Doc. IV-ter, N. 7-A
RELAZIONE
DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI
(Relatore: PITTALIS)
sulla
RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITÀ, AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE, NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti della deputata
MELONI
(procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/21 RG GIP)
PERVENUTA DAL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA – SEZIONE GIP
il 10 novembre 2021
Presentata alla Presidenza il 20 gennaio 2025
Onorevoli Colleghi! – La Giunta per le autorizzazioni riferisce all'Assemblea in merito alla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, che il Tribunale di Roma (Sezione del giudice per le indagini preliminari) ha inviato alla Camera il 10 novembre 2021 (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP – Doc. IV-ter, n. 7). Tale richiesta si inserisce nell'ambito di un procedimento penale scaturito dalla denuncia-querela presentata dal signor Fabrizio Pignalberi nei confronti dell'on. Giorgia Meloni, alla quale è stato contestato il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595, terzo comma, del codice penale.
Si ricorda che la Giunta aveva già completato l'esame di tale richiesta nella scorsa legislatura e aveva proposto all'unanimità all'Assemblea di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Meloni. Tuttavia, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, l'iter non si è concluso in via definitiva con la deliberazione dell'Aula e, pertanto, la richiesta dell'autorità giudiziaria procedente è stata mantenuta all'ordine del giorno della Giunta dell'attuale legislatura.
Nella legislatura attuale, la Giunta per le autorizzazioni ha esaminato la richiesta in parola nelle sedute del 18 settembre 2024, del 4, 11 e 18 dicembre 2024. Nella seduta del 15 gennaio 2025, la medesima Giunta, all'unanimità, ha approvato la proposta del relatore secondo la quale ai fatti oggetto del procedimento in esame si applica il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Per venire al merito della questione, si ricorda che la denuncia del querelante si fonda sulla pubblicazione, il 2 giugno 2021 alle ore 00:36, del seguente messaggio sul profilo Twitter dell'on. Meloni:
«Fabrizio Pignalberi non ha più nulla a che fare con FdI da alcuni anni. Ciononostante non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore. Siamo pronti a costituirci parte civile nel processo contro di lui perché siamo parte lesa».
Il suddetto messaggio è stato pubblicato a seguito della messa in onda, la sera del 1° giugno 2021, di un servizio televisivo della trasmissione Le Iene, tuttora reperibile online, che descriveva le attività del sig. Pignalberi in termini fortemente critici. Secondo il servizio, il Pignalberi avrebbe conseguito all'estero una laurea in giurisprudenza non riconosciuta in Italia e aperto uno studio professionale di avvocato. In tal modo egli avrebbe truffato diverse persone – anche anziane e in grosse difficoltà economiche – inducendo loro a farsi versare denaro contante e assegni (teoricamente destinati all'estinzione di debiti con il Fisco, con le banche o con altri soggetti privati) che egli, invece, avrebbe indebitamente trattenuto per sé. Sempre secondo il servizio televisivo, lo stesso Pignalberi – incaricato di ottenere il risarcimento del danno conseguente a incidenti automobilistici – avrebbe incassato le somme erogate dalle compagnie assicuratrici, senza poi riversarle ai clienti. Inoltre, in cambio di soldi, avrebbe perfino promesso ad alcune madri di ottenere il ri-affidamento dei figli assegnati alle case-famiglia.
Secondo quanto riportato da concordi fonti giornalistiche, il sig. Pignalberi – con sentenza del 6 luglio 2023 – è stato condannato dal Tribunale di Frosinone a 8 mesi di reclusione nonché al pagamento di 11.000 euro di multa per truffa ed esercizio abusivo della professione di avvocato. Le stesse fonti riportano che tale condanna segue alla denuncia sporta proprio da una delle vittime intervistate dalla trasmissione Le Iene nel servizio andato in onda il 1° giugno 2021.
Ciò premesso, prima di entrare nel merito della proposta, questa Giunta ritiene molto utile sottolineare alcune affermazioni di principio enunciate dalla Corte costituzionale nelle ultime due decisioni rese in materia di insindacabilità parlamentare, vale a dire nella sentenza n. 104 del 2024 (resa nel caso Fidanza, trattato dalla Camera) e nella sentenza n. 194 del 2024 (resa nel caso Giarrusso, trattato dal Senato). Queste decisioni assumono particolare rilievo sia per l'importanza dei principi enunciati, sia per il loro impatto sul caso oggi all'esame. Esse segnano una significativa evoluzione della giurisprudenza Pag. 3costituzionale, recependo in larga misura le riflessioni maturate nel contesto dei lavori della Giunta.
Per ciò che attiene alla sentenza n. 104 del 2024 – con la quale è stato rigettato il conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Milano a seguito della deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera il 18 gennaio 2023 in relazione ad alcune affermazioni rese dall'on. Fidanza – sembra opportuno segnalarne alcuni concetti cruciali.
In tale decisione, la Corte ha ribadito innanzitutto che – nel delineare l'immunità in esame – l'articolo 68, primo comma, della Costituzione non adotta (come invece altre Costituzioni) il cosiddetto criterio spaziale, che limita espressamente l'insindacabilità agli atti compiuti all'interno della Camera di appartenenza (si veda, ad esempio, l'articolo 46, comma 1, della Legge fondamentale tedesca e l'articolo I, sezione 6, della Costituzione degli Stati Uniti d'America). Tale norma costituzionale, invece, predilige «un criterio funzionale in base al quale l'insindacabilità non è limitata alle opinioni espresse all'interno delle Camere. Ciò similmente a quanto avviene in altri sistemi, come ad esempio in quello operante per il Parlamento europeo (art. 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea, su cui sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 6 settembre 2011, in causa C-163/10, Patriciello). Non solo le opinioni espresse all'interno di organi parlamentari o para-parlamentari, dunque, possono considerarsi funzionali, tanto più considerando che nella società contemporanea la comunicazione politica si è trasformata (e si continua a trasformare) profondamente».
In secondo luogo la Consulta, pur richiamando la propria giurisprudenza consolidata sull'articolo 68, primo comma, della Costituzione – e in particolare i noti requisiti della «coincidenza di significato tra l'attività parlamentare tipica e l'opinione resa extra moenia» nonché della «sostanziale contestualità temporale» tra la prima e la seconda – ha sottolineato, tuttavia, che «si tratta pur sempre e soltanto di indici rivelatori, per quanto particolarmente consistenti e qualificati, e non già di elementi costitutivi di una fattispecie puntualmente delineata dalla Costituzione o dalla legge, sicché l'art. 68, primo comma, Cost. può, in casi particolari, trovare applicazione anche a dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari, ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare». D'altra parte – evidenziano i giudici costituzionali – l'attività compiuta nell'esercizio del mandato «per sua natura è destinata "a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica, che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative" (sentenze n. 321 e n. 320 del 2000)».
In questa prospettiva la Corte, aggiornando significativamente il proprio consolidato orientamento in materia, ha quindi precisato che possono considerarsi protette dall'«ombrello» della insindacabilità – ancorché non precedute da una specifica attività parlamentare tipica – «quelle opinioni che, iscrivendosi in un contesto politico, siano funzionali all'esercizio dell'attività parlamentare. Deve trattarsi, dunque, di opinioni che incanalino nel processo politico proprio di una democrazia pluralista i diversi e divergenti interessi riferibili al popolo, al fine di trovare, nell'esercizio della rappresentanza della Nazione di cui all'art. 67 Cost., una mediazione tra gli stessi rispondente all'interesse generale. Tale rappresentanza, sancita dall'art. 67 Cost., costituisce invero il fondamento primo e, al tempo stesso, il limite, dell'insindacabilità delle opinioni prevista dall'art. 68, primo comma, Cost. Una funzione così alta, che la Costituzione protegge con un'immunità che si protrae oltre la scadenza del mandato parlamentare, esige e pretende, al contempo, forme espressive improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica, in specie quando questi non siano a loro volta parlamentari: e ciò tanto più quando l'opinione è espressa per mezzo dei moderni mezzi di comunicazione – quali testate giornalistiche online o social media – che la rendono agevolmente reperibile e oggetto di ulteriore diffusione (sentenzaPag. 4 n. 150 del 2021). Sono insomma necessarie modalità espressive che, lungi dal trasformare l'insindacabilità in una garanzia di impunità e in un privilegio, siano coerenti con il rilievo dell'istituto nel raccordo tra istituzioni parlamentari e opinione pubblica e ne sorreggano la ratio, piuttosto che metterla in crisi. (...) L'insindacabilità, infatti, tutela e consente dichiarazioni finalizzate al promovimento e alla qualità del dibattito pubblico, non certo al suo scadimento».
Con la più recente sentenza n. 194 del 5 dicembre scorso, la Corte costituzionale ha poi dato concreta applicazione, per la prima volta, a quell'asserzione – che sinora era rimasta solo a livello di principio – secondo cui «l'art. 68, primo comma, Cost. può, in casi particolari, trovare applicazione anche a dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari, ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare».
Più precisamente, nel caso trattato, la Corte ha ritenuto che le dichiarazioni rilasciate dal sen. Giarrusso nel corso di un'intervista fossero connesse «con evidenza» alla funzione parlamentare, e quindi insindacabili, ancorché esse non trovassero alcun riscontro in atti parlamentari e consistessero in una valutazione fortemente critica dell'operato del Ministro della Giustizia per le nomine ai vertici degli uffici ministeriali. Tali dichiarazioni infatti – sottolinea la Corte – pur contenendo modalità espressive particolarmente aspre, costituiscono «espressione dell'esercizio della tipica funzione di indirizzo e controllo dell'operato del Governo che è attribuita al Parlamento e a ogni suo componente». Si tratta cioè – ad avviso della Consulta – di «una opinione di un parlamentare a proposito dello svolgimento, da parte di un Ministro, di attività di governo, quale inevitabilmente è, ed ai livelli più alti, la nomina al vertice di un dipartimento di un ministero: opinione che, pertanto, deve considerarsi avere un nesso con la funzione di indirizzo e controllo sul Governo che spetta a ciascun parlamentare, in quanto tale insindacabile», pur non essendo stata manifestata in precedenza nell'ambito di un'attività parlamentare.
