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Seduta del 21/11/2012


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Audizione di rappresentanti di Yahoo!.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Yahoo!. È presente la dottoressa Federica Celoria, general counsel di Yahoo Italia Srl. Informo che l'audizione odierna si inserisce nel ciclo di approfondimenti che la Commissione sta svolgendo in merito al fenomeno della contraffazione nel settore della pirateria audiovisiva e digitale. Avverto che della presente audizione verrà redatto un resoconto stenografico e, che all'occorrenza, i lavori della Commissione possono procedere anche in seduta segreta. Per ottimizzare i tempi, le darei subito la parola e la pregherei di farci una breve relazione sulle attività che svolgete. Passerei, quindi, ad ascoltare gli eventuali interventi da parte dei colleghi, se avranno domande da porle.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Probabilmente conoscerete già il portale Yahoo.it, che offre


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servizi completamente gratuiti. Tra i vari servizi che offriamo c'è quello del motore di ricerca. Noi ci adeguiamo al decreto legislativo n. 70/2003, definendoci come «prestatori di servizi della società dell'informazione», pertanto, siamo esenti dalla responsabilità di monitoraggio e controllo. Per quanto riguarda l'argomento che trattiamo oggi, il settore che ci può riguardare è quello dei risultati derivanti dal motore di ricerca. Il nostro portale offre ai nostri utenti dei contenuti, chiaramente protetti dal diritto d'autore. Si tratta, in parte, di contenuti originali nostri, prodotti direttamente da noi, in parte di contenuti che noi compriamo da fornitori con regolare contratto di licenza.
L'unico tema, quindi, per il quale possono essere considerate attinenti al nostro settore la pirateria o la contraffazione riguarda i risultati derivanti dalla ricerca. Ricordo, a questo proposito, una recente decisione del Tribunale di Roma relativa al noto episodio della casa di produzione cinematografica PFA contro Yahoo!, per aver indicizzato nel nostro motore di ricerca dei risultati che portavano a siti pirata che permettevano di scaricare un film abusivamente.
Abbiamo vinto il procedimento perché è stato dimostrato che i risultati di ricerca vengono indicizzati sul nostro motore in base a un sistema assolutamente automatico e naturale: l'utente fa una cosiddetta query, ossia una domanda in base a delle parole chiave; il motore di ricerca, mediante software - in gergo crawler - esamina tutto il web andando a trovare i contenuti più rilevanti in base alla query dell'utente. Il motore di ricerca, quindi, non interviene in alcun modo nell'indicizzazione di questi contenuti, in quanto la classifica dei risultati si basa sempre su algoritmi matematici, ma soprattutto sulla popolarità del sito in questione: più il link del sito è richiamato in altri siti, più mediante crawler lo si mette in postazioni più alte.
Questi sono i settori che abbiamo individuato, dopo varie riflessioni, come attinenti ai temi trattati dalla vostra Commissione in relazione alla nostra società. Un'informazione che complica la situazione è che, come sapete, da due anni a questa parte a livello mondiale e da sei mesi in Italia, i nostri risultati di ricerca non sono più di Yahoo!, bensì powered by Bing. In base a un accordo che è stato sottoscritto un paio d'anni fa tra le case madri Microsoft e Yahoo!, ad oggi, i risultati che abbiamo sul nostro motore di ricerca non sono più nostri perché ce li fornisce Microsoft. Ovviamente, noi restiamo l'intermediario che trasmette i risultati con funzioni di cashing. Però, c'è anche questa ulteriore problematica, nel senso che, ad oggi, il sistema automatico e naturale di algoritmi di cui parlavo non è più nostro ma è di Microsoft, con cui abbiamo un contratto di licenza regolare per la fornitura di questi risultati di ricerca.
Ai tempi della causa di PFA, i risultati di ricerca erano solo di Yahoo!; abbiamo, quindi, discusso su questo e abbiamo vinto, dimostrando di adeguarci alla direttiva europea e ai recenti orientamenti. Ad oggi, per altri procedimenti, dobbiamo coinvolgere Microsoft, perché è questa società a fornirci il servizio. Rimango a vostra disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE. Dottoressa Celoria, vorrei sottoporre alla sua attenzione i risultati di un esperimento che abbiamo condotto su diversi motori di ricerca, ottenendo, più o meno, risultati analoghi. Innanzitutto, lei ci ha precisato che la messa a disposizione dei dati che afferiscono al sistema dei motori di ricerca oggi non avviene più con modalità di gestione interna, ma deriva sostanzialmente da Microsoft. Voi fate quindi da intermediari ma mi viene il dubbio che ciò avvenga anche per altri. Le dico questo perché abbiamo provato a fare un esercizio (le nostre sedute sono pubbliche e potrà verificare dai verbali che abbiamo fatto la stessa ricerca anche su Google). In particolare, abbiamo provato a verificare, su uno dei vostri motori di ricerca, la possibilità di accedere direttamente al n. 42 del 18 ottobre 2012 dell'Espresso, un settimanale molto diffuso.


