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Seduta dell'11/4/2012


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Audizione del professor Giampietro Ravagnan, presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR e del dottor Ettore Bonalberti, presidente dell'Associazione internazionale cultura ambientale e lavoro solidale - AIKAL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Giampietro Ravagnan,


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presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR, e del dottor Ettore Bonalberti, presidente dell'Associazione internazionale cultura ambientale e lavoro solidale - AIKAL, accompagnato dall'ingegner Attilio Minafra, socio AIKAL, project leader e proprietario del sistema «Sigillo informatico».
Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico che sarà pubblicato on-line e che, se lo riterranno opportuno, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale dell'audizione.
Oggi abbiamo una sovrapposizione di appuntamenti parlamentari, con più Commissioni dove sono in corso altre sedute. Direi di procedere dando la parola, per una decina di minuti a testa, prima al professor Ravagnan e, a seguire, al dottor Bonalberti; dopodiché, insieme ai colleghi, potremo fare eventualmente osservazioni e domande sul tema che vorrete affrontare. Do, quindi, la parola al professor Giampietro Ravagnan.

GIAMPIETRO RAVAGNAN, presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR. Ringrazio il presidente e la Commissione di questa opportunità, che ritengo interessantissima, al fine di fare considerare l'evoluzione di un lavoro iniziato parecchi anni fa.
Io sono ordinario di microbiologia, ormai da molti anni, presso l'Università Ca' Foscari, a Venezia. In quella veste mi sono occupato di sicurezza alimentare e di tutti i problemi connessi con la gestione, la conservazione e la tracciabilità del commercio di prodotti alimentari. Essendo a Venezia, un particolare interesse era sulla filiera ittica. Nel 2004 ho avuto, dal Ministero delle politiche agricole e forestali, l'incarico - che poi ho svolto - di un progetto finanziato dallo stesso Ministero riguardante proprio gli aspetti di qualità della produzione e della tracciabilità del prodotto stesso.
Quando sono arrivato alla fine di questa parte di lavoro (il che significava mettere a punto dei sistemi di certificazione della qualità della produzione, in particolare da acquacoltura e da molluschicoltura), è venuto fuori il problema di come gestire il prodotto e di come tracciarlo.
Allora, era già matura in quei tempi tutta la problematica legata alla certificazione e alla tracciabilità delle carni bovine. Così, ho cercato sul mercato un'azienda che avesse già delle competenze e una piattaforma di tracciabilità per le carni bovine, a cui ho chiesto se, invece di scrivere «bue», si poteva scrivere «pesce». La cosa è poi venuta di conseguenza. Ho quindi utilizzato questa piattaforma, già certificata secondo le norme europee riguardanti le carni bovine, per poter seguire la filiera ittica.
Contestualmente, nel 2008, la regione Veneto ha finanziato un progetto, chiamato Biotag, di un'associazione temporanea di imprese, in cui il capofila era il consorzio provinciale che controlla la pesca e la produzione di molluschi nella laguna di Venezia. Di questa ATI hanno fatto parte anche la società Logix e l'Università di Venezia, che ha fatto un lavoro riguardante i criteri di identificazione univoca dei molluschi. Sostanzialmente, abbiamo fatto la mappatura genetica dei molluschi. Oggi - i lavori sono già stati pubblicati - siamo in grado di poter certificare, su base genetica, il mollusco allevato nell'alto Veneto rispetto a qualsiasi altro tipo di mollusco che viene dall'estero, perché tracciabilità significa poi decidere che cosa si traccia.
In sintesi - poi posso rispondere ad eventuali domande - i sistemi oggi sicuri di tracciabilità della produzione agricola si basano o su determinanti genetici, o su determinanti chimico-fisici che abbiano una corrispondenza univoca con il territorio. Questo si fa tramite la tracciabilità degli isotopi di carbonio: si può fare un imprinting del prodotto che viene da un territorio operando con questa tecnologia


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(oltre a tutte le altre prove riguardanti la risonanza magnetica, la gascromatografia e via dicendo).

GABRIELE CIMADORO. Vale anche per l'uomo?