La Giunta ritiene che queste due ultime sentenze della Corte costituzionale in materia di insindacabilità meritino speciale attenzione e vadano salutate con grande favore: con soddisfazione, si può affermare che la Consulta si sia dimostrata molto attenta e sensibile ad ascoltare una molteplicità di considerazioni e rilievi, che questa Giunta ha cominciato a elaborare fin dalla trattazione dei primi casi della legislatura in corso e che hanno trovato una precisa focalizzazione nel corso di alcune audizioni informali svolte nel 2023. Ci si limita a ricordare in questa sede due passaggi portanti contenuti nel programma delle audizioni del 2023, nel quale si evidenziava che:
1) «la tesi secondo cui l'operatività di tale guarentigia [quella dell'insindacabilità parlamentare n.d.r.] è rigidamente subordinata alla necessaria presenza di un atto parlamentare precedente – del quale il deputato potrebbe solo limitarsi a divulgare extra moenia i contenuti – richiede oramai un adeguamento allo “spirito dei tempi” e necessita di un nuovo e più avanzato punto di equilibrio che tenga conto della velocità che contraddistingue la comunicazione politica attuale e dei nuovi mezzi informatici (e in particolare dei social media) con cui tale comunicazione oggi avviene»;
2) «l'attività del parlamentare ha connotati che per sua natura sono anche tipicamente politici, in quanto si sostanziano sempre nella rappresentanza e nella diffusione delle sollecitazioni provenienti dalle diverse istanze sociali. In ciò, del resto, si concreta il libero esercizio del mandato parlamentare, così come delineato dagli articoli 67 e 68 della Costituzione, sul quale poggia il sistema di democrazia rappresentativa fondato su una società pluralista e complessa. Nel dibattito in Giunta si è più volte sottolineato come l'insieme delle prerogative parlamentari trova naturale fondamento nel raccordo fra il parlamentare e la società civile che, nelle democrazie pluralistiche, costituisce il perno del mandato parlamentare, in quanto strumento destinato ad assicurarePag. 5 la cosiddetta responsività dei “rappresentanti della Nazione”, cioè la capacità di rispondere alle istanze avanzate dalla società civile. (...) D'altronde, la stessa giurisprudenza costituzionale riconosce che tale attività "è per sua natura destinata (...) a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative (sentenze n. 320 e n. 321 del 2000; in senso analogo, sentenza n. 120 del 2004)"».
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Alla luce di tali premesse giurisprudenziali, questa Giunta ritiene che il messaggio pubblicato dall'onorevole Meloni su Twitter si collochi in un contesto di esercizio della funzione parlamentare.
In primo luogo, infatti, occorre rilevare in generale che, in quanto leader di una formazione politica rappresentata in Parlamento, l'on. Meloni – come gli altri parlamentari – svolge un ruolo che travalica la mera cura di interessi particolari e include quello della rappresentanza di istanze collettive nel dibattito pubblico. D'altronde, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze prima citate, la funzione parlamentare si estende all'intero ambito della rappresentanza politica, che comprende il diritto-dovere di intervenire su questioni di interesse generale.
In secondo luogo, con riferimento al caso di specie, può ritenersi che l'on. Meloni, nel dichiarare pubblicamente che il sig. Pignalberi non è più legato a Fratelli d'Italia, abbia voluto dissociare il partito da comportamenti illeciti che potrebbero minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche, che è un elemento essenziale per la credibilità del sistema democratico. Queste dichiarazioni, rese pubblicamente attraverso un canale come Twitter, non possono quindi essere considerate opinioni legate a polemiche meramente personali: la lotta contro le truffe e la protezione delle famiglie in difficoltà costituiscono infatti temi di rilevanza generale, la cui trattazione rientra pienamente nelle prerogative del parlamentare e nel suo ruolo di rappresentanza degli interessi della comunità nazionale.
Per concludere sul punto, la Giunta ritiene che l'uso del termine «truffatore» debba essere contestualizzato: nel caso di specie esso è stato impiegato nel quadro di una comunicazione politica su fatti già portati all'attenzione pubblica attraverso una trasmissione televisiva seguita da un ampio numero di spettatori. Tale termine non configura un'accusa giuridica formale, bensì rappresenta una presa di posizione politica, fondata sulla percezione di comportamenti documentati, e come tale rientra nella libertà di espressione politica.
Ad ulteriore sostegno dell'operatività, nel caso di specie, della guarentigia di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione, si aggiunga che – come richiesto dalla Corte costituzionale nella menzionata sentenza n. 104 del 2024 – le opinioni espresse dall'on. Meloni sulla problematica delle truffe sono state concretamente incanalate nella sua attività parlamentare.
Al riguardo, si ricorda che l'on. Meloni, assieme al collega Edmondo Cirielli, ha presentato nella scorsa legislatura una proposta di legge (A.C. 3022), con la quale si chiedeva di introdurre nel codice penale l'articolo 640-bis in materia di truffa ai danni di soggetti minori o anziani. In proposito, si rileva che nella relazione a tale proposta si ritrovano alcuni passaggi che, per un verso, appaiono evidentemente connessi con le problematiche affrontate nel servizio delle Iene del 1° giugno 2021 e, per altro verso, denotano perfino una corrispondenza testuale con i contenuti del tweet incriminato. Se ne riportano in questa sede gli stralci più significativi:
«Le statistiche demografiche segnalano un costante aumento del numero di anziani (...) che, da sempre, sono gli obiettivi principali dei truffatori. L'esiguità delle sanzioni previste in caso di truffa non consente agli investigatori e alla magistratura di disporre delle necessarie e opportune misure di sicurezza volte a contenere e a prevenire questi reati. Gli arresti sono sempre più rari e i truffatori sono soggetti a pene molto lievi consistenti, al massimo, in cinque anni di reclusione o, come purtroppo avviene in Pag. 6molti casi, solo di qualche mese, in quanto i responsabili di tali raggiri si avvalgono delle circostanze attenuanti, dei riti alternativi e della continuazione del reato. (...) Non ultimo è, poi, il problema relativo all'avvio dell'inchiesta, che può avvenire solo se la vittima sporge formale querela; addirittura, a volte, le denunce sono ritirate per paura di ritorsioni da parte delle persone querelate. (...) Con le truffe ai danni dei soggetti deboli siamo giunti all'assoluta abiezione morale: siamo al cospetto di crimini la cui connotazione maggiore è la viltà».
Si rammenta, inoltre, che nella proposta di legge n. 124 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di sicurezza pubblica e di tutela delle vittime di reati) – anch'essa presentata nella scorsa legislatura assieme ai colleghi Cirielli, Lucaselli e Zucconi – sono affrontate tematiche sostanzialmente analoghe. Anche in questo caso, si riportano alcuni stralci della relazione che fanno specifico riferimento al problema delle truffe e alle vittime delle stesse:
«Negli ultimi anni il problema della sicurezza si è posto all'attenzione dei cittadini come uno dei più sentiti. Ciò è dovuto, innanzitutto, al rapido dilagare della criminalità, che negli ultimi dieci anni ha subìto una crescita esponenziale, legata a diversi fattori, ma anche a un progressivo degrado morale che crea, in una sorta di circolo vizioso e perverso, le condizioni ottimali in cui un ambiente criminale può fiorire e prosperare; (...) nel breve periodo crescono (...) le truffe tradizionali e su internet. Dal 2008 al 2016 le truffe sono cresciute del 45,5 per cento (151.464 nell'intero anno). (...) La presente proposta di legge, con una serie di interventi sul complesso sistema penale nazionale, accomunati dall'intento di rafforzare e di innalzare il livello di sicurezza dei cittadini, si propone di prevedere l'aumento dei limiti edittali, soprattutto nel minimo, per alcuni reati, dalla truffa all'usura».
Infine, la Giunta evidenzia di essere consapevole che – come afferma la Consulta nella citata sentenza n. 104 del 2024 – la «complessiva architettura istituzionale» che discende dalle prerogative e dalle immunità previste dall'articolo 68 della Costituzione, ispirata ai princìpi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, «può naturalmente determinare un antagonismo tra i due valori in bilanciamento: la libertà politica del Parlamento e l'autonomia delle funzioni delle Camere, da un lato; l'indipendenza e la terzietà del giudice, funzionali a garantire il principio d'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la difesa dei loro diritti e interessi, dall'altro». Tuttavia, con riferimento al caso di specie si ritiene doveroso evidenziare, in primo luogo, che l'impiego del termine «truffatore», nel complessivo contesto del tweet in esame, non è scaduto di certo in un «insulto» gratuito né in una «affermazione non suffragata da idonei elementi fattuali» che – secondo la citata sentenza n. 194 del 2024 – priverebbero l'opinione extra moenia di ogni connessione con la funzione parlamentare. Infatti, benché la terminologia usata esprima una critica particolarmente dura nei confronti dell'operato del sig. Pignalberi, occorre sottolineare: 1) per un verso, che l'on. Meloni non è ricorsa al cosiddetto argumentum ad hominem, che è inteso a screditare l'avversario mediante l'uso di meri dileggi personali; 2) e, per altro verso, che l'opinione espressa dalla deputata in questione era basata su una molteplicità di indizi precisi e concordanti, che infatti sono stati posti alla base della condanna per truffa del Pignalberi nel 2023.
