XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3027
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata MURA
Delega al Governo per il riordino della disciplina
in materia di lavoro agile
Presentata il 19 aprile 2021
Onorevoli Colleghi! — A causa della pandemia da COVID-19 l'Italia si trova ad affrontare uno shock economico senza precedenti e il Rapporto per il Presidente del Consiglio dei ministri «Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”» (cosiddetto «Piano Colao»), presentato nel mese di giugno 2020 dal Comitato di esperti in materia economica e sociale, indica, tra gli interventi urgenti per sostenere la sopravvivenza e la ripartenza delle imprese, quello di operare un'attenta e profonda rivisitazione della disciplina sullo smart working o lavoro agile, di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81, recante «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato», «al fine di renderla perfettamente aderente al nuovo contesto che si sta sviluppando, in cui da un lato sussiste la necessità di un'adozione diffusa dello smart working per questioni anche di sicurezza e dall'altro l'obiettivo di dare a imprese e lavoratori un'opzione migliorativa sia della produttività sia delle condizioni lavorative» (Rapporto citato, pagina 15).
In una società iper-veloce come la nostra, ossessionata dalla mancanza di tempo, si sta passando da una realtà lavorativa fatta di «cartellini in presenza» con tempi ben definiti a un nuovo contesto dove il lavoro viene eseguito, prescindendo dal tempo, in ragione di chiari obiettivi da raggiungere e in cui la prestazione può essere svolta in un arco temporale più ampio.
Il tema del lavoro agile o smart working deve essere affrontato nei termini di una «rivoluzione» culturale, organizzativa e di processo perché scardina alla base consuetudini e approcci tradizionali e consolidati nel mondo del lavoro subordinato, basandosi su una cultura orientata ai risultati e su una valutazione legata alle reali performance. «La barriera culturale da superare non è legata a quanto tempo si lavora ma a quali risultati il lavoro di una persona produce. Al fine di introdurre con successo lo smart working in azienda si deve quindi passare dalla cultura del tempo e dello sforzo alla cultura del risultato, dalla cultura dello “stare lì per forza” alla cultura della responsabilizzazione sui risultati del proprio lavoro partecipando più attivamente all'andamento dell'azienda, condividendone gli obiettivi» («Lo Smart Working non è questione di diritto» di Loris Beretta, Paolo Busso e Federico Pagliacci in LavoroDirittiEuropa numero 3/2020).
Riprendendo una definizione che, già nel 2015, ne dava l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, si tratta di una «nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati». È un approccio che presuppone, quindi, un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo dell'azienda (pubblica o privata) e il ripensamento delle modalità che caratterizzano il lavoro non solo fuori ma anche all'interno dell'azienda, incidendo sull'organizzazione degli spazi che devono essere ripensati e ispirati ai princìpi di flessibilità, virtualizzazione e collaborazione tra le persone. Si pensi, ad esempio, agli open space che favoriscono il lavoro collaborativo, agli spazi di coworking e ai fab lab che rispecchiano una maggiore diffusione del lavoro in mobilità, nonché alle huddle room quali ambienti di dimensioni ridotte appositamente progettate e allestite per ospitare riunioni virtuali tra team di lavoro. In tal senso si parla di «workplace change management», un cambiamento organizzativo che passa anche attraverso la rivisitazione e la riprogettazione degli spazi nei quali si lavora.
Finora, prima dell'avvento della pandemia di COVID-19, che segnerà probabilmente «l'anno zero» per un cambiamento radicale del mondo del lavoro, il lavoro agile disciplinato dagli articoli da 18 a 22 della legge n. 81 del 2017 è stato definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato: a) stabilita mediante accordo tra le parti; b) con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici; c) eseguita in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva). Questa disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (in attuazione del quale sono state emanate la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 1° giugno 2017, n. 3, e la circolare del Ministro per la pubblica amministrazione n. 1/2020 del 4 marzo 2020).
