Onorevoli Colleghi! — La Giunta per le autorizzazioni riferisce su una domanda di deliberazione in materia di insindacabilità avanzata da Renato Farina, deputato all'epoca dei fatti, nell'ambito del procedimento civile presso la Corte di appello di Milano, intentato nei suoi confronti dal dottor Libero Mancuso.
La Giunta ha dedicato all'esame della questione le sedute del 30 settembre, del 14 e del 28 ottobre, nonché del 13 novembre e 3 dicembre 2014, procedendo ad acquisire informazioni, documenti e chiarimenti sia dall'autorità giudiziaria sia dall'interessato; per completezza, alla presente relazione si allegano i resoconti delle citate sedute.
Al fine di consentire ai colleghi di maturare un giudizio sul delicato bilanciamento tra l'interesse al pieno svolgimento della funzione giurisdizionale e la tutela delle prerogative costituzionali riconosciute ai parlamentari dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione, si riassumono di seguito i fatti da cui trae origine la controversia e l’iter del relativo procedimento civile.
In un libro dal titolo «Cossiga mi ha detto», a firma di Renato Farina, all'epoca membro del Parlamento, sono riportati alcuni episodi sul dottor Libero Mancuso, relativi alla sua azione nella magistratura, ritenuti da quest'ultimo lesivi della propria onorabilità.
Un passaggio del citato libro riferisce, infatti, di taluni comportamenti attribuiti dal presidente Cossiga al dottor Mancuso, che al tempo ricopriva le funzioni di sostituto procuratore a Bologna. In particolare, si afferma che il magistrato si sia avvalso di Angelo Izzo, noto torturatore e assassino del Circeo - al quale veniva assicurato peraltro un eccellente trattamento carcerario - e lo abbia messo in cella in compagnia di tale Giuseppe Pellegriti, al fine di raccogliere le confidenze rese dal mafioso divenuto collaboratore di giustizia su alcuni importanti delitti di mafia.
Tale iniziativa del sostituto procuratore bolognese avrebbe quindi suscitato la reazione del magistrato Giovanni Falcone che, appresa la notizia, gli avrebbe intimato di non invadere le altrui competenze, incontrando la resistenza di Mancuso derivante dalle sue convinzioni politiche.
Per tali affermazioni il dottor Mancuso ha citato in giudizio Renato Farina, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla diffusione di false circostanze di carattere diffamatorio.
Nel giudizio di primo grado dinanzi al tribunale di Monza, svoltosi nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui all'articolo 702-bis c.p.c., pur essendo stata eccepita l'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione, il giudice non ha proceduto a sospendere il processo ma ha invece pronunciato ordinanza di condanna al risarcimento del danno nei confronti dell'autore della pubblicazione.
L'ordinanza è adesso oggetto di giudizio in appello, essendo stata impugnata da Renato Farina che ha altresì esercitato la facoltà - ai sensi dell'articolo 3, comma 7, della legge n. 140 del 2003 - di investire la Camera competente della valutazione concernente l'applicazione della insindacabilità nel procedimento che lo riguarda.
Nel corso dell'audizione presso la Giunta per le autorizzazioni, Renato Farina ha reso precisazioni sulla vicenda giudiziaria in oggetto. In particolare, ha sottolineato che la genesi del libro discende dalla volontà di raccogliere i contenuti di una lunga intervista resa dal presidente Cossiga nel 2008. Ha quindi ribadito che l'episodio oggetto del giudizio civile gli è stato riferito dal presidente Cossiga, come si desume inequivocabilmente dalla circostanza che quest'ultimo ne fece addirittura oggetto di una interpellanza presentata nel 1992 al Senato.
Di tali colloqui è stata perfino conservata la registrazione, esibita dinanzi al giudice di seconda istanza, che proverebbe come il testo stampato riproduca in modo fedele i contenuti delle dichiarazioni del presidente Cossiga.
In ogni caso, ha tenuto ad assumersi la responsabilità di quanto pubblicato, fermo restando il suo convincimento di aver operato nel legittimo esercizio del diritto di cronaca, che ha infatti invocato dinanzi al tribunale di Monza, unitamente alla prerogativa dell'insindacabilità parlamentare.
A tale riguardo, Renato Farina ha segnalato una sua specifica iniziativa parlamentare posta in essere alcuni mesi prima della pubblicazione del libro. Si riferiva alla proposta di legge a sua prima firma presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359). Tale proposta involgerebbe la medesima tematica dei passaggi del libro contestati, volendo in realtà far luce sulla gestione dei collaboratori di giustizia in termini di denaro corrisposto, vantaggi processuali offerti e influenza indebita sulle dichiarazioni da loro rese.
Nel corso dell'esame è emersa una questione preliminare che la Giunta ritiene di dover segnalare, in quanto concerne l'applicazione dei meccanismi procedurali previsti dalla legge n. 140 del 2003, a tutela dell'effettivo esercizio di prerogative parlamentari costituzionalmente protette.
Secondo quanto accertato dalla Giunta - anche acquisendo i necessari elementi documentali dall'autorità procedente - l'interessato ha ritualmente eccepito dinanzi al magistrato del tribunale di Monza l'insindacabilità delle opinioni oggetto della controversia, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, e dunque l'improcedibilità della domanda risarcitoria, in ossequio al disposto dell'articolo 3 della citata legge n. 140.
Come noto, di fronte a tale iniziativa processuale, i commi 3, 4 e 5 del menzionato articolo 3 lasciano al magistrato la sola scelta tra due percorsi alternativi: accogliere l'eccezione, eventualmente consentendo alle parti di precisare le conclusioni prima di emettere la pronuncia definitoria del giudizio, oppure - ove ritenga di non accogliere l'eccezione - trasmettere gli atti alla Camera competente affinché essa si esprima in merito. In questo secondo caso il procedimento è sospeso fino alla deliberazione parlamentare e comunque non oltre novanta giorni.
È invece emerso che il giudice di prime cure - disattendendo sia l'obbligo di pronunciarsi espressamente e tempestivamente sull'eccezione di insindacabilità, sia l'obbligo di sospendere il procedimento in caso di mancato accoglimento e di trasmettere gli atti alla Camera - ha direttamente assunto il provvedimento conclusivo di quel grado di giudizio, peraltro sfavorevole a Renato Farina. Questi ha quindi esercitato la facoltà - ai sensi dell'articolo 3, comma 7, della legge n. 140 del 2003 - di attivarsi direttamente presentando l'istanza concernente l'applicazione della insindacabilità presso la Camera.