GIAMPIETRO RAVAGNAN, presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR. Con il carbonio possiamo dire, magari, che cosa ha mangiato, da dove proviene quello che ha mangiato! In realtà, no. Il discorso per l'uomo è un po' più complesso perché noi respiriamo molta aria e molta anidride carbonica, per cui è un po' più difficile fare la tracciabilità nell'uomo (anche perché ci muoviamo, invece le piante stanno ferme, così come i molluschi stanno nel loro habitat, per cui sono la fotografia del luogo). Su questa base si possono vedere anche tutti gli aspetti legati agli inquinanti (anche questo significa una tecnica complessa).
Questo progetto è andato avanti, seguito poi da un altro a cui hanno partecipato la Logix e istituti del CNR per quello che riguardava la certificazione dell'olio di oliva. Anche in questo caso, si è arrivati a dei risultati molto interessanti, perché sull'olio di oliva italiano si può determinare l'area di produzione e se sia veramente olio di oliva: si può distinguere, in questa maniera, la produzione, legata a quel territorio, dal commercio, dove l'olio diventa anche una miscela.
L'ultimo aspetto riguarda il ruolo del CNR. Non bastano i soli istituti pubblici che certificano le caratteristiche oggettive del prodotto. Si è infatti posto il problema della garanzia di questi dati, di come vengono gestiti, di quali assicurazioni si danno sul fatto che essi siano quelli che, effettivamente, corrispondono a un'evoluzione, sia in termini di analisi, sia di controlli, sia di attività fatte anche dal produttore stesso.
Io ne parlai, a suo tempo, con il presidente Maiani al CNR, dove sono stato per parecchi anni come direttore di un grosso istituto di ricerca. Il CNR diventò così il conservatore e il garante di tutti questi dati, che vanno poi a finire in un data repository inaccessibile, se non per richieste della magistratura o di organi con compiti di controllo.
Il CNR ha fatto con la società Logix una convenzione onerosa - che qui è riportata - per questo tipo di servizio, a carico della società e ha nominato un comitato tecnico - di cui io sono il presidente - nominato dal presidente del CNR. Questo comitato tecnico ha redatto dei disciplinari, che danno una serie di regole, di attività utili per chi è interessato a usare questo sistema di certificazione (non come un'autodenuncia ma come un impegno nei confronti del conservatore).
La piattaforma è fatta in maniera che tutti questi dati siano oggi accessibili con gli smartphones. Alla fine di questa gestione - trovate tra i documenti uno schema su come funziona la produzione - vi è la produzione di un'etichetta particolare, stampata da un'azienda che lavora per conto dei Monopoli dello Stato (non sono i Monopoli dello Stato, bensì un'azienda di Milano che stampa i biglietti del Superenalotto, del Gratta e vinci e via dicendo, quindi usando tecniche molto raffinate); queste etichette vengono poi numerate. Così, quando un produttore di olio ci dice di volere questa certificazione, gli chiediamo, anzitutto, quanti alberi abbia e quante bottiglie produca. In base alla risposta, non si possono avere più di un certo numero di etichette, che sono numerate, hanno un doppio codice, non si possono contraffare e sulle quali è stampato un data matrix che, non solo riconferma il numero dell'etichetta, ma poi dà l'accesso al sistema dei dati conservati presso il CNR. Per il consumatore questo è molto interessante perché si tratta di un sistema web based per cui, in qualsiasi parte del mondo un'etichetta di questo genere, può essere letta e riconosciuta su un determinato prodotto. Ciò si è fatto anche per il vetro artistico di Murano, visto che eravamo a Venezia. Questo è un sistema di servizio che definirei open source, cioè chi vuole, lo può utilizzare.


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GABRIELE CIMADORO. Chi vuole pagare le tasse lo può utilizzare!

GIAMPIETRO RAVAGNAN, presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR. Direi, piuttosto, chi vuole mettersi sul mercato con qualche cosa che lo distingua, cioè dando al consumatore la garanzia dell'informazione. Concludo con una riflessione.
Per avere questi dati, un presupposto è che l'informazione sia digitalizzata. Queste cose funzionano se c'è un processo, anche regolatorio, di digitalizzazione di tutti questi dati. Perché tutti i prodotti Dop - che sono regolamentati da una norma europea, per quanto riguarda la certificazione del prodotto, del sistema di produzione e del controllo - che si possono effettivamente marchiare come tali non vanno su una piattaforma accessibile al consumatore? Se così fosse, questo sistema potrebbe effettivamente servire.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Ettore Bonalberti per la sua relazione.

