PDL 279

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 279

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MURONI, BERSANI, BOLDRINI, CONTE, EPIFANI, FASSINA, FORNARO, FRATOIANNI, OCCHIONERO, PALAZZOTTO, PASTORINO, ROSTAN, SPERANZA, STUMPO

Norme per la riduzione del consumo di suolo

Presentata il 23 marzo 2018

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Onorevoli Deputati! — Le conseguenze drammatiche delle alluvioni che hanno coinvolto negli ultimi anni alcune regioni del Paese hanno ricondotto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della tutela e della manutenzione del suolo. Una consapevolezza che tende purtroppo rapidamente a sbiadire dopo gli episodi estremi e che non ha ancora sedimentato nel nostro Paese politiche territoriali in grado di assumere il ruolo fondamentale che la conservazione del suolo svolge non solo per la funzione produttiva agricola, ma anche per una corretta regolazione del ciclo dell'acqua, funzioni entrambe compromesse irrimediabilmente dalle trasformazioni urbanistiche.
Il fenomeno del consumo del suolo ha dimensioni globali ed è monitorato da alcuni anni, con attenzione, anche dalle istituzioni internazionali. La crescita della popolazione urbana su scala mondiale è infatti inserita in un trend che sta conducendo nel ristretto arco temporale di un secolo, dal dopoguerra alle previsioni per il 2050, i residenti nelle aree urbanizzate da circa un terzo della popolazione rurale ad oltre il doppio, con sei dei nove miliardi di abitanti stimati al termine della proiezione che vivranno nella nuova dimensione della diffusione urbana. L'Unione europea, con la proposta di direttiva COM(2006) n. 232 definitivo, ha assunto l'orientamento in base al quale il suolo deve essere protetto, così come le altre matrici ambientali, in primo luogo dai fenomeni di impermeabilizzazione ed in quanto riserva di carbonio. Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato interessanti misure di prevenzione: la Gran Bretagna, ad esempio, ha stabilito che almeno il 60 per cento delle nuove urbanizzazioni debba avvenire su aree dismesse (brownfield), mentre la Germania ha fissato un target decrescente di consumo che, partendo da una media di 30 ettari/giorno, dovrà giungere a zero al 2050. Eurostat conduce inoltre un monitoraggio delle tendenze in atto nei Paesi membri dell'Unione europea che colloca l'Italia abbondantemente al di sopra della media europea, con una percentuale di aree artificiali e cementificate che supera il 7 per cento.
I dati ufficiali sul fenomeno del consumo di suolo sono raccolti in Italia, con metodologie sostanzialmente diverse, dall'istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA), facente capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, come confermato dai dati più recenti relativi ai primi mesi del 2016. Nel periodo compreso tra novembre 2015 e maggio 2016 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 50 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco meno di 30 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di più di 3 metri quadrati di suolo che, nell'ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Il consumo di suolo continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l'espansione di aree urbane, spesso a bassa densità. I dati della nuova cartografia SNPA mostrano come, a livello nazionale, il consumo di suolo sia passato dal 2,7 per cento stimato per gli anni ’50 al 7,6 per cento del 2016, con un incremento di 4,9 punti percentuali e una crescita percentuale del 184 per cento. In termini assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.039 chilometri quadrati del territorio nazionale.
Le elaborazioni condotte dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulle basi territoriali e riportate nei rapporti annuali dell'Istituto consentono inoltre un'efficace descrizione delle dinamiche di trasformazione del suolo in atto e della loro localizzazione. Oltre alle aree «storiche» di edificazione, che coincidono con i sistemi urbani esistenti, si osserva chiaramente la diffusione di sistemi insediativi periurbani, caratterizzati da bassa densità e commistione disordinata di residenze e attività produttive, con tendenza a saturare gli spazi disponibili su superfici molto estese. È il caso della conurbazione che interessa la pianura padana nel triangolo veneto-lombardo-romagnolo, con una propaggine lineare lungo la costa adriatica fino alle Marche, e del consistente aggregato territoriale, con elevati tassi di consumo di suolo, che si va formando fra Roma e Napoli, con la tendenza alla saldatura delle due aree metropolitane. Il fenomeno viene definito a livello internazionale come urban sprawl, caratterizzato dalla dispersione dell'edilizia abitativa, delle infrastrutture e degli stabilimenti produttivi in forma di «periferia diffusa» che si spalma sul territorio, dando origine a fenomeni insediativi fortemente impattanti sul suolo e privi di identità.
Le aree investite con maggiore evidenza dall’urban sprawl sono certamente territori dinamici dal punto di vista economico, ma un'analisi più approfondita dei parametri sociali e demografici indica che ad agire, più che fattori direttamente collegati ai livelli di reddito e di popolazione, sono fenomeni profondi di trasformazione della struttura sociale e modificazione degli stili di vita.
Ad evidenziare la scarsa connessione con i fenomeni, pur presenti, di disagio abitativo, sono del resto anche i dati sulla produzione ufficiale di edilizia abitativa che certificano fra il 1995 e il 2006 il rilascio di concessioni edilizie per 3,1 miliardi di metri cubi, oltre 261 milioni di metri cubi all'anno, con una stima, comprensiva anche dell'abusivismo edilizio, che supera i 4 milioni di abitazioni realizzate negli ultimi quindici anni. Tutto questo mentre la tensione abitativa è rimasta costantemente elevata, in particolare nelle aree metropolitane, con oltre 61.000 procedure di sfratto in corso al 2009 e un incremento dei fenomeni di coabitazione.