Giova ricordare che la Corte costituzionale si è espressa in modo chiaro nella sentenza n. 149 del 2007, pronunciata in sede di conflitto di attribuzione originato da un caso in cui l'autorità giudiziaria - a fronte dell'eccezione di insindacabilità proposta dal deputato interessato - aveva proseguito il giudizio, dapprima rinviando la causa per la precisazione delle conclusioni e, infine, assegnando la causa a sentenza.
Nella citata pronuncia si legge, infatti, che «dopo la formulazione dell'eccezione di applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, il giudice non poteva prescindere dall'applicazione della disciplina contenuta nei commi 3, 4 e 5 dell'articolo 3 della legge n. 140» e, in un successivo passaggio, che «la mancata tempestività dell'assunzione da parte del giudice di una decisione circa la sussistenza o meno della prerogativa parlamentare, con tutte le conseguenze di cui all'articolo 3 della legge n. 140 del 2003, costituisce un evidente disconoscimento delle funzioni costituzionalmente attribuite alla Camera dei deputati e si traduce anche nella violazione di quell'obbligo di leale collaborazione che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve sempre e comunque caratterizzare le relazioni tra i poteri dello Stato».
La Giunta per le autorizzazioni ha altresì preso atto di due comunicazioni trasmesse dal Presidente della Corte di appello di Milano, dott. Canzio, in riscontro alla richiesta dell'organo parlamentare di acquisire elementi documentali concernenti lo svolgimento del giudizio di primo grado, con particolare riguardo all'elevazione della eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ed alla eventuale omissione da parte del giudice di ogni pronuncia in merito.
Con la prima, il Presidente Canzio ha segnalato come la II Sezione civile avrebbe deciso, già nella successiva udienza fissata il 29 ottobre 2014, «anche in tema di eventuale sospensione del giudizio ai sensi dell'articolo 3, comma IV, legge n. 140/2003, per effetto di valida eccezione di applicabilità dell'articolo 68, comma I, Costituzione».
Con la successiva nota, è stata quindi trasmessa l'ordinanza emessa dal giudice competente in data 29 ottobre 2014 che dispone la trasmissione degli atti relativi al giudizio di primo e secondo grado alla Camera e che sospende il procedimento fino alla deliberazione della Camera di appartenenza dell'appellante Farina e comunque non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera.
Il rilievo di carattere procedurale mosso dalla Giunta appare dunque essere stato condiviso dall'autorità giudiziaria, come emerge chiaramente dalla parte motiva dell'ordinanza trasmessa, che si configura palesemente come rimedio all'omissione del giudice di prime cure.
Pur preso atto di ciò e pur risultando escluso ogni pregiudizio all'effettivo esercizio delle prerogative parlamentari nel caso di specie, la Giunta ha ritenuto, in ogni caso, doveroso di rappresentare la descritta vicenda procedurale, in ragione della delicatezza istituzionale del tema.
Una volta risolte le questioni preliminari di carattere procedurale, la Giunta - con deliberazione unanime - è pervenuta, nel merito, alla valutazione che i fatti oggetto del procedimento civile non concernono opinioni espresse ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Nell'illustrare la proposta, occorre preliminarmente evidenziare che le valutazioni dell'organo parlamentare muovono dalla considerazione della piena ed esclusiva responsabilità di Renato Farina per i contenuti del libro, di cui è unico autore.
La circostanza secondo cui il libro riporti fedelmente dichiarazioni rese dal presidente Cossiga potrà assumere rilievo per il giudizio, il cui thema decidendum ruota sulla loro natura diffamatoria e sulla esimente del diritto di cronaca. Secondo la difesa di Farina si tratta di affermazioni che, in quanto interamente attribuibili al presidente Cossiga, sono dotate di un intrinseco interesse pubblico alla loro divulgazione. La difesa di Mancuso osserva invece che «Farina ne aggrava il senso, aggiungendo delle frasi, interpolandole».
Ma la Giunta non è competente a valutare se Renato Farina abbia o meno fedelmente riprodotto le parole del suo interlocutore, né se le opinioni di quest'ultimo - a sua volta per lungo tempo membro delle Assemblee parlamentari - siano sindacabili o meno.
L'orientamento largamente prevalente in giurisprudenza è nel senso che la prerogativa parlamentare può essere invocata solo da chi ne sia titolare e non da chi riporta frasi di altri, poiché una diversa interpretazione estenderebbe l'immunità a soggetti estranei all'esercizio delle funzioni che costituiscono il fondamento della prerogativa stessa, determinando una sorta di «immunità da contagio» (Cass. pen. V sez., sentenza n. 13198/2010).
In questa prospettiva, occorre dunque valutare l'eventuale sussistenza del nesso con l'esercizio delle funzioni parlamentari delle opinioni espresse nella pubblicazione oggetto del procedimento civile dal suo autore.
Sul punto, non soccorrono gli atti processuali acquisiti dalla Giunta. In nessun momento del giudizio la parte interessata ha prospettato la sussistenza del nesso funzionale tra le opinioni espresse e specifici momenti della sua attività parlamentare. In ogni caso, nel corso dell'audizione, Renato Farina ha richiamato un suo specifico atto parlamentare: la proposta di legge, di cui è primo firmatario, presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359).
A suo dire, tale iniziativa legislativa si muove in stretta connessione tematica con l'oggetto dei passaggi del libro contestati, volendo in realtà far luce sulla gestione dei collaboratori di giustizia in termini di denaro corrisposto, vantaggi processuali offerti e influenza indebita sulle dichiarazioni da loro acquisite. Le finalità della proposta di legge citata, esplicitate nella relazione illustrativa, consistono nell'esigenza di far luce sulla non corretta gestione dei cosiddetti «pentiti» e sul conseguente inquinamento di indagini e di processi vertenti sui rapporti tra mafia e politica ad opera di magistrati cui verrebbe permesso di fondare strumentali teoremi accusatori su dichiarazioni di pentiti compiacenti.
Da ultimo, la relazione rileva che l'iniziativa legislativa si pone in linea di continuità con l'analogo disegno di legge (atto Senato n. 1848) della medesima legislatura, firmato anche dal presidente emerito Francesco Cossiga.
Le parti del libro controverse, in effetti, riguardano proprio le modalità di acquisizione di confidenze rese da un mafioso divenuto collaboratore di giustizia, tale Giuseppe Pellegriti. Si adombra che la gestione di quest'ultimo - da parte del pubblico ministero Libero Mancuso - sia avvenuta con azioni non pienamente trasparenti: l'affiancamento in cella con una persona di sua fiducia che potesse riferirgli le confidenze; la mancata condivisione delle informazioni con altri organi giudiziari, il possibile uso strumentale delle dichiarazioni del pentito, anche in ragione delle ripercussioni sui rapporti con le vicende politiche del tempo, quale, in particolare, l'omicidio di Piersanti Mattarella e la ricerca dei mandanti di quell'azione criminosa.
