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Seduta del 7/11/2012


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Audizione del dottor Federico Bagnoli Rossi, segretario generale di FAPAV (Federazione anti-pirateria audiovisiva).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Federico Bagnoli Rossi, segretario generale di FAPAV, Federazione anti-pirateria audiovisiva, accompagnato dal dottor Paolo Protti (un conterraneo che saluto), presidente di AGIS, Associazione generale italiana dello spettacolo, dal dottor Lorenzo Scarpellini, consulente per i rapporti istituzionali di AGIS, dal dottor Roberto Guerrazzi, presidente di UNIVIDEO, Unione italiana editoria audiovisiva, e dal dottor Giorgio Bigoni, study and policy analyst di FAPAV.
L'audizione odierna si inserisce nel ciclo di approfondimenti che la Commissione ha avviato, più di recente, sul tema della pirateria digitale. Ricordo che l'attività di indagine svolta dalla Commissione in questi due anni, ha investito, dapprima, la contraffazione nel settore agroalimentare, poi quella nel settore dei tabacchi e, successivamente, la contraffazione nei settori del tessile e della moda (siamo in fase di ultimazione della relazione). Il tema che affrontiamo oggi, quindi, costituisce il quarto - dovrebbe essere anche l'ultimo - di una serie di approfondimenti che la Commissione ha svolto con riferimento all'oggetto dell'inchiesta condotta.
Il tema della pirateria digitale, delle violazioni del diritto della proprietà intellettuale attraverso l'e-commerce e, più in generale, attraverso Internet grazie alle nuove tecnologie disponibili, ricorre, ormai, in quasi tutti i settori, riguardando diverse tematiche. In altre parole, anche nell'area della cosiddetta contraffazione tradizionale, periodicamente, si riscontrano episodi o modalità fraudolente riguardanti il tema del commercio elettronico.
La vostra situazione, probabilmente, attiene molto più specificatamente al tema del diritto della proprietà intellettuale, in particolare, dell'arte e dell'ingegno, un tema che ci interessa perché riteniamo che si tratti di un'area particolarmente colpita da questo punto di vista. Do, quindi, la parola ai nostri ospiti, riservando al termine dei loro interventi, un tempo congruo ai colleghi per rivolgere eventuali domande e formulare osservazioni.

FEDERICO BAGNOLI ROSSI, segretario generale di FAPAV. Ringrazio molto il presidente e tutta la Commissione per averci offerto questa possibilità. Il tema della tutela dei contenuti audiovisivi costituisce il lavoro primario e quotidiano della FAPAV, una federazione che, dal 1988, cerca in tutti i modi e con tutte le sue forze di tutelare quei contenuti e il mondo dell'intrattenimento audiovisivo.
Permettetemi una breve introduzione. La FAPAV è stata fondata da quattro soci,


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cioè le principali associazioni del mondo dell'intrattenimento. Vi è l'ANICA, quindi il mondo della produzione e della distribuzione, la cui audizione si è svolta la scorsa settimana; vi è il mondo dell'AGIS (quindi, il mondo dello spettacolo in generale ma anche, nel caso più diretto, quello delle sale, posto che risulta inclusa anche l'Associazione nazionale esercenti cinema), il cui presidente, il dottor Paolo Protti, è oggi qui presente; vi è il mondo della categoria degli Studios di Hollywood, cioè l'MPA (Motion Picture Association), che rappresenta tutto il mondo proveniente dagli Stati Uniti, dunque, le principali aziende che producono e distribuiscono contenuti di intrattenimento; infine, vi è l'UNIVIDEO, cioè l'Associazione che rappresenta il mondo dell'home entertainment, quindi, tutto l'intrattenimento che avviene al di fuori dalla sala, definito a volte «casalingo».
Nel tempo, quasi 25 anni di attività, che compiremo il prossimo anno, sono entrate nella Federazione anche le principali aziende che producono e distribuiscono contenuti italiani, come Rai Cinema, Mediaset, Medusa e, nel contempo, anche le principali emittenti televisive, come Rai, Mediaset e Sky, così come alcune tra le più importanti società di post-produzione e di replicazione, come, recentemente, Sony DADC e Technicolor.
Il contributo che la Federazione ha inteso portare all'attenzione della Commissione consiste nella raccolta del maggior numero di dati possibili sulle varie tipologie di pirateria, anche attraverso la condivisione del nostro studio. Nel 2009, infatti, ci siamo resi conto che bisognava approfondire in Italia il tema della pirateria audiovisiva e, come federazione, abbiamo importato e poi implementato a livello nazionale la più importante ricerca realizzata sul tema da IPSOS, una ricerca che era stata avviata per la prima volta in Inghilterra e che è stata importata nel 2009.
Abbiamo voluto approfondire, a 360 gradi e per la prima volta, il tema della pirateria audiovisiva sia mediante un'analisi quantitativa, per calcolare il danno, sia con un'analisi qualitativa. Allo stesso modo, abbiamo proceduto due anni dopo per capire come si stava sviluppando il fenomeno in questo primo biennio. Abbiamo, quindi, cercato di approfondire le tre forme di pirateria che abbiamo identificato: quella «fisica», data cioè dalla contraffazione del supporto fisico, quella digitale e, infine, un genere di cui si parla poco ma che risulta di assoluto interesse e che definiamo «indiretta». Mi soffermo alcuni istanti su questa tipologia. Si tratta, infatti, della pirateria realizzata con la condivisione dei contenuti, con «amici e parenti», essendo prestata nell'ambito lavorativo o familiare. Si tratta di una forma di pirateria di cui si è sempre parlato poco nel nostro mondo mentre, anche grazie ai dati che vedete rappresentati sinteticamente con alcuni grafici che abbiamo voluto condividere con voi, si configura come una pratica di un certo rilievo.
Passo ora a parlarvi dell'impatto finanziario. A pagina 4 del documento che abbiamo prodotto, troviamo quella che, a mio avviso, è la prima parte del cuore del nostro problema oggi. Con l'aggiornamento dell'indagine IPSOS, l'impatto finanziario su tutta la filiera dell'audiovisivo ha comportato - tale cifra è stata stimata - circa 500 milioni di euro di danno. Chiaramente, parliamo di una cifra in completo regime di evasione fiscale verso l'Erario, quindi, si tratta di un fenomeno molto importante dal nostro punto di vista. Vado ad illustrare la segmentazione di questi dati.
Troviamo 106 milioni di euro che rappresentano l'impatto sul mondo cinema; 132 e 154 milioni di euro, quindi oltre 280 milioni di euro, che rappresentano l'impatto sul mondo dell'home entertainment, cioè, il noleggio e la vendita di supporti fisici. Oggi, il comparto più colpito da questo fenomeno è sicuramente il mondo dell'home entertainment ma anche il cinema e la sala cinematografica, che risultano i principale soggetti su cui si ha un impatto molto importante.
Abbiamo, inoltre, voluto approfondire il tema - eravamo alla fine del 2011 - prendendo in esame la TV on demand, il


