XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2374
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dell'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA
Disposizioni concernenti l'istituzione delle zone franche montane in Sicilia
Presentata il 6 febbraio 2020
Onorevoli Deputati! — La proposta di legge che si sottopone all'esame della Camera dei deputati è una prima risposta allo spopolamento delle zone montane della Sicilia.
Si tratta di una proposta di legge d'iniziativa dell'Assemblea regionale siciliana, da inserire all'interno di provvedimenti previsti nell'ambito dello Statuto di autonomia della regione per il complessivo miglioramento della qualità della vita di popolazioni che da anni subiscono una grave emarginazione economica.
Si cerca in tal modo di arrestare l'esodo delle attività imprenditoriali che non hanno più trovato un contesto ambientale favorevole, prevedendo misure agevolative per attrarre nuovi insediamenti produttivi nei territori montani.
L'obiettivo di tale provvedimento è il ritorno alle assunzioni nelle attività d'impresa, indispensabili al mantenimento di quella forza lavoro che, al momento, trova sbocco solamente nell'emigrazione.
Come è noto, questa piaga sociale è anche conseguenza della sistematica sottrazione di risorse finanziarie che lo Stato ha effettuato in danno della Sicilia.
Per contestualizzare questa proposta legislativa è utile riferirsi alle profonde considerazioni contenute nella «Relazione sulla situazione economica della Regione siciliana 2015», di cui si riportano gli spunti più significativi estratti dalla sezione «La distribuzione regionale della spesa pubblica nel periodo 2000-2014» (pagine 171-174).
«Nell'area centro-settentrionale sia la quota di spesa corrente che quella in conto capitale superano in tutto il periodo (ad eccezione del dato di spesa in conto capitale del 2012) la quota della popolazione residente. Situazione specularmente opposta si riscontra nel Mezzogiorno che risulta molto penalizzato soprattutto per la componente corrente, che costituisce la parte rilevante della spesa e che evidenzia la forbice più ampia, nonostante il recupero realizzato fino al 2008. (...)
La spesa pubblica corrente dovrebbe in teoria essere distribuita tenendo conto delle caratteristiche individuali dei cittadini (età, condizione personale, socio-economica, ...), al fine di rendere effettivo il godimento dei diritti di cittadinanza relativi alla salute, all'istruzione, all'assistenza sociale (artt. 32, 34 e 38 Cost.). Considerato che la condizione socio-economica dei residenti meridionali è mediamente peggiore, la spesa pubblica pro capite nel Mezzogiorno dovrebbe assumere valori almeno uguali a quelli delle regioni centro-settentrionali. Invece, il confronto tra il peso demografico delle regioni italiane e la quota di spesa pubblica corrente ad esse di fatto attribuita evidenzia vistose disparità tra i territori. (...)
Le regioni collocate lungo la bisettrice ricevono un ammontare di risorse esattamente proporzionale alla popolazione residente, mentre quelle collocate al di sopra (sotto) fruiscono, rispetto alla popolazione residente, di una spesa corrente più alta (bassa). Dai due grafici, relativi rispettivamente alle regioni piccole e grandi, emerge che nel periodo 2000-2014 la spesa pubblica corrente si è distribuita tra le regioni favorendo, più o meno marcatamente, la maggior parte di quelle centrosettentrionali, a danno di quelle meridionali. (...)
Il Mezzogiorno ha ricevuto una quota di spesa pubblica corrente (29,2 %) inferiore di 6 punti percentuali al proprio peso demografico (35,2 %), subendo uno svantaggio del 17 %. In particolare le regioni a statuto speciale del Sud, al contrario di quelle del Nord, non risultano destinatarie di quote di spesa superiori alle quote di popolazione, ma mentre per la Sardegna lo scarto percentuale è in valore assoluto molto ridotto (-4,7 %), per la Sicilia risulta decisamente più elevato (-15,0 %). Le regioni che presentano un maggior svantaggio sono la Campania e la Puglia. (...)
Esaminando il dettaglio per settore di intervento, emerge che nell'area meridionale le quote di spesa che superano significativamente il peso demografico sono attinenti ai servizi idrici e agli interventi ambientali e sul territorio. Gli svantaggi più marcati invece si rilevano, oltre che per i servizi generali, per gli interventi sulle reti, per le politiche sociali e la sanità, che rappresentano i settori che hanno un maggior peso nell'area centro-settentrionale. Nel confronto regionale quote di spesa relativa particolarmente elevate per il settore della conoscenza e della cultura si registrano nelle due province autonome di Trento e Bolzano, per il settore della sanità in Valle d'Aosta, Lombardia e nelle due province, che mostrano i vantaggi più elevati anche nei servizi idrici con Molise, Calabria e Sardegna. (...)
In questo quadro la Sicilia presenta un profilo settoriale della spesa in linea con quello del Mezzogiorno con svantaggi più marcati nella spesa per gli interventi sulle reti e per le politiche sociali, oltre che per i servizi generali, la mobilità e la sanità, mentre la spesa per i servizi idrici risulta molto più che proporzionale all'incidenza della popolazione. (...)
Le regioni che nel periodo della crisi hanno sperimentato una diminuzione dell'indicatore sono alcune regioni del Centro Nord, come la Liguria, la provincia di Trento, la Lombardia, l'Emilia Romagna, la Toscana e l'Umbria, che presentano sia prima che dopo valori positivi, ovvero quote di spesa superiori al peso demografico. (...) Mentre tra le regioni con valori negativi dell'indicatore, tutte le regioni meridionali mostrano un aumento del valore nel periodo della crisi con l'unica eccezione della Sicilia, il cui indicatore passa da -14,5 % a -15,5 % evidenziando un ulteriore calo della quota di spesa corrente in rapporto agli abitanti dell'Isola».
