Doc. XVII, n. 11
DOCUMENTO APPROVATO
DAL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE
nella seduta del 24 settembre 2025
A CONCLUSIONE DELL'INDAGINE CONOSCITIVA
deliberata nella seduta del 19 dicembre 2023
SUI PROFILI CRITICI DELLA PRODUZIONE NORMATIVA E PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE
(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)
Indagine conoscitiva sui profili critici della produzione normativa e proposte per il miglioramento della qualità della legislazione
DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO
INDICE
INTRODUZIONE ... Pag. 5
1. La qualità della legislazione ... » 6
1.1 Crisi del sistema delle fonti, forma di governo, qualità della legislazione ... » 6
Forma di Governo e sistema delle fonti ... » 6
Crisi del sistema delle fonti e qualità della legislazione ... » 8
1.2. La scelta dello strumento normativo ... » 10
Ipertrofia normativa, ma non legislativa ... » 10
Utilizzo improprio della delega legislativa ... » 11
Leggi provvedimento e amministrazione per legge ... » 13
Fuga dal regolamento ... » 14
1.3. La conformità ai parametri costituzionali ... » 15
Il decreto-legge ... » 15
Difetto dei presupposti ... » 15
Difetto di omogeneità ... » 16
La legge oscura ... » 18
Seguito delle decisioni della Corte costituzionale ... » 18
1.4. Gli strumenti per la qualità formale della legislazione ... » 19
Le regole per la redazione dei testi normativi ... » 21
Lo sviluppo di competenze specialistiche per la redazione dei testi legislativi ... » 23
I profili linguistici nella redazione degli atti normativi ... » 25
1.5. Gli strumenti per la qualità sostanziale della legislazione ... » 26
L'analisi tecnico-normativa ... » 29
L'analisi di impatto della regolamentazione ... » 30
La verifica di impatto della regolamentazione ... » 33
Monitoraggio e valutazione ... » 37
Le consultazioni pubbliche ... » 37
1.6. Gli strumenti per il controllo della qualità della legislazione ... » 39
2. La qualità del processo legislativo ... » 42
2.1. L'iniziativa legislativa ... » 42
La programmazione dell'attività normativa nel contesto di un sistema normativo multilivello ... » 42
Pag. 4La concentrazione dell'iniziativa legislativa (ma non solo) nel Governo ... Pag. 44
Il contesto materiale come presupposto della programmazione e della qualità legislativa ... » 46
Alcune proposte per migliorare la programmazione: il voto a data certa e l'attuazione programmata e vincolata delle sentenze della Corte costituzionale ... » 47
I decreti-legge a contenuto plurimo e la disomogeneità come fattore moltiplicatore dell'incoerenza e della precarietà legislativa ... » 48
Alcune proposte per arginare (nell'immediato) l’«abuso» della decretazione d'urgenza ... » 50
2.2. L'esame in sede parlamentare ... » 51
L'attività emendativa e subemendativa ... » 51
L'attività emendativa in sede di conversione dei decreti-legge ... » 53
La confluenza di decreti-legge ... » 54
2.3. La deliberazione ... » 56
Il «maxi-emendamento» nella prassi parlamentare ... » 56
Questione di fiducia e giurisprudenza costituzionale ... » 59
Testi di ampie dimensioni e voto bloccato tra principi costituzionali e qualità della legislazione ... » 61
Il monocameralismo alternato ... » 62
2.4. L'attuazione e l'applicazione ... » 65
2.5. Gli strumenti per la semplificazione normativa ... » 66
2.6. Gli strumenti per l'innovazione e la digitalizzazione ... » 71
Conclusioni ... » 73
Contenere il ricorso alla decretazione d'urgenza e recuperare la centralità del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa ... » 74
Un maggiore coordinamento tra gli attori del processo legislativo ... » 75
Ripensare le regole per la redazione dei testi legislativi e riprendere il processo di codificazione ... » 75
Investire sulla conoscenza ... » 76
Un nuovo ruolo per i Comitati per la legislazione ... » 78
Pag. 5INTRODUZIONE
Al fine di analizzare e ampliare la conoscenza delle tendenze consolidatesi nelle ultime legislature nella produzione normativa, il Comitato per la legislazione del Senato e il Comitato per la legislazione della Camera hanno deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva congiunta sui profili critici della produzione normativa e sulle proposte per il miglioramento della qualità della legislazione. Si è trattato della prima indagine conoscitiva dei due Comitati; come è noto, il Comitato per la legislazione del Senato è stato istituito per la prima volta all'avvio della XIX legislatura, nel gennaio 2023; anche per il Comitato per la legislazione della Camera, che pure in passato ha svolto attività di approfondimento e analisi, attraverso gli strumenti delle audizioni informali e delle audizioni formali di rappresentanti del Governo, si è trattato dalla prima indagine conoscitiva.
L'indagine ha cercato di esaminare le tendenze ormai consolidate da più legislature in tema di produzione normativa: i diversi strumenti normativi usati, con riferimento anche alle modalità di ricorso alla decretazione d'urgenza: l'incremento dell'ampiezza dei testi normativi (soprattutto per quanto concerne il numero di commi e di parole); la redazione di testi normativi, spesso, complessi e articolati sul piano strutturale e lessicale; l'applicazione ancora molto limitata dell'analisi di impatto e degli altri strumenti per la qualità della regolazione.
L'indagine è stata deliberata dal Comitato per la legislazione del Senato nella seduta del 7 novembre 2023 e dal Comitato per la legislazione della Camera nella seduta del 19 dicembre 2023.
Nel corso dell'indagine sono stati auditi il prof. Fabio Cintioli (9 gennaio 2024); il consigliere Valerio Di Porto (16 gennaio 2024); il prof. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale (23 gennaio 2024); il prof. Tommaso Edoardo Frosini (5 febbraio 2024); il prof. Vincenzo Lippolis, (5 febbraio 2024), la prof.ssa Marta Cartabia, presidente emerito della Corte costituzionale (12 febbraio 2024); il prof. Francesco Saverio Marini (12 febbraio 2024); il prof. Massimo Luciani (26 febbraio 2024); il prof. Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale (11 marzo 2024); il prof. Nicola Lupo (18 marzo 2024); il prof. Alfonso Celotto (8 aprile 2024); il prof. Sandro Staiano (16 aprile 2024); la prof.ssa Roberta Calvano (22 aprile 2024); il prof. Massimo Carli (22 aprile 2024); il prof. Enrico Albanesi (6 maggio 2024); il prof. Roberto Zaccaria (17 giugno 2024); la prof.ssa Ida Angela Nicotra (17 giugno 2024); il prof. Enrico Al Mureden (24 giugno 2024); la prof.ssa Elisa D'Alterio (24 giugno 2024); il prof. Alessandro Natalini (1° luglio 2024); il prof. Paolo Carnevale (8 luglio 2024); il prof. Enzo Cheli, vicepresidente emerito della Corte costituzionale (8 luglio 2024); il prof. Gianpaolo Fontana (24 settembre 2024)
L'indagine si è conclusa con l'audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani nelle sedute del 23 gennaio e del 25 marzo 2025.
1. LA QUALITÀ DELLA LEGISLAZIONE
1.1. Crisi del sistema delle fonti, forma di governo, qualità della legislazione
Forma di governo e sistema delle fonti
Ogni tentativo di analisi dell'attuale «crisi» del sistema delle fonti non può prescindere – anzitutto sul piano metodologico – dalla consapevolezza del rapporto che intercorre tra fonti del diritto e forma di governo, come peraltro sottolineato dalla quasi totalità degli esperti auditi(1). Ancor più in profondità, dalla consapevolezza che la disciplina costituzionale delle fonti del diritto e delle relazioni tra di esse riflette sempre una scelta ben precisa in merito all'allocazione del potere tra i diversi organi costituzionali.
Peraltro, l'organizzazione delle fonti in «sistema» presuppone la possibilità di individuare un principio ordinante. Nel quadro delineato dalla Costituzione italiana tale principio, come sottolineato in dottrina, va individuato nell'esigenza di legittimare ciascuna fonte riconducendola, direttamente o indirettamente, al circuito della rappresentanza politica. In altri termini, il sistema delle fonti deve essere imperniato – coerentemente con gli assetti di una forma di governo di tipo parlamentare – sulla centralità Parlamento come luogo in cui si compone la complessità del pluralismo istituzionale, come ricordato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 192 del 2024.
L'osservazione della situazione attuale – come emerso con grande evidenza dalle audizioni – sembrerebbe rivelare una progressiva divaricazione rispetto al modello costituzionale.
Tale divaricazione riguarda sia la moltiplicazione dei centri di normazione (quali Autorità indipendenti, Unione europea, Pubblica Amministrazione, piattaforme digitali, mercati finanziari), sia l'effettivo rispetto dei criteri ordinativi dei rapporti tra le singole fonti: l'effetto complessivo è l'indebolimento della funzione legislativa e in particolare la perdita di centralità e di protagonismo del Parlamento.
La pluralità dei centri di normazione, com'è noto, non è estranea al modello costituzionale che – pur avendo individuato nel Parlamento il baricentro dei processi di integrazione politica – non ha escluso, e anzi ha valorizzato, la diffusione del potere su diversi livelli di governo così come una declinazione ariosa del rapporto tra processi di decisione pubblica e ruolo degli attori privati e delle formazioni sociali (sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale). Per questo, sin dai primi decenni di vita della Repubblica è apparso con chiarezza – ad esempio – che gli assetti ordinati del sistema delle fonti non potevano fare affidamento soltanto sulle risorse del criterio di gerarchia, ma che ad esso andava affiancato il criterio della competenza, fermo restando il ruolo della Costituzione come sede della attribuzione del potere Pag. 7normativo e della sua disciplina (così, paradigmaticamente, già nella lezione di Crisafulli).
Con l'aumentare dei luoghi della normazione e dei relativi poteri, aumentano anche le regole, le loro inevitabili sovrapposizioni e gli sconfinamenti(2). Se, da un lato, la riforma del Titolo V della Costituzione ha ampliato il potere normativo delle regioni, anche l'attività legislativa dell'Unione europea si è molto intensificata, concorrendo a definire un rapporto tra legislazione nazionale e sfera sovranazionale nel quale, come già rilevato dal Rapporto sulla legislazione 2021 della Camera, si delinea una «ridefinizione dei confini» del ruolo delle Camere e una «valutazione esterna» delle attività del legislatore(3).
Si aggiungono all'elenco altre nuove e varie fonti del diritto: norme tecniche, delibere, soft law, di competenza di organi diversi dal Parlamento o dei mercati sovranazionali (cosiddetta lex mercatoria)(4). Nel diritto della globalizzazione si diffondono modelli contrattuali uniformi redatti da studi internazionali, per conto di imprese multinazionali e il contenzioso generato in tale contesto è affidato a collegi arbitrali internazionali, che formano una propria giurisprudenza al di fuori delle giurisdizioni nazionali. Vanno, altresì, considerate le piattaforme digitali, le quali pongono ardue difficoltà di regolazione poiché travalicano per propria natura la dimensione statale e impongono al legislatore decisioni fondate su conoscenze tecniche complesse, in contesti sottoposti a rapido mutamento. Il diritto legislativo nazionale, in questo quadro, è stato definito «interstiziale», poiché si inserisce marginalmente nei quadri normativi determinati dai produttori dominanti e risulta servente nei loro riguardi(5).
Accanto alla moltiplicazione dei luoghi di produzione si registra un progressivo spostamento del fulcro dell'attività di produzione legislativa e normativa dal Parlamento al Governo, che rischia di mettere in discussione l'effettivo rispetto di alcuni capisaldi del sistema delle fonti e della forma di governo e di incidere negativamente sulla qualità della legislazione.
Paradigmatica è la vicenda delle modalità di ricorso, progressivamente sviluppatesi negli ultimi decenni, alla decretazione d'urgenza. A essa, il presente documento conclusivo dedica particolare attenzione, ricostruendone – anche alla luce delle risultanze delle audizioni – le Pag. 8principali «figure sintomatiche» e individuando alcune possibili linee di argine e di soluzione.
Occorre anzitutto richiamare la giurisprudenza costituzionale che ha ricostruito – proprio in relazione all'abuso della decretazione d'urgenza – il nesso tra sistema delle fonti e forma di governo. Già nella sentenza n. 171 del 2007 la Corte affermò che l'assetto delle fonti è «uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale [...] correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali» e che – nel quadro della separazione dei poteri – «l'adozione delle norme primarie spetta agli organi o all'organo il cui potere deriva direttamente dal popolo» (Cons. dir. par. 3). Per questo motivo, la disciplina costituzionale della decretazione di urgenza – istituendo un potere singolare «rispetto alla disciplina delle fonti di una Repubblica parlamentare» (Cons. dir., par. 4) – è caratterizzata dall'apposizione di limiti stringenti la cui effettività, seppure in un quadro di necessaria elasticità (determinata dalla funzione stessa della fonte), deve essere assicurata.
La logica del parlamentarismo impone, dunque, limiti alla decretazione d'urgenza. Ciò è stato ribadito con forza dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 146 del 2024. In tale decisione, la Corte sottolinea anzitutto che «l'organizzazione della funzione normativa è strettamente connessa sia alle finalità permanenti dello Stato apparato e ai suoi rapporti con la società, sia al modo in cui è ripartito il potere di indirizzo politico tra i diversi organi costituzionali» (Cons. dir., par. 4) e, dunque, attiene tanto alla forma di Stato quanto alla forma di governo. Su tale base, la Corte ricostruisce i complessi equilibri della razionalizzazione giuridica della forma di governo parlamentare, che poggiano sull'interazione dinamica tra «norme a fattispecie aperta» (in questo riprendendo la celebre definizione coniata da Leopoldo Elia) e «dinamiche del sistema politico». La strutturale apertura della disciplina costituzionale della forma di governo rispetto agli assetti di volta in volta assunti dal sistema politico non esclude secondo la Corte – e anzi, a ben vedere, impone – «l'operatività di principi normativi e di regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche». Così, se – nel quadro della relazione fiduciaria – il Governo assume «grazie all'operare della maggioranza parlamentare [...] il ruolo di propulsore dell'indirizzo politico», ciò «non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento». Per questo motivo, l'attribuzione di «significativi» poteri normativi al Governo richiede il rispetto degli «equilibri costituzionalmente necessari» a fini di tenuta dell'impianto complessivo della forma di governo parlamentare, del principio democratico e dell'istanza di tutela delle minoranze politiche.
Crisi del sistema delle fonti e qualità della legislazione
La salvaguardia degli equilibri costituzionali nell'assetto del sistema delle fonti incide in profondità sulla qualità della legislazione. Sono ancora le modalità di ricorso alla decretazione di urgenza a fornire un punto di osservazione privilegiato. Infatti, come affermato ancora dalla richiamata sentenza n. 146 del 2024 «i limiti costituzionaliPag. 9 alla decretazione d'urgenza e alla legge di conversione non sono funzionali solamente al rispetto degli equilibri fondamentali della forma di governo, ma valgono anche a scoraggiare un modo di legiferare caotico e disorganico che pregiudica la certezza del diritto» (Cons. dir., par. 7). Ciò risulta, in particolare, dall'impatto dell'abuso della decretazione sul requisito dell'omogeneità. Tale nesso non riguarda peraltro solo le ipotesi di difetto originario di omogeneità del decreto-legge – pure ritenuto dalla Corte costituzionale uno dei più significativi indicatori di carenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza (così da ultimo la sentenza n. 151 del 2023) – ma investe soprattutto le ipotesi in cui il difetto di omogeneità sopravviene all'attività emendativa in sede di conversione. Tale fenomeno coincide solo in parte con quello delle cosiddette «norme intruse» che – pur costituendo un sintomo di abuso dello strumento – non esauriscono le ipotesi di incidenza su qualità della legislazione e certezza del diritto della progressiva concentrazione dell'attività legislativa nel procedimento di conversione del decreto-legge.
Il nesso tra squilibri nell'assetto del sistema delle fonti e qualità della legislazione è stato sottolineato a più riprese dalla Presidenza della Repubblica, proprio in sede di promulgazione di leggi di conversione di decreti-legge. Nella lettera inviata ai Presidenti delle Camere il 22 maggio 2010, in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, il Presidente della Repubblica ebbe a criticare l'inserimento nel testo del decreto – in sede di conversione e mediante approvazione di un maxi-emendamento – di «numerose disposizioni estranee ai contenuti del decreto e tra loro eterogenee», stigmatizzando non solo l'indebita «compressione» del ruolo del Parlamento ma anche la «incidenza negativa sulla qualità della legislazione» di tale fenomeno. Anche di recente il Presidente della Repubblica ha sottolineato il nesso tra alterazione degli equilibri costituzionalmente previsti e qualità della legislazione. In particolare, nella lettera inviata ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri il 23 luglio 2021 – in sede di promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 – il Capo dello Stato osservò che l'inserimento in sede di conversione di disposizioni estranee al contenuto del decreto-legge «oltre ad alterare la natura della legge di conversione, recano pregiudizio alla qualità della legislazione, possono determinare incertezze interpretative, sovrapposizione di interventi, provocando complicazioni per la vita dei cittadini e delle imprese nonché una crescita non ordinata e poco efficiente della spesa pubblica». Allo stesso tempo – e su un piano più generale – analoga incidenza negativa sulla qualità della legislazione è da ravvisarsi nella «moltiplicazione dei decreti-legge, adottati a distanza estremamente ravvicinata», la quale «ha determinato [...] un consistente fenomeno di sovrapposizione e intreccio di fonti normative» talora con riguardo a decreti legge ancora in corso di conversione, modificati con successivi decreti legge o addirittura confluiti – mediante emendamento – in decreti legge in corso di conversione(6). Il carattere ormai Pag. 10evidentemente «frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge» e la sua attitudine a produrre «difficoltà interpretative e applicative» sarebbe stato nuovamente sottolineato dal Presidente nella lettera inviata ai Presidenti delle Camere e alla Presidente del Consiglio il 24 febbraio 2023, in sede di promulgazione della legge di conversione del decreto-legge del 29 dicembre 2022 n. 198.
1.2. La scelta dello strumento normativo
Un primo aspetto critico dell'odierno sistema di produzione del diritto emerso nel corso delle audizioni riguarda la scelta dello strumento normativo. Dal punto di vista della produzione normativa, l'ordinamento giuridico sembra oggi attraversato da due grandi tendenze generali, solo apparentemente contraddittorie: per un verso, molti settori dell'ordinamento paiono sempre più densamente regolati (si producono dunque, almeno in alcuni settori, molti atti normativi); per altro verso, il ricorso alla legge formale ordinaria appare, invece, sempre più marginale (nel complesso, si producono sempre meno leggi ordinarie). Entrambe le tendenze trovano spiegazione in un fenomeno ancora più ampio e da tempo segnalato dalla dottrina: la «crisi della legge» e il contestuale progressivo spostamento del baricentro della produzione normativa dal Parlamento al Governo.
Ipertrofia normativa, ma non legislativa
Nel corso delle audizioni è stato osservato, in più occasioni, come la produzione normativa complessiva (comprensiva, dunque, di tutti gli atti normativi: primari e secondari; tipici e atipici) sia sempre più intensa, rendendo l'attività degli operatori del diritto sempre più complessa: sia sul versante dell'individuazione della norma applicabile al caso concreto, sia sul versante dell'attribuzione di significato alle singole disposizioni normative. Come osservato nelle audizioni, l'«ipertrofia» normativa – causata principalmente dalla stratificazione di più e diversi atti normativi sul medesimo oggetto(7) – incide negativamente sulla qualità della legislazione, in quanto riduce l'accessibilità e la chiarezza delle norme(8). La sovraproduzione di atti normativi è, al tempo stesso, causa ed effetto di una produzione normativa confusa e disorganica, nella quale la scelta dello strumento normativo non è sempre coerente e funzionale rispetto all'obiettivo regolatorio che si vorrebbe perseguire.
Come anticipato, il fenomeno dell'ipertrofia normativa riguarda essenzialmente atti normativi diversi dalla legge formale ordinaria: principalmente gli atti aventi forza di legge (in particolare i decreti-Pag. 11legge), ma anche talune fonti subordinate (spesso atipiche come – ad esempio – i decreti ministeriali privi di forma regolamentare o i D.P.C.M.). Le recenti tendenze della produzione normativa sembrano infatti collocare la legge ordinaria in una posizione sempre più residuale rispetto alle altre fonti, confermando così il fenomeno della «fuga dalla legge» da tempo segnalato dalla dottrina(9). Senza, peraltro, dimenticare che le leggi formali che ancora si producono sono, per la maggior parte, leggi la cui produzione è, in qualche modo, vincolata. Come recentemente segnalato dall'Osservatorio sulla legislazione della Camera, sino al 25 febbraio 2025, il 38,5 per cento delle leggi prodotte nella XIX legislatura è infatti rappresentato da leggi di conversione di decreti-legge e da leggi di ratifica(10).
Si tratta, peraltro, di una percentuale in costante aumento nel corso delle ultime legislature, come evidenziato nella seguente tabella:
|
Le leggi di conversione nelle legislature XVI, XVII, XVIII e XIX | |||
|
Legislatura |
Leggi di conversione |
% |
Totale leggi |
|
XVI |
106 |
27,1% |
391 |
|
XVII |
83 |
21,9% |
379 |
|
XVIII |
104 |
33,0% |
315 |
|
XIX |
88 |
38,6% |
228 |
Tra le ragioni che concorrono a determinare la prevalenza del decreto-legge sulla legge ordinaria assumono indubbio rilievo la rapidità dello strumento e il termine di sessanta giorni stabilito dalla Costituzione per la conversione in legge del decreto, che rende il procedimento di approvazione dei disegni di legge di conversione di norma più rapido del procedimento per l'approvazione dei disegni di legge ordinari(11).
Utilizzo improprio della delega legislativa
Nel corso delle audizioni sono stati segnalati anche alcuni profili problematici, anch'essi progressivamente consolidatisi nel tempo, per quanto attiene l'utilizzo della delega legislativa, in particolare con riferimento alla sovrapposizione tra oggetti di delega e principi e criteri direttivi che conseguentemente comporta una certa genericità di alcuni principi e criteri direttivi. Un ulteriore profilo problematico è dato dalla confusione tra i termini «riassetto», «riordino», «codice», «testo Pag. 12unico» o «decreto legislativo», utilizzati spesso in modo errato come sinonimi.
Sempre nel corso delle audizioni è stato segnalato un secondo e più specifico profilo critico: il ricorso al decreto-legge o alla legge di conversione di un decreto-legge per introdurre nuove deleghe oppure per modificare precedenti deleghe legislative. Se appare pacifico che il decreto-legge non possa conferire al Governo nuove deleghe legislative (come, tra l'altro, sancito dall'art. 15, comma 2, lettera a) della legge n. 400 del 1988)(12), più controverso è se il medesimo limite riguardi anche la legge di conversione.
In tutte le occasioni in cui si è pronunciato sul punto (da ultimo nel parere reso nella seduta del 18 aprile 2023 sul disegno di legge C. 1089 di conversione del decreto-legge n. 13 del 2023 in materia di attuazione del PNRR), il Comitato per la legislazione della Camera ha richiesto con una condizione la soppressione della norma di delega, ritenendo che il disegno di legge di conversione costituisca un tutt'uno con il testo del decreto-legge e che conseguentemente anche per il disegno di legge di conversione debba valere il divieto previsto dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 (norma che, è bene ricordarlo, ai sensi della sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale, «pur non avendo, in sé e per sé, rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost.»). Il Comitato per la legislazione della Camera ha motivato la sua censura anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale sui decreti-legge che ha sottolineato come «la legge di conversione è fonte funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge [...] essa non può quindi aprirsi a qualsiasi contenuto» (sentenza n. 247 del 2019, in linea con le precedenti sentenze n. 22 del 2012 e n. 32 del 2014). L'orientamento del Comitato per la legislazione della Camera trova riscontro anche nelle valutazioni della Presidenza della Camera in ordine all'ammissibilità degli emendamenti, nella misura in cui la Presidenza ha sempre ritenuto inammissibili emendamenti volti ad inserire norme di deleghe nei disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Deve insieme segnalarsi che nella XIX legislatura in corso sulla condizione soppressiva di una norma di delega inserita nel disegno di legge di conversione di un decreto-legge si è però registrata – proprio con riferimento al parere reso nella seduta del 18 aprile 2023 già sopra ricordato – l'opinione dissenziente di due componenti del Comitato.
Anche il Presidente della Repubblica, sia pure in un'occasione risalente, ha censurato l'inserimento nella legge di conversione di un termine di delega ormai scaduto: il messaggio di rinvio alle Camere del 29 marzo 2002 del Presidente della Repubblica Ciampi sulla legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002 in materia di agricoltura denunciava, tra le altre cose, l'«illogicità giuridica» dell'inserimento nel disegno di legge di conversione della proroga di un termine di delega già scaduto.Pag. 13
Un diverso orientamento emerge invece dalla prassi consolidata del Senato, dove le proposte emendative volte ad inserire norme di delega nei disegni di legge di conversione sono ammissibili. Ed anche la Corte costituzionale, nell'unica occasione, finora, nella quale si è esplicitamente pronunciata sul punto, con la sentenza n. 237 del 2013, non ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma di delega presente nella legge di conversione di un decreto-legge; in quell'occasione la Corte ha argomentato che «Si deve dunque ritenere che il Parlamento, nell'approvare la legge di conversione di un decreto-legge, possa esercitare la propria potestà legislativa anche introducendo, con disposizioni aggiuntive, contenuti normativi ulteriori, peraltro con il limite [...] dell'omogeneità complessiva dell'atto normativo rispetto all'oggetto o allo scopo» (Considerato in diritto 9.1).
Leggi provvedimento e amministrazione per legge
Un'altra forma di utilizzo improprio della fonte primaria si verifica allorquando si disciplinano, con fonte di rango primario, contenuti tipici di un provvedimento amministrativo, essendo le disposizioni legislative indirizzate a individui determinati o comunque determinabili. Le «leggi-provvedimento», tipologia normativa oramai abitualmente censita anche dai Rapporti dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati(13), sono tendenzialmente sprovviste del carattere di generalità e astrattezza, alterano la distinzione tra legge ordinaria e provvedimento amministrativo e contribuiscono a una produzione legislativa confusa, frammentaria e disorganica. Per consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, le «leggi-provvedimento» sono oggetto di uno scrutinio stretto di ragionevolezza «in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di questo tipo»(14).
Per certi versi assimilabili alle «leggi provvedimento» sono le «leggi in luogo di provvedimento» e la connessa prassi della «amministrazione per legge». In questo caso, le leggi contengono disposizioni attuative che, per loro natura, dovrebbero essere adottate tramite fonti subordinate di attuazione oppure di mera esecuzione(15). Questa prassi conduce alla produzione di testi legislativi eccessivamente lunghi e disorganici, spesso frutto di pressioni politiche per rispondere rapidamente a problemi contingenti. Tali fenomeni compromettono la «neutralità» delle decisioni, sovraccaricano il Parlamento di un compito che non gli spetterebbe e contribuiscono alla confusione tra funzione legislativa e funzioni amministrative (eludendo, attraverso la «legificazione» di un provvedimento, le garanzie giurisdizionali previste per i comuni provvedimenti amministrativi).
Fuga dal regolamento
Un ulteriore profilo critico relativo alla scelta dello strumento normativo è quello riguardante il fenomeno della «fuga dal regolamento». Si tratta di fenomeno ampiamente indagato dalla dottrina, in forza del quale al posto dei regolamenti tipizzati dalla legge vengono utilizzate altre fonti subordinate atipiche (in particolare: decreti ministeriali a contenuto normativo(16), decreti esplicitamente qualificati come «non regolamentari» e DPCM) oppure, nell'ambito della già menzionata tendenza al ricorso sistematico alla decretazione d'urgenza, i decreti-legge. La fonte regolamentare tipica, disciplinata dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, è stata originariamente prevista anche nell'intento di delegificare e rendere più flessibile la disciplina normativa di alcuni settori dell'ordinamento giuridico. Ai regolamenti è rimessa, infatti, la disciplina della normativa di dettaglio, quando non è previsto che la materia sia coperta da riserva di legge assoluta. Tra le diverse categorie di regolamenti individuate dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, vi sono, al comma 1(17), quelli che possono essere emanati con d.P.R., che richiedono una previa deliberazione del Consiglio dei ministri e il parere del Consiglio di Stato, che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta. Per i regolamenti disciplinati dal secondo comma, c.d. di delegificazione(18), sempre emanati con d.P.R., la procedura è la medesima, salvo il necessario ulteriore parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia. Sia i regolamenti di cui ai commi 1 e 2, che quelli ministeriali e interministeriali, disciplinati dal comma 3 del medesimo articolo, sono sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti per poter essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
Proprio la farraginosità del procedimento appena descritto, ulteriormente rallentato dai tempi necessari per l'acquisizione dei concerti, concorre a spiegare le ragioni della «fuga dal regolamento» e del ricorso alle più snelle fonti atipiche o alla decretazione d'urgenza. (cfr. infra par. n. 2.4 della presente Relazione). Diversamente dal regolamento, infatti, il decreto-legge necessita solo dell'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l'adozione, nonché dell'avvenuta deliberazione del Consiglio dei ministri(19). Il decreto-legge, corredato di relazione illustrativa Pag. 15e relazione tecnica verificata dalla Ragioneria generale dello Stato, può quindi essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e produrre i suoi effetti immediatamente dopo la sua emanazione.
Un'altra ragione che ha spinto, da più legislature, i governi a prediligere fonti atipiche e, più in particolare, i decreti-legge rispetto ai regolamenti riguarda l'ambito riservato alla fonte regolamentare. Infatti, secondo l'articolo 117, comma 6, della Costituzione(20), la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, cioè quelle elencate nell'articolo 117, secondo comma della Costituzione, e non anche in quelle concorrenti, indicate dal terzo comma del medesimo articolo.
1.3. La conformità ai parametri costituzionali
Il decreto-legge
Come già segnalato nell'Introduzione e nel paragrafo 1.1, uno degli ambiti nei quali la prassi si è discostata in modo più evidente dal modello costituzionale è, senza dubbio, quello della decretazione d'urgenza. Le patologie che affliggono il decreto-legge possono manifestarsi tanto nella fase genetica dei decreti, quanto in quella successiva, relativa alla conversione in legge dei medesimi decreti(21) .