La definizione di smart working, contenuta nella legge n. 81 del 2017, pone l'accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l'accordo individuale e sull'utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (ad esempio, personal computer portatili, tablet e smartphone). Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore, in attuazione dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, a quello riconosciuto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda. Inoltre, nell'ambito dell'accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto il diritto all'apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze. Il datore di lavoro, al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore agile, consegna a quest'ultimo e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Da parte sua, il lavoratore deve cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali. È prevista anche una tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali: a) dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali; b) occorsi in itinere, ossia durante il percorso di andata e di ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali (nei limiti e secondo le condizioni previsti dall'articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124), quando il luogo sia stato scelto, secondo criteri di ragionevolezza, per esigenze connesse alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative.
Si ricorda, infine, che la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per l'anno 2019), all'articolo 1, comma 486, che ha introdotto il comma 3-bis dell'articolo 18 della legge n. 81 del 2017, ha posto a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile, l'obbligo di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro (secondo la suddetta modalità) fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.
A seguito della pandemia di COVID-19, è emersa la consapevolezza che il lavoro agile costituisce una grande opportunità sia per le aziende che per la pubblica amministrazione. Il lavoro agile, infatti, non è stato adottato solo da chi già ne aveva rilevato l'importanza e la fattiva utilità, ma anche da coloro che erano scettici e da coloro che erano contrari alla sua adozione, soprattutto nell'ambito delle piccole e medie imprese.
Questa improvvisa accelerazione ha messo in luce due questioni fondamentali, quella per cui il lavoro agile necessita di una nuova cultura imprenditoriale e della pubblica amministrazione e quella di una forte spinta alla digitalizzazione delle imprese e del Paese.
La normativa del 2017, nel suo incipit, evidenzia come il lavoro agile intenda, da un lato, assicurare un aumento della produttività riducendo i costi dell'organizzazione lavorativa e, dall'altro, favorire un miglior equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata.
A partire dal mese di febbraio 2020, a seguito della pandemia di COVID-19, sono stati emanati una serie di provvedimenti per semplificare l'accesso allo smart working e per diffonderne al massimo l'utilizzo sia nel pubblico che nel privato. Per quanto concerne specificamente l'attuazione del lavoro agile nel settore pubblico, l'articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha previsto la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente. Il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 19 ottobre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 268 del 28 ottobre 2020, recante «Misure per il lavoro agile nella pubblica amministrazione nel periodo emergenziale», ha previsto, in particolare:
a) che ciascuna amministrazione assicura, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno al 50 per cento del personale impegnato in attività che possono essere svolte secondo questa modalità;
b) che gli enti assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le loro potenzialità organizzative e con la qualità e l'effettività del servizio erogato;
c) che il lavoratore agile alterna giornate lavorate in presenza e giornate lavorate da remoto, con un'equilibrata flessibilità e comunque in base alle prescrizioni sanitarie vigenti e a quanto stabilito dai protocolli di sicurezza e dai documenti di valutazione dei rischi;
d) che le amministrazioni adeguano i sistemi di valutazione della performance alle specificità del lavoro agile;
e) che il lavoro agile è svolto di norma senza vincoli di orario e di luogo di lavoro e può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità, senza maggiori carichi di lavoro, garantendo, in ogni caso, al lavoratore i tempi di riposo e la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro nonché vietando eventuali penalizzazioni professionali e di carriera;
f) che le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, fermo restando, comunque, l'utilizzo di strumentazione di proprietà del dipendente;
g) che l'amministrazione favorisce il lavoro agile per i lavoratori disabili o fragili anche attraverso l'assegnazione di mansioni diverse e di uguale inquadramento, promuovendo il loro impegno in attività di formazione;
h) che nella rotazione del personale l'ente tiene conto anche delle condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, della presenza di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, nonché del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza;
i) che l'amministrazione individua fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle adottate, nel rispetto del sistema di relazioni sindacali definito dai contratti collettivi nazionali.
