando modelli di collaborazione tra le istituzioni e il terzo settore per prevenire la devianza giovanile e favorire percorsi di inserimento lavorativo e formativo.
  Un altro pilastro delle politiche per le periferie è la rigenerazione urbana, con interventi volti a migliorare la qualità degli spazi pubblici e a contrastare il degrado edilizio. Dai primi anni '90 del secolo scorso la gran parte degli interventi statali nelle periferie urbane degradate è avvenuto tramite bandi concorrenziali, che hanno premiato le amministrazioniPag. 209 efficienti piuttosto che fornire risorse ai contesti di maggiore sofferenza, spesso caratterizzati da ridotte capacità amministrative. Nel tracciare indirizzi innovativi per il ruolo dello Stato nelle periferie degradate, pertanto, occorrere innanzitutto interpretare correttamente il principio di sussidiarietà, prevedendo misure di affiancamento dello Stato a regioni e amministrazioni locali in difficoltà, potenziandone le capacità amministrative. Merita considerare, inoltre, la necessità di dare piena attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha consolidato la nuova materia di legislazione concorrente «governo del territorio». A fronte di ciò, mentre quasi tutte le regioni hanno adottato provvedimenti legislativi in materia, innovando e consolidando le variegate prassi regionali di pianificazione, manca ancora una legislazione statale di principio. Nel corso degli ultimi anni si sono succeduti vari e contraddittori provvedimenti di modifica del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), al cui interno sono stati inseriti, con pretese di semplificazione, elementi di disciplina urbanistica che avrebbero invece dovuto essere oggetto della suddetta legislazione statale di principio. Essi hanno riguardato, in particolare, le attività di demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d'uso, definite come «ristrutturazione edilizia», ed hanno impattato sulle vigenti normative dei piani urbanistici creando applicazioni improprie e complesse problematiche interpretative. Gli interventi di demolizione e ricostruzione e i cambi d'uso costituiscono componenti importanti della rigenerazione urbana e per questa ragione non possono essere trattati come interventi esclusivamente edilizi. Una legge organica per la rigenerazione urbana dovrebbe inoltre occuparsi anche della riqualificazione delle aree destinate agli esercizi commerciali, garantendo decoro urbano ed eventuali regolamentazioni, per evitare che tali spazi diventino presidi di illegalità invece che occhi vigili per la sicurezza, la socialità e il servizio al territorio. Una legge organica per la rigenerazione urbana, provvedendo alla definizione di principi fondamentali di governo del territorio, dovrebbe pertanto intervenire in modo chiaro anche su tali profili.
  Oggi, grazie soprattutto ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono stati avviati importanti progetti di riqualificazione che riguardano la ristrutturazione di edifici fatiscenti, la creazione di nuovi spazi verdi e la realizzazione di infrastrutture per la mobilità sostenibile. A Roma, il quartiere di Corviale è al centro di un programma di recupero che prevede la riqualificazione degli alloggi popolari, la creazione di nuovi servizi e la valorizzazione degli spazi pubblici, mentre a Milano si stanno portando avanti interventi di rigenerazione nelle periferie sud e ovest, con la riqualificazione di aree industriali dismesse e la creazione di nuovi poli culturali e sportivi. A Napoli e Torino i progetti di riqualificazione puntano a migliorare la qualità abitativa e a favorire la partecipazione dei cittadini, con l'attivazione di piani di co-progettazione urbana che coinvolgono direttamente i residenti nella definizione delle priorità di intervento e nella gestione degli spazi pubblici. L'obiettivo di questi programmi non è solo quello di migliorare il decoro urbano, ma anche di favorire una maggiore coesione sociale e di ridurre il rischio di degrado e vandalismo, creando ambienti più vivibili e sicuri. Occorre comprendere, infatti, che la trasformazione urbana non può limitarsi alla mera modifica estetica o Pag. 210funzionale degli spazi, ma deve puntare a un rinnovamento profondo, che semplifichi e arricchisca il sistema