PDL 1455

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.)

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1455

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
( BONAFEDE )

di concerto con il ministro dell'interno
( SALVINI )

con il ministro della difesa
( TRENTA )

con il ministro per la pubblica amministrazione
( BONGIORNO )

e con il ministro dell'economia e delle finanze
( TRIA )

Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia
di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere

Presentato il 17 dicembre 2018

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Onorevoli Deputati! – Il presente disegno di legge, recante «Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», contiene interventi sul codice di procedura penale accomunati dalla finalità di evitare che eventuali stasi, nell'acquisizione e nell'iscrizione delle notizie di reato o nello svolgimento delle indagini preliminari, possano pregiudicare la tempestività di interventi, cautelari o di prevenzione, a tutela delle vittime dei reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza.
Gli obiettivi sono quello di garantire l'immediata instaurazione e progressione del procedimento penale, al fine di pervenire, ove necessario, nel più breve tempo possibile all'adozione di provvedimenti di protezione o di divieto di avvicinamento, e quello di impedire che ingiustificabili stasi procedimentali possano porre ulteriormente in pericolo la vita e l'incolumità fisica delle vittime di violenza domestica e di genere.
Al fine di predisporre un'adeguata tutela in favore delle vittime dei suddetti reati e di dare attuazione alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, già il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, è intervenuto sulle modalità di assunzione di sommarie informazioni o della testimonianza delle persone in condizioni di particolare vulnerabilità (concetto di cui il legislatore ha fornito la nozione all'articolo 90-quater del codice di procedura penale) nel caso in cui il pubblico ministero ritenga utile o necessaria ai fini dell'indagine l'audizione medesima. Con il presente intervento normativo si intende evitare vuoti di tutela e garantire alla persona offesa dai reati indicati, indipendentemente dalla sussistenza della condizione di cui all'articolo 90-quater del codice di procedura penale, di essere sentita nel più breve tempo con dichiarazioni che rappresenteranno il fulcro centrale del procedimento e un elemento di valutazione imprescindibile per l'autorità giudiziaria chiamata, tra l'altro, ad attivare eventuali strumenti cautelari, ove non ostino primarie esigenze investigative o di tutela della vittima medesima.
Le predette esigenze di completezza della tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, dunque, sono alla base degli interventi di modifica alle norme del codice di procedura penale.
In primo luogo si integra l'articolo 347 del codice di procedura penale, vertente sull'obbligo della polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero le notizie di reato acquisite. Con l'articolo 1 del disegno di legge, infatti, l'articolo 347 viene modificato al fine di estendere ai delitti di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza il regime speciale attualmente previsto per i gravi delitti indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale: in tal modo la polizia giudiziaria sarà sempre tenuta a comunicare immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato, anche in forma orale.
Con questa norma si esclude ogni discrezionalità nella scelta dello strumento comunicativo della notizia di reato: la polizia giudiziaria, infatti, dovrà attivarsi «immediatamente», senza alcuna possibilità di valutare se ricorrano ragioni di urgenza o no. Imponendo l'immediata comunicazione della notizia di reato, infatti, si introduce una presunzione assoluta di urgenza rispetto a fenomeni criminosi per i quali l'inutile decorso del tempo può portare, e spesso porta, a un aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose. L'intervento normativo proposto è quindi conforme alle indicazioni della direttiva 2012/29/UE, con l'obiettivo specifico di garantire l'immediata instaurazione del procedimento al fine di pervenire nel più breve tempo all'adozione di provvedimenti «di protezione o di non avvicinamento».
Con l'articolo 2 viene introdotto un nuovo comma nell'articolo 362 del codice di procedura penale. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dall'articolo 582 nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero dovrà procedere all'assunzione di sommarie informazioni dalla vittima del reato entro il termine di tre giorni dall'iscrizione del procedimento.
Nello spirito delle disposizioni della direttiva più volte citata che, nel prevedere l'audizione della vittima, richiede che essa si svolga «senza ritardo», la norma si propone di garantire il diritto della vittima all'audizione da parte dell'autorità giudiziaria e di evitare stasi procedimentali che ritarderebbero senza motivo la possibile attivazione di interventi impeditivi della reiterazione della condotta o dell'aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose dell'illecito, sempre che non sussistano imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini che giustifichino il rinvio dell'assunzione delle informazioni.
Il margine di valutazione delle esigenze investigative appare, poi, necessario anche al fine di tutelare nel modo migliore proprio la persona offesa, attraverso un celere intervento – se del caso di natura cautelare – in ogni ipotesi in cui il pubblico ministero, già sulla base degli atti trasmessi con la comunicazione della notizia di reato, si trovi a disporre di gravi indizi di colpevolezza, oltreché di elementi relativi alla sussistenza di esigenze cautelari.
Il terzo intervento riguarda l'articolo 370 del codice di procedura penale. L'articolo 3 del disegno di legge, infatti, integra tale disposizione imponendo alla polizia giudiziaria di adottare un percorso preferenziale nella trattazione delle indagini delegate dal pubblico ministero che riguardino i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza.
Da un lato, infatti, la polizia giudiziaria deve compiere senza ritardo gli atti delegati dal pubblico ministero, nel caso in cui si proceda per uno dei reati previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dall'articolo 582 nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice. Con pari tempestività dovranno essere documentati e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria i risultati degli accertamenti compiuti.
Come visto a proposito dell'intervento sull'articolo 347 del codice di procedura penale, anche in questo caso si introduce una presunzione legale di urgenza per le indagini delegate dal pubblico ministero in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
L'articolo 4, concernente la formazione degli operatori di polizia, prescrive che la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo di polizia penitenziaria organizzino presso i rispettivi istituti di formazione corsi, con obbligo di frequenza, destinati al personale, individuato dall'amministrazione di appartenenza, il quale eserciti funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 582 (quest'ultimo nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo e secondo comma) del codice penale, nonché al personale impegnato nel trattamento penitenziario delle persone condannate per tali delitti.
La norma persegue l'obiettivo di fornire al personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo di polizia penitenziaria le cognizioni specialistiche necessarie a trattare, sul piano della prevenzione e del perseguimento dei reati, i casi di violenza domestica e di genere che assumano rilevanza penale ai sensi delle menzionate norme incriminatrici.
È stabilito un termine di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge per l'attivazione dei suddetti corsi.
Allo scopo di assicurare l'omogeneità di tali corsi formativi, è previsto che i contenuti di essi siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa.
Il rinvio a tale provvedimento è giustificato dalla natura tecnica delle prescrizioni, le quali devono essere definite alla luce delle peculiarità criminologiche delle fattispecie delittuose contemplate dalla norma primaria.
Il complesso degli interventi di modifica sopra illustrati, con riguardo sia al sistema processuale penale che alla formazione del personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo di polizia penitenziaria, dà piena attuazione a quanto previsto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011), ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, in particolare dagli articoli 15 e 50, riguardanti, rispettivamente, la formazione delle figure professionali che si occupano delle vittime o degli autori di tutti gli atti di violenza e la tempestività e adeguatezza della protezione offerta alla vittima, anche con riguardo alle modalità di raccolta delle prove dei reati.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196).