Difetto dei presupposti
Un primo aspetto critico riguarda l'adozione del decreto-legge in difetto dei presupposti costituzionali (i «casi straordinari di necessità e urgenza») che dovrebbero legittimarlo. Si tratta di una delle forme di «abuso» più tradizionali e consolidate(22), costantemente censurata non solo, come si vedrà, dalla giurisprudenza costituzionale, ma anche dai Comitati per la legislazione di Camera e Senato(23). Secondo il giudizio unanime degli auditi, le modalità di utilizzo della decretazione d'urgenza appaiono assai lontane dal disegno costituzionale. Originariamente concepito al fine esclusivo di governare le emergenze (quali, ad esempio, le calamità naturali), alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 77 della Carta costituzionale, questo strumento – che consente l'esercizio da parte del Governo della funzione legislativa, sia pure con carattere di provvisorietà – si è trasformato, ormai da diverse legislature, in un (sempre più) ordinario strumento di produzione normativa, che incide direttamente e in modo sempre più «intrusivo» sulle attribuzioni del Parlamento(24).Pag. 16
In questo senso, è stato ricordato l'intervento della Corte costituzionale tramite la sentenza n. 360 del 1996, con la quale è stato fatto valere il divieto di reiterazione dei decreti-legge, censurando la prassi all'epoca molto frequente, per cui il Governo adottava, prima dello spirare del termine dei sessanta giorni per la conversione, un nuovo decreto-legge dal contenuto identico a quello in procinto di decadere, in palese contrasto con il principio di straordinaria necessità e urgenza e con il rispetto della potestà legislativa del Parlamento. Nello stesso periodo, con la sentenza n. 29 del 1995, la Corte aveva prospettato, mutando il suo precedente orientamento, la possibilità di valutare la sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza(25). Si tratta in realtà di una possibilità di cui fin qui la Corte si è avvalsa in rare occasioni (sentenze n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 220 del 2013, nonché la recente sentenza n. 146 del 2024).
La mancanza dei requisiti di necessità e urgenza del decreto-legge è un vizio di illegittimità costituzionale che si estende alla legge di conversione, alla quale non può essere attribuito un effetto sanante. Tale difetto ha natura procedurale e potrebbe essere fatto valere in qualsiasi momento, travolgendo l'intero atto e mettendo a rischio la stabilità della legislazione. Anche nell'ipotesi della legge-delega può presentarsi un difetto di natura procedurale in mancanza di principi e criteri direttivi specifici.
Difetto di omogeneità
Un secondo aspetto critico molto rilevante riguarda la scarsa omogeneità dei decreti-legge. Si tratta, anche in questo caso, di una forma di «abuso» piuttosto ricorrente, da tempo censurata dalla giurisprudenza costituzionale, da entrambi i Comitati per la legislazione e, almeno in talune circostanze, anche dai Presidenti della Repubblica(26).
La disomogeneità può manifestarsi in diversi momenti e secondo diverse modalità.Pag. 17
Innanzitutto, può costituire un vizio originario, già presente nel testo approvato dal Consiglio dei ministri. Questa prima ipotesi è stata descritta, nel corso delle audizioni, come l'ipotesi più grave(27): una volta entrato in vigore il decreto-legge (fatto comunque salvo il successivo controllo della Corte costituzionale), potrebbe essere ricondotto a legittimità solo attraverso una sua conversione parziale (sempreché si trovi, al riguardo, un accordo politico). La disomogeneità originaria, se non corretta in sede di conversione si rifletterà, inevitabilmente, sulla legge di conversione, che – oltre a non sanare il vizio originario – rischierà di attrarre una molteplicità di emendamenti a loro volta disomogenei.
La disomogeneità può inoltre manifestarsi in sede di esame della legge di conversione, attraverso l'approvazione di emendamenti non coerenti per oggetto o finalità rispetto al testo iniziale(28).
Richiamando la sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale, alcuni auditi hanno affermato che l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere e lo schema costituzionale del decreto-legge, disciplinato dall'articolo 77. Inoltre, con riferimento alla sentenza n. 215 del 2023, è stato sottolineato che la presenza (sin dall'origine o con l'inserimento in fase di conversione) di disposizioni materialmente oppure teleologicamente disomogenee costituisce una violazione non solo dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, ma anche dello stesso articolo 77 della Costituzione, essendo le previsioni «estranee» – per oggetto o finalità – al contenuto dell'intervento normativo, disancorate dai presupposti di necessità e urgenza che giustificano il decreto-legge e pertanto incostituzionali. Secondo vari auditi, sarebbe opportuna la costituzionalizzazione delle previsioni normative di cui all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, al fine di offrire una specifica copertura costituzionale ai limiti ulteriori che quell'articolo pone alla decretazione d'urgenza (soprattutto per quanto riguarda la specificità, l'omogeneità dei decreti-legge e la corrispondenza del contenuto dei decreti rispetto al titolo)(29).
Infine, sempre in sede di conversione in legge, la disomogeneità può scaturire dai fenomeni dell'intreccio o della confluenza, in un'unica legge di conversione, di due o più decreti-legge, approvati in tempi diversi (per questa particolare ipotesi, cfr. infra par. 2.2. della presente Relazione).
La legge oscura
Un altro profilo di rilevanza costituzionale della qualità della legislazione è quello attinente alla scarsa chiarezza e indecifrabilità della legislazione(30).
A tale proposito, è stata unanime la valorizzazione del contenuto della sentenza n. 110 del 2023 della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale una legge regionale perché «irrimediabilmente oscura», adottando quale parametro di costituzionalità l'articolo 3 della Costituzione, nella sua declinazione di principio di ragionevolezza. Si è ritenuto che la frammentarietà, la precarietà, la contraddittorietà e l'oscurità della regolazione siano problemi che affliggono la vita degli operatori, delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini(31). Mentre in passato il rispetto delle regole del drafting formale nella stesura di atti normativi era considerato utile e opportuno, ma si riteneva che non fosse imposto dalla Costituzione, da qualche anno la Corte costituzionale ha mutato orientamento. Le norme che possono dar luogo ad applicazioni «distorte o ambigue» sono, infatti, in contrasto con i principi di ragionevolezza, certezza del diritto e razionalità normativa, anche perché l'Amministrazione non può rispettare il principio del buon andamento se le leggi che deve attuare risultano, come affermato dalla Corte nella sentenza n. 110, «irrimediabilmente oscure». La chiarezza, in sé considerata, delle norme potrebbe così assumere, una valenza anche giuridico-costituzionale, suscettibile di essere scrutinata direttamente dinanzi alla Corte.
Seguito delle decisioni della Corte costituzionale
Infine, nelle audizioni è stato dato più volte risalto ai moniti della Corte costituzionale e alla mancanza di un seguito legislativo sistematico alla giurisprudenza costituzionale(32). Queste necessità sono state segnalate più volte, anche nelle relazioni dei Presidenti della Corte Pag. 19costituzionale(33). È per tale ragione che sin dal 1971 nel regolamento della Camera (art. 108) e in quello del Senato (art. 139) si è posta la necessità di esaminare con attenzione tutte le decisioni della Corte, non solo quelle di incostituzionalità, e di adottare le iniziative necessarie a porre rimedio ai problemi di costituzionalità ivi segnalati. Il seguito legislativo delle pronunce della Corte costituzionale potrebbe essere rafforzato non solo attraverso la valorizzazione delle menzionate disposizioni regolamentari, ma anche dall'introduzione di forme di produzione legislativa cadenzate e a iniziativa vincolata, analoghe a quelle già previste per l'adempimento agli obblighi sanciti dall'Unione europea (cfr. infra par. 2.1., ultimo paragrafo del presente documento)(34).
1.4. Gli strumenti per la qualità formale della legislazione
Nel corso delle audizioni, è emerso con nettezza che la qualità della legislazione risente del rapporto tra sistema delle fonti e forma di governo; gli squilibri negli assetti istituzionali – specie tra Governo e Parlamento – non incidono, infatti, soltanto sul corretto uso delle fonti normative, ma anche sulla qualità formale e sostanziale dei testi. La qualità della legislazione è strettamente correlata anche alla forma di Stato; in particolare, la qualità formale della legislazione rileva sotto il profilo della certezza del diritto e, quindi, della relazione tra potere pubblico e cittadinanza, mentre la qualità sostanziale della legislazione incide sulla legittimazione del processo politico e quindi, sulla qualità della vita democratica. Queste ultime sono infatti rafforzate da una legislazione che rispetti parametri qualitativi seri e che, in particolare, da un lato, muova da una accurata conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'intervento legislativo, così come degli interessi e delle istanze cui esso mira a fornire risposte politicamente indirizzate (conoscenza ex ante) e, dall'altro, assicuri la valutazione dell'impatto e un accurato monitoraggio dei suoi effetti (conoscenza ex post).
Coerenza, chiarezza e precisione dei testi normativi – assieme ad un accurato lavoro preparatorio e a un altrettanto accurato monitoraggio dell'efficacia delle disposizioni rispetto all'impatto previsto e ai risultati attesi – sono dunque fattori fondamentali per la tenuta del principio della certezza del diritto e per una miglior qualità della vita democratica.
La cura per la qualità formale della legislazione è essenziale, anzitutto, per garantire che la legge possa essere compresa, applicata e interpretata in maniera uniforme.Pag. 20
Un ordinamento caratterizzato da leggi oscure mette in discussione il rapporto tra le istituzioni e i cittadini e, dunque, la legittimazione del processo politico e la stessa qualità della vita democratica. Inoltre, disposizioni redatte in modo incomprensibile contraddicono i principi fondamentali dello Stato di diritto e, in ultima analisi, compromettono l'impianto costituzionale(35).
Cruciale, in questa prospettiva, è la già richiamata recente sentenza n. 110 del 2023 con la quale la Corte costituzionale ha, per la prima volta, dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa (regionale, nel caso di specie) per radicale oscurità e, quindi, violazione del canone di ragionevolezza derivante dall'articolo 3 della Costituzione. In tale decisione, che si segnala per il significativo ricorso all'uso della comparazione costituzionale(36),–– la Corte afferma che qualora «il significato delle espressioni utilizzate in una disposizione [...] rimanga del tutto oscuro, con il risultato di rendere impossibile all'interprete identificare anche solo un nucleo centrale di ipotesi riconducibili con ragionevole certezza alla fattispecie normativa astratta» essa non potrà che «ritenersi in contrasto con quei “requisiti minimi di razionalità dell'azione legislativa”» imposti dall'articolo 3 della Costituzione e, più in generale, a fini di tutela della libertà e della sicurezza dei cittadini (Cons. dir., par. 4.3.4).
In altri termini, disposizioni «irrimediabilmente oscure», e pertanto foriere di «intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta» in quanto non rispettose di «standard minimi di intelligibilità del significato delle proposizioni normative, e conseguentemente di ragionevole prevedibilità della loro applicazione», si pongono in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all'articolo 3 della Costituzione (Cons. dir., par. 4.3.3).
Muovendo da queste premesse gli auditi hanno sottolineato la necessità di applicare al meglio gli strumenti già esistenti per sostenere e sviluppare la qualità formale della legislazione(37), assieme all'importanza di immaginare soluzioni nuove e proposte concrete, nei diversi ambiti della redazione dei testi normativi, dello sviluppo di competenze specialistiche per la redazione e la revisione dei testi legislativi, nonché della cura degli aspetti linguistici nella produzione normativa.
Le regole per la redazione dei testi normativi
Se i limiti che investono la qualità delle leggi, così come l'efficacia dei procedimenti normativi, trovano le loro radici più profonde nella Pag. 21crescente complessità e specificità delle domande che emergono dalla società e nella crisi e trasformazione dei corpi intermedi che animano le istituzioni politiche, l'analisi condotta in sede di indagine conoscitiva ha sottolineato in maniera pressoché unanime come le cause più immediate di tali limiti appaiano legate alla carenza di precisione tecnica degli atti normativi e alla frequente scarsa qualità nella formulazione dei testi.
La definizione di regole per la redazione dei testi normativi facilita la predisposizione di una legislazione coerente e pienamente funzionante e costituisce un argine nei confronti di ambiguità interpretative, difficoltà applicative e frammentazione normativa. Può, inoltre, migliorare la trasparenza e l'accessibilità delle norme, elementi centrali per rafforzare il rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, oltre a indirizzare i redattori delle norme stesse e coloro che si occupano della loro revisione verso quella chiarezza del linguaggio giuridico che non è solo un requisito tecnico auspicato, in questa come in numerose altre sedi, ma un presupposto fondamentale del principio di legalità e dell'effettività delle leggi. Le regole per la redazione dei testi normativi contribuiscono, inoltre, a razionalizzare il processo legislativo, favorendo l'adozione di buone pratiche condivise e la formazione di redattori competenti. La standardizzazione delle regole di redazione si rivela essenziale anche per garantire l'interoperabilità tra i sistemi digitali di gestione della normativa, aspetto centrale in un contesto di crescente digitalizzazione delle istituzioni.
La definizione dei criteri formali per la qualità della legislazione è affidata attualmente alla lettera circolare congiunta dei Presidenti delle Camere e del Presidente del Consiglio dei ministri, del 20 aprile 2001, contenente le «Regole e le raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi», nonché alla «Guida alla redazione dei testi normativi,» pubblicata sulla base delle elaborazioni tecniche svolte dagli uffici del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e del Governo(38). Recentemente, la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali ha predisposto, con l'obiettivo di uniformare e migliorare la qualità della legislazione regionale, il «Manuale di tecnica legislativa per le regioni», che tiene conto in gran parte delle precedenti circolari emanate a livello parlamentare e governativo e le integra con ulteriori previsioni di dettaglio. La necessità di ricondurre ad unità tra il livello statale e quello regionale le regole del drafting normativo, sia in fase di Pag. 22redazione che di revisione, è emersa dalle audizioni(39) e costituisce un obiettivo da perseguire anche per meglio garantire certezza, chiarezza e prevedibilità delle norme per tutti i destinatari. Anche in questo ambito, infatti, così come per le altre questioni che riguardano i processi legislativi, la molteplicità dei luoghi della normazione reca con sé una esigenza di maggiore coordinamento in sede di definizione delle regole formali cui dovrebbero adeguarsi tutti i soggetti coinvolti nella produzione normativa. Come si è visto a proposito dei rilievi proposti dagli auditi in merito alla crisi del sistema delle fonti, e in particolare per le criticità legate alla moltiplicazione dei luoghi della normazione e alle nuove e varie fonti del diritto, appare evidente come proprio in considerazione di tale varietà sia ancor più necessario disporre, almeno a livello di organi legislativi, di un insieme di regole formali per la loro redazione i cui principi si pongano a garanzia della chiarezza e della coerenza del linguaggio normativo oltre che come modello normativo generale per gli altri tipi di fonte(40).
La necessità dell'aggiornamento e del coordinamento delle regole per la redazione degli atti normativi è una sollecitazione ricorrente nelle audizioni, unitamente all'auspicio della definizione di un insieme teorico e metodologico comune per il drafting normativo, come contributo fondamentale per uniformare lo stile e la struttura dei testi. Nonostante si mostri stratificato nel tempo e definito all'interno di testi di riferimento ormai consolidati, secondo quanto evidenziato nel corso delle audizioni il quadro attuale delle regole per la redazione dei testi legislativi appare sotto più aspetti deficitario.
Nella sua audizione, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha segnalato che la Presidenza del Consiglio ha avviato da alcuni mesi un'attività di studio e approfondimento finalizzata proprio all'elaborazione di una proposta di revisione e aggiornamento della Guida alla redazione dei testi normativi. Il Ministro ha anche rilevato che la revisione della circolare congiunta tra Camera, Senato e Presidenza del Consiglio del 20 aprile 2001 potrebbe costituire un'importante opportunità di lavoro comune utile a rafforzare la collaborazione istituzionale e amministrativa tra Parlamento e Governo in merito ai problemi della qualità della legislazione(41). La necessaria operazione di revisione costituirebbe anche un modo per integrare alcune delle numerose proposte emerse, nel tempo, all'interno dei pareri dei Comitati per la legislazione, che offrono un insieme di raccomandazioni fondate e Pag. 23strutturate, alle quali attingere per l'auspicato miglioramento della qualità della legislazione(42).
La revisione e l'aggiornamento costante delle regole per la redazione dei testi normativi si inseriscono in un processo più ampio di modernizzazione del sistema legislativo, volto a garantire maggiore efficienza, sostenibilità e aderenza alle esigenze di una società in continua evoluzione. Le regole redazionali non sono quindi un semplice strumento tecnico, ma un tassello strategico per assicurare un sistema adeguato, accessibile e orientato ai principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, come sancito dall'articolo 97 della Costituzione.
Lo sviluppo di competenze specialistiche per la redazione dei testi legislativi
Un altro aspetto messo in rilievo nelle audizioni nell'ambito della qualità formale della legislazione è l'esigenza di promuovere una formazione specifica e completa nella redazione degli atti normativi per tutti i soggetti coinvolti nella produzione legislativa. Nella denominazione di «drafting» sono comprese attività legate a ruoli e fasi diverse dell'iter legislativo, svolte da esperti, funzionari e tecnici ministeriali a sostegno dell'iniziativa legislativa del Governo e dai collaboratori dei gruppi o dei singoli parlamentari. Questa fase redazionale, finalizzata all'elaborazione delle proposte da sottoporre all'esame parlamentare, comprende l'analisi degli obiettivi definiti dalla parte politica, la loro traduzione in una bozza di testo, la verifica della correttezza formale e del rispetto della normativa vigente. Durante la fase dell'esame parlamentare, il lavoro di drafting si configura, piuttosto, come attività di revisione, nell'ambito delle funzioni affidate agli uffici a servizio delle Commissioni parlamentari e alle strutture amministrative responsabili della qualità degli atti normativi.
L'attività di drafting si colloca, quindi, a metà strada tra le regole redazionali codificate e la prassi, intesa come esperienza concreta e pratica consolidata nell'attività a supporto della funzione legislativa. Nonostante l'importanza delle regole per la redazione dei testi normativi, la prassi legislativa introduce elementi di flessibilità e adattamento che derivano dalle specifiche esigenze operative e dal contesto politico e giuridico. I testi normativi devono tradurre intenzioni politiche spesso frutto di accordi ponderati, che necessitano di compromessi linguistici e di contenuto. Per questi motivi, la relazione tra regole e prassi è stata opportunamente descritta in sede di audizione come una relazione dialettica. Da un lato, i manuali cercano di codificare le migliori pratiche per fornire uno standard condiviso nella formulazione tecnica degli atti legislativi, dall'altro la prassi evolve in Pag. 24risposta alle sfide concrete, arricchendo e talvolta modificando gli approcci teorici. In questo processo dialettico, le possibilità che un'attività di drafting basata su regole condivise eserciti un effetto positivo sulla qualità dei testi appaiono, in molti casi, circoscritte a causa del peso relativo che assume l'adesione all'indirizzo politico, non di rado restando disattese non solo per le esigenze connesse ai tempi di approvazione parlamentare, ma anche per il concreto svolgersi delle dinamiche politiche legate alle fasi di approvazione. In molti casi, i redattori e revisori dei testi normativi devono quindi bilanciare il rispetto delle regole codificate con la capacità di rispondere alle necessità immediate, senza compromettere la qualità e la coerenza del testo(43).
Per questi motivi, l'attività di redazione e revisione normativa richiede competenze specialistiche di alto livello, oltre alla conoscenza del diritto e delle prassi legislative(44). Tale istanza è stata declinata non solo come richiamo allo sviluppo di una formazione specifica, ma anche come individuazione di modalità per il coinvolgimento e il confronto fra le diverse figure professionali che partecipano al procedimento di formazione degli atti normativi, il cui coordinamento costituisce in sé un obiettivo, da affiancare a quello ugualmente rilevante di garantire un bagaglio di conoscenze comune da mettere al servizio della qualità della norma nelle diverse fasi di produzione, e dunque dalla stesura alla revisione, fino alla valutazione dell'efficacia della norma stessa. In tale ottica, appare utile prevedere anche percorsi di professionalizzazione dei collaboratori parlamentari e degli esperti impiegati nelle strutture di diretta collaborazione di Ministri e Sottosegretari, che, pur essendo esterni alla pubblica amministrazione, partecipano all'attività di produzione normativa.
I profili linguistici nella redazione degli atti normativi
Nel quadro emerso dalle audizioni è apparso di particolare rilievo anche l'aspetto relativo ai profili linguistici del processo di redazione e revisione delle leggi. Un linguaggio normativo uniforme consente infatti di ridurre il rischio di sovrapposizioni e conflitti normativi, agevolando l'interpretazione sistematica e l'integrazione tra disposizioni legislative di diversa origine anche attraverso la conformità dei testi legislativi alle regole grammaticali, stilistiche e giuridiche. I requisiti linguistici riguardano anzitutto la padronanza e l'utilizzo di un linguaggio tecnico-giuridico che rispetti gli standard e le convenzioni espressive generali dei settori normati e della lingua legislativa. Le leggi devono essere formulate in modo lineare, evitando tecnicismi inutili o formulazioni ambigue, e il linguaggio utilizzato deve essere semplice ma rigoroso, evitando l'eccessiva complessità sintattica e privilegiando periodi brevi e diretti; l'utilizzo uniforme della terminologia giuridica è indispensabile per garantire la coerenza del sistema normativo. Ad esempio, appare necessario evitare l'uso di sinonimi per indicare lo stesso concetto giuridico, mentre occorre adottare sempre la medesima espressione per definire istituti, procedure e soggetti. Inoltre, ogni norma deve essere redatta assicurando l'armonia con l'ordinamento giuridico esistente e con la normativa in vigore. Ciò implica un accurato studio delle leggi vigenti per evitare conflitti o sovrapposizioni, oltre alla necessità di una attenta analisi della coerenza del linguaggio rispetto al sistema giuridico nazionale o sovranazionale e all'impiego di un lessico specifico, con uso di termini dai significati univoci. Tale impiego è aiutato dal ricorso a formule consolidate e alla previsione di espressioni definitorie nel contesto della norma al fine di garantire coerenza terminologica. A questo aspetto si lega la necessità di bilanciare l'adozione del linguaggio tecnico di settore con le espressioni standardizzate e generaliste, equilibrio che può e deve trarre vantaggio dal confronto e dal dialogo di competenze cui dovrebbero concorrere esperti dei settori in via di normazione, esperti di drafting e tecnici del diritto(45).Pag. 26
Le nuove disposizioni devono essere coordinate con quelle preesistenti, mediante rinvii normativi precisi e puntuali. Appare fondamentale indicare con esattezza tali riferimenti ad altre fonti normative, specificando articoli, commi e date di approvazione: errori nei richiami normativi possono compromettere l'efficacia applicativa della disposizione e generare incertezza.
Gli aspetti di coerenza del testo normativo investono, infine, anche le caratteristiche che garantiscono ai testi uniformità formale dal punto di vista tipografico, tramite applicazione di regole per corsivi, grassetti, maiuscoletti, numerazioni, spaziature e allineamenti, uso di simboli e segni in modo appropriato e secondo le convenzioni legislative. Ad un livello più generale, l'espressione linguistica normativa dovrebbe implicare un linguaggio inclusivo, ponendosi come strumento per un pubblico ampio e diversificato. Una delle principali sfide in questo ambito rimane il bilanciamento fra il linguaggio tecnico di settore, specialistico e stringente, e il linguaggio generalista, maggiormente accessibile al pubblico costituito dai destinatari delle disposizioni legislative(46).
1.5. Gli strumenti per la qualità sostanziale della legislazione
La qualità della legislazione non investe soltanto la correttezza formale dei testi ma riguarda anche la loro capacità di rispondere concretamente – sul piano della qualità sostanziale – ai bisogni della collettività, garantendo effetti equilibrati ed evitando oneri superflui per cittadini e imprese. Il concetto di qualità sostanziale della legislazione si fonda, infatti, sul rapporto tra gli obiettivi che il legislatore intende perseguire e i risultati effettivamente conseguiti attraverso un procedimento di produzione legislativa e normativa il più possibile trasparente e in grado di assicurare la partecipazione e la rappresentazione delle istanze coinvolte dall'attività legislativa.
Si tratta, evidentemente, di un ambito nel quale l'autonomia dell'indirizzo politico-legislativo è chiamata a misurarsi con la conoscenza – valutazione ex ante ed ex post – dei contesti e dei probabili effetti delle sue scelte regolative; un ambito nel quale, pertanto, è particolarmente opportuno il confronto tra attori politici e figure esperte, nel rispetto degli specifici ambiti di conoscenza. In altri termini, l'articolazione responsabile dell'indirizzo politico-legislativo – se non può abdicare del tutto, come evidente, ad esigenze politico-rappresentative e anche di impronta ideale – non può prescindere allo stesso tempo da un confronto serrato con la realtà sociale, economica e culturale. In questa prospettiva, la qualità sostanziale della legislazione non rinvia soltanto al complesso rapporto tra competenze politiche e competenze tecniche, ma sfida a rinvenire – nel loro reciproco rapporto – lo spazio per una piena responsabilizzazione degli attori politici e, quindi, per un deciso irrobustimento della legittimazione della decisione politica anche attraverso la sua aderenza alla realtà.
Quello della conoscenza è, peraltro, un ambito nel quale sono tradizionalmente emerse con particolare nettezza le asimmetrie informative tra Parlamento e Governo, asimmetrie che evidentemente coinvolgonoPag. 27 gli equilibri stessi della forma di governo parlamentare. È un tema, questo, rispetto al quale si registra una crescente attenzione da parte dei soggetti interessati. Infatti, in sede parlamentare, l'acquisizione di conoscenze ex ante si svolge nella fase istruttoria attraverso le audizioni di esperti, con la significativa integrazione delle attività preparatorie o di approfondimento affidate agli uffici e ai servizi studi. Queste ultime hanno tradizionalmente riguardato approfondimenti – sempre preziosi – di carattere giuridico (anche comparativo) e finanziario-contabile (grazie ai Servizi del Bilancio e, ora, anche all'Ufficio Parlamentare di Bilancio); su questo importante patrimonio di conoscenza e di metodo di lavoro si sono quindi più recentemente innestati interessanti esempi di documentazione parlamentare – meritevoli di essere potenziati e ulteriormente sviluppati – i quali hanno invece investito direttamente il rapporto tra la dimensione legislativa e la dimensione fattuale sulla quale la legislazione è chiamata a incidere: merita richiamare, al riguardo, i periodici dossier di monitoraggio del PNRR realizzati congiuntamente dai Servizi Studi di Camera e Senato, la sperimentazione dell'analisi di impatto di genere avviata dal Servizio Studi della Camera e le analisi dell'Ufficio di valutazione di impatto del Senato. Si tratta dell'avvio di un percorso – peraltro intrapreso anche attraverso recenti riforme amministrative interne – che può condurre il Parlamento a disporre di dati puntuali e articolati relativi ai bisogni e agli interessi (conoscenza ex ante) oggetto di regolazione e all'impatto (conoscenza ex post) della legislazione medesima, anche indipendentemente dalle relazioni predisposte dal Governo – le quali peraltro sono oggetto di scrutinio e di specifiche analisi da parte del Servizio per il controllo parlamentare della Camera e del Servizio per la qualità degli atti normativi del Senato – e da altri soggetti istituzionali in attuazione di specifici obblighi di legge, su cui si tornerà a breve. Il Governo può invece contare – oltre che sulle informazioni disponibili agli apparati tecnici (non solo giuridico-normativi) dei Ministeri – sulla stessa attività degli organi ausiliari (quali, ad esempio, il CNEL). Farsi carico di tale squilibrio non è dunque soltanto necessario per migliorare la qualità sostanziale della legislazione, ma anche per preservare gli equilibri interni alla forma di governo, mostrando ancora una volta – per un verso – lo stretto legame tra dinamiche (e qualità) della normazione e assetti istituzionali e illuminando – per altro verso – le radici più profonde dell'attuale crisi della centralità parlamentare nello scenario del parlamentarismo italiano. Per tornare ad essere centrale nel funzionamento del sistema – e, soprattutto, nell'articolazione dell'indirizzo politico – il Parlamento ha bisogno di conoscere, acquisire informazioni e sviluppare competenze che vadano al di là dei soli aspetti giuridici e contabili, che pure rimangono fondamentali e non sempre facili da acquisire.
In questa sede rileva, in particolare, il tema del rafforzamento dell'efficacia delle norme e l'analisi degli strumenti attualmente disponibili per migliorarle con l'intento di evidenziarne i fattori di debolezza e di avanzare proposte per il loro superamento. Si pensi, a titolo di esempio, alla rilevanza e all'uso dell'analisi di impatto della regolamentazione e analisi tecnico-normativa (AIR e ATN). Sebbene AIR e ATN siano adempimenti necessari in relazione ai disegni di legge e agli schemi di atti normativi predisposti dal Governo – e in molti casi Pag. 28obbligatori (cfr. l'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246) – la loro mancanza non è ritenuta ostativa rispetto all'esame parlamentare di tali atti. Inoltre, esse tendono a essere spesso considerate come un mero adempimento formale cui si provvede in maniera superficiale e standardizzata, con un impatto negativo sulla qualità della legislazione(47). A fronte di tale rilievo, in sede di audizioni è stato proposto di estendere all'assenza di AIR e ATN l'effetto preclusivo rispetto alla prosecuzione dell'esame parlamentare già previsto per l'assenza di documentazione finanziaria(48).
A questo proposito dalle audizioni è emerso un confronto con altri ordinamenti europei anche per quel che riguarda – da un lato – l'articolazione degli uffici parlamentari di supporto e – dall'altro – i rapporti tra attori parlamentari e governativi coinvolti, a diverso titolo, nei processi di produzione legislativa(49). Nel contesto italiano – è stato osservato nelle audizioni – il miglioramento della qualità legislativa è una sfida ancora aperta, spesso condizionata dalla frammentazione del processo decisionale e dalla frequente adozione di norme emergenziali. Questo aspetto rischia di compromettere la stabilità dell'ordinamento e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Per arginare tale deriva, è fondamentale adottare un approccio sistematico che combini l'uso di tecniche di redazione chiare con sistemi avanzati di valutazione e monitoraggio.
Dall'analisi della situazione italiana, gli auditi hanno tratto spunto per avanzare possibili soluzioni e proposte. Il dato comparativo suggerisce che per rafforzare l'efficacia degli strumenti di better regulation anche in Italia, sarebbe necessario intraprendere alcune riforme strutturali. Ad esempio, l'adozione di un modello obbligatorio, come quello olandese, potrebbe assicurare una realizzazione sistematica delle analisi di impatto, con un obbligo di tempestività nella loro redazione e presentazione. In questo quadro, potrebbe risultare opportuno prevedere anche un esame sistematico delle analisi ex post da parte del Parlamento per integrarle nei processi legislativi e garantirne un utilizzo effettivo. Più in concreto, le soluzioni passano attraverso la valorizzazione di strumenti specifici già esistenti, quali l'Analisi tecnico-normativa (ATN), l'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), la Verifica di impatto della regolamentazione (VIR) e il monitoraggio legislativo, le consultazioni pubbliche e la regolamentazione dei gruppi di interesse.
