Allegato B
Seduta n. 348 del 6/7/2010


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AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
in Etiopia, sul bacino del fiume Omo, circa 250 km sud-ovest di Addis Abeba, è attualmente in fase di costruzione la diga Gibe III, dotata di impianto idroelettrico, il cui costo complessivo, previsto per la realizzazione, è di 1.470 milioni di euro;
dal sito ufficiale del Gibe III Hydroelectric Project, risulta che il Governo etiope ha avanzato formalmente al Governo italiano una richiesta di finanziamento per il progetto Gibe III, e che lo stesso Governo italiano ha previsto di stanziare circa 250 milioni di euro a copertura parziale dei costi del progetto, i cui lavori sono iniziati già nel 2006 e la cui percentuale di realizzazione risulta essere già al 30 per cento del progetto complessivo;
l'impianto Gibe III segue a breve distanza di tempo il completamento di un'altra centrale idroelettrica, chiamata Gibe II, la cui inaugurazione è avvenuta il 13 gennaio 2010 alla presenza del Ministro degli affari esteri, trattandosi di un progetto realizzato anch'esso con un ingente contributo italiano pari a circa 220 milioni di euro;
il Ministero degli affari esteri, infatti, aveva proceduto allo stanziamento di un credito di aiuto pari a circa 220 milioni di euro, nonostante un parere contrario del dipartimento del tesoro-direzione rapporti


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finanziari internazionali che contestava, tra le altre cose, l'eccessiva grandezza dell'ammontare del credito in rapporto alla consistenza del fondo rotativo, tale da far scendere la disponibilità di impegno del fondo a soli 375 milioni di euro e conseguentemente rischiando la mancanza di copertura economica per progetti già assunti in precedenza; si è trattato infatti del più grande credito d'aiuto mai erogato dal nostro Paese, una somma pari quasi ai due terzi dello stanziamento complessivo previsto dalla finanziaria 2010 per interventi di cooperazione in tutte le aree del mondo;
il dipartimento del tesoro aveva altresì rilevato l'inopportunità di rilasciare un credito di aiuto all'Etiopia - in assoluto il paese più povero del mondo - determinandosi così una violazione sostanziale della delibera n. 139 del 29 luglio 2003, che - conformemente agli orientamenti e alle deliberazioni assunte dal G7 e dal G8 sull'assistenza finanziaria ai paesi HIPC (ossia High Indebitated Poor Countries) - non prevede nei confronti di Paesi così classificati (tra i quali l'Etiopia) alcuna forma di concessione di crediti di aiuto; il parere esprimeva viva preoccupazione per il fatto che si andava ad approvare un nuovo credito nei confronti dell'Etiopia, nel momento in cui si stava finalizzando in sede internazionale l'accordo di cancellazione del debito bilaterale, di 360 milioni di euro, tra Italia ed Etiopia;
anche il Nucleo di valutazione tecnica della direzione generale della cooperazione allo sviluppo aveva presentato un parere in merito al contributo italiano nel quale si rilevava da un lato l'anomalia dell'affidamento del contratto di realizzazione delle opere alla Salini Costruttori s.pa. attraverso una trattativa diretta, una procedura che non trovava riscontro né nelle procedure vigenti interne alla direzione generale della cooperazione allo sviluppo, né nella normativa italiana, né nelle procedure applicate in materia dalle organizzazioni internazionali e dall'Unione europea; dall'altro si lamentava l'assenza di uno studio di fattibilità preventivo alla stipula del contratto tra l'Etiopia e la Salini costruttori s.p.a., l'insufficienza dello studio di impatto ambientale, l'inadeguatezza delle garanzie sulle modalità di adempimento del monitoraggio da parte di esperti della direzione generale della cooperazione allo sviluppo, nonché l'inopportunità di concedere un credito di aiuto ad un Paese con il quale era già in corso una trattativa per la cancellazione di 360 milioni di euro di debiti;
il 25 gennaio 2010, a soli 12 giorni dall'inaugurazione in presenza del Ministro, del premier etiope Zenawi e di gran parte del Governo etiope, il funzionamento della centrale elettrica dell'opera Gibe II si è interrotto a causa dell'avvenuto crollo del tunnel - lungo 26 chilometri ed infrastruttura principale della centrale idroelettrica -, come testimoniato anche da un servizio del Tg3 del 3 febbraio 2010 e da allora l'impianto non è più stato riavviato; tale tunnel era stato costruito dall'azienda italiana Salini costruttori s.p.a. che aveva ricevuto tramite trattativa diretta col governo Etiope (e quindi in assenza di una gara ad evidenza pubblica) l'appalto per la realizzazione di gran parte dell'opera;
nonostante i ministri interrogati non abbiano ancora fornito risposta ad un'interrogazione alla Camera dei deputati dall'8 febbraio 2010, a prima firma Realacci, sul Gibe II - che chiedeva tra le altre cose se i ministri interrogati intendessero verificare il corretto utilizzo delle risorse erogate al Governo etiope e alla Salini costruttori s.p.a per il progetto Gibe II - il Governo italiano sarebbe in procinto di stanziare ulteriori 250 milioni di euro per il progetto Gibe III, per il quale permangono molte delle obiezioni avanzate già in occasione del finanziamento del Gibe II nei rispettivi pareri del Ministero dell'economia e delle finanze, e dal Nucleo tecnico di valutazione della direzione generale della cooperazione allo sviluppo;
appare preoccupante che dopo i ripetuti tagli degli ultimi anni che hanno