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Le dico subito che, in questo caso, vi siete superati: se, infatti, il sito pirata che forniva gratuitamente la copia dell'Espresso in questione, nel caso di Google, era il secondo risultato, da voi era addirittura il primo. Rispetto a situazioni...

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Mi scusi, sono comunque due sistemi diversi. Il software che fa il lavoro dei risultati per Google, ovviamente è diverso da quello utilizzato da noi e da quello di Microsoft.

PRESIDENTE. Vorrei chiarire che abbiamo fatto una ricerca in assoluta buona fede e abbiamo omesso qualsiasi termine che potesse indirizzarci verso sistemi illegali, evitando parole come «torrent», «gratis» o altre. Abbiamo semplicemente digitato la parola «L'Espresso», con il numero di riferimento.
Anche in questo caso, il primo sito individuato nell'ordine, non è il sito originale dell'Espresso, bensì il sito «dasolo.info», che riprende la copia del settimanale in edicola e la mette in rete senza alcun filtro e senza che tutto ciò sia in qualche modo remunerato direttamente. Lei sa meglio di me che, al contrario, l'edizione on line del settimanale si compone di una parte consultabile da tutti e di una parte, invece, consultabile previo pagamento o in abbonamento.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Avete provato a fare questa ricerca anche in giorni diversi?

PRESIDENTE. Sì. Devo dirle, in tutta onestà, che mentre per Google questo è avvenuto contestualmente alla pubblicazione, per voi è avvenuto qualche giorno dopo. Il risultato, però, non cambia.
Ovviamente, noi non siamo qui per tutelare gli interessi del gruppo editoriale L'Espresso, ci mancherebbe altro. Abbiamo citato questo esempio per sottolineare che, molto spesso, anche prodotti palesemente illegali o che visivamente rivelano un contenuto illecito, vengono inseriti nei vostri motori di ricerca - ma non solo nel vostro - e, addirittura, ottengono livelli elevati anche in termini di graduatoria, in quanto, molto spesso, il primo o il secondo risultato della ricerca rinvia a siti che, di fatto, offrono contenuti pirata. In questi casi, avete una vostra modalità interna di autocontrollo, un codice di disciplina o una strumentazione, anche tecnica, che possa risolvere questo tipo di problema o non ve lo siete mai posto?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Ci siamo posti il problema proprio riguardo al caso PFA, laddove mi chiedevano di verificare i risultati riguardanti il film, che si intitolava «About Elly». Se però si digitava nella query «About Elly», si avevano circa 3 milioni di risultati. Poiché non ci veniva neanche indicato quali di questi risultati erano pirata, secondo la società in questione avremmo dovuto verificare i risultati, giorno per giorno, cancellando quelli pirata. Facendo delle verifiche interne, avevamo però visto che se un dipendente in America si fosse occupato solo di quello, ci avrebbe impiegato all'incirca otto anni per poter soddisfare tale richiesta. Quindi, ciò è praticamente impossibile. Quando delle società o dei titolari dei diritti ci fanno presente una certa situazione, se ci forniscono il link, quello che possiamo fare in questi casi - su disposizione dell'autorità giudiziaria, come stabilito dalla normativa - è cancellare questi risultati. Quello che non possiamo fare è verificare e monitorare giornalmente i contenuti tra i milioni di risultati che cambiano, come le dicevo, in base alle richieste degli utenti. Se lei domani mi dicesse che ci sono venti link da cancellare presenti nel nostro motore di ricerca, abbiamo un sistema con gli Stati Uniti che ci permette di mandare loro questa informazione e cancellare i siti. Ciò nonostante, il vero problema è che questi link continueranno a comparire nel motore di ricerca finché non sparirà la sorgente. Il rischio, quindi, è che, magari dopo cinque giorni, questi siti possano tornare a comparire tra i risultati.