ETTORE BONALBERTI, presidente dell'Associazione internazionale cultura ambientale e lavoro solidale - AIKAL. Ringrazio il presidente Fava per questa opportunità. Come siamo entrati in questo ragionamento con la nostra associazione? Intanto, chi siamo? Noi raggruppiamo una serie di società in un'associazione senza scopo di lucro che si pone il problema di sviluppare dei progetti funzionali agli obiettivi di Expo 2015 che, come sapete, sono quelli dell'alimentazione e dell'energia della vita.
Anche dati i miei rapporti personali col professor Ravagnan - io ho guidato per nove anni l'Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare (ICRAM), dal 1983 al 1992 -, che conoscevo per rapporti proprio di consulenza scientifica, quando egli mi ha parlato di questo sistema, ho ritenuto di essere di fronte a una delle eccellenze italiane, già presentate a Shanghai, che noi vorremmo presentare nella sua concreta applicabilità in occasione di Expo 2015.
Riteniamo, infatti, che in questo l'Italia abbia acquisito una strumentazione tecnico-scientifica di assoluta avanguardia mondiale, che permette di difendere, nel nostro caso il made in Italy e tutto ciò che in esso vogliamo proteggere, così come altri Stati potranno garantire il loro made in. Penso, ad esempio, al caffè brasiliano piuttosto che di altra provenienza o alle carni argentine piuttosto che di altra provenienza.
Voglio ringraziare questa Commissione e, in primis, il presidente, perché nonostante vari tentativi fatti con l'amministrazione centrale, dall'onorevole Galan prima, dal ministro suo successore e dai vari capi di Gabinetto, questa tecnologia non ha mai avuto un riscontro.
Capisco che siamo di fronte a uno strumento che, come diceva bene il professore prima, privilegia i produttori onesti contro i commercianti truffaldini, però bisogna che scegliamo: se vogliamo difendere il made in, dobbiamo avere degli strumenti di assoluta oggettività.
Andate oggi sugli scaffali di Eataly, a New York, e troverete olio italiano a 50 dollari, la provenienza del quale è, in realtà, tutta da discutere e da dimostrare. Con questa strumentazione, noi sappiamo di poter riconoscere un olio del Garda da un olio della Sabina, piuttosto che da un olio toscano. Spesso, l'olio della Sabina viene venduto, magari a 6 euro, e rivenduto poi come olio toscano di alta qualità a 10 o 12 euro. Questo fatto, evidentemente, discrimina sul piano dell'onestà dei comportamenti. Non sto ora a rispiegarvi la parte tecnica, ma l'importante è dire che i nostri veri alleati potranno essere, domani, i consumatori, che con il loro smartphone o con il loro cellulare dotato di un sistema di lettura, semplicemente accostandoli all'etichetta del prodotto, una volta che questo prodotto abbia scelto la strada del Sigillo, riusciranno a capire se quel prodotto sia effettivamente tale, potendone conoscere tutta la sua linea di sviluppo: soprattutto, egli sarà certo della sua provenienza. Capite bene che, applicando tale tecnologia al settore agroalimentare, che sarà l'obiettivo specifico di


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Expo 2015, al settore della moda, altro grande campo in cui si ha il made in contraffatto, al settore del vetro di Murano - anch'io sono veneziano -, che ha evidentemente mille contraffazioni possibili, noi garantiamo i consumatori in maniera eccellente.
Che cosa chiediamo, in definitiva, oggi all'amministrazione pubblica? Siamo stati anche presso il Parlamento europeo, dove si sta discutendo di queste questioni in maniera molto seria.
Su questa tematica ho parlato con l'onorevole Silvestri, che è il nostro relatore in Commissione presso il Parlamento europeo. L'ideale sarebbe potere avere non solo un riconoscimento istituzionalmente - che abbiamo già, dal Consiglio nazionale delle ricerche - ma anche, per esempio, il marchio della Repubblica italiana, sul Sigillo informatico. Questo sarebbe veramente l'obiettivo fondamentale. So che si scatenerà un problema con molte organizzazioni. Siamo tutti bravi ad apparire anche come non siamo, ma se vogliamo difendere effettivamente il made in Italy o il made in Venezia piuttosto che il made in Siena piuttosto che il made in, certamente, qui abbiamo una verifica di dati territoriali, tecnicamente definiti da istituti specializzati e riconosciuti pubblici, con dati che vengono conservati a livello di deposito controllato scientificamente prima ancora che notarilmente, con accessibilità praticamente nulla da parte di terzi, all'interno del CNR: questa è la garanzia massima che noi possiamo dare al consumatore.
L'ingegner Minafra, qui presente, potrà darvi anche delle risposte pratiche, di tipo operativo perché è lui l'inventore del sistema e il legittimo proprietario. Egli è socio di AIKAL e concorre con noi in maniera non profit proprio per presentare questo sistema, che fra l'altro ha avuto l'onore di essere presentato già a Shanghai e sta suscitando interesse anche alla direzione generale per la politica commerciale internazionale del Ministero dello sviluppo economico proprio in queste settimane: sono venute qui delle delegazioni da Dubai, le quali dicono di aver capito che il Prosecco non si può bere a un euro o a due dollari, ma che però ribattono dicendoci che, se anche comprano a 9, 10 o 15 euro, nessuno li garantisce sul fatto che un certo Prosecco di Valdobbiadene sia effettivamente di quella zona di produzione.
Vedete, il made in Italy è ricercatissimo all'estero, ma l'estero vuole sempre di più il made in Italy effettivo. Ci sono troppi sistemi di contraffazione, non sempre di paesi terzi ma anche ad opera di italiani, che rovinano assolutamente l'immagine del made in Italy.
Da parte mia, come presidente di AIKAL, sono molto interessato a far sì che questo sistema, che reputo il più avanzato oggi esistente a livello internazionale, possa avere adeguata risonanza e che quindi anche questa audizione presso di voi - ne sono convinto e lo spero - possa trovare quell'interesse che poi tradurrete eventualmente in norme operative, in termini legislativi.