delle realtà locali, con particolare attenzione alle diverse espressioni storiche e culturali che caratterizzano il territorio. La città è, infatti, un organismo complesso, intrecciato da significati nascosti che, purtroppo, vengono frequentemente trascurati o ignorati. Questi significati, che sono radicati nella storia e nelle esperienze quotidiane, rappresentano una ricchezza che non può essere ridotta a semplice estetica. Ogni angolo della città, ogni strada o piazza, possiede una memoria che merita di essere riconosciuta e valorizzata. È essenziale, dunque, considerare queste memorie nascoste e non ancora adeguatamente esplorate, come risorse per una progettazione urbana che rispetti e potenzi la dimensione sociale e storica di ogni luogo. In questo contesto, le periferie, spesso considerate spazi marginali, costituiscono un vero e proprio patrimonio nascosto. Queste aree, lontane dal centro storico, sono in realtà «città dentro la città», territori con una propria identità che meritano di essere valorizzati in modo specifico. La progettazione urbanistica ha spesso ignorato questa pluralità, riducendo le periferie a semplici aree residenziali senza considerare la loro ricchezza culturale e storica. Al contrario, le periferie dovrebbero essere viste come luoghi in grado di esprimere una memoria collettiva viva, che affonda le radici in storie, tradizioni e legami comunitari. Un intervento urbanistico consapevole dovrebbe quindi riconoscere il valore di ogni singolo spazio, anche quello apparentemente più isolato o marginale, e puntare a una progettazione che non solo restituisca loro dignità, ma che incoraggi anche una maggiore connessione tra le diverse aree della città. Ogni territorio, ogni quartiere ha una specificità che non va solo preservata, ma potenziata, contribuendo così alla creazione di una città complessa, ma armoniosa, che risponda ai bisogni della collettività. Per farlo è necessario che la città non venga più trattata come un insieme di spazi separati, ma come un organismo vivente, che si evolve nel tempo e che deve essere progettato e vissuto come un insieme di relazioni tra luoghi, storie, persone. Le memorie nascoste sono dunque una risorsa fondamentale per rigenerare la città, che consente di restituire ad ogni luogo la propria identità, un'identità non immediatamente percepibile ma che prende forma attraverso il vissuto delle persone che lo abitano. La chiave della trasformazione urbana sta, in sostanza, nel riconoscere questa memoria e farla diventare parte del progetto di città del futuro.
  Un elemento chiave per una gestione integrata del territorio è l'uso delle mappe georeferenziate, che offrono una rappresentazione precisa e stratificata dei luoghi, utilizzando «layer» o strati tematici. Ogni strato può rappresentare un diverso tipo di informazione, come l'uso del suolo, le infrastrutture, le aree verdi, o le zone vulnerabili, permettendo così una visualizzazione complessa e multilivello degli spazi urbani. Questo approccio risulta fondamentale per comprendere la realtà di un territorio, soprattutto in un contesto urbano che deve far fronte a sfide di diversa natura, tra cui quelle economiche, sociali e urbanistiche. In ambito urbanistico l'analisi geospaziale consente di progettare interventi più mirati e consapevoli. Per esempio, un urbanista può facilmente identificare aree ad alta densità abitativa dove intervenire con nuove infrastrutture residenziali o spazi pubblici, oppure individuare zone vulnerabili come quelle a rischio sismico dove Pag. 211pianificare opere di prevenzione e sicurezza. La gestione del territorio non si limita alla mera regolamentazione edilizia, ma si arricchisce di una dimensione sociale ed ecologica, in cui la qualità della vita e la coesione sociale sono integrate nel processo di pianificazione. In termini edilizi una pianificazione integrata, come quella suggerita dalle mappe georeferenziate, implica un aggiornamento continuo delle informazioni per progettare interventi in sintonia con le necessità del territorio. La rigenerazione urbana, che è spesso il cuore di questi processi, non può limitarsi alla riqualificazione fisica degli spazi, ma deve abbracciare anche il recupero delle dinamiche sociali, economiche e culturali dei quartieri, per creare un