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Seduta dell'11/1/2012


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Audizione di rappresentanti della Società italiana per le imprese all'estero - Simest Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'avvocato Giancarlo Lanna, presidente della Società italiana per le imprese all'estero - Simest Spa, accompagnato dall'ingegner Massimo D'Aiuto, amministratore delegato e direttore generale, dall'avvocato Paolo Ciuffa, responsabile del dipartimento legale e dall'avvocato Alexander Sagramola, responsabile della funzione legislativa.
Faccio presente ai nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che all'occorrenza i lavori della Commissione possono procedere anche in seduta segreta.
Permettetemi di fare una precisazione, prima di dare la parola all'avvocato Lanna. Abbiamo ricevuto una nota di Simest - la trovate nel fascicolo in distribuzione in questo momento - con la quale Simest chiedeva di essere audita dalla Commissione e ci sottoponeva alcune osservazioni in merito alla relazione oggetto della risoluzione che andrà in votazione oggi pomeriggio. Noi avevamo chiesto di tenere l'audizione odierna già ieri, ma ci è stato detto che non vi era disponibilità. Do ora la parola all'avvocato Giancarlo Lanna, il quale avrà la possibilità di esporci i contenuti della missiva che ci ha fatto pervenire.

GIANCARLO LANNA, presidente di Simest Spa. Signor presidente, la ringrazio per la sua cortesia, così come ringrazio i componenti la Commissione per la loro attenzione. Vorremmo semplicemente porre alla vostra valutazione la questione attinente alla nostra posizione all'interno della relazione laddove, al paragrafo 3 del capitolo VIII, è indicato con una dizione esplicita: «Il caso Simest». È di tutta evidenza che tale dizione lascerebbe pensare ad una posizione specifica di Simest in ordine ai fatti, peraltro pregevolmente denunziati da questa Commissione nella sua relazione, particolarmente articolata e ponderosa.
Nella fattispecie, viene citata in modo pedissequo una relazione (Eurispes-Coldiretti), nella quale il presidente della Coldiretti, Marini, fa riferimento ad un caso specifico, quello di Lactitalia, società da noi partecipata, come è normale per la nostra attività. Alla luce di questo elemento, si ritiene di poter considerare in qualche modo la Simest autrice o quantomeno compartecipe di operazioni di contraffazione o che comunque possano determinare una riduzione della capacità di competizione del made in Italy sui mercati mondiali.
Questo tipo di posizione, obiettivamente, ci sembra non rispondente al vero, per una questione sia di metodo, sia di