PRESIDENTE. Nel ringraziarvi, vi pongo una questione che è ricorrente nei quesiti odierni, ma che non è irrilevante. Dell'esistenza di queste tecnologie eravamo a conoscenza. Quando abbiamo fatto le audizioni, soprattutto sul versante dell'agroalimentare, in modo specifico su vino e olio, più volte ci è stato obiettato dalle associazioni dei produttori che c'erano delle difficoltà in termini di sostenibilità economica di queste iniziative.
Rifaccio a voi la domanda che ho già fatto anche agli altri. Che incidenza ha la vostra tecnologia sul prodotto finito? Voi ritenete che, soprattutto su prodotti destinati al largo consumo, quali sono quelli del sistema agroalimentare italiano, questa metodologia possa essere applicata senza incidere sensibilmente sul prezzo finale del prodotto, il quale, soprattutto in un periodo di crisi, è purtroppo considerato ormai uno dei principali elementi di valutazione del prodotto da parte del compratore?

ATTILIO MINAFRA, socio AIKAL, project leader e proprietario del sistema «Sigillo informatico». Ha centrato pienamente


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il problema. Non voglio dire che l'aspetto della sostenibilità economica sia marginale, perché è sicuramente il nostro focus. Tenete conto che tutta l'operazione, tutta la filiera della tracciabilità si basa su dei campionamenti. Porto l'esempio del progetto Biolab, finanziato dalla regione Lazio con cifre del tutto significative e importanti, ma minime rispetto ai finanziamenti necessari.
Stiamo parlando di un progetto che ha avuto 490.000 euro di finanziamento e che ha previsto la verifica della sostenibilità e della fattibilità della caratterizzazione dei prodotti. La forza della nostra soluzione è che, determinato un territorio vocato a una certa produzione, che sia la Sabina (Canino, nel nostro caso) o il Frusinate o il Salento, noi vi interveniamo con l'aiuto degli enti di ricerca. La nostra è una piccola impresa informatica specializzata, ma la nostra forza è nell'avere come riferimento l'eccellenza (parlo dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige di Trento per quanto riguarda l'analisi isotopica, o del CNR di Montelibretti per la risonanza magnetica nucleare). La cosa importante, quindi, è che quando si determina un territorio, si selezionino i campioni. Nel caso specifico della Sabina sono state fatte le caratterizzazioni, quindi, tornando al valore economico dell'impresa, sono stati provati sessanta campioni - lo sottolineo - per determinare il profilo che dicevamo prima. Una volta terminato il profilo non è necessario che il mio olio - lo confesso, abito in Sabina e produco anche io olio, ma ben poco, poiché è un hobby - sia stato caratterizzato, perché se è stato raccolto da piante presenti nel territorio, nel rispetto del disciplinare, quel puntino - semplifico - che appare dopo le analisi fatte sull'olio di un produttore, deve essere all'interno dell'ellisse individuata (è, infatti, proprio un'ellisse l'impronta che viene determinata). Non so se ho dato una risposta.
Il costo di una doppia caratterizzazione si aggira sui 3.000 euro, ma non lo si deve fare su tutti gli oli. Per intenderci, mentre il Dop prevede il panel test, nel nostro caso è tutto oggettivo, non soggettivo: determiniamo e garantiamo che un certo olio è, ad esempio, della Sabina.
La qualità - questo è l'aspetto importante - la porta il territorio: la bottiglia d'olio diventa l'ambasciatore della Sabina, luogo integro. Se parliamo di formaggio di Asiago, sarà l'altopiano di Asiago!

GABRIELE CIMADORO. In pratica, la qualità è già nota!