La questione di merito che si pone all'attenzione della Giunta consiste nel verificare se sia ravvisabile un nesso funzionale tra le opinioni espresse nel libro e la citata proposta di legge.
Vale la pena ricordare la restrittiva interpretazione della Corte costituzionale - ormai consolidata ancorché non pienamente condivisa dalle Assemblee parlamentari - ribadita nella recente sentenza n. 221 dell'8 luglio 2014, secondo cui la sussistenza del nesso funzionale si fonda sul «concorso di due requisiti:
a) un legame di ordine temporale fra l'attività parlamentare e l'attività esterna [...], tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima;
b) una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule letterali usate [...], non essendo sufficiente né una semplice comunanza di argomenti né un mero contesto politico entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi [...], né il riferimento alla generica attività parlamentare o l'inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento [...], né, infine, un generico collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale».
Nel caso di specie il legame temporale tra le due azioni è plausibile: la pubblicazione del libro, databile al 13 luglio 2011, segue di poco la presentazione della citata proposta di legge.
Quanto al secondo requisito - ovvero la sostanziale corrispondenza di significato - esso è però difficilmente ravvisabile nel caso di specie.
Al riguardo, si richiamano le più recenti sentenze nn. 55 e 221 del 2014, ma anche le pronunce n. 82 del 2011 e n. 313 del 2013: «Il nesso che deve, dunque, sussistere tra “la dichiarazione divulgativa extra moenia e l'attività parlamentare propriamente intesa, non può essere visto come un semplice collegamento di argomento o di contesto politico fra l'una e l'altra, ma come identificabilità della dichiarazione quale espressione della attività parlamentare, postulandosi anche, a tal fine, una sostanziale contestualità tra i due momenti, a testimonianza dell'unitario alveo funzionale che le deve, appunto, correlare”».
È stato altresì rilevato, nel corso del dibattito, come il procedimento riguardi un libro che si configura in modo evidente come una pubblicazione di natura prettamente giornalistica volta a raccogliere una sorta di racconto autobiografico dell'ottavo Presidente della Repubblica italiana. L'invocazione della prerogativa dell'insindacabilità parlamentare relativa ad un fatto circostanziato e determinato riferito - e riportato in prima persona singolare - dal presidente Cossiga appare non pertinente.
Per la giurisprudenza della Giunta - certamente più articolata di quella rigidamente seguita dalla Corte costituzionale nelle sue pronunce - si richiede pur sempre uno specifico collegamento tra le dichiarazioni per le quali si chiede l'immunità e l'attività politica e parlamentare svolta, tanto più forte laddove, come nel caso di specie, ci si trovi di fronte a dichiarazioni che si concretizzano non in valutazioni bensì nell'attribuzione di un fatto determinato.
Non sembra quindi possibile ritenere che alle dichiarazioni di Renato Farina rese con il mezzo del libro stampato, per quanto in ipotesi contestuali alla presentazione della proposta di legge, possa riconoscersi quella finalità «divulgativa di attività tipica del parlamentare» che per il giudice delle leggi (sentenza n. 222 del 2014) ne consentirebbe la collocazione nell'alveo dell'insindacabilità.
Per tali ragioni, con votazione unanime, la Giunta per le autorizzazioni propone all'Assemblea di dichiarare che ai fatti oggetto del procedimento civile non si applichi l'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Matteo BRAGANTINI, relatore
ALLEGATO
Martedì 30 settembre 2014. — Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, comunica che l'interessato, successivamente all'istanza di insindacabilità dello scorso 24 luglio, ha prodotto ulteriore documentazione - contenuta nel fascicolo di seduta - ed ha altresì comunicato di voler esercitare la facoltà di fornire alla Giunta i chiarimenti reputati opportuni.
Inoltre, l'interessato ha segnalato che la Corte d'Appello di Milano ha fissato per la discussione finale della causa d'appello l'udienza del 29 ottobre 2014, assegnando alle parti il termine del 1o ottobre 2014 per la presentazione di note conclusive.
Avverte, quindi che, nella seduta odierna, avrà luogo l'audizione dell'interessato.
Intervenendo in sostituzione del relatore Bragantini, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, ricorda che la domanda in titolo riguarda affermazioni contenute in un libro pubblicato nel 2011, dal titolo «Cossiga mi ha detto», a firma di Renato Farina, al tempo membro del Parlamento. In esso sono riportati alcuni episodi sul dottor Libero Mancuso, relativi alla sua azione nella magistratura, ritenuti da quest'ultimo lesivi della propria onorabilità.
La questione viene all'esame della Giunta in quanto, lo scorso 24 luglio 2014, Renato Farina ha adito la Giunta affinché sia valutato in questa sede che le medesime affermazioni sono connesse all'esercizio delle sue funzioni parlamentari.
Evidenzia fin d'ora che - pur essendo stata eccepita dinanzi al Tribunale di Monza l'applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione - il giudice non ha proceduto a sospendere il processo ma ha invece pronunciato, nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 702-bis c.p.c., ordinanza di condanna al risarcimento del danno. Dunque non ha applicato quanto disposto dall'articolo 3 della legge n. 140 del 2003.
Il procedimento pende adesso in secondo grado dinanzi la Corte di appello di Milano, che ha fissato l'udienza per la discussione finale della causa il prossimo 29 ottobre.
Nel richiamare brevemente i fatti oggetto della controversia giudiziaria, ricorda che un passaggio del citato libro riferisce di taluni comportamenti attribuiti dal presidente Cossiga al dottor Mancuso, che al tempo ricopriva le funzioni di sostituto procuratore a Bologna.
In particolare, a suo dire, il magistrato si sarebbe avvalso di Angelo Izzo, noto torturatore e assassino del Circeo - assicurandogli peraltro un eccellente trattamento carcerario - e lo avesse messo nella cella di un mafioso, tale Giuseppe Pellegriti, al fine di raccoglierne le confidenze.
Per tale iniziativa sarebbe quindi avvenuto un alterco con il magistrato Giovanni Falcone che, appresa la notizia, gli avrebbe intimato di non invadere le altrui competenze, incontrando la resistenza di Mancuso, derivante dalle sue convinzioni politiche.
Per tali affermazioni il dottor Mancuso ha citato in giudizio l'onorevole Renato Farina, ritenendo che le false circostanze riportate nel volume hanno l'effetto di screditare la sua figura.