Il provvedimento in esame nasce dalla necessità di un intervento che contrasti con maggiore efficacia i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza.
L'obiettivo di perfezionare la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere nonché di evitare che eventuali stasi possano creare ulteriori situazioni di pericolo o minaccia dell'incolumità psico-fisica viene perseguito mediante il potenziamento degli strumenti propri delle indagini e dell'azione giudiziaria, favorendo l'immediata instaurazione e progressione del procedimento penale e prevedendo, ove necessario, l'adozione, senza ritardi, di eventuali provvedimenti cautelari e preventivi, attraverso un deciso intervento sui tempi e sulle modalità di svolgimento delle diverse fasi del procedimento penale.
L'intervento rappresenta, quindi, un'adeguata protezione delle vittime dei reati citati e intende dare attuazione alla direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Il provvedimento si articola in quattro articoli di seguito illustrati.
In premessa, stante la natura ordinamentale e di coordinamento giuridico del presente provvedimento, si rappresentano gli effetti di neutralità per la finanza pubblica.
Con l'articolo 1 del presente disegno di legge si modifica l'articolo 347 del codice di procedura penale al fine di estendere ai delitti di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza, il regime speciale attualmente previsto per i gravi delitti indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del medesimo codice.
Il fine dell'articolo è quello di accelerare gli adempimenti già spettanti alla polizia giudiziaria, che dovrà comunicare immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato di cui venga a conoscenza, anche in forma orale.
La previsione dell'immediata comunicazione della notizia di reato, infatti, introduce una presunzione assoluta di urgenza rispetto a fenomeni criminosi per i quali l'inutile decorso del tempo può portare, come spesso si arriva a constatare, a un aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose. L'intervento normativo proposto opera altresì in conformità alle indicazioni della direttiva 2012/29/UE, che stabilisce l'obiettivo specifico di garantire l'immediata instaurazione del procedimento al fine di pervenire nel più breve tempo all'adozione di provvedimenti «di protezione o di non avvicinamento».
La disposizione ha natura precettiva e non comporta effetti negativi per la finanza pubblica, trattandosi di ordinari adempimenti istituzionali: si rileva, piuttosto, che una più veloce instaurazione dei procedimenti tesi all'accertamento delle ipotesi dei reati di cui si tratta potrà determinare alcuni effetti deflativi e di contenimento dei tempi di svolgimento dei relativi processi penali.
Anche la previsione inserita nell'articolo 2 si muove nella prospettiva delle disposizioni della direttiva citata che, nel prevedere l'audizione della vittima, richiede che la stessa si svolga «senza ritardo».
Con la disposizione in esame viene garantito il diritto della vittima all'audizione da parte dell'autorità giudiziaria entro il termine di tre giorni dall'iscrizione del procedimento penale. Si realizza così l'obiettivo di evitare ritardi ingiustificati a fronte della superiore esigenza di valutare in tempi stretti l'adozione di provvedimenti impeditivi della reiterazione della condotta o dell'aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose dell'illecito, sempre che non sussistano imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini che giustifichino il rinvio dell'assunzione delle informazioni.
La modifica introdotta ha natura precettiva e ordinamentale. La predetta disposizione, tuttavia, è suscettibile di determinare effetti positivi sull'efficienza della relativa procedura: infatti, si ritiene che la fissazione del termine di tre giorni, entro il quale il pubblico ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato la denuncia, possa rappresentare una pronta ed efficace risposta per far fronte al fenomeno. Si assicura, inoltre, che la disposizione non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, trattandosi di adempimenti istituzionali del Ministero della giustizia.
L'articolo 3 del disegno di legge interviene sull'articolo 370 del codice di procedura penale in materia di atti diretti e delegati.
La disposizione impone alla polizia giudiziaria di procedere senza ritardo allo svolgimento delle indagini delegate dal pubblico ministero che riguardino i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza, e di mettere a disposizione dell'autorità giudiziaria con pari tempestività i risultati degli accertamenti compiuti.
Per conseguenza, si stabilisce che la documentazione attestante il compimento dell'attività delegata sia posta senza ritardo nella disponibilità del pubblico ministero, secondo le modalità e le forme descritte dall'articolo 357 del codice di procedura penale, affinché questo possa procedere all'adozione delle eventuali misure cautelari o inibitorie ritenute necessarie, così da impedire la reiterazione delle condotte o l'aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
Analogamente a quanto già indicato con riferimento alle modifiche apportate all'articolo 347 del codice di procedura penale, si segnala che l'intervento in esame introduce una presunzione legale di urgenza per le indagini delegate dal pubblico ministero in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
Si segnala che le modifiche introdotte hanno natura precettiva e ordinamentale. Le attività previste dalle predette disposizioni, infatti, alla luce delle previsioni introdotte col presente provvedimento, mirano ad accelerare il compimento degli adempimenti necessari per lo svolgimento delle opportune indagini. Trattandosi, quindi, di compiti istituzionali propri della polizia giudiziaria nella sua attività di collaborazione con il pubblico ministero nella conduzione delle indagini preliminari, si assicura che quanto stabilito dall'articolo in esame potrà essere realizzato con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L'articolo 4, riguardante la formazione degli operatori di polizia, persegue la finalità di munire il personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo di polizia penitenziaria delle cognizioni specialistiche necessarie a trattare, sul piano della prevenzione e del perseguimento dei reati, i casi di violenza domestica e di genere che assumano rilevanza penale ai sensi delle norme incriminatrici richiamate dai primi tre articoli del disegno di legge. A tale fine è previsto che siano attivati, entro dodici mesi dall'entrata in vigore del presente provvedimento, dei corsi di formazione, la cui frequenza è obbligatoria per il personale individuato dall'amministrazione di appartenenza, i quali saranno organizzati presso gli istituti di formazione di ciascuna delle Forze di polizia sopra indicate che eserciti funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria. In relazione ai contenuti e al fine di assicurare l'omogeneità di tali corsi formativi, il disegno di legge fa rinvio a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa.
Al riguardo, si evidenzia che le esigenze formative derivanti dall'articolo in esame verranno sostenute utilizzando gli specifici fondi in materia di formazione del personale, istituiti nell'ambito delle amministrazioni interessate, ricorrendo all'adozione di opportune misure organizzative e di miglioramento delle forme di collaborazione già esistenti tra gli uffici interessati.
In particolare, le esigenze formative della polizia penitenziaria potranno essere fronteggiate mediante l'utilizzo delle ordinarie risorse che risultano già iscritte nel bilancio del Ministero della giustizia alla Missione 1 («Giustizia») – Programma 1.1 («Amministrazione penitenziaria» – 6.1) – Centro di responsabilità «Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria» – Azione «Supporto per l'erogazione dei servizi penitenziari», sul capitolo 1671, piano di gestione 9 «Spese per l'organizzazione e il funzionamento dei corsi per la formazione, l'aggiornamento ed il perfezionamento del personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; compensi per l'insegnamento e per le altre prestazioni», che reca uno stanziamento iniziale di euro 214.522 per ciascuno degli anni 2018-2020, e piano di gestione 27 «Spese per l'organizzazione e il funzionamento dei corsi di formazione del personale appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria», che reca uno stanziamento iniziale di euro 1.385.553 per ciascuno degli anni 2018-2020.
Per quel che concerne la Polizia di Stato, le risorse sono appostate sul bilancio del Ministero dell'interno, alla Missione 3 («Ordine pubblico e sicurezza») – Programma 3.1 («Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» – 7.8) Centro di responsabilità «Dipartimento della pubblica sicurezza» – Azione «Formazione ed addestramento della Polizia di Stato», sul capitolo 2721, piano di gestione 1 «Spese per il funzionamento degli istituti di istruzione e per la formazione professionale del personale della Polizia di Stato, nonché in relazione alle esigenze connesse al coordinamento, per la formazione e la specializzazione del personale in servizio presso il Dipartimento della P.S. e di quello di altre amministrazioni che svolgono attività di polizia e per lo svolgimento dei relativi corsi. Spese per arredi ed allestimenti speciali. Spese per corsi indetti da enti, istituti ed amministrazioni varie. Spese per corsi di formazione e di aggiornamento del personale assegnato alla Direzione investigativa antimafia. Spese per esercitazioni ed addestramenti collettivi. Spese per la cooperazione europea e internazionale nella formazione del personale di polizia», che reca uno stanziamento iniziale a legislazione vigente di euro 2.637.275 per l'anno 2018, di euro 2.680.755 per l'anno 2019 e di euro 2.672.047 per l'anno 2020.
Le esigenze formative dell'Arma dei carabinieri potranno essere fronteggiate mediante l'utilizzo delle ordinarie risorse che risultano già iscritte nel bilancio del Ministero della difesa alla Missione 1 («Difesa e sicurezza del territorio») – Programma 1 («Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza» – 5.1) – Azione «Gestione e assistenza del personale dell'Arma», sul capitolo 4875, piano di gestione 1 «Indennità e spese di viaggio al personale che partecipa a esercitazioni, campi e corsi di istruzione all'interno e all'estero», che reca uno stanziamento iniziale di euro 4.168.833 per l'anno 2018, di euro 6.187.729 per l'anno 2019 e di euro 8.187.729 per l'anno 2020, nonché sul piano di gestione 2 «Spese per scuole, campi, manovre. Altre spese inerenti all'istruzione del personale», che reca uno stanziamento iniziale di euro 909.395 per l'anno 2018 e di euro 924.097 per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
Al riguardo, si rappresenta che gli attuali stanziamenti sugli indicati capitoli sono già destinati a ordinarie e incomprimibili attività addestrative già programmate.
L'articolo 5 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
Si rappresentano gli effetti di neutralità finanziaria per la finanza pubblica recati dal provvedimento in esame, trattandosi di modifiche normative volte a dare luogo a interventi di carattere prettamente procedimentale, attuabili da parte delle competenti amministrazioni dello Stato nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PARTE I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