L'analisi tecnico-normativa
L'analisi tecnico-normativa (ATN) rappresenta uno strumento essenziale per garantire la qualità della regolazione e assicurare la trasparenza nell'iter di proposta, modifica e approvazione degli atti normativi del Governo. Essa è disciplinata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 settembre 2008, aggiornata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 ottobre 2024, che ne definisce le modalità di redazione e i criteri metodologici. L'ATN si affianca ad altre relazioni obbligatorie, come la relazione illustrativa, quella tecnico-finanziaria e l'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), e si concentra sull'analisi dell'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, verificandone la conformità alla Costituzione, al diritto dell'Unione europea e agli obblighi internazionali. L'analisi si estende anche al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali, nonché – se del caso – alla coerenza con precedenti interventi di normazione secondaria, anche in delegificazione. L'analisi considera di regola anche la giurisprudenza rilevante, sia nazionale che europea, così come eventuali giudizi pendenti sul medesimo o analogo oggetto, nonché la presenza di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea. Inoltre, l'ATN esamina eventuali progetti normativi paralleli o modifiche della stessa materia già in corso di esame, per garantire il coordinamento e la coerenza nell'azione legislativa.
Un aspetto importante dell'ATN è la verifica della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nella proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti. L'analisi deve anche considerare eventuali soluzioni alternative prese in esame e scartate, fornendo una motivazione trasparente per tali scelte. L'ATN include, inoltre, l'indicazione degli atti successivi attuativi necessari per dare piena efficacia alla normativa proposta, verificandone la congruità dei termini previsti per l'adozione.
L'ATN è redatta secondo una griglia metodologica che rappresenta uno strumento di supporto per uniformare e sistematizzare l'analisi. La relazione è elaborata dall'amministrazione proponente, che può collaborare con gli uffici legislativi di altre amministrazioni competenti in materie specifiche o settoriali. In ogni fase, le amministrazioni possono richiedere il supporto tecnico del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (DAGL) che svolge un ruolo di coordinamento e monitoraggio dell'intero processo. Il DAGL ha, inoltre, il compito di verificare che le ATN siano conformi alle indicazioni metodologiche fornite e, qualora ritenute carenti o insufficienti, fornisce osservazioni e indicazioni operative per la loro integrazione o rettifica. La carenza o l'inadeguatezza di una ATN preclude l'iscrizione del provvedimento alla riunione preparatoria del Consiglio dei ministri. Questa misura garantisce che solo provvedimenti adeguatamente analizzati e giustificati possano avanzare nel processo decisionale.
Un elemento fondamentale dell'ATN è la giustificazione dell'effettiva necessità dell'intervento normativo e l'indicazione dei motivi per i quali non è possibile esaurire la disciplina con la normativa proposta Pag. 30e si rende necessario il rinvio a successivi provvedimenti attuativi(50). Inoltre, l'ATN dovrebbe garantire che la normativa proposta si inserisca in modo coerente e sistematico nel quadro giuridico vigente, promuovendo una redazione uniforme e corretta delle disposizioni normative.
L'analisi di impatto della regolamentazione
L'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e la verifica di impatto della regolamentazione (VIR) sono state introdotte dall'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169 del 2017, nonché dalle Linee guida approvate con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2018. La disciplina dell'AIR si applica agli atti normativi del Governo, compresi gli atti normativi adottati dai singoli Ministri, i provvedimenti normativi interministeriali e i disegni di legge di iniziativa governativa; per i decreti-legge è prevista la predisposizione di una relazione AIR in forma semplificata. In questo contesto, la legge n. 246 del 2005 e le citate normative di attuazione hanno disegnato un sistema completo di momenti valutativi che includono AIR, VIR, consultazioni e relazione al Parlamento e che intervengono in tutte le fasi del ciclo della regolazione, dalla progettazione della norma alla sua revisione.
Come parte fondamentale di tale sistema, l'AIR è stata introdotta con l'obiettivo di migliorare la qualità della normazione definendo gli obiettivi e l'impatto atteso delle nuove regole e affidando il provvedimento legislativo alla sinergia fra l'amministrazione proponente e il DAGL, organo chiamato a verificare la qualità dei processi valutativi e delle relazioni che li rendicontano nonché a fornire supporto metodologico e a rafforzare le competenze del personale dedicato e più in generale ad assicurare il coordinamento dell'intera procedura.
Tuttavia, nella valutazione di molti degli auditi, l'applicazione di questo strumento è spesso ridotta a una formalità, priva di dati concreti e approfonditi, limitando la capacità di prevedere gli impatti reali delle norme e di evitare conseguenze indesiderate(51). La spinta europea a considerare la valutazione centrale ai fini del miglioramento della qualità appare dunque aver perso negli ultimi anni la sua forza propulsiva, anche per il consistente ricorso, da più legislature, ai decreti-legge, i cui tempi ristretti di adozione e di esame rendono complessa l'attività di valutazione.
L'AIR viene spesso percepita come un ulteriore adempimento burocratico, cui si provvede in maniera meccanica, essendo in definitivaPag. 31 considerata priva di utilità concreta da parte degli uffici legislativi e rivelandosi così, nella pratica, incapace di contribuire efficacemente alla razionalizzazione delle decisioni proposte o adottate(52). Un altro elemento critico sollevato da più voci in relazione all'AIR riguarda la frammentazione delle responsabilità tra gli enti coinvolti. Tale frammentazione determina una riduzione dell'efficacia dell'AIR, poiché ostacola il coordinamento funzionale ad ottenere un'analisi coerente e integrata. La sovrapposizione di competenze e la mancanza di chiarezza sui ruoli specifici dei diversi soggetti interessati può generare ritardi, conflitti e duplicazioni di attività, compromettendo la qualità complessiva dei processi di regolamentazione. Inoltre, l'assenza di un'autorità centrale dotata di incisivi poteri di coordinamento e supervisione sull'intero processo rende difficoltosa l'elaborazione di standard uniformi per l'AIR, con conseguenze negative sulla sua capacità di supportare decisioni informate e orientate agli obiettivi. Per mitigare tali criticità, che riguardano anche le amministrazioni regionali e locali, è essenziale promuovere la cooperazione tra enti e introdurre strumenti di governance che favoriscano una maggiore armonizzazione e responsabilizzazione. Una struttura di coordinamento centrale, unitamente a procedure standardizzate, potrebbe incrementare la trasparenza e l'efficacia dell'AIR, migliorando l'impatto delle regolamentazioni a livello nazionale e locale.
L'approccio alla produzione normativa intesa come ciclo legislativo coerente dove ogni passaggio è considerato imprescindibile, così come riscontrato recentemente a livello internazionale anche nelle Linee guida dell'OSCE(53) che hanno ribadito la necessità di analisi basate su evidenze per valutare gli effetti economici, sociali e ambientali delle norme proposte, è stato riproposto come quadro di riferimento generale dagli esperti.(54)
Il tipo di indagine in corso non può prescindere dall'esame dei dati relativi all'applicazione in concreto degli strumenti in esame e a questo proposito è stata fatta menzione della Relazione sullo stato di applicazione dell'analisi di impatto della regolamentazione per l'anno 2023 da cui si evince che, a livello regionale e locale, l'adozione dell'AIR è stata minima, mentre le Autorità indipendenti mostrano un uso più sistematico di evidenze empiriche e consultazioni rispetto ai ministeri. L'analisi dei dati riportati nella Relazione evidenzia un progresso Pag. 32significativo nel contesto delle analisi di impatto della regolamentazione (AIR) prodotte dal Governo, soprattutto in termini quantitativi e, in parte, qualitativi. Questo progresso riflette una crescente consapevolezza e competenza negli uffici ministeriali rispetto all'importanza di utilizzare strumenti di better regulation.
Nonostante l'apparato normativo e metodologico dettagliato, resta il problema della reale incidenza di questi strumenti sulla qualità delle leggi. Le AIR, redatte seguendo parametri precisi stabiliti dalle Linee guida, non sempre riescono a influenzare in maniera significativa la formulazione delle norme. Spesso, tali analisi vengono effettuate in fasi del processo normativo che ne limitano l'efficacia: troppo presto, quando la proposta è ancora in via di definizione, o troppo tardi, quando le modifiche suggerite non possono essere recepite. Questo limite è particolarmente evidente nei decreti-legge, dove i tempi ristretti rendono difficoltoso integrare le indicazioni del Nucleo di valutazione dell'impatto della regolamentazione (NUVIR)(55). Un ulteriore elemento critico riguarda la natura giuridica delle relazioni AIR. Non trattandosi né di pareri vincolanti né di provvedimenti amministrativi, esse risultano prive di forza cogente, lasciando ampi margini di discrezionalità alle amministrazioni e ai decisori politici. L'unico esempio di valutazione tecnica che incide direttamente sull'adozione di una norma è rappresentato dalla relazione tecnica elaborata dall'Ispettorato generale di bilancio della Ragioneria generale dello Stato, che precede l'apposizione del «bollino» del Ragioniere generale. Questo caso, tuttavia, è isolato e non rappresenta la regola.
Sul punto alcuni auditi hanno proposto l'adozione di un sistema che attribuisca agli strumenti di analisi una natura obbligatoria, accompagnata da un'applicazione estesa e da un obbligo di tempestività.(56)
Insieme, è stata proposta l'introduzione dell'obbligo per il Parlamento di esaminare sistematicamente tali relazioni, in particolare quelle di valutazione posteriore, per integrarle nei processi legislativi e rafforzare il ciclo normativo. Tale scenario risulterebbe efficace solo in presenza di altri elementi concomitanti, quali dettagliati programmi di formazione, volti a potenziare le competenze delle amministrazioni nonché l'utilizzo di strumenti tecnologici avanzati, inclusa l'intelligenza artificiale, per supportare le analisi valutative. Infine, è stata auspicata l'interoperabilità dei sistemi informativi, per garantire una gestione più integrata e coordinata dei dati necessari ai processi di regolamentazione.
È dunque necessario un ripensamento complessivo che investa le competenze e le relazioni tra i soggetti coinvolti nella progettazione, adozione, attuazione e valutazione delle politiche pubbliche e delle Pag. 33norme giuridiche. È inoltre necessario interrogarsi sugli autonomi spazi di intervento del Parlamento in materia di analisi e valutazione di impatto. Infatti, le attività sin qui dettagliate – riguardando il Governo e la sua attività normativa – seguono criteri di articolazione, i quali risentono della specifica capacità amministrativa degli apparati dell'esecutivo e, soprattutto, sono orientati, nella grande maggioranza dei casi, a valorizzare profili attinenti alla normazione secondaria e, in particolare, all'esecuzione. Diversamente possono atteggiarsi, secondo quanto si accennava, conoscenza ex ante ed ex post nel contesto del Parlamento. In aggiunta a quanto si è già osservato, si ponga mente – ad esempio – al fatto che l'attività conoscitiva risente, in ambito parlamentare, della specificità della funzione rappresentativa (meno avvertita in seno all'Esecutivo) e dunque evoca in modo peculiare la necessità di ascoltare, assicurare partecipazione, intercettare attraverso dati il più possibile accurati il concreto atteggiarsi della realtà sulla quale la legislazione è chiamata a intervenire.
Così, ad esempio, per quel che riguarda sia la conoscenza ex ante sia la valutazione ex post, dovrebbe riflettersi accuratamente sulla possibilità di proseguire nel rafforzamento, all'interno delle Camere, degli apparati di supporto all'attività legislativa, specializzati nella raccolta, organizzazione e meta-analisi di dati, sulla scia di quanto già avviato con le forme di integrazione tra i Servizi di documentazione dei due rami del Parlamento e con l'esperienza dell'Ufficio di valutazione di impatto del Senato. In altri termini, ferma restando la specificità delle competenze spettanti all'Esecutivo, in luogo di limitarsi a subire le disarmonie e le inefficienze legate alle attività di analisi e valutazione svolte in seno al Governo, la sfida per il Parlamento potrebbe piuttosto essere quella di recuperare la propria centralità nel circuito dell'indirizzo politico anche attraverso strumenti di questo tipo i quali, peraltro, potrebbero contare sul prezioso patrimonio di competenze già presente nell'amministrazione parlamentare.
In questo contesto, allora, il Parlamento potrebbe assumere un ruolo guida, non solo attraverso l'adozione di norme, ma anche promuovendo esempi concreti di buone pratiche. A questo proposito, è emersa nel corso dell'indagine anche la proposta di concentrare gli sforzi sulla valutazione ex post delle norme, avviando indagini conoscitive evidence based su grandi temi regolatori. Questo approccio, trasparente e partecipato, potrebbe coinvolgere amministrazioni pubbliche, Autorità indipendenti, regioni, enti locali, esperti e rappresentanti degli interessi. Un Parlamento capace di operare come laboratorio per l'elaborazione di norme di qualità rappresenterebbe un modello per tutte le istituzioni.
La verifica di impatto della regolamentazione
La VIR è concepita come strumento per verificare ex post il raggiungimento degli obiettivi delle norme, stimare i costi e valutarne gli effetti su cittadini, imprese e amministrazioni pubbliche. Con l'introduzione della VIR ad opera della legge n. 246 del 2005, accanto all'analisi di impatto ex ante, l'Italia ha deciso di adottare un approccio integrato alla regolazione per migliorarne qualità ed efficacia. Tale intento è stato ribadito anche con successivi passaggi normativi nell'Accordo Governo-regioni del 2007, che ha sottolineato la necessità di Pag. 34utilizzare congiuntamente VIR, AIR e ATN nonché con l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 novembre 2009, n. 212, che attua le citate disposizioni dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 novembre 2005, n. 246.
La VIR si pone dunque come ulteriore strumento a sostegno di un ciclo virtuoso della regolazione con lo scopo di verificare l'efficacia delle norme esistenti. Nonostante il potenziale della VIR per migliorare l'efficacia e la sostenibilità delle politiche pubbliche, in Italia permangono significative criticità nel suo impiego, legate a risorse e competenze per l'integrazione di tale strumento nel ciclo regolatorio. L'adozione della VIR richiede competenze tecniche e una mentalità orientata alla valutazione basata su evidenze, che non è ancora completamente radicata nella pubblica amministrazione. L'assenza di VIR adeguate quantitativamente e qualitativamente limita la capacità del legislatore di correggere eventuali errori normativi e di apprendere dalle esperienze passate. Un suo rafforzamento sistematico, attraverso investimenti mirati e un maggiore coordinamento istituzionale, potrebbe migliorare significativamente la qualità normativa e accrescere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Allo stesso tempo, come già osservato a proposito delle analisi ex ante, anche per quel che riguarda la valutazione ex post appare cruciale un recupero della capacità di incidenza del Parlamento: ciò non avrebbe un impatto limitato alla qualità della legislazione, ma potrebbe incidere – sul piano sistematico – anche sul riequilibrio degli assetti istituzionali e sulla valorizzazione del ruolo del Parlamento nel circuito dell'indirizzo politico. Si consideri, peraltro, che la valutazione ex post e l'analisi ex ante – se riguardate dal punto di vista di interventi di riforma avviati su iniziativa parlamentare (e non soltanto governativa) – possono presentarsi anche come intrecciate; la valutazione ex post può, infatti, fornire indicazioni utili ai fini della modifica e revisione della normativa in vigore.
Per quanto riguarda l'individuazione dei soggetti preposti alla verifica di impatto, a livello nazionale non esiste una istituzione centralizzata deputata allo scopo e la verifica è realizzata per lo più dai medesimi soggetti che hanno elaborato la proposta normativa, ovvero i Ministeri, presso i quali non sempre esiste una struttura dedicata, coordinati dal DAGL. In Italia, non è presente un quadro regolatorio che definisca il mandato e l'organizzazione delle attività valutative, chiarendo le responsabilità dei singoli attori della valutazione. Il processo di verifica dell'impatto, come anche quello di analisi ex ante, non appare strutturato e può coinvolgere, ove realizzato dall'amministrazione, diversi attori, tra cui vari dipartimenti, le segreterie dei Ministri, gli uffici di Gabinetto e gli uffici legislativi, anche attraverso l'utilizzo di consulenti/esperti esterni. Alcuni Ministeri, inoltre, si avvalgono di agenzie e istituti di ricerca in house, che svolgono attività di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche. Il sistema appare frammentato e non sempre rispondente ad una logica di coerenza e sistematicità: inoltre, del tutto carenti sono i dispositivi di coordinamento con il Parlamento, che pure potrebbero agire virtuosamente sia sulla qualità della legislazione che sul suo intreccio – nella logica del parlamentarismo – con gli assetti della forma di governo. A ciò si aggiunga che la VIR è stata applicata principalmente a livello centrale, Pag. 35o in alcune amministrazioni pubbliche virtuose o nell'ambito delle Agenzie, mentre in ambito locale e regionale, la diffusione è più disomogenea e limitata. Molti enti amministrativi, soprattutto a livello locale, lamentano la mancanza di risorse finanziarie e umane per condurre valutazioni adeguate(57), pertanto le procedure della VIR sono percepite come onerose e lunghe, specialmente in contesti dove il personale è già sovraccarico di lavoro(58). In questo quadro, anche innovazioni rilevanti come l'introduzione della valutazione di impatto generazionale (VIG), prevista nel recente disegno di legge sulla semplificazione(59), rischiano di rimanere simboliche, in assenza di una revisione profonda del processo di valutazione, anche sul piano delle risorse a ciò destinate e del necessario coordinamento tra analisi e valutazioni affidate all'esecutivo e recupero del ruolo del Parlamento.
Per assicurare un effettivo miglioramento della qualità della legislazione e della normazione, è necessario che l'AIR e la VIR siano integrate in un processo sistematico che garantisca non solo la correttezza tecnica delle analisi, ma anche la loro traduzione in norme coerenti, chiare e applicabili. L'efficacia della VIR dipende, in ogni caso, dalla disponibilità di dati affidabili e tempestivi, ma spesso vi è una carenza di informazioni laddove fonti o dati non sono accessibili. In tali casi la mancanza di dati affidabili e aggiornati compromette gravemente l'efficacia di questo strumento. Inoltre, l'assenza di un coordinamento efficace tra i diversi livelli di governo (centrale, regionale e locale) limita l'attuazione coerente delle valutazioni.
A livello internazionale, la misurazione dell'impatto e l'attenzione ai risultati rappresentano aspetti sempre più rilevanti nella legislazione e nelle politiche pubbliche, influenzati in maniera determinante dal funzionamento dell'Unione europea. Questo approccio è particolarmente significativo nel nuovo quadro di governo europeo, attualmente in fase di applicazione con il PNRR e destinato a essere generalizzato con il nuovo Patto di stabilità e crescita. Tale metodo si fonda sull'elaborazione di piani nazionali di performance, in cui l'accesso alle risorse finanziarie comuni è subordinato al raggiungimento di obiettivi qualitativi e quantitativi, valutati dalla Commissione europea. Il sistema prevede un continuo negoziato bilaterale tra la Commissione e lo Stato membro, che implica la necessità di una piena consapevolezza sia degli effetti previsti che di quelli effettivamente ottenuti dalle misure adottate. Inoltre, la sua estensione alle politiche di coesione, attualmente oggetto di riforma, rafforza l'esigenza di strumenti di misurazione più rigorosi.
In questo contesto, la verifica di impatto della regolamentazione assume un ruolo strategico, poiché consente di dimostrare in modo trasparente e analitico l'efficacia delle misure implementate. Una governance basata sui risultati non solo aumenta la responsabilità delle amministrazioni ma promuove anche un utilizzo più efficiente delle risorse, in linea con le priorità europee. In relazione all'attuazione del Pag. 36PNRR e alla disciplina di alcuni specifici settori come la tutela ambientale, le politiche fiscali e le regolazioni economiche, le strategie valutative hanno registrato applicazioni significative, anche se tali pratiche non sono ancora pervenute al rango di pratiche standardizzate e indefettibili(60).
Per superare i problemi sopra elencati, gli auditi hanno disegnato un quadro di azioni possibili. In primo luogo, potrebbe risultare opportuno stabilire meccanismi più efficaci di cooperazione tra i vari livelli di governo per garantire una maggiore uniformità nell'applicazione della VIR, aumentando le risorse umane e finanziarie anche sotto il profilo del rafforzamento delle competenze tecniche. Inoltre, come nel caso delle AIR, potrebbe risultare opportuno introdurre obblighi più stringenti per l'attuazione della VIR, con sanzioni in caso di mancata applicazione e incentivi per chi invece adempie agli obblighi. L'esito del processo dovrebbe consistere nella regolare pubblicazione dei rapporti sulle valutazioni effettuate, per aumentare la trasparenza e il coinvolgimento dei cittadini. A tal fine, sarebbe utile la creazione di un registro centralizzato che raccolga tutte le valutazioni VIR, favorendo così una maggiore trasparenza e coerenza e facilitando anche l'attività parlamentare, sotto il duplice profilo della disponibilità di dati e del rafforzamento della funzione di controllo. Anche in questo caso come in quello dell'AIR e più in generale per ogni altro aspetto legato alla qualità della regolamentazione, appare opportuno promuovere corsi di formazione specifici per i funzionari pubblici, volti a sviluppare competenze analitiche e tecniche e stimolare una maggior consapevolezza culturale in relazione all'importanza della valutazione ai fini della qualità della legislazione e della normazione. Ciò implica necessariamente la previsione di adeguati finanziamenti, necessari anche per sostenere la raccolta e l'analisi dei dati attraverso l'uso di tecnologie digitali e sistemi integrati.
Più in generale occorre rendere il processo di valutazione meno complesso, riducendo i carichi burocratici e collegando anche in modo più stretto – come già osservato – la analisi di impatto ex ante (AIR) e quella ex post (VIR) nel ciclo della regolazione.
Anche l'assenza di un sistema solido di monitoraggio e feedback limita l'efficacia della VIR nell'orientare le decisioni regolatorie future, impedendo il completamento del ciclo regolatorio. Il monitoraggio continuo, d'altro canto, rappresenta un elemento essenziale per garantire l'aggiornamento del quadro regolatorio, basandosi su evidenze empiriche e sull'analisi degli impatti reali. Senza un sistema strutturato in grado di raccogliere, analizzare e integrare le informazioni derivanti dall'applicazione delle norme, le successive scelte regolatorie rischiano di essere disallineate rispetto alle esigenze concrete. Inoltre, la mancanza di un meccanismo di retroazione limita la capacità di correggere tempestivamente eventuali deviazioni dagli obiettivi iniziali. Per assicurare un ciclo regolatorio efficace, è quindi indispensabile implementarePag. 37 strumenti di monitoraggio e feedback che operino in sinergia, favorendo una regolamentazione più trasparente, responsabile e orientata ai risultati.
Monitoraggio e valutazione
Le valutazioni di impatto e il monitoraggio si distinguono per il loro ruolo nel ciclo della regolazione, pur essendo strettamente complementari. Il monitoraggio si concentra principalmente sul controllo continuo o periodico dell'attuazione di una normativa, con l'obiettivo di verificare che i processi siano implementati correttamente e che gli obiettivi operativi vengano raggiunti. Questa attività è orientata alla raccolta di dati finalizzati a fornire informazioni utili per apportare eventuali aggiustamenti durante l'esecuzione della norma. Il suo focus principale è dunque operativo, con un'attenzione particolare alla verifica della conformità e all'identificazione di ostacoli o inefficienze. La valutazione ex post, invece, si svolge successivamente alla piena attuazione della regolazione e mira a un'analisi più approfondita dei risultati ottenuti. Essa si concentra sulla verifica dell'efficacia complessiva della normativa, valutando se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e analizzando gli impatti generati, sia positivi che negativi. Questo approccio è meno legato alla gestione pratica dell'attuazione e più orientato a trarre insegnamenti strategici per il futuro, nonché ad alimentare la successiva analisi ex ante, ove si renda necessario un intervento sulla medesima materia.
Mentre il monitoraggio è una funzione prevalente operativa, la valutazione ex post è di natura analitica e strategica. La prima fornisce dati fondamentali per il miglioramento in corso d'opera, mentre la seconda include considerazioni più ampie, come la necessità e la proporzionalità della regolazione stessa. La valutazione ex post può quindi trarre beneficio dalle informazioni raccolte durante il monitoraggio, ma si distingue per la sua capacità di andare oltre, analizzando nel dettaglio l'efficienza, l'efficacia e la sostenibilità delle politiche pubbliche. In sintesi, il monitoraggio aiuta a correggere il presente, mentre la valutazione ex post contribuisce a pianificare il futuro.
Proprio per questo, l'assenza di un sistema organico di monitoraggio rappresenta una grave lacuna nel processo legislativo italiano. In fase di monitoraggio non solo si dovrebbero raccogliere dati sull'applicazione delle norme, ma anche coinvolgere la società civile, favorendo un dialogo tra istituzioni e cittadini. La creazione di piattaforme digitali integrate potrebbe rappresentare un passo avanti significativo in questa direzione. Il monitoraggio dovrebbe essere continuo e condotto attraverso metodi inclusivi e trasparenti, coinvolgendo tutti gli attori interessati, andando in questo senso a saldarsi con il momento di confronto rappresentato dalle consultazioni pubbliche.
Le consultazioni pubbliche
Le consultazioni pubbliche, nel contesto del ciclo della regolazione, sono momenti strutturati attraverso i quali le autorità pubbliche raccolgono opinioni, suggerimenti e informazioni da una vasta gamma di soggetti interessati, al fine di migliorare la qualità delle politiche e delle norme. Queste attività rappresentano uno strumento essenziale Pag. 38per promuovere la trasparenza, la partecipazione democratica e l'efficacia della regolazione.
L'obiettivo principale delle consultazioni pubbliche è garantire che le decisioni normative siano fondate su una conoscenza ampia e diversificata delle esigenze, delle aspettative e delle possibili conseguenze. In particolare, le consultazioni consentono di coinvolgere gli stakeholder (cittadini, imprese, organizzazioni della società civile, amministrazioni pubbliche, esperti e altri attori) che possono esprimere la propria opinione; di raccogliere evidenze e dati: non solo informazioni e analisi ma anche opportunità e soluzioni praticabili; di prevedere gli effetti di una regolazione prima della sua adozione o a valutarne il funzionamento durante e dopo l'attuazione; di promuovere la legittimità e l'accettazione delle decisioni poiché la partecipazione diretta aumenta la fiducia nelle istituzioni e il senso di appartenenza nell'articolazione delle politiche pubbliche. Le consultazioni pubbliche possono svolgersi in diverse fasi del ciclo della regolazione. Durante la fase di definizione delle politiche (ex ante), esse sono utili per identificare problemi e priorità, nella fase di attuazione possono servire a raccogliere riscontri sull'efficacia operativa delle norme e nella fase di valutazione ex post, aiutano a esaminare l'impatto delle politiche adottate. Le consultazioni possono assumere diverse forme: dalle consultazioni aperte, rivolte a tutti i cittadini e le organizzazioni, solitamente tramite piattaforme digitali o eventi pubblici, alle consultazioni mirate, indirizzate a gruppi specifici di soggetti interessati, come esperti o rappresentanti di settori economici, fino alle audizioni e incontri che costituiscono momenti centrali per un confronto diretto e approfondito con attori chiave. Le modalità possono includere questionari telematici, richieste di pareri scritti, workshop, focus group o interviste. Le consultazioni pubbliche presentano numerosi vantaggi, tra cui l'aumento della qualità normativa grazie a un accesso a dati ed esperienze diversificate, la riduzione del rischio di decisioni inefficaci o controproducenti e il rafforzamento della legittimità delle politiche.
Tuttavia, esistono limiti significativi alla realizzazione di momenti di consultazione efficaci e produttivi. Tra queste, vi sono la difficoltà nel coinvolgere un numero di partecipanti realmente rappresentativo dei soggetti interessati, il rischio di privilegiare interessi specifici a scapito dell'interesse generale e la complessità nella gestione e analisi dei contributi raccolti. Le consultazioni pubbliche sono un pilastro della qualità della regolazione, poiché contribuiscono a decisioni normative basate su evidenze e attente ai bisogni reali della società. Esse supportano ogni fase del ciclo regolatorio, integrando dati e prospettive utili per la definizione, l'attuazione e la valutazione delle norme, garantendo che siano proporzionate, efficaci e sostenibili. Tuttavia, come evidenziato a più voci, le procedure di consultazione sono spesso poco accessibili e non sufficientemente inclusive.
L'interazione del Parlamento con le Autorità indipendenti, che fungono da anello tecnico tra il Parlamento stesso e i settori regolati, in merito alle consultazioni pubbliche, permetterebbe di fare tesoro della esperienza consolidata di queste ultime e di bilanciare rappresentanza politica, competenza tecnica e coinvolgimento diretto dei Pag. 39cittadini, contribuendo con analisi specialistiche e soluzioni operative(61).
È stato suggerito che la digitalizzazione delle consultazioni potrebbe ampliare significativamente la partecipazione, coinvolgendo un numero maggiore di cittadini e soggetti interessati.
L'importanza di strumenti che garantiscono la rappresentatività e la partecipazione attiva di tutti i gruppi sociali, in particolare quelli storicamente emarginati, andrebbe enfatizzata insieme alla necessità di uniformare le procedure e garantire che i risultati delle consultazioni abbiano un impatto reale sul processo decisionale. In questa prospettiva vale ricordare che, a partire dalla XVII legislatura, anche il Senato si è dotato dello strumento delle consultazioni pubbliche(62). Peraltro, se svolte in sede parlamentare, esse hanno l'ulteriore pregio di valorizzare la funzione del Parlamento quale sede privilegiata per la rappresentanza delle istanze sociali.
Le indagini conoscitive sono strumenti che si collocano a metà strada tra l'attività di monitoraggio e le consultazioni pubbliche, integrandone caratteristiche distintive. In particolare, le indagini conoscitive rappresentano un utile strumento di conoscenza ex ante ed ex post in una sede rappresentativa e dunque sensibile in modo specifico alle esigenze di determinazione della politica nazionale negli ambiti considerati. Esse consentono alle Commissioni di acquisire dati, analizzare l'attuazione di politiche pubbliche e raccogliere opinioni da esperti e soggetti interessati. Attraverso audizioni e raccolta di informazioni, queste indagini permettono di valutare l'efficacia degli assetti regolatori esistenti, individuandone criticità e suggerendo eventuali miglioramenti. Infatti, da un lato, come nel caso delle attività di monitoraggio offrono un quadro oggettivo basato su analisi approfondite; dall'altro, in linea con le consultazioni, favoriscono il dialogo istituzionale e il coinvolgimento di soggetti rappresentativi. Grazie a questo approccio integrato, le indagini conoscitive supportano il Parlamento nell'elaborazione di proposte legislative più consapevoli e mirate, valorizzando sia la partecipazione sia la verifica empirica(63).