Il giudizio di primo grado - svoltosi nelle forme del procedimento sommario di cognizione - si è concluso il 19 dicembre 2013 con la condanna a corrispondere 25 mila euro. L'ordinanza è adesso oggetto di giudizio in appello, essendo stata impugnata da Renato Farina.
Come già evidenziato, invita preliminarmente la Giunta a porre attenzione allo sviluppo processuale della vicenda.
Infatti, nella comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado, la parte convenuta ha ritualmente eccepito l'insindacabilità delle opinioni espresse nel libro, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, e dunque l'improcedibilità della domanda risarcitoria, in ossequio al disposto dell'articolo 3 della legge n. 140 del 2003.
Ricorda che, di fronte a tale iniziativa processuale, la legge consente al magistrato la sola scelta tra due percorsi alternativi: accogliere l'eccezione, eventualmente consentendo alle parti di precisare le conclusioni prima di emettere la pronuncia definitoria del giudizio, oppure - ove ritenga di non accogliere l'eccezione - trasmettere gli atti alla Camera competente affinché essa si esprima sul punto. In questo secondo caso il procedimento è sospeso fino alla deliberazione parlamentare e comunque non oltre novanta giorni.
Come già sottolineato, l'ordinanza che ha definito il giudizio di primo grado ha omesso del tutto di pronunciarsi sull'eccezione di insindacabilità e quindi l'interessato ha esercitato la facoltà - ai sensi dell'articolo 3, comma 7, della legge n. 140 del 2003 - di attivarsi direttamente presentando l'istanza concernente l'applicazione della insindacabilità. Di tale iniziativa l'autorità giudiziaria presso cui pende in appello la causa è stata informata dalla stessa Presidenza della Camera.
Ritiene opportuno ribadire che l'obbligo di sospendere il procedimento in caso di mancato accoglimento dell'eccezione è sancito in modo esplicito dalla legge e risponde ad un principio di economia procedurale: infatti, ogni ulteriore attività processuale sarebbe posta in essere inutilmente ove la Camera riconoscesse l'applicazione della prerogativa di cui all'articolo 68 della Costituzione al caso concreto, determinando l'estinzione del procedimento.
Giova richiamare i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 149 del 2007, in sede di conflitto di attribuzione originato da un caso in cui l'autorità giudiziaria - a fronte dell'eccezione di insindacabilità proposta dal deputato interessato - aveva proseguito il giudizio, dapprima rinviando la causa per la precisazione delle conclusioni e, infine, assegnando la causa a sentenza.
La Corte - adita in sede di conflitto di attribuzione dalla Camera dei deputati dopo aver deliberato l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato interessato - ha affermato che «dopo la formulazione dell'eccezione di applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, il giudice non poteva prescindere dall'applicazione della disciplina contenuta nei commi 3, 4 e 5 dell'articolo 3 della legge n. 140. Conseguentemente, devono essere annullati i provvedimenti di rinvio delle udienza (...), nonché il provvedimento di trattenimento in causa». Inoltre, «la mancata tempestività dell'assunzione da parte del giudice di una decisione circa la sussistenza o meno della prerogativa parlamentare, con tutte le conseguenze di cui all'articolo 3 della legge n. 140 del 2003, costituisce un evidente disconoscimento delle funzioni costituzionalmente attribuite alla Camera dei deputati e si traduce anche nella violazione di quell'obbligo di leale collaborazione che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve sempre e comunque caratterizzare le relazioni tra i poteri dello Stato».
Appare quindi acclarato come, nel caso di specie, gli atti posti in essere dal giudice dopo la formulazione della eccezione di insindacabilità siano viziati dal mancato rispetto delle procedure dettate dalla legge a tutela delle prerogative parlamentari.
Non è questa, evidentemente, la sede per valutare la regolarità degli atti giudiziari, ma ritiene che la Giunta debba comunque censurare il comportamento del magistrato, eventualmente anche formulando una apposita segnalazione al Consiglio superiore della magistratura. Resta fermo che - in questa sede - rientra nell'esclusivo sindacato della Giunta verificare la riconducibilità delle espressioni contestate alla prerogativa di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
In questo senso, l'onorevole Renato Farina ha prodotto atti parlamentari tipici posti in essere dal presidente Cossiga ed ha preannunciato che - nella sua audizione - intende altresì richiamare i contenuti di una proposta di legge a sua prima firma presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359).
Gea SCHIRÒ (SCpI) chiede se l'onorevole Renato Farina sia coinvolto in altri procedimenti analoghi connessi alla sua attività di scrittore e giornalista, ritenendo che tale informazione potrebbe essere funzionale ad una valutazione complessiva del contesto in cui si innesta la vicenda oggetto del giudizio.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, rileva che tale informazione non è in possesso della Giunta, la cui cognizione è limitata al caso di specie.
(Viene introdotto Renato Farina).
Renato FARINA ricorda di aver raccolto i contenuti di una lunga intervista resa dal presidente Cossiga nel 2008 nel libro che, in ogni caso, è stato pubblicato nel giugno 2011 a sua firma e, dunque, sotto la sua esclusiva responsabilità.
L'episodio oggetto del giudizio civile gli è stato riferito dal presidente Cossiga, come si desume inequivocabilmente dalla circostanza che quest'ultimo ne fece oggetto di una interpellanza presentata nel 1992 al Senato, da lui prodotta agli atti.
Nel riportare tali fatti, risalenti a più di venti anni prima, riteneva di esercitare il diritto di cronaca, che ha infatti invocato dinanzi al tribunale di Monza, unitamente alla prerogativa dell'insindacabilità parlamentare.
Al proposito, segnala di aver adito con colpevole ritardo la Giunta nella presunzione che dovesse essere l'autorità giudiziaria a pronunciarsi in prima istanza su tali profili, circostanza che non si è verificata determinando - a suo avviso - un vulnus delle guarentigie dell'istituzione parlamentare.
A tale riguardo segnala alla Giunta una sua specifica iniziativa parlamentare posta in essere alcuni mesi prima della pubblicazione del libro che, a suo dire, assume rilevanza nelle valutazioni che la Giunta è chiamata a svolgere. Si riferisce, in particolare, alla proposta di legge a sua prima firma presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359). Obiettivo di tale iniziativa legislativa concerne una tematica affine all'oggetto dei passaggi del libro contestati, volendo in realtà far luce sulla gestione dei collaboratori di giustizia in termini di denaro corrisposto, vantaggi offerti ed altro ancora.