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merito. Per quanto riguarda la questione di metodo, viene ascoltata soltanto l'opinione del dottor Marini, espressione di un organismo associativo, qual è quello della Coldiretti, che ha assunto una posizione specifica; per quanto attiene alla questione di merito, oltre a spiegare rapidissimamente il tipo di attività svolta in questa specifica operazione (peraltro, un'attività tipica che facciamo in tutte le operazioni), ci è sembrato veramente singolare che venisse citato «il caso Simest» e non, tutt'al più, «il caso Lactitalia». Se infatti vi è un'ipotesi di contraffazione, ammesso che questa esista, la si può riferire all'impresa, perché, come è noto, noi - che operiamo dal 1992 - acquisiamo esclusivamente partecipazioni di minoranza a sostegno delle imprese italiane che competono sui mercati mondiali. Tali partecipazioni di minoranza hanno consentito a circa 7.000 imprese italiane di operare nel mondo, determinando investimenti italiani in varie forme e tipologie (che non sto ora ad esporvi nel dettaglio) per una cifra, insieme alla partecipazione di Simest, di oltre 50 miliardi di euro. Ciò ha consentito a molte imprese italiane di primeggiare sui mercati mondiali e ha consentito a questa impresa, che ha una maggioranza pubblica - il 76 per cento del nostro capitale, come è noto, è dello Stato mentre il 24 per cento è di tutte le banche italiane - di dare utili allo Stato, in ragione della sua partecipazione, ogni anno. L'anno scorso, così come in tutti gli anni precedenti, è stato così e posso preannunziare che quest'anno gli utili saranno sulla linea del bilancio precedente. Semplicemente, ci è sembrato non rispondente al vero la nostra eventuale operazione di contraffazione.
Entrando nel merito del caso di specie, la Lactitalia è un'azienda che ha richiesto la nostra partecipazione nel 2004 in Romania. Abbiamo partecipato in questa impresa con una quota del 29,5 per cento. I nostri partners, attraverso un'azienda di scopo che si chiama RoInvest, sono i fratelli Pinna, leaders mondiali del pecorino romano. Come si vede, anche nella scelta del partner non abbiamo avuto un rapporto con dei soggetti improvvisati, ma si tratta di signori del settore. Vorrei segnalare che, solo nel 2010, quindi sei anni dopo l'inizio della nostra partecipazione finanziaria, viene posta questa questione. Questo aspetto non mi sembra irrilevante. Il quadro generale dei nostri interventi deve tenere conto di tre elementi: la rispondenza alle norme generali dello Stato italiano, sotto tutti i profili; la rispondenza ad un equilibrio di carattere finanziario tra la partecipazione finanziaria che ci viene richiesta e la partecipazione che l'azienda intende assumere sui mercati internazionali; il divieto assoluto, a pena di conseguenze penali, di sostenere imprese che intendono delocalizzare, ai sensi della legge n. 80 del 2005. Questi sono i riferimenti normativi che abbiamo. Non abbiamo altre possibilità di intervento perché siamo soci di minoranza: in questo caso al 29 per cento ma, comunque, non possiamo mai superare il 49 per cento.
Nel 2010 il presidente Marini pone la questione della presunta contraffazione per un'attività che, in qualche modo, era stata penalizzante per altre imprese italiane. Così, nel 2010, abbiamo fatto l'unica cosa che potevamo fare nell'ambito della normativa a nostra disposizione: abbiamo chiamato gli organismi ministeriali competenti - nella fattispecie, la direzione generale prevenzione e repressione frodi del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la direzione generale per la lotta alla contraffazione e la Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli scambi presso il Ministero dello sviluppo economico - per attivare una verifica ispettiva: altro non potevamo fare, avendo solo una partecipazione di minoranza. Tale verifica ispettiva è stata condotta nell'ottobre del 2010 ed ha escluso del tutto qualunque illecito, concludendo con l'affermazione «.....non si riscontrano evidenze di contraffazione o di utilizzo usurpativo di marchi o designazioni protette».
Detto questo, ovviamente, il problema di merito diventa problema di metodo, nel senso che noi abbiamo fatto quello che tecnicamente potevamo fare a normativa vigente. Non possiamo fare null'altro perché