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posto il settore della cooperazione allo sviluppo in una condizione di criticità acuta, venga stanziato un nuovo credito di aiuto di 250 milioni di euro a favore di un Paese classificato come HIPC, non in grado di fornire adeguate garanzie sulla solvibilità del debito, in assenza di un rigoroso piano di fattibilità e di un'adeguata valutazione d'impatto ambientale - tale da escludere che l'invaso possa mettere a rischio la sicurezza e la sopravvivenza dei villaggi e delle popolazioni della bassa valle del fiume Omo - nonché in violazione delle norme italiane e comunitarie in materia di appalti pubblici che impongono, anche per iniziative di cooperazione, l'espletamento di una procedura di selezione ad evidenza pubblica, e nella mancanza di un'adeguata procedura di controllo sulla gestione dei fondi da parte della direzione generale della cooperazione allo sviluppo;
tale vicenda sembra acquisire un rilievo diplomatico ancor più ampio e delicato proprio in questi giorni alla luce del recente fallimento dei negoziati in atto da dieci anni tra i nove paesi aderenti all'NBI (l'agenzia che coordina lo sfruttamento delle acque del bacino del Nilo) che ha riacceso forti tensioni diplomatiche tra Egitto e Sudan da una parte ed Etiopia, Uganda, Tanzania Ruanda e Kenya dall'altra, proprio sulla gestione delle acque del Nilo -:
se quanto riportato sul sito ufficiale del Gibe III Hydroelectric Project, in merito all'imminente stanziamento di ulteriori 250 milioni di euro da parte del Governo italiano per la costruzione della diga corrisponda al vero e, in caso affermativo, se sia stato adeguatamente valutato il rischio che tale credito di aiuto, che andrebbe a finanziare un'opera la cui costruzione è già stata affidata tramite trattativa diretta alla Salini Costruttori s.p.a. possa tradursi in un ulteriore spreco di risorse pubbliche, anche alla luce dell'esperienza del Gibe II;
se tale procedura oltre che inopportuna rispetto alle indicazioni dell'ultimo rapporto Ocse-Dac che chiedeva la riduzione del cosiddetto «aiuto legato», sia conforme alle norme nazionali e comunitarie in materia di appalti pubblici e delle deliberazioni assunte in ambito internazionale sull'assistenza finanziaria ai Paesi in via di sviluppo, volti a vietare la concessione di crediti di aiuto ai paesi HIPC.
(2-00786)
«Mogherini Rebesani, Ginefra, Marchi, Marchignoli, Narducci, Pes, Levi, De Micheli, Gozi, Concia, Brandolini, Laganà Fortugno, Morassut, Coscia, Capano, Bachelet, Realacci, Velo, Sereni, Pistelli, Martella, Marchioni, Andrea Orlando, Rigoni, Garavini, Santagata, Meta, Laratta, Berretta, Bressa, Rossomando, Fluvi, Cavallaro, Bellanova».