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download in streaming e i canali satellitari. Peraltro, anche con il download in streaming, che ancora oggi rappresenta una percentuale ridimensionata, c'è un'offerta legale molto presente anche sul nostro territorio, comunque, parliamo già di oltre 50 milioni di euro di perdita. Queste sono, brevemente, le stime finanziare.
Onestamente, ritengo che, anche a fronte dell'incidenza di quanto sta accadendo nel nostro Paese, se oggi andassimo a fare uno studio attuale sul nostro territorio, senza dubbio emergerebbe che questo fenomeno non è si ridimensionato, anzi, temo che i numeri siano andati aumentando molto significativamente per quanto riguarda l'impatto finanziario.
Abbiamo, inoltre, voluto condividere con voi la ricerca, di cui sicuramente avrete parlato, della TERA Consultants, riguardante la proiezione della perdita dei posti di lavoro. Parlando, infatti, di conseguenze piuttosto concrete, negli ultimi due anni e mezzo, in Italia, importantissime imprese, come la Paramount picture o la stessa Sony, hanno chiuso. Il 31 ottobre, solo pochi giorni fa, lo stesso è accaduto per MEDUSA. Per quanto riguarda l'Italia, Medusa, ad esempio, cioè una major italiana, ha annunciato che cederà tutto il ramo d'azienda dell'home entertainment alla Warner. La situazione, attualmente, è di grande razionalizzazione del mercato. È un momento difficile: si perdono non solo introiti per le tasse ma anche posti di lavoro.
La TERA Consultants proietta, addirittura, per il mondo delle imprese culturali, a livello europeo, che oltre 1.2 milioni di posti di lavoro saranno persi entro il 2015 proprio a causa della pirateria, principalmente digitale. Tra l'altro, la TERA Consultants opera un approfondimento per quanto riguarda l'iter del Paese-Italia, indicando una cifra superiore a 22.000 solo per il fenomeno legato proprio alle opere di ingegno veicolate illegalmente su Internet. Si tratta di dati veramente allarmanti.
Un altro dato che vorrei condividere con voi, del quale ritengo che siate già a conoscenza, riguarda il Report che, ogni anno, il Governo americano redige su vari Paesi del mondo. È il famoso Special 301 e l'Italia, da anni, purtroppo, è nella watchlist del Governo americano come uno dei peggiori Paesi in tema di attività illegale per la contraffazione e la pirateria. L'anno scorso - vorrei darvi questo dato - ci è mancato un pelo che uscissimo da questa watchlist grazie alla proposta di regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Infatti, in maniera preliminare, in corso di redazione del Report Special 301, il Governo americano sarebbe stato anche disposto a farci finalmente uscire dalla suddetta watchlist a fronte del fatto che l'ottimo regolamento dell'Agcom fosse stato approvato e implementato.
Purtroppo, l'obiettivo non è stato colto, benché ci abbiamo creduto tanto, collaborando per oltre due anni e mezzo con l'Agcom per cercare anche di fornirle alcuni strumenti. Vorrei aprire una parentesi pensando l'entusiasmo che ha creato la proposta di regolamento dell'Agcom al di fuori del nostro Paese, a livello europeo: improvvisamente, l'Italia era diventata la prima della classe proponendo un regolamento che, per la prima volta, si poneva lontano dall'andare ad intaccare il cosiddetto pirata/utente finale.
Il regolamento - lo saprete - prevedeva, per i principali e i più importanti siti pirata - non certo per altri - laddove, cioè, questi fossero stati al cento per cento dei siti pirata e posizionati all'estero, l'inibizione del blocco IP e DNS sul territorio italiano. Questo era un po' il cuore del regolamento: non si andava più a toccare l'utente finale, bensì quei siti che lucrano quotidianamente e fatturano moltissimi milioni, di euro o di dollari di pubblicità, sulla base di introiti totalmente illegali.
Abbiamo anche cercato - anticipando le vostre richieste - di fare un approfondimento sulla pirateria digitale, un problema che oggi ci preoccupa di più perché la tecnologia e l'intera filiera illegale su Internet cambia ogni giorno ed è sempre più forte. L'aspetto interessante, sottolineato proprio da noi della FAPAV, attiene


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alla realizzazione di uno schema che consente di rendersi conto del danno ingente in relazione al rilascio dei contenuti.
Dal grafico a pagina 6 del documento, potrete rendervi conto di quanto poco tempo basti dal momento dell'uscita - release - del film affinché questo sia presente in Internet con un audio italiano: ciò avviene, nella maggior parte dei casi, entro 48 ore. La questione drammatica, oltretutto, di cui abbiamo avuto anche modo di parlare altre volte con voi, è che, sempre più spesso, il film è disponibile addirittura prima della sua uscita. Magari riparleremo del fatto che esistono varie tipologie di situazioni in questo campo.
Abbiamo anche cercato di condividere con voi alcune delle aree della pirateria, portando alla vostra attenzione dei dati. Abbiamo approfondito il fenomeno del BIT Torrent, uno dei nostri più grandi problemi oggi: parliamo del principale mezzo per poter condividere files ad alta qualità. Grazie ad uno studio di Public BT, si è visto che tante delle tecnologie che nascono su Internet con i migliori intenti, poi sono utilizzate dal mondo illegale per i fini peggiori: da una torta che rappresentava tutti i files, più del 60 per cento di questi erano coperti da copyright e oltre il 35 per cento era un prodotto pornografico. Insomma, solo lo 0,1 per cento rappresentava il prodotto cosiddetto libero dal copyright. Questo è il fenomeno del BIT Torrent.
Attraverso, invece, un altro importante fenomeno, che pure costituisce una grande problematica, cioè i cyberlockers, che tutti conoscerete attraverso i famosi Megavideo e Megaupload, si è verificata una condivisione fatta non più tra hard disks, bensì attraverso i servers. In questo caso, è addirittura emerso un nuovo fenomeno, che ci ha colpito molto. Non si trattava più, infatti, solo del guadagno fatto grazie a Megaupload (di cui vedete alcuni dati principali nella tabella a pagina 7), dove si parlava di oltre 175 milioni di dollari di ricavi dalla pubblicità e di 180 milioni di utenti registrati. Molte volte, infatti, non si parla di un altro grosso introito per il mondo della pirateria, che proviene dai database.
Giustamente, come qualsiasi buon amministratore d'azienda, bisogna trovare il modo di fare lucrare la propria, una delle ultime novità consiste nella vendita dei database, per cui un sito pirata non solo lucra attraverso la pubblicità, perché rappresenta e garantisce un numero di utenti incredibile ma, contestualmente, nel momento in cui si richiede una registrazione per partecipare a forum o a siti (come nel caso di Megaupload, che ora non esiste più anche se, solo due settimane fa, è stato annunciato dal titolare, tramite un importante ufficio stampa internazionale, che sarà disponibile a breve un nuovo sito dal nome Mega), si verifica una gestione dei dati personali da parte di questi personaggi. Sappiamo, ad esempio, che sono rubate identità e che il problema, per quanto riguarda gli atti criminali, sta diventando, sempre più, di ampio respiro.
L'aspetto affascinante di questi cyberlockers è la novità per cui gli utenti che caricavano questi film venivano retribuiti, cioè veicolando denaro. Nel caso, infatti, di Megaupload, avevamo da un minimo di 33 dollari giornalieri per chi caricava i files sui rispettivi servers di Megaupload e di Megavideo, fino a un massimo di 220 dollari. Il dato drammatico è che questo sistema si sta sviluppando sempre di più. Vi sono siti e portali pirata che pagano coloro che hanno il desiderio di caricare files illeciti. La notizia è molto allarmante. Porto, quindi, alla vostra attenzione due dati molto allarmanti ed estremamente recenti: la vendita da database e lo sviluppo di un «mercato» nella fase di upload e download all'interno delle principali piattaforme legali.
Vi ho anticipato il tema del blocco IP e DNS. Sappiamo perfettamente che, comunque, è una situazione di passaggio (nel senso che esistono anche temi come il Proxy, che dà la possibilità di accedere e via dicendo), però, vorrei condividere con voi il grafico, che trovo di particolare interesse, a pagina 9, riguardante gli effetti che sono stati registrati in Italia nel momento