In secondo luogo, va ricordato che – secondo quanto ha giustamente evidenziato la Consulta nella sentenza n. 194 del 2024 – «la potenzialità lesiva dell'onorabilità dei singoli è insita nella esenzione del parlamentare [...] da ogni responsabilità giuridica per le opinioni espresse nello svolgimento del mandato (sentenza n. 379 del 2003). Ciò che rileva è, dunque, che le dichiarazioni rese extra moenia possano essere ricomprese nella sfera delle attività dei membri del Parlamento assistite dalla garanzia costituzionale»: il che si verifica, per le ragioni anzidette, con riferimento alle affermazioni oggi in esame.
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Per concludere, la Giunta per le autorizzazioni propone all'Assemblea di stabilire che le opinioni espresse dall'on. Meloni nei confronti del sig. Pignalberi nel messaggio pubblicato su Twitter il 2 giugno 2021 siano state rese nell'esercizio della funzione parlamentare e, in quanto tali, siano insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Pietro PITTALIS, relatore.
Pag. 8ALLEGATO
Estratto dei resoconti sommari della Giunta
per le autorizzazioni del 18 settembre, 4, 11 e 18 dicembre 2024 e 15 gennaio 2025
Mercoledì 18 settembre 2024
DELIBERAZIONI IN MATERIA
D'INSINDACABILITÀ
Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti della deputata Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale di Roma (procedimento n. 36808/21 RGPM n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
(Esame e rinvio).
Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale in corso nei confronti dell'on. Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale ordinario di Roma – ufficio Gip (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
Si tratta di una richiesta pervenuta dall'autorità giudiziaria il 10 novembre 2021, sulla quale ha affidato l'incarico di relatore all'on. Pittalis.
Ricorda che la Giunta aveva già completato l'esame di tale richiesta nella scorsa legislatura proponendo all'unanimità all'Assemblea di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Meloni. Tuttavia, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, il relativo iter non si è concluso in via definitiva con la deliberazione dell'Aula e, pertanto, la richiesta dell'autorità giudiziaria procedente è stata riportata nel ruolo della Giunta dell'attuale legislatura.
Cede quindi la parola al relatore perché illustri la questione.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, fa presente che il documento all'esame della Giunta riguarda un procedimento penale originato dalla denuncia-querela di Fabrizio Pignalberi nei confronti della deputata Giorgia Meloni. All'on. Meloni è contestato il reato di diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, di cui all'articolo 595, terzo comma, del codice penale. Evidenzia che la richiesta di deliberazione è stata inviata dal Tribunale di Roma – Sezione del giudice per le indagini preliminari ed è pervenuta alla Camera in data 10 novembre 2021.
Segnala che la denuncia-querela è agli atti della Giunta e che il querelante lamenta il carattere asseritamente diffamatorio del seguente testo, pubblicato sul profilo Twitter dell'on. Meloni: «Fabrizio Pignalbèri non ha più nulla a che fare con FdI da alcuni anni. Ciononostante non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore. Siamo pronti a costituirci parte civile nel processo contro di lui perché siamo parte lesa».
Ricorda che il testo fu pubblicato il 2 giugno 2021, alle ore 00.36, dopo che la sera del 1° giugno 2021 la trasmissione televisiva «Le Iene» aveva mandato in onda un servizio sul Pignalberi, tuttora visibile in rete. Secondo quanto mostrato in tale servizio televisivo, il Pignalberi avrebbe conseguito all'estero una laurea in giurisprudenza non riconosciuta in Italia e aperto uno studio professionale di avvocato. In tal modo egli avrebbe truffato diverse persone – anche anziane e in grosse difficoltà economiche – inducendo loro a farsi versare denaro contante e assegni, teoricamente destinati al pagamento di debiti contratti da tali persone con altri soggetti (come banche, enti per la riscossione, ecc.) e che egli, invece, avrebbe indebitamente trattenuto per sé. Sempre secondo il servizio, lo Pag. 9stesso Pignalberi – talvolta incaricato di ottenere il risarcimento del danno conseguente ad incidenti automobilistici – avrebbe incassato le somme erogate dalle compagnie assicuratrici senza poi riversarle ai clienti. Inoltre, in cambio di soldi, avrebbe anche promesso ad alcune madri di ottenere il ri-affidamento dei figli assegnati alle case-famiglia.
Fa presente che nel servizio delle Iene si faceva ampio riferimento anche all'attività politica di Pignalberi, descritto come fondatore del movimento Più Italia che avrebbe stipulato un patto federativo con Fratelli d'Italia, di cui avrebbe peraltro sostanzialmente copiato lo statuto. Si riferiva inoltre della passata candidatura del Pignalberi al comune di Frosinone nella lista di Fratelli d'Italia ed erano mostrate anche alcune fotografie che lo ritraevano insieme all'on. Meloni. Il servizio si concludeva con un appello diretto alla stessa on. Meloni a «fare qualcosa» dal momento che «siete stati voi i primi a dare credibilità a quest'uomo».
Sottolinea che, nella denuncia-querela, il Pignalberi precisa di non avere «mai riportato nessuna condanna» e scrive che, in data 15 giugno 2021, uno degli intervistati nel servizio giornalistico «presso il Tribunale di Frosinone veniva ascoltato dal giudice (...) nel procedimento n. 5132/13 nell'ambito del quale lo stesso riferiva la verità sui fatti facendo cadere nei miei confronti tutte le accuse che da anni postava sui social finendo addirittura alle Iene». Ad avviso del querelante, egli continuerebbe «a subire dei danni in termini lavorativi, politici, oltre che personali, sulla base di una “sentenza” di condanna emessa dalla Sig.ra Meloni ma del tutto inesistente, alla luce anche dell'escussione della presunta persona offesa (...), il quale conferma la vera versione dei fatti, da sempre sostenuta dal sottoscritto».
Rammenta che, oltre alla denuncia-querela, agli atti della Giunta risultano:
1. una relazione del Comando provinciale di Roma dell'Arma dei carabinieri che, su delega del sostituto procuratore, ha compiuto accertamenti sulla reale riconducibilità del profilo Twitter all'on. Meloni. Nella relazione si legge che, sulla base degli accertamenti svolti, «appare confermata l'identità del titolare (...). Non è da escludere, però, che tale account possa essere utilizzato anche da addetti allo staff dell'on. Giorgia Meloni»;
2. la richiesta, del 27 settembre 2021, del sostituto procuratore al giudice delle indagini preliminari – «avendo rilevato che si pone la questione relativa alla applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione» – di voler «provvedere ai sensi dell'art. 3, comma 6, della legge n. 140 del 2003»;
3. l'ordinanza del 25 ottobre 2021, con la quale il GIP «ritenuto che, allo stato e alla luce degli elementi presenti nel fascicolo del PM, non sia applicabile l'art. 68 Cost.», ha disposto la trasmissione di copia degli atti alla Camera ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 e la sospensione del procedimento.
Evidenzia inoltre che – come ha già anticipato il Presidente Costa – la richiesta di deliberazione in discorso era già stata esaminata sul finire della scorsa legislatura e, in particolare, che questa Giunta (in composizione parzialmente differente) – in data 12 luglio 2022 – aveva deliberato all'unanimità che le dichiarazioni rese dall'on. Meloni fossero da ritenere insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Come è noto, poi, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, l'Assemblea non fece in tempo a discutere la proposta della Giunta. Per tale motivo, la richiesta dell'autorità giudiziaria va esaminata ex novo.
Infine, si riserva di avanzare una proposta dopo che l'interessata avrà fornito i chiarimenti ritenuti opportuni, personalmente o tramite l'invio di note scritte, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento, e dopo il dibattito che ne seguirà in Giunta.
Enrico COSTA, presidente, non essendovi interventi, comunica che provvederà, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera, a invitare l'interessata a fornire i chiarimenti che ritenga opportuni, personalmente in audizione innanzi alla Giunta o tramite l'invio di note difensive. Si Pag. 10riserva pertanto di convocare la Giunta in una prossima seduta per svolgere la suddetta audizione, ove richiesta.
Mercoledì 4 dicembre 2024
DELIBERAZIONI IN MATERIA
D'INSINDACABILITÀ
Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti della deputata Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale di Roma (procedimento n. 36808/21 RGPM n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
(Seguito dell'esame e rinvio).
Devis DORI, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale per diffamazione nei confronti dell'on. Giorgia Meloni. La richiesta – pervenuta alla Camera il 10 novembre 2021 – proviene dal Tribunale ordinario di Roma-Ufficio Gip (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP – Doc. IV-ter, n. 7). L'incarico di relatore è stato affidato all'on. Pittalis.
Rammenta che la Giunta aveva cominciato a esaminare tale richiesta nella seduta del 18 settembre scorso. L'esame è stato poi sospeso nelle more dell'elezione del nuovo Presidente della Giunta.
Ricorda ancora che – nella riunione dell'Ufficio di Presidenza del 27 novembre scorso – è stata confermata l'opportunità di visionare in aula il servizio televisivo de Le Iene del 1° giugno 2021, a seguito del quale l'on. Meloni ha pubblicato sulla propria pagina Twitter il commento che è stato poi oggetto di querela da parte del sig. Pignalberi. Il tweet in questione così recitava:
«Fabrizio Pignalbèri non ha più nulla a che fare con FdI da alcuni anni. Ciononostante non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore. Siamo pronti a costituirci parte civile nel processo contro di lui perché siamo parte lesa».
Ciò premesso, chiede agli Uffici di riprodurre il video che durerà circa 30 minuti.
(La Giunta prende visione del filmato)
Non essendovi interventi, comunica che, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera, inviterà l'on. Meloni a fornire i chiarimenti che ritenga opportuni, personalmente in audizione innanzi alla Giunta o tramite l'invio di note difensive. Si riserva pertanto di convocare la Giunta in una prossima seduta per svolgere la suddetta audizione, ove richiesta.