ATTILIO MINAFRA, socio AIKAL, project leader e proprietario del sistema «Sigillo informatico». È nel disciplinare! Ha perfettamente centrato il punto, perché l'olio della Sabina si raccoglie direttamente dai rami ed entro 36 ore viene portato al frantoio. Questi dati me li danno, in modo oggettivo, le analisi di laboratorio. Qui c'è il vero problema dell'opacità. In poche parole, con il Dop siamo sulla tracciabilità documentale, cosa che facciamo anche noi: noi cosa abbiamo aggiunto? Abbiamo aggiunto gli aspetti oggettivi, quindi, la caratterizzazione di laboratorio. Io posso fare dei controlli a campione dopo, quindi non devo farli su tutto. Siamo stati da poco presenti in Cina ad un evento, organizzato da l'Italia degli innovatori, dove hanno ben compreso il problema (dopo lo scandalo di Cerignola sull'olio di oliva hanno bloccato l'importazione di olio italiano), per cui mentre c'è una fascia commerciale che segue il consumatore con questo oggetto, c'è invece una fascia istituzionale, data dal CNR, riconosciuta a livello internazionale.
Ciò significa avere un profilo caratterizzato tramite l'analisi isotopica e il Ministero, per cui le dogane cinesi che vogliono avere una conferma che il tal lotto di un milione di bottiglie di olio viene dalla Sabina, non parlano assolutamente con il produttore che è coinvolto nell'affare o nel commercio, ma mandano il profilo al CNR che gli risponde (sempre se è stato firmato un accordo bilaterale, perché altrimenti i connettori sono ben chiusi) affermativamente, negativamente o con un forse.
Quanto al costo dell'etichetta, per l'olio parliamo di 80 centesimi per il servizio


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extra, ovvero commercializzazione ed e-commerce, mentre di un costo minimo, per la sola tracciabilità, che si aggira sui venticinque centesimi. Questi sono i costi che si vanno a caricare su una bottiglia d'olio della Sabina. Stiamo parlando di numeri piccoli. Potete immaginare cosa ciò significhi in Puglia o in Toscana. Noi abbiamo fatto, appositamente, la presentazione del Sigillo a New York in data 11/11/11, a Eataly. Vi assicuro che sono stato per tre giorni a girare i supermercati, dove ho visto di tutto e di più: «importato dall'Italia» e via dicendo.
Io produco olio e rilevo che c'è un aspetto non banale nella questione: se infatti facciamo conoscere allo straniero un gusto che è quello spagnolo, non possiamo poi lamentarci se esso non sa nemmeno cos'è un olio italiano o un formaggio di Asiago. L'ex ministro Zaia, da quello che so, ha fatto un rimprovero, ad Asiago, a qualcuno che gli aveva detto che il latte Asiago non era comunque sufficiente per la produzione e che il latte era tutto buono ugualmente. Mi ricordo che Zaia rispose dicendo che se il disciplinare prescrive latte di Asiago per il formaggio di Asiago, deve essere così, altrimenti va chiamato «formaggio di montagna». Sono questi gli aspetti molto importanti per noi.
Il made in Italy è riconosciuto in tutto il mondo. Cerchiamo di trasformare la globalizzazione al contrario, cerchiamo cioè di vendere - una parola che può sembrare brutta, ma è anche interessante - quello che si aspettano da noi: lo stile di vita, la qualità nel mangiare, giusto o sbagliato che sia.

GIAMPIETRO RAVAGNAN, presidente della Commissione tecnica piattaforma tracciabilità presso il CNR. Ancora, sulla valutazione del costo, questo è un tipo di servizio indirizzato soprattutto per la produzione che va all'estero, perché lì si possono spuntare dei prezzi che sono certamente remunerativi, laddove, se si dà sicurezza al consumatore - che è molto più evoluto, nel senso che è molto più esigente - egli spende dei soldi, sapendo di poter vedere effettivamente che cosa compra grazie ad un garante dei dati che egli può vedere con il telefonino (cosa ormai possibile con il sistema di vendita attuale).
Sul mercato nazionale - e chiudo - questo sistema può servire per evitare dei mescolamenti commerciali, perché ci sono dei posti che usano un nome, ma non hanno l'olio relativo, che in realtà viene da altre parti.

PRESIDENTE. Questo è abbastanza evidente. Vi ringrazio molto per la disponibilità e la puntualità con la quale ci avete reso queste informazioni interessanti circa la vostra tecnologia. Vi confermo che, se riterrete utile fornirci ulteriori elementi, che dovessero essere resi noti in seguito, saremo lieti di acquisire tale materiale che ci invierete agli atti. Concludiamo, quindi, la serie odierna di audizioni. Grazie.

La seduta termina alle 14,30.

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