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in cui sono stati inibiti tre grossi siti pirata. Nel momento in cui Btjunky e Piratebay - lo avrete sentito - sono stati inibiti, per cui l'accesso a tali siti dall'Italia è stato bloccato, la prima reazione da parte degli utenti che fanno questo tipo di mestiere è stato un crollo totale, vertiginoso, degli accessi al sito (questo ci fa anche capire come non tutti siano all'altezza di effettuare un accesso con il Proxy, benché molto semplice). La misura ha avuto, comunque, un effetto di deterrenza. Erano notizie che volevo aggiungere anche in relazione a quanto detto sull'attività e sulla proposta di regolamento dell'Agcom.
Un altro aspetto che vorrei condividere con voi riguarda il ruolo delle forze dell'ordine, per le quali siamo invidiati a livello internazionale. Proprio con per riferimento alle attività di inibizione, queste sono state avviate per la prima volta in Italia. Quindi, anche a livello europeo, si chiedono informazioni alle nostre forze dell'ordine in merito alle modalità con cui si è riusciti a fornire risposte così efficaci e celeri a fronte di queste problematiche. L'esempio della nostra Guardia di finanza è oggi portato in evidenza e condiviso anche fuori dal nostro Paese.
Passo a qualche breve osservazione sulle nostre conclusioni. Naturalmente, come ha ricordato il presidente, restiamo disponibili a rispondere a qualsiasi domanda, curiosità o osservazione. Oggi, per noi è diventato primario ricevere una risposta da parte del mondo istituzionale, per il quale, chiaramente, intendiamo il Governo e le principali istituzioni parlamentari. Abbiamo bisogno, senza dubbio, di un intervento forte: di una presa di coscienza del fenomeno. Anche in questo caso, mi permetto una parentesi personale: da amante e appassionato di cinema, ho paura che se continuiamo a trovarci in questo tipo di situazione, questa possa solo aggravarsi, come di fatto, purtroppo, sta già avvenendo. Anche recentemente, ci sono stati cambiamenti dovuti a razionalizzazioni fortissime del nostro mercato.
Ritengo che la qualità rappresentata dal mondo dell'intrattenimento televisivo, che per la mia generazione - ma anche per molte altre - è stata un punto fermo, un qualcosa che ha veicolato i migliori sogni e le passioni di generazioni, sarà in qualche modo persa o, comunque, ridimensionata fortemente. Questo è un augurio che non rivolgo al nostro Paese, perché spero che, invece, vinca il mondo, non solo del cinema americano ma anche di quello italiano. Abbiamo uno dei più importanti patrimoni storici, che deve essere tutelato per poterlo anche offrire alle prossime generazioni. Senza ombra di dubbio, quindi, abbiamo bisogno di risposte.
A nostro giudizio, l'Agcom poteva rappresentare un primo passo, molto importante, in questa direzione. Nel lavoro straordinario svolto dall'Autorità, che si è interrotto ma non si è ancora concluso (si è bloccato per un cambiamento di governance), noi ci crediamo e ci teniamo ancora molto: secondo noi, l'Agcom era sulla buona strada.
Abbiamo, inoltre, bisogno di un'attività di sensibilizzazione, per la quale, a mio avviso, è importante - penso al vostro ruolo - lanciare segnali importanti anche ad altre istituzioni - penso alle procure - in modo da attirare l'attenzione verso questo tipo di problema. Peraltro, sempre in tema di inibizione e di attività intraprese in tal senso, abbiamo anche il modello - che ci invidiano - dell'AAMS (Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato), che lavora sui siti delle scommesse illegali su Internet e che funziona benissimo.
Un altro tema molto importante riguarda la sensibilizzazione e le campagne di comunicazione, non solo verso le generazioni dei genitori cresciuti, ma anche dei bambini, dei ragazzi, cioè delle nuove generazioni che, come accennavo, hanno lo stesso diritto di veicolare quei sogni e quelle passioni che possono arricchirli e offrire loro delle risposte per le proprie ambizioni future.
Sicuramente, vogliamo - stiamo cercando - di cambiare un po' mentalità. Personalmente, sono arrivato alla FAPAV dal 1o aprile e uno dei primi tentativi è stato quello di metterci un po' più in grado


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di dialogare con i soggetti appartenenti al mondo degli Internet service providers, per cercare di conoscerci meglio, di capirci: se non ci si parla, infatti, non ci si capisce.

LUDOVICO VICO. Mi scusi, di cosa si occupava prima di arrivare alla FAPAV?