Il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto «decreto rilancio», all'articolo 263, comma 4-bis, ha modificato il citato articolo 14 della legge n. 124 del 2015 introducendo il comma 3-bis che prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni e stabilendo, al novellato comma 1, che entro il 31 gennaio 2021 (e successivamente entro il gennaio di ogni anno), ciascuna pubblica amministrazione dovrà redigere il Piano organizzativo per il lavoro agile (POLA) sentite le organizzazioni sindacali. Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera e definendo le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente sia nelle loro forme associative.
Per quanto riguarda il settore privato, l'articolo 90, comma 4, del medesimo decreto rilancio ha disposto che, fino al termine dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 30 aprile 2021 (ai sensi di quanto disposto dall'articolo 19 del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21), la suddetta modalità di svolgimento dell'attività lavorativa può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente. Il medesimo articolo 90 ha riconosciuto il diritto allo svolgimento del lavoro in modalità agile in favore dei lavoratori del settore privato genitori di figli minori di anni quattordici, nonché dei lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio di COVID-19, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente. Tale diritto è stato riconosciuto, fino al 31 dicembre 2020, anche in favore dei lavoratori dipendenti pubblici e privati disabili o immunodepressi, o con un familiare in tali situazioni (articolo 39, commi 1 e 2-bis, del citato decreto-legge n. 18 del 2020). Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è stata riconosciuta, sempre fino al 31 dicembre 2020, la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile (citato articolo 39, comma 2).
Recentemente, il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, recante «Misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena», all'articolo 2 reintroduce per il lavoratore dipendente, pubblico o privato, genitore di figlio minore di sedici anni (alternativamente all'altro genitore) la possibilità – già prevista, con alcune differenze, per alcuni periodi del 2020 – di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della sospensione dell'attività didattica ed educativa in presenza dell'infezione da COVID-19 o della quarantena del figlio disposta dall'azienda sanitaria locale territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto. Inoltre, in presenza di figli di ogni età con disabilità accertata (ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104), o con disturbi specifici di apprendimento (riconosciuti ai sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170), o di alunni con bisogni educativi speciali (ai sensi della direttiva del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 27 dicembre 2012), la predetta possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile è riconosciuta a entrambi i genitori in tutti i suddetti casi (sospensione dell'attività didattica in presenza, infezione da COVID-19 o quarantena del figlio), ovvero nel caso in cui il figlio frequenti centri diurni a carattere assistenziale per i quali sia stata disposta la chiusura. È stato, altresì, esteso anche ai lavoratori dipendenti pubblici il diritto allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali – già previsto, fino al 30 giugno 2021, in favore dei genitori lavoratori privati con almeno un figlio con disabilità grave (articolo 21-ter del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126) – ampliandone contestualmente la portata con riferimento anche ai casi di figli con bisogni educativi speciali. Nel corso dell'esame del decreto-legge n. 30 del 2021 in sede referente presso le Commissioni parlamentari Lavoro pubblico e privato e Affari sociali della Camera dei deputati, tramite l'approvazione di un emendamento, è stato riconosciuto il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in favore dei genitori con figli di età inferiore a sedici anni in didattica a distanza che, alternativamente all'altro genitore, svolgono la propria prestazione lavorativa in modalità agile, stabilendo, inoltre, che tale diritto non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sul relativo trattamento retributivo.
Questa serie di importanti interventi normativi approvati fin dall'inizio della pandemia di COVID-19 dimostrano le lacune della disciplina vigente in materia, che devono essere colmate anche ai fini di una maggiore diffusione delle politiche pubbliche di welfare State per migliorare le condizioni di vita dei cittadini e per assicurare loro maggiori tutele quando svolgano l'attività lavorativa in modalità agile.
È necessaria, pertanto, una chiara e snella disciplina organica sul lavoro agile che consenta di affrontare al meglio i nuovi cambiamenti che stanno investendo, a grande velocità, il mondo del lavoro.