Per comprendere più a fondo le forze motrici del consumo di suolo in Italia, più che ai dati demografici, è opportuno ripercorrere l'analisi di quei settori economici che alimentano concretamente a monte il ciclo delle trasformazioni territoriali. In primo luogo gli istituti di credito e di investimento finanziario che hanno individuato il comparto edilizio e delle opere pubbliche quale luogo privilegiato di azione, con un livello d'impiego, risultante dal bollettino statistico della Banca d'Italia del marzo 2010, di 131,6 miliardi di euro, peraltro con quasi 8 miliardi di «sofferenze». Non è da meno il comparto delle attività estrattive che fornisce le indispensabili materie prime ed è a sua volta fonte di compromissione del territorio. Circa 8.000 cave operanti sul territorio nazionale, un quarto delle quali prive di regolari autorizzazioni, hanno sfornato negli anni d'oro del boom edilizio fino a 700 milioni di tonnellate/anno di materiali inerti per l'edilizia, fra l'altro con canoni concessori particolarmente convenienti che certamente non incentivano il riciclaggio dei prodotti. Ancora più a valle nella filiera si possono collocare gli 88 impianti che producono e lavorano il cemento, con un fatturato che supera i 3 miliardi di euro all'anno e una produzione, nell'anno 2009, di 36 milioni di tonnellate che ci posiziona al primo posto in Europa, con una impressionante media pro capite di 601 chili all'anno.
Una filiera, pertanto, già fortemente strutturata a monte dell'impresa edilizia che consente di interpretare più efficacemente l'orientamento, certamente non ostile alle trasformazioni urbanistiche, che promana dalla gran parte degli enti preposti al governo del territorio, a cominciare dagli enti locali, fra l'altro alle prese con una drammatica crisi della finanza pubblica e con una riduzione senza precedenti delle risorse da destinare agli investimenti e alla gestione corrente.
Non depone inoltre a favore di una razionale gestione del suolo nel nostro Paese una disciplina urbanistica storicamente carente e ulteriormente indebolita a partire dagli anni ’90. La pratica degli accordi di programma, dei piani integrati e dei molteplici istituti che consentono di scavalcare la pianificazione generale è ormai divenuta prassi amministrativa e ha spianato la strada a provvedimenti più recenti che hanno introdotto forme di deregolamentazione più spinta. Un decano della materia, l'architetto Vezio De Lucia, ha avuto modo di affermare recentemente che «si deve prendere atto che l'urbanistica, intesa come teoria e pratica delle trasformazioni e del governo della città e del territorio, è in via di estinzione».
Le dinamiche descritte impattano direttamente e in forma particolarmente aggressiva sul territorio su cui si esercita l'attività agricola.
La competizione per l'uso del suolo deve essere inoltre rapportata alle condizioni morfologiche del nostro Paese che presenta ampie superfici occupate da aree montane, interessate da corpi idrici o comunque precluse a vario titolo all'uso agricolo. Indagini più dettagliate condotte a livello regionale confermano a questo proposito che l'espansione urbanistica coinvolge prevalentemente le aree di pianura, di bassa collina e costiere che sono anche quelle maggiormente vocate all'attività agricola. La «modernità» dello sprawl urbano porta quindi a compimento una radicale inversione di tendenza nell'uso del territorio, laddove per secoli i centri abitati sono stati localizzati in aree delimitate, con l'accortezza di salvaguardare dall'edificazione le terre più fertili.
Il ciclo dell'espansione urbana indifferenziata rischia anche di cancellare alcuni dei paesaggi più celebri del nostro Paese, che sono stati modellati dagli agricoltori e dalle loro scelte colturali, un mosaico ancora vivo, nel quale si leggono ormai con chiarezza i segni dell'impoverimento della diversità e di un'edilizia priva d'identità. Un paesaggio che potrebbe invece essere il volano di forme innovative di sviluppo territoriale, con riferimento a quell'offerta integrata di beni culturali, prodotti agroalimentari tipici e recettività turistica che rappresenta già oggi un'efficace alternativa economica in alcune realtà del nostro Paese.
La presente proposta muove dall'assunto che il suolo debba essere considerato un «bene comune» e una risorsa preziosa per il futuro e che occorra dedicare la massima attenzione alle condizioni concrete di sviluppo delle attività che impattano sulla conservazione e sulla qualità dei suoli per consentirne un'adeguata tutela e riproduzione. Un obiettivo che si può perseguire solo determinando la convergenza delle politiche urbanistiche, agricole e fiscali verso una strategia comune e avviando una più proficua sinergia nell'azione dei molteplici attori istituzionali competenti, in grado di determinare un salto di qualità nelle politiche nazionali e locali per la tutela del suolo e del paesaggio.
L'articolo 1 contiene le finalità generali della legge e gli obiettivi di carattere generale che la disciplina si propone di perseguire.
L'articolo 2 è destinato ad esplicitare e chiarire le definizioni che saranno correntemente utilizzate nel prosieguo dell'articolato.
L'articolo 3 stabilisce il limite al consumo di suolo e le modalità per pervenire a tale risultato, nonché le competenze in materia di monitoraggio del consumo di suolo.
L'articolo 4 propone e declina la priorità del riuso del patrimonio edilizio esistente e delinea per i comuni l'obiettivo di costituire una «cintura verde» attorno alle aree urbanizzate esistenti.
L'articolo 5 contiene la delega al Governo per l'emanazione di una nuova disciplina in materia di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate.
L'articolo 6 concerne la definizione degli indirizzi per le regioni al fine di promuovere la realizzazione di piani del verde e delle superfici libere urbane da parte di ciascun comune.
L'articolo 7 riguarda il divieto di mutamento di destinazione per le superfici libere censite nell'anagrafe delle aziende agricole per le quali siano stati erogati contributi dell'Unione europea.
L'articolo 8 prevede misure di incentivazione volte a facilitare il recupero del patrimonio edilizio esistente e il minor consumo di suolo.
L'articolo 9 istituisce il registro degli enti locali nei cui strumenti urbanistici non è previsto consumo di suolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alla quantità fissata ai sensi dell'articolo 3.
L'articolo 10 reca disposizioni concernenti la destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi.
Gli articoli 11, 12, e 13 sono destinati a introdurre misure specifiche di tutela e valorizzazione per tre pratiche tradizionali di grande valore storico per l'agricoltura mediterranea, che rivestono un ruolo primario nella tutela del suolo e nella conservazione dei paesaggi tipici: l'olivicoltura, la viticoltura e il pascolo in alta quota.
L'articolo 14, infine, reca le disposizioni transitorie e finali.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e ambito di applicazione).