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PRESIDENTE. Quello che ci ha esposto è un problema di tipo tecnico. Io, però, le pongo una domanda più specifica: voi, normalmente - al di là del caso in cui ve lo chieda l'autorità giudiziaria, nel qual caso non credo che abbiate molte scelte - nel momento in cui un soggetto titolare di un diritto vi segnala un abuso, intervenite direttamente o aspettate l'autorità giudiziaria?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Siccome ciò viene chiesto a me come ufficio legale, tendenzialmente nei casi gravi del sito pirata...

LUDOVICO VICO. Cosa si intende per casi gravi?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Non è semplicissimo. Le faccio un esempio...

PRESIDENTE. Qual è la soglia tra il livello grave e quello non grave?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Le faccio un esempio pratico: se Reti Televisive Italiane, con cui abbiamo - non solo noi ma anche tutti i nostri concorrenti - procedimenti in corso, ci segnala che su una sezione del nostro sito, nella fattispecie Yahoo! Video - che non esiste più da tre anni, ma dove c'era il famoso user generated content che ci faceva impazzire - ci sono dei filmati del Grande Fratello che sono di sua proprietà, in questo caso, se i risultati di ricerca sono uno o due (o come è successo anche in casi di soggetti personalmente diffamati con insulti) andiamo a cancellarli direttamente. Se, invece, si tratta di richieste, come nel caso di RTI, di migliaia di links, chiediamo l'intervento dell'autorità giudiziaria, altrimenti dovrei essere io personalmente - o chi sarà al mio posto domani - a decidere se un sito è pirata o meno. Dato che la normativa ci permette di essere esenti da responsabilità, la regola è quella di aspettare l'ordine del giudice che ci dice di cancellare i risultati. In quel caso, lo facciamo subito.

LUDOVICO VICO. Ci ha dato una risposta simile a quella di Google...

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Non ci siamo visti!

LUDOVICO VICO. Sapevamo che siete, per così dire, della stessa schiera.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Ma non ci parliamo mai!

LUDOVICO VICO. Lo so: vi fate la concorrenza senza responsabilità di quello che offrite a noi. Vorrei farle un esempio preciso: un venditore di orologi si rivolge a Yahoo! e si mette a vendere i propri prodotti. Una persona come me ne acquista uno - lo paga - ma quell'orologio non gli arriverà mai: voi che cosa fate?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Innanzitutto, non ho specificato che, chiaramente, ci sono determinati risultati sponsor più visibili e questo è il business che svolge la società. Noi abbiamo un processo interno per verificare una certa attendibilità dei siti che pubblichiamo, che prevede una serie di documenti da produrre. Soprattutto, quello che fa fede è l'acquisto delle parole chiave. Ci sono delle parole chiave, come «orologio» o «Rolex» per cui io non vendo tale parola chiave - «Rolex» - a un signore qualunque che ha un negozio a Roma. Vendo tale parola chiave al rivenditore Rolex che ha una sorta di...

LUDOVICO VICO. Mi scusi, ho parlato di una gioielleria che vende orologi, non di...

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. La gioielleria che vende orologi si fa il suo sito e compare nei miei risultati di ricerca a prescindere da me. L'unico rapporto che può avere la gioielleria con me, in questo caso, è quello di chiedere di essere un link sponsorizzato,


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quindi, di pagarmi dei soldi. Per il resto, lei deve rivolgersi all'autorità giudiziaria.

LUDOVICO VICO. Per quale ragione Yahoo! Giappone, invece, ha rimborsato? Per la stessa vicenda che io immaginariamente le ho descritto, Yahoo! Giappone ha rimborsato.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Perché il sistema di leggi giapponese, che io personalmente non conosco, permetterà...

LUDOVICO VICO. Mi faccia concludere. Io le ho parlato di una vicenda giapponese immaginando che fosse una vicenda italiana: Yahoo! Giappone ha rimborsato ma lei mi ha detto che in Italia voi non lo fareste. Grazie.

PRESIDENTE. Il tema della tutela dei consumatori, in effetti...

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Noi abbiamo un customer care sempre presente e, essendo una realtà abbastanza piccola rispetto agli Stati Uniti (laddove, invece, sono in venti a ricoprire la mia posizione), la tempistica dell'intervento è veloce. È come se domani alla televisione si vendesse un prodotto e poi, come è successo, un consumatore non fosse contento o avesse un qualche problema derivante dal prodotto e volesse essere...