Precisa, infine, di aver avanzato anche nell'atto introduttivo dell'appello la richiesta di riconoscere l'operatività dell'istituto dell'insindacabilità parlamentare e di aver segnalato all'autorità giudiziaria l'avvio del presente procedimento parlamentare.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, invita l'onorevole Renato Farina a precisare se le dichiarazioni rese dal presidente Cossiga sono state oggetto di registrazione.
Renato FARINA conferma tale circostanza, evidenziando che tuttavia, nel giudizio di primo grado, non si è ritenuto - per ragioni procedurali - né di acquisire agli atti le registrazioni e le relative trascrizioni né di assumere la testimonianza di una sua collaboratrice che era presente agli incontri.
Nunzia DE GIROLAMO (NCD) chiede all'onorevole Renato Farina se le registrazioni, pur non acquisite agli atti, siano state comunque ascoltate in udienza.
Renato FARINA replica di non essere in grado di fornire spiegazioni tecniche su tale profilo processuale, su cui comunque i suoi legali hanno formulato uno specifico motivo di gravame.
Franco VAZIO (PD) chiede se vi sia contestazione sulle modalità con cui è stata riportata la conversazione nel libro.
Renato FARINA replica che non vi è alcuna contestazione e che il libro riproduce in modo fedele i contenuti delle dichiarazioni del presidente Cossiga.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, non essendovi ulteriori richieste di intervento, ringrazia il collega e dichiara conclusa l'audizione.
(Renato Farina si allontana dall'aula).
Ignazio LA RUSSA, Presidente, rinvia il seguito dell'esame ad una prossima seduta, con l'intesa che in quella sede - in ragione dei tempi di svolgimento del procedimento civile rappresentati dall'interessato - la Giunta procederà alla deliberazione finale.
Martedì 14 ottobre 2014. - Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.
La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 30 settembre 2014.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, dopo aver preliminarmente riassunto gli elementi principali della relazione introduttiva da lui esposta nella precedente seduta in sostituzione del relatore, onorevole Bragantini, chiede a quest'ultimo se intenda formulare una proposta di deliberazione alla Giunta.
Matteo BRAGANTINI (LNA), relatore, pur dichiarandosi pronto, ritiene comunque opportuno che si dia previamente luogo al dibattito, al fine di poter tener conto degli orientamenti e degli spunti offerti.
Anna ROSSOMANDO (PD) invita la Giunta a formarsi un orientamento sulla base della peculiare tipologia di documento che viene all'attenzione della Giunta. Il procedimento che riguarda l'onorevole Renato Farina ha infatti ad oggetto un passaggio di un suo libro che si configura in modo evidente come una pubblicazione di natura prettamente giornalistica. Oltre a confermarlo lo stesso Renato Farina nella sua audizione, ne costituisce testimonianza la struttura espositiva del testo: ogni capitolo è introdotto da una domanda cui segue una risposta del Presidente Cossiga, riportata nella forma verbale della prima persona singolare. Analogamente, il contenuto del libro si configura come una sorta di autobiografia dell'ottavo Presidente della Repubblica italiana. Addirittura, secondo l'autore, il libro di compone di conversazioni e dichiarazioni del Presidente Cossiga che sono state registrate e fedelmente riportate.
È del tutto naturale, quindi, che la comparsa di costituzione e risposta insista nel rivendicare l'esimente del diritto di cronaca affermando in modo esplicito che: «il libro costituisce di fatto un'intervista a Francesco Cossiga (...), l'onorevole Farina si è limitato a riportare le dichiarazioni rese (...)».
Appare invece non del tutto pertinente l'invocazione parallela della prerogativa dell'insindacabilità parlamentare relativa ad un fatto circostanziato e determinato riferito - e riportato in prima persona singolare - dal Presidente Cossiga.
Premesso che per le valutazioni della Giunta non può certo invocarsi «l'insindacabilità di opinioni altrui», ricorda che la giurisprudenza della Giunta - certamente più articolata di quella rigidamente seguita dalla Corte costituzionale nelle sue pronunce - richiede pur sempre uno specifico collegamento tra le dichiarazioni per le quali si chiede l'immunità e l'attività politica e parlamentare svolta. Vale la pena ricordare, al proposito, come in una sua recente deliberazione la Giunta abbia riconosciuto il nesso funzionale tra un intervento parlamentare dell'onorevole Cicchitto e un suo articolo giornalistico dopo aver verificato, da un lato, la coincidenza di contenuti e, dall'altro, la natura di valutazioni politiche esposte nell'articolo di giornale, peraltro firmato in qualità di presidente di un Gruppo parlamentare.
Nel caso di specie ci si trova, invece, di fronte a dichiarazioni che assumono la natura divulgativa propria della forma giornalistica e che si concretizzano non in valutazioni bensì nell'attribuzione di un fatto determinato.
Conclusivamente, ritiene utile soffermarsi anche sul profilo procedurale connesso alla omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla eccezione d'insindacabilità sollevata dalla parte processuale. Ricorda che tale elemento è stato posto in evidenza dal presidente La Russa nella scorsa seduta, in cui aveva anche prospettato l'ipotesi di un'apposita nota informativa da trasmettere, per il tramite del Presidente della Camera, al Consiglio superiore della magistratura.
Al riguardo, reputa in ogni caso opportuno che un'eventuale nota precisi come alla Giunta non competa alcun sindacato sulla regolarità del procedimento giurisdizionale, spettando ad essa solo ed esclusivamente verificare la riconducibilità delle espressioni contestate alla prerogativa di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione nelle forme in cui l'articolo 3 della legge n. 140 del 2003 lo consente e lo prevede. La nota in oggetto dovrebbe assumere dunque una mera funzione informativa e non certo di censura dell'operato della magistratura.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, con riferimento alle iniziative da assumere da parte della Giunta in ordine all'elevazione della eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ed alla eventuale omissione da parte del giudice di ogni pronuncia in merito, ritiene necessario acquisire preventivamente gli elementi informativi in forma ufficiale dall'organo giudiziario presso cui si trova il fascicolo processuale.
Matteo BRAGANTINI (LNA), relatore, concorda con il presidente La Russa, reputando che tale approfondimento istruttorio debba precedere la deliberazione della Giunta sulla richiesta in titolo.
Anna ROSSOMANDO (PD) non opponendosi a tale iniziativa rileva che l'interlocuzione dell'organo parlamentare con il potere giudiziario deve sempre essere circoscritta all'acquisizione di informazioni documentali.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, dando assicurazioni in tal senso, prende atto che non vi sono obiezioni alla sua proposta di acquisire - in via preliminare rispetto alla deliberazione di competenza della Giunta - dalla Corte d'appello di Milano elementi documentali concernenti lo svolgimento del giudizio di primo grado, con particolare riguardo all'elevazione della eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ed alla eventuale omissione da parte del giudice di ogni pronuncia in merito.