1. La presente legge, in coerenza con gli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione, con la Convenzione europea del paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 14, e con gli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, detta princìpi fondamentali per la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole, naturali e seminaturali al fine di promuovere e tutelare il paesaggio, l'ambiente e l'attività agricola, nonché di contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico, delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, della riduzione dei fenomeni che causano erosione, perdita di materia organica e di biodiversità.
2. Il riuso e la rigenerazione urbana, oltre alla limitazione del consumo di suolo, costituiscono princìpi fondamentali della materia del governo del territorio. Fatte salve le previsioni di maggiore tutela delle aree inedificate introdotte dalla legislazione statale e regionale, il consumo di suolo è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse. Nell'ambito delle procedure di valutazione d'impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica e di verifica di assoggettabilità delle opere pubbliche e di pubblica utilità diverse dalle infrastrutture e dagli insediamenti prioritari di cui alla parte V del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'obbligo della priorità del riuso e della rigenerazione urbana comporta la necessità di una valutazione delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo. Per le opere pubbliche non soggette alle procedure di valutazione d'impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica e di verifica di assoggettabilità, la medesima valutazione deve risultare dall'atto di approvazione della progettazione definitiva degli interventi.
3. Al fine della verifica dell'insussistenza di alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse di cui al comma 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano orientano l'iniziativa dei comuni, disciplinando le modalità attraverso le quali gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale specificano e motivano puntualmente l'eventuale necessità di consumo di suolo inedificato.
4. La pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica si adegua alle disposizioni della presente legge, privilegiando il riuso e la rigenerazione urbana nonché l'utilizzo agroforestale dei suoli agricoli abbandonati e la conservazione delle condizioni di naturalità o seminaturalità dei suoli, ai fini del contenimento del consumo di suolo, fatte salve le previsioni di maggiore tutela in essa contenute.
5. Le politiche di sviluppo territoriale nazionali e regionali favoriscono la destinazione agricola e l'esercizio di pratiche agricole e perseguono la tutela e la valorizzazione dell'attività agricola attraverso la riduzione del consumo di suolo.

Art. 2.
(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge, si intende:

a) per «consumo di suolo»: l'incremento della superficie libera trasformata a seguito di interventi di impermeabilizzazione;

b) per «superficie libera»: il suolo agricolo o in condizione di naturalità o seminaturalità, anche in ambito urbano o periurbano, non impermeabilizzato;

c) per «impermeabilizzazione»: il cambiamento della natura del suolo mediante interventi di copertura di parte del terreno con materiale artificiale tali da eliminarne o ridurne la permeabilità, che determina un consumo di suolo permanente, o per effetto della compattazione dovuta alla presenza di infrastrutture, manufatti e depositi permanenti di materiale, delle altre trasformazioni i cui effetti sono più facilmente reversibili quali impianti fotovoltaici a terra, aree estrattive non rinaturalizzate e aree di cantiere, e delle trasformazioni in cui la sola rimozione della copertura ripristina le condizioni iniziali del suolo, che determina un consumo di suolo reversibile;

