TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011
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siano messe a repentaglio; la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla qualifica di rifugiato, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, introduce la definizione di «protezione sussidiaria», quale concetto in grado di realizzare una sostanziale convergenza tra quello costituzionale dell'asilo e la definizione di rifugiato contenuta nella citata Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951;
ai militari della Guardia di Finanza che si trovava a bordo della motovedetta libica»;
anche in Italia, molti dei quali sono giovani; la libertà di espressione all'interno dei social network non può mai sconfinare nella pubblicazione di contenuti altamente offensivi e di istigazione alla violenza -:
violentano alle ragazzine e ammazzano, no chi fa qualche lavoretto extra per portare un pezzo di pana ai propri figli, e poi quanti innocenti stanno in carcere? quasto non te lo domandi... Goman Slato (in arresti domiciliari)»; «Silvio8282», in risposta ad altri commenti: «10 mesi di 41-bis trani a 21 anni. Non parlare a vanvera bamboccione»; «Seleys» con un altro nome, «Jordyemanu», racconta: «come vorrei ke invece d un sogno...fosse la nostra realtà!!! gg qnd m accarezzavi il viso... volevo scavalcare qll bancone e stringerti forte forte a me!!! qnd dovrà venire il nostro giorno..? nn ce la faccio più.. t ri voglio cn me!! dedicata a un detenuto dll sezione settima, piano quarto.. Ucciardone!!!», mentre «Dangernet90»: «Auguri Zio ti hauguro una presta libbertà» e «nolli90»: «auguri di buona pascua a tutti i ragazzi di poggioreale ciao luigi di maria ti aspettiamo by spavuzziello»;
i titolari e gli stessi agenti, una volta identificati, sono stati denunciati per violazione del Testo unico sulla pubblica sicurezza e per esercizio abusivo della professione -:
vecchia storia. Sappiamo bene che è già accaduto e che tutto poi si è risolto nella più totale impunità. Spero che questa volta si indaghi più a fondo e si faccia chiarezza. Altrimenti passerà il principio che il Mediterraneo è una sorta di terra di nessuno, un far west dove non si risponde dei crimini che si commettono -:
questa risposta alla sua interrogazione scritta relativa ai rifugiati presso lo stabile di Cso Peschiera: «La situazione dei rifugiati che vivono negli stabili dell'ex clinica Borgo San Paolo di Torino descritta dall'onorevole parlamentare sembra sollevare una serie di questioni in merito al rispetto, da parte delle autorità italiane, degli obblighi imposti dalla direttiva sul riconoscimento dello status di rifugiato. La Commissione chiederà dei chiarimenti alle autorità italiane e provvederà successivamente ad informare l'onorevole parlamentare sulle misure che eventualmente deciderà di prendere»;
non è chiaro chi sarà trasferito e quale sarà la sorte degli oltre cento che saranno messi fuori dai locali di corso Peschiera;
bastassero carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia Costiera che dall'altoparlante avvertiva i bagnanti: "Caccia all'uomo in corso"» racconta, ancora incredula, Licia. Per oltre tre ore, dalla riva e dall'acqua, le forze dell'ordine cercano di bloccare Francesco che, ormai, è fuori controllo». E ancora: «salì "di sua volontà" sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un'ambulanza chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltre quaranta minuti una volta uscito dall'acqua». Licia non potrà mai dimenticare la frase che pronunciò Francesco in quel momento: guardandola, le disse: "Se mi portano all'ospedale di Vallo della Lucania, non ne esco vivo". E così è stato»;
di aver commesso, di intimidirla o esercitare pressioni su di lei o di intimidire o esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale»;
quanto impedisce l'accesso all'asilo e mina il principio internazionale del non respingimento;
locale Comando dei carabinieri, alla Guardia di finanza, alla Protezione civile regionale e al proprio Comando dei vigili urbani, dettagliate relazioni sulle problematiche relative alla viabilità, ai parcheggi e a quant'altro avrebbe potuto interessare l'ordine pubblico e più in genere la sicurezza urbana, soprattutto in vista della stagione balneare in corso;
nelle gabbie, dove già i reclusi dormono per terra, un nuovo arrivato rumeno con la gamba in cancrena;
ordine pubblico; né è dubbio, tuttavia, che il bene ordine pubblico comprenda non solo la sicurezza materiale dei consociati, ma anche il rispetto dei valori democratici posti a presidio della comunità giuridicamente organizzata. Se è vero che spetta al Questore la valutazione dell'adozione del provvedimento più opportuno per la tutela dell'ordine pubblico, valutazione certamente discrezionale e insindacabile, è altresì vero che detta valutazione non può risolversi nella compressione di uno dei due diritti alla soccombenza, poiché l'ordine pubblico protegge i valori democratici per l'intero ed è parziale la soddisfazione assoluta dell'uno con il sacrificio esclusivo dell'altro;
incustodito e non pulito da mesi, tanto che si presentava invaso da topi e rifiuti, nonostante la localizzazione attigua alla locale stazione ferroviaria;
n. 3074 del 2008, in accoglimento del ricorso proposto dall'ispettore capo Bettinelli, ha annullato la sanzione disciplinare;
Lago e ha coinvolto molte migliaia di persone in uno degli eventi più attesi della comunità lgbt italiana -:
l'articolo 10, terzo comma, della Costituzione sancisce il diritto d'asilo nel territorio della Repubblica italiana per lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'esercizio delle libertà democratiche; per costante e coerente dottrina e giurisprudenza, nel nostro ordinamento il diritto di asilo si caratterizza quale diritto costituzionale soggettivo perfetto, con tutto ciò che consegue sul piano della sua immediata esigibilità e tutela giurisdizionale del potenziale beneficiario;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani e l'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea garantiscono il diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione il principio di diritto consuetudinario internazionale detto del «non respingimento» (non refoulement) esclude il ritorno a situazioni dove la vita o la libertà dell'individuo
a seguito dell'accordo bilaterale stipulato dal Governo italiano con il Governo della Repubblica libica (Stato che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951) a Bengasi il 30 agosto del 2008 - legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 2009, n. 7 - è stata introdotta, in maniera operativa a partire dal maggio 2009, la nuova politica dei pattugliamenti congiunti e dei respingimenti nel canale di Sicilia, quali misure volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
del resto, non può non ricordarsi come, a seguito di tale decisione e per giustificarne le motivazioni, il Presidente del Consiglio ebbe modo di dichiarare, nel corso di una conferenza stampa e alla presenza del Presidente della commissione europea, José Manuel Barroso, che mandare gli immigrati in Libia è meglio che tenerli in Italia perché i centri di identificazione assomigliano molto ai campi di concentramento»;
secondo quanto riportato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), fino alla data del luglio 2009, il numero di persone respinte dall'Italia verso altri Paesi ammonterebbe ad almeno 900;
mercoledì 1o luglio 2009 la Marina militare italiana ha intercettato a trenta miglia a largo dell'isola di Lampedusa e ha successivamente respinto in Libia 82 persone, imbarcandole su di una motovedetta battente bandiera del Paese nordafricano;
come si apprende da quanto riportato al briefing per la stampa che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha tenuto a Ginevra in data 14 luglio 2009, i rappresentanti UNHCR hanno avuto la possibilità di visitare le 82 persone respinte in Libia in data 1o luglio 2009 e trasportate presso i centri di detenzione libici;
durante tali colloqui è stato possibile individuare tra di essi 76 cittadini eritrei, di cui 9 donne e almeno 6 bambini. I colloqui hanno altresì evidenziato che non risulta che le autorità italiane a bordo della nave abbiano tentato di stabilire la nazionalità delle 82 persone intercettate né tantomeno le motivazioni che le avessero spinte a fuggire dai propri Paesi;
sulla base di quanto rilevato dai rappresentanti UNHCR e dalle informazioni che si evincono dalla stampa e dai rapporti delle organizzazioni che si occupano di diritti umani, relativamente alla situazione in Eritrea è possibile sostenere che un buon numero di tali persone risultassero essere bisognose di protezione internazionale;
stando alle dichiarazioni del Ministro dell'interno e del Ministro della difesa tra le persone respinte non vi erano richiedenti asilo;
durante gli stessi colloqui sono state raccolte testimonianze relative all'uso della forza da parte dei militari italiani durante il trasbordo sulla motovedetta libica. In base a queste testimonianze 6 eritrei avrebbero avuto necessità di cure mediche in seguito ai maltrattamenti;
le stesse persone affermano che i loro effetti personali, fra i quali documenti di vitale importanza, sarebbero stati confiscati dai militari italiani durante le operazioni e non più riconsegnati;
in una dichiarazione del Ministro della difesa riportata dall'ANSA il 14 luglio 2009, viene affermato, riguardo ad alcuni dettagli della confisca di tali effetti personali, che «tutto è stato messo in sacchetti individuali che sono stati consegnati
le persone ascoltate hanno riferito che avevano trascorso quattro giorni in mare prima di essere intercettati e che al momento dell'intercettamento da parte della Marina militare italiana essi non hanno ricevuto alcun tipo di cibo dai militari italiani e così nel corso dell'intera operazione, della durata complessiva di 12 ore;
a seguito delle rivelazioni raccolte nei centri di detenzione libici, l'UNHCR ha ritenuto di indirizzare una lettera formale al Governo italiano nella quale venivano richiesti chiarimenti sul trattamento riservato alle persone respinte in Libia in violazione della normativa internazionale in materia di richiedenti asilo e rifugiati;
la Commissione europea in data 15 luglio 2009 ha indirizzato una lettera al Governo italiano nella quale, sottolineando l'applicabilità del principio del «non-respingimento» (non-refoulement) anche in alto mare, richiede quali misure siano state previste dalle autorità italiane per garantire il rispetto di tale principio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione all'esigenza di assicurare il rispetto delle garanzie dovute alle persone richiedenti tutela internazionale;
quale modalità di accertamento ed eventualmente quali iniziative il Ministro della difesa intenda adottare al fine di stabilire delle responsabilità più precise tra i militari italiani che non avrebbero fornito adeguata assistenza umanitaria alle 82 persone intercettate in mare;
per quanto riguarda il sequestro degli oggetti personali, in base a quali presupposti lo stesso sia stato effettuato, se ne sia stato redatto verbale e se, ove previsto, sia intervenuta relativa convalida giurisdizionale;
quali siano state le misure adottate per mettere le persone respinte in grado di formulare un'eventuale richiesta di asilo;
quale posizione intenda prendere il Governo a fronte dei rilievi da parte della Commissione europea sugli obblighi internazionali che vincolano le autorità italiane durante operazioni svolte in alto mare;
ed infine, quali iniziative il Governo intenda assumere, anche alla luce della richiamata legge 6 febbraio 2009, n. 7, al fine di porre rimedio agli effetti pregiudizievoli nei confronti dei cittadini eritrei ingiustamente respinti e privati di un diritto costituzionalmente tutelato.