ambiente che sia non solo funzionale, ma anche coeso e inclusivo. Ad esempio, un'area caratterizzata da un elevato tasso di disoccupazione giovanile potrebbe beneficiare di investimenti in infrastrutture educative, che, oltre a migliorare l'accessibilità, promuovano l'inclusione sociale e la partecipazione attiva della comunità. Un ulteriore vantaggio dell'approccio geospaziale è la possibilità di integrare variabili diverse in un'unica mappa strategica, che consente di ottenere una visione complessiva delle risorse e delle problematiche di ogni zona. Per esempio, combinando dati sulle infrastrutture, sulla densità abitativa e sulle vulnerabilità ambientali, è possibile creare politiche più efficaci per contrastare le disuguaglianze urbane e promuovere una crescita equilibrata. Le mappe, dunque, non solo forniscono un orientamento per gli interventi edilizi, ma stimolano anche la progettazione di spazi pubblici inclusivi e sostenibili, che rispondano alle diverse esigenze della popolazione. Attraverso l'interazione tra le mappe locali e globali, le amministrazioni possono quindi monitorare l'evoluzione del territorio in relazione alle dinamiche globali, come i cambiamenti demografici o le tendenze economiche. Questa visione integrata consente una pianificazione più fluida e adattabile, capace di rispondere alle sfide future senza perdere di vista le specificità locali. In questo modo la gestione integrata del territorio non solo ottimizza l'uso delle risorse, ma contribuisce anche a creare città più resilienti e armoniose, dove ogni intervento edilizio è pensato per migliorare la qualità della vita e la sostenibilità a lungo termine.
  Un altro aspetto fondamentale delle strategie per le periferie riguarda le politiche abitative, con un'attenzione particolare all'emergenza delle occupazioni abusive e alla necessità di garantire soluzioni abitative dignitose per chi vive in condizioni di precarietà. In diverse città italiane sono stati avviati piani per la costruzione di nuovi alloggi popolari e per il recupero di edifici pubblici inutilizzati da destinare a famiglie in difficoltà, con un duplice obiettivo: da un lato, ridurre il numero di persone costrette a occupare abusivamente immobili in stato di abbandono; dall'altro, offrire alternative concrete attraverso un sistema di assegnazione trasparente e basato su criteri di fragilità sociale ed economica. A Roma il Comune ha avviato un piano per la regolarizzazione delle occupazioni e per la graduale assegnazione di alloggi a chi ne ha realmente diritto, mentre a Milano e Napoli si stanno sperimentando soluzioni di co-housing sociale che prevedono forme di abitazione condivisa per favorire la solidarietà tra i residenti e ridurre i costi abitativi. Questi interventi si inseriscono in un quadro più ampio di politiche per il diritto alla casa, che punta a contrastare la speculazionePag. 212 immobiliare e a garantire un accesso più equo all'abitazione, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.
  Sul fronte dell'istruzione e della formazione, uno dei principali obiettivi delle politiche per le periferie è il contrasto alla dispersione scolastica, che in molte città raggiunge livelli allarmanti. Il programma Agenda Sud, promosso dal Ministero dell'Istruzione, mira a migliorare la qualità dell'istruzione nelle scuole delle aree più a rischio, attraverso l'introduzione della figura del docente tutor, il potenziamento del tempo pieno e la creazione di laboratori extrascolastici per attività artistiche, tecnologiche e sportive. In città come Napoli, Palermo e Catania si stanno sperimentando nuovi modelli didattici per rendere la scuola più attrattiva e accessibile, con l'obiettivo di ridurre l'abbandono scolastico e di favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Accanto agli interventi per l'istruzione si stanno sviluppando politiche di inclusione lavorativa, con programmi di formazione professionale rivolti ai NEET e incentivi per le imprese che assumono giovani residenti nelle periferie. A Milano e Torino sono stati attivati corsi di formazione nei settori della digitalizzazione, dell'artigianato e del turismo, mentre a Roma e Napoli si stanno sperimentando modelli di incubatori di impresa per sostenere le start-up e le attività economiche locali.