1.6 Gli strumenti per il controllo della qualità della legislazione
In un contesto normativo sempre più articolato, caratterizzato da una stratificazione legislativa crescente e da una pluralità di soggetti, emerge la necessità di organismi che garantiscano un approccio integrato e coordinato alla qualità della legislazione. Una raccomandazione emersa in più occasioni nel corso delle audizioni riguarda l'identificazione e il rafforzamento di organismi capaci di svolgere al meglio il Pag. 40ruolo di garanti della qualità normativa. Tali organismi sono stati variamente individuati dagli auditi, anche in relazione alle fasi del ciclo della regolazione specificamente esaminate.
Con riguardo alla produzione normativa governativa è stata proposta una prima centralizzazione del drafting normativo, con l'idea di affidare al DAGL la redazione dei testi normativi del Governo. L'adozione di un tale modello, simile a quello adottato nel Regno Unito con l'Office of Parliamentary Counsel permetterebbe di migliorare la qualità della legislazione sin dalle prime fasi di elaborazione, rappresentando uno specifico snodo di coordinamento tra le strutture parlamentari e gli uffici legislativi ministeriali(64).
Nell'ambito parlamentare, si è messo in evidenza il ruolo centrale dei Comitati per la legislazione, al fine di garantire una maggiore attenzione alla qualità e alla coerenza dei testi durante il processo parlamentare. Allo stesso modo è stato ritenuto di grande importanza rafforzare gli strumenti interni delle Camere, dotando le strutture amministrative preposte alla qualità degli atti normativi e le stesse Commissioni di merito di un ruolo più incisivo, nonché di personale e strumenti adeguati. Inoltre, in risposta alla necessità di svolgere una grande azione riformatrice servendosi degli strumenti di codificazione, è stato proposto(65) di rilanciare il ruolo e gli obiettivi della Commissione per la semplificazione sull'esempio della Law Reform Commission del modello britannico, con il compito di occuparsi di riforma, codificazione e consolidamento delle leggi, sempre al fine di migliorare la chiarezza e la coerenza del corpus normativo.
I Comitati per la legislazione, alle cui sedute dovrebbero partecipare anche il relatore incaricato dalla commissione competente e il rappresentante del Governo che segue l'iter dei provvedimenti legislativi alle Camere, sono organi di ausilio alle Commissioni parlamentari e all'Assemblea, caratterizzati da una struttura paritaria tra maggioranza e opposizione, da un sistema di turnazione delle presidenze e dall'adozione dei pareri per consenso(66).
Nella valutazione degli auditi, i Comitati contribuiscono al miglioramento della qualità formale e sostanziale dei testi normativi attraverso il riscontro dei requisiti di omogeneità, semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione. Oltre a ciò, nel caso del Senato, il Comitato esamina la valutazione di impatto effettuata dal Governo e l'adeguatezza degli strumenti volti a censire e monitorare gli effetti diretti e indiretti scaturenti dalla norma. La competenza in materia di valutazione d'impatto è una specificità che caratterizza il Comitato per la legislazione del Senato che risponde all'esigenza di adottare testi normativi adeguati alle esigenze della società e delle imprese anche in Pag. 41termini di efficienza ed efficacia: si tratta di una competenza importante che, se potenziata e resa vincolante, potrebbe contribuire al superamento di molte delle criticità evidenziate in precedenza in relazione alle carenze degli strumenti di analisi e valutazione elaborati in seno all'esecutivo, senz'altro in linea con la logica del parlamentarismo. I pareri del Comitato sono rivolti in misura prevalente alla Commissione di merito e costituiscono, per questo primo destinatario, un supplemento di analisi che si rivela tanto più incisivo quanto più trova riscontro in emendamenti correttivi del testo, proposti dal Presidente del Comitato e dal relatore in seno allo stesso Comitato. I pareri sono, altresì, indirizzati al Governo poiché, oltre a contenere l'indicazione delle modifiche puntuali dei testi normativi utili a migliorare la qualità dei testi, richiamano gli uffici legislativi dei vari dicasteri al rispetto dei principi e delle tecniche per la legislazione. I pareri verificano, inoltre, la congruità delle valutazioni effettuate dall'Esecutivo in termini di impatto della normativa e l'idoneità della normativa stessa a conseguire gli obiettivi perseguiti(67).
Più nel dettaglio, sempre in base alla valutazione degli auditi, l'azione dei Comitati mira a contrastare alcuni dei fenomeni distorsivi individuati dagli esperti segnalando ad esempio eventuali contenuti eterogenei nei decreti-legge e nelle leggi di conversione. Il loro contributo si distingue anche per l'affinamento del linguaggio giuridico, eliminando ambiguità e ridondanze a favore di un lessico normativo più chiaro ed essenziale. Al tempo stesso, è stato evidenziato come il loro potenziale sia limitato dalla natura non vincolante dei pareri espressi, aspetto che ne riduce l'efficacia all'interno del processo legislativo(68). È stato sottolineato come il Comitato abbia già ottenuto risultati significativi, ad esempio nel sopprimere disposizioni di delega all'interno di leggi di conversione, influenzando in modo positivo anche le decisioni delle Camere in materia di emendamenti. Per dare maggiore vigore e incisività alle pronunce dei due Comitati e in linea con la necessità di un migliore coordinamento degli stessi è stata avanzata l'ipotesi di unificare i due Comitati in un unico Comitato bicamerale in maniera da rafforzare le sue funzioni e monitorare meglio e in maniera più incisiva il percorso legislativo(69).
Inoltre, è stata segnalata l'importanza di un forte collegamento con la Commissione affari costituzionali nonché con altre strutture parlamentari e governative. A tal proposito, è stato suggerito di rafforzare i meccanismi di cooperazione interistituzionale attraverso accordi e protocolli di intesa, mirati a migliorare la qualità legislativa con interventi condivisi e aggiornamenti normativi, ispirandosi a buone Pag. 42pratiche europee(70). In questo ambito, diventa altresì fondamentale il dialogo con le strutture governative (in primo luogo il DAGL). Tali strumenti potrebbero contribuire a disciplinare meglio la procedura legislativa, limitando gli abusi e garantendo una maggiore coerenza normativa.
La Commissione per la semplificazione normativa è l'altro organo al servizio della qualità normativa menzionato dagli auditi quale organismo da rivitalizzare per il miglioramento della qualità della legislazione(71).
Lo scambio e la collaborazione fra i soggetti che intervengono a vario titolo nella produzione legislativa e normativa trova uno spazio di rilievo anche nelle relazioni del Governo al Parlamento. Gli obblighi di relazione che il Governo deve rispettare nei confronti delle Camere costituiscono un passaggio essenziale per garantire trasparenza e responsabilità nell'azione normativa. Questi rapporti offrono al Parlamento l'opportunità di verificare l'attuazione delle norme, monitorando i tempi e le modalità di emanazione dei decreti attuativi, valutare gli effetti delle leggi analizzandone l'impatto sulla società e intervenire proponendo modifiche o abrogazioni laddove emergano criticità. La qualità di queste relazioni dipende dalla loro puntualità e completezza, e anche su questo aspetto non è mancata, da parte degli auditi, una sollecitazione al loro miglioramento per consentire un controllo parlamentare efficace.
2. LA QUALITÀ DEL PROCESSO LEGISLATIVO
2.1 L'iniziativa legislativa
La programmazione dell'attività normativa nel contesto di un sistema normativo multilivello
L'iniziativa legislativa rappresenta il punto di avvio del processo normativo e costituisce il momento in cui le istanze politiche si trasformano in proposte di legge. Il suo esercizio, tuttavia, pone due questioni di centrale importanza trattate nel corso dell'indagine conoscitiva. La prima questione riguarda la programmazione dell'attività Pag. 43normativa, ossia la necessità di pianificare in modo organico e strategico gli interventi legislativi per garantire coerenza, efficacia e idoneità delle leggi rispetto agli obiettivi prefissati; una programmazione carente o frammentaria rischia, infatti, di produrre un corpus normativo disorganico, incapace di rispondere adeguatamente alle esigenze della collettività. Il secondo profilo concerne invece il contenuto delle proposte d'iniziativa legislativa e, in particolare, il corretto uso dei diversi strumenti normativi(72).
La programmazione dell'attività normativa rappresenta, senz'altro, un aspetto particolarmente critico e delicato del sistema delle fonti, dove gli aspetti tecnici della legislazione si confrontano, spesso, con esigenze di natura politica. Dietro la programmazione, infatti, non c'è solamente la necessità di rispettare tempi ragionevoli per l'esame e l'approvazione delle leggi, ma altre e più ampie questioni, riguardanti: la qualità della legislazione; l'equilibrio tra i diversi poteri normativi(73); la capacità del sistema politico di rispondere alle esigenze della società in modo efficace e tempestivo(74); il coordinamento della produzione normativa interna con la partecipazione dell'Italia alla formazione delle politiche e degli atti dell'Unione e con l'attuazione della normativa europea.
Durante l'indagine conoscitiva, sono state svolte analisi approfondite e sono state avanzate alcune possibili soluzioni.
Una ricostruzione complessiva delle diverse posizioni espresse nel corso delle audizioni evidenzia come la soluzione migliore richieda un approccio integrato e multilivello, che tenga insieme la dimensione nazionale con quella sovranazionale.
Ai fini della programmazione legislativa è opportuno infatti tenere conto, in primo luogo, dell'interazione delle politiche nazionali con quelle dell'Unione europea, che hanno conosciuto una profonda riarticolazione e subìto una decisa svolta con il programma Next Generation EU e con il PNRR. Come è noto, con questi programmi il legislatore europeo, all'indomani della crisi economico-sociale generata dalla pandemia, ha per la prima volta elaborato un progetto trasformativo di lungo periodo, nel quale gli ingenti stanziamenti di risorse sono accompagnati, e condizionati, da un ampio programma di riforme che dovranno essere realizzate negli ordinamenti nazionali. Analogamente la recente riforma della governance economica europea propone un'innovazione molto significativa che trova il punto fondamentale nel passaggio da un meccanismo basato sul rispetto di rigidi parametri quantitativi a un approccio che punta, invece, a valorizzare gli obiettivi di medio e lungo termine e le riforme strutturali; obiettivi e riforme da integrare e programmare nei piani strutturali di bilancio e a questi ancorati nella loro attuazione.
Dietro l'esigenza di un'efficace programmazione normativa, vi è poi una seconda e più tecnica ragione. Come messo in luce nel corso delle audizioni, una delle principali cause del progressivo «avvitamento» della produzione legislativa – e della conseguente produzione normativa incoerente e stratificata – riguarda l'ingresso, sempre più pervasivo, della dimensione temporale nelle procedure parlamentari. OriginariamentePag. 44 strutturate per far prevalere le ragioni del contraddittorio e della trasparenza, le procedure parlamentari si sono dovute confrontare con le esigenze di rapidità poste, soprattutto negli ultimi anni, dalle varie crisi (economiche, finanziarie, sanitarie, belliche) e dagli obblighi posti dall'Unione europea (soprattutto sul versante della governance economica). Proprio in questa prospettiva e nonostante le riforme dei regolamenti parlamentari già intervenute a partire dalla fine degli '90 del secolo scorso, si è rilevato come la rigidità e la complessità di taluni procedimenti parlamentari ostacolerebbe – almeno in alcune circostanze – interventi legislativi organici, coerenti e tempestivi, e indurrebbe al ricorso sempre più massiccio a fonti alternative alla legge ordinaria (come la vicenda del crescente ricorso al decreto-legge testimonia, oramai, da parecchi anni)(75).
La concentrazione dell'iniziativa legislativa (ma non solo) nel Governo
L'iniziativa legislativa governativa è divenuta inevitabilmente prevalente rispetto a tutte le altre(76). I dati del Rapporto sulla legislazione 2024-2025, relativi alla XVIII e XIX legislatura, indicano la netta prevalenza di provvedimenti di provenienza governativa (decreti-legge e disegni di legge) pari al 73,5% del totale nella XIX legislatura (133 su 181 provvedimenti), mentre era del 75,4% nella XVIII legislatura; seguono l'iniziativa parlamentare con il 25,4% nella XIX legislatura (46 provvedimenti) contro il 23,2% nella XVIII (32 leggi) e quella mista con, rispettivamente, l'1,1% e l'1,4% (con 2 leggi approvate in entrambe le legislature). Non si tratta di un'anomalia italiana. Gli ultimi dati disponibili presenti nel Rapporto sulla legislazione della Camera 2024-2025, relativi al 2023, indicano che in quell'anno in Francia il 52% delle leggi è stato di iniziativa governativa, in Germania l'86,6%, nel Regno Unito il 57,9% e in Spagna il 96%. Inoltre, come si vedrà meglio più avanti, rispetto alle altre democrazie europee, i testi di iniziativa governativa sono, nel nostro ordinamento, oggetto di significative e numerose modifiche parlamentari. Ma, al di là di questo aspetto, come emerso nel corso dell'indagine, si tratta di un dato, quello della prevalenza dell'iniziativa governativa, che pare mettere in luce due aspetti particolarmente significativi: in primo luogo, la capacità esclusiva del Governo di avere tutti gli strumenti informativi che consentono di conoscere i dati e gli elementi fattuali che sono alla base degli interventi, nonché le necessarie coperture finanziarie; in secondo luogo, la prevalenza del Governo sugli altri soggetti titolari dell'iniziativa legislativa, conseguenza immediata del rapporto di fiducia che, nella forma di governo parlamentare, lega il Governo al Parlamento.
Tale riflessione è stata ulteriormente sviluppata da coloro che hanno messo in evidenza come, in tutte le moderne democrazie rappresentative, il Governo riveste un ruolo centrale nel processo legislativo, avendo la possibilità di orientare l'agenda parlamentare, Pag. 45accelerare le procedure e garantire la coerenza tra il programma politico e la produzione legislativa(77).
Se ciò è vero in via generale, tuttavia, il caso italiano presenta caratteristiche peculiari. Pur riconoscendo in capo al Presidente del Consiglio il compito di «dirigere» la politica generale del Governo, «mantenere l'unità dell'indirizzo politico e amministrativo», «promuovere e coordinare l'attività dei ministri» (art. 95 Cost.), la nostra Costituzione, a differenza di altre, non attribuisce al Governo specifici strumenti per guidare le procedure parlamentari o per assicurare la tempestiva attuazione del proprio programma politico. Ciononostante – e tralasciando, in questa sede, il dibattito sul ruolo svolto, sul punto, dalla legge n. 400 del 1988 – i Governi hanno potuto contare nella prassi su altri strumenti che, utilizzati spesso al di fuori della cornice costituzionale, hanno comunque permesso ai medesimi governi di orientare e influenzare l'attività parlamentare nei tempi e nelle procedure. Si tratta, in particolare, della decretazione d'urgenza, utilizzata come strumento (sempre più) ordinario di legislazione, e della questione di fiducia, utilizzata con sempre maggior insistenza(78). Sul punto, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha rilevato come «il passaggio dall'epoca del consociativismo all'attuale democrazia dell'alternanza non è stato contestualmente accompagnato dalle conseguenti riforme costituzionali e regolamentari»; il Ministro ha anche ricordato, sul medesimo punto, che «in tutti gli Stati di democrazia consolidata è il Governo che ha la guida del procedimento legislativo, la disponibilità dell'ordine del giorno delle Assemblee parlamentari, la possibilità di accelerare le procedure»(79). A tale specificità si aggiunge un ulteriore elemento di complessità, ovvero la formazione di coalizioni di maggioranza eterogenee che non favoriscono un iter legislativo ordinato, aggravando la percezione di inefficienza complessiva del sistema(80).
Al di là della lettura data dagli auditi alla proliferazione in sede applicativa di questi strumenti (per alcuni indice del ruolo sempre più incisivo del Governo in Parlamento, per altri – e all'opposto – sintomo della debolezza degli odierni esecutivi(81)), appare evidente come l'«abuso del decreto-legge», il ricorso sempre più sistematico alla questione di fiducia e il ruolo molto attivo del Governo nella fase emendativa dei disegni di legge(82), contribuiscano a delineare un modello di produzione legislativa a forte, se non fortissima, trazione governativa, non solo per quanto riguarda la fase dell'iniziativa, ma anche per quanto riguarda le successive fasi parlamentari.
Il contesto materiale come presupposto della programmazione e della qualità legislativa
Come osservato nel corso delle audizioni, nella storia italiana le maggioranze di governo hanno spesso conosciuto livelli di eterogeneità e di dialettica interna tali da far registrare conseguenze sulla qualità della produzione legislativa(83). Non si può infatti dimenticare – come ricordato nelle audizioni – che all'origine delle questioni riguardanti la programmazione e la qualità della legislazione ci sono questioni ben più profonde, riguardanti in ultima analisi l'organizzazione e il funzionamento del sistema politico(84). E nel corso della storia repubblicana, il «rendimento legislativo» del nostro sistema politico e della nostra forma di governo parlamentare non è sempre stato il medesimo.
Nella prima fase della vita repubblicana (dal 1948 al 1994), per specifiche condizioni politiche, il sistema italiano si è infatti caratterizzato, con l'eccezione della prima legislatura 1948-1953, per un'interpretazione del parlamentarismo caratterizzata da un alto grado di consensualità, per alcuni «assembleare»: il Parlamento era concepito come il fulcro della produzione legislativa(85) e i disegni di legge presentati dal Governo costituivano solo un punto di partenza per un intenso lavoro di elaborazione parlamentare, frutto del dialogo tra maggioranza e opposizione. In questo contesto, le prime legislature repubblicane sono state caratterizzate da un moderato ricorso alla decretazione d'urgenza a fronte di un forte ricorso a leggi di natura provvedimentale, spesso approvate in commissione in sede legislativa (le c.d. «leggine»).
La situazione comincia a cambiare alla fine degli anni '60, quando a fronte della crisi economica si inizia a fare ricorso in misura maggiore ai decreti-legge (famoso, nel '70, il «decretone Colombo»)(86); una tendenza che si rafforza negli anni '70 e '80 e alla quale si accompagna la diminuzione del ricorso alle leggi ordinarie, a conferma del fatto che le istanze di una legislazione provvedimentale iniziano a trovare spazio all'interno dell'iter di conversione dei decreti-legge.
I cambiamenti verificatisi a partire dagli anni '90 – in particolare il mutamento del sistema politico italiano, a partire dalla trasformazione del ruolo e della natura dei partiti, il Trattato di Maastricht, il processo di adesione all'euro e gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione economico-monetaria europea, i maggiori spazi attribuiti alle autonomie territoriali e la riforma del Titolo V – hanno contribuito ad accrescere il ruolo e il protagonismo del Governo, nell'ambito di un complessivo sistema di produzione normativa sempre più pluralista e multilivello(87).
Questa nuova articolazione del potere normativo ha peraltro dato vita a un sistema di programmazione spesso dominato dall'urgenza, che Pag. 47tende a privilegiare l'adozione di provvedimenti straordinari e disordinati a scapito di una legislazione ponderata e coerente.
A questa tendenza ha contribuito anche un altro fenomeno che caratterizza la maggior parte delle democrazie contemporanee: il «presentismo»(88). Con tale espressione si fa riferimento alla tendenza dei governi a orientare le proprie politiche verso esigenze contingenti, nel tentativo di acquisire o consolidare, nell'immediato, il consenso elettorale. Questa dinamica di breve periodo influenza, inevitabilmente, anche la programmazione normativa, spesso condizionata dalla necessità di rispondere tempestivamente alle urgenze, siano queste reali oppure presunte tali. In tale contesto, anche la qualità della legislazione rischia di essere compromessa, in quanto l'urgenza dell'intervento tende, inesorabilmente, a prevalere sulla coerenza, chiarezza e precisione dei testi normativi.
Alcune proposte per migliorare la programmazione: il voto a data certa e l'attuazione programmata e vincolata delle sentenze della Corte costituzionale
Nella consapevolezza che i profili critici segnalati richiederebbero interventi capaci di incidere direttamente anche sul contesto politico e sulle sue principali fragilità e inefficienze(89), nel corso delle audizioni sono state avanzate alcune proposte «tecniche» che potrebbero contribuire a una più ordinata programmazione legislativa (e in tal modo potrebbero scoraggiare il ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza;) come ad esempio l'introduzione di forme di «voto a data certa» per i disegni di legge di iniziativa governativa(90). È stata altresì sottolineata la necessità di un migliore utilizzo degli strumenti già previsti: come quello dei disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, per i quali già attualmente il regolamento della Camera (cfr. l'articolo 123-bis) prevede un meccanismo di voto a data certa. Proprio sul versante della programmazione, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha segnalato che nel corso del 2024 l'attività programmatoria del Governo ha conosciuto un decisivo impulso, attraverso l'utilizzo di un'apposita piattaforma informatica alla quale accedono i Ministeri per indicare i provvedimenti normativi che essi intendono adottare o sottoporre all'esame del Consiglio dei ministri nel corso del semestre successivo. Tali dati confluiscono nel programma normativo del Governo, pubblicato sul sito internet, che illustra l'agenda normativa del Governo per i successivi sei mesi(91).
Nel quadro di una pianificazione legislativa più organica e puntuale, è stata inoltre evidenziata, come anticipato nella prima parte della presente Relazione, l'opportunità di istituire una legge annuale di attuazione delle sentenze e dei moniti della Corte costituzionale, ricalcata sulla struttura della legge europea e della legge di delegazione europea. Tale strumento potrebbe costituire un utile incentivo per «costringere» il Governo a programmare per tempo gli interventi Pag. 48legislativi necessari per dare seguito alle decisioni della Corte costituzionale, riducendo il rischio di accumulare ritardi o ignorare decisioni fondamentali per la tutela dei diritti costituzionali e per l'armonizzazione dell'ordinamento ai principi costituzionali e agevolando, al contempo, una maggiore collaborazione tra Parlamento, Governo e Corte costituzionale(92).
I decreti-legge a contenuto plurimo e la disomogeneità come fattore moltiplicatore dell'incoerenza e della precarietà legislativa
Durante l'indagine conoscitiva grande spazio è stato dedicato ai profili critici della decretazione d'urgenza. Le audizioni hanno offerto un'ampia analisi delle diverse forme di «abuso», anche e soprattutto prendendo spunto dalla più recente giurisprudenza della Corte costituzionale.
Con la sentenza n. 146 del 2024, la Corte costituzionale è tornata sulla questione dell'eterogeneità, anche originaria, dei decreti-legge e ha messo in evidenza come tale tematica risulti strettamente intrecciata con quella della mancanza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza. In proposito, la sentenza riafferma il principio, già enunciato a partire dalla sentenza n. 22 del 2012, che l'evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita costituisce un «indice sintomatico» della manifesta carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità ed urgenza(93). Peraltro, vale la pena evidenziare il fatto che, salvo alcune rare eccezioni(94), le disposizioni colpite dalla declaratoria di incostituzionalità per violazione del requisito dell'omogeneità sono sempre state quelle inserite nei decreti-legge nel corso dell'esame della legge di conversione, facendo leva sulla natura funzionalizzata e specializzata di quest'ultima, rivolta unicamente a stabilizzare gli effetti del decreto stesso. Nel caso della sentenza n. 146, invece, l'eterogeneità – e conseguentemente la mancanza dei presupposti – è stata rilevata con riferimento ad una norma già presente nel testo originario del decreto-legge.
Ne segue che al limite sostanziale della ricorrenza dei presupposti straordinari di necessità e urgenza si affianca un secondo limite, di carattere contenutistico, che costituisce diretto precipitato logico della valutazione dell'urgenza del provvedere: l'omogeneità di scopo e di contenuto, un limite che deve caratterizzare sia il decreto fin dalla sua emanazione, sia la legge di conversione che, a sua volta, non può contenere norme disomogenee rispetto al testo originario.
La violazione di tali limiti, infatti, specialmente se perpetrata in modo consolidato, rischia, secondo la Corte, di determinare la sostanziale vanificazione della funzione politica e legislativa del Parlamento, che «resta la sede della rappresentanza della Nazione (art. 67 Cost.), in cui le minoranze politiche possono esprimere e promuovere le loro Pag. 49posizioni in un dibattito trasparente (art. 64, comma secondo, Cost.), sotto il controllo dell'opinione pubblica»(95).
Ancora, nella sentenza citata la Corte mette in evidenza come l'eterogeneità dei decreti-legge, specialmente se originaria, ostacola il buon andamento dei lavori parlamentari. Al riguardo, appare di indubbio interesse il seguente passaggio: «in presenza di un termine assai breve, entro cui il Parlamento deve decidere se e con quali emendamenti approvare una legge di conversione del decreto-legge, l'eterogeneità dell'atto normativo governativo preclude un esame e una discussione parlamentare effettivi nel merito del testo normativo. La brevità del termine assegnato al Parlamento per decidere se approvare la legge di conversione e con quali emendamenti esige, affinché sia rispettata la funzione legislativa del Parlamento, che l'oggetto da disciplinare sia circoscritto»(96).
Da sottolineare, in terzo luogo, come la sentenza ponga in connessione la presenza all'interno dei decreti-legge di «norme intruse», perché eterogenee, con il tema della chiarezza della legge, richiamando la già citata sentenza n. 110 del 2023, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di una norma perché radicalmente oscura e inintelligibile (e, dunque, irragionevole e lesiva dell'articolo 3 della Costituzione). In proposito, merita segnalare i seguenti passaggi: «Le norme intruse nel testo di un decreto-legge [...] danno luogo ad una legislazione frammentata, spesso incoerente, di problematica interpretazione, che aggrava il fenomeno dell'incertezza del diritto [...] la certezza del diritto, lungi dall'essere una mera aspirazione filosofica, costituisce un principio di rilievo costituzionale e deve orientare l'interpretazione delle previsioni della Carta fondamentale, è parte viva e integrante del patrimonio costituzionale europeo e, in concreto, si declina come esigenza di chiarezza e di univocità, come questa Corte ha ribadito anche di recente (sentenza n. 110 del 2023)»(97).
Richiamando adesivamente le considerazioni della Corte, numerosi interventi hanno sottolineato come i casi trattati dalla Consulta non rappresentino eccezioni e come il decreto-legge si sia progressivamente trasformato in un veicolo normativo ordinario e onnicomprensivo, caratterizzato sempre più spesso, anche fin dalla sua origine, da contenuti eterogenei e finalità distinte; e come tale trasformazione sia talvolta favorita dalla pressione mediatica e dalla continua necessità del Governo di rispondere rapidamente ad esigenze eterogenee e contingenti, spesso «auto-procurate» in quanto aventi carattere puramente politico(98), anche a scapito della qualità dei testi normativi.
I decreti-legge disomogenei rischiano del resto di tramutarsi in veri e propri «treni normativi», veicoli in corsa capaci di accogliere, in sede di conversione, le norme più diverse (provenienti sia dal Governo che dai singoli parlamentari), ed aventi carattere anche regolamentare o provvedimentale (soprattutto quando il decreto è ricco di rinvii a ulteriori fonti subordinate di attuazione)(99).Pag. 50
I dati dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera, Rapporto 2024-2025, confermano l'alto grado di «trasformazione» dei decreti-legge nel corso del procedimento di conversione. Durante l'iter parlamentare i testi sono infatti cresciuti, nella legislatura in corso, del 58% con riguardo al numero di commi e del 62,6% con riferimento al numero di parole; nella XVIII legislatura, l'aumento è stato del 59,0% con riferimento ai commi e del 66,8% con riguardo al numero delle parole. L'effetto di siffatto modo di procedere non può che essere, come segnalato dagli auditi, una legislazione frammentata e incoerente(100).
Un'ulteriore conseguenza, più specifica ma altrettanto significativa, della violazione del requisito dell'omogeneità è la instabilità e «precarietà» della disciplina normativa. L'inserimento di norme eterogenee nei decreti-legge – sia nel testo originario, sia in sede di conversione – poiché avviene spesso in modo affrettato e senza la necessaria istruttoria, rende necessari, in molti casi, nuovi e ulteriori interventi normativi, correttivi e integrativi. La frammentazione e l'eterogeneità dei contenuti rischia insomma di alimentare – come è stato detto – un circolo vizioso di instabilità legislativa che genera altresì costi aggiuntivi per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, che devono investire risorse significative per adattarsi a un quadro normativo instabile e spesso confuso(101).
Alcune proposte per arginare (nell'immediato) l'«abuso» della decretazione d'urgenza
Pur nella consapevolezza che la natura dei profili critici appena tratteggiati richiederebbe, anche in questo caso, interventi capaci di incidere direttamente sul sistema politico e sui presupposti materiali e culturali della democrazia rappresentativa, nel corso dell'indagine conoscitiva sono comunque emerse talune più specifiche proposte tese a superare o perlomeno a mitigare le distorsioni più macroscopiche(102).
Innanzitutto, è stata avanzata da alcuni auditi l'idea di costituzionalizzare i requisiti di omogeneità e urgenza sanciti dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, così da rendere l'omogeneità, ab origine e in sede di conversione, un requisito imprescindibile per ogni decreto-legge. Da altri(103), è stato proposto di inserire nell'articolo 77 un riferimento esplicito al «verificarsi di circostanze eccezionali», che dovrebbe essere alla base dell'adozione, «in casi straordinari di necessità ed urgenza», dei decreti-legge. La sussistenza di tali circostanze eccezionali dovrebbe essere certificata dalle Camere (con voto a maggioranza assoluta dei componenti, sul modello di quanto previsto dall'articolo 81, secondo comma, della Costituzione) o, in alternativa, espressamente indicata dal Governo nel testo. Al riguardo, è stata ricordata(104) la proposta di riforma costituzionale avanzata da LeopoldoPag. 51 Elia nella XIII legislatura (A.S. 692) che prevedeva che i decreti-legge potessero essere adottati solo in casi di necessità ed urgenza concernenti la sicurezza nazionale, la tutela della salute, le calamità naturali, l'introduzione di norme finanziarie che debbano entrare immediatamente in vigore o il recepimento di atti normativi dell'Unione europea, quando dalla mancata, tempestiva adozione dei medesimi possa derivare responsabilità dello Stato per inadempimento di obblighi comunitari. La proposta prevedeva che il decreto-legge avrebbe perso efficacia fin dall'inizio se le Camere, entro venti giorni dalla sua adozione, non lo avessero ritenuto ammissibile sulla base di tali criteri, con voto a maggioranza di due terzi dei componenti. Infine, i decreti-legge avrebbero potuto essere emendati nel corso dell'iter parlamentare solo per motivi attinenti alla copertura finanziaria.
Nel corso delle audizioni, sono altresì state richiamate, seppur con diverse valutazioni(105), le proposte – avanzate in distinti progetti di legge costituzionale di un allungamento dei tempi di conversione dei decreti-legge da 60 a 90 giorni(106).