(2-00450)
«Franceschini, Fassino, Minniti, Zaccaria, Villecco Calipari, Soro, Sereni, Bressa».
la libertà d'informazione rappresenta un fondamentale aspetto della democrazia, riconosciuto dall'articolo 21 della Costituzione italiana che afferma che la libertà di stampa deve essere pienamente garantita, permettendo ai cittadini di formare la propria opinione sulla piena conoscenza dei fatti;
il rapporto dell'osservatorio internazionale Freedom House, uno degli istituti maggiormente qualificati nella valutazione dello stato delle libertà democratiche in tutto il mondo, nel 2009 ha declassato l'Italia da Paese con informazione giornalistica «libera» a Paese con informazione giornalistica «parzialmente libera», citando fra le cause responsabili del declassamento le minacce dirette a giornalisti oppure ad organi di stampa e informazione;
per le stesse ragioni il rapporto 2009 di Reporters Sans Frontierers sulla libertà di stampa ha classificato l'Italia al 44o posto in una graduatoria di 173 Paesi;
l'Italia è l'unico Paese in Europa nel quale, negli ultimi quaranta anni, siano stati uccisi undici giornalisti, due per terrorismo e nove per mafia;
il fenomeno delle minacce, delle intimidazioni e delle costrizioni ai danni di operatori dell'informazione appare esteso quanto ancora scarsamente conosciuto nelle sue caratteristiche e dimensioni; esso riguarda soprattutto i cronisti impegnati nei territori a forte radicamento mafioso;
la Federazione nazionale stampa italiana, insieme all'Ordine dei giornalisti, ha dato vita all'Osservatorio ossigeno, incaricato di monitorare i dati e fornire informazioni sui casi di cronisti minacciati;
il rapporto ossigeno, presentato il 20 luglio 2009 al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, segnala 200 giornalisti che fra il 2006 e il 2009 hanno ricevuto minacce e intimidazioni per la pubblicazione di notizie sulla mafia, sul terrorismo o su episodi di estremismo politico, una decina dei quali vivono attualmente sotto scorta;
vengono altresì riportati dall'Osservatorio 52 episodi di minacce e intimidazioni pubblicati sui giornali o attraverso attestazioni di solidarietà, 43 dei quali sono individuali e nove riguardano intere redazioni;
fra gli episodi più gravi sono riportati: l'attentato sventato al cronista Lirio Abbate dell'Ansa di Palermo; le minacce in sede processuale allo stesso Abbate, a Rosaria Capacchione e Roberto Saviano; sedici aggressioni fisiche, otto danneggiamenti ad abitazioni o automobili, diciassette minacce telefoniche o con lettere anonime; 15 perquisizioni giudiziarie giudicate particolarmente invasive eseguite in abitazioni o redazioni di cronisti che avevano appena pubblicato notizie di grande rilevanza per l'opinione pubblica;
a questi dati allarmanti occorre aggiungere tutti i casi in cui i giornalisti minacciati non hanno avuto la forza per denunciare la violenza subita -:
quanti sono gli episodi di violenza nei confronti di giornalisti italiani e quali misure siano state adottate per proteggere i soggetti minacciati o ritenuti a rischio;
quali altre iniziative il Ministro intenda adottare al fine di una più ampia conoscenza di un fenomeno dalle gravi conseguenze in termini di riduzione della libertà personale e di limitazione della libertà d'informazione del Paese;
se il Ministro intenda fornire disposizioni per la realizzazione di un'accurata indagine statistica che comprenda: il numero di cronisti minacciati in Italia, le ragioni di tali minacce e gli ambienti criminali che ne sono responsabili; il numero di giornalisti attualmente sottoposti a misure di protezione e la tipologia delle stesse; i casi in cui la protezione sia stata estesa ai familiari e alle redazioni di cui i cronisti minacciati fanno parte.
(5-01734)
un utente di Facebook, Raffaele Lucarelli, ha creato un gruppo intitolato «Giuseppe Setola, per tutti coloro che stanno con la camorra», che ha raccolto 98 sostenitori e che ha visto pubblicati vari commenti, molti dei quali risalenti al mese di Agosto 2009, tesi a sostenere il boss della camorra e le azioni della stessa organizzazione criminale;
Giuseppe Setola, ritenuto responsabile della strage di Castelvolturno, era considerato uno dei più pericolosi killer, latitante fino al momento del suo arresto;
dopo innumerevoli segnalazioni all'amministrazione del Social Network Facebook e alla polizia postale il gruppo è stato rimosso;
a breve distanza è comparso un nuovo gruppo, registrato a nome «i casalesi», che raduna i sostenitori di Giuseppe Setola e che ha raccolto oltre 170 iscritti;
Facebook è un importante social network che raccoglie milioni di utenti
come, e attraverso quali iniziative, il Ministro interrogato intenda agire affinché l'amministrazione di Facebook proceda ad oscurare al più presto la pagina dedicata a Giuseppe Setola richiedendo altresì opportune collaborazioni per identificare i soggetti responsabili.