d) per «rigenerazione urbana»: un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socio-economici nelle aree urbanizzate, che non determinano nuovo consumo di suolo, compresi gli interventi volti a favorire la realizzazione di aree verdi con destinazione a giardini, parchi urbani, infrastrutture verdi e reti ecologiche nonché a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana, quali orti urbani, orti didattici, orti sociali e orti condivisi, al fine di perseguire gli obiettivi della sostituzione, del riuso e della riqualificazione dell'ambiente costruito in un'ottica di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo, di localizzazione dei nuovi interventi di trasformazione nelle aree già edificate, di innalzamento del potenziale ecologico e ambientale, di riduzione dei consumi idrici ed energetici e di realizzazione di adeguati servizi primari e secondari;

e) per «mitigazione»: un insieme coordinato di azioni e di misure contestuali all'intervento di consumo di suolo tese a mantenere o migliorare le funzioni ecosistemiche del suolo, a minimizzare gli effetti di frammentazione delle superfici agricole, naturali o seminaturali, nonché a ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti sull'ambiente, sulle attività agro-silvopastorali, sul paesaggio, sull'assetto idrogeologico e sul benessere umano;

f) per «compensazione ambientale»: l'adozione, contestualmente all'intervento di consumo di suolo, di misure dirette a recuperare, ripristinare o migliorare, in maniera proporzionale all'entità dell'intervento stesso, le funzioni ecosistemiche di una superficie equivalente di suolo già impermeabilizzato, attraverso la sua deimpermeabilizzazione e il recupero delle condizioni di naturalità del suolo;

g) per «contesto prevalentemente artificiale»: le aree nelle quali risulta una percentuale di superficie libera inferiore al 50 per cento;

h) per «contesto a media densità»: le aree nelle quali risulta una percentuale di superficie libera compresa tra il 50 per cento e il 90 per cento;

i) per «contesto prevalentemente agricolo o naturale»: le aree nelle quali risulta una percentuale di superficie libera superiore al 90 per cento.

2. All'articolo 5, comma 1, lettera v-quater), secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e rappresenta una risorsa ambientale non rinnovabile».
3. All'articolo 23, comma 1, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

«d) il minore consumo di suolo possibile, valutando in via prioritaria le alternative progettuali che consentono di non variare la destinazione d'uso delle superfici agricole, naturali e seminaturali e di non impermeabilizzare le superfici libere;».

Art. 3.
(Limite al consumo di suolo).

1. In coerenza con gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea circa il traguardo del consumo di suolo pari a zero da raggiungere entro il 2050, è definita, a livello regionale, la riduzione progressiva del consumo di suolo che deve essere pari ad almeno il 20 per cento ogni tre anni rispetto al consumo di suolo rilevato nei tre anni precedenti, sia per la componente permanente, sia per la componente reversibile.
2. Al fine di definire un quadro aggiornato delle potenzialità contenute negli strumenti di pianificazione locale, i comuni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, forniscono alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati circa le previsioni non attuate che comportano consumo di suolo contenute negli strumenti di pianificazione locale vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano opportuni criteri, parametri e percentuali di riduzione del consumo di suolo coerenti con l'obiettivo di cui al comma 1, da articolare su scala comunale o per gruppi di comuni, sia in termini di direttive per la pianificazione, sia in termini di disposizioni immediatamente operative, tenendo conto delle specificità territoriali, paesaggistiche e ambientali, delle caratteristiche qualitative dei suoli e delle loro funzioni ecosistemiche, nonché delle potenzialità agricole, dello stato della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, dell'esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche, dell'estensione del suolo già urbanizzato e della presenza di edifici inutilizzati; a tali fini sono fatte salve le normative e gli strumenti di pianificazione regionali vigenti in materia alla data di entrata in vigore della presente legge, già in linea con gli obiettivi di progressiva riduzione del consumo di suolo della presente legge e relativi obiettivi, indirizzi e prescrizioni finalizzati a ridurre il nuovo consumo di suolo, salvaguardando le risorse, quali componenti del patrimonio territoriale inteso come bene comune, e privilegiando il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, che comunque devono recepire le definizioni e gli obiettivi di riduzione di cui alla presente legge.
4. Le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo negli strumenti urbanistici formati o variati dalla data di entrata in vigore della presente legge hanno validità quinquennale e, decorso tale termine, senza che le procedure autorizzative per l'attuazione delle stesse siano state avviate, decadono. I comuni possono procedere alla redazione di varianti agli strumenti urbanistici generali e ai piani attuativi non convenzionati finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di contenimento del consumo di suolo indicati dalla presente legge, dalle disposizioni regionali o da specifiche direttive o atti di indirizzo approvati dal consiglio comunale che prevedono una riduzione del consumo di suolo superiore alla quantità di cui al comma 3.
5. Nel caso in cui il comune non abbia fornito i dati di cui al comma 2 ovvero non rispetti le percentuali di riduzione del consumo di suolo definite dalla regione ai sensi del comma 3 ovvero, in assenza dell'adozione di tali percentuali da parte della regione, non abbia ridotto il consumo di suolo per almeno il 15 per cento ogni tre anni rispetto al consumo di suolo rilevato nei tre anni precedenti, non sono consentiti interventi edilizi e l'approvazione di strumenti urbanistici attuativi che comportano consumo di suolo e sono considerati illegittimi tutti gli atti che comportano nuovo consumo di suolo.
6. Il monitoraggio del consumo di suolo è assicurato dall'ISPRA e dalle agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 28 giugno 2016, n. 132, anche in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l'analisi dell'economia agraria. Ai fini del monitoraggio di cui al presente comma, l'ISPRA, le agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome e il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria hanno accesso diretto alle banche di dati delle amministrazioni pubbliche e ad ogni altra fonte informativa rilevante gestita da soggetti pubblici, che devono renderle disponibili secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, e all'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge 7 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La cartografia e i dati del monitoraggio del consumo di suolo sono pubblicati e resi disponibili dall'ISPRA annualmente, nel proprio sito internet istituzionale, sia in forma aggregata a livello nazionale sia in forma disaggregata per regione, provincia e comune. I comuni e le regioni possono inviare all'ISPRA, secondo i criteri resi disponibili nel sito internet istituzionale dell'ISPRA, eventuali proposte motivate di modifica alla cartografia entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel citato sito dell'ISPRA. Entro i successivi trenta giorni l'ISPRA pubblica la versione definitiva dei dati dopo la verifica della correttezza delle proposte di modifica da parte dell'agenzia per la protezione dell'ambiente territorialmente competente. I dati rilevati annualmente costituiscono il riferimento per la definizione dei dati medi con scansione temporale triennale. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. Le infrastrutture e gli insediamenti prioritari di cui alla parte V del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e gli interventi di rilocalizzazione conseguenti a calamità naturali, nonché tutte le opere pubbliche per le quali sia stata condotta la preventiva valutazione di cui all'articolo 1, comma 2, non concorrono al computo del consumo di suolo a livello comunale.
8. Le serre e altri interventi di consumo di suolo connessi con la conduzione dell'attività agricola, in cui siano assicurate le condizioni di naturalità del suolo, non concorrono al computo del consumo di suolo.