2.2 L'esame in sede parlamentare
L'attività emendativa e subemendativa
Occorre considerare, preliminarmente, che l'attività emendativa rappresenta una delle principali prerogative del singolo parlamentare e, in determinati casi, uno dei fondamentali strumenti di attivazione della dialettica tra gruppi di maggioranza e opposizione e tra questi e il Governo. Ciò vale sia nell'ipotesi estrema dell'ostruzionismo – di cui il numero e la tipologia di emendamenti presentati rappresenta una delle manifestazioni classiche – sia nell'ipotesi, per così dire fisiologica, della traduzione della dialettica politica e del compromesso in specifici interventi di modifica dei testi in discussione(107).
L'emendamento – nella molteplicità delle sue tipologie (ivi comprese le tipologie emendative elaborate in chiave anti-ostruzionistica(108)) – si colloca dunque al crocevia tra la manifestazione più Pag. 52autentica dell'attività legislativa parlamentare e la radice che questa stessa attività affonda nella dialettica politica: inoltre, nel caso dell'attività subemendativa (rispetto a emendamenti presentati dal Relatore e, soprattutto, dal Governo) rilevano specifiche istanze contro-maggioritarie e relative al rapporto tra Governo e Parlamento.
In questa prospettiva, peraltro, l'attività emendativa incide fortemente sul rapporto tra qualità della legislazione, qualità del processo politico e tenuta degli assetti della forma di governo.
Proprio a tale riguardo, e prima di concentrare l'attenzione sugli specifici problemi posti – su questo piano – dall'attività emendativa in sede di conversione dei decreti-legge, è opportuno soffermarsi su uno specifico profilo dell'attività emendativa che si lega in modo paradigmatico alle questioni affrontate dall'indagine conoscitiva (e in particolare all'intreccio tra qualità della legislazione ed equilibri della forma di governo). Si tratta, in particolare, dell'intreccio tra dinamiche dell'attività emendativa e asimmetrie informative e di posizione tra i diversi attori del procedimento legislativo: in particolare, tra gruppi di maggioranza e gruppi di opposizione e, più in generale, tra Parlamento e Governo.
Tali asimmetrie si manifestano con evidenza nell'ipotesi dell'attività sub-emendativa, specie quando la presentazione di un emendamento da parte del Relatore o del Governo: a) intervenga in una fase serrata della discussione parlamentare (ad esempio, in prossimità del voto del mandato al relatore); b) riguardi una materia ulteriore rispetto a quella oggetto del disegno di legge in discussione, o addirittura ad esso del tutto estranea e presenti un elevato tasso di complessità tecnica. Il combinarsi di queste due circostanze, in modo particolare, rende molto difficile per l'istituzione parlamentare mantenere la presa sull'iter legis anche perché non è raro che i termini per subemendare siano molto brevi e, quindi, la possibilità di incidere in modo effettivo – anche solo per articolare una discussione efficace – sia ridotta al minimo.
Al fine di evitare la mortificazione del ruolo del Parlamento e, in particolare, della minoranza parlamentare, e recuperare spazio per più armonici equilibri negli assetti delle relazioni tra gli attori del procedimento, potrebbe essere opportuno prevedere – attraverso modifiche regolamentari o, ove sufficiente e possibile, anche in via di prassi – soluzioni compensative (e al tempo stesso deterrenti) quali la previsione che, in caso di presentazione (in Commissione) di emendamenti del Relatore o del Governo ad elevata complessità tecnica, una quota minoritaria di componenti della Commissione possa chiedere (e ottenere) lo svolgimento di un ciclo di audizioni ovvero che, in ogni caso il termine per subemendare non possa essere inferiore a 24/36 ore, salvo casi eccezionali. Allo stesso modo, e paradigmaticamente, eventualità come quella evocata rappresentano un utile banco di prova per mostrare quanto possa essere utile e importante – per superare le asimmetrie informative e di posizione – promuovere sedi di condivisione (tecnico-istruttoria) tra Governo e Parlamento, secondo quanto già evidenziato nel par. 1.1 ed emerso anche in sede di audizione(109).Pag. 53
Con riferimento all'attività emendativa è stata auspicata(110) – fermo restando il doveroso rispetto delle prerogative parlamentari – una riduzione del numero complessivo delle proposte emendative, nell'ottica di consentire un'istruttoria più approfondita e completa, anche con riferimento ai profili finanziari e, quindi, un più probabile esito in senso favorevole della stessa. Al riguardo, nel corso della sua audizione il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha invitato a considerare l'opportunità di introdurre anche al Senato, come già previsto nel Regolamento della Camera, l'istituto delle segnalazioni. In conformità con la ratio di consentire una migliore e più accurata istruttoria – e dunque rafforzare e non comprimere le prerogative parlamentari – l'istituto delle segnalazioni, specie se venisse reso cogente, non dovrebbe tuttavia pregiudicare il diritto dei parlamentari alla trattazione e alla specifica votazione degli emendamenti non segnalati.
L'attività emendativa in sede di conversione di decreti-legge
Come già accennato nel paragrafo 2.1., la multisettorialità originaria dei decreti-legge rende difficoltosa l'individuazione del perimetro di ammissibilità delle proposte emendative. Sul punto permangono significative differenze tra i regolamenti di Camera e Senato: alla Camera l'articolo 96-bis e la «giurisprudenza» interna che si è sviluppata in materia prediligono un criterio di ammissibilità che fa riferimento agli specifici oggetti di intervento degli articoli che compongono un decreto-legge; una diversa declinazione di tale criterio è stata esplicitamente ammessa solo con riferimento ai decreti-legge recanti proroga di termini legislativi per i quali sono infatti ritenuti ammissibili tutti gli emendamenti che concernono proroghe di termini legislativi, anche quelle non riconducibili agli specifici ambiti di intervento del provvedimento. Il Senato appare invece più orientato a seguire un criterio di tipo finalistico. Anche la giurisprudenza della Corte costituzionale appare oscillare tra questi due criteri, quello contenutistico e quello finalistico: valga per tutti il passaggio della sentenza n. 32 del 2014 in base al quale la legge di conversione «rappresenta una legge “funzionalizzata e specializzata” che non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine eterogenei, ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico»(111).
Per affrontare il problema, molti dei soggetti auditi hanno suggerito e auspicato un potenziamento del vaglio di ammissibilità degli emendamenti(112).Pag. 54
Nella medesima prospettiva altri hanno ipotizzato un rafforzamento dei pareri delle Commissioni affari costituzionali, dei Comitati per la legislazione ovvero del controllo delle stesse Presidenze delle Camere(113). È stata anche avanzata la proposta di giungere, attraverso le opportune intese interistituzionali, ad un'armonizzazione dei criteri di ammissibilità tra Senato e Camera, che dovrebbe tra le altre cose escludere l'ammissibilità di proposte emendative volte a introdurre disposizioni di delega legislativa nei disegni di legge di conversione dei decreti-legge (attualmente ritenute ammissibili al Senato ma non alla Camera) e a far «confluire» altri decreti-legge (attualmente ammissibili sia al Senato sia alla Camera; sulla confluenza cfr. anche infra)(114).
Nel corso delle audizioni è stato infine ricordato(115) che un controllo sulla coerenza degli emendamenti inseriti in sede parlamentare rispetto ai contenuti originari del decreto-legge potrebbe essere esercitato dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della legge di conversione e potrebbe condurre a un rinvio alle Camere della legge di conversione approvata con l'inserimento di norme eterogenee, per violazione dell'articolo 77 Cost.; ed è stato, altresì, ricordato come, a fronte dell'eventualità che da un simile rinvio possa derivare una decadenza del decreto-legge (dal momento che i disegni di legge di conversione giungono alla promulgazione del Presidente della Repubblica in molte occasioni a ridosso del termine costituzionale dei 60 giorni), si potrebbe ritenere giustificata una reiterazione del decreto-legge. Tale ipotesi è stata evocata, peraltro, anche nelle lettere ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio del Presidente della Repubblica Napolitano, del 22 febbraio 2011, e del Presidente della Repubblica Mattarella, del 23 luglio 2021.
La confluenza di decreti-legge
La confluenza di decreti-legge rappresenta una delle prassi più controverse della decretazione d'urgenza nell'ordinamento italiano. Tale fenomeno consiste nell'inserimento delle disposizioni di un decreto-legge (detto «ospitato») all'interno di un altro decreto-legge (detto «ospitante») in corso di conversione. La legge di conversione di un decreto-legge è quindi emendata in sede di esame parlamentare per riprodurre la disciplina di altro decreto-legge nonché per disporre, contestualmente, l'abrogazione di quest'ultimo, facendone salvi gli effetti già prodotti nelle more(116).
Si tratta di una fattispecie che nella XIX legislatura (dati dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera aggiornati al 13 aprile 2025) Pag. 55si è verificata 12 volte. Nell'intera XVIII legislatura tale fenomeno si è verificato in ben 41 occasioni.
Con l'ordinanza n. 30 del 2024 la Corte costituzionale, richiamando le sue precedenti sentenze n. 22 del 2012, n. 58 del 2018 e n. 110 del 202, ha definito (con una affermazione di indubbio valore per l'attività parlamentare) la «confluenza» tra decreti-legge «tortuosa» e «frutto di un anomalo uso del peculiare procedimento di conversione del decreto-legge che reca pregiudizio alla chiarezza delle leggi e all'intelligibilità dell'ordinamento, principi questi funzionali a garantire certezza nella concreta applicazione della legge».
I Comitati per la legislazione del Senato e della Camera, nei rispettivi pareri, hanno costantemente raccomandato di evitare il fenomeno della confluenza. In particolare, il Comitato per la legislazione della Camera, nel parere reso sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 ottobre 2024, n. 155, recante misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali, ha rilevato la confluenza, nel predetto decreto-legge, del contenuto del decreto-legge 14 novembre 2024, n. 167, recante misure urgenti per la riapertura dei termini di adesione al concordato preventivo biennale e l'estensione di benefici per i lavoratori dipendenti, nonché disposizioni finanziarie urgenti per la gestione delle emergenze. Per questa ragione, il Comitato ha formulato una raccomandazione in cui, in linea con i suoi precedenti in materia, ha invitato il Parlamento e il Governo ad avviare una riflessione su come evitare per il futuro, la «confluenza» di decreti-legge in altri provvedimenti di urgenza, limitando tale fenomeno a circostanze eccezionali, da motivare adeguatamente nel corso dei lavori parlamentari.
In termini analoghi, e più di recente, della questione si è occupato anche il Comitato per la legislazione del Senato, in sede di espressione del parere sul disegno di legge S. 1310, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali; decreto nel quale confluiva mediante emendamento governativo – peraltro presentato in ramo diverso rispetto a quello in cui era in discussione il disegno di legge per la sua conversione – il decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, recante disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale(117).Pag. 56
Nel corso delle audizioni, è stato poi messo in evidenza come la pratica della «confluenza» determini una riduzione dei tempi a disposizione del Parlamento per la conversione del decreto «ospitato» e come ciò oltre a limitare la possibilità di un esame approfondito, rischi di accentuare gli effetti distorsivi del monocameralismo di fatto.
In particolare, è stato evidenziato che, da questa prospettiva, il fenomeno della confluenza potrebbe configurare un aggiramento dell'articolo 77 della Costituzione che, com'è noto, riserva al Parlamento un termine di sessanta giorni per la conversione in legge dei provvedimenti d'urgenza(118). L'esame parlamentare del decreto-legge confluito, ancorché formalmente riferito ad una proposta emendativa presentata nel corso di altro procedimento di conversione, è sostanzialmente assimilabile ad un procedimento di conversione in legge di un decreto-legge e, perciò, astrattamente assoggettato al medesimo termine di decadenza. Per effetto della confluenza, però, i tempi di esame parlamentare della disciplina recata dal decreto-legge «confluito» risultano concretamente scanditi da quelli del procedimento di conversione del decreto-legge «ospitante», subendo una sensibile compressione.
2.3 La deliberazione
Il «maxi-emendamento» nella prassi parlamentare
Nel corso dell'indagine conoscitiva è stato ampiamente discusso il tema del ricorso al «maxi-emendamento». Sul punto appare però doverosa una premessa. Come ricordato anche dal Ministro per i rapporti con il Parlamento nella sua audizione, il maxi-emendamento vero e proprio, cioè un emendamento governativo sostitutivo dell'intero testo di un provvedimento, non è più utilizzato né alla Camera né al Senato.
Per quanto concerne la Camera, dopo alcuni sporadici precedenti oramai risalenti (celebre la questione di fiducia posta sulla riforma elettorale del '53, c.d. «legge truffa»), il ricorso ai «maxi-emendamenti» si era sviluppato in particolare dalla metà degli anni Novanta (tra i primi esempi la questione di fiducia nel 1995 sulla riforma pensionistica del governo Dini, poi divenuta la legge n. 335 del 1995) e aveva conosciuto un forte sviluppo nella XIV e nella XV Legislatura, con un consistente incremento delle dimensioni dei maxi-emendamenti. Emblematico il caso della legge finanziaria per il 2007, legge n. 296 del 2006: alla conclusione dell'esame la fiducia venne posta su un maxi-emendamento di un unico articolo con 1364 commi.
Alla XIV Legislatura risale anche il primo tentativo di disciplinare il fenomeno: il 10 dicembre 2003, il Presidente della Camera annunciava che avrebbe ritenuto inammissibile un unico «maxi-emendamento», interamente sostitutivo del disegno di legge finanziaria. Il Governo presentava quindi tre «maxi-emendamenti» che, nel loro insieme, sostituivano il testo del disegno di legge finanziaria dall'articoloPag. 57 2 in avanti e rispetto al quale la Presidenza della Camera esercitò comunque, nella seduta del 12 dicembre 2003, il vaglio di ammissibilità, espungendo alcune parti ritenute inammissibili alla luce della legislazione contabile.
Nella XV Legislatura, la Presidenza ha poi ulteriormente limitato la materia dei «maxi-emendamenti», ritenendo che questi potessero ricomprendere unicamente disposizioni già approvate nel corso dell'esame in sede referente, ovvero corrispondenti ad emendamenti già presentati dal Governo o dal relatore e ritenuti ammissibili(119).
Nella XVI Legislatura l'orientamento restrittivo in ordine all'ammissibilità dei «maxi-emendamenti» si è rafforzato quando la Presidenza ha espunto dal testo del «maxi-emendamento» disposizioni che erano state presentate nel corso dell'esame in sede referente ma non approvate dalla Commissione (seduta del 23 luglio 2009). Sempre nella XVI Legislatura si registra l'ultimo caso, alla Camera, di posizione della questione di fiducia su un maxi-emendamento nel corso dell'esame del decreto-legge n. 70/2011 nella seduta del 20 giugno 2011.
Al Senato il percorso è stato diverso, ma è giunto al medesimo risultato. Dapprima la Presidenza del Senato ha escluso la possibilità di effettuare un vaglio di ammissibilità dei «maxi-emendamenti» sui quali venisse posta la questione di fiducia, in quanto la fiducia prevaleva sulle disposizioni regolamentari che disciplinano l'ordinario procedimento legislativo (seduta del 2 febbraio 2006). Per prassi i «maxi-emendamenti» erano però trasmessi alla Commissione bilancio che esprimeva una sua valutazione, la quale poteva spingere a una riformulazione del «maxi-emendamento» per espungerne le parti che presentavano profili problematici di carattere finanziario (cfr. – ad esempio – la seduta del Senato del 14 dicembre 2006).
Questa prassi è stata in parte modificata, in parte codificata dalla riforma del Regolamento del Senato approvata il 20 dicembre 2017. I commi 3-bis e 3-quater dell'articolo 161 del Regolamento del Senato prevedono infatti, da un lato, che la Presidenza del Senato si esprima sul testo degli emendamenti sui quali sia stata posta la questione di fiducia anche ai fini dell'articolo 97 del Regolamento (inammissibilità degli emendamenti per estraneità di materia); dall'altro lato, codificano la previsione del parere della Commissione bilancio su tali emendamenti.
Al Senato, si è continuato a fare ricorso ai «maxi-emendamenti» nello scorcio finale della XVI legislatura, nella XVII e nella XVIII legislatura perché l'articolo 78, comma 6, del Regolamento del Senato prevedeva che sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge la Commissione di merito non elaborasse un testo A. In altre parole, gli emendamenti approvati in sede referente devono essere nuovamente approvati dall'Assemblea e pertanto, in caso di posizione della questione di fiducia, il ricorso al «maxi-emendamento» risultava necessario per ricomprendere nel testo oggetto della fiducia le modifiche apportate in sede referente. Questa esigenza è peraltro venuta meno con la riforma del Regolamento del Senato del 2022 che ha introdotto Pag. 58la previsione del testo-A anche per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge e quindi, dall'inizio della XIX legislatura, il «maxi-emendamento» (almeno in questa versione) non è più utilizzato nemmeno al Senato.
Con l'espressione «maxi-emendamento» si continua quindi a indicare, in modo atecnico, la prassi del voto in blocco su un intero provvedimento, o su una sua parte particolarmente ampia, che può avvenire, nel caso dei decreti-legge, con la questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge di conversione e nel caso del disegno di legge di bilancio, presso la Camera dei deputati con l'accorpamento, per la parte attinente alla prima sezione, in un unico articolo del testo – come risultante dalle proposte emendative approvate in Commissione bilancio al termine dell'esame in sede referente – su cui deliberare il conferimento del mandato ai relatori e su cui porre la questione di fiducia in Assemblea. Per la prima sezione del disegno di legge di bilancio al Senato, invece, si continua a fare ricorso, come ricordato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, alla presentazione di un emendamento governativo su cui viene posta la fiducia in Aula, ma tale emendamento assume anch'esso la sola funzione di «compattare il testo in un solo articolo, senza introdurre modifiche al lavoro della Commissione bilancio».
Per molti auditi le modalità di «voto bloccato», accompagnate dalla questione di fiducia, hanno ricadute non solo sullo svolgimento del procedimento legislativo, ma anche su una pluralità di profili di rilievo costituzionale, riguardanti gli equilibri tra Governo e Parlamento, e sulla qualità dei testi legislativi.
Se originariamente la questione di fiducia era stata concepita per ricompattare la maggioranza politica su provvedimenti ritenuti significativi per la realizzazione del programma di governo, il suo impiego si è nel tempo arricchito, assumendo i connotati della cosiddetta «fiducia tecnica»: i Governi vi ricorrono, cioè, anche per trarre beneficio dagli effetti acceleratori sull'iter procedurale determinati dalle norme dei vigenti regolamenti parlamentari(120). In tale ottica, l'accorpamento di un disegno di legge in un solo articolo è necessario per aggirare i limiti previsti dalle disposizioni regolamentari che disciplinano l'istituto della questione di fiducia, in particolare quello per cui è consentita la posizione della questione di fiducia sull'approvazione di un singolo articolo o dell'articolo unico del disegno di legge di conversione di un decreto-legge, oltre che sull'approvazione o reiezione di emendamenti. Tale connubio produce un'alterazione dell'iter legislativo ordinario, sintetizzata dalla Corte costituzionale con l'espressione «voto bloccato»(121). La votazione fiduciaria sul «maxi-emendamento», infatti, assume carattere prioritario e la sua approvazione impedisce l'esame parlamentare di ogni altra proposta emendativa, rendendo, di fatto, inemendabile il progetto di legge così risultante. Tale meccanismo finisce per precludere «una discussione specifica e una congrua deliberazione sui singoli aspetti della disciplina in tal modo introdotta»(122) . Si tratta, dunque, di una «problematica Pag. 59prassi»(123), che «si è consolidata nel tempo» e alla quale si ricorre «dalla metà degli anni Novanta anche per l'approvazione delle manovre di bilancio da parte dei governi di ogni composizione politica, in cerca di risposte alle esigenze di governabilità»(124) .
Nonostante l'evoluzione tratteggiata, il «maxi-emendamento» e la questione di fiducia continuano tuttavia ad essere utilizzati anche come mezzi di ricompattamento politico, specie dinanzi a scelte particolarmente complesse(125).
Questione di fiducia e giurisprudenza costituzionale
Al di là della già richiamata questione, emersa nel corso delle audizioni, riguardante il significato da attribuire all'«abuso» dei menzionati strumenti (se inequivocabile sintomo di eccessiva forza oppure di manifesta debolezza dei Governi(126)) e richiamate le diverse opinioni emerse in merito ai possibili correttivi (soprattutto con riguardo all'introduzione di tempi «certi» per il procedimento legislativo che non tramutino l'odierna debolezza del Governo in possibile «prepotenza»(127)) il «voto bloccato» e la questione di fiducia continuano a essere utilizzati come mezzi di ricompattamento politico(128).
Peraltro, la giurisprudenza costituzionale ha sempre guardato con sospetto allo strumento del «maxi-emendamento», e – più in generale – del voto bloccato, ritenendo che il suo concreto esercizio possa portare, in determinate circostanze, a una menomazione delle prerogative del Parlamento e dei singoli parlamentari, specialmente se accompagnato dalla posizione della questione di fiducia.
Tale orientamento emerge, con particolare evidenza, nell'ordinanza n. 17 del 2019, con la quale la Corte costituzionale si è espressa in relazione alle modalità di svolgimento dei lavori parlamentari sul disegno di legge di bilancio dello Stato per il 2019, il cui testo finale, contenuto in un maxi-emendamento presentato dal Governo e approvato con voto di fiducia, aveva modificato in larga misura il disegno di legge all'esame delle Camere fino a quel momento. In questa pronuncia la Corte ha riconosciuto che i singoli deputati e senatori possono qualificarsi come poteri dello Stato legittimati a sollevare conflitti di attribuzione nel caso in cui le proprie fondamentali prerogative costituzionali siano menomate nel corso dei procedimenti parlamentari.
Una volta riconosciuta tale prerogativa parlamentare, la Corte costituzionale, nella medesima ordinanza, ha rivolto la propria attenzione alla prassi della posizione della questione di fiducia sull'approvazione di un testo di ampie dimensioni. In particolare, l'unione dei due predetti strumenti può interagire con il pieno esplicarsi delle prerogative di ciascun parlamentare di concorrere sostanzialmente alla Pag. 60elaborazione delle leggi, come nel caso in cui il Governo presenti in Aula un «maxi-emendamento», sostitutivo del testo redatto dalla Commissione di merito e lo «blindi» attraverso la votazione fiduciaria.
Nel caso descritto, infatti, la prerogativa di ciascun parlamentare di emendare, quand'anche esplicatasi in Commissione, potrebbe risultare sostanzialmente menomata dall'intervento manipolativo del Governo in Aula e dalla successiva «blindatura» del testo così risultante; inoltre, il «maxi-emendamento», disciplinando per sua natura una pluralità di oggetti, rischia di far venir meno il presupposto affinché possa formarsi, nei singoli parlamentari, una consapevole volontà deliberativa e possa svolgersi una discussione specifica sui singoli aspetti della disciplina contenuta nel testo in esame.
La Corte costituzionale non ha tuttavia mancato di rilevare, nell'ordinanza in esame, che il ricorso alla votazione fiduciaria sul «maxi-emendamento» è assurta, nel tempo, al rango di una prassi parlamentare consolidata, rispondente alle «esigenze di governabilità» degli Esecutivi di ogni composizione politica. Tale considerazione, continua la Consulta, non è trascurabile, considerato che una «perdurante usanza costituisce un fattore non privo di significato all'interno del diritto parlamentare, contrassegnato da un elevato tasso di flessibilità e di consensualità»; tuttavia, avverte la Corte, la continuità con cui si riproducono determinati schemi procedurali non può automaticamente legittimarne il radicamento, specialmente se in contrasto con le prerogative fissate dalla Costituzione.
Il Giudice delle leggi, infatti, avverte che è necessario «arginare gli usi che conducono a un progressivo scostamento dai principi costituzionali, per prevenire una graduale ma inesorabile violazione delle forme dell'esercizio del potere legislativo, il cui rispetto appare essenziale affinché la legge parlamentare non smarrisca il ruolo di momento di conciliazione, in forma pubblica e democratica, dei diversi principi e interessi in gioco».
Peraltro, stante l'elasticità (almeno in parte fisiologica) del diritto parlamentare, non ogni deviazione dalle ordinarie modalità deliberative può considerarsi censurabile da parte della Consulta, specialmente se tale scostamento produca una compressione delle prerogative dei singoli parlamentari suscettibile di trovare adeguata compensazione aliunde. La Corte ha osservato, ad esempio, che la votazione fiduciaria su un testo su di un «maxi-emendamento» per «l'approvazione delle manovre di bilancio» ha trovato «qualche forma di compensazione nel coinvolgimento della Commissione Bilancio nella definizione del testo su cui il Governo poneva la fiducia, tenendo conto delle proposte emendative in quella sede discusse e approvate».
Al contrario, nel caso in cui le prerogative parlamentari compresse non trovino alcun canale di riespansione, la loro menomazione può raggiungere «quella soglia di evidenza che giustifica l'intervento della Corte per arginare l'abuso da parte delle maggioranze a tutela delle attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare».
È stato osservato che un siffatto intervento della Corte costituzionale potrebbe senza dubbio ipotizzarsi nell'ambito del procedimento di approvazione del disegno di legge di bilancio, ormai caratterizzato, anche per effetto dell'esteso ricorso alla questione di fiducia, da tempi di esame particolarmente ristretti.Pag. 61
Una pronuncia della Corte che rilevi il vizio del procedimento legislativo, svoltosi in pregiudizio delle prerogative dei singoli parlamenti, non potrebbe che travolgere l'intero atto legislativo, determinando un vulnus particolare grave, essendo la legge di bilancio annuale l'atto «in cui si concentrano le fondamentali scelte di indirizzo politico e in cui si decide della contribuzione dei cittadini alle entrate dello Stato e dell'allocazione delle risorse pubbliche» (così Corte costituzionale ordinanza n. 17 del 2019).
Da qui l'auspicio, fatto da diversi auditi, che le Camere avviino un profondo ripensamento della modalità di svolgimento della sessione di bilancio(129).
Testi di ampie dimensioni e voto bloccato tra principi costituzionali e qualità della legislazione
La pratica del «voto bloccato» su testi di ampie dimensioni solleva, peraltro, ulteriori problemi di compatibilità costituzionale. Benché l'accorpamento di un intero disegno di legge in un solo articolo sia spesso un mero espediente procedurale per consentire l'approvazione in Aula dell'intero testo mediante un'unica votazione, questo modo di procedere deve essere comunque valutato alla luce dell'articolo 72 della Costituzione. Tale previsione costituzionale infatti stabilisce che ogni disegno di legge è approvato da ciascuna Camera «articolo per articolo e con votazione finale»(130). Essendo l'articolo, nella sua essenza, una unità omogenea di contenuto precettivo, lo schema deliberativo disegnato dal Costituente permette ai singoli parlamentari di esprimersi, in successione, su ciascun oggetto disciplinato da un progetto di legge.
La ratio della ripartizione in articoli, quindi, è quella di consentire ai parlamentari di formare liberamente la propria volontà deliberativa. Quest'ultima potrebbe essere incisa e fortemente limitata da una votazione complessiva su un testo comprendente, al proprio interno, una pluralità disomogenea di precetti normativi(131).
Il ricorso a testi «compattati» di grandi dimensioni, peraltro, incide negativamente anche sulla qualità della normazione(132), in particolare sulla chiarezza e comprensibilità del dettato normativo.
Con riferimento specifico al consistente ricorso alla questione di fiducia, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nella sua audizione, dopo averne ricordato il carattere tecnico di strumento di accelerazione delle procedure parlamentari, ha segnalato che il Governo ha posto la fiducia alla Camera 12 volte in più rispetto al Senato. Per il Ministro questo è il risultato di differenze regolamentari tra Senato e Camera: in particolare il contingentamento dei tempi d'esame dei decreti-legge, che si applica in via ordinaria al Senato ma non alla Camera, in virtù del «congelamento» di una norma che, originariamente,Pag. 62 aveva soltanto natura transitoria (art. 154, comma 1, del Regolamento). Il Ministro ha quindi auspicato «che si possa intervenire, con la più ampia condivisione dei gruppi parlamentari, oltre che sulla disciplina regolamentare relativa al contingentamento dei tempi dei decreti-legge, anche sulla questione di fiducia sia sotto il profilo del decorso delle 24 ore (anch'essa prevista alla Camera ma non al Senato), sia sotto quello della doppia deliberazione (voto sulla questione di fiducia e votazione finale) che, di fatto, costituisce un bis in idem(133)».
Il monocameralismo alternato
Con l'espressione, oramai di uso corrente, «monocameralismo alternato» si vuole indicare il fenomeno in forza del quale i due rami del Parlamento non concorrono egualmente all'elaborazione degli atti legislativi, i cui contenuti sono determinati nella Camera in cui si svolge l'esame in prima lettura, mentre l'altra si limita a «ratificarne» l'operato. Risulta decisiva la scelta operata dal Governo circa il ramo del Parlamento al quale trasmettere, in prima lettura, il disegno di legge: da ciò consegue, infatti, l'individuazione del ramo del Parlamento che concretamente definirà il contenuto delle norme.
Secondo diversi auditi, il «monocameralismo alternato» nasce come una risposta alle diseconomie del bicameralismo paritario, che rappresenta un unicum nel panorama costituzionale europeo(134). Una risposta – occorre sottolineare – che si discosta dal modello costituzionale, e che insieme alle altre patologie precedentemente illustrate (abuso della decretazione d'urgenza, le procedure di «voto bloccato» e il ricorso frequente alla questione di fiducia) comprime le prerogative dei parlamentari, spesso incidendo negativamente sulla qualità della legislazione.
Le potenzialità acceleratorie del «monocameralismo alternato» si colgono con evidenza in tutti quei procedimenti legislativi destinati a concludersi con l'adozione, entro un tempo determinato, di atti contenutisticamente complessi (come la legge di bilancio e, in particolar modo, le leggi di conversione dei decreti-legge(135)). Concentrando in una sola Camera l'esercizio della facoltà di emendare, si può infatti aumentare sensibilmente la probabilità di concludere l'iter legislativo entro i termini di decadenza.
Nel corso dell'indagine conoscitiva il «monocameralismo alternato» è stato definito come una prassi non pienamente compatibile con i principi costituzionali che disciplinano i procedimenti di produzione normativa(136), ma i suoi effetti più profondi possono essere colti Pag. 63solamente calando questa prassi nella realtà concreta dei lavori parlamentari(137).