Rinvia pertanto il seguito dell'esame ad una successiva seduta.
Martedì 28 ottobre 2014. — Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, ricorda che, nella seduta dello scorso 14 ottobre, la Giunta aveva convenuto di acquisire - in via preliminare rispetto alla deliberazione di sua competenza - elementi documentali dalla Corte d'appello di Milano concernenti lo svolgimento del giudizio di primo grado, con particolare riguardo all'elevazione della eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ed alla eventuale omissione da parte del giudice di ogni pronuncia in merito.
Al riguardo, comunica che il Presidente della Corte di appello di Milano, dottor Canzio, ha dato riscontro alla richiesta segnalando che nell'udienza di domani, 29 ottobre, la II Sezione civile «deciderà, tra l'altro, anche in tema di eventuale sospensione del giudizio ai sensi dell'articolo 3, comma IV, legge n. 140/2003, per effetto di valida eccezione di applicabilità dell'articolo 68, comma 1, Costituzione».
Nella medesima missiva il presidente Canzio ha preannunciato la trasmissione dell'esito dell'udienza nonché degli ulteriori documenti richiesti dalla Giunta in merito a quanto indicato nell'istanza di Renato Farina, secondo cui egli ha eccepito dinanzi al magistrato del tribunale di Monza l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, ma quest'ultimo ha assunto comunque il provvedimento conclusivo del giudizio di primo grado senza pronunciarsi su di essa e, conseguentemente, senza interpellare la Camera competente, come invece prevede espressamente l'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003.
Ha ritenuto opportuno informare i colleghi della corrispondenza intercorsa con l'autorità giudiziaria anche al fine di proporre alla Giunta - proprio in ragione della necessità di attendere le preannunciate comunicazioni da parte della Corte d'appello di Milano - un rinvio del prosieguo della trattazione del punto all'ordine del giorno.
Informa, inoltre, il difensore del dottor Libero Mancuso, avvocato Francesco Paola, ha fatto pervenire una nota con cui chiede di essere sentito nell'interesse del suo assistito «in ordine alla inammissibilità od in subordine infondatezza manifesta» dell'istanza all'esame della Giunta.
A tale nota si riserva di rispondere in senso negativo, atteso che il procedimento parlamentare relativo all'applicazione della prerogativa costituzionale si incentra esclusivamente nella istruttoria concernente la sussistenza del nesso funzionale tra l'opinione espressa e l'esercizio del mandato rappresentativo.
La norma regolamentare, al riguardo, prevede esclusivamente per la Giunta la possibilità di invitare il deputato interessato a fornire i chiarimenti che egli ritenga opportuni, evidentemente nella logica di consentire alla Giunta il massimo grado di approfondimento sul tema del nesso funzionale. È esclusa - ed infatti non si è mai verificata in passato - la partecipazione nell'ambito del procedimento parlamentare di colui che riveste la qualità di parte in sede processuale.
Osserva, conclusivamente, che l'attività istruttoria che compie la Giunta, a differenza di quanto avviene nelle Commissioni parlamentari d'inchiesta, non è certo assimilabile a quella che si svolge nelle sedi giudiziarie, potendo - tutt'al più - avvalersi della collaborazione della magistratura nei casi in cui reputi opportuno acquisire documenti da quest'ultima.
Non essendovi obiezioni, il seguito dell'esame è pertanto rinviato ad una prossima seduta.
Giovedì 13 novembre 2014. — Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, facendo seguito alla sua comunicazione dello scorso 28 ottobre 2014, informa che la Corte di appello di Milano, presso cui pende il procedimento in titolo, ha trasmesso alla Giunta l'ordinanza emessa in data 29 ottobre 2014 con cui dispone la trasmissione alla Camera degli atti relativi al giudizio di primo e secondo grado e, conseguentemente, sospende il procedimento fino alla deliberazione parlamentare e, comunque, non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera, pervenuti venerdì 7 novembre 2014.
I citati documenti processuali, adesso a disposizione dei membri della Giunta, erano stati richiesti lo scorso 14 ottobre al fine di approfondire la questione concernente la omissione da parte del giudice di primo grado della pur doverosa pronuncia in merito alla eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
A tal riguardo, nelle scorse sedute la Giunta aveva anche prospettato la possibilità di evidenziare tale anomala circostanza, riservandosi di farne oggetto di apposita segnalazione al Consiglio superiore della magistratura ovvero - soluzione che a lui appare più adeguata - alla Presidenza della Camera, trattandosi di una questione che concerne l'effettivo esercizio di prerogative parlamentari.
Ciò anche in ragione del fatto che l'acquisizione della documentazione richiesta pone adesso l'organo parlamentare nelle condizioni di deliberare prima dell'ulteriore corso del processo, rimediando all'omissione del primo giudice.
Invita pertanto i colleghi a prendere visione degli atti, allo scopo di poter proseguire il dibattito e pervenire alla determinazione di competenza della Giunta già nel corso della prossima seduta.
Anna ROSSOMANDO (PD) valuta positivamente la soluzione adottata dalla Corte d'appello di Milano che, disponendo la trasmissione degli atti e la sospensione del processo, manifesta quel rispetto delle prerogative parlamentari che la Giunta non aveva invece ritenuto osservato da parte del magistrato di primo grado. Si può quindi ritenere essersi verificato una sorta di effetto «sanante» che potrebbe rendere non più necessaria l'iniziativa di trasmettere in merito una nota al Consiglio superiore della magistratura, che pure aveva ella stessa sostenuto.
Reputa in ogni caso utile che sia lasciata traccia di questa anomalia procedurale, segnalandola - nelle forme più opportune - alla Presidenza della Camera.
Concorda altresì con la proposta del presidente di addivenire in tempi congrui alle deliberazioni di merito, su cui il suo gruppo ha già manifestato i propri orientamenti.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, prende atto che i vi è intesa per svolgere la prossima seduta mercoledì 26 novembre 2014.
Rinvia, pertanto, il seguito dell'esame.
Mercoledì 3 dicembre 2014. — Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.
La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo su cui - da ultimo - il presidente ha reso comunicazioni il 13 novembre 2014.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, ricorda che lo scorso 14 ottobre la Giunta aveva convenuto - in via preliminare rispetto alla deliberazione di sua competenza - di acquisire elementi documentali dalla Corte d'appello di Milano, concernenti lo svolgimento del giudizio di primo grado, con particolare riguardo all'elevazione della eccezione di parte sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ed alla eventuale omissione da parte del giudice di ogni pronuncia in merito, che sarebbe stata invece doverosa.