Art. 4.
(Priorità del riuso).

1. Al fine di attuare i princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, adottano disposizioni per incentivare i comuni, singoli e associati, a promuovere strategie di rigenerazione urbana anche mediante l'individuazione, negli strumenti di pianificazione, degli ambiti urbanistici e delle aree a destinazione produttiva dismesse da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio. A tal fine è promossa l'applicazione di strumenti di perequazione, compensazione e incentivazione urbanistica, purché non determinino ulteriore consumo di suolo e siano attuati esclusivamente in ambiti definiti e pianificati di aree urbanizzate.
2. Il riuso delle aree sottoposte a interventi di risanamento ambientale è ammesso nel rispetto della normativa vigente in materia di bonifiche e dei criteri di cui alla parte quarta, titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
3. Al fine di attuare i princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, i comuni eseguono il censimento degli edifici e delle aree dismesse, non utilizzate o abbandonate esistenti. Attraverso tale censimento i comuni verificano se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possono essere soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione. Tali informazioni sono pubblicate e costantemente aggiornate nei siti internet istituzionali dei comuni interessati. L'esecuzione del censimento da parte dei comuni è presupposto necessario e vincolante per l'eventuale pianificazione di nuovo consumo di suolo. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, adottano disposizioni per l'esecuzione del censimento e del suo periodico aggiornamento, al fine di creare una banca di dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. Sulla base della cartografia di cui all'articolo 3, comma 6, l'ISPRA rende disponibile per ogni comune la mappatura del perimetro del contesto prevalentemente artificiale, del contesto a media densità e del contesto prevalentemente agricolo o naturale. L'area del contesto prevalentemente agricolo o naturale non può essere soggetta a nuove edificazioni e a impermeabilizzazioni che non siano legate alle attività agricole, alle funzioni previste all'interno della cintura verde di cui al comma 5.
5. Attorno al perimetro del contesto prevalentemente artificiale e del contesto a media densità di cui al comma 4, i comuni individuano una cintura verde con funzioni agricole, ecologico-ambientali, ricreative, coerenti con la conservazione degli ecosistemi, ai sensi dell'articolo 6 della legge 14 gennaio 2013, n. 10, finalizzata a favorire l'assorbimento delle emissioni di anidride carbonica dall'atmosfera tramite l'incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo, l'efficienza energetica e l'assorbimento delle polveri sottili, nonché a ridurre l'effetto isola di calore, favorendo al contempo una regolare raccolta delle acque piovane. L'individuazione della cintura verde è parte integrante del piano del verde e delle superfici libere urbane di cui all'articolo 6 e garantisce la realizzazione dell'insieme dei valori naturali e culturali, universali e identitari che rappresentano i beni comuni del territorio interessato. I comuni che attuano le disposizioni del presente comma sono iscritti nel registro di cui all'articolo 9.