Prima di concludere, informa che gli Uffici hanno completato la trascrizione degli interventi dei docenti tenuti durante le audizioni informali sulle prospettive evolutive dell'insindacabilità parlamentare, considerando le moderne forme di comunicazione politica. Questi interventi sono stati raccolti in un volumetto ora in distribuzione. Ritiene che questa iniziativa sia stata un'occasione preziosa di aggiornamento e confronto per tutti i componenti della Giunta. Considera di poterla replicare presto, affrontando altri temi di competenza della Giunta.
Mercoledì 11 dicembre 2024
DELIBERAZIONI IN MATERIA
D'INSINDACABILITÀ
Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti della deputata Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale di Roma (procedimento n. 36808/21 RGPM n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
(Seguito dell'esame e rinvio).
Devis DORI, presidente, comunica che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale per diffamazione nei confronti dell'on. Giorgia Meloni. La richiesta – pervenuta alla Camera il 10 novembre 2021 – proviene dal Tribunale Pag. 11ordinario di Roma-Ufficio Gip (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP – Doc. IV-ter, n. 7). Fa presente che l'incarico di relatore è affidato all'on. Pittalis.
Ricorda che, nella seduta precedente, è stato visionato in aula il servizio televisivo de Le Iene del 1° giugno 2021, cui l'onorevole Meloni aveva successivamente reagito pubblicando sulla sua pagina Twitter un commento poi oggetto di querela da parte del signor Pignalberi.
Informa, inoltre, che il 6 dicembre l'onorevole Meloni – regolarmente invitata a fornire chiarimenti ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera – ha inviato alla Giunta una comunicazione scritta. In questa, si è scusata per l'impossibilità di partecipare personalmente alla seduta, motivandola con i numerosi impegni istituzionali connessi alla sua attuale carica di governo. Nella nota, l'on. Meloni si richiama integralmente ai contenuti della relazione trasmessa a questa Giunta sul finire della XVIII legislatura. Tale relazione era già stata esaminata dalla Giunta medesima, ma non discussa in Assemblea a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Chiede quindi al relatore, onorevole Pittalis, se può riassumere i punti principali di tali note difensive.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, evidenzia che nella nota trasmessa il 6 dicembre, l'on. Meloni segnala innanzitutto che, in base a quanto emerge da concordi fonti giornalistiche, il sig. Pignalberi – con sentenza del 6 luglio 2023 – è stato condannato dal Tribunale di Frosinone in composizione monocratica a 8 mesi di reclusione nonché al pagamento di 11.000 euro di multa per truffa ed esercizio abusivo della professione di avvocato. Le stesse fonti riportano che tale condanna segue alla denuncia sporta proprio da una delle vittime intervistate dalla trasmissione Le Iene nel servizio andato in onda il 1° giugno 2021.
Tanto premesso, rileva come l'interessata svolga alcune considerazioni preliminari sul perché dovrebbe ritenersi applicabile, a suo giudizio, la prerogativa dell'insindacabilità nel caso di specie, nelle quali evidenzia che, in una democrazia pluralistica qual è quella italiana, la garanzia della libertà del mandato parlamentare dovrebbe possedere un raggio di operatività più ampio rispetto al passato.
In particolare evidenzia che, secondo l'on. Meloni, l'ambito riservato alla libera manifestazione dell'attività del deputato quale «rappresentante della Nazione» non potrebbe non fuoriuscire dalla sfera della «mera» discussione in sede parlamentare: esso dovrebbe infatti tener conto delle peculiarità del processo politico dei nostri giorni, che si connota con forme e modi completamente differenti rispetto a qualche decennio fa e che, molto probabilmente, è destinato a mutare ancora nel prossimo futuro. L'insieme delle prerogative parlamentari si radicherebbe infatti nel raccordo fra il parlamentare e la società civile che è, nelle democrazie pluralistiche, il perno del mandato parlamentare, in quanto strumento destinato ad assicurare la cosiddetta «responsività» dei deputati e senatori, cioè la capacità di rispondere e di reagire tempestivamente alle istanze avanzate dalla società civile.
Precisa inoltre che, ad avviso dell'on. Meloni, la reale funzione dell'insindacabilità delle opinioni espresse, di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione sarebbe quella di assicurare libertà, pubblicità e trasparenza al raccordo fra l'opinione pubblica e i parlamentari. Del resto, questo aspetto sarebbe stato ben colto dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 320 e 321 del 2000, nelle quali si osserva che «L'attività dei membri delle Camere nello Stato democratico rappresentativo è per sua natura destinata [...] a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica, che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative». Da tali rilievi conseguirebbe che il parlamentare – al fine di stabilire questo raccordo con la società, quale elemento indefettibile per il pieno esercizio della sua funzione rappresentativa – dovrebbe poter utilizzare tutti gli strumenti e i modi di comunicazione pubblica che sono propri della società attuale. E tra questi non potrebbe non riconoscersi ai social media un ruolo privilegiato, in ragione della profondaPag. 12 capacità di questi ultimi di incidere nei processi di formazione della classe dirigente e, di conseguenza, di far comprendere all'opinione pubblica la linea politica del partito.
Fa quindi presente che, declinando le predette considerazioni nel caso concreto, l'on. Meloni sottolinei come il servizio delle Iene – che si è occupato delle tante persone, in numerosi casi anche anziane, che hanno segnalato di essere state truffate, e poi anche minacciate, dal sig. Pignalberi – la abbia direttamente e immediatamente chiamata in causa quale presidente e leader del partito Fratelli d'Italia. Infatti, nel menzionato servizio si faceva ampio riferimento anche all'attività politica di Pignalberi, descritto come fondatore del movimento Più Italia che avrebbe stipulato un patto federativo con Fratelli d'Italia. Nel servizio si riferiva, inoltre, della passata candidatura (nel 2017) del Pignalberi stesso al Comune di Frosinone nella lista di Fratelli d'Italia ed erano mostrate anche alcune fotografie che lo ritraevano insieme all'on. Meloni. Il servizio poi si concludeva addirittura con un appello – personalmente indirizzato all'on. Meloni stessa – a «fare qualcosa» dal momento che «siete stati voi i primi a dare credibilità a quest'uomo». La deputata interessata fa quindi presente di avere avvertito, nella sua qualità di rappresentante legale e leader politico del partito, la necessità e il dovere di prendere immediatamente le dovute distanze da tale personaggio, al fine di tutelare l'onore e l'immagine della formazione politica che presiede e di rassicurare la comunità di persone e di elettori per i quali tale forza politica costituisce un imprescindibile punto di riferimento politico e culturale. E, per far ciò in maniera efficace e tempestiva, avrebbe dovuto necessariamente usare uno strumento comunicativo capace di raggiungere immediatamente i tantissimi telespettatori che avevano appena terminato di seguire la conosciutissima trasmissione in questione.
Prosegue evidenziando che, secondo l'on. Meloni, se la «natura» stessa dell'attività parlamentare impone la sua «proiezione esterna», non sarebbe possibile non desumere da tale premessa la logica conseguenza che il mandato rappresentativo non si esaurisce nel compimento di soli atti parlamentari «tipici», ma deve manifestarsi nel raccordo costante tra rappresentante e rappresentato, nelle forme della comunicazione democratica che assicurano il rispetto del principio, già sopra menzionato, di «responsività» dell'azione dei titolari di cariche rappresentative.
Sottolinea inoltre che, ad avviso dell'on. Meloni, anche alla luce degli indirizzi interpretativi espressi dalla Corte costituzionale, le opinioni espresse nel tweet all'esame del Tribunale di Roma dovrebbero ritenersi coperte dalla insindacabilità di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, per l'esistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l'espletamento delle sue funzioni di membro del Parlamento – al quale è subordinata la prerogativa dell'insindacabilità – è necessario che tali dichiarazioni possano essere identificate come «espressione dell'esercizio di attività parlamentare» (ex multis, sentenza n. 55 del 2014). Più in particolare, per la configurabilità di tale nesso funzionale, è necessario il concorso di due requisiti: a) una «sostanziale corrispondenza di significato» tra le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni e le dichiarazioni esterne, al di là delle formule letterali usate (sentenza n. 333 del 2011); b) un «legame di ordine temporale fra l'attività parlamentare e l'attività esterna» (sentenze n. 55 del 2014 e n. 305 del 2013).
Fa presente che, secondo l'on. Meloni, nel caso sottoposto all'esame della Giunta, sussisterebbero entrambi i requisiti.
Per quanto concerne il primo, l'interessata ricorda di aver sottoscritto a suo tempo una proposta di legge (la C. 3022, assegnata alla II Commissione Giustizia in sede referente nella scorsa legislatura) presentata il 15 aprile 2021 dal collega Edmondo Cirielli. Con tale proposta si chiedeva di introdurre nel codice penale l'articolo 640-bis in materia di truffa ai danni di soggetti minori o anziani. Al riguardo, l'interessata rileva che: 1) tale proposta di legge costituiscePag. 13 di certo un atto parlamentare tipico; 2) nella relazione a tale proposta si ritroverebbero alcuni passaggi che, per un verso, sarebbero evidentemente connessi alle problematiche affrontate nel servizio delle Iene del 1° giugno 2021 e che, per altro verso, denoterebbero perfino una corrispondenza testuale con i contenuti del tweet del successivo 2 giugno.
L'on. Meloni rammenta, inoltre, di aver sottoscritto la proposta di legge n. 124 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di sicurezza pubblica e di tutela delle vittime di reati), presentata il 23 marzo 2018 dai colleghi Cirielli, Lucaselli e Zucconi. In tale proposta di legge erano affrontate tematiche sostanzialmente analoghe a quelle prima menzionate. Nella nota trasmessa alla Giunta, sono riportati alcuni stralci della relazione che farebbero specifico e testuale riferimento al problema delle truffe e alle vittime delle stesse.