Il presente disegno di legge persegue l'obiettivo di garantire l'immediata instaurazione e progressione del procedimento penale relativo ai delitti di reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e di lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza, al fine di pervenire, ove necessario, nel più breve tempo possibile all'adozione di provvedimenti «protettivi o di non avvicinamento», e quello di impedire che ingiustificabili stasi procedimentali possano porre ulteriormente in pericolo la vita e l'incolumità fisica delle vittime di violenza domestica e di genere.
L'intervento normativo si traduce in modifiche al codice di procedura penale volte a evitare eventuali stasi nell'acquisizione e nell'iscrizione delle notizie di reato o nello svolgimento delle indagini preliminari.
La realizzazione della finalità predetta, coerente con il programma di Governo, avviene attraverso l'introduzione, per i delitti sopra indicati, di specifici obblighi di immediata comunicazione e trasmissione delle notizie di reato al pubblico ministero da parte della polizia giudiziaria, del dovere, a carico del pubblico ministero, di assumere informazioni dalla vittima del reato entro un termine ristrettissimo dall'iscrizione della notizia di reato e, infine, dell'obbligo per la polizia giudiziaria di svolgere immediatamente le indagini che il pubblico ministero ha inteso delegare, ove il procedimento riguardi i medesimi reati.
La necessità di una formazione specifica per gli operatori di polizia risponde, poi, all'esigenza di garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza domestica e di genere.
L'intervento dà piena attuazione a quanto previsto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011), ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, in particolare dagli articoli 15 e 50, relativi, rispettivamente, alla formazione delle figure professionali che si occupano delle vittime o degli autori di tutti gli atti di violenza e alla tempestività e adeguatezza della protezione offerta alla vittima, anche con riguardo alla modalità di raccolta delle prove dei reati.
L'intervento, infine, si pone in continuità con la recente legislazione attuativa della direttiva 2012/29/UE, il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, rafforzandone l'efficacia e rispondendo all'esigenza di evitare potenziali vuoti (anche temporali) di tutela e di garantire alla vittima di essere sentita nel più breve tempo possibile con dichiarazioni che rappresenteranno il fulcro centrale del procedimento e un elemento di valutazione imprescindibile per l'autorità giudiziaria chiamata, tra l'altro, ad adottare eventuali misure cautelari.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

Il disegno di legge proposto si inserisce in un contesto normativo processual-penalistico che già prevede forme di accelerazione delle indagini preliminari per determinate tipologie di delitti.
Quanto all'immediatezza della comunicazione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria, l'articolo 347 del codice di procedura penale, già nell'attuale formulazione, prevede che per gravi delitti (quelli indicati all'articolo 407, lettera a), numeri da 1) a 6), del medesimo codice) la polizia giudiziaria è tenuta a comunicare la notizia di reato immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale. Lo stesso meccanismo, con il presente disegno di legge, viene esteso ai reati di violenza domestica e di genere. Come per altri gravissimi delitti, dunque, il legislatore introduce una presunzione assoluta di urgenza nella comunicazione e trattazione delle notizie di reato in materia.
La medesima presunzione legale sta alla base delle previsioni sul dovere del pubblico ministero di sentire la vittima del reato violento per sommarie informazioni testimoniali e sull'obbligo, per la polizia giudiziaria, di svolgere immediatamente gli adempimenti investigativi delegati dal pubblico ministero.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

Si richiama quanto già detto sopra. La regolamentazione in esame è funzionale alla soddisfazione di esigenze di celerità del procedimento penale e di conseguente attivazione degli strumenti di tutela delle vittime di tale tipologia di reati.

4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

L'intervento normativo è conforme alla disciplina costituzionale. In particolare il testo del codice di procedura penale è stato interpolato secondo uno schema (quello del vigente articolo 347 dello stesso codice) che non ha dato adito a rilevi di costituzionalità.
La previsione dell'articolo 2, inoltre, salvaguarda il diritto della vittima a essere sentita dall'autorità giudiziaria – conformemente alle previsioni della direttiva 2012/29/UE – e fa salva nel caso concreto la valutazione del pubblico ministero, dominus delle indagini e dell'azione penale, in ordine alla tutela delle esigenze di riservatezza negli accertamenti in corso.

5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia (norme processuali penali) riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

Le disposizioni contenute nell'intervento normativo esaminato sono compatibili e rispettano i princìpi di cui all'articolo 118 della Costituzione, in quanto non prevedono né determinano, neppure in via indiretta, nuovi o più onerosi adempimenti a carico degli enti locali.