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- lo ripeto - abbiamo una partecipazione di minoranza. Le direzioni interpellate escludono che ci sia qualsiasi attività di carattere contraffattivi. In ogni caso, è di tutta evidenza che non vogliamo prendere l'una o l'altra posizione nella questione tra Pecorino Sardo e Pecorino Romano. Sinceramente, l'entrare nel merito delle vicende, sul piano squisitamente tecnico, ci appartiene poco. Possiamo solo dire che, dal 2004, la questione si pone nel 2010. Peraltro, stiamo quasi concludendo la nostra partecipazione, posto che le nostre partecipazioni hanno un limite massimo di otto anni, ed essere ritenuti soggetti contraffattori, considerando il grande impegno che abbiamo nella competizione globale e i risultati che stiamo portando a sostegno delle imprese italiane che operano sui mercati mondiali, sinceramente, ci sembra non rispondente al vero e sicuramente nemmeno rispondente allo spirito di questa pregevole relazione, che vuole individuare una serie di casi estremi, con una particolare rilevanza nel settore agroalimentare italiano.
Nel settore agroalimentare, per dare un quadro dell'insieme, tra le varie tipologie di intervento, abbiamo accompagnato, in operazioni varie, oltre 200 imprese. Il caso, nella fattispecie, si è posto per questa impresa e, probabilmente, per un'altra. Prevengo, quindi, l'obiezione che immagino lei cortesemente vorrà sollevare in riferimento al Parmacotto: lo dico prima.
Sinceramente, non ci sembrano veritieri né la titolazione, perché si parla di un «caso Simest» inesistente, né il contenuto, perché si riporta soltanto la posizione di una parte, senza nulla dire in merito alla posizione assunta da Lactitalia. Peraltro, si fa riferimento ad un contenzioso legale, che però esiste non in ragione di una verifica sul comportamento di Lactitalia, ma attiene a un'azione di carattere risarcitorio per diffamazione che Lactitalia ha fatto nei confronti della Coldiretti, il cui esito giudiziale sarà quello che sarà.
Ovviamente, non ci riguarda ma quello è il contenzioso giudiziale in questione, perché dalla lettura, ancorché breve, del paragrafo, sembrerebbe che ci sia un contenzioso giudiziale che in qualche modo coinvolge Simest su questa vicenda. Pertanto, anche nella dizione, il titolo del paragrafo stesso ci sembra obiettivamente non rispondente al vero e comunque fuorviante, anche rispetto ad una competizione che molto spesso ci vede in condizioni di gravi difficoltà per consentire alle imprese italiane di competere sui mercati mondiali.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei fare qualche premessa doverosa. Presidente Lanna, lungi da me l'idea di dovere difendere la relazione o la Commissione - non ritengo che sia questo il mio compito - tuttavia, nel suo accorato intervento lei ha citato specificamente alcune questioni rispetto alle quali mi sento in dovere di fare qualche chiarimento.
In prima battuta, per quanto riguarda la tempistica, dal momento in cui lei ci ha segnalato la necessità di essere audito fino a quando l'abbiamo contattata sono passate poche ore. Questo va detto per correttezza. Peraltro, mi risulta che la questione fosse a voi nota da tempo. I contenuti dei colloqui e delle audizioni con Coldiretti risalgono a parecchi mesi fa ed erano stati anche oggetto di attenzione da parte dei giornali e dei media. Quindi, mi è parso quantomeno singolare che all'epoca non abbiate ravvisato la necessità di venire a spiegare la vostra posizione e che, a distanza di qualche mese, proprio a ridosso del voto di una risoluzione, ci chiediate tale audizione, che vi abbiamo concesso perché ritengo sia giusto ascoltare l'opinione di tutti ed opportuno - anche l'audizione odierna è registrata - proseguire in questo senso, tuttavia, poiché l'italiano ha ancora - penso - un significato condiviso, ci terrei a precisare un aspetto rileggendo alcuni dei passaggi più significativi del capitolo in questione.
«La Coldiretti, che ha segnalato questa situazione......» questo passaggio significa che è un'iniziativa di Coldiretti. La Commissione non ha fatto propria la questione, bensì si è limitata a registrare una segnalazione che le è pervenuta da Coldiretti. Correttamente, l'estensore del testo ha riportato che la Coldiretti ha


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segnalato questa situazione come una chiara fattispecie di falso made in Italy, che non è un caso di contraffazione. Lei prima ha parlato di contraffazione, ma qui stiamo parlando di una questione diversa, perché nella nostra relazione sono richiamati tanto la contraffazione, quanto il cosiddetto ricorso all'italian sounding, che sono due fenomeni ben distinti, come lei saprà meglio di me, e che entrambi sono stati oggetto di attenzione e interesse da parte della Commissione stessa. Proseguendo nella lettura si dice «.... avverte come tale fenomeno costituisca uno dei fattori alla base della crisi del mercato del pecorino italiano» essendo questa, evidentemente, una valutazione che fanno loro e in merito alla quale non spetta a me esprimere giudizi «spesso sostituito da formaggi, specie sul mercato americano......». Infine, leggo testualmente, si specifica «Secondo la Coldiretti, quindi.....»: è riportato proprio così. Non si tira in ballo alcun giudice di tribunale, né tantomeno la Commissione! Viene cioè specificato che secondo la Coldiretti - anche in questo caso mi sembra che l'accortezza usata sia stata giusta «....il caso Simest testimonierebbe una situazione paradossale.». Il capitolo si conclude dicendo che «....tramite Simest Spa, esso avrebbe incentivato...». Insomma, si continua ad utilizzare il condizionale. Questo non è un atto d'accusa, bensì una presa d'atto delle dichiarazioni dei soggetti che hanno chiesto di essere auditi su questo tema.
Inoltre, lei cita la vertenza, ma nella relazione scriviamo: «La questione è stata oggetto di una vertenza giudiziaria». Non c'è scritto che la vertenza giudiziaria sia legata direttamente o indirettamente alla vicenda in sé: che poi sia una vertenza nata dal fatto che voi li avete querelati o da altro è una cosa che apprendiamo oggi, perché non ci erano state segnalate notizie in più, tant'è vero che scriviamo: «Tenuto conto della documentazione fornita dalla Coldiretti, le parti contraenti - Coldiretti, Fratelli Pinna Industria casearia Spa e RoInvest - sono state convocate, in data 4 luglio 2011, innanzi al tribunale di Sassari. Alla data di redazione della presente relazione, non sono noti gli esiti delle udienze in argomento». Ancora oggi non sappiamo dire cosa sia successo in quella data, né tanto meno se sia successo qualcosa.
Tutto ciò premesso - una precisazione che mi sembrava d'obbligo - sottolineo che riteniamo di avere mostrato e avuto le necessarie cautele. La vicenda è stata dibattuta a lungo, anche sui media nazionali. Ritengo che se aveste ritenuto utile - come era giusto che fosse - venire a portarci una vostra versione dei fatti, avete avuto a vostra disposizione tutto il tempo per far ciò.
Mi dispiace che ciò avvenga all'indomani dell'approvazione della relazione da parte della Commissione. Il testo della relazione non è più modificabile per una ragione molto semplice: è una questione tecnica. La relazione è già stata approvata. Non ci sono stralci da poter operare rispetto alla relazione: tecnicamente non è possibile. Noi oggi andiamo in Assemblea semplicemente per approvare una risoluzione che riprende una serie di questioni inserite nella relazione, ma che non cita, né direttamente, né indirettamente la questione che oggi eccepite.
Detto ciò, prima di dare la parola ai colleghi che vorranno intervenire - penso che saranno tutti interessati a fare delle domande - ricordo che ieri, in Assemblea, nei diversi interventi dei colleghi, ho sentito che la questione è evidentemente di interesse e ha sicuramente stimolato un dibattito politico di un certo tipo. A maggior ragione, penso che l'audizione di oggi sia un'occasione utile e proficua per potere chiarire una volta per tutte le questioni ed evitare che nel corso del dibattito conclusivo che seguirà - previsto in Assemblea per le ore 16 - possano essere dette da parte dei colleghi (oggi quasi tutti presenti e per questo li ringrazio) delle cose imprecise.
Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.