Alla nota è stato dato sollecito riscontro da parte del Presidente della Corte di Appello di Milano, dott. Canzio, che ha segnalato come nell'udienza del 29 ottobre, la II Sezione civile avrebbe deciso «anche in tema di eventuale sospensione del giudizio ai sensi dell'articolo 3, comma IV, legge n. 140/2003, per effetto di valida eccezione di applicabilità dell'articolo 68, comma 1, Costituzione».
Con successiva comunicazione, il Presidente Canzio ha trasmesso alla Giunta l'ordinanza emessa dal giudice competente in data 29 ottobre 2014 che: «1) dispone la trasmissione degli atti relativi al giudizio di primo e secondo grado alla Camera dei Deputati; 2) sospende il procedimento fino alla deliberazione della Camera di appartenenza dell'appellante Farina e comunque non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera predetta».
Il rilievo di carattere procedurale mosso dalla Giunta appare dunque essere stato condiviso dall'autorità giudiziaria, come emerge chiaramente dalla parte motiva dell'ordinanza trasmessa, che si configura come rimedio all'omissione del giudice di prime cure.
Nella scorsa seduta era emerso l'orientamento - che, se non vi sono obiezioni, può essere confermato - di evidenziare tale anomala circostanza, informandone - per sua opportuna conoscenza - la Presidenza della Camera, trattandosi di una questione che concerne l'effettivo esercizio di prerogative parlamentari.
La Giunta concorda.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, non essendovi richieste di intervento, invita il relatore a formulare una proposta da sottoporre al voto della Giunta.
Matteo BRAGANTINI (LNA), relatore, preannuncia di voler limitare il proprio intervento ai soli elementi essenziali della sua proposta, chiedendo alla presidenza di poter allegare al resoconto della seduta odierna il testo integrale (vedi allegato).
Ignazio LA RUSSA, Presidente, accoglie tale richiesta.
Matteo BRAGANTINI (LNA), relatore, evidenzia che la questione di merito che si pone all'attenzione della Giunta consiste essenzialmente nel verificare se sia ravvisabile un nesso funzionale tra le opinioni espresse nel libro dal parlamentare e la proposta di legge, di cui è primo firmatario, presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359), richiamata da Renato Farina nel corso della sua audizione presso la Giunta.
Appare, al riguardo, opportuno ricordare la restrittiva interpretazione della Corte costituzionale - ormai consolidata ancorché non pienamente condivisa dalle Assemblee parlamentari - ribadita nella recentissima sentenza n. 221 dell'8 luglio 2014, secondo cui perché sussista il nesso funzionale «è “necessario il concorso di due requisiti: a) un legame di ordine temporale fra l'attività parlamentare e l'attività esterna [...], tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima; b) una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule letterali usate [...], non essendo sufficiente né una semplice comunanza di argomenti né un mero ’contesto politico’ entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi [...], né il riferimento alla generica attività parlamentare o l'inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento [...], né, infine, un generico collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale” (da ultimo, sentenza n. 55 del 2014)».
Nel caso di specie il legame temporale tra le due azioni è plausibile: la pubblicazione del libro, databile al 13 luglio 2011, segue di poco la presentazione della citata proposta di legge.
Quanto al secondo requisito - ovvero la sostanziale corrispondenza di significato - esso risulta però difficilmente ravvisabile nel caso di specie.
La costante giurisprudenza della Corte costituzionale ritiene che la prerogativa della insindacabilità non sia invocabile quando tra l'atto tipico e l'opinione espressa vi sia solo un generico collegamento tematico ovvero quando la corrispondenza contenutistica sia parziale.
Al riguardo, richiama le recenti sentenze n. 55 e 221 del 2014, ma anche le pronunce n. 82 del 2011 e 313 del 2013: «Il nesso che deve, dunque, sussistere tra “la dichiarazione divulgativa extra moenia e l'attività parlamentare propriamente intesa, non può essere visto come un semplice collegamento di argomento o di contesto politico fra l'una e l'altra, ma come identificabilità della dichiarazione quale espressione della attività parlamentare, postulandosi anche, a tal fine, una sostanziale contestualità tra i due momenti, a testimonianza dell'unitario alveo ’funzionale’ che le deve, appunto, correlare”».
Non sembra quindi possibile ritenere che alle dichiarazioni dell'onorevole rese con il mezzo del libro stampato, per quanto in ipotesi contestuali alla presentazione della proposta di legge, possa riconoscersi quella finalità divulgativa di attività tipica del parlamentare che, per il giudice delle leggi (sentenza n. 222 del 2014), ne consentirebbe la collocazione nell'alveo dell'insindacabilità.
La sua proposta è pertanto di deliberare nel senso che alle opinioni espresse dall'onorevole Renato Farina non si applichi la prerogativa dell'insindacabilità parlamentare.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, prima di passare al voto, al quale non intende partecipare, avverte che il collega Chiarelli, nel comunicargli di essere impossibilitato ad intervenire nella seduta odierna, si è riservato di assumere le funzioni di relatore di minoranza.
Pone, quindi, ai voti la proposta formulata dal relatore di deliberare che ai fatti oggetto del procedimento non si applichi il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
La Giunta approva, con 11 voti favorevoli, la proposta del relatore.
Al relatore è quindi conferito il mandato di predisporre il documento per l'Assemblea.
ALLEGATO
Nel formulare la mia proposta, ritengo utile soffermarmi sulle precisazioni fornite da Renato Farina nel corso della sua audizione.
In primo luogo, egli ha ribadito che i contenuti del libro derivano dalle dichiarazioni rese dal Presidente Cossiga e che tale circostanza troverà conferma nelle registrazioni delle conversazioni, prodotte in Appello. Ciò può assumere rilievo per il giudizio, il cui thema decidendum ruota sulla natura diffamatoria delle dichiarazioni riportate nel libro e sulla esimente del diritto di cronaca.
Secondo la difesa di Farina si tratta di affermazioni che, in quanto interamente attribuibili a Cossiga, sono dotate di un intrinseco interesse pubblico alla loro divulgazione. La difesa di Mancuso osserva invece che «Farina ne aggrava il senso, aggiungendo delle frasi, interpolandole».
La questione costituisce oggetto della esclusiva cognizione del giudice.