(5-01735)
la musica neomelodica ha una forte diffusione in Campania ed ha acquisito popolarità anche nel resto del Mezzogiorno, in particolare presso i giovani che vivono nelle periferie delle grandi città del Sud Italia, attraverso la vendita di dischi, le esibizioni dal vivo, la diffusione di video sul web e sulle reti televisive locali;
da tempo sono noti i rapporti tra esponenti della musica neomelodica e il mondo della criminalità organizzata, in particolare della Camorra, come evidenziato anche da fatti di cronaca: nel 1996, in uno show televisivo Luigi Giuliano, boss di Forcella, viene indicato dal noto cantante Gigi D'Alessio come un ottimo scrittore di testi di canzoni neomelodiche. Il cantante Ciro Ricci, conosciuto come Ciro Rigione, compare nelle intercettazioni telefoniche del 2004 mentre si lamenta con il boss Francesco Mazzarella per il compenso troppo basso ricevuto per un'esibizione a una festa di matrimonio. Nel 2006 Rosario Tessero, in arte Rosario Miraggio, viene arrestato mentre cantava una sua hit negli studi di una TV privata in quanto indiziato per estorsione con modalità camorristiche;
nel dicembre 2006 il Ministro dell'interno Giuliano Amato denuncia come alcune canzoni neomelodiche diventino messaggi culturali volti a mettere in luce positiva la figura del camorrista, suscitando una viva polemica sui giornali e nell'ambiente neomelodico; il cantante Ciro Rigione dichiara di essere una vittima della camorra perché costretto a regalare i suoi dischi ai delinquenti, per poi smentire in un'intervista a Skynews affermando che «il camorrista è uno che ha fatto sempre il bene del quartiere...»;
a destare maggiore preoccupazione è l'utilizzo del web, in particolare You Tube, piattaforma di condivisione di file multimediali, sono canali attraverso cui vengono commentati, condivisi, discussi i testi di canzoni dai titoli evocativi, come «Nu latitante», «O killer», «Stanza 39»; sono reperibili fra i commenti dediche a parenti e amici latitanti o detenuti e messaggi chiaramente rivolti all'attenzione di particolari destinatari;
fra i commenti al video «Nu latitante», aggiunto nel giugno del 2008 e visualizzato oltre 410.000 volte, l'utente «lorenzodux» scrive: «ricordo la mia latitanza, saluti da Taranto», mentre l'utente «Sensoroso» commenta: «io son latitante da 23 mesi sta canzone mi fa compagnia»; «Peppe9494» scrive: «Un appello a totor o saggje da lusyyo e da pep o pazz: torna a situazion è calm», mentre «byloom»: «a pasquariello capo cazz ci vediamo nada vota al surrentiello mergellin a papà...daccuordo? arostaie ora? porta o'panuozzo... me raccuma'»; «GiuliollPocho» invece informa: «anche io sono un latitante»;
fra i commenti a «Stanza 39» caricato nel gennaio 2008 e visto oltre 120.000 volte, «Seleys» scrive: «nn solo ki ha vissuto la prigione può capire queste canzoni... ma anke noi mogli mamme sorelle ke siamo al fianco dei nostri uomini... e non animali come qlk individuo cerca di etikketarli... mi manki cucciolo... ascolto queste canzoni x sentirti più vicino a me...», «Massimo 933» invece: «In fatti per un figlio di papa come te e facile a dirlo, ma per la gente come noi e diverso, perché anche se finiamo in galera abbiamo un onor, entriamo e usciamo a testa alta senza vergogna, criminali sono quello che
per commentare il video «O killer», caricato nel dicembre 2008 e visto oltre 38.000 volte, «ant6789rik» scrive «graz a tt koloro ke anno kolaborato alla mia carcerazzione un bacio dal vostro ex killer e arricurdatv sembke il lupo perde il pelo ma no il vizzio»;
appare evidente che questi scambi di messaggi, oltre a celare messaggi culturali degenerativi, possono essere strumenti per mettere in contatto persone sotto pseudonimo e fornire informazioni importanti a detenuti e latitanti; l'utilizzo delle tecnologie informatiche può indurre a rapidi cambiamenti nelle abitudini dei soggetti criminosi volti ad aggirare i controlli tradizionali, così come emerge dalle intercettazioni degli uomini della Guardia di finanza di Milano poi riportate dalla stampa: «Di quei due chili ne parliamo poi, su Skype» Al telefono un trafficante di cocaina invita il complice a continuare quella comunicazione usando il software che permette di parlare via Internet o come emerge, ancora, nelle indagini sul clan del quartiere Brancaccio di Palermo -:
come, e attraverso quali iniziative, il Ministro interrogato intenda garantire un adeguato controllo ai fini di indagine all'interno dei canali privilegiati per la condivisione di messaggi, come il sito You Tube, affinché la libera espressione non divenga mezzo per scambiare informazioni tra individui sottoposti a detenzione carceraria, latitanti e altri soggetti che operano a fini criminali;
quali provvedimenti siano stati presi per aggiornare i metodi di indagine in relazione ad altri fenomeni che destano grande preoccupazione, come le comunicazioni tra esponenti della criminalità organizzata attraverso la tecnologia Voip, che non consente di procedere a intercettazioni, né permette di individuare attraverso i tabulati il luogo e l'ora della comunicazione.
(5-01738)
la Manuli Rubber SpA di Ascoli Piceno ha messo in mobilità 375 lavoratori, senza alcun preavviso e prima delle ferie estive, al di fuori di ogni prassi conciliativa;
gli stessi lavoratori dal 3 di agosto 2009 presidiano pacificamente i cancelli di ingresso dell'azienda in forma corretta e civile, affinché la proprietà non porti via i macchinari e le attrezzature produttive, stante la dichiarata volontà di chiudere lo stabilimento di Ascoli per soddisfare il mercato mondiale dei tubi idraulici con un altro stabilimento aperto in Cina;
a seguito di segnalazioni all'autorità giudiziaria da parte degli stessi lavoratori e - pare - da parte della prefettura di Roma, la DIGOS della Questura di Ascoli, congiuntamente agli ispettori dell'ufficio del lavoro di Ascoli, hanno compiuto un sopralluogo all'interno dell'azienda dove stazionavano agenti di vigilanza ed hanno scoperto, secondo la stampa locale, le seguenti irregolarità:
a) che le due società romane di servizi di sicurezza, K9 Service e Global Protection Service, alle quali la proprietà Manuli aveva commissionato la sorveglianza interna dello stabilimento, non avevano i requisiti di legge per farlo, quindi sembra che fossero sprovvisti della prescritta autorizzazione prefettizia;
b) che alcuni agenti di vigilanza sono stati trovati in possesso di armi e di coltelli, altri con manganelli fuori ordinanza, spray urticante e cani antisommossa;
se quanto riportato in premessa, desunto dalle notizie apparse sulla stampa locale, corrisponda ai fatti rilevati dalle forze dell'ordine e dagli ispettori del lavoro che hanno compiuto il sopralluogo e di quali ulteriori informazioni disponga il Governo;
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di evitare che il personale incaricato delle attività di sorveglianza nello stabilimento di Ascoli possa assumere comportamenti ed azioni che sono di competenza esclusiva delle forze dell'ordine.
(5-01741)
l'associazione «EveryOne» che da tempo si occupa dei problemi connessi all'immigrazione, ha incontrato un gruppo di migranti che hanno vissuto l'esperienza dell'internamento, raccogliendo testimonianze spaventose per quel che riguarda la violazione dei diritti umani, «Chi non è mai stato in un centro non immagina neppure cosa passino i prigionieri», testimonia un ragazzo eritreo, «non immagina neppure a che punto arrivi il razzismo, proprio qui in Italia, dove noi migranti pensavamo vi fossero democrazia e solidarietà. Niente di tutto questo. Le condizioni igieniche sono terribili e chi non è già malato quando entra in carcere, si ammala ben presto;
sempre quanto riferito da «EveryOne» «il cibo è fetido e spesso contiene vermi e mosche morte. Se però un detenuto protesta, viene legato con manette e nastro adesivo e riempito di botte. Anche le donne vengono punite con percosse e non possono protestare o la dose di violenza viene raddoppiata. Uguale sorte spetta ai malati che chiedono le medicine necessarie a curarsi». Il ragazzo stringe i pugni per non piangere di rabbia e disperazione. «Noi eritrei, noi africani siamo sfortunati, perché a casa non possiamo vivere. Se sapete cosa sono la fame e la sete, non potete immaginare lo stesso cosa significhi fame e sete nel nostro Paese, dove vedete i bambini diventare scheletri e morire, ma non si può fare niente per aiutarli. Potete solo pregare, ma non potete fare niente perché non c'è niente»;
anche quando arrivano aiuti umanitari, secondo «EveryOne», alla gente non arriva niente e nessuno può possedere niente, perché vengono a portartelo via e la vita non vale niente». Un altro giovane eritreo, magrissimo, continua: «Quando non c'è nessuna speranza, allora una persona affronta anche il viaggio più pericoloso e se può porta con sé la sua famiglia, perché restare vuol dire morire. Quando saliamo su un battello sappiamo che le nostre possibilità sono minime. Ci batte il cuore ogni volta che un'onda ci solleva e ci sentiamo sul punto di rovesciarci»;
un rappresentante dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, comunicando con gli attivisti «EveryOne», si è così espresso: «è vero, quella del mancato soccorso è una brutta e purtroppo
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
se ciò corrisponda al vero quali urgenti iniziative si intendono promuovere, sollecitare e adottare a fronte di una così inquietante situazione;
se non si ritenga di dover accertare responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare ed omissioni in relazione a quanto sopra evidenziato.