7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

Non risultano progetti di legge che specificamente attengano alle norme del codice di procedura penale interessate dal presente intervento.
Con riferimento generale agli obiettivi di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, nel corso della presente legislatura, sono stati presentati alla Camera dei deputati il progetto di legge C. 569, recante «Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere», e il progetto di legge C. 1036, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza di genere». Di entrambi non è ancora iniziato l'esame parlamentare.

9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

In materia di tempestività della comunicazione di notizia di reato la giurisprudenza si è pronunciata a proposito della configurabilità del delitto previsto e punito dall'articolo 361 del codice penale (Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) evidenziando la flessibilità del riferimento temporale attualmente previsto dall'articolo 347, comma 1, del codice di procedura penale.
Non risultano, in materia, specifiche pronunce della Corte costituzionale.

PARTE II. CONTESTO NORMATIVO DELL'UNIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE

10) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con l'ordinamento europeo e anzi rappresenta il coerente sviluppo e la più rigorosa applicazione delle disposizioni della direttiva 2012/29/UE nonché della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul 11 maggio 2011), ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, per quanto riguarda, in particolare gli articoli 15 e 50, relativi, rispettivamente, alla formazione delle figure professionali che si occupano delle vittime o degli autori di tutti gli atti di violenza e alla tempestività e adeguatezza della protezione offerta alla vittima, anche con riguardo alla modalità di raccolta delle prove dei reati.

11) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo oggetto.

12) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

L'intervento è pienamente compatibile con gli obblighi internazionali e opera in piena continuità con la ricordata necessità di adeguamento dell'ordinamento interno agli sviluppi delle norme dell'Unione europea e alla Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), ratificata dall'Italia il 10 settembre 2013 ed entrata in vigore il 10 agosto 2014.

13) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano procedimenti pendenti avanti la Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

14) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

L'intervento normativo proposto trae la sua origine, come si è visto, dall'esigenza di dare pieno sviluppo alle previsioni della direttiva 2012/29/UE e, d'altro lato, dalla volontà di uniformare l'ordinamento alle indicazioni e agli insegnamenti provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e, in particolare, dal precedente rappresentato dalla pronuncia n. 412378/14 del 2 marzo 2017 nella causa Talpis c. Italia, in base alla quale «i bambini e le altre persone vulnerabili – tra cui vi sono le vittime di violenze domestiche – in particolare, hanno diritto alla protezione dello Stato, sotto forma di una prevenzione efficace, che li metta al riparo da forme altrettanto gravi di offese all'integrità della persona [...] gli obblighi positivi di cui alla prima frase dell'articolo 2 della Convenzione implicano anche l'obbligo di istituire un sistema giudiziario efficace ed indipendente che permetta di stabilire la causa dell'omicidio di un individuo e di punire i colpevoli. Lo scopo fondamentale di tale inchiesta è assicurare l'attuazione effettiva delle disposizioni di diritto interno che proteggono il diritto alla vita e, quando il comportamento di agenti o di autorità dello Stato potrebbe essere chiamato in causa, vigilare affinché questi ultimi rispondano dei decessi verificatisi sotto la loro responsabilità»; e, ancora: «l'obbligo dello Stato rispetto all'articolo 3 della Convenzione non si può considerare soddisfatto se i meccanismi di protezione previsti nel diritto interno esistono soltanto in teoria: è soprattutto necessario che essi funzionino effettivamente nella pratica, il che presuppone un esame della causa sollecito e senza inutili ritardi».

15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

Tutti gli Stati dell'Unione europea sono impegnati nell'attuazione della direttiva 2012/29/UE.

PARTE III. ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO.

1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

Il provvedimento non contiene nuove definizioni normative.

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel presente disegno di legge sono corretti.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Si è fatto ricorso alla tecnica della novella con riferimento a disposizioni vigenti.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

Non sono previste abrogazioni, neppure implicite.

5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

Il disegno di legge non contiene disposizioni aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

Sull'oggetto specifico non risultano deleghe aperte.

7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

Non sono previsti atti successivi attuativi di natura normativa, ma solo un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa, per la definizione dei contenuti dei corsi di formazione specifica previsti dall'articolo 4, comma 1.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlata indicazione nella relazione tecnica della sostenibilità dei relativi costi.

I dati relativi ai procedimenti per i reati contemplati dal presente disegno di legge sono nella disponibilità del Ministero della giustizia e oggetto di monitoraggio.

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ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

PREMESSA. MOTIVAZIONI DELL'INTERVENTO

L'intervento normativo nasce dalla necessità di contrastare con la massima efficacia possibile ogni ipotesi di delitto che si caratterizzi quale manifestazione di violenza domestica e di genere, nonché di adeguare il nostro ordinamento ai livelli richiesti dalla normativa sovranazionale e dalle recenti decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, che evidenziano la necessità di riconoscere carattere prioritario alla trattazione dei procedimenti relativi ai predetti reati.
In questa prospettiva è apparso necessario intervenire su alcune norme del codice di procedura penale per impedire che vi siano spazi di inerzia nell'avvio, nello svolgimento e nella conduzione delle indagini preliminari relative ai delitti previsti e puniti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dall'articolo 582 nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, comma 1, numeri 2, 5, 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice.
Il fenomeno della violenza di genere e l'apprestamento di efficaci strumenti di contrasto sono stati oggetto di attenzione da parte del legislatore, in attuazione della direttiva 2012/29/UE, con l'adozione del decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212.
La disciplina introdotta, pur avendo raggiunto un livello avanzato di tutela per le vittime dei reati in argomento, non ha inciso tuttavia sul tema della celere definizione di procedimenti relativi a reati che si caratterizzano per la reiterazione e, spesso, per lo sviluppo delle condotte lesive con modalità tali da portare, ove non efficacemente e tempestivamente arginate, ad una progressione criminosa tale da aggravare le conseguenze dannose, fino a giungere ad esiti letali, per le vittime. Tale esigenza di tempestiva, completa e approfondita trattazione dei procedimenti discende, tra l'altro, dall'esperienza tragica su cui si è trovata a giudicare la Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Talpis, donna vittima di violenze domestiche ripetutamente, quanto inutilmente, denunciate (Talpis c. Italia, 2 marzo 2017, ricorso n. 41237/14).
Nell'obiettivo di garantire una più efficace e tempestiva tutela della vittima dei predetti reati s'è scelto, pertanto, di intervenire non già in una prospettiva repressiva sulla scia dei precedenti interventi legislativi, che hanno introdotto nuove figure di reato o aggravato il trattamento sanzionatorio ovvero ampliato le misure di prevenzione e cautelari in materia, ma sul piano processuale e organizzativo, per potenziare l'efficacia e la tempestività della risposta giudiziaria.
La scelta, dunque, è stata quella di imporre alle indagini preliminari in materia termini tali da consentire all'organo deputato di poter valutare con rapidità e completezza la sussistenza di esigenze per l'adozione di provvedimenti cautelari in grado di interrompere e porre un freno a quella progressione nella violenza. In questo contesto è stato imposto alla polizia giudiziaria, come già previsto per i più gravi delitti, di comunicare immediatamente, anche in forma orale, al pubblico ministero la notizia di reato, ove si tratti dei delitti di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale, di atti persecutori e di lesioni aggravate in ragione della relazione domestica. Il pubblico ministero, a sua volta, dovrà provvedere entro un ristretto lasso temporale all'audizione della vittima, per l'acquisizione delle dichiarazioni che rappresentano, specialmente per questi reati, la principale base di avvio di complete e rapide indagini preliminari. In tal modo, del resto, si adempie ad uno specifico dovere imposto dalla direttiva sopracitata, dal tenore complessivo della quale si desume l'esistenza di un vero e proprio diritto della vittima di tali reati all'audizione da parte dell'autorità inquirente.
Sempre ispirandosi all'esigenza di celere definizione del procedimento di acquisizione dei mezzi di prova in forza dei quali la magistratura orienterà le proprie scelte sull'esercizio dell'azione penale e sull'attivazione di strumenti cautelari idonei, è stato previsto che la polizia giudiziaria dovrà svolgere immediatamente gli accertamenti delegati dal pubblico ministero nei procedimenti relativi ai delitti di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale, di atti persecutori e di lesioni aggravate in ragione della relazione domestica. Si è ritenuto, infine, opportuno favorire la specializzazione, attraverso l'istituzione di specifici corsi formativi per gli operatori di polizia giudiziaria deputati ad occuparsi delle delicate indagini in materia.
L'opzione scelta è quella maggiormente idonea ad accrescere l'efficacia dell'intervento giurisdizionale a garanzia di una più incisiva tutela della vittima dei reati di violenza di genere e di violenza domestica ed è quella che presenta un maggiore impatto preventivo, repressivo e sociale. È noto che la dilatazione dei tempi processuali produce sfiducia nella vittima e alimenta nella comunità la percezione dell'incapacità del sistema giudiziario di fornire tutela e risposte di giustizia.
Sul presupposto che l'indiscutibile miglioramento degli assetti normativi non è sufficiente ad arginare tali fenomeni criminali se non è accompagnato da una solida azione formativa e di sensibilizzazione degli operatori del settore, la previsione di una norma che impone conoscenze specialistiche in materia rappresenta l'approccio processuale più rispettoso della sensibilità delle vittime e consente, al contempo, un efficace e tempestivo intervento giurisdizionale nei casi di fondatezza della notitia criminis.
I principali effetti attesi dal provvedimento riguardano un aumento della tempestività degli interventi a tutela delle vittime dei reati e, proporzionalmente, una riduzione dei tempi di durata delle indagini e di emanazione delle relative sentenze.
L'istruttoria normativa s'è avvalsa dei lavori svolti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, istituita con deliberazione del Senato della Repubblica del 18 gennaio 2017, nonché delle analisi e delle valutazioni elaborate dall'associazione «Doppia difesa».