La Giunta non è competente infatti a valutare se siano o meno fedelmente riprodotte le parole di Cossiga, né se le opinioni di quest'ultimo siano sindacabili o meno, atteso che la prerogativa parlamentare può essere invocata solo da chi ne sia titolare e non da chi riporta frasi di altri. Così almeno secondo l'orientamento prevalente, che rileva come una diversa interpretazione estenderebbe l'immunità a soggetti estranei all'esercizio delle funzioni che costituiscono il fondamento della prerogativa stessa, determinando una sorta di «immunità da contagio» (Cass. pen. V sez., sentenza del 5.03.2010 n. 13198).
Nella medesima audizione, Renato Farina ha tuttavia inteso rivendicare la sua esclusiva responsabilità per quanto riportato nel libro, di cui è unico autore, e ciò legittima la sua richiesta di apprezzare l'insindacabilità delle sue opinioni.
In questa prospettiva, occorre dunque valutare l'eventuale sussistenza del loro nesso con l'esercizio della funzione parlamentare.
Sul punto, gli atti processuali acquisiti dalla Giunta, portano ad una prima considerazione. Pur essendo stata pur ritualmente avanzata nella comparsa di costituzione e risposta, mai è stata trattata in quella sede l'eccezione di insindacabilità.
Non lo ha fatto il giudice, che pure aveva il dovere di esprimersi sul punto - ma la questione è stata esaustivamente affrontata dal presidente La Russa - ma nemmeno la parte interessata, in nessun momento processuale, ha prospettato la sussistenza del nesso funzionale tra opinioni espresse e specifici momenti di attività parlamentare tale da supportare l'eccezione di insindacabilità.
Invero, nel corso dell'audizione, Renato Farina ha richiamato una sua specifica iniziativa parlamentare: la proposta di legge, di cui è primo firmatario, presentata il 16 maggio 2011, dal titolo «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia» (A.C. n. 4359).
A suo dire, tale iniziativa legislativa si muove in stretta connessione tematica con l'oggetto dei passaggi del libro contestati, volendo in realtà far luce sulla gestione dei collaboratori di giustizia in termini di denaro corrisposto, vantaggi offerti ed altro ancora.
Le parti del libro controverse, infatti, riguarderebbero proprio le modalità di acquisizione di confidenze rese da un mafioso divenuto collaboratore di giustizia, tale Giuseppe Pellegriti.
Si adombra, quindi che la gestione di quest'ultimo - da parte del pubblico ministero Libero Mancuso - sia avvenuta con azioni non pienamente trasparenti: l'affiancamento in cella con una persona di sua fiducia che potesse riferirgli le confidenze; la mancata condivisione delle informazioni con altri organi giudiziari, il possibile uso strumentale delle dichiarazioni del pentito, anche in ragione delle ripercussioni sui rapporti con le vicende politiche del tempo, quale, in particolare, l'omicidio di Piersanti Mattarella e la ricerca dei mandanti di quell'azione criminosa.
Tali argomenti, ad avviso di Renato Farina, sarebbero strettamente legati alle finalità della proposta di legge citata esplicitate nella relazione illustrativa.
In essa si evidenzia l'esigenza di far luce sulla non corretta gestione dei cosiddetti «pentiti» e sul conseguentemente inquinamento di indagini e di processi vertenti sui rapporti tra mafia e politica ad opera di magistrati cui verrebbe permesso di fondare strumentali teoremi accusatori su dichiarazioni di pentiti compiacenti.
Da ultimo, la relazione rileva che l'iniziativa legislativa si pone in linea di continuità con l'analogo disegno di legge (atto Senato n. 1848) della medesima legislatura, firmato anche dal Presidente emerito Francesco Cossiga.
La questione di merito che si pone all'attenzione della Giunta consiste nel verificare se sia ravvisabile un nesso funzionale tra le opinioni espresse nel libro dal parlamentare e la citata proposta di legge, di cui è primo firmatario.
Vale la pena ricordare la restrittiva interpretazione della Corte costituzionale - ormai consolidata ancorché non pienamente condivisa dalle Assemblee parlamentari - ribadita nella recentissima sentenza n. 221 dell'8 luglio 2014.
«Le dichiarazioni rese (come nel caso in esame) extra moenia da un parlamentare sono coperte dalla prerogativa dell'insindacabilità di cui all'articolo 68, primo comma, Cost., a condizione che esse siano legate da un nesso funzionale con l'esercizio di funzioni parlamentari.
A tal fine, questa Corte ha ancora di recente ribadito che è «necessario il concorso di due requisiti:
a) un legame di ordine temporale fra l'attività parlamentare e l'attività esterna [...], tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima;
b) una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule letterali usate [...], non essendo sufficiente né una semplice comunanza di argomenti né un mero “contesto politico” entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi [...], né il riferimento alla generica attività parlamentare o l'inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento [...], né, infine, un generico collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale» (da ultimo, sentenza n. 55 del 2014)».
Nel caso di specie il legame temporale tra le due azioni è plausibile: la pubblicazione del libro, databile al 13 luglio 2011, segue di poco la presentazione della citata proposta di legge.
Quanto al secondo requisito - ovvero la sostanziale corrispondenza di significato - ritengo però che sia difficilmente ravvisabile nel caso di specie.
La costante giurisprudenza della Corte costituzionale ritiene che la prerogativa della insindacabilità non sia invocabile quando tra l'atto tipico e l'opinione espressa vi sia solo un generico collegamento tematico ovvero quando la corrispondenza contenutistica sia parziale.
Al riguardo, si richiamano le più recenti sentenze n. 55 e 221 del 2014, ma anche le pronunce n. 82 del 2011 e 313 del 2013: «Il nesso che deve, dunque, sussistere tra “la dichiarazione divulgativa extra moenia e l'attività parlamentare propriamente intesa, non può essere visto come un semplice collegamento di argomento o di contesto politico fra l'una e l'altra, ma come identificabilità della dichiarazione quale espressione della attività parlamentare, postulandosi anche, a tal fine, una sostanziale contestualità tra i due momenti, a testimonianza dell'unitario alveo ’funzionale’ che le deve, appunto, correlare”».
Non sembra quindi possibile ritenere che alle dichiarazioni dell'onorevole rese con il mezzo del libro stampato, per quanto in ipotesi contestuali alla presentazione della proposta di legge, possa riconoscersi quella finalità «divulgativa di attività tipica del parlamentare» che per il giudice delle leggi (sentenza n. 222 del 2014) ne consentirebbe la collocazione nell'alveo dell'insindacabilità.
La proposta è pertanto di deliberare nel senso che alle opinioni espresse dall'onorevole Renato Farina non si applichi la prerogativa dell'insindacabilità parlamentare.