(4-03903)
a Torino, nel mese di novembre 2007, un gruppo di un centinaio di rifugiati politici ha occupato una vecchia caserma dei vigili urbani in via Paganini, angolo via Bologna;
il 13 dicembre 2007 una delegazione dell'UNHCR (Agenzia dell'ONU che si occupa delle condizioni dei/delle rifugiate/i), di Amnesty dell'ASGI, ha fatto visita alla palazzina occupata di via Bologna. In tale visita la rappresentanza dell'UNHCR ha innanzitutto ribadito le responsabilità e i compiti delle amministrazioni locali nell'assistenza ai/alle rifugiate/i e richiedenti asilo e ha affermato che Torino avrebbe già le potenzialità di accogliere e integrare con programmi di sostegno le richieste dei/delle rifugiati/e;
il 20 dicembre 2007 c'è stata un'audizione nel palazzo comunale della IV Commissione sui servizi sociali, che aveva invitato una delegazione dei/delle rifugiate/i e del comitato, che aveva già portato all'attenzione delle istituzioni locali i problemi relativi alla gestione dei rifugiati a Torino;
nella prima metà di ottobre del 2008 un gruppo di rifugiati politici ha occupato l'ex-Clinica San Paolo di Corso Peschiera a Torino, dove si sono stabilite nelle settimane seguenti tra 200 e 300 persone con status di rifugiato o di protezione internazionale, provenienti in massima parte dalla Somalia ma anche da altri stati africani come Eritrea, Etiopia, Sudan e Nigeria;
i presenti nei due stabili occupati sono tutti rifugiati politici o titolari di protezione internazionale, persone cioè che sono passate al vaglio di una delle dieci commissioni territoriali italiane e a cui è stato riconosciuto questo status con relativo permesso di soggiorno, e dunque anche i diritti contemplati dalla legislazione italiana e internazionale;
queste persone sono dovute fuggire dal loro Paese a causa di guerre e persecuzioni, hanno fatto viaggi spesso al limite della sopravvivenza in ostaggio delle diverse mafie che ormai gestiscono le rotte della disperazione per poi confrontarsi con il nostro Paese che a parole garantisce una serie di diritti ma ha un programma nazionale di accoglienza decentrata in grado di rispondere solo ad una parte minoritaria delle richieste effettive; a chi ne resta escluso spesso si offre solo un riparo nei dormitori e il cibo delle mense dei poveri: condizioni che rendono impossibile una reale integrazione sociale e lavorativa per chiunque;
un coordinamento di associazioni, che include trenta associazioni del Piemonte, è nato a novembre 2008 ponendosi il problema di come i rifugiati politici e titolari di protezione internazionale vivessero nei due stabili occupati di Torino e di impostare una proposta dignitosa e condivisa, che potesse condurre ad una reale possibilità di integrazione sociale e lavorativa;
il 10 Novembre 2008 l'europarlamentare Vittorio Agnoletto ottiene dalla commissione
a dicembre le associazioni del privato sociale hanno scritto alle istituzioni locali offrendo il loro contributo volontario per trovare soluzioni strutturali in risposta ai bisogni dei rifugiati e delle rifugiate; si è così avviato un dialogo che ha prodotto la nascita di un tavolo tecnico formato da Prefettura, Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino e Associazioni, nell'ambito del quale si è elaborato il progetto «Piemonte: non solo asilo» i cui obiettivi, condivisi e sottoscritti da tutti i partecipanti, sono l'accompagnamento e l'inserimento lavorativo sul territorio della città e della regione Piemonte; il progressivo svuotamento dello stabile di corso Peschiera; l'identificazione e la ristrutturazione di una struttura definitiva a Torino che, anche dopo la fine del progetto, rimanga luogo di accoglienza per richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione e il rafforzamento e l'allargamento della rete di accoglienza nel territorio della regione Piemonte;
il 28 gennaio 2009 a Torino vi sono stati scontri in piazza tra le forze di Polizia e una manifestazione organizzata da Centri Sociali e gruppi di rifugiati politici che chiedevano migliori condizioni di vita nel nostro paese;
nel mese di luglio 2009 Laura Boldrini, portavoce italiana per i rifugiati presso l'Alto commissariato dell'Onu, ha criticato le condizioni in cui sono costretti a vivere i rifugiati in Cso Peschiera e le modalità ipotizzate per il trasferimento presso la caserma di via Asti;
il Prefetto di Torino, Paolo Padoin, ha deciso ai primi di luglio il trasferimento temporaneo dei rifugiati politici nella Caserma Lamarmora di via Asti per un tempo di sei mesi, con l'obiettivo di liberare dall'occupazione l'ex-clinica San Paolo di corso Peschiera;
il 15 luglio una delegazione radicale, composta dal segretario dell'Associazione radicale Adelaide Aglietta, Igor Boni e da Domenico Massano della giunta di segreteria dell'associazione, ha visitato i locali dei sei piani di corso Peschiera riscontrando condizioni igieniche gravissime e indegne di un paese civile: mancanza di acqua corrente e di scarichi a parte qualche tubo derivato che non consente affatto la possibilità di minime condizioni di igiene personale per le centinaia di presenti, mancanza di corrente elettrica con fili tirati da chissà dove pendenti dai soffitti e sui pavimenti, presenza di numerose bombole di gas senza alcuna sicurezza, presenza di donne e bambini accatastati a dormire su materassi sporchi in 6-8 per stanza;
in particolare durante la visita è stata segnalato il caso di una bambina di due anni, con una diagnosi da parte dei servizi sanitari di deficit psico-motorio, che vive senza alcuna presa in carico riabilitativa e assistenziale in una stanza insieme ad altre 5 persone, trovata a dormire su un materasso per terra, sostenuta solo dall'affetto dei genitori che gli erano accanto;
il 28 luglio 2009, il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha firmato l'ordinanza di sgombero dei locali abusivamente occupati di corso Peschiera; il documento impone, sulla base dei risultati del censimento e conclusi i lavori di ristrutturazione nella caserma di via Asti, lo sgombero dell'edificio dell'Ex-clinica San Paolo;
finora, all'interno dell'ex-clinica, il censimento ha conteggiato 320 rifugiati politici, ma nella caserma di via Asti c'è posto solo per 180-200 persone e attualmente
attualmente la data dello sgombero è prevista per la metà di settembre 2009;
i diritti che la legge riconosce ai richiedenti asilo e rifugiati sono imprescindibili e vanno ovviamente e indissolubilmente coniugati con le reali possibilità di accoglienza di ogni ente locale e sostenuti da convenzioni pluriennali promosse da parte del Governo per la prosecuzione dei percorsi intrapresi;
l'articolo 10 della nostra Costituzione stabilisce che «allo straniero al quale sia impedito di esercitare le libertà democratiche» sia concesso «diritto di asilo nel territorio della Repubblica»;
la Convenzione di Ginevra e il Protocollo di New York, sottoscritti dall'Italia, individuano chiaramente i requisiti per essere definiti rifugiati politici e i diritti legati alla condizione di rifugiato -:
se sia a conoscenza della situazione gravissima in atto a Torino;
è, secondo gli interroganti, indegno di un paese civile che persone con status di rifugiato politico e di protezione internazionale siano costrette a vivere nelle condizioni descritte;
se la situazione dei rifugiati politici torinesi di corso Peschiera sia compatibile con la Convenzione di Ginevra e il Protocollo di New York;
quali iniziative di competenza intende assumere per aiutare il Comune ad individuare un luogo definitivo (non temporaneo) di accoglienza per i rifugiati politici, senza creare le premesse per tensioni sociali in città che vedano contrapposte le ovvie richieste di una vita più dignitosa dei rifugiati con le richieste di sicurezza dei cittadini e le reali possibilità delle istituzioni locali di individuare percorsi di integrazione realmente perseguibili;
in che modo intende fare fronte alla vera e propria emergenza umanitaria che si verrebbe a creare se effettivamente oltre 100 persone venissero effettivamente costrette a tornare a vivere per strada senza alcun supporto da parte delle nostre Istituzioni.
(4-03918)
mercoledì 19 agosto 2009 presso la spiaggia di Marina di Camerota, in Provincia di Salerno, abitualmente frequentata anche da persone gay, alle ore 12.30 circa si è avvicinata al bagnasciuga un'imbarcazione creando disagio tra i turisti e i bagnanti. Alle lamentele degli stessi la famiglia che stava sull'imbarcazione, si è scagliata con insulti e minacce contro le persone gay;
un giovane componente tale famiglia, armato di un coltello, di quelli usati per la pesca subacquea, si è avvicinato con fare minaccioso, insultando le persone gay che contestavano il comportamento sopra descritto;
presso la spiaggia era anche presente il Presidente di I-Ken Onlus, Associazione Lgbt di Napoli che si batte da sempre in difesa dei diritti delle persone lesbiche, gay e transessuali, che ha immediatamente chiamato la Guardia Costiera e subito dopo la Capitaneria di Porto della località;
dopo quasi un'ora è arrivato un cabinato della Guardia Costiera in cerca dell'imbarcazione che nel frattempo era andata via senza che riuscire a individuarla -:
se non ritenga il Governo che tale atto di omofobia avvenuto davanti a centinaia di persone dimostri che l'odio e il disprezzo per le persone gay è continuamente alimentato anche dall'indifferenza totale delle istituzioni locali e nazionali;
se non ritenga il Governo che gli atti di omofobia avvenuti recentemente in Campania, necessitino di un vero e proprio piano d'intervento che comprenda aiuto, sostegno, protezione, informazione ed educazione da promuovere a tutti i livelli sociali e istituzionali verso la comunità lgbt;
per quale motivo le autorità pubbliche, in questo caso la Guardia Costiera, sono intervenute così in ritardo riguardo le prime chiamate d'intervento fatte proprio per scongiurare rischi fisici per le persone frequentatrici della spiaggia.