FEDERICO BAGNOLI ROSSI, segretario generale di FAPAV. Collaboravo con UNIVIDEO ma già dal 2006 mi occupavo di associazioni di categoria del mondo dell'audiovisivo. Quando è arrivata questa possibilità, abbiamo cercato di implementare questo tipo di sinergie con il mondo degli Internet service providers. Una misura, a mio avviso opportuna, consisterebbe nel trovare soluzioni tra noi, mediante attività anche di co-regolamentazione, così come sta avvenendo in Inghilterra.

PRESIDENTE. Mi siano concesse due riflessioni veloci. La prima riguarda l'emergenza che si è creata con le modalità di attività di pirateria. Porto un esempio concreto di questi giorni: raccontavo ad un amico di essere stato, giovedì scorso, a vedere Skyfall al cinema in una sala semideserta ma lui mi ha risposto che lo aveva già visto su Internet su un certo sito.

FABIO RAINIERI. Filmsenzalimiti.it!

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rainieri. Spesso, a pagare le conseguenze di tali situazioni sono anche i soggetti più deboli, come nel caso di qualche piccola sala di provincia, dove si fatica a fare il pieno di pubblico a differenza di quanto accade ancora, se pur raramente, nelle sale di città. Sulla tempistica, ritengo che debba essere aperta una riflessione seria, al di là degli strumenti, più o meno individuati anche se non ancora oggetto di norme specifiche (tali strumenti sono perlomeno regolamentabili), posto che le modalità, i tempi e la tipologia di attività di provenienza sono abbastanza chiari a tutti: che poi esista una difficoltà, oggi, ad affrontare dal punto di vista normativo la tematica è cosa nota. Io sono un testimone oculare evidente di come sia difficile, in questo Paese, cercare di introdurre delle regole: giuste o sbagliate che siano, non c'è una propensione naturale al dibattito, al dialogo in modo sereno su questa tematica. La libera circolazione delle idee, quale diritto sacrosanto, molto spesso mitiga, agli occhi del legislatore, i danni fatti al sistema. Peraltro, dai numeri forniti questa mattina, si tratta di danni importanti.
Al di là delle conseguenze negative di politica generale ed economica nei rapporti internazionali, ad esempio con gli Stati Uniti, laddove il Report Special 301, per una serie di ragioni condiziona anche il nostro export (questo ci è stato detto chiaramente quando siamo stati negli Stati Uniti), non possiamo pensare, come Paese, di continuare a mantenere un atteggiamento assolutamente poco virtuoso, pretendendo poi di essere considerati tali, ad esempio, in tema di esportazioni. Vi sono, quindi, una serie di conseguenze dirette che, molto spesso, colpiscono anche i piccoli esercizi. Se, al di là delle sale cinematografiche, pensiamo a cosa sta succedendo alla rete di distribuzione, ai videonoleggi o all'home entertainment in generale, i dati sono abbastanza preoccupanti. Peraltro, proprio in questi giorni mi sono state segnalate dagli associati di alcuni piccoli operatori una serie di violazioni: la difficoltà, poi, è nel trovarsi dall'altra parte, non tanto per voi come interlocutori che, ovviamente, fate il vostro mestiere, quanto per il fatto di essere in grado di fornire loro uno strumento immediato di intervento. Nella sua relazione, ad un certo punto, ci dice che vanno sollecitate le procure a tenere alta la guardia perché, molto spesso, il tema è assolutamente sottovalutato: probabilmente, ciò avviene perché non si conoscono i numeri.
La tabella che ci avete mostrato a pagina 4, a mio avviso, è allarmante. Mi riferisco ai dati sullo scenario tendenziale in termini di posti di lavoro che rischiano di essere «inghiottiti» da questo mercato neanche ufficiale: qualche piccola preoccupazione su questi numeri dovrebbe venire


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a tutti, anche ai più sensibili e attenti alle cosiddette libertà individuali e alla circolazione delle idee.
Il mio ragionamento non fa altro che prendere atto di quanto ci avete illustrato stamattina: si tratta di una vera e propria emergenza che, al di là dei diritti degli operatori, sta mettendo a repentaglio i diritti dei soggetti che detengono l'idea e che hanno messo in movimento il mercato dell'indotto. Tale mercato, alla lunga, potrebbe subire conseguenze anche peggiori dal punto di vista degli addetti e del numero di lavoratori a rischio, anche per l'incapacità di continuare a mantenere una redditività minima che garantisca l'esercizio dell'attività stessa. Se, infatti, si finisce con il non avere più i numeri per svolgere serenamente il proprio mestiere - o se ne fa un altro - cosa molto difficile oggi - reimpiegandosi in altre attività, oppure, semplicemente, si chiude.
A questo punto, do la parola ai colleghi che intendono intervenire per formulare domande o osservazioni.

GIOVANNI SANGA. Intervengo brevemente, anzitutto per ringraziare del contributo di questa mattina. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere, almeno per quanto mi riguarda, che condivido molte delle conclusioni che sono state illustrate e riportate nel documento.
Esiste un problema di fondo. Infatti, non è facile, a fronte della sensibilità, della cultura e del clima presenti in questo Paese, fare capire che dalla rete non si può attingere tutto in qualsiasi modo e forma senza tenere conto di alcune regole, finora mai esistite: nessuno mai le ha messe in evidenza o rilevate, per cui il cittadino si sente come «legittimato» al comportamento illegale, che poi si realizza in tante occasioni. Questa è una delle difficoltà di fondo di questo tema. È necessario svolgere, quindi, un'azione significativa e rilevante per fare capire, da un lato, che esiste un'esigenza molto forte di utilizzo della rete e di questi strumenti, che ormai sono fondamentali per tanti aspetti e, dall'altro, che bisogna tenere conto del fatto che, ad esempio, alcuni diritti sulla proprietà intellettuale e altri ancora necessitano anche di limitare alcuni utilizzi della rete stessa.