Si ritiene utile inoltre evidenziare che nel Documento di economia e finanza regionale 2017/2019 è riportato analiticamente l'importo dovuto dallo Stato alla Sicilia solamente per l'imposta sul reddito delle persone fisiche dal 2003 al 2014: si tratta di 30 miliardi e 538 milioni di euro.
Recentemente anche la Confindustria, nel rapporto «Check-up Mezzogiorno» del luglio 2019, elaborato congiuntamente con l'associazione Studi e ricerche per il Mezzogiorno (SRM), ha confermato che il Sud soffre per l'ingente e ingiustificata spesa pubblica delle regioni del centro-nord. Infatti, ai 18.954 euro annui pro capite dei residenti del centro-nord, si contrappongono i 14.050 di euro degli abitanti a sud di Roma.
Su un quotidiano isolano (il Giornale di Sicilia) è stato stimato che alla Sicilia, in conseguenza di questo favore finanziario concesso ad alcune regioni italiane, sono sottratti 25 miliardi di euro di spesa pubblica ogni anno.
Questa proposta di legge pertanto non può essere considerata un'iniziativa di favore ma, al contrario, il primo avvio di una serie di iniziative legislative rispondenti all'attuazione dello Statuto siciliano e alla corretta applicazione dei complessivi rapporti con lo Stato nell'ambito della cornice normativa rappresentata dagli articoli 36 e 37 dello Statuto.
In questo quadro, la presente proposta di legge reperisce la copertura finanziaria attingendo alle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. La quantificazione degli oneri individuata dalla proposta di legge appare suscettibile di un'ulteriore e più puntuale determinazione degli interventi previsti, come risulta dalla relazione tecnica predisposta dall'Assessorato regionale per l'economia con l'ausilio del Servizio statistico della Regione siciliana.
Le misure agevolative che si intende proporre per le zone montane, inoltre, non costituiscono un aiuto di Stato in quanto, giusta la sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea C-88/03 del 6 settembre 2006, si realizzano nel pieno rispetto delle seguenti condizioni:
a) che siano adottate da un'autorità territoriale dotata, sul piano costituzionale, di uno statuto politico e amministrativo distinto da quello del Governo centrale;
b) che la decisione sia presa senza possibilità di un intervento diretto da parte del Governo centrale in merito al suo contenuto;
c) che le conseguenze economiche di una riduzione dell'aliquota nazionale applicabile alle imprese presenti nella regione non devono essere compensate da sovvenzioni o contributi provenienti da altre regioni o dal Governo.
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196)
ALLEGATO 1
ALLEGATO 2
ALLEGATO 3
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE
Art. 1.
(Ambito di applicazione)
1. Ai fini dell'individuazione delle zone franche montane si considerano le aree particolarmente svantaggiate, relative ai territori dei comuni nei quali oltre il 50 per cento della superficie totale è posto ad altitudine di almeno 500 metri sul livello del mare, con una popolazione residente inferiore a 15.000 abitanti, o a porzioni di aree comunali densamente edificate, poste parimenti al di sopra di 500 metri sul livello del mare, con popolazione residente parimenti inferiore a 15.000 abitanti, e costituenti nuclei storicizzati dove sono presenti fenomeni di spopolamento calcolati in funzione dell'andamento demografico di tali aree con dati storici certi negli ultimi cinquanta anni.
Art. 2.
(Territori montani)
1. L'individuazione dei territori di cui all'articolo 1 è effettuata con decreto del Presidente della Regione siciliana, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale per le attività produttive, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 3.
(Caratteristiche dei benefìci)
1. Le caratteristiche dei benefìci sono le seguenti:
a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi tre periodi d'imposta. Per i periodi d'imposta successivi l'esenzione è limitata, per i primi cinque, al 60 per cento; per il sesto e settimo, al 40 per cento; per l'ottavo, nono e decimo, al 20 per cento. L'esenzione di cui alla presente lettera spetta a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2020 e per ciascun periodo d'imposta, maggiorato di un importo pari ad euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato residente all'interno del sistema locale di lavoro in cui è situata la zona franca montana;
b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive per i primi tre periodi d'imposta per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
c) esenzione dalle imposte municipali proprie a decorrere dall'anno 2020 e fino all'anno 2025 per gli immobili siti nelle zone franche montane, posseduti o utilizzati dai soggetti di cui al presente articolo per l'esercizio delle nuove attività economiche;
d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni di lavoro dipendente per i primi cinque anni di attività, nel limite di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, solo in caso di contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui è situata la zona franca montana. Per gli anni successivi l'esonero è limitato, per i primi cinque, al 60 per cento; per il sesto e settimo, al 40 per cento; per l'ottavo, nono e decimo, al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca montana.
Art. 4.
(Aliquote dell'imposta sul valore aggiunto)
1. Alle attività produttive che hanno la sede operativa e il domicilio fiscale nelle aree disciplinate dalla presente legge si applicano aliquote dell'imposta sul valore aggiunto agevolate e diversificate in relazione alla loro classificazione in micro, piccole, medie e grandi imprese. Alle restanti attività produttive si applica l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 22 per cento.
Art. 5.
(Beneficiari)
1. Le agevolazioni della presente legge possono essere fruite anche dalle piccole e microimprese che hanno avviato la propria attività in una zona franca montana antecedentemente alla data del 1° gennaio 2020.
2. Possono accedere alle agevolazioni coloro che intendono trasferire in Sicilia nelle zone montane la sede legale e operativa della loro attività.
3. Le attività devono essere ubicate oltre i 500 metri sul livello del mare.
Art. 6.
(Norma finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 300 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.