Da qui l'esigenza della presente proposta di legge, che delega il Governo ad adottare un decreto legislativo recante una normativa organica per il riordino della disciplina in materia di lavoro agile e l'introduzione del diritto alla disconnessione per il benessere psico-fisico dei lavoratori e la conciliazione dei tempi di vita privata e di lavoro.
Non si può più tornare indietro. Il lavoro da casa, che è stato sperimentato da 6,5 milioni di lavoratori (di cui 2,11 appartengono a grandi imprese, 1,13 milioni lavorano in PMI e 1,5 milioni nelle microimprese sotto 10 addetti e 1,85 milioni negli uffici pubblici) durante il primo lockdown e che coinvolge, ancora oggi in chiave anti COVID-19, oltre 5 milioni di persone, è destinato a lasciare un segno permanente nell'organizzazione del lavoro. Lo conferma il monitoraggio de Il Sole 24 Ore del lunedì sui contratti collettivi, condotto nel mese di marzo scorso, in collaborazione con gli Osservatori sullo smart working di Adapt e del Politecnico di Milano.
In futuro, come rileva il citato Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, si prevede che un terzo dei lavoratori dipendenti (oltre 7 milioni di persone) sarà interessato dalle nuove modalità di organizzazione del lavoro, almeno per alcuni giorni alla settimana. Modalità nuove che porteranno cambiamenti anche nel settore immobiliare, con la ricerca di case più grandi e inserite in un contesto accogliente, e con la richiesta di laboratori, uffici e punti di appoggio per il coworking. Resterà anche la possibilità di lavorare da luoghi distanti dalle grandi città, con lo spostamento nelle sedi aziendali soltanto per alcuni giorni alla settimana.
A seguito dell'applicazione più diffusa del lavoro agile durante l'attuale periodo di pandemia, sono emersi molti aspetti critici e problemi che richiedono di essere affrontati e risolti e questo è uno degli obiettivi della presente proposta di legge che, senza comunque cadere in un eccesso di iper-regolamentazione, prevede una delega al Governo per il riordino della disciplina su tale modalità di lavoro, attribuendo un ruolo fondamentale, a tale fine, alla contrattazione individuale e collettiva.
Tra le varie criticità emerse, una delle più rilevanti riguarda l'utilizzazione dello smart working in modo non conforme non solo alla normativa vigente ma anche alla natura e alle caratteristiche di tale modalità di lavoro, che spesso è stata confusa con il telelavoro, nonostante le profonde differenze esistenti tra le due tipologie.
Gli smart worker, nella maggior parte dei casi, lavorano presso la loro abitazione, mentre la legge n. 81 del 2017 prevede che la prestazione possa svolgersi in parte nei locali aziendali e in parte fuori, senza una postazione fissa all'esterno. Il lavoro agile non prevede vincoli sulla distribuzione della prestazione, ma sarebbe utile disciplinare la contattabilità degli smart worker. Durante questo periodo di emergenza sanitaria ha prevalso il modello del «full remote working», cioè dell'assenza in massa dagli uffici, ma in vista di un ritorno alla normalità sarà necessario regolamentare la frequenza dello smart working. Fatte salve le citate priorità nella concessione dello smart working fissate dalla legge n. 81 del 2017 (ad esempio lavoratrici nei tre anni successivi alla fine del congedo di maternità e genitori di figli disabili gravi), nel caso di una più ampia richiesta di accesso allo smart working le aziende dovrebbero procedere a una selezione delle richieste. All'inizio dell'emergenza epidemiologica è stata concessa agli smart worker (anche nella pubblica amministrazione) la possibilità di usare propri strumenti informatici in mancanza di un personal computer aziendale ma, per il futuro, le aziende dovranno organizzarsi per assicurare un'adeguata dotazione tecnologica ai propri dipendenti.
Un altro problema emerso nella prima fase emergenziale è stata la mancanza di una formazione adeguata per gestire il lavoro in modalità agile, che diventerà indispensabile qualora lo smart working divenga una modalità ordinaria di lavoro.