DEBORAH BERGAMINI. Vorrei proporre qualche rapida considerazione perché, ovviamente, la presentazione che ci avete offerto presenta molti spunti di riflessione per il legislatore. Innanzitutto, come ricordava già il presidente, penso al valore economico sottratto al sistema Paese Italia e all'Europa. Voi parlate di mancati ricavi per 22 miliardi di euro su base europea e quest'anno, la proiezione quasi raddoppia. Sono inoltre molto importanti le perdite di posti di lavoro, di cui dobbiamo farci carico.
A me sembra che ci troviamo in una situazione dove esiste un combinato disposto di due fattori: da una parte, la straordinaria rapidità evolutiva (mi riferisco, naturalmente, alla pirateria online), dall'altra, la difficoltà a rendere i nostri concittadini sensibili al fatto che si commettono azioni illegali. Siamo perfettamente coscienti del fatto che è in questa forbice che, come legislatori, dobbiamo muoverci. Tra l'altro, si tratta di due aspetti evidenziati anche da molti altri soggetti che vi hanno preceduto in questa Commissione. Conosciamo il lavoro, che giustamente elencate per i punti più importanti, di prevenzione ed educazione che dobbiamo svolgere, al netto di quello necessario ex post. Comprendo molto bene, quindi, il discorso sulla sensibilizzazione per le procure, che si presenta anche per altri ambiti del contrasto alla contraffazione. Il famoso, famigerato regolamento Agcom, purtroppo, ha interrotto un ciclo che, invece, sembrava finalmente portare verso una soluzione, se non totale, quantomeno parziale del problema.
Vorrei, però, anche aggiungere che mi ha colpito molto il dato sull'home entertainment, che costituisce quasi la metà dei mancati ricavi - i ricavi sottratti, se così vogliamo definirli - di tutto il sistema della pirateria. Ciò mi ha colpito molto perché immaginavo - immagino - che l'home entertainment sia un settore destinato a diminuire, a cedere il passo a fronte del proporzionale aumento della


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computer literacy, dunque, anche dello sviluppo della pirateria online. Mi ha colpito molto la cifra: stiamo parlando, se non sbaglio, di 250 milioni di euro.

FEDERICO BAGNOLI ROSSI, segretario generale di FAPAV. Oltre 280!

DEBORAH BERGAMINI. Su questo, avete qualche suggestione o ipotesi sulla quale possiamo lavorare per questo settore specifico? Un'altra domanda riguarda l'ultimo punto, cioè il codice di co-regolamentazione, che immaginate come uno strumento - ovviamente, nell'ambito del settore produttivo che rappresentate - tra produttori, contenuti, Internet service providers e così via. Vi chiedo se potete fornirci ulteriori dettagli in merito: si tratta, a vostro avviso, di uno strumento davvero efficace? In che tempi e modi immaginate di attuarlo? A livello europeo, infatti, si parla molto di autoregolamentazione e co-regolamentazione come di uno strumento importante per contrastare il fenomeno.

FILIPPO ASCIERTO. Stavo ascoltando con molta attenzione la relazione e nella mia mente passavano alcuni episodi degli anni passati, a partire dagli anni Ottanta. Nella mia attività professionale di quell'epoca, ho proceduto a sequestri immensi di videocassette pirata, in virtù della legge dell'epoca (legge 20 luglio 1985, n. 400), quindi contraffatte, che erano vendute sotto banco dalle videoteche, dalle edicole e in tante altre attività del settore. Al tempo, vi era sia il sequestro della merce, sia la denuncia di colui che vendeva questi prodotti ma era difficile, però, risalire al momento in cui la famosa «pizza» veniva masterizzata e diffusa. Devo dire che, più di qualche volta, siamo arrivati, poi, all'apice, trovando sempre «l'ometto» di turno all'interno della struttura - importante - di distribuzione cinematografica, che in seguito faceva uscire il prodotto. Perché sto raccontando tutto questo?
Oggi i tempi si sono evoluti, c'è Internet ma non possiamo parlare di pirateria come se fosse qualcosa di astratto o non decifrato in questo settore, visti anche i danni provocati. Qui c'è, comunque, «l'ometto» di turno che carica il materiale su Internet e c'è chi lo distribuisce: esistono, allora, un furto e un reato, essendo questa una dinamica che va denunciata. In secondo luogo, c'è una ricettazione; infine, vi è il reato commesso da colui che va a prendersi quel prodotto.
Le forze di polizia lavorano su questo - sono bravissime - e mi fa piacere che lei lo abbia ricordato. Si potrebbe, quindi, intervenire con un'ulteriore normativa o anche pensare a potenziare l'organico delle forze dell'ordine, poiché quelli che si manifestano sono reati importanti. Tuttavia, vorrei sapere se, proprio in virtù dei posti di lavoro che si perdono, del danno economico che si subisce, esiste la consapevolezza della necessità di un controllo all'interno di queste strutture cinematografiche e imprenditoriali del settore audiovisivo. Ci sono, oggi, i cosiddetti security managers, espressione con la quale oggi ci riempiamo la bocca (in realtà, sono personaggi che si trovano anche tra le forze dell'ordine e che sono specializzati): è mai passato per la testa a qualcuno di organizzare una serie di attività di controllo volte ad individuare - uso un termine poliziesco - le infiltrazioni all'interno di questa società, addirittura legate alla criminalità organizzata?
Quando ho personalmente svolto delle indagini, siamo arrivati a Napoli e già allora abbiamo trovato la grande distribuzione della pirateria legata a clan camorristici, esistendo una forte connivenza tra il famoso «ometto» - più o meno conosciuto - e una serie di attività criminali.
Vi ringrazio, dunque, per la vostra esposizione e per averci fornito anche i numeri di questo fenomeno, ma giro anche a voi la seguente sollecitazione, che riguarda una sensibilizzazione su questo fenomeno, perché, prima di tutto, bisogna guardare dentro casa propria: quando il materiale finisce su Internet, la situazione è già deflagrata.

LUDOVICO VICO. È molto interessante quanto ci è stato sottoposto, per cui coglierei


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i punti che, forse, potranno essere elaborati e quelli che, personalmente, non ritengo chiari. In primo luogo, nella parte delle conclusioni, la parte più interessante, non si trova mai un giudizio preciso sui motori di ricerca. In un passaggio del vostro documento - al punto 2 - c'è una lamentela: oltre a dire che si potrebbe procedere come nel caso dei Monopoli, si dice che le procure non intervengono. Noi abbiamo risolto questo aspetto attinente alle procure nell'ambito dell'inchiesta quando siamo arrivati al punto preciso della criminalità organizzata. Solo così, infatti, il coordinamento ci ha consentito di cominciare ad avere positivamente la lettura del fenomeno contraffattivo. Poiché questa è, allo stato attuale, arte gentile e, invece, arte sanguinolenta per chi la muove, il punto non è un appello alle procure, bensì come ricostruire, dal punto di vista legislativo, nel confronto che positivamente abbiamo avuto soprattutto con la Direzione nazionale antimafia, la tipologia di reato che ha risvolti materiali e interessi immateriali. Poiché qui c'è una debolezza culturale, non associativa, in merito al giudizio sul principio di responsabilità del motore di ricerca cosa può dirci? Non vorrei che ragionassimo per «farfalle»: immaginare che, su questo pianeta, l'autoregolamentazione o il codice deontologico possano essere risolutivi a fronte delle prime 28 pagine che ci ha descritto, mi fa pensare alla Città del Sole. Il punto è che abbiamo, invece, proprio una debolezza, che si snoda in una discussione infinita, persino sulla strumentazione e sul diritto, da quello di proprietà a quello dell'utenza.
Quindi, il punto sulla illegalità che interviene, non deve essere riferito sole alle pregevoli informazioni che lei ci ha fornito. Lei ci ha fornito dei dati sull'evento commerciale sostitutivo e sull'evasione, ma il problema è l'altra parte che sta dietro, cioè il mercato illegale parallelo. Questo problema deve suscitare qualche interesse perché, anche dal punto di vista della repressione, quindi, della norma come Stato di diritto, siamo su un versante molto più ampio dell'interesse sovrano che possiamo avere.