  Un altro aspetto cruciale delle strategie per le periferie riguarda la mobilità e l'accesso ai servizi, con investimenti per migliorare i collegamenti tra le zone periferiche e i centri cittadini. Il PNRR prevede il potenziamento delle reti di trasporto pubblico locale, con l'acquisto di nuovi mezzi, l'estensione delle linee metropolitane e la creazione di nuove infrastrutture per la mobilità sostenibile. A Roma, sono in corso lavori per il potenziamento della rete tranviaria e per la creazione di nuove corsie preferenziali per gli autobus, mentre a Milano il prolungamento della linea M4 della metropolitana e il rafforzamento delle reti ferroviarie urbane mirano a ridurre i tempi di spostamento e a migliorare la qualità del trasporto pubblico. Anche a Napoli e Torino sono previsti interventi per rendere più efficienti i trasporti e per facilitare l'accesso ai servizi essenziali, con un'attenzione particolare alle fasce più deboli della popolazione.
  Un ulteriore profilo di assoluto rilievo è, poi, la collaborazione pubblico-privato, che costituisce un'opportunità essenziale per affrontare le sfide legate alla riqualificazione urbana e al miglioramento del tessuto sociale ed economico delle periferie. Quando gli enti pubblici, le aziende private e le organizzazioni no-profit collaborano, le risorse disponibili per finanziare e gestire interventi urbanistici di ampio respiro aumentano notevolmente, creando un circolo virtuoso che può portare a soluzioni più rapide ed efficienti per la trasformazione delle aree urbane degradate. Questo tipo di collaborazione diventa particolarmente cruciale in un contesto in cui i fondi pubblici da soli non sono sufficienti a sostenere progetti di grande portata, spesso troppo onerosi per essere realizzati autonomamente da parte delle amministrazioni pubbliche.
  Nel settore urbanistico e edilizio l'integrazione tra pubblico e privato permette di superare le difficoltà economiche e operative legate alla riqualificazione delle periferie, un processo che richiede non solo investimenti finanziari, ma anche un know-how tecnico e gestionale di Pag. 213alto livello. Le aziende, con il loro capitale e le competenze specifiche, possono offrire un apporto decisivo in termini di definizione e gestione dei progetti, mentre gli enti pubblici forniscono il quadro normativo e le politiche necessarie per garantire che le iniziative siano in linea con le reali esigenze delle comunità. Questa sinergia consente di realizzare interventi che vanno oltre la semplice ristrutturazione edilizia, rispondendo anche a obiettivi sociali e culturali. Un esempio significativo di questa collaborazione si registra nell'ambito della riqualificazione di spazi pubblici e storici, dove le aziende private, attraverso sponsorizzazioni, hanno contribuito al restauro di edifici storici o alla creazione di parchi e piazze. Questi interventi non solo migliorano l'estetica e la funzionalità urbana, ma creano anche nuovi luoghi di aggregazione per la comunità, stimolando al contempo l'economia locale. L'aspetto culturale, inoltre, gioca un ruolo fondamentale, poiché progetti sponsorizzati da fondazioni e aziende non solo rinnovano gli spazi, ma li rendono anche centri di attività culturali e sociali, con effetti positivi sulle dinamiche economiche e sulla qualità della vita degli abitanti.