1. CONTESTO E PROBLEMI DA AFFRONTARE

Il fenomeno della violenza di genere costituisce da alcuni anni oggetto di studio e analisi, nonché di riflessione per la predisposizione di efficaci strumenti di contrasto. La dimensione internazionale del tema risulta dalla consultazione dei dati dell'Organizzazione mondiale della sanità: secondo quelli risalenti al 2002, la prima causa di uccisione delle donne tra i 16 e i 44 anni di età è rappresentata nel mondo dall'omicidio da parte di persone conosciute, in particolare da parte di partner ed ex partner. Stando, poi, al rapporto 2013 (che si basa su 141 ricerche effettuate in 81 Paesi), la violenza contro le donne costituisce una questione globale: il 35 per cento delle donne subisce nel corso nella vita qualche forma di violenza. È stato quindi evidenziato che tali fenomeni criminali colpiscono le donne in maniera specifica nell'ambito familiare, spesso con motivazioni che poggiano su una cultura discriminatoria che attraversa tutti i Paesi del mondo.
Sempre sul piano sovranazionale, i diritti delle donne sono affermati da numerose convenzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e altri documenti internazionali (in particolare, si segnalano la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77). La Conferenza mondiale dell'ONU sulle donne, tenutasi a Pechino, ha poi sancito ufficialmente che i diritti delle donne sono diritti umani e che la violenza di genere costituisce una violazione dei diritti fondamentali delle donne. Ne consegue pertanto, per gli Stati, il dovere di garantire alle donne una vita libera da ogni forma di violenza. Dalla suddetta normativa nonché dalla decisione di recente emanata della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Talpis c. Italia, sopra citata, provengono inequivoche indicazioni nel senso di riservare la trattazione dei procedimenti relativi all'area della violenza di genere e domestica a magistrati specializzati e, per le attività di indagine, a personale di polizia giudiziaria in possesso di analoga specializzazione, nonché di comprendere gli stessi procedimenti tra quelli a trattazione prioritaria, con riduzione al minimo dei tempi di esaurimento delle varie fasi processuali(1).
Proprio in questo quadro internazionale, anche in ambito interno occorre dunque verificare e rafforzare la capacità dello Stato di esercitare in maniera adeguata la dovuta diligenza nella prevenzione e nel contrasto della violenza sulle donne seguendo i princìpi internazionali. In ragione di tale obiettivo, il fenomeno della violenza domestica e di genere è oggetto, da alcuni anni, di misurazione statistica: l'Istituto nazionale di statistica ha elaborato, nel 2006 e nel 2014, due studi sulla sicurezza delle donne, acquisiti nel corso della XVII legislatura dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio(2).
Sulla base dei dati più recenti può evidenziarsi che, complessivamente, quasi il 31,5 per cento delle donne di età compresa tra 16 e 70 anni ha riferito di avere subìto forme di violenza fisica o sessuale, mentre il 10,6 per cento delle donne ha dichiarato di avere subìto forme di violenza sessuale prima del compimento dei 16 anni. I dati generali non differiscono in maniera significativa a seconda della nazionalità, italiana o straniera, della vittima.
Le forme più gravi di violenza fisica o sessuale sono in prevalenza commessi ai danni delle donne dai partner, attuali o passati: in questi casi, il 37,6 per cento ha riportato lesioni personali e il 20 per cento è stato costretto ad un ricovero ospedaliero.
Oltre all'ambiente domestico, particolarmente sensibile è risultato anche il settore lavorativo: circa il 9 per cento delle donne ha dichiarato di avere subìto, nel corso della vita lavorativa, molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro.
Quanto alle singole figure di reato con vittima prevalentemente di sesso femminile, è stata rilevata una tendenziale e graduale diminuzione delle denunce di violenza sessuale (passate da 4.617 nel 2011 a 4.046 nel 2016, con una riduzione pari al 12 per cento circa): riduzione verificabile sia nei casi di violenza sessuale commessa da autore singolo sia in quelli di violenza sessuale di gruppo. Le donne sono vittime dei reati di violenza sessuale in percentuale superiore al 90 per cento rispetto agli uomini.
Per quanto attiene al delitto di atti persecutori, previsto e punito dall'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dal decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, i dati comunicati alla Commissione parlamentare di inchiesta dal Ministero dell'interno offrono un quadro di progressivo aumento delle denunce, passate dalle 9.027 del 2011 alle 13.177 del 2016 (con registrazione di un calo nel corso del 2017). Le donne sono vittime del reato di stalking in percentuale media pari al 75 per cento circa rispetto agli uomini.
In materia di violenza propriamente domestica, le denunce per il delitto di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del codice penale) sono aumentate da 9.294 nel 2011 a 14.247 nel 2016 (con registrazione, anche in questo caso, di un calo nel corso del 2017). Le vittime del delitto di maltrattamenti risultano essere di sesso femminile in proporzione pari all'80 per cento circa.
Per quanto riguarda i reati iscritti nel registro delle notizie di reato, appaiono significative le tabelle riepilogative dei valori assoluti per reato e dei valori percentuali dei reati consumati e tentati, riportate nel documento della Commissione parlamentare. Le valutazioni statistiche riguardano il periodo 2013-2016(3).