ANDREA LULLI. Il tema non è nuovo - ne abbiamo discusso altre volte - e sul problema della regolamentazione il dibattito è piuttosto complesso, non solo in Italia. Naturalmente, siamo d'accordo che si debba fare tutto il possibile per intervenire nella fase della commercializzazione dei prodotti, per rintracciare e colpire i responsabili e così via, ma vorrei anche rivolgere una domanda: qual è l'origine del furto del diritto d'autore?
La questione della rete, sicuramente, presenterà problemi inediti, non solo per quanto riguarda i prodotti di cui stiamo discutendo ora. Sappiamo che si tratta di un problema molto complesso sul quale, purtroppo, non siamo molto avanzati da un punto di vista del dibattito culturale, posto che siamo ancora alla questione della libertà di circolazione, di pensiero e via dicendo. Esiste la consapevolezza del problema e, come avete ricordato, qualche passo è stato compiuto ma, sicuramente, le cose vanno avanti. Tuttavia, secondo voi, dove nasce il furto del diritto d'autore, da cui poi prende il largo tutta la commercializzazione e la concorrenza sleale?
Quando, infatti, abbiamo affrontato anche altri temi in altri settori, abbiamo osservato - non so se posso parlare anche per gli altri - che spesso ci si trova di fronte ad una contiguità tra gli interessi legali e il mercato parallelo della contraffazione. Anche quando siamo stati a Napoli e abbiamo discusso con i magistrati, così come con altre istituzioni in altre situazioni, per esempio, con la Guardia di finanza, questo è tema che rimane sullo sfondo. Possiamo correre dietro alla lepre e bisogna far ciò perché l'illegalità va stroncata e non ci si deve arrendere, però, il punto è da dove nasce il furto: dov'è la fonte, l'origine? Che idea vi siete fatti?
Quanto al fatto di regolamentare tutte le questioni, io sono tra quelli - il presidente lo sa - non contrari a ciò, ma la cosa non è facile, posto che non si tratta di un problema solo italiano. In Italia,


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certo, possono esserci situazioni particolari ma il problema mi pare molto globalizzato e il rischio è che la sua velocità aumenti. Vorrei capire se, su questo, avete un'idea, al di là di tutte le considerazioni svolte: cosa, concretamente, potete fare e cosa su questo punto possiamo, a vostro avviso, fare noi?

PRESIDENTE. So che vi chiedo uno sforzo enorme ma, in teoria, alle ore 10 dovremmo chiudere i nostri lavori poiché inizia la seduta in Assemblea. Ci prenderemo qualche minuto in più, ma non si tratterà di tempi tali da consentire una riflessione a 360 gradi su tutte le tematiche toccate. Vi chiederei, quindi, una replica veloce rispetto alle questioni poste e poi, eventualmente, vi saremmo grati se voleste fornirci, anche nei prossimi giorni, un documento scritto o una vostra interrogazione, che saremo lieti di acquisire agli atti per non lasciare indietro nulla che potrebbe essere importante ai fini della nostra relazione.

FEDERICO BAGNOLI ROSSI, segretario generale di FAPAV. Vorrei, se possibile, dare la parola al dottor Paolo Protti.

PRESIDENTE. Va bene. Invito il dottor Protti ad intervenire.

PAOLO PROTTI, presidente di AGIS. Sono state poste molte domande ma, per rispondere, partirò da una frase che ho sentito e che ci porterebbe su una strada sbagliata: la nostra richiesta non è di regolamentare la rete, bensì di combattere l'illegalità, una cosa ben diversa.
L'onorevole Lulli ha posto la questione dell'origine: la prima origine risiede nel volere trarre del lucro illegale. Il punto, inoltre, non riguarda assolutamente la contiguità, bensì che sono subentrati, in modo consistente, degli interessi: si è citata la mafia napoletana ma vi anche la mafia russa. Si è partiti dagli Stati Uniti, dove questi signori andavano, non nei cinema bensì nelle fabbriche, per esempio della Deluxe, offrendo, già nel secolo scorso, 200 milioni di dollari al top manager. Queste cifre ci dicono che dietro tale fenomeno si costruisce un mondo di illegalità, quindi, c'è una responsabilità molto precisa.
In Italia, ciò che può avvenire oggi, come il dottor Bagnoli Rossi potrà confermare, è che si ruba l'audio più che l'immagine, posto che quella è già in rete. La questione, quindi, come è stato detto, consiste nel ricostruire il reato.
A monte di tutto ciò, è ricorsa spesso un'altra frase a proposito della debolezza culturale: noi dobbiamo, prima di tutto, combattere anche la nostra debolezza culturale, a volte insita in noi e avere il coraggio di assumerci delle responsabilità. Dobbiamo farlo noi, per esempio, immettendo anche un'offerta legale. Oggi, infatti, a creare questa difficoltà è la mancanza di un'offerta legale, in presenza della quale, però, sono necessari gli strumenti per combattere l'illegalità. Ricordiamo il problema, di cui oggi non si è parlato, della musica, che per prima è stata travolta da questi fenomeni, dai quali, a fatica, sta uscendo: in quest'ambito, si è creata un principio di offerta legale ma, a monte, c'è una grande responsabilità che penso sia della politica. Esiste, infatti, l'etica della politica ed esiste la politica, compito da voi svolto. In generale, quante volte, come categorie, veniamo a chiedere aiuti allo Stato, chiedendo - lo dico in modo grezzo - soldi per aiutare i nostri investimenti, lo sviluppo o la difesa delle nostre aziende?
Sul tema della pirateria, un tema che appartiene all'illegalità, più che soldi, noi veniamo a chiedere strumenti per combatterla, perché quest'ultima, senza chiedere soldi allo Stato, crea un volano enorme: i 500 milioni citati riguardano, infatti, l'evasione dei ricavi, senza conteggiare tutta la parte relativa al copyright, cioè al diritto d'autore. A monte, vi è un danno per la creatività. Diminuisce, quindi, la creatività, diminuisce la produttività, diminuisce l'offerta diffusa sul territorio - come il presidente Fava ha descritto correttamente, quasi fosse il presidente della mia associazione - e quindi, a ricasco, si scatena un affetto di crisi.
La cifra relativa ai 500 milioni di ricavi evasi dalla pirateria, è ben superiore all'ammontare


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che lo Stato concede all'intero mondo dello spettacolo, non solo del cinema o dell'audiovisivo. Bisogna comprendere come adottare, da parte della politica, strumenti per combattere l'illegalità audiovisiva e fare capire - qui sta la debolezza culturale - che non siamo di fronte al pirata romantico, bensì ad un delinquente con alle spalle una struttura organizzata legata alla stessa filiera della contraffazione, il cui contrasto è ormai entrato - sta entrando - nella cultura generale, mentre ciò non accade per la contraffazione via Internet.