Nel «monocameralismo alternato», infatti, non vi è semplicemente un'Aula del Parlamento che trasmette all'altra un testo «blindato». Tale «blindatura» avviene in un momento addirittura anteriore, e più precisamente nella Commissione della Camera che agisce in prima lettura. È questa Commissione, infatti, a determinare il contenuto di un testo normativo che sarà, come spesso accade, oggetto di una votazione fiduciaria in Aula, divenendo così inemendabile già nel primo ramo del Parlamento. Da questa prospettiva, dunque, il «monocameralismo alternato» contrae la capacità emendativa dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, dando vita a una «sede redigente rafforzata e atipica»(138). La blindatura del testo, inoltre, porta la Camera «ratificatrice» ad assumersi la corresponsabilità politica dell'approvazione di un atto legislativo che non ha concorso a definire nei suoi contenuti(139).
Peraltro, nel corso dell'indagine conoscitiva non sono mancati punti di vista meno critici sul «monocameralismo alternato», volti a coglierne talune implicazioni vantaggiose per l'articolazione dei lavori parlamentari(140).
Nel corso delle audizioni sono state avanzate alcune proposte per riallineare, almeno in parte, la prassi in esame con il modello costituzionale.
(a) Tra le proposte che prescindono da interventi di rango costituzionale vi sono quelle che presuppongono un rafforzamento delle tecniche di coordinamento tra gli organi dei due rami del Parlamento, in particolare tra le rispettive Commissioni competenti per l'istruttoria legislativa.Pag. 64
L'idea di fondo da cui muovono queste proposte è che il coordinamento tra le Commissioni di Camera e Senato possa favorire risultati istruttori omogenei, riducendo il numero delle navette, preservando – al contempo – il carattere bicamerale delle deliberazioni legislative. In questa prospettiva, è stato ritenuto auspicabile, come anticipato, il ricorso a istruttorie legislative congiunte da parte delle competenti Commissioni dei due rami del Parlamento(141).
Lo strumento dell'istruttoria congiunta, per quanto possa in parte sacrificare l'autonomia di ciascuna Camera(142), vede accresciuti i suoi effetti di semplificazione procedurale, anche alla luce della riduzione del numero dei parlamentari(143). Alla stessa logica rispondono le soluzioni che mirano ad estendere il perimetro operativo degli organi bicamerali(144).
Vale la pena sottolineare che il coordinamento tra le due Camere può concretarsi in strumenti (accordi interistituzionali, circolari congiunte emanate dai Presidenti delle due Camere) il cui impatto trascende la dimensione più immediata dell'istruttoria legislativa. Tali strumenti, infatti, possono prevenire l'insorgere di quella difformità di orientamenti e prassi tra le due Camere che spesso acuisce la farraginosità delle procedure legislative(145).
(b) Per arginare il fenomeno del «monocameralismo alternato» nei procedimenti di conversione dei decreti-legge, si è altresì proposto di intervenire sulle disposizioni dei regolamenti parlamentari, stabilendo che la Camera che per prima esamina il disegno di legge di conversione sia tenuta a concluderne l'esame entro trenta giorni, per poi trasmetterlo all'altra. Tale soluzione, pur comprimendo i tempi di esame a disposizione della prima Camera, garantisce la «co-legislazione» dei due rami del Parlamento(146).
(c) Interventi più incisivi su questo fronte possono essere, evidentemente, conseguiti solo attraverso riforme costituzionali. Si pensi, ad esempio, alla costituzionalizzazione del cosiddetto «monocameralismo procedurale» (anche detto bicameralismo differenziato). Per effetto di Pag. 65tale modello solo alcune tipologie di leggi (ad esempio quelle costituzionali, elettorali e di bilancio) dovrebbero essere necessariamente approvate tramite procedure bicamerali, mentre per le altre leggi sarebbero sufficienti procedure monocamerali, fatta salva la facoltà di «richiamo» da parte dell'altra Camera che intenda partecipare alla definizione del testo normativo. Nel caso di emendamenti approvati dalla Camera richiamante, è stato prospettato l'intervento mediatore di un comitato bicamerale paritetico che possa sottoporre ai due rami del Parlamento soluzioni mediane per porre fine alle navette(147). Un'ulteriore soluzione di riforma costituzionale emersa nel corso dell'indagine conoscitiva riguarda l'estensione delle ipotesi nelle quali il Parlamento decide in seduta comune per ricomprendere le deliberazioni relative alle leggi di maggior impatto istituzionale(148).
(d) Così come già segnalato con riferimento alla programmazione(149), anche con riguardo al profilo critico in esame l'introduzione del «voto a data certa» potrebbe rappresentare uno strumento per provare a riallineare, almeno in parte, la prassi al modello costituzionale. Si tratta di un meccanismo, già previsto nei regolamenti parlamentari nel caso dei progetti di legge «collegati»(150), che riconosce al Governo il potere di chiedere alle Camere di deliberare, con votazione finale, su un progetto di legge entro un determinato termine.
L'istituto del voto «a data certa» appare come una soluzione di particolare interesse perché in grado (potenzialmente) di incidere direttamente su alcune delle patologie del sistema delle fonti segnalate: dal «monocameralismo alternato» all'«abuso» della questione di fiducia; dall'iperinflazione della decretazione d'urgenza al «maxi-emendamento» (anche nella sua versione più recente). Tutte patologie che, spingendosi oltre il modello costituzionale, tentano di scavalcare le incertezze procedurali che caratterizzano spesso gli odierni meccanismi di produzione normativa. Proprio l'insofferenza dei Governi per le imprevedibili tempistiche del procedimento legislativo è stata identificata, nel corso dell'indagine conoscitiva, come una delle principali ragioni della «fuga» dai modelli procedimentali disciplinati dalla Costituzione(151).
2.4. L'attuazione e l'applicazione
Un aspetto critico della produzione normativa riguarda il ricorso, sempre più frequente, a strumenti normativi secondari, come i decreti ministeriali e i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M.), per regolare materie che, secondo il principio della riserva di legge sancito dalla Costituzione, dovrebbero essere disciplinate direttamente dalle leggi. Questo fenomeno, noto come «fuga dalla legge», rappresentaPag. 66 una delega di aspetti centrali del potere normativo a soggetti non direttamente legittimati democraticamente. Sebbene questa prassi risponda spesso all'esigenza di accelerare i tempi di attuazione delle norme, essa può indebolire il principio di legalità, ridurre il controllo democratico sulle decisioni normative e generare incertezza giuridica a causa della mancanza di criteri chiari nella delega legislativa.
La situazione si aggrava ulteriormente in presenza di ritardi o assenza delle necessarie misure attuative, che privano di efficacia concreta molti atti legislativi(152). L'utilizzo massiccio di D.P.C.M. e decreti ministeriali durante situazioni emergenziali, come la pandemia da COVID-19, ha evidenziato ulteriormente la necessità di una chiara distinzione tra normativa primaria e secondaria, al fine di preservare l'omogeneità e la leggibilità del sistema normativo.
Per fronteggiare queste problematiche, è stata proposto innanzitutto, di introdurre una legge organica che disciplini in modo chiaro e sistematico l'uso dei D.P.C.M. e dei regolamenti ministeriali e, in secondo luogo, di procedere a una revisione periodica delle norme esistenti, eliminando quelle obsolete o inutili per migliorare l'efficacia e la leggibilità del corpus legislativo.
La proliferazione di norme (anche di rango sub-legislativo) non coordinate non può che amplificare l'incertezza applicativa. Ciò è particolarmente critico nel diritto penale, dove la tassatività e la determinatezza delle norme sono principi fondamentali. In assenza di chiarezza, il rischio è che sia la giurisprudenza, ordinaria o costituzionale, a integrare le fattispecie incriminatrici, con evidenti implicazioni sul rispetto della separazione dei poteri.
Ancora con riguardo al momento propriamente attuativo delle fonti primarie, meritano una segnalazione particolare talune proposte, alcune emerse anche nel corso delle audizioni, volte ad arginare lo speculare fenomeno della «fuga dal regolamento». A tal fine, appare utile semplificare il procedimento di produzione dei regolamenti tipizzati dalla legge n. 400 del 1988(153); limitare nelle fonti primarie, ma soprattutto nei decreti-legge (per non svilire i presupposti emergenziali), il rinvio a fonti subordinate di attuazione, come peraltro stabilito dal recente D.P.C.M. 30 ottobre del 2024, che interviene sulla disciplina normativa per la redazione dell'ATN(154); inserire i decreti attuativi come allegati del testo legislativo principale (secondo la tecnica redazionale utilizzata in occasione del Codice degli appalti pubblici)(155).
2.5 Gli strumenti per la semplificazione normativa
L'obiettivo della semplificazione come metodo per eliminare duplicazioni, conflitti e obsolete stratificazioni normative, garantendo così un migliore funzionamento del sistema giuridico e amministrativo è stato perseguito con risultati altalenanti. La progressiva erosione dello Pag. 67strumento della legge annuale di semplificazione, introdotta nell'ordinamento italiano come principale mezzo per coordinare e razionalizzare il sistema normativo, rappresenta uno degli esempi più eloquenti delle difficoltà strutturali del sistema legislativo italiano.
La legge annuale di semplificazione è stata prevista nel 1997 con l'obiettivo di garantire un aggiornamento costante e sistematico del complesso normativo, basato su principi e criteri direttivi generali. Tuttavia, il suo impiego non ha mai raggiunto la cadenza regolare prevista, con l'adozione di provvedimenti saltuari e caratterizzati da ambizioni spesso superiori alle reali capacità operative. Un esempio paradigmatico dell'utilizzo della legge di semplificazione è rappresentato dai provvedimenti adottati negli anni 2001 e 2005, che hanno introdotto il meccanismo del cosiddetto «taglia-leggi». Questo strumento aveva l'intento di eliminare norme obsolete o ridondanti, lasciando spazio a una codificazione più chiara e organica delle disposizioni residue. Tuttavia, la complessità delle operazioni richieste, unita alla mancanza di una pianificazione organica, ha limitato fortemente i risultati ottenuti. Nonostante l'obiettivo dichiarato fosse quello di un riassetto normativo ampio e sistematico, il Governo ha spesso concentrato i propri sforzi su interventi limitati, come l'abrogazione espressa di norme non più operative o la salvaguardia di quelle essenziali. Come evidenziato nel corso delle audizioni, i limiti erano evidenti poiché ci si concentrava nell'adozione di elenchi di leggi da abrogare e da salvare con un utilizzo frammentato di strumenti legislativi eterogenei, quali leggi, decreti-legge e decreti correttivi. La legge di semplificazione, originariamente concepita come un veicolo attraverso cui il Parlamento delegava annualmente al Governo il compito di operare un riassetto normativo in specifici settori dell'ordinamento, ha conosciuto una parabola discendente cui solo recentemente si è cercato di rimediare con la presentazione di un disegno di legge di iniziativa governativa per l'introduzione di misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie(156).
Una delle principali criticità rilevate ai fini dell'adozione di azioni efficaci di semplificazione normativa è la mancanza di una programmazione chiara e condivisa tra Parlamento e Governo(157) . Questo ha portato a interventi legislativi frammentari, spesso privi di una visione organica e incapaci di affrontare in maniera incisiva la complessità normativa. Come sottolineato più volte, è necessaria un'attività di codificazione ex post che abbia carattere di continuità e che permetta di migliorare anche la leggibilità e l'accessibilità delle norme, attraverso strumenti di mero riordino che eliminino errori materiali, richiami obsoleti e norme non più attuali.
In questo senso la delega legislativa è stata individuata come uno degli strumenti cardine per attuare operazioni di riordino e codificazione, pur avendo sofferto di un sostegno incoerente e, laddove utilizzata, di una scarsa chiarezza dei principi e criteri direttivi stabiliti dal legislatore. Questa situazione ha portato a risultati eterogenei, con alcuni codici adottati sulla base di deleghe ad hoc e altri frutto di Pag. 68operazioni più strutturate(158). Tra gli esempi più significativi si possono menzionare il codice del processo amministrativo e il codice dell'ordinamento militare, che, pur rappresentando tentativi importanti di razionalizzazione normativa, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale per eccesso di delega, evidenziando i limiti intrinseci di un approccio non sufficientemente pianificato.
I contributi degli auditi hanno posto, inoltre, in rilievo la natura e i limiti dei testi unici compilativi, introdotti con la legge n. 400 del 1988 e utilizzati principalmente per il coordinamento formale della normativa vigente(159). Sebbene tali strumenti rappresentino un mezzo utile per migliorare la leggibilità e la coerenza della legislazione, essi non consentono interventi di natura sostanziale, limitandosi a una mera ricognizione normativa(160).
Da più parti è stata sottolineata l'importanza di utilizzare questi strumenti in maniera più sistematica, affidando la loro redazione al Consiglio di Stato per ridurre il rischio di errori tecnici e migliorare la qualità complessiva del prodotto legislativo. Questo organo, in virtù della sua funzione consultiva e delle competenze tecniche in materia di drafting legislativo, ha dimostrato di poter offrire un contributo significativo alla qualità tecnica delle norme adottate. Tuttavia, il coinvolgimento del Consiglio di Stato è rimasto limitato a casi isolati, come quello del codice del processo amministrativo, nonostante il suo potenziale per garantire un elevato livello di coerenza giuridica e sistematica nei testi normativi. In tale contesto, è parso auspicabile un maggior ricorso a questa istituzione, che potrebbe svolgere un ruolo centrale non solo nella redazione di testi unici compilativi ma anche nella predisposizione di schemi normativi più complessi. Come suggerito da alcuni, una maggiore valorizzazione del Consiglio di Stato e di altri organi tecnici potrebbe contribuire alla programmazione degli Pag. 69interventi di consolidamento e riassetto, che attualmente mancano di continuità e organicità(161).
Le riflessioni degli auditi hanno evidenziato come i tentativi di codificazione abbiano riscontrato difficoltà nella composizione di interessi contrapposti e nella gestione di ambiti regolatori demandati a diversi livelli di governo(162). Queste difficoltà sono ulteriormente aggravate dalla necessità di coordinare norme di fonte primaria e secondaria, senza aumentare la rigidità del sistema normativo. Inoltre, l'«abuso» della decretazione d'urgenza e il ricorso reiterato a normative derogatorie in settori strategici, come quello degli appalti PNRR, hanno creato ulteriore complessità normativa, rendendo urgente una ricognizione complessiva delle legislazioni speciali esistenti e un loro riordino secondo criteri di chiarezza e applicabilità diretta. A questo proposito è stata anche evidenziata una discrepanza tra le finalità dichiarate di semplificazione amministrativa e gli obiettivi di semplificazione normativa, con conseguenze rilevanti sia sul piano regolatorio che amministrativo. In particolare, le misure emergenziali e le normative speciali adottate per semplificare i processi amministrativi spesso si sono rivelate in contraddizione con i principi di chiarezza e coerenza normativa. Questo fenomeno è evidente nella proliferazione di deroghe, sospensioni e rinvii, utilizzati per raggiungere presunti obiettivi di semplificazione amministrativa, ma che, in realtà, generano complessità e incertezza per gli operatori pubblici. Un esempio significativo riguarda proprio la normativa speciale relativa agli appalti finanziati attraverso il PNRR e il PNC, caratterizzata da una stratificazione normativa confusa, composta da numerosi atti legislativi, circolari e provvedimenti sub-normativi. Questo sistema risulta incoerente rispetto ai principi di better regulation poiché si basa su rinvii a norme superate e deroghe a disposizioni generali. È evidente, pertanto, la necessità di un approccio più organico e coordinato, che consideri in Pag. 70modo integrato la semplificazione normativa e amministrativa. Occorrerebbe una ricognizione sistematica delle legislazioni speciali, al fine di razionalizzarle, eliminando deroghe e rinvii inutili e sostituendole con disposizioni chiare, applicabili direttamente e coerenti con i principi di buona regolazione(163).
Le soluzioni proposte dagli auditi a sostegno degli strumenti di semplificazione normativa si concentrano, innanzitutto, sulla necessità di ridare forza a strumenti programmatori, come la legge annuale di semplificazione, che permettano una pianificazione organica degli interventi. Come si è visto, è stato suggerito, in secondo luogo, di valorizzare il ruolo del Consiglio di Stato non solo come organo consultivo, ma anche come attore centrale nella redazione tecnica delle normative. Una maggiore attenzione ai principi e criteri direttivi delle deleghe legislative potrebbe contribuire a ridurre il rischio di «eccesso di delega» e garantire una maggiore coerenza tra gli obiettivi politici e i risultati normativi. Inoltre, la definizione di priorità settoriali condivise tra Parlamento e Governo potrebbe rappresentare un passo decisivo per superare l'attuale frammentazione normativa e promuovere una legislazione più chiara, accessibile e coerente.
Infine, è emersa la necessità di garantire una maggiore copertura costituzionale agli strumenti di semplificazione normativa, attraverso interventi di riforma che assicurino la sostenibilità e l'efficacia di questi strumenti nel tempo. Anche in questo contesto appare utile il riferimento a modelli stranieri. Il modello britannico e quello francese, che prevedono il coinvolgimento di commissioni tecniche specializzate nella codificazione, offrono spunti interessanti per migliorare il processo legislativo italiano, rendendolo più organico e funzionale(164).Pag. 71
Anche il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nella sua audizione, ha segnalato l'opportunità di riprendere l'azione di semplificazione e sistematizzazione dell'attuale corpus normativo. Nell'ambito dell'attività di manutenzione normativa, il Ministro ha ricordato il disegno di legge A.S. n. 1192, recante misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione, che prevede, il ricorso ad una legge annuale di semplificazione normativa, nonché disposizioni di delega per procedere alla codificazione di diversi settori dell'ordinamento, nonché il disegno di legge(165) recante l'abrogazione di atti normativi prerepubblicani(166).
2.6 Gli strumenti per l'innovazione e la digitalizzazione
L'innovazione tecnologica e la digitalizzazione stanno trasformando profondamente il modo in cui possono essere progettati, prodotti, analizzati e valutati gli atti normativi, contribuendo a migliorarne la qualità, la chiarezza e l'efficienza. Il tema dello sviluppo delle competenze per la qualità della legislazione appare strettamente connesso anche con quello dell'utilizzo delle tecnologie in tutti gli aspetti e i momenti della produzione normativa. Ciò vale, in particolare, per l'intelligenza artificiale, una tecnologia che offre, per le sue caratteristiche, nuove prospettive di sostegno alla produzione normativa. Nell'era digitale e dell'intelligenza artificiale, gli operatori del settore si confrontano con nuove sfide e opportunità dovendosi orientare verso l'impiego di strumenti come banche dati normative e applicazioni per il drafting assistito e il supporto alla redazione tramite analisi semantica, verifica di coerenza e armonizzazione con la legislazione vigente.
L'intelligenza artificiale offre l'opportunità di sviluppare strumenti in grado di potenziare e velocizzare gli interventi di drafting che è possibile integrare variamente nell'attività legislativa, ad esempio per produrre attività ricognitiva di testi normativi, per elaborare bozze di testi a partire da concetti chiave, per analizzare testi legislativi e proporne sintesi e dossier, per individuare incoerenze, proporre revisioni linguistiche e verificare la correttezza dei riferimenti normativi e, in futuro, perfino per assistere i tecnici nella valutazione di impatto della legislazione. Peraltro, la rapidità di evoluzione della tecnologia in esame potrebbe condurre a imminenti ulteriori sviluppi di cui non è facile prevedere la dimensione né la direzione(167). Su questi aspetti Pag. 72merita anche richiamare l'importante attività conoscitiva sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale in ambito parlamentare svolta dal Comitato per le attività di documentazione dell'Ufficio di presidenza della Camera.
La possibilità di ricorrere utilmente a tali strumenti dipende anche dalla capacità degli operatori di comprendere e integrare queste tecnologie nel lavoro quotidiano. È quindi essenziale sviluppare anche a questo riguardo competenze specialistiche, sia tecniche che metodologiche, per sfruttare appieno il potenziale dell'IA, sempre salvaguardando e privilegiando – attesa la delicatezza (e l'impatto politico) delle attività in oggetto – il fattore di valutazione e controllo da parte dell'intelligenza umana. La formazione di professionisti esperti che sappiano integrare le innovazioni nel lavoro di drafting rappresenta, dunque, una priorità per rendere i processi legislativi più efficienti, accurati e trasparenti.
L'intelligenza artificiale non è l'unico ambito relativo alla tecnologia che potrebbe essere integrato nel processo legislativo poiché ogni attività del ciclo normativo può beneficiare di una modernizzazione degli strumenti sia dal lato del personale coinvolto nella produzione normativa, sia nel coinvolgimento dei cittadini e nella comunicazione fra istituzioni e pubblico, tramite consultazioni o anche semplicemente per l'accesso alle banche dati e alle informazioni relative alla produzione normativa. Strumenti come Normattiva offrono un accesso rapido e semplice alla legislazione vigente e consolidata, fornendo funzionalità avanzate di ricerca e una visione storica delle modifiche normative nel tempo. Questi sistemi permettono di avere una panoramica completa e sempre aggiornata dell'ordinamento giuridico, facilitando l'attività legislativa e interpretativa e andrebbero aggiornati nei contenuti e nell'interfaccia anche qui integrandoli il più possibile con le altre banche dati normative nel rispetto dei più moderni standard di interoperabilità e condivisione dei dati.
I software di redazione assistita o più semplicemente di editing normativo rappresentano uno strumento fondamentale: offrendo supporto nella stesura dei testi normativi e suggerendo strutture standardizzate e adeguamenti al linguaggio tecnico richiesto, aiutano a garantire che gli atti siano coerenti, privi di ambiguità e conformi alle norme formali e sostanziali. Anche la digitalizzazione dei processi parlamentari svolge un ruolo chiave nel rendere il processo legislativo più trasparente ed efficiente. Sistemi digitali consentono di tracciare in tempo reale le fasi di discussione e approvazione delle norme, mentre piattaforme di consultazione pubblica digitale offrono ai cittadini la possibilità di partecipare attivamente alla formazione delle leggi.
In questo settore, come anche in numerosi altri coinvolti nel miglioramento della qualità della legislazione, la sinergia fra soggetti istituzionali diversi appare una strategia ineludibile e al contempo vincente, soprattutto a fronte degli investimenti economici che l'adozione delle nuove tecnologie rende necessari.
Conclusioni
Le audizioni svolte nel corso dell'indagine hanno evidenziato la persistenza e l'acuirsi di molteplici profili critici nella produzione normativa: frammentarietà, incoerenze, scarsa effettività, instabilità, oscurità sul piano lessicale e alterazione del sistema delle fonti.
Per cercare di affrontare con efficacia tali criticità occorre muovere da un'analisi del fenomeno il più possibile condivisa tra le forze politiche, e occorre rifuggire qualsiasi impostazione che si riduca all'attribuzione di responsabilità a questo o a quel Governo, a questa o a quella maggioranza parlamentare.
Con simile consapevolezza si è svolta l'indagine e, in conclusione, si formulano qui alcune proposte concrete.
L'analisi ha innanzitutto evidenziato la stretta connessione – ribadita a più riprese dalla giurisprudenza della Corte costituzionale – tra sistema delle fonti, prassi e forma di governo, e come ogni scostamento dal dover essere costituzionale dei principi che regolano i rapporti tra le fonti si traduca in (od origini da) uno scostamento dal dover essere costituzionale dei principi che regolano i rapporti tra gli organi.
L'analisi ha inoltre fatto emergere come gli scostamenti dal dover essere dei principi costituzionali – che disciplinano il sistema delle fonti e i rapporti tra i diversi organi politici nella determinazione e nell'attuazione dell'indirizzo politico – si ripercuotano sulla qualità formale e sostanziale della legislazione. Ovvero che il ricorso frequente a soluzioni «emergenziali» e a «contenitori» legislativi di ampie dimensioni non migliora affatto la qualità della produzione normativa, ma al contrario rischia di comprometterne la chiarezza, l'efficacia e la stabilità nel tempo.
All'origine del progressivo accrescimento del ruolo del Governo, e dei profili problematici nella produzione normativa, vi sono molteplici fattori: sociali, economici, culturali ed anche istituzionali. Basti pensare alla crescente complessità e specificità delle domande di regolazione, alla crisi e alla trasformazione dei corpi intermedi che organizzano la partecipazione democratica e animano le istituzioni politiche, all'innovazione tecnologica e all'impatto delle piattaforme digitali sulle relazioni interpersonali e sulla formazione dell'opinione pubblica, o per quanto riguarda i fattori c.d. «istituzionali» all'impatto degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e in particolare all'impatto degli obblighi (di risultato e nel rispetto di tempi definiti) derivanti dal programma Next Generation UE e dal PNRR e da quelli che discenderanno dalla recente riforma della governance economica europea.
Dopo aver messo a fuoco le diverse criticità della produzione normativa, e dopo aver provato a individuare le loro principali e più profonde cause, l'indagine ha altresì cercato di fare qualche passo sull'impervio terreno dei possibili rimedi.
Cosa si potrebbe (e dovrebbe) fare – ci si è insomma domandati e si è domandato agli auditi – per migliorare la qualità della legislazione e porre rimedio alle più gravi patologie della produzione normativa?
Cosa si potrebbe e dovrebbe fare, rimanendo ovviamente nel solco dell'attuale forma di governo e del suo principio ordinatore del sistema delle fonti che individua nel Parlamento (e nel pluralismo che in esso Pag. 74trova rappresentanza e composizione) il luogo privilegiato di produzione del diritto e di legittimazione, diretta o indiretta, di ogni fonte.
Dagli auditi e dal confronto con loro sono emerse diverse proposte e indicazioni puntuali che potrebbero essere così sintetizzate e ordinate, anche a seconda della fonte a cui ricorrono e su cui incidono.
Contenere il ricorso alla decretazione d'urgenza e recuperare la centralità del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa
Per contenere il ricorso alla decretazione d'urgenza sono emersi nel corso dell'indagine i seguenti possibili rimedi, che richiedono interventi di rango costituzionale: la formalizzazione nella Costituzione dei limiti di contenuto del decreto-legge previsti dalla legge n. 400 del 1988; la codificazione dei limiti alla eterogeneità ed emendabilità dei decreti-legge enunciati dalla Corte costituzionale; la costituzionalizzazione di istituti quali il «voto a data certa», che potrebbero garantire il rispetto di tempi predefiniti per la deliberazione su un disegno di legge di iniziativa governativa e quindi – indirettamente – ridurre la «necessità» per il Governo di ricorrere alla decretazione d'urgenza.
Possibili soluzioni all'esigenza in questione sono state declinate dagli auditi anche sul piano dei regolamenti parlamentari, in particolare: mediante l'introduzione di una disciplina generale del «voto a data certa», già previsto per i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica; con un'attuazione più puntuale dell'ipotesi prevista dall'articolo 72, comma 2 della Costituzione, della dichiarazione d'urgenza per i disegni di legge di iniziativa governativa (come del resto suggerito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 146/2024); con la generalizzazione, peraltro già prevista dal Regolamento del Senato, del ricorso alla sede redigente.
Con specifico riguardo ai rischi di eterogeneità (sopravvenuta) della legge di conversione, anche nell'ottica di preservare la chiarezza e la coerenza della legislazione, è emersa l'importanza di fissare alcuni canoni in materia di attività emendativa, agendo eventualmente anche sul piano della prassi. Tra le possibili iniziative in tal senso, rileva, innanzitutto, la codificazione in modo uniforme tra le Camere degli orientamenti da seguire per valutare l'ammissibilità delle proposte emendative da parte delle Presidenze di Senato e Camera e delle Presidenze di Commissione.
Al fine di recuperare la centralità del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa, nel corso dell'indagine sono stati individuati – oltre agli strumenti già descritti con riguardo alla decretazione d'urgenza – meccanismi di rafforzamento del ruolo delle Camere anche nell'ambito dell'esercizio della delega legislativa da parte del Governo. In tale ottica, potrebbe essere utile l'introduzione nella Costituzione di alcuni aspetti specifici, quali l'obbligo del parere parlamentare sugli schemi di decreto legislativo, il carattere vincolante del parere e l'articolazione dei termini per l'esercizio della delega anche con riferimento alle fasi correttive. Nella medesima ottica di rafforzare la conformità alla Costituzione della produzione normativa, appare utile anche prevedere l'istituzione di una legge annuale di attuazione delle sentenze e dei moniti della Corte costituzionale.
Più in generale, sempre nella prospettiva di rafforzare il ruolo del Parlamento, è emersa l'ipotesi di introdurre una più stringente disciplinaPag. 75 del potere di emendamento da parte del Governo e del Relatore, che garantisca maggiore omogeneità dei testi e tuteli anche il potere di subemendamento dei parlamentari, assicurando un congruo termine temporale per subemendare (ad esempio istituzionalizzando la fissazione di un termine minimo).
Infine, potrebbe risultare utile stabilire, in via regolamentare o di prassi, sistematizzando ciò che è già avvenuto in alcune occasioni alla Camera, un termine ultimo per la presentazione di nuovi emendamenti o di proposte di riformulazione di emendamenti già presentati da parte dei relatori e del Governo, garantendo in ogni caso lo svolgimento di adeguate attività conoscitive in caso di proposte emendative di particolare rilevanza.
Un maggiore coordinamento tra gli attori del processo legislativo
Un maggiore coordinamento tra tutti gli attori del processo legislativo può contribuire in modo significativo al miglioramento della qualità della legislazione. Una possibile azione in questo senso è stata individuata nel rafforzamento del ruolo di coordinamento del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei ministri nell'attività di redazione dei testi normativi di iniziativa del Governo, anche con il contributo di personale in possesso di competenze specialistiche, secondo il modello dell'Office of Parliamentary Counsel del Regno Unito.
È, altresì, essenziale consolidare la cooperazione interistituzionale, sia tra le Commissioni e le Assemblee delle due Camere, sia tra queste e il Governo. Sotto il primo profilo, la cooperazione potrebbe ad esempio tradursi in istruttorie congiunte tra i due rami del Parlamento (anche per ovviare alle criticità date dal cd. monocameralismo alternato). Sotto il secondo profilo, andrebbe consolidata la cooperazione interistituzionale con il Governo, a partire dalla piena attuazione delle previsioni in materia di programmazione legislativa a livello endogovernativo fino all'elaborazione di prassi che introducano elementi di maggiore razionalità e ordine nell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge e, più in generale, nel procedimento legislativo. Detta cooperazione potrebbe coinvolgere anche il DAGL – meglio coordinato con il Parlamento – per condividere, ferma restando la distinzione dei ruoli, almeno alcuni passaggi di elaborazione degli atti normativi, dei disegni di legge e degli emendamenti provenienti dal Governo. Più specificamente – e con riferimento alle fasi del procedimento legislativo – il rafforzamento della cooperazione interistituzionale potrebbe investire, ad esempio, la fase di preparazione degli emendamenti ai provvedimenti più rilevanti (tra cui sicuramente la legge di bilancio), sull'esempio della procedura di trilogo utilizzata dalle istituzioni dell'Unione europea. Anche in questo caso, le soluzioni prospettabili non possono essere solo interne al Parlamento, ma richiedono una sinergia più ampia tra Parlamento e Governo.