Art. 5.
(Delega al Governo in materia di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni volte a semplificare e a incentivare con opportune misure fiscali interventi di rigenerazione urbana di aree urbane degradate attraverso il miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, paesaggistiche, ambientali e culturali, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere forme di intervento organiche relative ad aree urbane degradate, basate sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, sul recupero e sulla realizzazione di dotazioni territoriali e di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi, sulla tutela degli abitanti e delle attività economiche già presenti e sull'inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei residenti;

b) prevedere che le forme di intervento di cui alla lettera a) garantiscano elevati livelli di qualità, sicurezza idrogeomorfologica e sismica, minimo impatto ambientale e risparmio energetico, attraverso l'indicazione di precisi obiettivi prestazionali degli edifici, di qualità architettonica perseguita anche attraverso bandi e concorsi rivolti a professionisti con requisiti idonei, di informazione e di partecipazione dei cittadini;

c) garantire il rispetto dei limiti di cui agli articoli 2 e 3;

d) individuare misure tali da determinare una fiscalità di vantaggio, al fine di incentivare gli interventi di rigenerazione nelle aree urbane degradate;

e) assicurare il coordinamento con la normativa vigente;

f) prevedere che la nuova disciplina non si applichi ai centri storici e alle aree urbane ad essi equiparabili per qualità dei tessuti edilizi, delimitate con apposito atto dei comuni, nonché agli immobili e alle aree individuati dagli articoli 10 e 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Gli schemi dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al presente articolo, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro sessanta giorni dalla data di assegnazione. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di tre mesi. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano le proprie disposizioni in materia di rigenerazione urbana entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente articolo.
4. È istituito un contributo aggiuntivo al contributo per il rilascio del permesso di costruire, previsto dall'articolo 16 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come da ultimo modificato dall'articolo 8 della presente legge, commisurato al consumo di suolo indotto dalle opere autorizzate e determinato nella misura minima pari al doppio della somma derivante dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione dovuti per il medesimo intervento. Il contributo aggiuntivo di cui al presente comma non si applica agli interventi previsti nelle aree urbanizzate, agli interventi di ristrutturazione e recupero edilizio e agli interventi per i quali non è dovuto il contributo per il rilascio del permesso di costruire. Le regioni e le province autonome determinano, con propri atti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'entità e le modalità di applicazione del contributo aggiuntivo di cui al presente comma, nonché le modalità di destinazione dei relativi proventi per opere di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate di cui al presente articolo e per interventi di riqualificazione ambientale di competenza dei comuni.

Art. 6.
(Piano del verde e delle superfici libere urbane).

1. Al fine di favorire la rigenerazione dei tessuti urbani, soprattutto di quelli degradati, di riqualificare le periferie, di mantenere permeabili e inedificate le aree libere nelle zone ad alta densità abitativa e nei contesti prevalentemente artificiali e per quanto possibile in quelli di media densità, di ridurre l'inquinamento, di offrire una migliore qualità della vita dal punto di vista della salubrità, del clima, della socialità e dell'integrazione, nonché di migliorare la qualità estetico-formale dell'ambiente urbano, le regioni, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, definiscono criteri e modalità di realizzazione del piano del verde e delle superfici libere urbane, che deve essere adottato da parte di ciascun comune entro dodici mesi dall'adozione delle disposizioni del citato articolo 3, comma 3. Gli strumenti urbanistici già adottati o approvati si adeguano alle nuove disposizioni stabilite nel piano del verde e delle superfici libere urbane.
2. Nel rispetto dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, le regioni assicurano che il piano del verde e delle superfici libere urbane:

a) attribuisca a ciascuna superficie libera in un contesto prevalentemente artificiale una destinazione d'uso che non comporti nuove edificazioni e impermeabilizzazioni del terreno;

b) preveda la realizzazione o il completamento di corridoi ecologici, aree destinate all'agricoltura urbana e periurbana, aree pedonali, piste ciclabili, percorsi per disabili e il soddisfacimento degli standard urbanistici comunali e sovracomunali di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e loro adeguamenti previsti dalle leggi regionali e dalle norme dei piani comunali;

c) censisca i soggetti vegetali significativi esistenti e in particolare individui, ai fini della loro tutela, gli elementi che rappresentano e rivelano tracce di storia del territorio e caratteristiche specifiche della singola area;

d) preveda la piantumazione di piante e masse arboree anche nelle aree di proprietà privata;

e) crei fasce di pertinenza di fiumi e torrenti e di aree sensibili di particolare valenza paesistica, ambientale e culturale;

f) tuteli e valorizzi le aree naturali, gli ecosistemi e le aree incolte che possono rappresentare aspetti di storia del territorio a causa di presenze vegetali e morfologia;

g) provveda all'individuazione della cintura verde di cui all'articolo 4, comma 5, quale parte integrante del piano del verde e delle superfici libere urbane.

Art. 7.
(Divieto di mutamento di destinazione).