Un'ulteriore problematica riguarda il diritto al buono pasto in caso di lavoro agile. A tale proposito il tribunale di Venezia, con la sentenza n. 1069 dell'8 luglio 2020, ha stabilito che gli smart worker dipendenti del comune non hanno diritto al buono pasto perché, in base alla sentenza della Corte di cassazione civile, sezione lavoro, n. 31137 del 28 novembre 2019, esso è un'agevolazione di tipo assistenziale e non retributivo. In linea generale, il buono pasto non è obbligatorio ed è erogato ai lavoratori che non hanno a disposizione una mensa aziendale. Esso rappresenta, quindi, un beneficio accessorio (fringe benefit), così come lo sono gli autoveicoli e i telefoni aziendali, e l'eventuale diritto a tale beneficio da parte di un dipendente che lavora in modalità agile presso la propria abitazione è oggetto di dibattito. La legge n. 81 del 2017, all'articolo 20, comma 1, stabilisce che «Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda». Quindi, in base a quanto disposto dalla citata normativa, il trattamento economico del dipendente dovrebbe restare invariato ma, non essendoci alcun riferimento esplicito ai buoni pasto, si apre la possibilità a molte interpretazioni riguardo al loro riconoscimento o no, con il conseguente rischio di creare disparità di trattamento tra gli stessi lavoratori, specie all'interno della pubblica amministrazione. Per quanto concerne il settore privato, bisogna precisare che ogni azienda decide autonomamente se concedere i buoni pasto in una giornata di smart working sulla base di quanto stabilito nell'accordo individuale relativo alla modalità di lavoro agile, obbligatorio per legge. Comunque, sia per le aziende sia per la pubblica amministrazione, l'erogazione (o no) dei buoni pasto comporta spese (o risparmi) rilevanti.
Un altro dei punti critici emersi durante la prima fase emergenziale riguarda le spese sostenute dai lavoratori agili per acquistare monitor, sedie ergonomiche o connessioni alla rete internet, rispetto alle quali solo alcune aziende o amministrazioni pubbliche hanno riconosciuto il diritto a forme di rimborso o di aiuto.
Un'altra questione che deve essere oggetto di attenzione è quella del cosiddetto «overworking», ossia della possibilità di connettersi a qualsiasi ora della giornata lavorativa: ciò comporta e sta comportando per molti lavoratori il rischio di lavorare per un numero di ore superiore a quello previsto dal rispettivo contratto di lavoro. È, pertanto, necessario che il diritto alla disconnessione dagli strumenti di lavoro sia riconosciuto in modo chiaro nel nostro ordinamento: attualmente, infatti, solo alcuni contratti prevedono esplicitamente il diritto del lavoratore di non rispondere alle email o alle telefonate che arrivano oltre l'orario di lavoro e di rinviare la risposta al giorno successivo. Il diritto alla disconnessione è, invece, da tempo oggetto di riflessione e di dibattito da parte dell'Unione europea e a tale proposito si ricorda la risoluzione del Parlamento europeo 2019/2181 (INL) del 21 gennaio 2021, recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione, la quale, nei suoi considerando, prevede, tra l'altro, che: a) il diritto alla disconnessione è un diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale; b) da un'indagine di Eurofound è emerso che il 27 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative; c) l'essere costantemente connessi, insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei medesimi lavoratori, sull'equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere; d) secondo la legislazione vigente e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, i lavoratori non sono tenuti a fornire ai datori di lavoro una disponibilità costante e senza interruzioni; e) la Commissione, gli Stati membri, i datori di lavoro e i lavoratori devono sostenere e incoraggiare attivamente il diritto alla disconnessione e promuovere un approccio efficiente, ragionato ed equilibrato agli strumenti digitali sul lavoro. Come si evince da tali considerando della citata risoluzione del Parlamento europeo, quindi, il diritto alla disconnessione deve essere garantito al fine di tutelare, prima di tutto, la salute dei lavoratori, spesso colpiti, a causa del telelavoro, da emicranie, stress, disturbi del sonno, dolori muscolo-scheletrici, ansia e affaticamento della vista, disturbi ai quali spesso si accompagnano patologie di tipo psicologico legate soprattutto alla quantità eccessiva di ore dedicate al lavoro e alla conseguente riduzione del tempo da dedicare al riposo, alla vita privata e alla famiglia.