Rappresenta quindi come l'on. Meloni segnali infine, su un piano di carattere più generale, di aver presentato (16 marzo 2021) anche una proposta di legge costituzionale assieme ai colleghi Lollobrigida e Foti (la n. 2954) recante Modifica all'articolo 101 della Costituzione, in materia di introduzione del diritto dei cittadini alla sicurezza. Nella relazione non si riscontra uno specifico e testuale riferimento al reato di truffa (invece menzionato nel tweet del 2 giugno 2021), ma alle più generali esigenze di sicurezza dei cittadini. Tuttavia, a parere dell'on. Meloni, ciò non sposterebbe minimamente i termini del problema. Per un verso, infatti, il controllo sulla cosiddetta corrispondenza sostanziale non potrebbe trasformarsi in puntiglioso (e inammissibile) controllo sulla corrispondenza «formale» delle espressioni usate dal parlamentare. Per altro verso, a tale tipo di riscontro la Corte costituzionale non avrebbe mai ridotto il proprio sindacato, che si sarebbe invece sempre appuntato sulla corrispondenza sostanziale dei concetti.
Da ultimo, per quanto attiene al cosiddetto legame temporale, la nota trasmessa evidenzia che tutti gli atti parlamentari menzionati sarebbero antecedenti (in alcuni casi anche solo di poche settimane) alla esternazione extra moenia.
Preannuncia che avanzerà una proposta alla Giunta all'esito del dibattito che seguirà.
Devis DORI, presidente, nel ringraziare l'on. Pittalis per la sua relazione, non essendovi altri interventi, fa presente come la Corte costituzionale si sia recentemente pronunciata sul tema dell'insindacabilità con la sentenza n. 194 del 2024, di cui gli Uffici hanno predisposto una sintesi ed una breve analisi, che chiede di inviare a tutti i membri della Giunta. A tal riguardo, sottolinea che, in tale decisione, la Corte costituzionale ha affermato che «in casi particolari, l'art. 68, primo comma, Cost. possa trovare applicazione anche a dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare». Declinando per la prima volta tale principio in relazione ad un caso concreto, la Corte ha ritenuto che le dichiarazioni rilasciate da un parlamentare nel corso di un'intervista, ancorché esse non trovassero alcun riscontro in un precedente atto tipico, fossero connesse «con evidenza» alla funzione parlamentare e quindi insindacabili. Tali affermazioni, infatti, pur contenendo modalità espressive particolarmente aspre, consistevano in una valutazione fortemente critica dell'operato del Ministro della giustizia per le nomine ai vertici degli uffici ministeriali: ciò che – sottolinea la Corte – costituisce «espressione dell'esercizio della tipica funzione di indirizzo e controllo dell'operato del Governo che è attribuita al Parlamento e a ogni suo componente».
Mercoledì 18 dicembre 2024
DELIBERAZIONI IN MATERIA
D'INSINDACABILITÀ
Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti della deputata Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale di Roma (procedimentoPag. 14 n. 36808/21 RGPM n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
(Seguito dell'esame e rinvio).
Devis DORI, presidente, comunica che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale per diffamazione nei confronti dell'on. Giorgia Meloni. La richiesta – pervenuta alla Camera il 10 novembre 2021 – proviene dal Tribunale ordinario di Roma-Ufficio Gip (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP – Doc. IV-ter, n. 7). Ricorda che l'incarico di relatore è affidato all'on. Pittalis.
Al riguardo, ricorda che: 1) nella seduta del 18 settembre 2024, il relatore – on. Pittalis – ha illustrato la vicenda alla Giunta; 2) nella seduta del 4 dicembre, è stato visionato il servizio delle Iene dopo il quale l'on. Meloni ha pubblicato sul proprio profilo Twitter il commento poi oggetto di querela da parte del signor Pignalberi; 3) nella seduta di mercoledì 11 dicembre, il relatore ha sintetizzato il contenuto delle note difensive inviate dall'on. Meloni. Chiede quindi all'on. Pittalis se intende formulare una proposta di deliberazione alla Giunta.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, informa la Giunta che, come concordato nella seduta dell'11 dicembre scorso, intende formulare una proposta in merito alla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, che il tribunale di Roma (Sezione del giudice per le indagini preliminari) ha inviato alla Camera il 10 novembre 2021. Tale richiesta si inserisce nell'ambito di un procedimento penale scaturito dalla denuncia-querela presentata dal signor Fabrizio Pignalberi nei confronti dell'on. Giorgia Meloni, alla quale è stato contestato il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595, terzo comma, del codice penale.
Ricorda che la denuncia del querelante si fonda sulla pubblicazione, il 2 giugno 2021 alle ore 00:36, del seguente messaggio sul profilo Twitter dell'on. Meloni: «Fabrizio Pignalberi non ha più nulla a che fare con FdI da alcuni anni. Ciononostante non avremmo potuto immaginare che fosse un truffatore. Siamo pronti a costituirci parte civile nel processo contro di lui perché siamo parte lesa».
Rammenta inoltre che il suddetto messaggio è stato pubblicato a seguito della messa in onda, la sera del 1° giugno 2021, di un servizio televisivo della trasmissione «Le Iene», tuttora reperibile online, che descriveva le attività del signor Pignalberi in termini fortemente critici. Come ha anticipato nella relazione introduttiva – secondo il servizio – il Pignalberi avrebbe conseguito all'estero una laurea in giurisprudenza non riconosciuta in Italia e aperto uno studio professionale di avvocato. In tal modo egli avrebbe truffato diverse persone – anche anziane e in grosse difficoltà economiche – inducendo loro a farsi versare denaro contante e assegni (teoricamente destinati all'estinzione di debiti con il Fisco, con le banche o con altri soggetti privati) che egli, invece, avrebbe indebitamente trattenuto per sé. Sempre secondo il servizio televisivo, lo stesso Pignalberi – incaricato di ottenere il risarcimento del danno conseguente a incidenti automobilistici – avrebbe incassato le somme erogate dalle compagnie assicuratrici, senza poi riversarle ai clienti. Inoltre, in cambio di soldi, avrebbe perfino promesso ad alcune madri di ottenere il ri-affidamento dei figli assegnati alle case-famiglia.
Fa presente di aver già segnalato nel proprio intervento di mercoledì scorso che, secondo quanto riportato da concordi fonti giornalistiche, il signor Pignalberi – con sentenza del 6 luglio 2023 – è stato condannato dal tribunale di Frosinone a 8 mesi di reclusione nonché al pagamento di 11.000 euro di multa per truffa ed esercizio abusivo della professione di avvocato. Le stesse fonti riportano che tale condanna segue alla denuncia sporta proprio da una delle vittime intervistate dalla trasmissione Le Iene nel servizio andato in onda il 1° giugno 2021.
Ciò premesso, prima di formulare la sua proposta alla Giunta, crede sia molto utile sottolineare alcune affermazioni di principio enunciate dalla Corte costituzionale nelle Pag. 15ultime due decisioni rese in materia di insindacabilità parlamentare, vale a dire nella sentenza n. 104 del 2024 (resa nel caso Fidanza, trattato dalla Camera) e nella sentenza n. 194 del 2024 (resa nel caso Giarrusso, trattato dal Senato). Queste decisioni assumono particolare rilievo sia per l'importanza in sé dei principi enunciati, sia per il loro impatto sul caso all'esame. Esse segnano infatti una significativa evoluzione della giurisprudenza costituzionale, recependo in larga misura le riflessioni maturate nel contesto dei lavori della Giunta.
Per ciò che attiene alla sentenza n. 104 del 2024 – con la quale è stato rigettato il conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Milano a seguito della deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera il 18 gennaio 2023 in relazione ad alcune affermazioni rese dal collega Fidanza – ritiene di doverne segnalare alcuni concetti cruciali.
In tale decisione la Corte ha ribadito innanzitutto che – nel delineare l'immunità in esame – l'articolo 68, primo comma, della Costituzione non adotta (come invece altre Costituzioni) il cosiddetto criterio spaziale, che limita espressamente l'insindacabilità agli atti compiuti all'interno della Camera di appartenenza (si veda, ad esempio, l'articolo 46, comma 1, della Legge fondamentale tedesca e l'articolo I, sezione 6, della Costituzione degli Stati Uniti d'America). Tale norma costituzionale, invece, predilige «un criterio funzionale in base al quale l'insindacabilità non è limitata alle opinioni espresse all'interno delle Camere. Ciò similmente a quanto avviene in altri sistemi, come ad esempio in quello operante per il Parlamento europeo (art. 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea, su cui sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 6 settembre 2011, in causa C-163/10, Patriciello). Non solo le opinioni espresse all'interno di organi parlamentari o para-parlamentari, dunque, possono considerarsi funzionali, tanto più considerando che nella società contemporanea la comunicazione politica si è trasformata (e si continua a trasformare) profondamente».
In secondo luogo la Consulta, pur richiamando la propria giurisprudenza consolidata sull'articolo 68, primo comma, della Costituzione – e in particolare i noti requisiti della «coincidenza di significato tra l'attività parlamentare tipica e l'opinione resa extra moenia» nonché della «sostanziale contestualità temporale» tra la prima e la seconda – ha sottolineato, tuttavia, che «si tratta pur sempre e soltanto di indici rivelatori, per quanto particolarmente consistenti e qualificati, e non già di elementi costitutivi di una fattispecie puntualmente delineata dalla Costituzione o dalla legge, sicché l'articolo 68, primo comma, della Costituzione può, in casi particolari, trovare applicazione anche a dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari, ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare».