Ripensare le regole per la redazione dei testi legislativi e riprendere il processo di codificazione
Con riguardo alla qualità formale della legislazione, dall'indagine è emerso un orientamento favorevole all'aggiornamento delle circolari Pag. 76dei Presidenti delle Camere e del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di redazione dei testi legislativi, risalenti al 2001. Un'utile esperienza di riferimento in tal senso potrebbe essere la recente nuova edizione del manuale promosso dalla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome su regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi per le regioni.
Nell'attività di revisione delle regole per la formulazione tecnica dei testi legislativi potrebbero essere utilmente valorizzati gli strumenti per la qualità sostanziale della legislazione e le raccomandazioni e sollecitazioni espresse nei pareri dei Comitati per la legislazione. Inoltre, alle prescrizioni potrebbero essere affiancati esempi e formulari, utili a consolidare criteri e tecniche redazionali uniformi. L'aggiornamento delle circolari costituirebbe, altresì, un'occasione utile per promuovere lo sviluppo di competenze specialistiche per la redazione e la revisione dei testi legislativi, anche attraverso iniziative di formazione dedicate.
Nel corso dell'indagine è stato ripetutamente rilevato come l'accumulo di norme, spesso stratificate e prive di un'organica sistemazione, abbia generato un quadro giuridico complesso e talvolta contraddittorio; un intervento di riordino e razionalizzazione del corpus normativo appare, dunque, imprescindibile. Uno degli strumenti principali introdotti a tal fine è la legge annuale di semplificazione, la cui applicazione si è, tuttavia, rivelata discontinua e priva della regolarità prevista. Le leggi di semplificazione dovrebbero prevedere un ampio ricorso alla delega legislativa e andrebbe potenziato, nell'attuazione delle deleghe di riordino, il ruolo del Consiglio di Stato. Al tempo stesso, il ricorso allo strumento della delega – anche ove finalizzato a un riordino compilativo e non innovativo – deve essere opportunamente bilanciato dalla salvaguardia del ruolo del Parlamento (ad es., mediante la previsione di pareri da parte delle Commissioni competenti e un costante coinvolgimento dei Comitati per la legislazione e della Commissione parlamentare per la semplificazione). In termini più generali, occorre utilizzare efficacemente tutti gli strumenti di semplificazione normativa, dando priorità alla riorganizzazione in codici di settore e testi unici della legislazione vigente dispersa in una pluralità di atti normativi.
Un ulteriore elemento segnalato nell'indagine che concorre alla produzione di testi frammentari, precari e contraddittori è quello della tendenza a confondere amministrazione e legislazione, con la tendenza a spostare a livello legislativo misure di carattere amministrativo. A questo proposito, come emerso nell'indagine, si potrebbe valutare l'opportunità di una modifica dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 che snellisca le procedure per l'adozione dei regolamenti governativi, con particolare riferimento alla tempistica per l'espressione dei pareri del Consiglio di Stato e a quella per l'acquisizione dei concerti, anche valorizzando il meccanismo del silenzio-assenso di cui all'articolo 17-bis della medesima legge.
Investire sulla conoscenza
Nel corso dell'indagine conoscitiva è stato più volte messo in luce che una variabile fondamentale per il miglioramento della qualità sostanziale della legislazione riguarda la conoscenza dei dati relativi ai bisogni cui la legislazione è chiamata a dare risposta e la disponibilità, Pag. 77per il Parlamento, di risorse e strumenti idonei a operare valutazioni di impatto ex ante e monitoraggio ex post rispetto agli effetti della legislazione da porre o posta in essere. Come emerso nel corso dell'indagine, infatti, troppo spesso la vaghezza dei testi legislativi è figlia di un'istruttoria legislativa carente, con la conseguenza che la legge non è chiara perché non è chiara l'intenzione del legislatore o non sono chiari i presupposti di fatto. A questo proposito, gli elementi raccolti nell'indagine confermano in primo luogo l'importanza di una sistematica integrazione nel processo decisionale degli strumenti delle analisi e delle valutazioni di impatto della regolamentazione e delle analisi tecnico-normative.
Gli strumenti in questione sono di supporto alla decisione politica e non impongono la scelta di una determinata opzione. Sono, tuttavia, fondamentali per l'elaborazione di una regolamentazione che risponda alle esigenze della società e delle imprese e per il miglioramento delle politiche pubbliche in termini di efficienza ed efficacia. Per questo, è essenziale per il Parlamento poter disporre tempestivamente delle analisi di impatto della regolamentazione e delle analisi tecnico-normative; parimenti essenziale è lo svolgimento, da parte del Governo, delle valutazioni di impatto della regolamentazione, attraverso le quali poter verificare il grado di raggiungimento delle finalità sottese al provvedimento normativo e stabilire la necessità di eventuali misure correttive.
Allo stato attuale, solo il Governo dispone – in modo effettivo (pur con le criticità più volte rilevate nel documento) – di tali strumenti: e ciò costituisce uno dei più rilevanti fattori di asimmetria informativa tra Governo e Parlamento, che ha conseguenze non secondarie sulla concreta possibilità – per il Parlamento – di incidere in modo effettivo sulle dinamiche dell'indirizzo politico. Anche dal punto di osservazione dell'accesso alla conoscenza, dunque, appare evidente come qualità della legislazione ed assetti equilibrati della forma di governo siano strettamente collegati. Un Parlamento che non conosce ciò su cui è chiamato a decidere – autonomamente o ad integrazione di scelte già prefigurate dal Governo – è, per forza di cose, un Parlamento più debole e meno incisivo nel circuito dell'indirizzo politico. Un serio investimento sulla conoscenza, che coinvolga tutti i soggetti impegnati nella produzione legislativa, costituisce quindi non soltanto uno strumento per il miglioramento della qualità della legislazione ma anche – e correlativamente – un dispositivo fondamentale per il recupero della centralità del Parlamento nelle dinamiche di produzione legislativa e normativa e anche di indirizzo politico.
E ciò a fortiori con riferimento alle decisioni che abbiano impatti sulla finanza pubblica, in ordine alla quali, a fronte del monopolio informativo della Ragioneria Generale dello Stato, un rafforzamento ed una maggiore integrazione del ruolo dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio all'interno del circuito dell'indirizzo politico proprio del Parlamento consentirebbe di riequilibrare la dialettica Parlamento-Governo anche su aspetti estremamente tecnici, eppure dirimenti, come quelli relativi alla finanza pubblica.
Il supporto tecnico all'attività legislativa è molto significativo: dalle amministrazioni parlamentari, ai servizi studi, ai servizi del bilancio e all'Ufficio parlamentare di bilancio – solo per fare alcuni esempi – Pag. 78l'attività legislativa parlamentare può già contare su strumenti di conoscenza di notevole rilievo. Si deve però proseguire nel loro rafforzamento, valorizzando esperienze come quelle dell'integrazione tra i Servizi di documentazione delle Camere e dell'Ufficio di valutazione di impatto del Senato e attraverso un dialogo costante tra le amministrazioni parlamentari e i gruppi parlamentari. Si tratta di un aspetto, alla luce degli elementi emersi nell'indagine, che può essere ulteriormente incentivato, non solo attraverso l'acquisizione di valutazioni di impatto da parte del Governo o di istituti indipendenti sulla legislazione in essere in un determinato settore, ma anche e soprattutto – come appena visto – attraverso lo sviluppo e il potenziamento di una autonoma capacità di valutazione da parte delle Camere, ivi inclusa la necessità di una ripresa, con maggiore slancio, dell'esperienza delle consultazioni pubbliche già avviata nel corso della XVII legislatura. Particolarmente significativa, in tale ottica, è la sinergia tra le strutture di valutazione e i Comitati per la legislazione.
Un nuovo ruolo per i Comitati per la legislazione
Nel contesto che sopra si è delineato, i Comitati per la legislazione di Senato e Camera potrebbero divenire fondamentali punti di snodo.
I Comitati rappresentano il punto di contatto tra ambito di valutazione tecnica e circuito democratico di decisione politica. E rappresentano per certi aspetti un atto di fiducia nella possibilità di un controllo «di legalità» endoprocedimentale, da parte degli stessi membri del Parlamento.
Ciò risulta con evidenza fin dalla composizione dei Comitati stessi che, come noto, è paritaria.
Nell'esercizio delle proprie funzioni, i componenti dei Comitati per la legislazione sono infatti chiamati a svolgere un difficile ma prezioso compito di garanzia della qualità della legislazione in conformità ai principi costituzionali che disciplinano il sistema delle fonti.
Nel corso delle audizioni sono state avanzate varie proposte per potenziare il ruolo dei Comitati per la legislazione: l'unificazione dei due Comitati in un unico Comitato bicamerale; il rafforzamento del loro collegamento con la Commissione affari costituzionali e le altre strutture parlamentari e governative, attraverso protocolli di intesa finalizzati a migliorare la qualità della legislazione. Un altro organo il cui ruolo è apparso nel corso dell'indagine da rilanciare, in modo da conferirle maggiore incisività nelle attività di semplificazione e razionalizzazione normativa, è la Commissione bicamerale per la semplificazione, che secondo alcuni potrebbe assumere una funzione di raccordo tra i Comitati per la legislazione. Per rafforzare l'azione dei Comitati per la legislazione (e della Corte costituzionale), nel corso dell'indagine è emersa anche l'ipotesi di introdurre in Costituzione una disposizione sulla qualità dei testi normativi (che apra alla prospettiva di rendere vincolanti le condizioni poste nei pareri).
Un primo passo da compiere potrebbe in ogni caso essere quello di un'armonizzazione tra i regolamenti di Camera e Senato in ordine a funzioni e poteri dei due Comitati. In particolare, il Comitato per la legislazione della Camera potrebbe acquisire anche la competenza in materia di valutazione d'impatto propria del Comitato per la legislazione del Senato ed essere chiamato ad esprimersi su tutti i progetti di Pag. 79legge inseriti nella programmazione dei lavori dell'Assemblea. Potrebbe poi essere formalizzata alla Camera e introdotta al Senato la previsione di un secondo parere del Comitato sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge, in modo da esaminare le modifiche introdotte in sede referente. Rispetto a quanto già consentito dal parere della Giunta per il Regolamento della Camera del 6 ottobre 2009, si dovrebbe prevedere che questo secondo parere sia sempre espresso nel corso dell'esame dell'Assemblea e che le condizioni eventualmente contenute nei pareri si trasformino automaticamente in emendamenti, in analogia a quanto previsto dai regolamenti di Camera e Senato per le condizioni formulate ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione dalle Commissioni Bilancio. Il Comitato per la legislazione del Senato dovrebbe, inoltre, potersi esprimere su tutti disegni di legge all'esame delle Commissioni, ove ne sia fatta richiesta, e sui disegni di legge recanti norme di delegazione legislativa o disposizioni volte a trasferire alla potestà regolamentare del Governo o di altri soggetti materie già disciplinate con legge anche in assenza di una deliberazione della Commissione in tal senso.
A questo si dovrebbe accompagnare la formalizzazione nei regolamenti parlamentari della possibilità, già riconosciuta dalla prassi, per i due Comitati di svolgere audizioni e indagini conoscitive. In questo modo i due Comitati potrebbero operare un costante monitoraggio, attraverso l'interlocuzione con le competenti strutture di governo sull'utilizzo degli strumenti di analisi e valutazione di impatto ai fini della programmazione legislativa già sopra richiamata. Nello specifico potrebbe essere anche valutata l'introduzione della previsione che il Governo riferisca periodicamente ai Comitati sullo stato della legislazione. A questo si potrebbe accompagnare la possibilità per i Comitati di presentare relazioni alle Assemblee sullo stato della legislazione, relazioni che potrebbero essere poi discusse ai fini dell'adozione di eventuali atti di indirizzo. In aggiunta, e nelle more di una revisione dei regolamenti parlamentari, il coordinamento tra i due Comitati potrebbe essere favorito dal rafforzamento del dialogo tra i Comitati e da una piena condivisione delle prassi e dei criteri di esame dei disegni di legge.
In questo quadro – e con specifico riferimento alla funzione relativa alla valutazione delle politiche pubbliche – potrebbe essere utile l'espressione di un parere da parte dei Comitati anche sui documenti del Governo di carattere programmatico come il piano strutturale di bilancio e i suoi aggiornamenti, per verificare come l'uso degli strumenti di analisi e valutazione sopra richiamati si traduca in una efficace programmazione legislativa e quindi, ad esempio, in una coerente individuazione dei disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica. Attraverso la valutazione dell'impatto e della qualità della legislazione, i Comitati potrebbero, così, incidere, in modo virtuoso, sul riequilibrio degli assetti della forma di governo.
(1) Cfr., in particolare, l'audizione del Prof. Massimo Luciani, 26 febbraio 2024, seduta n. 6, secondo il quale tale nesso «opera in duplice senso: nel senso che il sistema costituzionale delle fonti è coerente con il disegno costituzionale della forma di governo; nel senso che – di conseguenza – non è proponibile un ragionamento sul sistema delle fonti che non sia anche un ragionamento sulla forma di governo».
(2) Cfr. Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15: «Ogni volta che, in virtù di una determinata riforma, si decentrano funzioni o si attribuiscono poteri o si creano nuovi enti, non si sta soltanto creando nuova normazione (quella con cui si decentra o si istituisce l'ente o si assegna un potere) ma si sta creando una nuova ed ulteriore fonte di normazione, che a cascata innescherà la produzione di nuove regole».
(3) Uno dei casi in cui ciò si evidenzia è la questione del rispetto dello «Stato di diritto» di cui alla disciplina UE del regolamento 2020/2092, che amplia potenzialmente ad un novero molto vasto di temi e di problemi «di legalità» la possibilità di eterodirezione o comunque sorveglianza sui processi normativi. Il Rapporto auspica che «queste forme di “valutazione esterna” della deliberazione parlamentare vengano assorbite all'interno delle stesse procedure parlamentari in modo da essere vissute non come elementi di “giudizio” o di “eterodirezione”, potenzialmente in contrasto con lo svolgimento delle funzioni di rappresentanza democratica, bensì come ulteriori elementi di conoscenza necessari alla deliberazione e con i quali costantemente confrontarsi». Cfr. Prof.ssa Roberta Calvano, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11.
(4) Cfr. Prof. Alfonso Celotto, audizione dell'8 aprile 2024, seduta n. 9; Prof. Tommaso Edoardo Frosini, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(5) Cfr. Prof. Sandro Staiano, audizione del 16 aprile 2024, seduta n. 10.
(6) Il Presidente, auspicando dunque un «ricorso più razionale e disciplinato alla decretazione d'urgenza» rappresentava la necessità di «modificare l'attuale tendenza» ribadendo che «i decreti-legge devono presentare ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia. Nei casi in cui l'omogeneità di contenuto è perseguita attraverso l'indicazione di uno scopo, deve evitarsi che la finalità risulti estremamente ampia. Nella procedura di conversione, come prescritto dai Regolamenti parlamentari, l'attività emendativa dovrà essere limitata dalla materia ovvero dalla finalità originariamente oggetto del provvedimento, come definite dal Governo. La confluenza di un decreto-legge in un altro provvedimento d'urgenza, oltre a dover rispettare il requisito dell'omogeneità di contenuto, dovrà verificarsi solo in casi eccezionali e con modalità tali da non pregiudicarne l'esame parlamentare».
(7) Cfr. l'audizione del Prof. Fabio Cintoli del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(8) Cfr. l'audizione del Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2; l'audizione del Prof. Cintoli del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(9) Cfr. l'audizione del Prof. Roberto Zaccaria del 17 giugno 2024, seduta n. 14.
(10) Gli ultimi dati disponibili dell'Osservatorio sulla legislazione della Camera, che coprono i primi 27 mesi della XIX legislatura (periodo 13 ottobre 2022-13 gennaio 2025), indicano che il 38,5% delle leggi approvate (69 su 176) sono leggi di conversione dei decreti-legge. Il dato relativo alla XVIII legislatura (2018-2022) era del 33% (104 su 315), quello della XVII legislatura (2013-2018) era del 21,9% (83 su 379).
(11) Cfr. Camera dei deputati, Servizio Studi, La produzione normativa: cifre e caratteristiche, 13 dicembre 2024, dove, con riguardo ai primi quattordici mesi della XIX legislatura, si mette in evidenza come il tempo di esame medio per la conversione dei decreti-legge sia stato di 43 giorni (esclusi i tempi di transito tra le due Camere), per i disegni di legge di iniziativa governativa di 182 giorni e per i progetti di legge di iniziativa parlamentare di 275 giorni.
(12) Cfr. Corte costituzionale sentenza n. 63 del 1998, punto n. 7.3. del Considerato in diritto, dove si afferma esplicitamente che «l'atto di conferimento al Governo di delega legislativa può avvenire solo con legge».
(13) Cfr. Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, Rapporto 2022-2023, spec. 56 e segg.; Rapporto 2024-2025, spec. 30, che tra l'altro segnala un sensibile incremento di questa controversa tipologia di leggi nella XIX legislatura (dai 6 casi della XVIII legislatura si è infatti passati ai 20 della XIX).
(14) Così Corte costituzionale, sentenza n. 186 del 2022, punto n. 5 del Considerato in diritto.
(15) Cfr. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6, che sottolinea come attraverso la legislazione si provi spesso a «supplire all'inefficienza dell'amministrazione».
(16) Cfr., recentemente, il Decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy del 31 marzo 2023 (decreto carburanti), peraltro annullato dal T.A.R. Lazio con la sentenza del 10 novembre 2023 che ne riconosce «la natura normativa».
(17) Secondo l'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.
(18) Essi sono così denominati in quanto, come previsto dallo stesso comma 2 dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 «[...]sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari».
(19) Cfr. l'articolo 15, comma 1, legge n. 400 del 1988.
(20) Cfr. Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8.
(21) Per le patologie caratterizzanti questa fase cfr. infra par. n. 2.
(22) Cfr. Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7: «I decreti-legge sono diventati veramente il protagonista della nostra legislazione e il grande malato della stessa, che fa ammalare il Parlamento. [...] Certo è che il decreto-legge oggi è costituzionalmente in genere molto discutibile per la non urgenza, la mancanza della straordinaria necessità ed urgenza, perché è diventato legislazione corrente».
(23) Per quanto concerne il Comitato per la legislazione del Senato cfr. Senato della Repubblica, Lavori del Comitato, luglio – dicembre 2024, spec. 17, dove vengono menzionati i pareri nei quali è segnalata l'assenza di «argomentazioni specifiche» circa la sussistenza dei menzionati presupposti.
(24) Cfr. Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3: «È una evenienza che deve e può riguardare solo ipotesi eccezionali, e che è consentita alle condizioni e nei limiti previsti dalla Costituzione. Quindi rigorosamente in caso di straordinaria necessità e urgenza. Ovviamente si tratta di decreti del Governo caratterizzati dalla precarietà e che per non decadere devono essere convertiti in legge dal Parlamento, al quale è sempre da ricondurre la funzione legislativa. Come è evidente, l'esercizio di questa funzione incide sull'assetto dei rapporti tra Governo e Parlamento. In passato si sono verificate criticità vistose, al limite e oltre il limite della legittimità costituzionale; questioni che nel tempo hanno dato luogo a sentenze della Corte costituzionale che hanno indotto a riassestare il sistema riconducendo a correttezza costituzionale prassi che se ne erano discostate». Cfr., altresì, Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof. Sandro Staiano, audizione del 16 aprile 2024, seduta n. 10; Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5; Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8; Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(25) Cfr. Prof. Sandro Staiano, audizione del 16 aprile 2024, seduta n. 10: «Interrogarsi sulle ragioni di quella fiammata può valere a stabilire se ci si possa attendere dalla Corte una nuova stagione di interventi razionalizzanti, e intesi a porre rimedio agli attuali scostamenti dalla Costituzione. Ora, gli orientamenti di allora furono determinati dalla considerazione che la Corte poteva fare, ancora una volta, della struttura partitica della forma di governo e delle sue ricadute nell'azione parlamentare».
(26) Cfr., in particolare, la lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio del 23 luglio 2021 (riguardante la promulgazione «con osservazioni» della legge di conversione del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante «Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali»).
(27) Cfr. Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5: «Questo è il caso più grave, da prevenire soprattutto attraverso una vigilanza oculata degli uffici tecnici del Governo: una volta entrato in vigore il decreto-legge, infatti, il rimedio in sede parlamentare potrebbe essere dato solo con una conversione parziale».
(28) Cfr., in particolare, le lettere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 settembre 2020 (riguardante la promulgazione «con osservazioni» della legge di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale») e del 24 febbraio 2023 (riguardante la promulgazione «con osservazioni» della legge di conversione del decreto-legge del 29 dicembre 2022, n. 198, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi»).
(29) Cfr. Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4; Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12.
(30) Tra le varie cause di questo problema, che coinvolge gli atti normativi in generale e non solo il decreto-legge, sono stati individuati il ricorso ad atti legislativi, siano essi leggi o decreti, composti da pochi articoli e centinaia di commi, e i continui e complessi rinvii a precedenti leggi, che non esplicitano il contenuto delle medesime. Per alcuni dati relativi all'incremento conosciuto dai testi legislativi nel corso dell'esame parlamentare (riferiti ai primi quattordici mesi della XIX legislatura) cfr. Camera dei deputati, Servizio Studi, La produzione normativa: cifre e caratteristiche, 13 dicembre 2024.
(31) Cfr. Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5: «Non di rado i grandi contenitori normativi – legge di bilancio, leggi annuali di attuazione di norme europee, i milleproroghe, etc. – oltre alle leggi di conversione dei decreti-legge attraggono la proposta di emendamenti inseriti “in corsa” senza una adeguata istruttoria, e senza essere sottoposte a valutazione di impatto normativo e controllo sulla qualità della legislazione. Frammentarietà, instabilità, contraddittorietà, oscurità della regolazione sono problemi che affliggono la vita degli operatori, delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini».
(32) Cfr. Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8: «Il Parlamento, insomma, dovrebbe essere soprattutto il luogo in cui confrontarsi sulla lettura aggiornata dei principi e dei valori costituzionali. Ad esempio, dando seguito ai tanti “moniti” che la Corte costituzionale ha rivolto, anche ricorrendo a nuove tecniche processuali, nei confronti del legislatore. E proprio [...] in particolare i casi delle discipline del fine vita e dei figli di coppie dello stesso sesso. Oppure, prendendo in adeguata e tempestiva considerazione le esigenze, anch'esse “costituzionali” perché discendono dall'articolo 11 della Costituzione, che costantemente emergono in sede europea. Ad opera delle Corti europee, ma non solo da loro: penso ad esempio al rapporto annuale della Commissione europea, da cui emerge, per fare un solo esempio, l'urgenza di approvare una legislazione sul lobbying».
(33) Cfr. la Relazione dell'attività della Corte costituzionale nel 2019 (Presidente Marta Cartabia), spec. 6 e 19.
(34) Cfr. Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5: «Non mi risultano prassi analoghe in altre esperienze di diritto comparato. Sarebbero considerate inaccettabili sgarbi istituzionali. Sul piano informativo, sono già stati fatti molti passi avanti e oggi non mancano alle Camere gli strumenti per venire a conoscenza delle sentenze che chiedono un intervento legislativo. Il modello a cui ispirarsi potrebbe essere quello della “legge europea e della legge di delegazione europea”, che complessivamente ha migliorato la situazione dell'adempimento del nostro sistema rispetto agli obblighi UE. Quello che manca è l'esercizio di una iniziativa legislativa in tal senso, sicché una legge annuale, a iniziativa vincolata da parte del Governo come avviene appunto per la legge di bilancio, la legge sulla concorrenza e le leggi europee potrebbe vincere l'inerzia».
(35) Cfr. Prof.ssa Ida Angela Nicotra, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Del resto, le regole del drafting formale oggi trovano copertura costituzionale per opera della Corte. Con una recente pronuncia la Consulta dichiara incostituzionale una “legge radicalmente oscura” sulla base del parametro della ragionevolezza. La sentenza n. 110 del 2023 per la prima volta afferma che un provvedimento inintelligibile contrasta con il principio di legalità e con la parità di trattamento dei consociati».
(36) La Corte cita precedenti del Conseil constitutionnel francese e del Tribunale costituzionale federale tedesco che, da tempo, hanno sottolineato che la chiarezza e la precisione delle norme è direttamente funzionale alla piena effettività del principio dello stato di diritto e, per suo tramite, alla protezione del cittadino rispetto all'arbitrio e alla garanzia dell'eguaglianza (Cons. dir. par. 4.3.5)
(37) Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15: «Un diffuso scetticismo circa l'utilità di questi mezzi ha contribuito a rimandare l'adozione di interventi più incisivi, che potrebbero, tuttavia, aumentare l'efficacia stessa. L'Indagine potrebbe rappresentare l'occasione per riaccendere una nuova attenzione verso questo tema».
(38) Risale alla fine degli anni '70 la prima iniziativa volta ad evidenziare le principali problematiche nel funzionamento delle amministrazioni pubbliche, tra cui l'arretratezza e la disorganizzazione burocratica, che trovò espressione nel Rapporto alle Camere del Ministro per la funzione pubblica, Massimo Severo Giannini, del novembre 1979, in cui si sottolineava anche l'importanza di una corretta tecnica legislativa per garantire l'attuabilità amministrativa delle leggi. Tuttavia solo nel 1986, i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, insieme al Presidente del Consiglio dei ministri, adottarono le tre circolari contenenti regole e raccomandazioni tecniche per rendere più chiari e comprensibili i testi legislativi, cui seguirono, nel 1997, ulteriori circolari dei Presidenti delle Camere che fornivano indicazioni sull'istruttoria legislativa in Commissione, integrando le precedenti raccomandazioni sulla formulazione tecnica dei testi legislativi. Parallelamente al percorso avviato a livello nazionale, nei primi anni '80, su iniziativa della Regione Toscana, anche a livello regionale prendeva forma l'interesse per gli strumenti della qualità legislativa, che condusse, nel 1984, alla elaborazione del primo manuale regionale e più avanti nel 1992 all'approvazione delle «Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi» da parte della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.
(39) Cfr. Prof. Massimo Carli, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11: «Abbiamo un (non invidiabile) primato e cioè due diversi “manuali” per la redazione delle leggi: Senato, Camera e Presidenza del Consiglio seguono regole diverse da quelle delle Regioni (e Province autonome). Le prime, quelle di Senato, Camera e Presidenza del Consiglio, sono del 2001; le seconde del 2007. In Conferenza unificata, il 29 marzo 2007, Governo, Regioni e Autonomie locali si accordarono, fra l'altro, per unificare i due “manuali”, ma sono passati 17 anni senza che l'accordo sia stato attuato. Anche l'Unione Europea si è data, nel 2000, delle regole, periodicamente aggiornate, destinate “a coloro che partecipano alla redazione di testi legislativi delle istituzioni comunitarie”. Occorre, quindi, mi pare, dar vita a un gruppo tecnico che realizzi, finalmente, quel che fu deciso 17 anni fa, tenendo conto delle previsioni dell'UE».
(40) Cfr. Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15.
(41) Cfr. Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(42) Cfr. Prof. Roberto Zaccaria, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Non solo. È significativo di tutto ciò il fatto che i pareri del Comitato per la legislazione vengono recepiti solo in parte nel prosieguo del procedimento legislativo, vedendo il Governo e la maggioranza ogni genere di emendamento (financo quelli di natura meramente tecnica, volti a recepire appunto indicazioni provenienti dal Comitato) come degli ostacoli alla speditezza politica del procedimento legislativo. Tutti elementi, questi, che conseguono alle disfunzioni del sistema politico-istituzionale e che si “scaricano” sul procedimento legislativo e, per quanto più interessa in questa sede, sulla qualità del linguaggio giuridico».
(43) Cfr. Prof. Roberto Zaccaria, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Tali regole concernenti la redazione dei testi normativi, non va dimenticato, sono state introdotte nel nostro Paese dalla fine del secolo scorso, nel contesto di una serie di più ampi interventi volti a semplificare la normazione (si pensi alle misure contenute nelle c.d. “leggi Bassanini”) e ad introdurre strumenti di progettazione normativa (si pensi all'analisi tecnico normativa-ATN, all'analisi ex ante sull'impatto della regolazione-AIR e alla valutazione ex post dell'impatto della regolazione-VIR). Gli obiettivi di buona qualità della legislazione vengono tuttavia spesso sacrificati in nome di “esigenze” della politica: alcune fisiologiche, altre patologiche. Partendo da quelle fisiologiche, a volte accade che l'ambiguità linguistica sia “voluta” dal legislatore, in quanto solo in tal modo (cioè: solo su una formula linguistica ambigua) è possibile il raggiungimento del compromesso politico necessario a consentire l'approvazione del testo normativo».
(44) Cfr. Prof.ssa Ida Angela Nicotra, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Per assicurare una elevata qualità dal punto di vista della tecnica legislativa la scelta di un esperto di linguistica dovrebbe essere utilizzata come strumento ordinario per l'elaborazione delle norme. La scrittura formale del testo dovrebbe essere affidata a esperti di drafting, in stretto coordinamento con i giuristi specialisti dei singoli ambiti di materia, con un buon prodotto disciplinato a monte, lasciando il monitoraggio successivo solo per sporadici aggiustamenti». Cfr. anche Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17: «Appare quindi molto evidente come, sul piano della prassi e dell'azione amministrativa, le possibili linee di azione per rafforzare la qualità della normazione siano tante e possano andare dal potenziamento degli organi camerali con personale specializzato fino alla previsione, nelle facoltà di giurisprudenza, di corsi preparatori specificamente destinati al drafting».
(45) Cfr. Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1: «Il linguaggio delle leggi dev'essere giuridico, certamente. Sarebbe illusorio pensare che rinunciando alla terminologia giuridica ed alle sue nozioni si possa parlare con più efficacia ai cittadini. La nozione giuridica, i concetti giuridici esprimono un significato preciso e si riannodano insieme in un tessuto che deve formare una regola da affidare solidamente alle cure dell'interprete. Ricordo il malinteso che si diffuse a questo proposito quando, nel 2016, si pensò – un po' ingenuamente – di sostituire le norme regolamentari in materia di appalti pubblici con delle Linee guida dell'ANAC che, scritte in modo colloquiale e non necessariamente tecnico-giuridico, avrebbero potuto meglio dialogare col cittadino. Fu un esperimento dall'esito negativo, che costrinse il legislatore di lì a qualche anno ad una rapida marcia indietro. Rinunciare a nozioni e concetti giuridici, quindi, equivarrebbe e far precipitare l'ordinamento positivo nell'incertezza. Tuttavia, desidero ribadirlo, la terminologia giuridica deve essere espressa in modo chiaro e con un linguaggio sì tecnico ma anche armonico ed esauriente strumento è certamente utile e del resto è da tempo abbondantemente imposto nei processi di produzione normativa di profilo vario, non solo a livello legislativo ma anche a livello regolamentare, come sappiamo. Però, al di là dei limiti – che pure andrebbero ricordati – di tutti questi congegni di ingegneria legislativa, i quali rischiano talora di risolversi in adempimenti burocratici privi di una sostanza effettiva, mi sembra che ci siano visibili problemi che vengono ben prima dell'AIR. Abbiamo problemi di metodo – e direi di buon senso nella tecnica legislativa – che vanno affrontati “di petto”. Iniziamo a scrivere disposizioni più brevi, più chiare, più corrette sul piano dell'uso dei concetti giuridici e rinunciamo alla tecnica dei continui rinvii e della novellazione su novellazione del testo normativo».