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In relazione al dato sulle definizioni dei reati in fase requirente, se è positivo il fatto che le richieste di archiviazione per prescrizione siano piuttosto rare, per quanto attiene alle ulteriori cause di archiviazione, i dati forniti dalla Commissione parlamentare evidenziano percentuali alte. In tema di maltrattamenti iscritti a carico di soggetti noti, la percentuale di archiviazioni rispetto al totale degli iscritti per reato è pari al 26,45 per cento; per la violenza sessuale la percentuale è del 23,29 per cento e arriva al 28,57 per cento per la violenza di gruppo; per lo stalking è pari al 25,08 per cento. Dunque, all'incirca un quarto delle denunce presentate a carico di soggetti noti vengono definite con richieste di archiviazione nel merito. Risultano piuttosto alte le percentuali dell'esercizio dell'azione penale. In particolare, vi è inizio dell'azione penale per il 64,83 per cento degli iscritti per omicidio, per il 61,20 per cento degli iscritti per percosse e lesioni, per il 57,56 per cento degli iscritti per violenza sessuale di gruppo e per il 54,81 per cento degli iscritti per violenza sessuale. Per lo stalking e i maltrattamenti la percentuale calcolata risulta inferiore al 50 per cento (49,27 per cento e 47,70 per cento rispettivamente). Per quanto riguarda il numero dei casi in cui s'è pervenuti alla sentenza irrevocabile, per i procedimenti iscritti dal 2011 al 2016(4), di tutte le sentenze irrevocabili intercettate, l'88,57 per cento (10.877) è emesso entro tre anni dall'iscrizione della notizia di reato, lo 0,6 per cento tra due e tre anni (73) e il 10,83 per cento (1330) oltre tre anni. Per quanto attiene alla definizione dei procedimenti mediante i riti alternativi, le informazioni acquisite tramite il questionario consentono di quantificare la percentuale di accesso al rito abbreviato nel 18,21 per cento rispetto al totale degli atti di esercizio dell'azione penale. Per quanto invece attiene al patteggiamento, la percentuale è dell'8,54 per cento. Ciò significa che, cumulando i due dati, il 26,75 per cento dei procedimenti per cui si è avuto esercizio dell'azione penale vengono definiti con i suddetti riti alternativi.
Le rilevazioni che precedono appaiono di particolare rilievo in quanto riguardano reati sintomatici di una condizione di vulnerabilità delle donne in ambienti, come in particolare quello familiare, in seno ai quali appare spesso difficile intervenire con strumenti volti ad interrompere condotte delittuose, abituali e reiterate, affinché le stesse non abbiano una progressione tale da portare alla realizzazione di eventi lesivi sempre più gravi, fino all'omicidio.
Relativamente al femminicidio, infatti, se si registra un lieve calo in termini assoluti nel corso degli anni dal 2011 al 2016, rispetto al numero complessivo degli omicidi la diminuzione risulta notevolmente inferiore, con il conseguente aumento percentuale, nel corso degli anni, dei femminicidi rispetto agli altri casi di omicidio volontario. Tra gli omicidi con vittima di sesso femminile, poi, oltre due terzi risultano consumati in ambito familiare.
Si tratta, dunque, non soltanto di apprestare efficaci strumenti di emersione del fenomeno e di intervento preventivo e cautelare (dall'ammonimento, all'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, all'allontanamento previsto dall'articolo 282-bis del codice di procedura penale sino alle più severe misure cautelari personali), ma di rendere in concreto efficace e tempestivo (o, meglio, efficace in quanto tempestivo) l'intervento medesimo attraverso norme processuali in grado di scongiurare la possibilità che ingiustificate stasi nello svolgimento delle indagini possano compromettere, come accaduto in alcuni casi eclatanti, la soddisfazione delle esigenze di tutela sopraindicate.
A tal proposito appaiono interessanti i risultati del questionario inviato dalla Commissione parlamentare di inchiesta agli uffici giudiziari(5), concernente, tra l'altro, le soluzioni organizzative adottate dagli uffici nella trattazione dei procedimenti relativi al fenomeno della violenza di genere nonché i tempi di svolgimento della fase requirente. L'esito del monitoraggio documenta una disomogeneità tra gli uffici in ordine all'adozione di provvedimenti organizzativi o tabellari per assicurare la trattazione prioritaria ai procedimenti relativi ai reati oggetto di analisi. È emerso che solo poco più della metà delle procure della Repubblica che hanno risposto al questionario(6) ha adottato i suddetti modelli (il 63 per cento); tali percentuali risultano ridotte con riferimento ai tribunali ordinari (il 33 per cento) mentre si attestano intorno al 67 per cento per le corti d'appello.
Per quanto riguarda la durata media delle indagini preliminari relative ai suddetti reati, risulta che a livello complessivo la durata media sembrerebbe inferiore ad un anno per quasi tutti i distretti che hanno risposto al questionario e per tutti i reati oggetto di valutazione(7). Osserva sul punto la Commissione che, se da un lato un termine medio di nove-dieci mesi per le indagini può essere confortante rispetto alle croniche lentezze del sistema giudiziario, dall'altro tale termine può apparire pesante per la vittima coinvolta nella vicenda processuale. La Commissione auspica la massima sensibilità di tutti gli operatori rispetto a tali esigenze, ferma restando l'esigenza che i diritti delle persone offese siano presidiati anche da indagini complete, che diano ragionevoli aspettative di tenuta nell'intero percorso processuale.

2. OBIETTIVI DELL'INTERVENTO E RELATIVI INDICATORI

2.1 Obiettivi generali e specifici

Il presente intervento persegue l'obiettivo di garantire alla vittima dei reati connotati da violenza domestica e di genere una tutela più incisiva ed efficace. Come evidenziato sopra, tale obiettivo è stato perseguito sinora sul piano legislativo attraverso interventi di diritto sostanziale volti a introdurre nuove figure di reato (come il delitto di atti persecutori – cosiddetto stalking – introdotto nel codice penale dal citato decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11) o ad aggravare il trattamento sanzionatorio (la legge 1° ottobre 2012, n. 172, ha, tra l'altro, accresciuto le pene per il delitto di maltrattamenti; il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha, tra l'altro, aumentato le pene per il delitto di atti persecutori), nonché attraverso norme di diritto processuale penale o di prevenzione volte a rafforzare le tutele della persona offesa (decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, recante «Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI»), nonché l'ampliamento delle misure di prevenzione e cautelari in materia.
Il rafforzamento degli strumenti sostanziali e processuali di contrasto della violenza di genere potrebbe risultare vano ai fini della tutela, e tale si è dimostrato nell'eclatante caso Talpis, ove si dovessero verificare stasi o ritardi nel procedimento. Proprio per tali ragioni si è ritenuto di dover intervenire per delineare una scansione temporale serrata per i procedimenti in materia di violenza domestica o di genere, al fine di offrire in tempi rapidi al pubblico ministero tutti gli elementi, in primo luogo desumibili dall'audizione della vittima, per assumere le proprie determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale o, soprattutto, in merito alla necessità di avanzare richieste cautelari idonee a interrompere le condotte delittuose.
All'entrata in vigore della legge, dunque, gli operatori di polizia giudiziaria e del pubblico ministero saranno in grado di definire i procedimenti relativi ai delitti sopraindicati con tempestività, secondo uno schema del resto già delineato dal legislatore con l'introduzione dei medesimi reati tra quelli a trattazione assolutamente prioritaria nella formazione dei ruoli delle udienze (articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, come integrato dal ricordato decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93) per quanto attiene alla successiva fase del giudizio.
Trattandosi di norme processuali, l'efficacia dell'intervento sarà immediatamente stimabile.