  Anche a livello sociale le collaborazioni tra pubblico e privato hanno permesso di sviluppare programmi di inclusione, come quelli legati alla formazione professionale, all'inserimento lavorativo e alla creazione di nuovi servizi, offrendo opportunità concrete ai residenti delle periferie. La gestione condivisa delle risorse e l'approccio integrato tra i diversi attori coinvolti permettono di ottimizzare l'impiego dei fondi, migliorando non solo l'efficacia degli interventi edilizi, ma anche la qualità dei servizi pubblici erogati, con impatti diretti sul benessere delle persone.
  In particolare, il Terzo settore può e deve svolgere un ruolo più incisivo, contribuendo alla gestione e al mantenimento delle opere pubbliche, al fine di garantire che queste mantengano la loro funzione sociale e urbana nel tempo. La collaborazione con le associazioni del Terzo settore potrebbe infatti rappresentare una soluzione efficace per prevenire il degrado delle infrastrutture e favorire il loro utilizzo continuativo, rispondendo in modo sostenibile agli interessi della collettività. La sfida per le amministrazioni pubbliche, infatti, non riguarda solo la capacità di progettare e realizzare interventi urbanistici e edilizi, ma anche la capacità di garantirne la gestione a lungo termine. A tale riguardo si segnala che la Commissione, nel corso dei sopralluoghi esterni, si è vista ripetutamente rappresentare, da parte degli amministratori locali, le difficoltà e gli ostacoli, anche di tipo normativo, che ancora si frappongono alla piena valorizzazione del ruolo del Terzo settore e, più in generale, del volontariato sociale, nella gestione di numerosi servizi pubblici. Appare necessario, pertanto, intervenire per sviluppare appieno le potenzialità presenti nel Codice del Terzo settore, che ha previsto alcuni strumenti innovativi (quali la co-programmazione, la co-progettazione, le convenzioni) per il coinvolgimento dei cittadini nell'esercizio delle funzioni programmatorie, organizzative e gestionali degli enti locali, rimuovendo gli ostacoli che ancora si frappongono al loro pieno utilizzo: a tal fine la Commissione ha formulato alcune proposte di intervento normativo (illustrate nel dettaglio nel capitolo 2.3.3 della presente relazione), che intende sottoporre a breve alla valutazione dei competenti organi della Camera dei deputati.Pag. 214
  Una menzione specifica merita, infine, la valorizzazione e il potenziamento del patrimonio pubblico, in particolare attraverso il riadattamento a nuove funzioni. Questo processo si presenta come una sfida complessa, ma essenziale, in un contesto in cui l'urgenza di ridurre l'impatto ambientale e ottimizzare l'uso delle risorse è sempre maggiore. La valorizzazione, infatti, non dovrebbe dipendere solo dall'intervento privato, ma dovrebbe coinvolgere in maniera significativa anche le proprietà pubbliche, creando un equilibrio tra le necessità di sviluppo del settore privato e le esigenze di utilità pubblica. È fondamentale che gli spazi pubblici siano progettati per soddisfare le necessità della comunità, assicurando accessibilità, funzionalità e inclusività. In questo contesto l'integrazione delle risorse pubbliche diventa una leva strategica per migliorare la qualità e la fruibilità degli spazi, creando ambienti che rispondano alle esigenze dei cittadini e siano in linea con una visione sostenibile e socialmente responsabile. Il patrimonio pubblico, che comprende una vasta gamma di tipologie edilizie, rappresenta quindi un elemento cruciale per il processo di valorizzazione. Tra queste tipologie edilizie si trovano edifici industriali dismessi, scuole, carceri, monasteri e numerosi altri beni statali, e ogni tipo di edificio presenta specificità architettoniche e funzionali che richiedono un'analisi approfondita delle condizioni di conservazione e delle normative speciali che ne regolano l'utilizzo. È necessario mappare questi beni per individuare quelli che possono essere riadattati e trasformati in spazi funzionali per scopi pubblici, tenendo conto anche delle condizioni di manutenzione e, sulla base di queste, valutare la fattibilità dei progetti di riconversione e garantire