(46) Cfr., in particolare, Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(47) Cfr. infra par. n. 1.5.
(48) Cfr. Prof. Massimo Carli, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11: «La mancanza della scheda finanziaria è in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, della Costituzione secondo il quale “ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”, mentre la mancanza dell'ATN o dell'AIR (quando prevista) violano solo una fonte primaria, che però si propone di migliorare la nostra legislazione e cioè di raggiungere un obiettivo importante per la nostra democrazia. Conclusione: non vedo perché le Camere debbano incoraggiare il Governo a non applicare le leggi che le Camere stesse hanno approvato. Quando i decreti-legge, non approvati nei 60 giorni, venivano reiterati, se ne riconosceva la non conformità alla Costituzione, ma si riteneva che i Governi non potessero farne a meno: e invece la Corte dichiarò incostituzionale la reiterazione e il Governo si è adeguato».
(49) Cfr. Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15, e Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12.
(50) Cfr. decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 ottobre 2024, recante modifica alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 10 settembre 2008, in materia di analisi tecnico-normativa (ATN).
(51) Cfr. Prof. Alessandro Natalini, audizione del 1° luglio 2024, seduta n. 16: «Gli esiti di questa misura sono stati però a macchia di leopardo. A livello statale è aumentato moltissimo il numero delle AIR prodotte ma non sempre queste valutazioni sono dotate di un adeguato livello di robustezza e di accuratezza, sono molto poco trasparenti in quanto è sempre difficile reperirle sui siti istituzionali e spesso non poggiano su adeguate forme di consultazione dei privati. Guardando agli altri artefici della regolazione osserviamo che nelle regioni e nelle amministrazioni locali questo strumento ha attecchito pochissimo mentre nelle autorità indipendenti si realizzano molte meno AIR rispetto a quelle svolte nei Ministeri anche se qui rileviamo un utilizzo molto più capillare di evidenze empiriche per argomentare le scelte regolatorie e un ricorso più sistematico e strutturato alle consultazioni».
(52) Cfr. Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12: «Quello di cui c'è davvero bisogno, per superare tale approccio, è che si sviluppi una cultura della valutazione e, a monte, della programmazione politica e della progettazione normativa e delle politiche pubbliche e che si doti la Pubblica Amministrazione anche di personale avente una formazione extra-giuridica e delle risorse adeguate a svolgere siffatti compiti. Anche per gli interventi in tema di qualità della legislazione dovrebbe valere la valutazione della c.d. “opzione zero”: se un qualche intervento deve essere realizzato in modo formalistico-burocratico, è meglio non farlo affatto. Per ovvi motivi, ciò arrecherebbe infatti un danno alla qualità della legislazione stessa».
(53) Cfr. Guidelines on Democratic Lawmaking for Better Laws, Organization for Security and Co-operation in Europe, 16 January 2024.
(54) Cfr. Prof. Alessandro Natalini, audizione del 1° luglio 2024, seduta n. 16: «La disillusione rispetto al ricorso all'AIR io credo scaturisca da una questione di fondo: l'intero ciclo di progettazione, adozione e valutazione delle leggi e dei regolamenti è ancora strutturato in modo arcaico. Non è sufficiente imporre lo svolgimento di più AIR o arricchire queste valutazioni di nuove funzioni per cambiare in modo percepibile la qualità del processo di produzione delle norme. Occorre cominciare a ragionare su un ripensamento più complessivo».
(55) Cfr. Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15.
(56) Sulla proposta di obbligatorietà degli strumenti di valutazione cfr. anche Prof. Massimo Carli, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11: «La mancanza della scheda finanziaria è in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, della Costituzione secondo il quale “ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”, mentre la mancanza dell'ATN o dell'AIR (quando prevista) violano solo una fonte primaria, che però si propone di migliorare la nostra legislazione e cioè di raggiungere un obiettivo importante per la nostra democrazia. Conclusione: non vedo perché le Camere debbano incoraggiare il Governo a non applicare le leggi che le Camere stesse hanno approvato».
(57) Cfr. Prof. Alessandro Natalini, audizione del 1° luglio 2024, seduta n. 16: «La valutazione ex post degli effetti delle norme (la VIR) è invece svolta in modo episodico (quando non è completamente assente) presso tutte le tipologie di soggetti regolatori».
(58) Cfr. Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15.
(59) Cfr. articolo 4 del disegno di legge Atto Camera 2393 (già approvata dal Senato Atto Senato n. 1192).
(60) Cfr. Prof. Alessandro Natalini, audizione del 1° luglio 2024, seduta n. 16: «La mia sensazione è che nonostante il PNRR ci costringa a dialogare costantemente con Bruxelles sulla base di processi di programmazione, monitoraggio e valutazione ancorati ad obiettivi, indicatori e target stia prevalendo nel paese un senso di disillusione verso il potere salvifico dell'AIR. Anche l'impulso del livello europeo finalizzato a rendere più strutturato e più diffuso (in alcuni casi anche più selettivo) il ricorso a questo strumento sembra essere negli ultimi anni molto scemato».
(61) Cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2.
(62) Le consultazioni pubbliche sono peraltro previste nell'ambito dell'Ufficio di valutazione di impatto. (https://www.senato.it/ufficiovalutazioneimpatto). Ad esse si è fatto ricorso, però, solo durante la XVII legislatura, con otto consultazioni pubbliche svolte (https://www.senato.it/4804).
(63) Cfr. Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1: «Il riferimento all'attività parlamentare conoscitiva è, a mio modo di vedere, molto importante. Per riacquistare maggiore centralità, per rimediare ai venti di crisi, il Parlamento potrebbe trovare anche in luoghi differenti dal procedimento legislativo ordinario il modo per dare vitalità al proprio fondamentale compito: tenere alto il valore democratico, rendere vivo il raccordo con la sovranità popolare».
(64) Nel Regno Unito (ed in molti Paesi del Commonwealth) la scrittura degli atti normativi del Governo è attribuita all'Office of Parliamentary Counsel (OPC). Un organo che, nonostante il nome, fa parte del Cabinet Office, dunque del Department che assiste il Primo ministro e l'Ufficio di gabinetto. Un organo, dunque, mutatis mutandis, assimilabile al nostro Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
(65) Cfr. Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12.
(66) Cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2: «I due Comitati per la legislazione, in forza della loro struttura paritetica e agendo all'unisono, potrebbero ottenere risultati concreti, fungendo da cani da guardia soprattutto riguardo agli abusi della decretazione, che mi limito a richiamare per titoli, essendo stati esposti con efficace sintesi nel programma dell'indagine».
(67) Cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2: «Su tutti questi aspetti (eterogeneità; monocameralismo di fatto; presentazione di decreti-legge a ridosso della pausa estiva; intrecci e convergenza di decreti-legge) e in generale sull'uso del decreto-legge i Comitati potrebbero innescare un circuito virtuoso, promuovendo accordi interistituzionali e protocolli di intesa».
(68) Cfr. Prof. Roberto Zaccaria, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Le decisioni sono prese quasi sempre all'unanimità e dunque prevale una logica tecnica più che politica, anche se sono formati da parlamentari appartenenti alle diverse forze politiche. Questa struttura e questo modo di procedere accentua inevitabilmente il peso della tecnostruttura e questo peso risulta accentuato a causa dei tempi molto ridotti per gli interventi dei Comitati in modo particolare con riferimento ai decreti-legge».
(69) Cfr. Prof. Tommaso Edoardo Frosini, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(70) Cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2: «Gli accordi interistituzionali, molto in voga nell'Unione europea, hanno dimostrato di funzionare anche in Italia, quando si è deciso di percorrere questa strada su temi condivisi. L'accordo potrebbe concretizzarsi in circolari congiunte dirette ad aggiornare i testi ai quali facciamo costantemente riferimento, ma ormai lontani nel tempo».
(71) La Commissione è stata anche indicata da alcuni come possibile punto di raccordo tra i due Comitati per la legislazione, con la proposta di rilanciarla e ripensarne il ruolo, affinché possa diventare una «casa comune» per affrontare le tematiche relative alla qualità normativa, alla semplificazione e alla valutazione legislativa. In questa prospettiva, l'auspicio proposto è che la Commissione diventi il vertice di un sistema integrato, in cui i Comitati per la legislazione rappresentino gli altri due lati di un triangolo istituzionale. Questa struttura potrebbe favorire la circolarità tra valutazione e decisione legislativa, rappresentando una cabina di regia parlamentare per la qualità della legislazione (cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2: «Credo anche io che la Commissione dovrebbe diventare la casa comune dei due Comitati, dove svolgere attività conoscitiva e consultiva su atti del Governo ed interloquire con l'esecutivo e con le autorità indipendenti sui temi della qualità, della semplificazione e della valutazione, mettendo a fattor comune riflessioni e buone pratiche»).
(72) 1 Cfr. retro par. 1.2.
(73) Cfr. retro par. 1.
(74) cfr. retro l'Introduzione.
(75) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7.
(76) Cfr. Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3; Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(77) Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4; Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(78) Come testimoniano gli ultimi dati raccolti dall'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, Rapporto 2024-2025, spec. 27-28.
(79) Così Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(80) Cfr. Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(81) Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1. Cfr. Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(82) Cfr. par. n. 2.2.
(83) Ibidem.
(84) Cfr. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6.
(85) In senso analogo, con particolare riguardo al forte ruolo da sempre rivendicato dal Parlamento italiano nella produzione legislativa, si richiama anche l'intervento del Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2.
(86) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7; Prof. Alfonso Celotto, audizione dell'8 aprile 2024, seduta n. 9.
(87) Cfr. retro par. n. 1.
(88) Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8.
(89) Su questo aspetto cfr. le Conclusioni.
(90) Cfr., più diffusamente, infra par. 2.3.
(91) Cfr. Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(92) Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(93) In senso analogo, Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3.
(94) In tal senso si richiamano le sentenze n. 171 del 2007, n. 128 del 2008 e n. 220 del 2013.
(95) Così Corte costituzionale, sentenza n. 146, punto n. 4 del Considerato in diritto.
(96) Così Corte costituzionale, sentenza n. 146, punto n. 7 del Considerato in diritto.
(97) Così, ancora, Corte costituzionale, sentenza n. 146, punto n. 7 del Considerato in diritto.
(98) In questo senso, Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6.
(99) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7 e Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(100) Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(101) Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(102) Prof.ssa Roberta Calvano, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11; Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7; Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12; Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17; Prof. Gianpaolo Fontana, audizione del 24 settembre 2024, seduta n. 18; Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof.ssa Ida Angela Nicotra, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14.
(103) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7.
(104) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7.
(105) A favore anche di una estensione del termine di conversione si sono espressi Prof. Tommaso Edoardo Frosini, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4; Prof. Gianpaolo Fontana, audizione del 24 settembre 2024, seduta n. 18. Critiche alla ipotesi di estensione dei tempi di conversione sono state avanzate da diversi auditi tra cui Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7, che ha messo in luce come tale estensione determinerebbe una estensione dei tempi di incertezza della vigenza del decreto e rischierebbe alla fine di incentivare ulteriormente il ricorso alla decretazione d'urgenza.
(106) Da alcuni (Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8) l'estensione è stata ritenuta praticabile ma solo se inserita nel contesto di una riforma più complessiva che preveda un'istruttoria congiunta dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge e che impedisca la votazione di fiducia «in blocco» sull'articolo unico del disegno di legge di conversione
(107) I dati più recenti sulle statistiche dell'attività emendativa – sia in relazione all'esame dei disegni di legge ordinari che all'esame dei disegni di legge di conversione di decreti-legge – sono contenuti in Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, La legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, Rapporto 2024-2025, specie ai parr. 2.1.7 e 2.1.8.
(108) Si pensi ad esempio alla vicenda degli emendamenti premissivi di principio che, in particolare nella XVII legislatura, vennero utilizzati per limitare gli effetti dell'ostruzionismo in sede di discussione di progetti di legge molto rilevanti nel dibattito pubblico, quali la riforma della legge elettorale (cfr. il dibattito nelle sedute del Senato del 20 e 21 gennaio 2015) o la legge sulle unioni civili (cfr. il dibattito nella seduta del Senato del 16 febbraio 2016).
(109) Cfr. ad esempio l'audizione del Prof. Nicola Lupo, 18 marzo 2024, seduta n. 8, specie pp. 6-7, laddove – con specifico riferimento al superamento del c.d. «monocameralismo alternato»– propone di valorizzare l'istruttoria congiunta tra Commissioni di Camera e Senato coinvolgendo, sul modello dei «triloghi» in uso presso il Parlamento europeo, anche il Governo.
(110) Cfr. Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(111) Corte Costituzionale, sentenza n. 32 del 2014, punto n. 1 del Considerato in diritto.
(112) Si richiamano, in proposito, gli interventi della Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5; Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(113) In tal senso, si segnalano gli interventi del Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17; Prof.ssa Roberta Calvano, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11; Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6.
(114) Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2.
(115) Prof. Paolo Carnevale, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17.
(116) Incidentalmente, si può invece osservare come appaia superata un'altra patologia anch'essa manifestatasi nella precedente XVIII legislatura, vale a dire quello della modifica esplicita da parte di un nuovo decreto-legge di un decreto-legge in corso di conversione che risultava assai problematica dal punto di vista dell'ordinato svolgimento dei lavori parlamentari e con riferimento alle difficili antinomie che poteva creare nella successione temporale delle norme: una prassi stigmatizzata anche dal Presidente della Repubblica, fin dalla lettera inviata il 23 luglio 2021 ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73.
(117) Nel proprio parere, reso in data 3 dicembre 2024, il Comitato per la legislazione del Senato ha in particolare sottolineato come: «la confluenza di un decreto-legge nel disegno di legge di conversione di un precedente decreto-legge solleva diversi profili problematici, in particolare la compressione dei tempi dell'esame parlamentare e il rischio di un pregiudizio alla chiarezza delle leggi e all'intellegibilità dell'ordinamento, che sono necessarie per garantire certezza nell'applicazione concreta della legge. Questa tecnica di produzione normativa costituisce un uso anomalo del procedimento di conversione del decreto-legge, che può essere giustificato – secondo le indicazioni espresse anche dal Presidente della Repubblica nella lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio del 23 luglio 2021 – solo in casi eccezionali e con modalità tali da non pregiudicare l'esame parlamentare; la confluenza di più decreti-legge in un unico disegno di legge di conversione contribuisce, altresì, all'incremento delle dimensioni e della complessità dei testi all'esame delle Camere, concentrando la discussione nel ramo del Parlamento in cui viene avviato l'esame e così concorrendo a rafforzare la tendenza a un monocameralismo di fatto non coerente con le modalità di esercizio della funzione legislativa previste dalla Costituzione».
(118) Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof. Roberto Zaccaria, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14.
(119) Sedute del 17 novembre 2006, quando la fiducia fu posta su un emendamento sostitutivo degli articoli 16 e seguenti del testo A del disegno di legge finanziaria, e seduta del 13 dicembre 2007, quando la fiducia fu posta su tre «maxi-emendamenti» nel loro complesso interamente sostitutivi del testo A del disegno di legge finanziaria
(120) Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(121) Corte costituzionale, ordinanza n. 17 del 2019.
(122) Corte costituzionale, sentenza n. 32 del 2014.
(123) Corte costituzionale sentenza n. 251 del 2014.
(124) Corte costituzionale, ordinanza n. 17 del 2019.
(125) Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5. Cfr. anche Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6, e Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3.
(126) Prof. Fabio Cintioli, audizione del 9 gennaio 2024, seduta n. 1.
(127) Cfr. Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4, che parla di «prepotenza».
(128) Cfr. Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5; Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3.
(129) Ibidem.
(130) Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7.
(131) Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17. Cfr. Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3, che mette in evidenza la possibile incompatibilità del maxi-emendamento rispetto all'articolo 72 della Costituzione.
(132) Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12. Cfr. Prof. Roberto Zaccaria, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14, che ha osservato che il suo diffuso ricorso spiega perché gli attuali processi di produzione legislativa tendono a restituire normative poco chiare e imprecise.
(133) Cfr. Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(134) Cfr. Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2, e Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5, che sottolineano la peculiarità, nel panorama costituzionale comparato, del bicameralismo paritario. Si vedano, sul punto, Prof.ssa Ida Angela Nicotra, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14, e Prof. Tommaso Edoardo Frosini, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4, che mettono in evidenza i difetti del monocameralismo.
(135) Cfr., sul punto, Prof. Paolo Carnevale, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17; Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17; Prof. Sandro Staiano, audizione del 16 aprile 2024, seduta n. 10.
(136) Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5. Critici nei confronti del monocameralismo alternato sono, tra gli altri Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7 (che ne parla come uno dei «problemi aperti» della legge parlamentare); Prof.ssa Roberta Calvano, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11 («degenerazioni della prassi»); Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5; Prof. Sandro Staiano, audizione del 16 aprile 2024, seduta n. 10 (che lo definisce un fenomeno «evidentemente illegittimo»).
(137) Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(138) Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2.
(139) Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8.
(140) Alcuni hanno definito la prassi in esame un percorso potenzialmente virtuoso perché la semplificazione procedurale di cui si avvantaggia la Camera che procede per seconda non implica necessariamente un esame meno attento da parte di quest'ultima (Prof. Cesare Mirabelli, audizione del 23 gennaio 2024, seduta n. 3). Ad esempio, l'istruttoria dei provvedimenti di particolare rilevanza che si svolge nella Commissione del ramo del Parlamento che li esamina per prima potrebbe svolgersi con la partecipazione dei componenti della competente Commissione della Camera «ratificatrice». In questa prospettiva, è stata valorizzata la duplice funzione semplificatrice di un'istruttoria congiunta: innanzitutto, la conoscibilità del testo da parte delle due Camere già durante l'esame in prima lettura; in secondo luogo, la razionalizzazione del procedimento nel ramo del Parlamento che procede per secondo, che potrà avvenire più speditamente sulla scorta della precedente istruttoria congiunta (cfr., sul punto, le Conclusioni della presente Relazione). Altri hanno intravisto nel «monocameralismo alternato» un potenziale plusvalore organizzativo, poiché tale prassi implica uno stretto coordinamento tra i due rami del Parlamento che, per quanto forzoso e discutibile, può risultare idoneo a garantire un contributo parlamentare unitario alle decisioni legislative, evitando ingiustificate navette. A tal proposito, è stato sottolineato che, in effetti, nell'attuale cornice istituzionale, caratterizzata dalla omogeneizzazione del sistema elettorale e dalla parificazione dell'elettorato attivo, si sono ridotti gli elementi di differenziazione tra i due rami del Parlamento. Tale evoluzione ha reso il coordinamento tra le Camere la norma e, dall'altro lato, sempre meno giustificabili orientamenti differenziati tra i due rami del Parlamento (Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8).
(141) Cfr. Prof. Gianpaolo Fontana, audizione del 24 settembre 2024, seduta n. 18, e Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5, che propone il ricorso a istruttorie congiunte. Nello stesso senso anche Prof. Enzo CHELI, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17: «A Costituzione invariata, penso che la patologia in esame si possa affrontare prevalentemente sul piano dell'organizzazione interna del lavoro parlamentare, migliorando le tecniche di coordinamento che già sono in atto e quelle che potrebbero essere introdotte nel lavoro delle due Camere. Questa linea si potrebbe perseguire sia sul piano strutturale, aumentando la sfera degli organi a impianto bicamerale, sia sul piano funzionale, favorendo la possibilità nel procedimento legislativo di operare attraverso istruttorie congiunte» e Prof. Giuliano AMATO, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7: «Sull'altro profilo problematico, relativo al procedimento di formazione della legge della monocameralità, io non sono riuscito a pensare altro che una cosa che so essere sgradita in entrambe le Camere, che è l'istruttoria congiunta, e non c'è altro [...] L'istruttoria comune è quella che consente nello stesso tempo di avere le Commissioni parlamentari competenti di entrambe le Camere che lavorano sul testo e lo predispongono per le discussioni di Aula. Io non vedo altro» e Nicola LUPO, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8, che evoca il modello dei «triloghi» caratterizzanti i processi decisionali dell'Unione europea.
(142) Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(143) Cfr. Prof. Giuliano Amato, audizione dell'11 marzo 2024, seduta n. 7.
(144) Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17.
(145) Cons. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2.
(146) Prof. Francesco Saverio Marini, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(147) Prof. Massimo Luciani, audizione del 26 febbraio 2024, seduta n. 6; Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17, che parla di «bicameralismo differenziato».
(148) Prof. Enzo Cheli, audizione dell'8 luglio 2024, seduta n. 17 e Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5.
(149) cfr. retro par. 2.1.
(150) Art. 123-bis del Regolamento della Camera dei deputati.
(151) Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4.
(152) Per alcuni dati sullo stock complessivo dei provvedimenti attuativi da evadere al 1° febbraio 2025 cfr. Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, Rapporto 2024-2025, spec. 58 e segg.
(153) Cfr. Valerio Di Porto, audizione del 16 gennaio 2024, seduta n. 2; Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8; Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4 e Roberta Calvano, audizione del 22 aprile 2024, seduta n. 11.
(154) cfr. infra par. 2.6.
(155) Cfr. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8.
(156) Atto Camera 2393 (già Atto Senato n. 1192)..
(157) Cfr. retro par. 2.1.
(158) Prof. Nicola Lupo, audizione del 18 marzo 2024, seduta n. 8: «Qualcosa si muove in proposito, per esempio riguardo alla riforma fiscale, ma ancora mi pare mancare, nonostante alcune apprezzabili iniziative del Dipartimento per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa (tra cui quelle collocate nel prima richiamato disegno di legge in corso di presentazione alle Camere), una regia complessiva, supportata da una robusta e qualificata struttura tecnico-giuridica, in grado di assicurare una metodologia univoca di redazione dei testi unici e dei codici di settore».
(159) Prof. Vincenzo Lippolis, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4: «Ci sono norme che vagano nell'ordinamento, non accorpate in testi organici. Si dovrebbe svolgere un'attività di codificazione ordinaria che abbia il carattere della continuità e che intervenga ex post al fine di dare ordine alla legislazione, per creare condizioni di ricercabilità e comprensibilità delle norme. Il modello potrebbe essere quello francese: fare dei codici di settore nei quali, senza modificare il contenuto, si possa migliorare la leggibilità, eliminare errori materiali, riferimenti e richiami a istituti obsoleti, fare abrogazioni espresse invece delle abrogazioni implicite e così via, trattandosi in sostanza di una serie di modifiche formali; tali testi unici potrebbero essere definiti di mero riordino, ma potrebbero essere anche di riordino e di semplificazione».
(160) Prof.ssa Marta Cartabia, audizione del 12 febbraio 2024, seduta n. 5: «Se la chiarezza non appartiene in origine alla produzione normativa, perché le iniziative legislative tendono a rispondere ad interessi frammentati e instabili, ebbene quella necessaria chiarezza si potrebbe utilmente recuperare a valle, mettendo ordine e unificando molteplici interventi di settore, in un unico tessuto normativo, espungendo norme superate, disapplicate e contraddittorie. Una delega al Governo per l'elaborazione di testi unici non è particolarmente complicata da scrivere né difficile da negoziare. Non ha bisogno di scadenze ravvicinate, perché agisce su testi comunque in vigore. Attraverso una serie di testi unici si potrebbe consentire al Governo di elaborare con un piano di medio periodo, un riordino e una razionalizzazione di alcuni settori cruciali, anche con il compito di eliminare norme contraddittorie, colmare lacune, espungere relitti normativi di fatto non più vigenti».
(161) Prof.ssa Ida Angela Nicotra, audizione del 17 giugno 2024, seduta n. 14: «Ulteriormente, si potrebbe attribuire il compito di elaborazione di un atto normativo ad un organo esperto sulla specifica materia oggetto di normazione, come è avvenuto da recente con la nuova normativa sulla contrattualistica pubblica, redatta da una Commissione del Consiglio di Stato, appositamente costituita. In punto di metodo, la Commissione speciale, cui è stato attribuito il compito di redigere il nuovo impianto codicistico (decreto legislativo n. 36 del 2023), ha scelto una squadra di codificatori con un approccio multidisciplinare. Nel panel vi era un'ampia presenza di giuristi ma anche una nutrita partecipazione di “non giuristi”, composta da economisti, ingegneri, informatici ed esperti di drafting normativo. È stato possibile, proprio grazie a tale composizione variegata e multi-saperi, testare le norme giuridiche e scrivere direttamente alcune innovative disposizioni (come quelle in materia di progettazione)».
(162) Prof. Alessandro Natalini, audizione del 1° luglio 2024, seduta n. 16: «I tentativi di codificazione operati al fine di rendere più snello e leggibile un corpo normativo che si è stratificato nel tempo hanno avuto un esito modesto. Qui hanno influito tre fattori: da un lato, l'incapacità della politica di comporre i diversi interessi in gioco nel definire la disciplina di intere materie; da un altro lato, la difficoltà di ricostruire una disciplina unica rispetto ad ambiti regolatori demandati alla competenza normativa di una pluralità di soggetti (diversi livelli di governo e autorità indipendenti di regolazione); da un altro lato ancora, la difficoltà di mettere insieme norme di fonte primaria e secondaria senza aumentare la rigidità della disciplina giuridica. Anche gli interventi di delegificazione hanno incontrato molti problemi. L'intento (molto ragionevole) di abbassare il livello delle fonti giuridiche per rendere più flessibile e databile nel tempo la sua disciplina si è scontrato con un dato obiettivo: il procedimento per rivedere un regolamento governativo non è nei fatti molto più rapido di quello per rivedere una legge e molto più lungo di quello di adottare un decreto-legge che, come mostrano i dati sulla legislazione, è finito per rappresentare in modo ormai prevalente la scelta privilegiata dei governi per fare nuova regolazione».
(163) Prof.ssa Elisa D'Alterio, audizione del 24 giugno 2024, seduta n. 15: «Un esempio emblematico, da questo punto di vista, è il rapporto tra i (spesso dichiarati ma poco concreti) fini di semplificazione amministrativa e gli obiettivi della semplificazione normativa (miglioramento della regolazione, ecc.). Negli ultimi anni, gli obiettivi di semplificazione amministrativa associati a situazioni emergenziali o speciali sono andati in senso diametralmente opposto rispetto agli obiettivi di semplificazione normativa. In questo caso, non si tratta soltanto del problema dell'abuso della decretazione d'urgenza ma si tratta dei correlati e più ampi problemi del modo in cui si fa la c.d. “semplificazione” amministrativa in Italia, nonché dell'incertezza e del disorientamento che tali pratiche producono su chi opera nelle pubbliche amministrazioni. Vengono adottate c.d. normative speciali (“legislazione speciale”) che si concretizzano, in vari casi, in articolati complessi di deroghe, sospensioni, rinvii mobili, attraverso i quali si pensa di perseguire la semplificazione amministrativa. Le legislazioni speciali si traducono così in prodotti normativi spesso incompatibili con i più elementari canoni della semplificazione normativa e della better regulation. Un caso molto rilevante riguarda la legislazione speciale in tema di appalti PNRR, intendendo con tale espressione i contratti di appalto o concessione per attività (opere, servizi, forniture) finanziati in tutto o in parte con risorse PNRR o PNC. La disciplina degli appalti PNRR è il caotico risultato di circa una decina di normative, a cui si aggiungono oltre una trentina di circolari RGS, oltre a numerosi altri atti sub-normativi. Tale disciplina speciale è costituita da una lunga catena sia di rinvii a normative antecedenti ormai superate (decreto semplificazioni, decreto sblocca cantieri, ecc.) e ormai non più vigenti per l'ordinario (vedi norme del vecchio codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 50 del 2016), sia di deroghe parziali ad altre normative generali (come nel caso della normativa antimafia). Questo quadro mal si concilia con il principio “one-in, one-out” previsto nel programma better regulation dell'UE».
(164) Prof. Enrico Albanesi, audizione del 6 maggio 2024, seduta n. 12: «Nel Regno Unito la law reform è quel processo volto alla modifica della legislazione vigente al fine di migliorarne la qualità, senza che ciò vada ad incidere sulle policies ad esso sottese. La consolidation è l'operazione attraverso cui si raccoglie invece in un unico atto normativo diritto di origine legislativa, senza modificarlo nella sostanza. La codification è lo strumento con cui si raccoglie in un unico atto normativo diritto di matrice giurisprudenziale. Il repeal è la nostra abrogazione, cui si fa ricorso (come strumento di semplificazione normativa) in modo periodico e meditato e non uno actu, come da noi avvenne con il c.d. taglia-leggi. Un modello analogo a cui guardare, anche se non coincidente con quello britannico, è quello delle Commissioni per la codificazione, sul genere di quelle istituite in Francia e Spagna, quali, rispettivamente, la Commission supérieure de codification e la Comisión General de Codificación. La prima è chiamata a svolgere un ruolo essenzialmente consultivo nell'ambito dell'attività governativa di redazione dei codici di settore; la seconda è chiamata a redigere i progetti di codificazione per il Ministero della giustizia».
(165) Approvato definitivamente e ora legge 7 aprile 2025, n. 56, recante abrogazione di atti normativi prerepubblicani relativi al periodo dal 1861 al 1946.
(166) Cfr. Sen. Luca Ciriani, Ministro per i rapporti con il Parlamento, audizione del 23 gennaio 2025, seduta n. 19.
(167) Prof. Tommaso Edoardo Frosini, audizione del 5 febbraio 2024, seduta n. 4: «Quello dell'intelligenza artificiale sarebbe un contributo che non andrebbe a sostituire la sovranità decisionale del Parlamento, piuttosto servirebbe per supportare la sua attività legislativa e non solo [...] In Francia e in Germania sono state create apposite strutture parlamentari con il compito di utilizzare gli algoritmi per elaborare dati, che siano in grado di offrire all'iniziativa legislativa e alla sua procedimentalizzazione la migliore scelta normativa, che risulti lessicalmente chiara, non ripetitiva di altre leggi e norme e che verifichi l'impatto di sostenibilità con la giurisprudenza costituzionale».