Interrogazione a risposta immediata:

TEMPESTINI, VILLECCO CALIPARI, MARAN, LIVIA TURCO, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, GOZI e TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie a mezzo stampa, il 30 giugno 2010 circa 250 cittadini eritrei che si trovavano presso il centro di Misratah, sulla costa della Tripolitania, sarebbero stati spostati con tre camion container nel centro di detenzione di Sebha, un centro nel sud della Libia da dove normalmente vengono effettuati i rimpatri degli immigrati irregolari provenienti dall'Africa occidentale;
sempre da notizie a mezzo stampa sembra che mentre alcuni di questi cittadini eritrei si trovavano a Misratah da un tempo molto lungo, altri vi sarebbero giunti a seguito delle operazioni di respingimento effettuate da più di un anno a questa parte dalle motovedette cedute dal Governo italiano alla Libia o direttamente dalle unità della Marina militare italiana;


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non si comprende ancora quali saranno le decisioni libiche in merito alla destinazione dei cittadini eritrei, in particolare se saranno oggetto di rimpatrio oppure se l'avvenuto trasferimento è stato determinato dalla rivolta scoppiata nei giorni precedenti a Misratah e, pertanto, se gli stessi resteranno trattenuti nel centro di Sebha;
la situazione a Misratah, infatti, è molto peggiorata dopo l'avvenuta chiusura improvvisa, l'8 giugno 2010, dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che operava in Libia in via di fatto da più di 19 anni e la cui attività costituiva una delle pochissime garanzie sul trattamento dei richiedenti asilo che restano in territorio libico, anche alla luce dell'accordo Italia-Libia, e che dall'8 giugno 2010 si trovano privati anche di quella minima possibilità di avanzare richiesta di asilo;
il Parlamento europeo, in una risoluzione approvata il 17 giugno 2010, dopo aver esortato le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo, ha invitato gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con Frontex, a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o a trattamenti inumani o degradanti;
è urgente che l'Unione europea adotti quanto prima un sistema comune in materia d'asilo, assicurando così il pieno rispetto di un principio ormai riconosciuto dal diritto internazionale generale e non lasciando il peso esclusivo della gestione di questo problema ai Paesi che sono per primi raggiunti dai richiedenti asilo;
le inumane condizioni di vita in Eritrea determinate dal regime autoritario di Isaias Afewerki - come documentato da diversi rapporti di organizzazioni non governative internazionali, tra cui Amnesty international, Reporter sans frontieres e Human rights watch - nonché la sussistenza di un servizio militare a tempo indeterminato, il clima di terrore, la negazione di ogni libertà individuale e sociale, il frequente arresto dei giornalisti, la persecuzione dei religiosi, il blocco di ogni attività produttiva sono la causa prima della fuga di centinaia di migliaia di giovani, tra i quali molti, verosimilmente, in possesso dei requisiti per presentare domanda di asilo;
ai sensi dell'articolo 1 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, entrato in vigore il 2 marzo 2009, le Parti si sono impegnate ad adempiere sia agli obblighi «derivanti dai principi e dalle norme del Diritto Internazionale universalmente riconosciuti, sia quelli inerenti al rispetto dell'Ordinamento Internazionale», mentre ai sensi dell'articolo 6 «le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente (...) agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo» -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare l'effettivo rispetto dei diritti garantiti ai sensi degli articoli 1 e 6 del Trattato con la Libia e per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e la riapertura dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nonché per acquisire notizie certe e garanzie sulle condizioni e la destinazione dei circa 250 cittadini eritrei, anche attivandosi con il Governo libico per consentire l'invio di una delegazione parlamentare italiana in visita ai centri di detenzione libici.
(3-01166)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PES. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Laura Ligas, cittadina italiana e Giscard Isifongi Isekolemo, cittadino congolese,