(4-03949)
alle 7,20 di martedì 4 agosto 2009 un uomo di cinquantotto anni, Francesco Mastrogiovanni, originario di Castelnuovo Cilento e insegnante elementare, è morto legato al letto del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania per un edema polmonare, dopo essere stato ricoverato il 31 luglio 2009 per un Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.), ordinato dalla Giunta del Comune di Pollica Acciaroli;
secondo i parenti della vittima e alcuni testimoni oculari, la sera del 31 agosto 2009 l'uomo è stato legato al letto ed è rimasto in tali condizioni per quattro giorni. La misura è stata confermata dal medico legale Adamo Maiese, che ha riscontrato segni di lacci su polsi e caviglie della salma durante l'autopsia;
durante l'esame del corpo, disposto dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, è stata rilevata in effetti la presenza di profonde lesioni ai polsi e alle caviglie, dovute a uno stato di contenzione prolungato, con l'utilizzo di mezzi fisici. Secondo un articolo apparso sul quotidiano Il Mattino del 13 agosto 2009, «Sul suo corpo sono state riscontrate lesioni su polsi e caviglie, segno dell'utilizzo di legacci abbastanza spessi, plastica rigida o addirittura filo di ferro». Una pratica estremamente invasiva, che però nella cartella clinica di Mastrogiovanni non è mai menzionata né, tanto meno, motivata come prevede la legge;
nella cartella clinica della vittima, secondo il suddetto articolo del 13 agosto 2009 apparso su Il Mattino, «ci sarebbe un "buco" di oltre 10 ore rispetto ai trattamenti a cui il maestro è stato sottoposto prima di morire, ovvero dalle ore 21 del 3 agosto fino alle 7,20 del giorno successivo, quando i medici del reparto ne hanno constatato il decesso». Secondo un articolo dello stesso quotidiano titolato «Mastrogiovanni, in un video i quattro giorni di agonia» risalente al 15 agosto 2009, vi è il sospetto - maturato dal fatto che durante l'esame autoptico lo stomaco di Mastrogiovanni è stato trovato vuoto - che la vittima non sia stata nutrita durante i 4 giorni di contenzione o comunque per un lungo periodo;
il Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i Diritti Umani, ha denunciato pubblicamente il suo caso in seguito ad alcuni articoli apparsi sulla stampa, esortando la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania a «fare chiarezza quanto prima, perseguendo i responsabili, sia sulle cause del fermo coatto di Francesco, sia sull'inumano trattamento subito in ospedale»;
secondo un articolo del quotidiano Liberazione del 13 agosto 2009, titolato «Salerno - Francesco, ucciso dalla psichiatria e dalle forze dell'ordine», che riporta la testimonianza della titolare del campeggio Club Costa Cilento, la mattina del 31 luglio decine di carabinieri e vigili urbani, «alcuni in borghese, altri armati fino ai denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall'inizio di luglio per le vacanze estive». Nell'articolo si racconta che, spaventato dal dispiegamento di forze, Mastrogiovanni «Scappa dalla finestra e inizia a correre per il villaggio turistico, finendo per gettarsi in acqua. Come non
il quotidiano Liberazione scrive inoltre: «Oscuri i motivi della decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica. Fonti interne alle forze dell'ordine raccontano di un incidente in cui, guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro autovetture parcheggiate, "ma nessun agente, né vigile, ha mai contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso l'assicurazione" ci racconta Vincenzo, il cognato di Francesco. Mistero fitto, quindi, sui motivi dell'"assedio", che getta ovviamente nel panico Francesco»;
perché venga attuato un Trattamento Sanitario Obbligatorio, secondo il Gruppo EveryOne, «devono coesistere 2 certificati medici che accertino: 1) che la persona si trova in una situazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici; 2) che la persona rifiuta gli interventi terapeutici proposti; 3) che non è possibile adottare tempestive misure extra-ospedaliere per la persona»;
sempre secondo il Gruppo EveryOne, «Il T.S.O. rappresenta un uso consolidato in molte città italiane e il suo fine coercitivo è dimostrato da molti casi. È emblematico quello di Giuseppe Casu, che il 15 giugno 2006 a Quartu (Cagliari) venne prelevato a forza, ammanettato alla barella e portato via per un ricovero coatto in psichiatria, dove morì una settimana dopo per Tromboembolia venosa. Un altro caso rappresentativo di questa terapia dell'orrore è quello di Siamak Brahmandpour, italiano di origini iraniane, biologo all'ospedale di Campo di Marte di Lucca che, il 24 agosto 2007, è stato coattivamente prelevato dal posto di lavoro da quattro medici accompagnati da tre vigili urbani e trasferito nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Pontedera in seguito a un litigio con i colleghi. Il fatto che avesse denunciato ripetutamente episodi di mobbing avvenuti nell'ospedale dove prestava servizio potrebbe aver indotto qualcuno a ritenerlo "pericoloso";
casi di morti in seguito a T.S.O., e di gravi abusi a esso connessi, sono documentati nel sito della succitata organizzazione, www.everyonegroup.com;
l'articolo 32 della Costituzione italiana afferma che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti al rispetto della persona umana»;
l'articolo 2 della legge n. 833 del 23 dicembre 1978 afferma: «[...] La tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici. [...]»;
secondo l'articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti la tortura è «qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata
a giudizio dell'interrogante il trattamento riservato al sig. Mastrogiovanni è altamente lesivo dei suoi diritti e della sua dignità di essere umano -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del drammatico fatto verificatosi nel reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania;
se i Ministri interrogati intendano attivare, negli ambiti di rispettiva competenza, le opportune iniziative ispettive al fine di accertare le eventuali specifiche responsabilità da parte delle Autorità di Forza Pubblica nonché del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania nella morte del signor Mastrogiovanni;
se e quali interventi di carattere disciplinare i Ministri interrogati, nei limiti delle proprie competenze, intendano adottare nel momento in cui tali responsabilità siano state individuate;
se siano disponibili dati conservanti gli esiti delle inchieste della magistratura sui decessi analoghi a quelli su menzionati e quali provvedimenti sono stati presi per scongiurarne altri;
se non ritengano i Ministri interrogati che occorra d'urgenza modificare le politiche finora qui intraprese riguardo alle disposizioni di Trattamento Sanitario Obbligatorio, in modo da garantire una maggiore tutela del paziente e dei suoi diritti ai sensi della Costituzione e delle norme di diritto nazionale e internazionale che tutelano la dignità, il diritto alla vita e alla salute di tutti gli individui.
(4-03961)
in data 23 luglio 2009 in un articolo comparso sul noto settimanale L'Espresso il giornalista Tommaso Cerno ha denunciato con foto e testimonianze che in data 30 giugno 2009 ci sia stata una violazione da parte dell'Italia dell'articolo 33, comma 1, della Convenzione di Ginevra avendo negato l'asilo a rifugiati eritrei;
il medesimo articolo precisa che 82 eritrei, fra cui donne e bambini, sono stati riportati in Libia e attualmente sono detenuti presso le carceri attorno a Tripoli;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite in data 14 luglio 2009 ha reso noto che suoi rappresentanti hanno svolto dei colloqui con le 82 persone che erano state intercettate mercoledì 1o luglio dalla Marina Militare italiana a circa 30 miglia da Lampedusa e trasferite poi su una motovedetta libica per essere ricondotte in Libia. Dai medesimi colloqui non risulta che le autorità italiane si siano accertate della nazionalità delle 82 persone né tantomeno abbiano verificato che tra le 82 persone potessero esserci dei potenziali richiedenti asilo politico, stante la situazione drammatica di questo Paese;
sempre l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite riporta che dalle testimonianze raccolte le forze militari italiane hanno usato la forza durante il trasbordo sulla motovedetta libica, inoltre i medesimi trasbordati hanno raccontato che i loro effetti personali, fra i quali i documenti personali, sarebbero stati confiscati dai militari italiani e non più riconsegnati;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite proprio sulla base di queste testimonianze ha inviato una lettera al Governo italiano chiedendo chiarimenti sui fatti sopraindicati;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'Agenzia Onu per i rifugiati ha più volte sottolineato l'assoluta illegalità della pratica dei respingimenti in
l'Italia è firmataria della Convenzione di Ginevra del 1951 che prevede all'articolo 33, comma 1, che: «Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
qualora il Governo fosse a conoscenza di questa vicenda, come si sia svolta l'esatta dinamica dei fatti e se sia vero che i migranti sono stati trasbordati su navi italiane per il rimpatrio collettivo in Libia;
se il Governo sia stato informato della destinazione ultima dei migranti respinti una volta riportati sul territorio libico;
se il Governo abbia ponderato le conseguenze di questa grave violazione del diritto internazionale e del dovere di protezione umanitario;
quali disposizioni intenda assumere per evitare di porre il nostro Paese fuori dalla legalità internazionale.