D'altra parte – evidenziano i giudici costituzionali – l'attività compiuta nell'esercizio del mandato «per sua natura è destinata “a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica, che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative” (sentenze n. 321 e n. 320 del 2000)».
In questa prospettiva la Corte, aggiornando significativamente il proprio consolidato orientamento in materia, ha quindi precisato che possono considerarsi protette dall'«ombrello» della insindacabilità – ancorché non precedute da una specifica attività parlamentare tipica – «quelle opinioni che, iscrivendosi in un contesto politico, siano funzionali all'esercizio dell'attività parlamentare. Deve trattarsi, dunque, di opinioni che incanalino nel processo politico proprio di una democrazia pluralista i diversi e divergenti interessi riferibili al popolo, al fine di trovare, nell'esercizio della rappresentanza della Nazione di cui all'art. 67 Cost., una mediazione tra gli stessi rispondente all'interesse generale. Tale rappresentanza, sancita dall'art. 67 Cost., costituisce invero il fondamento primo e, al tempo stesso, il limite, dell'insindacabilità delle opinioni prevista dall'articolo 68, primo comma, Cost. Una funzione così alta, che la CostituzionePag. 16 protegge con un'immunità che si protrae oltre la scadenza del mandato parlamentare, esige e pretende, al contempo, forme espressive improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica, in specie quando questi non siano a loro volta parlamentari: e ciò tanto più quando l'opinione è espressa per mezzo dei moderni mezzi di comunicazione – quali testate giornalistiche online o social media – che la rendono agevolmente reperibile e oggetto di ulteriore diffusione (sentenza n. 150 del 2021). Sono insomma necessarie modalità espressive che, lungi dal trasformare l'insindacabilità in una garanzia di impunità e in un privilegio, siano coerenti con il rilievo dell'istituto nel raccordo tra istituzioni parlamentari e opinione pubblica e ne sorreggano la ratio, piuttosto che metterla in crisi. (...) L'insindacabilità, infatti, tutela e consente dichiarazioni finalizzate al promovimento e alla qualità del dibattito pubblico, non certo al suo scadimento».
Con la più recente sentenza n. 194 del 5 dicembre scorso, la Corte costituzionale ha poi dato concreta applicazione, per la prima volta, a quell'asserzione – che sinora era rimasta solo a livello di principio – secondo cui «l'art. 68, primo comma, della Costituzione può, in casi particolari, trovare applicazione anche a dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari, ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare».
Più precisamente, nel caso trattato, la Corte ha ritenuto che le dichiarazioni rilasciate dal sen. Giarrusso nel corso di un'intervista fossero connesse «con evidenza» alla funzione parlamentare, e quindi insindacabili, ancorché esse non trovassero alcun riscontro in atti parlamentari e consistessero in una valutazione fortemente critica dell'operato del Ministro della giustizia per le nomine ai vertici degli uffici ministeriali. Tali dichiarazioni infatti – sottolinea la Corte – pur essendo formulate con toni particolarmente aspri, costituiscono «espressione dell'esercizio della tipica funzione di indirizzo e controllo dell'operato del Governo che è attribuita al Parlamento e a ogni suo componente». Si tratta cioè – ad avviso della Consulta – di «una opinione di un parlamentare a proposito dello svolgimento, da parte di un Ministro, di attività di governo, quale inevitabilmente è, ed ai livelli più alti, la nomina al vertice di un dipartimento di un ministero: opinione che, pertanto, deve considerarsi avere un nesso con la funzione di indirizzo e controllo sul Governo che spetta a ciascun parlamentare, in quanto tale insindacabile», pur non essendo stata manifestata in precedenza nell'ambito di un'attività parlamentare.
Ritiene che queste due ultime sentenze della Corte costituzionale in materia di insindacabilità meritino speciale attenzione e vadano salutate con grande favore: con soddisfazione, ritiene di poter affermare che la Consulta si sia dimostrata molto attenta e sensibile ad ascoltare una molteplicità di considerazioni e rilievi, che la Giunta ha cominciato a elaborare fin dalla trattazione dei primi casi della legislatura in corso e che hanno trovato una precisa focalizzazione nel corso delle audizioni informali svolte l'anno scorso. Si limita a ricordare in questa sede due passaggi portanti contenuti nel programma di tali audizioni del 2023, nel quale si evidenziava che:
1) «la tesi secondo cui l'operatività di tale guarentigia [quella dell'insindacabilità parlamentare n.d.r.] è rigidamente subordinata alla necessaria presenza di un atto parlamentare precedente – del quale il deputato potrebbe solo limitarsi a divulgare extra moenia i contenuti – richiede oramai un adeguamento allo “spirito dei tempi” e necessita di un nuovo e più avanzato punto di equilibrio che tenga conto della velocità che contraddistingue la comunicazione politica attuale e dei nuovi mezzi informatici (e in particolare dei social media) con cui tale comunicazione oggi avviene»;
2) «l'attività del parlamentare ha connotati che per sua natura sono anche tipicamente politici, in quanto si sostanziano sempre nella rappresentanza e nella diffusione delle sollecitazioni provenienti dalle diverse istanze sociali. In ciò, del resto, si Pag. 17concreta il libero esercizio del mandato parlamentare, così come delineato dagli articoli 67 e 68 della Costituzione, sul quale poggia il sistema di democrazia rappresentativa fondato su una società pluralista e complessa. Nel dibattito in Giunta si è più volte sottolineato come l'insieme delle prerogative parlamentari trova naturale fondamento nel raccordo fra il parlamentare e la società civile che, nelle democrazie pluralistiche, costituisce il perno del mandato parlamentare, in quanto strumento destinato ad assicurare la c.d. responsività dei “rappresentanti della Nazione”, cioè la capacità di rispondere alle istanze avanzate dalla società civile. (...) D'altronde, la stessa giurisprudenza costituzionale riconosce che tale attività “è per sua natura destinata (...) a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative (sentenze n. 320 e n. 321 del 2000; in senso analogo, sentenza n. 120 del 2004)”».
Alla luce di tali premesse giurisprudenziali, ritiene che il messaggio pubblicato dall'onorevole Meloni su Twitter si collochi in un contesto di esercizio della funzione parlamentare, configurandosi come un'opinione volta a promuovere l'interesse generale e la tutela di fondamentali valori etici e giuridici del nostro ordinamento costituzionale.
In quanto leader di una formazione politica rappresentata in Parlamento, l'on. Meloni svolge un ruolo che travalica la mera cura di interessi particolari e include quello della rappresentanza e della tutela di istanze collettive nel dibattito pubblico. Come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze citate, infatti, la funzione parlamentare si estende all'intero ambito della rappresentanza politica, che comprende il diritto-dovere di intervenire su questioni di interesse generale.
Pertanto, dichiarare pubblicamente che il signor Pignalberi non è più legato a Fratelli d'Italia rappresenta innanzitutto un atto volto a dissociare il partito da comportamenti illeciti che potrebbero minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche, un elemento essenziale per la credibilità del sistema democratico. Le affermazioni in esame, dunque, si inseriscono in un contesto più ampio di difesa dell'interesse generale contro quelle condotte che danneggiano famiglie in difficoltà economiche. Proporre di costituirsi parte civile nel processo rafforza infatti il messaggio che il partito e le istituzioni si oppongono fermamente a comportamenti illeciti che ledono i diritti dei cittadini più vulnerabili, perseguendo la tutela del bene comune e dimostrando il rispetto dei principi di legalità e di giustizia sociale. Questo tipo di dichiarazioni, rese pubblicamente attraverso un canale come Twitter, non possono quindi essere considerate opinioni legate a polemiche meramente personali: la lotta contro le truffe e la protezione delle famiglie in difficoltà costituiscono temi di rilevanza generale, la cui trattazione rientra pienamente nelle prerogative del parlamentare e nel suo ruolo di rappresentanza degli interessi della comunità nazionale. Tali dichiarazioni, pertanto, possono ben essere lette come espressione dell'esercizio di questo mandato, in quanto finalizzate a promuovere la trasparenza politica e a contrastare fenomeni illeciti che compromettono la fiducia pubblica nelle istituzioni.
Per concludere sul punto, segnala che l'uso del termine «truffatore» deve essere contestualizzato: nel caso di specie esso è stato impiegato nel quadro di una comunicazione politica su fatti già portati all'attenzione pubblica attraverso una trasmissione televisiva seguita da un ampio numero di spettatori. Tale termine non configura un'accusa giuridica formale, bensì rappresenta una presa di posizione politica, fondata sulla percezione di comportamenti documentati, e come tale rientra nella libertà di espressione politica.
A ulteriore sostegno dell'operatività, nel caso di specie, della guarentigia di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione, aggiunge che – come richiesto dalla Corte costituzionale nella menzionata sentenza n. 104 del 2024 – le opinioni espresse dall'on. Meloni sulla problematica delle truffe sono state concretamente incanalate nella sua attività parlamentare.Pag. 18
Al riguardo, ricorda che l'on. Meloni, assieme al collega Edmondo Cirielli, ha presentato nella scorsa legislatura una proposta di legge (A.C. 3022), con la quale si chiedeva di introdurre nel codice penale l'articolo 640-bis in materia di truffa ai danni di soggetti minori e anziani. In proposito, rileva che nella relazione a tale proposta si ritrovano alcuni passaggi che, per un verso, appaiono evidentemente connessi con le problematiche affrontate nel servizio delle Iene del 1° giugno 2021 e che, per altro verso, denotano perfino una corrispondenza testuale con i contenuti del tweet incriminato. Ne riporta di seguito gli stralci più significativi: «Le statistiche demografiche segnalano un costante aumento del numero di anziani (...) che, da sempre, sono gli obiettivi principali dei truffatori. L'esiguità delle sanzioni previste in caso di truffa non consente agli investigatori e alla magistratura di disporre delle necessarie e opportune misure di sicurezza volte a contenere e a prevenire questi reati. Gli arresti sono sempre più rari e i truffatori sono soggetti a pene molto lievi consistenti, al massimo, in cinque anni di reclusione o, come purtroppo avviene in molti casi, solo di qualche mese, in quanto i responsabili di tali raggiri si avvalgono delle circostanze attenuanti, dei riti alternativi e della continuazione del reato. (...) Non ultimo è, poi, il problema relativo all'avvio dell'inchiesta, che può avvenire solo se la vittima sporge formale querela; addirittura, a volte, le denunce sono ritirate per paura di ritorsioni da parte delle persone querelate. (...) Con le truffe ai danni dei soggetti deboli siamo giunti all'assoluta abiezione morale: siamo al cospetto di crimini la cui connotazione maggiore è la viltà».