1. Per le superfici libere censite nell'anagrafe delle aziende agricole all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, in favore delle quali sono stati erogati aiuti dell'Unione europea previsti dalla politica agricola comune o dalla politica di sviluppo rurale sono vietati, per almeno cinque anni dall'ultima erogazione, usi diversi da quello agricolo, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6 della presente legge, e l'adozione di atti amministrativi finalizzati al cambiamento della destinazione d'uso, fatta salva l'applicazione di eventuali disposizioni più restrittive. Sono altresì vietati nelle stesse aree, per la medesima durata, gli interventi di trasformazione urbanistica, nonché quelli di trasformazione edilizia non connessi alla conduzione dell'attività agricola, ad eccezione della realizzazione di opere pubbliche. L'autorità competente all'erogazione degli aiuti di cui al presente comma pubblica nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei terreni, suddivisi per comune, per i quali sono stati erogati gli aiuti, ai fini della conseguente annotazione del vincolo, da parte del comune, nel certificato di destinazione urbanistica.
2. Negli atti di trasferimento della proprietà e nei contratti aventi ad oggetto la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento o di diritti personali di godimento ovvero lo scioglimento delle comunioni e, comunque, in tutti i negozi aventi ad oggetto la modifica soggettiva nella conduzione della superficie agricola, deve essere espressamente richiamato, a pena di nullità, il vincolo indicato nel comma 1. Sono esclusi gli atti di trasferimento dei diritti di cui al periodo precedente derivanti da procedure esecutive e concorsuali.
3. Nel caso di violazione del divieto di cui al comma 1, il comune applica al trasgressore, per le finalità della presente legge, la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 50.000 euro e la sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi. Si applicano in ogni caso le disposizioni del titolo IV della parte I del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e le disposizioni regionali in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia.

Art. 8.
(Misure di incentivazione).

1. Ai comuni iscritti nel registro di cui all'articolo 9 è attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali per gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e di bonifica dei siti contaminati a tal fine necessari, nel rispetto della disciplina di settore, e per gli interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana e il ripristino delle colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati, inutilizzati o non più sfruttati a fini agricoli.
2. Lo stesso ordine di priorità di cui al comma 1 è attribuito anche ai soggetti privati, singoli o associati, che intendono realizzare il recupero di edifici, di manufatti e di infrastrutture rurali di antico impianto nei nuclei abitati rurali finalizzato all'insediamento di attività connesse alla conduzione dell'attività agricola, mediante gli interventi di cui al citato comma 1, nonché il recupero del suolo ad uso agricolo mediante la demolizione di capannoni e altri fabbricati rurali strumentali abbandonati e il ripristino della permeabilità di superfici impermeabilizzate.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per le finalità di cui all'articolo 1, nei limiti delle proprie competenze, possono adottare misure di semplificazione e misure di incentivazione per il recupero del patrimonio edilizio esistente, anche al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali nonché di favorire il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono.
4. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i comuni, per le finalità di cui all'articolo 1 e al fine di alleviare l'emergenza abitativa, possono prevedere, previa emanazione di specifica regolamentazione e attraverso procedure ad evidenza pubblica, l'assegnazione di immobili inutilizzati appartenenti al patrimonio pubblico ad apposite cooperative costituite per promuoverne l'autorecupero, formate da soci aventi i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica.
5. Il Governo è delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui all'articolo 5, comma 2, uno o più decreti legislativi volti a definire misure di incentivazione di natura fiscale, nazionali o regionali, finalizzate a compensare i mancati introiti in termini di contributo di costruzione per i comuni che prevedono una riduzione delle previsioni di consumo di suolo nella strumentazione urbanistica vigente, di fiscalità immobiliare e fondiaria e a ridurre gli oneri derivanti dallo smaltimento di materiali da costruzione inerti, non contaminati, relativi a interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana.
6. All'articolo 16, comma 10, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente i comuni provvedono a modulare la determinazione dei costi di costruzione in modo da garantire un regime di favore per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), assicurando comunque che dall'attuazione di tale disposizione non devono derivare minori entrate per la finanza pubblica compensando il minor introito con una maggiorazione dei costi di costruzione per gli interventi di nuova edificazione che interessano superfici libere».
7. I comuni possono elevare l'aliquota dell'imposta municipale propria applicata sul patrimonio immobiliare che risulta inutilizzato o rimasto incompiuto per oltre cinque anni fino a un massimo dello 0,2 per cento aggiuntivo, anche in deroga al limite di cui all'articolo 13, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. I proventi dell'introito aggiuntivo sono destinati dai comuni esclusivamente ad opere di riqualificazione urbanistica e ambientale.
8. I comuni possono esentare le unità abitative realizzate mediante interventi di recupero edilizio o previo riuso di aree dismesse e degradate e senza consumo di nuovo suolo dal pagamento dell'imposta municipale propria per tre anni, a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori.

Art. 9.
(Registro degli enti locali).

1. Presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un registro pubblico, accessibile nel sito internet istituzionale delle regioni e delle province autonome, in cui sono iscritti i comuni che hanno adeguato gli strumenti urbanistici comunali secondo i criteri e le modalità di cui all'articolo 3, nei quali non è previsto consumo di suolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alla quantità stabilita dal medesimo articolo 3.

Art. 10.
(Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi).

1. I proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni di cui all'articolo 7 della presente legge nonché quelli delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all'acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano.

Art. 11.
(Disposizioni specifiche per la tutela degli uliveti di rilievo paesaggistico).