2.2 Indicatori e valori di riferimento

I valori di riferimento secondo quanto già evidenziato sopra al n. 1, saranno costituiti dal numero di procedimenti penali iscritti, dalla loro durata, dal numero di definizioni con sentenza di condanna o di assoluzione ovvero di applicazione della pena.
Circa il numero delle condanne, sarà opportuno verificare un loro eventuale aumento in ragione degli strumenti investigativi di nuovo conio; occorrerà verificare il rapporto tra il numero delle sospensioni condizionali delle pene detentive inflitte e il numero di esecuzioni delle pene accessorie non sospese; analogamente con riguardo al numero di sentenze di applicazione della pena e al numero di rigetti in caso di mancata sospensione delle pene accessorie.
Indicatori attendibili per la prescritta verifica saranno tutti i dati statistici, periodicamente raccolti dal Ministero della giustizia, acquisiti attraverso le rilevazioni dei sistemi informatici in dotazione degli uffici giudiziari da cui già sono tratte le indicazioni quantitative menzionate sopra al n. 1.

3. OPZIONI DI INTERVENTO E VALUTAZIONE PRELIMINARE

Occorre rilevare che il presente intervento incide su norme di diritto penale processuale ed è evidente che ad esso sia connessa elevata rilevanza esterna sul piano simbolico, connaturale alla legislazione penale, e soprattutto in un ambito sensibile sul piano degli interessi socialmente rilevanti. Sotto questo profilo l'intervento opera nel senso della velocizzazione delle indagini relative a una particolare categoria di reati ed è destinato a incidere direttamente sulla posizione giuridica della vittima e del singolo indagato, ma anche ad avere effetti sulla generalità dei consociati, secondo gli scopi propri della politica criminale perseguita, che è fondata su una libera opzione ed esclude ex se quella del non intervento sulla materia in esame.
Sul piano formale nemmeno può essere taciuto che alcune delle modifiche introdotte trovano fondamento nell'esigenza di completo adeguamento, sin qui parziale, alla ricordata direttiva 2012/29/UE.
Nel corso dell'istruttoria normativa l'opzione zero è stata valutata come non percorribile. I dati sopra riportati evidenziano la drammatica recrudescenza dei fenomeni delittuosi riconducibili ai reati in materia di violenza di genere contro le donne e di violenza domestica e sollecitano un intervento normativo che assicuri modalità operative idonee ad accrescere l'efficacia della risposta giurisdizionale, conformemente alle indicazioni provenienti dalla normativa sovranazionale, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e dalle associazioni di categoria.
Le numerose circolari emanate dal Consiglio superiore della magistratura, fin dal 2009, in tema di buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica hanno prodotto solo in parte i risultati attesi(8). I dati di un recente monitoraggio disposto dal medesimo Consiglio in ordine agli assetti organizzativi degli uffici documentano una sostanziale disomogeneità tra questi per quanto riguarda l'adozione di moduli organizzativi più idonei alla trattazione specializzata e prioritaria dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere(9).
Nel corso dell'istruttoria è stata esaminata l'opzione di prevedere una disciplina repressiva orientata a rafforzare gli strumenti sostanziali e processuali vigenti in materia di contrasto della violenza di genere. Tale soluzione è stata tuttavia scartata in quanto non efficace rispetto all'obiettivo prefissato dal legislatore in termini di maggiore tempestività ed efficacia della tutela delle vittime dei reati predetti. Inoltre, un intervento meramente repressivo potrebbe risultare vano, e tale s'è dimostrato nell'eclatante caso Talpis, ai fini di tutela, ove si dovessero verificare stasi o ritardi nel procedimento.

4. COMPARAZIONE DELLE OPZIONI E MOTIVAZIONE DELL'OPZIONE PREFERITA

4.1 Impatti economici, sociali ed ambientali per categoria di destinatari

L'opzione scelta prefigura un canale privilegiato per la celere trattazione dei reati di violenza domestica e di genere, attraverso l'imposizione alla polizia giudiziaria e ai magistrati del pubblico ministero di termini accelerati per l'acquisizione, la comunicazione e lo sviluppo investigativo delle notizie di reato.
Dal punto di vista operativo, destinatari dell'intervento sono essenzialmente i soggetti del processo penale: le 140 procure della Repubblica, oltre al personale di polizia giudiziaria. L'intervento è destinato a funzionare con le esistenti risorse umane e materiali. Costi di adeguamento potrebbero insorgere nella fase iniziale per conformare l'organizzazione degli uffici alla finalità di assicurare una trattazione prioritaria ai procedimenti relativi al fenomeno della violenza di genere o domestica.
Destinatari indiretti dell'intervento sono le vittime di reati di violenza di genere e domestica. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), circa 7 milioni di donne, tra i 16 e i 70 anni, quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di avere subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, dalle forme meno gravi (come lo strattonamento o la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro.(10)
Sulla base di una rilevazione svolta dall'ISTAT nel 2016, si stima che 1.403.000 donne abbiano subìto, nel corso della loro vita lavorativa, molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro.
I benefìci attesi dal presente intervento in relazione ai destinatari sono quantificabili in termini di risparmi dei costi connessi alla violenza, relativi a conseguenze fisiche, psicologiche ed economiche.
Secondo le stime riportate nel dossier della Commissione parlamentare di inchiesta, il costo della violenza domestica, stimato per difetto nel 2013, è di 16.719.540.330 euro, a fronte di una spesa per interventi di prevenzione e contrasto pari a soli 6.323.028 euro. I costi diretti sono stati a loro volta suddivisi in costi per mancata produttività quali: la perdita economica sia a livello di impresa che di gettito per lo Stato (questo tipo di costo è legato alla scarsa produttività sul luogo di lavoro, all'assenteismo, alla perdita di profitto e ai costi addizionali legati sia alla vittima che al violento, qualora sottoposto a processo o recluso); costo di seconda generazione; costi sanitari; costi giudiziari; spese legali; ordine pubblico; consulenza psicologica; servizi sociali comuni; farmaci; centri antiviolenza.
I costi indiretti, non monetari, sono quelli legati alle pene e alle sofferenze, sia morali che fisiche; quelli legati alla maggiore mortalità per omicidio o suicidio e quelli legati ad un possibile utilizzo e abuso di alcol e stupefacenti.
Destinatari indiretti del presente intervento normativo sono altresì gli indagati per i reati di violenza di genere e domestica, circa il 90 per cento dei quali è costituito da soggetti di sesso maschile, nonché la generalità dei consociati, che potrà trarre benefìci e vantaggi sul piano della prevenzione e della repressione da un più efficace e tempestivo intervento giurisdizionale e da un più elevato livello di formazione specialistica del personale delle Forze di polizia delegate alle indagini o agli interventi di urgenza.
Trattandosi di norme esclusivamente processuali e relative ad un settore del diritto penale, non emergono profili tali da avere un impatto economico, se non nel senso sopra indicato.