Rammenta, inoltre, che nella proposta di legge A.C. 124 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di sicurezza pubblica e di tutela delle vittime di reati) – anch'essa presentata nella scorsa legislatura assieme ai colleghi Cirielli, Lucaselli e Zucconi – sono affrontate tematiche sostanzialmente analoghe. Riporta anche in questo caso alcuni stralci della relazione che fanno specifico riferimento al problema delle truffe e alle vittime delle stesse: «Negli ultimi anni il problema della sicurezza si è posto all'attenzione dei cittadini come uno dei più sentiti. Ciò è dovuto, innanzitutto, al rapido dilagare della criminalità, che negli ultimi dieci anni ha subito una crescita esponenziale, legata a diversi fattori, ma anche a un progressivo degrado morale che crea, in una sorta di circolo vizioso e perverso, le condizioni ottimali in cui un ambiente criminale può fiorire e prosperare; (...) nel breve periodo crescono (...) le truffe tradizionali e su internet. Dal 2008 al 2016 le truffe sono cresciute del 45,5 per cento (151.464 nell'intero anno). (...) La presente proposta di legge, con una serie di interventi sul complesso sistema penale nazionale, accomunati dall'intento di rafforzare e di innalzare il livello di sicurezza dei cittadini, si propone di prevedere l'aumento dei limiti edittali, soprattutto nel minimo, per alcuni reati, dalla truffa all'usura».
Per concludere la sua relazione, evidenzia di essere ben consapevole che – come afferma la Consulta nella citata sentenza n. 104 del 2024 – la «complessiva architettura istituzionale» che discende dalle prerogative e dalle immunità previste dall'articolo 68 della Costituzione, ispirata ai princìpi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, «può naturalmente determinare un antagonismo tra i due valori in bilanciamento: la libertà politica del Parlamento e l'autonomia delle funzioni delle Camere, da un lato; l'indipendenza e la terzietà del giudice, funzionali a garantire il principio d'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la difesa dei loro diritti e interessi, dall'altro». Tuttavia, con riferimento al caso di specie, ritiene di dover evidenziare, in primo luogo, che l'impiego del termine «truffatore», nel complessivo contesto del tweet in esame, non è scaduto di certo in un «insulto» gratuito né in una «affermazione non suffragata da idonei elementi fattuali» che – secondo la citata sentenza n. 194 del 2024 – priverebbero l'opinione extra moenia di ogni connessione con la funzione parlamentare. Infatti, benché la terminologia usata esprima una critica particolarmente dura nei confronti dell'operato del signor Pignalberi, occorre sottolineare: a) Pag. 19per un verso, che l'on. Meloni non è ricorsa al cosiddetto argumentum ad hominem, che è inteso a screditare l'avversario mediante l'uso di meri dileggi personali; b) e, per altro verso, che l'opinione espressa dalla deputata in questione era basata su una molteplicità di indizi precisi e concordanti, che infatti sono stati posti alla base della condanna per truffa del Pignalberi nel 2023.
In secondo luogo, ricorda che – secondo quanto ha giustamente evidenziato la Consulta nella sentenza n. 194 del 2024 – «la potenzialità lesiva dell'onorabilità dei singoli è insita nella esenzione del parlamentare [...] da ogni responsabilità giuridica per le opinioni espresse nello svolgimento del mandato (sentenza n. 379 del 2003). Ciò che rileva è, dunque, che le dichiarazioni rese extra moenia possano essere ricomprese nella sfera delle attività dei membri del Parlamento assistite dalla garanzia costituzionale»: il che si verifica, per le ragioni anzidette, con riferimento alle affermazioni oggi in esame.
Per concludere, propone alla Giunta di stabilire che le opinioni espresse dall'on. Meloni nei confronti del signor Pignalberi nel messaggio pubblicato su Twitter del 2 giugno 2021 costituiscano espressione della funzione parlamentare e, in quanto tali, siano insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Devis DORI, presidente, ringrazia il relatore e ricorda che sul caso in esame la Giunta – nella scorsa legislatura – aveva deliberato all'unanimità nel senso dell'insindacabilità.
Dario IAIA (FDI), nel ringraziare l'on. Pittalis per l'esaustiva relazione, desidera svolgere alcune considerazioni di carattere generale sul lavoro condotto in questa legislatura dalla Giunta per le autorizzazioni con il costante e prezioso supporto degli Uffici, che ringrazia a nome di tutti i componenti. In particolare, soffermandosi sul mutamento giurisprudenziale determinato dalle recenti sentenze della Corte costituzionale nn. 104 e 194 del 2024, prende atto con gioia dell'indirizzo di apertura fatto proprio dalla Consulta che, in tema di insindacabilità, sembra aver superato alcune rigidità proprie di quell'indirizzo ermeneutico particolarmente restrittivo che si era consolidato da tempo. Più in particolare, ritiene che, ai fini del conseguimento di tale importante evoluzione giurisprudenziale, abbia svolto un ruolo fondamentale anche il ciclo di audizioni informali avviate nel 2023 dal Presidente Costa – che ringrazia – sulle prospettive evolutive dell'insindacabilità parlamentare alla luce delle moderne forme di comunicazione politica e dei social media.
Nel rinviare alle ulteriori riflessioni che – con specifico riferimento al caso in esame – si riserva di svolgere in sede di dichiarazioni di voto, evidenzia fin d'ora che, a suo avviso, le pronunce della Corte costituzionale prima richiamate depongano in maniera ancora più evidente nel senso che le opinioni espresse dall'on. Meloni ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ingrid BISA (LEGA), desidera, innanzitutto, ringraziare l'on. Pittalis per la approfondita relazione e gli Uffici per aver sintetizzato in modo molto efficace i più recenti arresti giurisprudenziali della Consulta. Ritiene in particolare che la sentenza n. 194 del 2024 costituisca l'esito di un percorso che ha preso avvio con la sentenza n. 104 del 2024, resa dalla Corte costituzionale in merito al caso Fidanza, di cui peraltro è stata relatrice in Giunta. Nel ribadire che le prerogative riconosciute ai parlamentari dall'articolo 68 della Costituzione sono poste a tutela delle Camere nel loro complesso e non dei singoli deputati e senatori, auspica che le aperture della Corte costituzionale in materia di insindacabilità possano rappresentare un punto di svolta cui la Giunta si atterrà anche nei prossimi anni.
In conclusione, esprime, a nome del Gruppo Lega, la convinta adesione alla proposta del relatore.
Devis DORI, presidente, ritiene che in futuro la Giunta sarà chiamata a dare concreta applicazione ad alcuni incisi contenuti nelle sentenze nn. 104 e 194 del 2024 e in particolare a quello in cui si fa riferimento al concetto di «evidente e qualificatoPag. 20 nesso con l'esercizio della funzione parlamentare», necessario per valutare quali possano essere i «casi particolari» in cui la prerogativa dell'insindacabilità di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione possa estendersi anche alle opinioni espresse extra moenia, benché «non necessariamente connesse ad atti parlamentari».
Non essendovi altri interventi, si riserva di convocare la Giunta dopo la pausa natalizia per votare la proposta del relatore.
Rivolge a tutti i migliori auguri per le prossime festività.
Mercoledì 15 gennaio 2025
DELIBERAZIONI IN MATERIA
D'INSINDACABILITÀ
Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti della deputata Giorgia Meloni, pendente presso il Tribunale di Roma (procedimento n. 36808/21 RGPM n. 30569/2021 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 7).
(Seguito dell'esame e conclusione).
Devis DORI, presidente, fa presente che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale per diffamazione nei confronti dell'on. Giorgia Meloni. La richiesta – pervenuta alla Camera il 10 novembre 2021 – proviene dal Tribunale ordinario di Roma-Ufficio Gip (procedimento n. 36808/21 RGPM – n. 30569/2021 RG GIP – Doc. IV-ter, n. 7). L'incarico di relatore è affidato all'on. Pittalis.
Al riguardo, ricorda che: 1) nella seduta del 18 settembre 2024, il relatore ha illustrato la vicenda alla Giunta; 2) nella seduta del 4 dicembre è stato visionato il servizio delle Iene, a seguito del quale l'on. Meloni ha pubblicato sul proprio profilo Twitter il commento poi oggetto di querela da parte del signor Pignalberi; 3) nella seduta dell'11 dicembre il relatore ha sintetizzato il contenuto delle note difensive inviate dall'on. Meloni; 4) nella seduta del 18 dicembre il relatore ha proposto alla Giunta di stabilire che le opinioni espresse dall'on. Meloni nei confronti del signor Pignalberi costituiscano espressione della funzione parlamentare e siano pertanto insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Prima di procedere alle dichiarazioni di voto, chiede al relatore se intende intervenire.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, interviene innanzitutto per ribadire alla Giunta la sua proposta di insindacabilità che – come ha chiarito nella relazione del 18 dicembre scorso – si fonda sia sui precedenti della Giunta per le autorizzazioni sia sui principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. In particolar modo, sottolinea che la sua proposta è ancorata alle considerazioni contenute nelle due più recenti sentenze della Consulta (la n. 104 e la n. 194 del 2024), secondo le quali possono ritenersi coperte dalla guarentigia prevista dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione le opinioni dei parlamentari che, iscrivendosi in un contesto politico, trattino temi di interesse generale e siano funzionali all'esercizio dell'attività parlamentare.