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entrambi residenti a Kinshasa nel 2005 hanno contratto matrimonio;
il matrimonio è regolarmente trascritto in Italia nei registri dello stato civile;
i coniugi nel 2009 hanno adottato Lesline Isekolemo, nipote di primo grado di Giscard Isifongi: sentenza del tribunale di conciliazione della Gombe/Kinshasa del 22 aprile 2009 e successivo atto di adozione del comune della Gombe/Kinshasa;
ai sensi dell'articolo 38 della legge n. 218 del 1995, in caso di adottanti con differente cittadinanza, l'adozione è regolata dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti;
al momento del procedimento e della sentenza gli adottanti erano entrambi residenti in Congo, il diritto applicabile all'adozione della bambina è quindi il diritto congolese;
gli effetti dell'adozione in Congo sono stabiliti dagli articoli 650 e 677 del «Code de la Famille congolaise» (Codice della Famiglia congolese). In particolare l'articolo 650 stabilisce che: «L'adoption crée, par l'effet de la loi, un lien de filiation distinct de la filiation d'origine de l'adopté» (l'adozione crea per legge un legame di filiazione distinto da quello di origine); l'articolo 677 stabilisce che: «L'adopté est considéré à tous égards comme étant l'enfant de l'adoptant. Il entre dans la famille de l'adoptant» (l'adottato è considerato a tutti gli effetti come il figlio dell'adottante. Egli entra nella famiglia dell'adottante);
Lesline Isekolemo deve quindi essere considerata a tutti gli effetti come figlia legittima di Giscard Isefongi Isekolemo e di Laura Ligas;
la sentenza di adozione congolese non è stata riconosciuta in Italia, ma essendo i coniugi cittadini congolesi, l'adozione è efficace;
in qualità di «familiare di cittadino dell'Unione europea», Lesline - ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 30 del 2007 - ha il diritto di libera circolazione, ingresso e soggiorno in Italia;
per esercitare tale diritto di ingresso, essendo cittadina extracomunitaria, Lesline ha bisogno del visto di ingresso;
avendo intenzione di viaggiare in Italia, nel maggio-giugno 2009 i coniugi hanno fatto richiesta all'Ambasciata italiana a Kinshasa di visto per familiare a favore della minore;
il consolato italiano non ha riconosciuto la validità della sentenza di adozione e non ha quindi concesso alla bambina il visto;
ad oggi alla bambina non è stato ancora concesso il visto;
è stata avviata la pratica per il riconoscimento da parte del tribunale dei minori di Cagliari;
la stampa in questi giorni ha riferito di altri casi simili a quello descritto sopra -:
se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se intenda intervenire, per quanto di sua competenza, tempestivamente per sanare tali situazioni e tutelare l'interesse del minore.
(5-03187)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI e GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
intorno all'attività che i consolati svolgono in favore delle comunità italiane all'estero si sviluppa una rete di servizi retribuiti, tra i quali quelli di traduzione, che rivestono una significativa importanza per i fruitori e per le attese lavorative degli operatori;
nel consolato di Belo Horizonte nel recente passato si sono manifestate delicate


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questioni relative alla composizione e alla gestione dell'albo ufficiale dei traduttori, che hanno indotto il Ministero degli affari esteri e la locale autorità consolare ad intervenire per escludere dall'elenco persone legate da rapporti di parentela con impiegati e funzionari del consolato;
nel mese di giugno 2010 il consolato di Belo Horizonte ha annunciato l'esclusione dalla lista dei traduttori ufficiali di cui si avvale di un certo numero di traduttori italiani motivando la decisione con l'intento di utilizzare solo i traduttori nominati dalla Junta Comercial do Estado de Minas Gerais;
nell'elenco dei Tradutores Publicos e Intérpretes Comerciais do Estado de Minas Gerais sono inclusi, tramite concorso, solo cittadini brasiliani, con esclusione, quindi, dei traduttori aventi una diversa cittadinanza. La decisione del consolato è fatta risalire a presunte indicazioni ricevute dall'amministrazione, indicazioni francamente incomprensibili dal momento che comportano l'esclusione di traduttori di cittadinanza italiana da attività collegate ad una sede istituzionale italiana e rivolte alla nostra comunità;
l'orientamento prevalente in tema di regolamentazione dell'ordine professionale dei traduttori in Italia propende per il riconoscimento della funzione di traduttore per i cittadini italiani, per quelli residenti all'estero, per i cittadini di altri Stati con i quali vi sia una regolare convenzione di reciprocità, mentre con il Brasile non esiste alcun rapporto di reciprocità in materia;
la decisione dell'amministrazione, che di fatto esclude gli italiani da servizi ruotanti intorno ai consolati, è in aperta contraddizione con il fatto che nel recente passato ai traduttori di madrelingua è stato richiesto dagli stessi consolati una prova di idoneità consistente in un esame di traduzione e che coloro che hanno superato tale prova hanno prestato giuramento di fedeltà alla legge e alla Costituzione, depositato le firme e operato in base ad un attestato ufficiale di nomina -:
se non intenda verificare l'esistenza e la provenienza dell'indirizzo dell'amministrazione al quale il consolato di Belo Horizonte si riferisce per giustificare la decisione di escludere traduttori che hanno per diverso tempo esercitato la loro professione con dichiarata soddisfazione da parte delle autorità consolari;
se non intenda definire e comunicare a tutti i consolati presenti nel mondo criteri uniformi e non penalizzanti per i nostri concittadini in tema di formazione degli albi dei traduttori italiani di cui la nostra amministrazione si avvale, in modo da assicurare efficienza e trasparenza a una funzione di notevole interesse sociale.
(4-07902)