(4-03975)
l'articolo 61, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha istituito per l'anno 2009 nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo con una dotazione di 100 milioni di euro per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra lo stesso Ministero dell'interno ed i comuni, di iniziative dirette a potenziare la sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico;
alla stregua di tale previsione normativa, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in data 3 febbraio 2009, registrato alla Corte dei conti il 19 febbraio 2009, registro 2 foglio 9, sono state adottate le disposizioni per l'utilizzo del citato fondo con l'individuazione dell'ambito di destinazione degli stanziamenti;
i comuni potranno accedere alle risorse disponibili attraverso la predisposizione di progetti, secondo modalità e tempi determinati, che saranno preventivamente posti all'esame ed al parere del prefetto -:
se Firenze e gli altri comuni della Toscana abbiano avanzato specifiche richieste in merito.
(4-03982)
la polizia stradale di Siena risulta largamente carente nel proprio organico, visto e considerato che l'organico di 44 unità è oggi coperto solo da 27 unità;
tenuto conto del cospicuo aumento dei veicoli in circolazione sulle strade della provincia di Siena, del raddoppio del raccordo Siena-Bettole e dell'imminente ultimazione del lavori di raddoppio anche del raccordo Siena-Grosseto, tale carenza di personale comporta inevitabilmente un aggravamento della già difficile situazione lavorativa di tutto il personale costretto, in più occasioni, a turni contrari all'accordo nazionale quadro -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere onde assicurare la necessaria copertura d'organico alla polizia stradale di Siena ed al contempo garantire adeguata sicurezza alla relativa rete stradale.
(4-03991)
il sindaco del Comune di Aci Castello, insediatosi da poco tempo, ha richiesto al
dalle relazioni ricevute dagli organi di cui sopra e dalle continue segnalazioni e denunce dei cittadini di Aci Castello, emerge una situazione di estrema gravità che ha imposto ed ancora impone il porre in essere di provvedimenti contingibili ed urgenti quanto meno per arginare fenomeni di criminalità organizzata, spaccio di stupefacenti, pericoli per l'incolumità pubblica causata anche da una viabilità carente e dalla mancanza di parcheggi specialmente nella frazione di Acitrezza;
è da sottolineare che il livello di collaborazione tra le istituzioni preposte alla pubblica sicurezza, i cittadini e l'amministrazione comunale è altissimo;
il locale Comando dei vigili urbani, al fine di alleviare le problematiche legate alla viabilità ed ai parcheggi, ha proposto l'utilizzo del parcheggio sito all'interno del Lido dei Ciclopi di Acitrezza nell'orario in cui lo stesso viene chiuso;
questo parcheggio è un bene confiscato alla mafia, assegnato all'Agenzia del demanio e gestito per conto di questa dalla società «Gli Ulivi s.r.l.»;
il sindaco di Aci Castello, su invito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avanzato una formale richiesta di utilizzo del bene tutt'oggi senza riscontro;
il sindaco ha, quindi, interessato la Prefettura la quale, rendendosi conto delle motivazioni di ordine pubblico, ha organizzato e convocato un tavolo tecnico tra Prefettura, Comune e Agenzia del demanio il 31 luglio 2009; detto incontro non si è tenuto a causa dell'assenza del rappresentante dell'Agenzia a causa di sopravvenuti motivi -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati affinché sia concesso al Comune di Aci Castello l'utilizzo temporaneo del parcheggio annesso al Lido dei Ciclopi con organizzazione e spese a carico dell'amministrazione comunale.
(4-03995)
dal sito www.redattoresociale.it si apprende che nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma si sono verificati negli ultimi giorni atti di autolesionismo e forme di protesta;
ieri (3 settembre 2009) un trattenuto tunisino, dopo due mesi già trascorsi nel Cie e dopo aver ricevuto la notifica della proroga di altri 60 giorni del trattenimento per l'identificazione e espulsione, ha reagito con un gesto di autolesionismo: avrebbe bevuto due bottiglie di shampoo e poi ingoiato una lametta da rasoio;
lo stesso trattenuto tunisino sarebbe stato portato d'urgenza in infermeria per salvarlo e, subito dopo le cure del caso, sarebbe stato malmenato da un agente di polizia e sarebbe ora sotto shock;
il cittadino tunisino risulta essere arrivato al Cie di Ponte Galeria da Venezia, dove ha scontato una pena di sei mesi di carcere per non aver ottemperato all'ordine di allontanamento dal territorio italiano;
due giorni fa, altri due trattenuti si sono tagliati con una lametta di rasoio davanti alle telecamere a circuito chiuso e sono stati medicati in infermeria;
il primo settembre una cinquantina di reclusi del Cie di Ponte Galeria avevano ammucchiato tutti i materassi contro le gabbie in segno di protesta di fronte al tentativo dei crocerossini di sistemare
i trattenuti avrebbero anche avviato uno sciopero della fame e della sete che la prefettura di Roma ha smentito essere in corso -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
cosa intende fare per ricondurre la situazione del Cie di Ponte Galeria al più rigoroso rispetto della dignità umana, dei diritti umani fondamentali e delle regole interne e internazionali di trattamento delle persone private della libertà personale;
cosa intende fare nei confronti di coloro che, preposti al controllo e alla sicurezza delle persone trattenute nei Cie di Ponte Galeria, abbiano eventualmente violato diritti e regole basilari.
(4-04012)
nel corso di una visita ispettiva al CIE di Ponte Galeria effettuata l'8 settembre 2009 dall'interrogante accompagnata da Massimiliano Jervolino, responsabile per i diritti umani della provincia di Roma è emersa la presenza di 272 persone trattenute, 128 donne e 144 uomini, su una capienza di 364 posti di cui 306 effettivi per via della chiusura di alcuni settori;
come già evidenziato nell'interrogazione dell'onorevole Rita Bernardini presentata in seguito alla vista ispettiva del 22 agosto 2009 un aspetto critico è quello relativo all'organico degli operatori della Croce Rossa che sono in tutto solo 45, un numero che consente una copertura di 15 persone nei turni diurni e 6 i quelli notturni mentre per assicurare una copertura adeguata ne servirebbero almeno 10 in più;
nella struttura continuano ad essere presenti un elevato numero di persone che provengono dal carcere che convivono con richiedenti asilo e con persone che non hanno precedenti penali;
il prolungamento dei tempi di reclusione contribuisce certamente a degradare la dignità umana dei trattenuti ma non sembra aver minimamente risolto il problema della identificazione, precondizione all'espulsione, che dipende dalla collaborazione delle rappresentanze dei Paesi di provenienza e che non risulta risolta;
non risulta una collaborazione tra carceri da cui le persone trattenute nel CIE vengono dismesse e CIE soprattutto per quanto riguarda la trasmissione di informazioni di tipo sanitario;
in particolare il trattenuto Salha Ben Mahmoud ha detto di aver svolto, prima di giungere al CIE di Ponte Galeria, presso la casa circondariale di Verona attività di giardiniere per le quali non ha ancora ricevuto alcuna retribuzione;
nella struttura non risulta siano previste attività lavorative o ricreative di alcun tipo -:
quali misure intenda adottare per assicurare al CIE di Ponte Galeria una dotazione di personale adeguata alle necessità della struttura;
quali misure intenda adottare per risolvere la situazione di promiscuità tra persone che provengono dal carcere che convivono con richiedenti asilo e con persone che non hanno precedenti penali;
quali azioni intende adottare nei confronti dei Paesi di origine delle persone trattenute nei CIE perché collaborino nella identificazione dei loro cittadini;
quante sono le persone trattenute nel corso dell'ultimo anno nei CIE (ex CPT), quanti gli identificati e quanti gli espulsi;
se e quali misure intenda assumere il Ministro dell'interno per consentire lo svolgimento di attività lavorative o ricreative all'interno della struttura;
quali misure intenda assumere il Ministro della giustizia per far sì che si instauri una miglior comunicazione tra CIE e carceri di provenienza delle persone trattenute.