LUDOVICO VICO. Mi scusi. So che lei fa l'avvocato, ma io sono stato molto preciso nel citarle una vicenda giapponese!

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Anche io sono stata molto precisa nel dirle che non le risarcisco l'orologio!

LUDOVICO VICO. In Giappone, hanno acquistato degli orologi: li hanno pagati ma non li hanno ricevuti. Non si tratta di dire che il consumatore non è contento.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Ma non è un servizio mio...

PRESIDENTE. Siamo d'accordo, però il tema dirimente di tutta la vicenda sta nello stabilire dove inizia e dove finisce il principio della responsabilità. Nel momento in cui si mettono comunque a disposizione links o servizi sul versante dell'attività commerciale, capisco che voi sostanzialmente vi rifacciate alla terzietà della rete e al fatto che non esiste una responsabilità diretta nell'attività che svolgete, però...

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Essendo garantiti dal diritto in base al quale non dobbiamo controllare - onestamente, non possiamo neanche farlo perché lei capirà che non è materialmente possibile - e dato che, come ho premesso, i risultati vengono indicizzati in base ad elementi su cui non possiamo intervenire, bensì su algoritmi matematici, quello che potremmo fare per tutelare i consumatori è di controllare se i siti che compaiono nei nostri risultati sono pirata, fraudolenti o altro. Questo è, innanzitutto, materialmente e umanamente impossibile, proprio per la velocità con cui cambiano i risultati sul motore di ricerca in base agli utilizzi. Inoltre, ho la normativa dalla mia parte che, chiaramente, togliendomi la responsabilità, non mi obbliga a controllare. Tuttavia, le ripeto che ciò sarebbe materialmente impossibile e si perderebbe...

LUDOVICO VICO. È incredibile che noi stiamo parlando della sua azienda a livello mondiale e lei ci risponde come se stessimo parlando del suo concorrente: noi stiamo parlando della sua azienda. Se in un Paese le aste on line vengono rimborsate in caso di truffa, lei ci sta confermando che Yahoo! Italia, ossia lei, non lo fa.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Esatto.


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LUDOVICO VICO. È la sua azienda!

PRESIDENTE. Comunque, è l'azienda per cui lavora. Ognuno di noi ha diverse sensibilità sulla questione, ma le dobbiamo trasmettere la nostra preoccupazione su questo versante.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Guardi che sono io la prima acquirente su Internet che mi arrabbio se...

PRESIDENTE. Io stesso sono acquirente su Internet e devo dire che cerco sempre di documentarmi al massimo per cercare di evitare abusi, però, è oggettivamente difficile districarsi in un universo di questo tipo. Se poi soggetti di media cultura trovano difficile orientarsi, le lascio immaginare quale sia la difficoltà per soggetti che, mediamente, hanno meno cultura o meno propensione all'utilizzo dei mezzi informatici. Lei ha detto una cosa che, dal suo punto di vista, probabilmente è sacrosanta, ma che per quanto riguarda noi legislatori lascia aperta una riflessione che ancora non siamo riusciti a completare. Lei afferma che oggi la normativa le permette questo comportamento. Io le dico, provocatoriamente, che oggi è l'assenza di una normativa che le permette ciò. Non c'è una norma che le garantisca questo, piuttosto, è l'assenza di una norma a permetterle questo.

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Sono d'accordo e lo vedo anche durante i nostri procedimenti, dove alcuni giudici decidono...

PRESIDENTE. Lei sa che noi abbiamo cercato di normare tale questione, ad onor del vero, con scarsi risultati. Voi avete dimostrato di essere più forti del Parlamento italiano. Le consegno, però, la seguente riflessione in chiusura: al di là del fatto che la nostra Commissione d'inchiesta sta svolgendo una serie di audizioni che saranno oggetto di una relazione finale - quindi quello che stiamo dicendo finirà in un documento pubblico - noi non possiamo che manifestarle una certa preoccupazione (parlo personalmente, ma credo di interpretare anche il pensiero di molti colleghi) rispetto a un mercato che si sta dilatando, peraltro, per fortuna, posto che normalmente discutiamo di fenomeni diversi, ossia di mercati che si comprimono, mentre invece il vostro è un mercato che si espande. Tuttavia, penso che un mercato in espansione imponga anche il dovere morale di avere una certa attenzione nei confronti dei diritti dei soggetti che li detengono e, dall'altra parte, anche nei confronti dei consumatori che, in effetti, nel nostro Paese si sentono non tutelati.
Onde evitare che ci sia bisogno di arrivare a creare una norma specifica, penso che prima di tutto servirebbe da parte vostra - che siete gruppi importanti e anche finanziariamente forti - almeno un minimo di autoregolamentazione seria che possa darci la sensazione che si intenda, nel tempo, combattere o meglio inibire il fenomeno, piuttosto che il contrario. Oggi, abbiamo avuto la percezione esattamente contraria, cioè che ci si avvantaggi dell'assenza di una norma specifica, non solo nel nostro Paese ma anche in giro per il mondo, posto che, di fatto, non si tutelano in modo adeguato i diritti di cui parlavamo prima.