LUDOVICO VICO. Cosa vi è stato risposto finora? Stiamo sempre ragionando su un fenomeno: cosa c'è oltre la fenomenologia?

PAOLO PROTTI, presidente di AGIS. Lei vuole una risposta sincera?

LUDOVICO VICO. Faccia lei, questa è una Commissione di inchiesta.

PAOLO PROTTI, presidente di AGIS. La risposta è stata che avevamo ragione: sono tutte belle parole ma da parte nostra non abbiamo visto nulla. Come è stato detto ampiamente, la proposta di regolamento Agcom era - è tuttora - uno strumento estremamente funzionale ma è ferma. Questa è una responsabilità che dobbiamo assumerci tutti: noi lavorando perché tale proposta sia riadottata, voi da parte vostra perché ciò avvenga in tempi rapidi.

PRESIDENTE. Ricordo, a scanso di equivoci, che l'Agcom è un'agenzia indipendente. Noi abbiamo convocato l'Agcom a qualche giorno dalla...

PAOLO PROTTI, presidente di AGIS. Vi ricordo che in Francia esiste una legge (Hadopi), per cui basterebbe...

PRESIDENTE. Noi andremo in Francia la prossima settimana. Il punto dirimente della questione è che abbiamo chiesto, come Commissione di inchiesta, a maggio di quest'anno, un'audizione all'Agcom. Ovviamente, eravamo in «zona Cesarini», per usare una metafora calcistica, perché sapevamo che, di lì a qualche giorno, l'Agcom avrebbe rinnovato i suoi vertici. L'Agcom è venuta in questa sede in audizione e, l'allora presidente, ci garantì l'approvazione del regolamento, fosse stato l'ultimo degli atti della sua gestione: ciò è rilevabile dal resoconto parlamentare della seduta svolta.
Quindi, al di là dei tentativi della politica, siamo di fronte a situazioni diverse, dove ognuno, singolarmente, ha assunto le iniziative e gli atteggiamenti ritenuti più opportuni. Personalmente, ho provato anche ad affrontare il tema sul versante legislativo nella nota vicenda che tutti conoscete sia per come è cominciata, sia per come è finita. Ad un certo punto, in quello specifico frangente, ci fu detto di fermarci sul piano dell'attività legislativa parlamentare perché la competenza restava una prerogativa dell'Agcom, quindi dell'Agenzia in quanto autorità indipendente e quindi, diligentemente, ci siamo, o meglio, mi sono fermato, convocando l'Agcom, che ci disse quanto vi ho testualmente riportato: sembrava che la strada fosse spianata, mentre poi sappiamo com'è finita. Siamo, infatti, arrivati al termine di quella esperienza senza tale risultato e ora vi è un'Autorità con nuovi interlocutori. Sicuramente, sarà nostra cura riconvocarli per sapere quali siano le loro intenzioni in materia, ma resta il fatto che sulla paternità della prima azione, se cioè debba essere il Parlamento a muoversi mediante uno strumento legislativo nuovo, piuttosto che l'Autorità, che ha già i poteri ma, evidentemente, sta vivendo uno stallo su questa vicenda abbastanza noto a tutti, il dibattito è ancora aperto.
Lungi da me l'idea di fare il difensore della politica o del Parlamento ma ricordo che esistono delle prerogative. In questa legislatura, peraltro, per la prima volta, il dibattito è stato affrontato, anche se non in modo sereno - lo dice chi, da un certo punto di vista, ha subìto la vicenda - a fronte di condizionamenti forti da parte del cosiddetto popolo della rete.


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Oggi, il mondo della rete è, indubbiamente, uno dei soggetti che maggiormente condizionano le scelte sia dell'opinione pubblica, sia della politica (come è anche normale che sia, visto che la politica è normalmente l'espressione dell'opinione pubblica o dovrebbe tentare di esserlo).
La nostra attività di questi mesi, di queste settimane - anche di stamattina - tende, quindi, a cercare di risolvere la questione fornendo al Parlamento dei dati oggettivi, dei quali vi ringraziamo, cercando di coinvolgere tutti gli attori. Resta, però, la consapevolezza - su questo punto sono abbastanza d'accordo con chi mi ha proceduto, in particolare con l'onorevole Vico - per cui non possiamo pensare che la questione si risolva con un unico atto perentorio, quasi poliziesco, come piacerebbe al collega Ascierto, né mediante un codice deontologico di regolamentazione tra gentlemen, visto che in questo settore non ce ne sono. Il tentativo, quindi, è di trovare una forma, che possa essere condivisa, che eviti una contrapposizione all'interno del Parlamento come già è avvenuto in passato.
Ribadisco, peraltro, che tale contrapposizione non era parlamentare. Fino a quando il dibattito, infatti, è stato parlamentare, la Commissione di merito - alla quale, oltretutto, non avevo nemmeno partecipato - ha licenziato un testo approvato all'unanimità. Quando poi si è scatenato il mondo fuori, abbiamo visto in che misura anche buona parte della politica non abbia avuto il coraggio di portare avanti questa scelta.
Voglio chiarire, però, che probabilmente non era quella la soluzione: si trattava di un testo sul quale si poteva discutere. Ciò che, personalmente, mi ha amareggiato in quella vicenda è stata l'indisponibilità a discutere anche su eventuali modifiche del testo, il quale era emendabile: se non andava bene, così come è avvenuto altre mille volte in Parlamento, una volta licenziato dalla Commissione poteva essere modificato dall'Assemblea. Le pressioni, però, da parte dell'opinione pubblica sono state tali da non consentire un dibattito sereno all'interno dell'Assemblea. Questo è ciò che è avvenuto.
Dobbiamo, allora, ricostruire dall'attività che stiamo svolgendo un quadro, mettendo il Parlamento, probabilmente il prossimo perché non credo che in questa legislatura ci siano più gli spazi temporali per gestire nulla del genere, nelle condizioni di fare una scelta (ciò, ovviamente, in subordine alle scelte di Agcom, la quale, se nel frattempo legiferasse, toglierebbe tutti dall'impaccio).