La presente proposta di legge si prefigge, mediante un'apposita delega al Governo, di contribuire a un cambiamento culturale finalizzato a garantire un'organizzazione del lavoro più efficace, efficiente e moderna nonché una qualità di vita migliore per ogni cittadino lavoratore, regolamentando in maniera organica e coerente il lavoro agile e promuovendo la sua diffusione alla luce dei notevoli ed evidenti benefìci che esso comporta. Tra questi benefìci si ricorda, in primo luogo, la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro. Lavorando presso la propria abitazione, infatti, si riesce a gestire meglio il proprio work-life balance, valorizzando il tempo a disposizione e abbattendo i costi legati agli spostamenti. Lo smart working, influendo sul benessere e sulla qualità della vita dei lavoratori, può essere considerato una misura di welfare aziendale che comporta effetti positivi anche sulla produttività. Ci sono, poi, altri aspetti di profonda innovazione che devono essere sottolineati, sia per i lavoratori che per le aziende e le amministrazioni pubbliche, come la valorizzazione delle risorse umane e la responsabilizzazione delle stesse; la concentrazione sui risultati del lavoro e non sugli aspetti formali; la razionalizzazione nell'uso delle risorse e l'aumento della produttività, che si traduce in un significativo risparmio in termini di costi e di miglioramento dei servizi offerti; la promozione dell'uso delle tecnologie digitali più innovative, della trasformazione digitale e dello sviluppo delle conoscenze digitali; il rafforzamento dei sistemi di misurazione e di valutazione delle performance basate sui risultati e sui livelli di servizio; l'abbattimento delle differenze di genere; la riduzione delle forme di «assenteismo fisiologico»; l'attrazione di talenti; la valorizzazione del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione, grazie al fatto che vengono reinventati gli spazi, ad esempio attraverso postazioni di coworking.
Si può affermare, dunque, che lo smart working rappresenta uno strumento di cambiamento per le imprese, per la pubblica amministrazione e per tutti i lavoratori perché consente di andare oltre l'adempimento, promuove la collaborazione, la programmazione, la gestione e i risultati e mette al centro le persone, all'interno di un progetto più ampio di «people strategy», che punta sulla valorizzazione delle persone e sulla fiducia tra lavoratori e datore di lavoro.
Inoltre, lo smart working ha un impatto positivo anche per quanto concerne la sostenibilità delle attività lavorative e, in questo caso, è immediato l'accostamento al telelavoro che già consente, ad esempio, un risparmio dei consumi elettrici all'interno degli uffici e una riduzione nelle emissioni di anidride carbonica grazie alla diminuzione del traffico legato agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro. Ovviamente, questi benefìci avrebbero un peso maggiore se il lavoro agile fosse più utilizzato, nel rispetto di una normativa che coniughi le esigenze del lavoratore con quelle dell'impresa o della pubblica amministrazione nonché con quelle degli utenti che fruiscono dei servizi forniti dai lavoratori.
La presente proposta di legge si compone di tre articoli. L'articolo 1 individua l'oggetto della delega al Governo, cioè il riordino della disciplina in materia di lavoro agile, e prevede l'adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto legislativo, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro per la pubblica amministrazione. L'articolo 2 stabilisce i princìpi e criteri direttivi ai quali il Governo si deve attenere e che riguardano le prescrizioni minime (tra cui l'introduzione del diritto alla disconnessione per i lavoratori agili) per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile. L'articolo 3 reca le disposizioni finanziarie.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Oggetto della delega)
1. Al fine di incentivare il ricorso da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori all'esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile, di incrementare la competitività del sistema produttivo ed economico e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro per la pubblica amministrazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di lavoro agile, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 2.
Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi)
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) definire il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa, la quale è eseguita in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro, giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
b) stabilire che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa;
c) stabilire che gli strumenti tecnologici devono essere forniti dal datore di lavoro o, in caso di mancata fornitura, prevedere un rimborso a carico del datore di lavoro per la copertura totale delle spese sostenute dal lavoratore per l'acquisto e per la manutenzione degli strumenti tecnologici, nonché per le ulteriori spese connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile;
d) stabilire che i datori di lavoro che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile siano tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità lavorativa agile presentate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dai lavoratori dipendenti pubblici e privati disabili o affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità o con un familiare in tali situazioni ovvero nel caso di comprovati motivi di carattere personale, familiare o di salute, anche di carattere transitorio, prevedendo, in tale ultimo caso, la possibilità di prestare l'attività lavorativa in modalità agile nella misura minima di una o due volte alla settimana;
e) stabilire che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività e di efficienza del lavoro subordinato possano essere applicati anche quando l'attività lavorativa è prestata in modalità di lavoro agile;
f) prevedere, per i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'alinea, una riduzione del versamento del 30 per cento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, a carico dei datori di lavoro che, a decorrere dalla citata data di entrata in vigore, applicano ai lavoratori con contratto di lavoro subordinato la modalità di lavoro agile;
g) stabilire che l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile:
1) debba essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova e disciplini l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore nonché all'eventuale rimborso di spese a carico del datore di lavoro per l'acquisto e per la manutenzione degli strumenti tecnologici da parte del lavoratore nonché per le ulteriori spese connesse sostenute dal lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile;
2) individui i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro al fine di garantire al lavoratore medesimo il rispetto effettivo dei tempi di riposo stessi, la conduzione della propria vita personale e la libera cura delle proprie relazioni affettive e sociali;
3) possa essere a termine o a tempo indeterminato e che in tale ultimo caso il recesso possa avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni, salvo nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, per i quali il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non possa essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, preveda che ciascuno dei contraenti possa recedere prima della scadenza del termine, nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso, nel caso di accordo a tempo indeterminato;
4) preveda l'indicazione chiara dei risultati che il lavoratore deve ottenere nell'ambito della sua prestazione lavorativa svolta in modalità agile;
5) disciplini l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e individui le condotte connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari;
6) sia disciplinato dalle disposizioni in materia di comunicazioni, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608;
h) prevedere sia per il settore privato che per il settore pubblico la possibilità di ricorrere alla prestazione dell'attività lavorativa in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente, in conformità a quanto disposto dal decreto legislativo di cui all'alinea;
i) riconoscere al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile il diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi nazionali, di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda;
l) prevedere la possibilità che al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile sia riconosciuto, nell'ambito dell'accordo di cui alla lettera g), il diritto all'apprendimento permanente, pari ad almeno ventiquattro ore annue, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze;
m) prevedere un obbligo di formazione permanente, pari ad almeno ventiquattro ore annue, anche per i datori di lavoro che applicano ai lavoratori con contratto di lavoro subordinato la modalità di lavoro agile, quale attività finalizzata all'acquisizione di competenze specialistiche;
n) ai fini di quanto previsto dalla lettera g), numeri 2), 3) e 6), del presente comma, riconoscere, al di fuori delle concordate fasce di reperibilità ovvero di esecuzione della prestazione lavorativa, il diritto alla disconnessione quale diritto del lavoratore, come definito dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e dalla risoluzione del Parlamento europeo 2019/2181 (INL) del 21 gennaio 2021, che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile a disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in proprio possesso, senza che ciò comporti conseguenze negative di tipo disciplinare o decurtazioni della retribuzione;