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ANGELO ZUCCHI. Signor presidente, intanto esordisco dicendo che nessuno pensa di demonizzare Simest, che è una società operante nel panorama economico italiano a sostegno di moltissime aziende e imprese all'estero, facendo ciò anche con buoni risultati (almeno stando a quanto ci è stato raccontato in alcune occasioni). Non v'è dubbio, però, che sulla questione Lactitalia/Pecorino Romano, nonché sull'utilizzo delle evocazioni italiane, entriamo in una fattispecie - quella dell'italian sounding - che non necessariamente comporta un illecito. Quando voi, nella vostra risposta, ci dite che ci sono state Commissioni interministeriali che hanno valutato e dichiarato che non esiste alcun illecito, vi dico io che hanno dichiarato una cosa evidente. Infatti, se l'italian sounding fosse un illecito, noi non saremmo in presenza di così tanti esempi di utilizzo di evocazioni italiane per fare prodotti che con l'Italia non hanno niente a che vedere.
Quanto alla questione del Pecorino Romano, che voi dite essere fatto con latte vaccino rumeno - lo dice Lactitalia - e sulla cui etichetta è scritto che la produzione è rumena, resta il fatto che il nome del formaggio è «Dolce Vita». Non si capisce, neanche in termini di correttezza di informazione al consumatore, perché si chiami «Dolce Vita» un formaggio che è fatto con latte rumeno, a meno che non si abbia intenzione, in qualche modo, di indurre in errore.
Poiché Simest è una società che partecipa, seppure in ragione minoritaria, a Lactitalia ed il controllo di Simest è del Ministero dello sviluppo economico, forse, l'idea di un occhio di riguardo verso quelle attività che proponete e sostenete, che vada oltre la valutazione profittevole del piano industriale, Simest dovrebbe prenderla seriamente in considerazione. Penso che il caso Simest, anzi il caso Lactitalia, ci dia, in fondo, questo tipo di lezione.
La stessa cosa dovrebbe avvenire - apro una parentesi velocissima - sulla questione Parmacotto. È vero che voi non sostenete imprese che delocalizzano ma nella fattispecie dell'esperienza Parmacotto, per cui assistiamo all'apertura di uno showroom negli Stati Uniti, si tratta di una delocalizzazione, magari parziale. Tuttavia, quando un soggetto dall'Italia va a fare salami negli Stati Uniti, con maiali americani, per rivenderli poi nel negozio della Parmacotto, facendo finta che tutto sia italiano, forse, questo è un modo modesto di delocalizzare. Occorre, quindi, più attenzione. Da questo punto di vista, ciò che si chiede ad una società di capitale pubblico del Ministero dello sviluppo economico è di essere più attenta alle iniziative che intraprende. Tutto qui.