4.2 Impatti specifici

Una scansione temporale dei procedimenti si prefigge, sul piano collettivo, l'obiettivo di ridurre i casi di violenza e di consumazione di gravi reati evitabili grazie alla tempestività dell'intervento preventivo e repressivo. Si tratta di effetti destinati a prodursi nel tempo, quanto meno con riguardo al loro impatto sui processi che verranno instaurati secondo le nuove norme. All'intervento sono estranei profili di diretta e immediata incidenza sulle piccole e medie imprese.

4.3 Motivazione dell'opzione preferita

Per quanto sopra esposto, l'intervento pone alla base dell'opzione prescelta la necessità di affiancare alle norme di diritto penale sostanziale e processuale già vigenti meccanismi operativi volti a rendere effettiva la tutela delle vittime della violenza domestica e di genere. Tali interventi dovranno essere accompagnati da adeguate forme di formazione specialistica per gli operatori.

5. MODALITÀ DI ATTUAZIONE E MONITORAGGIO

5.1 Attuazione

Come si è detto, sul piano operativo l'intervento è destinato alla polizia giudiziaria e ai magistrati del pubblico ministero. Trattandosi di modifiche di disciplina del diritto processuale penale, l'intervento può essere eseguito a risorse immutate da parte degli operatori della giustizia. L'attuazione dell'intervento avviene tramite le risorse e le strutture interne dell'amministrazione giudiziaria per quanto di competenza e, per quanto attiene ai corsi di formazione specialistica previsti per gli operatori di polizia giudiziaria, attraverso gli stanziamenti attualmente destinati alle attività di formazione. Pertanto, non sono previsti fattori che possano incidere negativamente sugli effetti prodotti dall'intervento regolatorio.

5.2 Monitoraggio

Il controllo e il monitoraggio dell'intervento regolatorio in esame verranno attuati dal Ministero della giustizia, attraverso le risorse a disposizione, senza l'introduzione di nuove forme di controllo che implichino oneri per la finanza pubblica. In particolare tra le competenze istituzionali attribuite alla Direzione generale della giustizia penale dal decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, rientra anche quella di effettuare rilevazioni statistiche al fine di valutare l'impatto socio-giuridico delle leggi.

6. CONSULTAZIONI SVOLTE NEL CORSO DELL'AIR

Il disegno di legge è stato elaborato dagli uffici ministeriali competenti con la collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica. Lo schema, che tiene conto delle analisi svolte dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere (istituita con deliberazione del Senato della Repubblica del 18 gennaio 2017) e degli esiti del monitoraggio condotto dal Consiglio superiore della magistratura (con deliberazione del 20 luglio 2017) in ordine agli assetti organizzativi degli uffici, è stato elaborato anche sulla base delle considerazioni presentate nel corso dell'istruttoria dall'associazione «Doppia difesa».

7. PERCORSO DI VALUTAZIONE

Gli uffici ministeriali si sono avvalsi delle risorse interne attraverso lo studio e l'analisi della giurisprudenza in materia e dei contributi dottrinali disponibili nonché attraverso la consultazione dei lavori parlamentari riferibili ad iniziative in materia.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Obbligo di riferire la notizia del reato)

1. All'articolo 347, comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: «nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6)» sono inserite le seguenti: «, del presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dall'articolo 582 del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice penale,».

Art. 2.
(Assunzione di informazioni)

1. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 362 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

«1-ter. Quando si procede per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dall'articolo 582 del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa».

Art. 3.
(Atti diretti e atti delegati)

1. Dopo il comma 2 dell'articolo 370 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Se si tratta di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dall'articolo 582 del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5, 5.1, e 577, primo e secondo comma, del medesimo codice, la polizia giudiziaria procede senza ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero.
2-ter. Nei casi di cui al comma 2-bis, la polizia giudiziaria pone senza ritardo a disposizione del pubblico ministero la documentazione dell'attività nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 357».

Art. 4.
(Formazione degli operatori di polizia)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo di Polizia penitenziaria attivano presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 1, 2 e 3 o che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate. La frequenza dei corsi è obbligatoria per il personale individuato dall'amministrazione di appartenenza.
2. Al fine di assicurare l'omogeneità dei corsi di cui al comma 1, i relativi contenuti sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa.

Art. 5.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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(1) Cfr. Deliberazione del Consiglio superiore della magistratura 9 maggio 2018: Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica.

(2) Cfr. Senato della Repubblica, Doc. XXII-bis, n. 9: Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita con deliberazione del Senato della Repubblica del 18 gennaio 2017.

(3) Cfr. Doc. Commissione parlamentare, op. cit., pag. 133. La maggior parte degli uffici non ha risposto alla parte del questionario che riguarda il periodo dal 2011 al 2012, perché in quel periodo era in uso il Re.Ge. e non il SICP, quindi non era possibile compiere l'estrazione dei procedimenti con il criterio di selezione sulla parte offesa femminile, trattandosi di elemento non censito dal sistema.

(4) La Commissione evidenzia che molti uffici hanno potuto inserire solo i dati per i procedimenti iscritti dal 2013 al 2016 e che soltanto alcuni hanno esteso la ricerca fin dal 2011. I dati convalidati conservano comunque un discreto potere informativo. Op. cit., p. 161.

(5) Il questionario per la rilevazione dei dati relativi al fenomeno oggetto di studio, predisposto dalla Commissione con la collaborazione della Direzione generale di statistica e analisi organizzativa e della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, è stato inviato alle procure della Repubblica, ai tribunali ordinari, alle corti di appello e alla Corte di cassazione. I dati del questionario sono stati raccolti nei mesi di ottobre e novembre 2017 e riguardano il periodo compreso tra il 2011 e il 2016. Hanno risposto al questionario 261 uffici su 304, pari all'86 per cento del totale.

(6) Su 140 procure della Repubblica hanno risposto all'invito alla compilazione 123, pari all'88 per cento del totale. Su 140 tribunali ordinari hanno risposto 114, pari all'81 per cento; su 26 corti d'appello hanno risposto 24, pari al 92 per cento.

(7) Cfr. Senato della Repubblica, Doc. XXII-bis, n. 9, cit., pag. 151 e seguenti.

(8) Deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura 8 luglio 2009, 30 luglio 2010 e 12 marzo 2014.

(9) Cfr. deliberazione del Consiglio superiore della magistratura 9 maggio 2018: Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica.

(10) Tali dati sono stati forniti alla Commissione parlamentare dalla dottoressa Sabbadini: cfr. documento Commissione, op. cit., pag. 30.

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