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono a censire nel territorio di rispettiva competenza i complessi arborei costituiti da più esemplari di ulivo che rivestono particolare interesse dal punto di vista paesaggistico, botanico o di tutela dell'assetto idrogeologico e a disporne la pubblicazione in appositi elenchi.
2. Sono comunque vietati il danneggiamento, l'espianto, il trasporto e il commercio degli esemplari di ulivo inseriti nei complessi censiti ai sensi del comma 1, fatti salvi le ordinarie operazioni colturali, le operazioni di rinnovo colturale e gli interventi di carattere fitosanitario, qualora preventivamente autorizzati dalle autorità competenti.
3. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli esercizi florovivaistici che detengono esemplari di ulivo in vaso di circonferenza del tronco superiore a 80 centimetri, misurata all'altezza di 130 centimetri dal suolo, esibiscono, a richiesta degli organi di controllo, idonea documentazione atta a definire l'origine delle piante e la data di espianto.
4. Per la tutela, l'eventuale conduzione colturale e manutenzione delle aree su cui insistono i complessi arborei di cui al comma 1, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
5. Chiunque viola le disposizioni del comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 10.000 per ogni pianta soggetta alle attività illecite. Chiunque viola le disposizioni del comma 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 5.000 per ogni pianta.
6. La vigilanza sul rispetto delle disposizioni del presente articolo è affidata al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri, alle guardie addette alla vigilanza dei parchi nazionali e regionali, agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle quali sia attribuita la qualifica di guardia giurata e alle guardie ecologiche riconosciute da leggi regionali.

Art. 12.
(Disposizioni specifiche per la tutela della viticoltura di interesse storico e paesaggistico).

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a censire nel territorio di rispettiva competenza i vigneti di particolare interesse storico e paesaggistico in relazione alle tecniche tradizionali di viticoltura, all'interesse genetico delle varietà di vitigni impiantate, alla localizzazione in aree montane, insulari o terrazzate e al ruolo di presidio per la prevenzione del dissesto idrogeologico.
2. Per i vigneti censiti ai sensi del comma 1, le regioni e le province autonome possono prevedere disposizioni specifiche per la tutela, il recupero e la corretta conduzione colturale.
3. Per la tutela, l'eventuale conduzione colturale e manutenzione delle aree su cui insistono i vigneti di cui al comma 1, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Art. 13.
(Disposizioni specifiche per la tutela dei pascoli in altura).

1. Le regioni, gli enti locali e gli enti gestori delle aree naturali protette nazionali e regionali di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, nell'ambito delle rispettive competenze, promuovono il mantenimento delle attività zootecniche tradizionali in altura e della pratica della transumanza, tutelando, negli strumenti di pianificazione territoriale, le aree destinate a pascolo e favorendo la prosecuzione sul posto delle attività di lavorazione del latte, nonché l'integrazione con attività di valorizzazione culturale e agrituristica rispettose dell'ambiente montano.
2. Le regioni e gli enti locali definiscono nei procedimenti di affitto o concessione amministrativa di terreni demaniali, soggetti al regime dei beni demaniali o a vincolo di uso civico, destinati a pascolo, criteri di priorità orientati a favorire l'allevamento delle razze autoctone.
3. I servizi territoriali di controllo, nell'ambito delle attività ordinarie rivolte alla verifica igienico-sanitaria delle produzioni di origine animale condotte in altura, valutano prioritariamente la necessità di consentire la conservazione delle tecniche tradizionali che supportano la realizzazione dei prodotti derivati dall'allevamento, fermi restando i requisiti generali di salubrità previsti dalla normativa vigente.
4. Per le produzioni tradizionali di origine animale afferenti ai prodotti di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, le deroghe di cui al medesimo articolo 8, comma 2, sono concesse dalle regioni competenti per territorio.
5. Per la tutela e l'eventuale conduzione conservativa di pascoli di pregio localizzati in altura, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Art. 14.
(Disposizioni transitorie e finali).

1. A partire dalla data di entrata in vigore della presente legge e nelle more dell'attuazione delle disposizioni regionali di cui al comma 3 dell'articolo 3, i comuni non possono adottare e approvare varianti urbanistiche e piani attuativi che prevedono nuovo incremento di consumo di suolo libero. Inoltre, non possono rilasciare titoli abilitativi che consentono trasformazioni di aree libere per una superficie maggiore del 60 per cento dell'incremento relativo all'anno precedente, al netto dei casi previsti dall'articolo 3, commi 7 e 8. Sono fatti comunque salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge relativi ai titoli abilitativi edilizi già rilasciati, comunque denominati, aventi ad oggetto il consumo di suolo libero, gli interventi e i programmi di trasformazione con le relative opere pubbliche derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica ai sensi dell'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, previsti nei piani attuativi, comunque denominati, per i quali i soggetti interessati abbiano presentato istanza per l'approvazione in modo conforme ai regolamenti urbanistici ed edilizi vigenti, prima della data di entrata in vigore della presente legge, nonché le varianti, il cui procedimento sia attivato prima della data di entrata in vigore della presente legge, che non comportino aumento al dimensionamento dei piani attuativi. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni non è consentito consumo di suolo in misura non conforme alle disposizioni regionali o, in mancanza di queste, superiore al limite fissato dal comma 1 dell'articolo 3.
2. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono ad attuare quanto previsto dalla presente legge, ai sensi dei rispettivi statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti.

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