LUCA SANI. Molte questioni sono già state affrontate sia dal presidente, sia dal collega Zucchi. Anch'io ritengo che qui nessuno abbia sollevato la questione di un fatto illecito. Ciò che abbiamo di fronte è, squisitamente, un caso di italian sounding, che la relazione della Commissione sottolinea come uno dei due aspetti principali che mettono in crisi il nostro sistema agroalimentare, rispetto alle speculazioni di cui è vittima: appunto, la contraffazione e il cosiddetto italian sounding. Il caso Lactitalia è uno degli esempi riportati all'interno della relazione, nella quale, comunque, si specifica che quello dell'italian sounding è un fenomeno borderline, che non è in contrasto con la normativa, bensì contiene elementi che possono indurre in inganno il consumatore.
Secondo me, da questo punto di vista, si tratta, semmai, di una valutazione di opportunità circa la partecipazione ad un'iniziativa imprenditoriale di questo tipo da parte di una società partecipata dal Ministero dello sviluppo economico.
Tra l'altro, nella sua introduzione lei ci ha detto che si tratta di una partecipazione con un altro soggetto che è leader mondiale per la produzione di Pecorino Romano. Capiamo che cosa questo significa rispetto al tessuto produttivo italiano per quanto riguarda l'acquisto della materia prima e del latte - da cui proviene il pecorino - soprattutto in Sardegna. All'origine di tutto ciò sta il fatto che, comunque, questo tipo di attività ha generato una crisi nel settore ovi-caprino in Sardegna e in altre regioni, condizionata


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dagli atteggiamenti che una società come la Lactitalia ha avuto nei confronti degli allevatori, influenzando molto il prezzo del latte e mettendo in ginocchio un intero settore. Questo è ciò che sta avvenendo.
Vorrei sapere - se siete nelle condizioni di darmi questa informazione - se i prodotti che la Lactitalia produce in Romania sono commercializzati in Italia. Questo è un aspetto centrale: forse siamo di fronte ad una delocalizzazione un po' mascherata. Infatti, si fa un nuovo impianto, pur mantenendo lo stabilimento in Italia, spostando una parte della produzione che però non è destinata all'export negli altri paesi, bensì viene reintrodotta in Italia.
Secondo le informazioni raccolte anche attraverso alcune trasmissioni televisive, i prodotti della Lactitalia in Romania vengono reimportati con nomi italiani sul territorio nazionale. È chiaro che ciò ha delle ripercussioni su quanto viene prodotto nel nostro paese negli stabilimenti che la stessa società possiede in Italia.
Vorrei capire se avete informazioni circa i livelli produttivi degli stabilimenti italiani dei fratelli Pinna e, soprattutto, con quale latte - la provenienza - i fratelli Pinna danno origine alle loro produzioni.