ANDREA LULLI. È evidente che siamo su un terreno inesplorato quindi, certamente, molti aspetti sono di difficile regolamentazione. Tuttavia, vorrei fare una domanda un po' più precisa rispetto alla questione posta dal collega Vico. Un conto è l'informazione che l'utente acquisisce cliccando sul motore di ricerca, quindi, tra le mille aziende che vendono ne sceglie una. Anche questo è un problema, però, nel caso in cui Yahoo! pubblicizzi in qualche modo un'azienda che si comporta come nell'episodio citato dal collega Vico, cosa fate?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Come dicevo, sono due criteri diversi: quello del motore di ricerca è indipendente da me, perché i


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risultati si formano da soli. Per quanto riguarda le società che vogliono fare pubblicità tramite il nostro motore di ricerca, c'è un processo interno di verifica di questi clienti. Infatti, raramente abbiamo casi di questo tipo (forse, su settori che sono più difficilmente individuabili). Se un sito strano che vende orologi falsi vuole fare pubblicità da noi, comunque, c'è un dipartimento apposito che ne verifica l'attendibilità. Se il sito, secondo una serie di criteri, è brutto graficamente, non comprensibile, privo di condizioni e dei termini del servizio, carente dei requisiti essenziali, delle sedi legali e via dicendo (in alcuni casi si fa addirittura una verifica sulla solvibilità di questi clienti), poniamo in essere tutti i controlli più opportuni. Se una società sconosciuta ci chiede la parola chiave «Rolex», drizziamo le antenne e capiamo che c'è qualcosa che non va.
C'è, quindi, un controllo, che non può essere sicuro al cento per cento, ma mi sento di poter rassicurare che, per quanto concerne i links sponsorizzati, da cui riceviamo i soldi, non potremmo mai rovinare la nostra immagine, come accadrebbe se saltasse fuori un articolo nel quale si afferma che, tra i nostri siti sponsorizzati, c'è un'azienda che produce orologi o borsette contraffatti.
Quando questo è successo, la stessa Rolex della situazione ci ha segnalato il problema e noi, immediatamente, abbiamo rimosso il link. In questo settore c'è una forma di controllo, anche perché noi riceviamo soldi da queste persone.

ANDREA LULLI. Questo è chiarissimo, ma nel caso in cui, nonostante la forma di controllo, il cliente compra e non riceve il prodotto, cosa succede?

FEDERICA CELORIA, general counsel di Yahoo Italia S.r.l. Noi non ne rispondiamo formalmente.

ANDREA LULLI. Questo non mi sembra positivo. La cosa che penso debba essere risolta, da un punto di vista legislativo, è il caso in cui il motore di ricerca sponsorizza l'azienda, posto che esporre il proprio marchio equivale a dare una forma di garanzia ai consumatori, in cambio di un corrispettivo. La vendita telematica comporta non tanto il problema della contestazione sulla qualità, su cui le questioni sono più complicate. Il problema è che se si dovesse verificare il mancato arrivo della merce, in quest'ultimo caso, la mancanza di responsabilità da parte del motore di ricerca mi sembra un elemento che il legislatore dovrebbe risolvere. Diverso è il discorso per cui il motore di ricerca, sulla base della mia richiesta, mi fornisce «n» risultati per i quali non c'è una responsabilità diretta da parte del sito.

PRESIDENTE. Non c'è dubbio, sono due questioni completamente diverse. Concordo su questa analisi e prendiamo atto delle risposte che abbiamo ascoltato. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 10,55, è ripresa alle 11.

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