la sostenibilità degli interventi nel lungo periodo. Questa visione di valorizzazione si allinea peraltro agli obiettivi dell'Agenda Urbana Europea 2030, che promuove il riutilizzo dell'esistente come strumento per ridurre l'impatto ambientale delle nuove costruzioni e ottimizzare l'uso delle risorse. Il riutilizzo del patrimonio pubblico, quindi, non solo preserva il valore storico e culturale dei luoghi, ma risponde anche a criteri di sostenibilità e alle necessità di una società sempre più orientata alla riduzione dei consumi e alla tutela dell'ambiente. Per affrontare efficacemente la sfida della valorizzazione del patrimonio pubblico appare necessario, poi, analizzare esperienze già attuate in altri contesti, esaminando i tempi, le problematiche e le soluzioni adottate. Solo una comprensione approfondita delle pratiche esistenti permetterà di definire con maggiore precisione il processo operativo per il riutilizzo del patrimonio pubblico, identificando le procedure burocratiche e amministrative necessarie e ottimizzando i flussi operativi. Il riadattamento e la valorizzazione del patrimonio pubblico offrono una grande opportunità per trasformare gli edifici esistenti in risorse utili per le comunità. Attraverso una pianificazione attenta e una valutazione accurata delle risorse disponibili sarà possibile generare valore sociale, ambientale ed economico, in sintonia con gli obiettivi di sostenibilità e inclusività dell'Agenda Urbana Europea 2030.
  Alla luce di quanto fin qui esposto emerge chiaramente un dato di fondo: le periferie italiane si configurano come luoghi caratterizzati da una forte marginalità, dove la combinazione di insicurezza, precarietà economica, degrado urbano e carenza di servizi genera un senso di isolamento e di esclusione. Questi territori rappresentano pertanto una Pag. 215sfida complessa, poiché il disagio che li caratterizza non è solo una questione di infrastrutture, ma riguarda in profondità il tessuto sociale, culturale ed economico delle città. Le soluzioni per le periferie devono dunque puntare su un approccio integrato, che combini interventi strutturali e misure di inclusione sociale per ridurre il divario con i centri cittadini e per creare nuove opportunità di crescita e sviluppo. L'obiettivo finale è quello di trasformare le periferie in luoghi più sicuri, vivibili e inclusivi, in cui il degrado e l'esclusione sociale possano lasciare spazio a nuovi modelli di comunità e di partecipazione. Questo processo richiede la conoscenza approfondita degli interventi messi in atto nei territori e delle soluzioni più efficaci adottate in relazione a ciascuno dei profili che caratterizzano il degrado delle aree periferiche. A tale riguardo potrebbe essere assai utile implementare una «piattaforma di condivisione» di quelle che emergono, sulla base di indicatori condivisi e di processi di valutazione trasparenti e standardizzati, come le migliori esperienze locali, da rendere disponibili sia ai decisori pubblici, sia ai soggetti del Terzo settore, con l'obiettivo di assicurare maggiore efficacia agli interventi e finalizzare al meglio le risorse a disposizione.
  Il lavoro della Commissione intende proseguire, pertanto, entro questa cornice concettuale e interpretativa, per approfondire ulteriormente ciascuno dei profili di cui si compone, come si è avuto modo di delineare, il complesso quadro del degrado, della marginalità e dell'insicurezza che caratterizzano molte delle periferie urbane delle nostre città. Per fare ciò, pertanto, l'attività della Commissione continuerà a svilupparsi, nei prossimi mesi, secondo il triplice schema fin qui adottato: analisi e studio delle problematiche che riguardano le periferie, con audizioni di esperti ed esponenti di realtà sociali impegnate nei territori; presenza istituzionale sul territorio, completando innanzitutto le visite nelle città metropolitane e dedicando particolare attenzione alle periferie della Capitale; proposte di intervento normativo, da sottoporre progressivamente ai competenti organi deliberativi della Camera sulla base dei dati emergenti dalle proprie attività, dai territori e delle indicazioni degli esperti.