Interviene inoltre per proporre alla Giunta – alla luce del dibattito sinora svoltosi – una elaborazione più sintetica delle argomentazioni contenute nei primi tre capoversi della seconda colonna di pagina 6 della relazione, che riformulerebbe nei seguenti termini:
«Alla luce di tali premesse giurisprudenziali, ritengo che il messaggio pubblicato dall'onorevole Meloni su Twitter si collochi in un contesto di esercizio della funzione parlamentare.
In primo luogo, infatti, occorre rilevare in generale che, in quanto leader di una formazione politica rappresentata in Parlamento, l'on. Meloni – come gli altri parlamentari – svolge un ruolo che travalica la mera cura di interessi particolari e include quello della rappresentanza di istanze collettive nel dibattito pubblico. D'altronde, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze prima citate, la funzione parlamentare si estende all'intero ambito della rappresentanzaPag. 21 politica, che comprende il diritto-dovere di intervenire su questioni di interesse generale.
In secondo luogo, con riferimento al caso di specie, può ritenersi che l'on. Meloni, nel dichiarare pubblicamente che il sig. Pignalberi non è più legato a Fratelli d'Italia, abbia voluto dissociare il partito da comportamenti illeciti che potrebbero minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche, che è un elemento essenziale per la credibilità del sistema democratico. Questo tipo di dichiarazioni, rese pubblicamente attraverso un canale come Twitter, non possono quindi essere considerate opinioni legate a polemiche meramente personali: la lotta contro le truffe e la protezione delle famiglie in difficoltà costituiscono infatti temi di rilevanza generale, la cui trattazione rientra pienamente nelle prerogative del parlamentare e nel suo ruolo di rappresentanza degli interessi della comunità nazionale».
Devis DORI, presidente, nel ringraziare il relatore per l'ulteriore approfondimento, ricorda che la Giunta aveva già completato l'esame di tale richiesta nella scorsa legislatura proponendo all'unanimità all'Assemblea di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Meloni. Tuttavia, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, il relativo iter non si è concluso in via definitiva con la deliberazione dell'Assemblea e, pertanto, la richiesta dell'autorità giudiziaria procedente è stata riportata nel ruolo della Giunta dell'attuale legislatura.
Chiede dunque se vi sono interventi per dichiarazione di voto.
Dario IAIA (FdI) anticipa che il suo Gruppo condivide sia le considerazioni sia la proposta di insindacabilità avanzata dall'onorevole Pittalis, approvando pienamente la relazione e la successiva integrazione. Al di là degli aspetti più strettamente legati al merito, sottolinea come il caso in questione rappresenti un importante precedente, richiedendo alla Giunta di applicare la recente giurisprudenza costituzionale in materia di insindacabilità. Tale giurisprudenza stabilisce che le opinioni dei parlamentari, inserite in un contesto politico, devono trattare temi di interesse generale e risultare funzionali all'esercizio dell'attività parlamentare per poter beneficiare della garanzia prevista dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Coglie l'occasione per ringraziare l'on. Costa per aver promosso, nel 2023, un ciclo di audizioni informali sulle prospettive evolutive dell'insindacabilità parlamentare, alla luce delle moderne forme di comunicazione politica e del ruolo dei social media. A suo avviso, tali audizioni hanno avuto un ruolo cruciale nel favorire l'evoluzione giurisprudenziale della Corte costituzionale.
Entrando nel merito della questione, ritiene che il servizio televisivo trasmesso da Le Iene e visionato in aula durante la seduta del 4 dicembre scorso abbia sconcertato i membri della Giunta per la gravità delle azioni attribuite al signor Pignalberi, accusato di truffare numerosi cittadini. Considera particolarmente grave che Pignalberi abbia colpito persone economicamente vulnerabili e in condizioni di fragilità, come gli anziani. Fa inoltre notare che il servizio di Le Iene si concludeva con un appello rivolto all'on. Meloni, invitandola a prendere posizione sulla vicenda e a dissociarsi dalle condotte del signor Pignalberi. Ritiene, quindi, che la stigmatizzazione del comportamento di quest'ultimo da parte dell'on. Meloni fosse un atto assolutamente necessario.
Sottolinea inoltre che, anche prescindendo dalle più recenti pronunce della Corte costituzionale in materia di insindacabilità, il caso soddisferebbe comunque il requisito tradizionalmente richiesto per estendere la garanzia dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione alle opinioni espresse fuori dal Parlamento, ovvero l'esistenza di un precedente atto tipico con contenuto analogo. A tal proposito, ricorda che l'onorevole Meloni aveva già presentato due proposte di legge proprio in materia di truffe ai danni di soggetti vulnerabili, come minori e anziani.
Conclude esprimendo l'auspicio che la Giunta voti all'unanimità per l'insindacabilità delle dichiarazioni oggetto della proposta e, a nome del proprio Gruppo, dichiaraPag. 22 il voto favorevole alla relazione dell'on. Pittalis.
Laura CAVANDOLI (Lega) ringrazia il relatore per l'approfondito lavoro svolto e si unisce ai ringraziamenti rivolti all'on. Costa, sottolineando che il ciclo di audizioni informali da lui promosso è stato determinante nel percorso evolutivo intrapreso dalla Corte costituzionale nelle sue recenti sentenze. Evidenzia come la comunicazione politica, oggi sviluppata in particolare attraverso i social media e con modalità diverse rispetto al passato, assuma essa stessa il valore di un atto politico. A suo avviso, la Corte costituzionale ha saputo cogliere e interpretare questa evoluzione, comprendendo pienamente la necessità, espressa dalla Giunta, di ridefinire l'insindacabilità con riferimento alle dichiarazioni rese tramite i nuovi canali di comunicazione.
Riguardo al caso specifico, ritiene che le dichiarazioni dell'on. Meloni pubblicate su Twitter costituiscano espressione dell'attività parlamentare, poiché finalizzate a prendere le distanze da un comportamento ritenuto lesivo per l'immagine del partito di cui è rappresentante. Sottolinea che tale intervento, reso contestualmente alla diffusione del servizio televisivo de Le Iene, era volto a garantire l'interesse generale alla legalità e a tutelare l'integrità e la credibilità di tutti i partiti politici. Inoltre, ricorda che il signor Pignalberi è stato successivamente condannato dal Tribunale di Frosinone per truffa e per esercizio abusivo della professione di avvocato.
Conclude esprimendo il voto favorevole del proprio Gruppo alla proposta avanzata dall'onorevole Pittalis, ritenendo che le dichiarazioni dell'on. Meloni rientrino pienamente nell'ambito di applicazione della prerogativa di insindacabilità prevista dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Carla GIULIANO (M5S) desidera innanzitutto ringraziare il relatore per la sensibilità dimostrata nell'accogliere le proposte di rimodulazione della relazione presentata nella seduta del 18 dicembre 2024, attenuando quegli elementi che, a giudizio del suo Gruppo, risultavano eccessivamente valutativi. Ritiene che la relazione, così riformulata, sia ora più oggettiva, istituzionale e conforme al recente orientamento della Corte costituzionale sulla prerogativa dell'insindacabilità.
Sottolinea come il caso in esame, già oggetto di deliberazione da parte della Giunta nella scorsa legislatura, sia particolarmente significativo alla luce delle sentenze n. 104 e n. 194 del 2024, che rappresentano un importante approdo giurisprudenziale nella materia trattata dalla Giunta. Evidenzia, inoltre, che le dichiarazioni dell'on. Meloni sono state rese in stretta concomitanza temporale con la messa in onda della trasmissione televisiva in questione.
In conclusione, preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo alla proposta del relatore.
Federico GIANASSI (PD-IDP) si associa alle considerazioni dell'on. Giuliano sottolineando, in particolare, che la riformulazione della relazione dell'on. Pittalis accoglie i rilievi formulati da alcuni membri della Giunta, risultando così maggiormente confacente alle valutazioni del proprio Gruppo sul caso in esame. Esprime, pertanto, a nome del Gruppo Partito Democratico il voto favorevole nel senso dell'insindacabilità.
Enrico COSTA (FI-PPE), concordando con la proposta avanzata dall'on. Pittalis, sottolinea che il caso in esame costituisce un passaggio significativo per la Giunta e per il concetto stesso di funzione parlamentare. Questo, infatti, alla luce delle moderne forme di comunicazione politica, non può più essere concepito in termini puramente formalistici. A suo giudizio, per l'applicazione della prerogativa dell'insindacabilità, l'attività parlamentare deve essere valutata nella sua interezza e non deve essere rigidamente «ingessata» nel compimento di singoli atti tipici.
Devis DORI, presidente, non essendovi altri interventi, pone in votazione la proposta del relatore secondo la quale le dichiarazioni dell'on. Giorgia Meloni – oggetto del procedimento penale pendente Pag. 23presso il tribunale ordinario di Roma-Ufficio Gip (Doc. IV-ter, n. 7) – costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
La Giunta approva la proposta del relatore e dà mandato al medesimo di predisporre la relazione per l'Assemblea in tal senso.
Devis DORI, presidente, nel prendere atto dell'unanimità della deliberazione assunta, preannuncia che la prossima settimana convocherà l'Ufficio di presidenza per la programmazione dei lavori della Giunta.