(4-04031)
lo stato di degrado e di irregolarità dei campi nomadi presenti sul territorio torinese ha assunto condizioni di gravità tale da condurre la magistratura ad avviare un'indagine sull'organizzazione gerarchica e criminosa dei campi torinesi;
il comune di Torino ha da sempre sottostimato la pericolosità della situazione legata alla permanenza sul territorio cittadino di insediamenti di nomadi, all'interno dei quali vige una sorta di extraterritorialità e rispetto ai quali l'amministrazione non ha agito con le dovute misure per garantire la legalità ed il rispetto delle regole;
ad aggravare la situazione si aggiunge il drammatico fenomeno dello sfruttamento minorile e della mancata scolarizzazione dei minori che risiedono abusivamente all'interno dei campi nomadi in condizioni di estremo disadattamento -:
quale sia, secondo i dati ministeriali, il numero di nomadi risiedenti nel territorio torinese e l'andamento del flusso di affluenza nomade nel capoluogo piemontese in relazione all'ultimo biennio.
(4-04033)
la legge 25 giugno 1993, n. 205, inerente alle «Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa» condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazi-fascista e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. Questa legge punisce altresì l'utilizzo di simbologie legate ai suddetti movimenti politici;
l'articolo 2 della sopraccitata norma stabilisce che «chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» come sopra definiti «è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila». Inoltre lo stesso articolo vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che «è vietato l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli» di cui sopra. «Il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno»;
a Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini) in occasione di una gara di tiro segno, concomitante con le celebrazioni del 64o anniversario della Liberazione dall'occupazione nazi-fascista in Italia, partecipanti alla festa ed appartenenti all'Unione italiana di tiro a segno (UITS) sono stati fotografati assieme al presidente della UITS Ernfried Obrist, nato a Stoccarda e residente a Caldaro (Bolzano), muniti di armi e uniformi che appartenevano chiaramente alle Waffen «SS», famosi reparti dell'esercito nazista di stanza in Italia come truppe occupanti e protagoniste di atroci violenze verso la popolazione civile italiana;
è dubbia l'ascrizione di questo, quantomeno spiacevole, evento a manifestazione a carattere folkloristico visto lo stridente contrasto con l'alto valore simbolico della giornata del 25 aprile e vista la particolare cura dei fregi di tali divise perfettamente originali e non a carattere di semplice rievocazione della memoria storica;
il presidente nazionale dell'Unione italiana di tiro a segno non ha mostrato alcun segno di imbarazzo, al contrario appare, dalle foto in questione, sorridente e divertito nell'essere circondato da un manipolo di sedicenti «Waffen SS»;
la vicenda è stata peraltro sollevata anche da un articolo apparso il 13 agosto 2009 sul quotidiano l'Unità e dal quotidiano Terra-news con un articolo dal titolo «Quando la caccia fa rima con il razzismo. In Italia è allarme», pubblicato il 3 settembre 2009;
l'Unione italiana di tiro a segno (UITS) è un ente pubblico nazionale posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, ai sensi del regio decreto-legge 16 dicembre 1935, n. 2430, convertito dalla legge 4 giugno 1936, n. 1143, e successive modificazioni, e le attività di tiro a segno della UITS si svolgono presso le sezioni di tiro a segno nazionale (TSN) e sono soggette alla vigilanza degli organi del Ministero dell'interno, a norma della legge 18 aprile 1975, n. 110 e successive modificazioni;
il Ministro della difesa ha ratificato con proprio decreto, in data 15 aprile 2009, il nuovo organo direttivo dell'Unione italiana di tiro a segno (UITS), confermando alla presidenza, per il secondo mandato, l'ingegner Ernfried Obrist, nato a Stoccarda, in Germania, ma residente in Alto Adige, nella cittadina di Caldaro;
un'interrogazione scritta sugli stessi fatti è stata presentata nella XVI legislatura anche dall'onorevole Ghizzoni, (atto n. 4-03324) senza ottenere risposta dai Ministri interrogati -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario effettuare le opportune verifiche per accertare, concordemente alle proprie competenze, l'effettivo significato di questa presunta rievocazione storica, le modalità di svolgimento della manifestazione organizzata il 25 aprile 2009 dalla sezione di tiro a segno di Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini) e la correttezza del comportamento del presidente dell'Unione italiana di tiro a segno.
(4-04038)
il 13 giugno 2009 il segretario generale del sindacato di Polizia Coisp comunicava al sig. Questore di Genova la volontà di effettuare una manifestazione pubblica per la giornata del 20 luglio 2009 dalle ore 08.00 alle ore 24.00 in piazza Alimonda per lo svolgimento di un dibattito intitolato «l'estintore come strumento di pace»;
tale comunicazione veniva effettuata a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ai fini del preavviso ai sensi e per gli effetti dell'articolo 19 del regio decreto 6 maggio 1940, n 635/Regolamento per l'esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi di Pubblica Sicurezza;
la manifestazione del Coisp veniva vietata con nota n. 1 prot. 3323/2009/Gab del 17 luglio 2009 e notificata in pari data al Segretario Provinciale Aggiunto del Coisp di Genova;
il divieto è stato adottato ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, cioè per ragioni di ordine pubblico;
le ragioni di ordine pubblico sono state motivate in relazione al fatto che era già stata autorizzata la manifestazione preannunciata dal signor Giuliano Giuliani; pertanto, si rilevavano profili di incompatibilità, segnatamente per l'evidente contenuto antagonista, come pure peraltro viene indicato sul modulo prestampato di preavviso all'uopo previsto, datato 23 giugno 2009, come consegnato al segretario provinciale Coisp di Genova;
si registrava inoltre, anche in relazione alle circostanze di tempo e luogo, una contestualità che avrebbe potuto favorire l'insorgenza di disordini, circostanze di tempo e di luogo non variate dal Segretario provinciale del Coisp di Genova, dopo formale invito in tal senso con la predetta nota del 23 giugno 2009;
non è dubbio che la sicurezza pubblica, intesa quale protezione della pacifica convivenza dei consociati da atti di aggressione a persone e beni, rientri nel bene
l'assicurazione dell'ordine pubblico è certamente una priorità dell'amministrazione della pubblica sicurezza e le modalità attraverso le quali pervenire a detto risultato sono rimesse alla discrezionalità della medesima amministrazione; tuttavia il bene protetto dall'articolo 18 del Tulps ha una estensione più ampia della mera sottrazione della piazza ai disordini perché, se così non fosse, non si avrebbe una tutela di un ordine pubblico di un regime democratico ma l'imposizione di una pace sociale forzosa effetto dell'acquiescenza alla parte politicamente dominante; è di palmare evidenza l'utilizzo del disposto normativo dell'articolo 18 del Tulps, i cui provvedimenti possono essere adottati a motivazione libera, per i fini di cui all'articolo 17 della Costituzione, cioè quelli di sicurezza, che prevedono una motivazione specifica e comprovata;
dalla dedotta parzialità, che appare evidentemente essere stata adottata per l'assicurazione di una sicurezza non funzionale alle esigenze di ordine pubblico, ma per guadagnare una facile pace sociale con la compressione del legittimo diritto di una delle due parti raggiunta esclusivamente con una evidente disparità di trattamento; nonché dalla incompleta informazione e dalla assenza di ogni altra prescrizione che avrebbe potuto dare una soluzione altra alla vicenda, appare deducibile la volontà di non consentire al Sindacato Coisp la libera manifestazione della propria opinione per le ragioni della parte politicamente più forte registrandosi dunque una chiara parzialità con violazione della legge costituzionale per l'accertamento della quale non è necessario risalire alla volontà della Pubblica Amministrazione, differentemente dall'eccesso di potere dimostrato dal Questore di Genova;
è convinzione dell'interrogante che i diritti costituzionali, di cui devono godere in ugual modo tutti i cittadini, non possono essere assoggettati alle scelte dei titolari delle funzioni pubbliche che, spesso, le esercitano in modo arbitrario o apparentemente condizionato da evidenti pressioni politiche, tanto da far apparire compromessa la dovuta imparzialità e cura dell'interesse pubblico -:
se il Ministro interrogato intenda accertare le ragioni in base alle quali il Questore di Genova abbia assunto i provvedimenti ricordati in premessa, e quali siano gli immediati provvedimenti che intenda adottare per regolamentare le possibili situazioni che, in modo analogo, potrebbero verificarsi nel futuro.