ANDREA LULLI. Non si è trattato solo delle pressioni dell'opinione pubblica, ma anche di quelle di interessi economici, che non voglio giudicare illegittimi, altrimenti si discute in una situazione asettica e non si capisce il problema. Per quello che ci riguarda, sulla proposta di regolamento dell'Agcom, all'epoca dell'audizione, abbiamo dato il via libera: non li abbiamo frenati. A frenare la nuova approvazione non è stata solo l'opinione pubblica della rete, ma anche interessi economici che, evidentemente, hanno ritenuto non fosse giusto o, comunque, che fosse legittimo per loro ostacolare l'approvazione del testo da parte dell'Agcom. Diversamente, non è chiaro il termine della questione.
Ribadisco che, per quello che mi riguarda, nel corso di tutta quest'attività svolta nella Commissione di inchiesta sulla contraffazione e sulla pirateria commerciale, è molto evidente e in più situazioni si rileva una contiguità tra il circuito legale e il circuito illegale: i files, a questi signori, non sono io a fornirglieli!

LUDOVICO VICO. Affinché resti agli atti: sono molto dispiaciuto che il dottor Protti confonda l'Autorità indipendente con la politica e con il Parlamento. Lei non ha reso chiaro questo concetto. Opportunamente, è stato reso e quindi saranno opportuni per un prossimo futuro, per un'associazione di tale importanza, che dialoga con gli operatori e con il Paese, la precisione e il rispetto dei ruoli, fondamentali per le istituzioni quanto anche per la sua funzione.


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PRESIDENTE. Credo che la questione sia stata chiarita.

LUDOVICO VICO. Siamo stanchi!

PRESIDENTE. Io sono stanco in generale! Do la parola al dottor Guerrazzi per una breve replica.

ROBERTO GUERRAZZI, presidente di UNIVIDEO. Chiedo scusa se parlo in ritardo ma ho preso molti appunti. Penso che sia impossibile, in poco tempo, fornire una risposta esaustiva. Una sollecitazione interessante è venuta dall'onorevole Bergamini.
Sottolineo, anzitutto, la rilevanza che l'argomento riveste per il settore dell'home video e dell'home entertainment. L'UNIVIDEO, oltre a rappresentare le aziende dell'home video propriamente detto, quindi del supporto fisico, ha tra i suoi associati la gran parte delle aziende che, come detentori dei diritti, anche per lo streaming e il downloading, sono quindi titolari a decidere sulle piattaforme che li commercializzano online.
Proprio nella veste di associazione di categoria così interessata dal fenomeno e viste le sollecitazioni poste, stante la fortissima collaborazione tra UNIVIDEO e FAPAV, che è un po' il braccio operativo sulla pirateria in senso stretto. Il nostro angolo visuale è maggiormente puntato sul commerciale e, per questa ragione, abbiamo delegato chi fa questo ad occuparsi del problema.
Sotto questo aspetto, mi sentirei quasi, se lo riteneste opportuno, al di là di una lettera di precisazione di risposta a certi commenti, di tornare a Roma per una breve audizione suppletiva. Non so se esistano i tempi. Sono tanti, infatti, gli argomenti, sui quali mi sentirei di fornire, onestamente, veramente un forte contributo a tutti. Noi non siamo molto attivi dal punto di vista politico, ma abbiamo avuto alcuni incontri con qualcuno di voi: partendo da posizioni contrapposte, per esempio, sull'alternativa - che per noi non è tale - tra Autorità indipendente e Parlamento, un tema ampiamente discusso, in qualche caso ho trovato anche interlocutori che, partiti da una posizione, hanno cambiato il loro approccio, a seguito di uno scambio di idee avuto con me personalmente. Tutto quanto avete affermato è vero ed è stato davvero molto interessante ascoltarvi, tuttavia, ancora una volta, trovo conferma del fatto che, purtroppo, è molto difficile dialogare, perché anche le Commissioni non sono così compatte ed unitarie, avendo al loro interno diverse componenti che partono da presupposti e informazioni accumulate nel tempo da ogni singolo componente, per cui non è così facile, in pochissimo tempo, rispondere su tutto. Onestamente, quindi, mi è difficile entrare su tutti gli argomenti. Se non sarà possibile, ci limiteremo alla lettera.

PRESIDENTE. Ciò che lei chiede è possibile compatibilmente con i tempi della legislatura. Noi abbiamo accumulato una serie di richieste di audizione e non le nascondo che sul tema della pirateria digitale sono veramente parecchi i soggetti che ci hanno chiesto di essere auditi. Abbiamo quindi proceduto ad effettuare una selezione e, al di là del fatto che andremo a Parigi a discutere con il Ministro della cultura sul tema del loro regolamento, abbiamo già in programma audizioni con rappresentanti di Yahoo, della Guardia di finanza, dell'AIE, di Confindustria cultura, di Facebook, dell'Associazione italiana Internet providers, di Assotelecomunicazioni, insomma, si tratta di un calendario molto fitto, fino a Natale.
Avevo già proposto ai colleghi in sede di Ufficio di presidenza - ne discuteremo nuovamente - di provare a pensare a una giornata di audizioni dedicata a ciò, per riuscire ad avere più tempo per sviluppare argomenti rimasti in sospeso. In quel contesto, non avrei nessuna difficoltà ad invitarvi di nuovo, compatibilmente con la disponibilità del calendario in programma. Tenga presente che, entro Natale, dobbiamo concludere il ciclo di audizioni perché servono poi tempi tecnici per l'approvazione della relazione finale: non finalizzare


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tutto questo lavoro, sarebbe quanto meno svilente del nostro ruolo ma soprattutto del vostro, che siete stati disturbati più volte.
Non ho, dunque, nulla in contrario a sottoporre la sua proposta nel prossimo Ufficio di presidenza al fine di verificare le compatibilità temporali. Vedo che il collega Lulli, un parlamentare importante di questa Commissione, già manifesta il suo assenso e prendo per buona la sua disponibilità. Ringrazio tutti gli intervenuti.

FEDERICO BAGNOLI ROSSI, segretario generale di FAPAV. Siamo noi a ringraziare lei, presidente, al pari di tutta la Commissione. Invieremo un documento integrativo. Auguriamo a tutti buona giornata e buon lavoro.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,15.

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