o) prevedere che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile non ecceda oltre al rispetto della durata della prestazione lavorativa determinata quotidianamente o settimanalmente, come disciplinata dal decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e dai contratti collettivi nazionali del lavoro di riferimento in base alla tipologia del lavoro svolto;
p) prevedere che il datore di lavoro vigili sul diritto di cui alla lettera n), al fine di consentire al lavoratore di recuperare le energie psico-fisiche, curando liberamente le proprie relazioni affettive e sociali;
q) ai fini di quanto stabilito dalla lettera b), prevedere che il datore di lavoro tuteli la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e che, a tale fine, adotti e comunichi al lavoratore, prima dell'inizio della prestazione in modalità di lavoro agile, le informazioni di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, contenenti tutte le misure necessarie atte a garantire l'integrità fisica, psichica e la personalità morale del lavoratore, in considerazione della particolarità del lavoro svolto, unitamente a un'informativa recante i riferimenti per la sicurezza, quali il medico competente, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, gli addetti al servizio di prevenzione e protezione, i dirigenti delegati alla sicurezza, i preposti alla sicurezza e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, con i loro recapiti. Le predette informazioni devono essere verificate e convalidate periodicamente ogni dodici mesi;
r) prevedere che il datore di lavoro, anche su supporto elettronico, aggiorni periodicamente le informazioni di cui alla lettera q) in ragione dell'evoluzione dei rischi o dell'insorgenza di nuovi o al modificarsi delle informazioni già rese;
s) prevedere che il datore di lavoro assicuri al lavoratore impiegato in modalità di lavoro agile una formazione sufficiente e adeguata, di durata almeno pari a due ore annue, integrativa di quella prevista dall'articolo 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischi specifici per la salute e la sicurezza;
t) prevedere che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile cooperi attivamente con il datore di lavoro al fine di fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali, nonché di prevenire infortuni sul lavoro e malattie professionali;
u) prevedere che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile sia sottoposto alla sorveglianza sanitaria di cui agli articoli 41 e 176 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
v) in caso di attività di lavoro agile che prevedono l'uso di un computer, anche portatile, in modo sistematico o abituale, per almeno tre ore continuative al giorno, stabilire l'obbligo in capo al datore di lavoro di dare disposizioni affinché i lavoratori effettuino pause di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al monitor, fatto salvo quanto diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva o aziendale, nonché di informare gli stessi lavoratori sulle modalità corrette di utilizzo degli strumenti informatici in loro dotazione e sugli eventuali problemi legati alla postura ovvero all'affaticamento fisico o mentale;
z) stabilire che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile abbia diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro nei limiti di cui al terzo comma dell'articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
aa) prevedere che i lavoratori che svolgono la prestazione in modalità di lavoro agile siano tutelati contro gli infortuni verificatisi durante il normale percorso di andata e di ritorno tra la loro abitazione e il luogo scelto per lo svolgimento della propria attività fuori dai locali aziendali, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa ovvero dalla necessità di conciliare le esigenze di vita con quelle professionali e risponda a criteri di ragionevolezza;
bb) prevedere, in caso di violazione del diritto alla disconnessione di cui alla lettera n) del presente comma, l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 615-bis del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato;
cc) stabilire che le disposizioni del decreto legislativo di cui all'alinea del presente comma si applichino, in quanto compatibili, anche alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate dalle stesse amministrazioni;
dd) prevedere che le disposizioni del decreto legislativo di cui all'alinea si applichino anche ai contratti di apprendistato professionalizzante e di tirocinio extracurricolare, stabilendo l'obbligo di garantire la formazione mediante adeguate tecnologie digitali;
ee) prevedere l'abrogazione espressa di tutte le disposizioni in materia di lavoro agile incompatibili con le disposizioni del decreto legislativo di cui all'alinea;
ff) prevedere l'adozione di buone pratiche, di protocolli e di un codice etico in materia di prestazione dell'attività lavorativa in modalità agile nel settore pubblico e privato al fine di evitare un utilizzo improprio di tale modalità di lavoro.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere perché su di esso siano espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine il decreto legislativo è emanato anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di tre mesi.
Art. 3.
(Norma finanziaria)
1. Dall'attuazione della delega di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora il decreto legislativo attuativo della delega determini nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al suo interno, esso è adottato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, compresa la legge di bilancio, che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.