(4-04043)
nella mattinata di venerdì 7 agosto 2009 i carabinieri di Porto Ceresio (Varese) hanno rinvenuto all'interno di una vecchia casa cantoniera di Porto Ceresio, in via Fratelli Bertolla, il cadavere di Giovanni Battista Pedeferri, anziano ottantacinquenne di Arcisate (Varese) il cui corpo era in avanzato stato di decomposizione, «mummificato» secondo i sanitari della Asl intervenuti sul luogo del ritrovamento;
lo stato di decomposizione molto avanzata testimonia che l'uomo mancava da casa da ormai molti mesi;
l'immobile abbandonato, di proprietà delle Ferrovie dello Stato, era palesemente
il Governo sta molto ben operando per aumentare il presidio del territorio ed eliminare situazioni di incuria e degrado come quella prospiciente la stazione ferroviaria di Porto Ceresio -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda, anche in relazione ad eventuali carenze dei servizi sociali;
quali iniziative si intendano adottare nei confronti delle Ferrovie dello Stato per evitare che si ripresentino situazioni di incuria come quelle descritte sopra;
quali misure si intendano attuare - all'interno dell'ottima politica di presidio del territorio posta in essere - affinché si limiti il più possibile il verificarsi di episodi tristi e deprecabili come quello descritto in premessa.
(4-04091)
una nota di agenzia (Il Velino - 27 agosto 2009 delle ore 13.19) riportata la notizia secondo cui «Il lavoro quotidiano del Coisp è simile ad un iceberg: il 30 per cento emerge ed è visibile, il resto rimane nascosto sotto il livello del mare». Lo dichiara in una nota la Segreteria nazionale del Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia). «Il lavoro nascosto - prosegue la nota - è fatto di impegni che vanno presi, ma poi seguiti con coerenza, anche a costo di sacrifici personali enormi in termini di risorse economiche, tempo e capacità. Il Coisp è nato e cresce grazie alla scelta di porsi al di fuori dei modi e costumi del sindacalismo fatto di illusorie raccomandazioni, promesse mai mantenute e slogan buttati a casaccio al ritorno delle ferie o ancor meglio, durante il mese di ottobre. Non è una scelta facile: è una strada in continua salita, la nostra coerenza è parte della nostra indipendenza». «Quando si parla di sanzioni disciplinari - continua il comunicato -, tutte queste "teorie" diventano realtà concrete, fatti che si traducono in tutela professionale dei diritti dei poliziotti. La storia dell'ispettore dell'Aeroporto di Venezia, capoturno sanzionato perché non si era adoperato nell'agevolare con il preimbarco una personalità di Governo la quale quindi aveva perso l'aereo, dovendo imbarcarsi sul volo successivo previsto dopo 3 ore. La scure calata sul capo dell'ispettore (deplorazione poi ridotta in pena pecuniaria) si era abbattuta immediatamente e confermata nonostante le giustificazioni ed i testimoni a discarico. Nemmeno il ricorso al capo della Polizia, presentato dall'ispettore e preparato dall'ufficio disciplina del Coisp, era stato capace di trovare giustizia. Davanti a questo, il Coisp ha sostenuto il ricorso presentato al presidente della Repubblica, il quale, preso atto del provvedimento emesso dal consiglio di Stato il 3 agosto 2009, ha riconosciuto le ragioni del collega ed annullato di conseguenza le sanzioni inflitte, ribaltando così completamente i provvedimenti del dirigente territoriale e del capo della Polizia. Questa è una vittoria formale e sostanziale - conclude la nota - che ristabilisce non solo la giustizia in questo singolo episodio, ma che fa emergere quanto tempo e dedizione ci vogliano per mantenere le promesse e gli impegni che vengono presi con gli iscritti Coisp»; risulta all'interrogante che il Dirigente della IV Zona della Polizia di Frontiera Friuli Venezia Giulia e Veneto, in data 21 marzo 2007, infliggeva all'ispettore capo Bettinelli la sanzione della pena pecuniaria nella misura di un trentesimo di una mensilità dello stipendio. Tale sanzione veniva successivamente confermata dal Capo della Polizia di Stato con il rigetto del ricorso gerarchico avvenuto in data 24 settembre 2007;
il decreto del Presidente della Repubblica del 3 agosto 2009, in conformità al parere pronunciato dal Consiglio di Stato
numerosi quotidiani con diffusione nazionale e locale hanno dato grande risalto alla questione narrata;
il Dirigente della Polizia di Stato dell'ufficio polizia di frontiera-scali marittimo ed aereo - Venezia - dottor A. Campanale, in una nota del 6 novembre 2006 con Protocollo n. 38/2.8/2006, indirizzata al Direttore della Zona IV della Polizia di Frontiera Friuli Venezia Giulia e Veneto nel relazionare i gravi fatti di cui era stato ritenuto colpevole l'ispettore Valdo Bettinelli, scriveva, tra le altre, «A causa di quest'imprevisto le rimostranze della personalità sono state rappresentate allo scrivente dal signor Prefetto di Venezia dottor Nardone;
il parere espresso dal Consiglio di Stato afferma che «Dall'esame della documentazione, in particolare dal verbale della Commissione consultiva, dal provvedimento sanzionatorio e dal provvedimento del Capo della polizia, si rileva che non è stato accertato che il capo turno abbia passato in consegna al Bettinelli l'incombenza della preaccettazione (emissione della carta d'imbarco) a favore della personalità di governo ma solamente quella di fornire alla stessa le agevolazioni di rito che si esprimono essenzialmente nel fornire assistenza in generale per il transito ai varchi di controllo e per la sicurezza, ma non nell'effettuare il check-in anticipato.»;
è parere dell'interrogante che i superiori gerarchici dell'ispettore Capo Bettinelli abbiano esercitato le loro funzioni abusando della propria posizione gerarchica. Infatti, dalla lettura degli atti del procedimento e dei numerosi articoli di stampa sulla vicenda, sembrerebbe che i funzionari e il capo della Polizia, con i loro atti, si sono dimostrati più propensi a sostenere l'idea che tra i compiti degli enti della Polizia di Stato, in servizio presso gli uffici di frontiera, non vi sia quello di dover garantire la sicurezza ma, invece, vi sia anche quello di dover prioritariamente, all'occorrenza, dedicarsi agli interessi e le incombenze delle autorità di governo -:
alla luce della positiva conclusione della vicenda disciplinare relativa all'ispettore capo Bettinelli, quali siano i provvedimenti che il ministro interrogato vorrà adottare per chiarire in modo inequivocabile quali devono essere i compiti degli agenti in servizio presso gli uffici della Polizia di Frontiera in caso gli venga avanzata la richiesta di assistenza a favore dei membri del Governo o di altre autorità dello Stato;
se non ritenga opportuno formalizzare alla luce della pronuncia ricordato in premessa all'ispettore capo Valdo Bettinelli le dovute scuse per i patimenti e il danno che allo stesso sono stati arrecati dall'ingiusto procedimento disciplinare.
(4-04099)
la notte tra il 4 e il 5 agosto 2009, a Ospedaletto, zona artigianale di Pisa, davanti alla sede operativa del portale www.gay.it, uno dei più importanti network della comunità gay italiana, con una media di 700.000 contatti/mese, ignoti hanno imbrattato con scritte minacciose sui muri, tra le altre, le seguenti scritte: «gli uffici bruceranno e voi morirete tutti oggi» e «fr... a morte»;
presso la redazione di www.gay.it lavorano circa 15 persone, impegnate in un importante lavoro di diffusione di informazioni e di aggregazione per la comunità lgbt italiana;
tra le scadenze diffuse recentemente dal sito gay.it vi è anche quella dell'annuncio delle iniziative che si svolgeranno in occasione del «Mardi gras» che si è svolto a partire dal 7 agosto a Torre del
quali iniziative abbia il Governo assunto per contrastare i casi di violenza omofobica, in forte aumento in tutta Italia nell'ultimo anno;
in particolare quali interventi siano stati attivati dal Ministro dell'interno per assicurare la massima sicurezza e incolumità operativa alle persone che lavorano presso il portale www.gay.it e in occasione degli eventi promossi per il «Mardi gras» a Torre del Lago a partire dal 7 agosto 2009;
se il Ministro per le pari opportunità alla luce di quanto esposto in premessa non ritenga di intervenire con specifiche campagne di informazione ed educazione volte a contrastare il grave fenomeno dell'omofobia.
(4-04115)