LUCIANO ROSSI. È chiaro che il documento che abbiamo licenziato il 6 dicembre è, in quanto tale, immodificabile, essendo stato votato. Certamente, alla luce di quanto detto dal presidente Lanna, il caso Simest può apparire ingigantito, ma se questo argomento fosse stato sollecitato dalla Simest prima della definizione del documento e la Commissione vi avesse audito prima, qualche modifica avrebbe potuto forse esserci. Tuttavia, non dobbiamo avviarci verso una fase di contrapposizione, perché lo spirito di questa Commissione è proprio di capire, conoscere e dare risposte e soluzioni ai problemi, non certo di evidenziare divisioni o distrazioni.
Certo, la legge obbliga la Simest ad un ruolo minoritario, ma occorrono più vigilanza ed attenzione nelle tante presenze di Simest a sostegno delle aziende italiane e penso che questo possa essere un monito. Non dobbiamo avviarci, né tanto meno avvitarci in un percorso di condanne o giudizi, che di fatto non ci riguardano e non ci interessano. Penso che sia stato doveroso, per noi, avere evidenziato questo argomento alla luce di ciò che il presidente della Coldiretti ci ha rappresentato. Una serie di circostanze ci hanno portato a questa tardiva audizione, ma tuttavia ricca di informazioni che ci sono state fornite dalla Simest.
Ora, considerato che il documento è in essere e che ieri, nell'ambito della discussione generale, abbiamo registrato un'unanime condivisione da parte di tutti i gruppi politici che sono intervenuti. La risoluzione è stata presentata in maniera unanime: non penso che sia adesso opportuno parlare di un caso Simest. Personalmente, penso che la questione possa essere fortemente ridimensionata dagli elementi che sono stati comunicati. Nello stesso tempo, però, occorre, da un lato, vedere cosa sia possibile fare rispetto a questa situazione riguardante un argomento così specifico, con estensione anche al caso del Parmacotto; dall'altro, è bene sottolineare che questa situazione ha determinato anche scompensi, in una faida tra Pecorino Romano e Pecorino Sardo, dove gli isolani hanno, di fatto, subito pesanti conseguenze. Non è questo, tuttavia, il nostro compito, dovendoci limitare ad evidenziare questa tematica.
Seppure tardivamente, l'audizione con la Simest oggi si è concretizzata. Penso che non sia ora opportuno enfatizzare un caso. Se tale caso vi sia, con riferimento alle situazioni ricordate dal presidente Fava e che puntualmente vengono rappresentate nella parte finale della relazione, lo vedrà la magistratura,
Di conseguenza, anche alla luce delle conoscenze emerse, va ricordato che la questione risale al 2004, dunque è anche lontana nel tempo. Tuttavia, la Commissione ha ritenuto di recepire le osservazioni che un autorevole dirigente del mondo agricolo nazionale, qual è il dottor Marini, ha rappresentato. Personalmente, non penso si debbano ingigantire queste


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questioni, bensì gestire al meglio offrendo soluzioni rispetto a situazioni che, come ricordato dal collega Sani, hanno comunque determinato scompensi in altri territori a causa di un prodotto similare al prodotto italiano.

PRESIDENTE. Farò una precisazione di ordine tecnico prima di dare la parola al vicepresidente Vico. La relazione, così com'è, è immodificabile in quanto già approvata. Ciò non toglie che noi, istituzionalmente, siamo tenuti ad una relazione finale, che arriverà alla fine del percorso di lavoro compiuto dalla Commissione e nell'ambito della quale nulla vieta che possano essere recepite le osservazioni di oggi, ad integrazione del testo che è già stato autorizzato. Mi corre l'obbligo di precisare ciò, posto che nella richiesta di audizione si parlava esplicitamente di richiesta di stralcio rispetto alla relazione già approvata: preciso nuovamente che questo non è possibile tecnicamente. Diversamente, non avrebbe avuto senso chiamarvi.
Detto ciò, non entro nel merito dalle osservazioni svolte, tuttavia, emerge una forte critica rispetto ad una serie di situazioni che si sono sviluppate, critica che è stata ripresa anche dal Parlamento stesso.

LUDOVICO VICO. Signor presidente, aggiungerò poche cose rispetto a quelle già dette dai colleghi commissari e dal presidente. Questa è una Commissione d'inchiesta. Ciò che oggi chiamiamo il caso Simest - il titolo avrebbe potuto anche essere un altro - ci aiuta a capire meglio cosa fa la Simest (in termini di contributo al Parlamento e quindi al legislatore italiano).
A parte la fedeltà della trascrizione, per cui i principi di responsabilità sono affidati agli auditi, l'oggetto dell'audizione di merito ha avuto nel Parlamento italiano una serie di interrogazioni, a cui lei dice che è stato risposto ma posso dirle che ad alcune il Governo non ha ancora risposto. Posso citare l'ultima interrogazione di merito, del 26 ottobre 2011, a cui sia il Governo allora in carica, sia il nuovo Governo ancora non hanno risposto.
Pongo questo problema perché a me sembra che, anche dal punto di vista del lessico, il testo anticipato via e-mail da parte sua e della società che rappresenta lasci molto a desiderare, se mi permette. Dato che non possiamo chiedere un'audizione a Simest, da questo punto di vista, per quanto riguarda le eccezioni che proverò a sollevare, rilevo delle imperfezioni che questo incontro, verbalizzato, ci consente di chiarire. Intanto, la questione rientra nel capitolo dell'italian sounding. Spesso, dal punto di vista lessicale, è come se non si tenesse conto dell'allocazione della vicenda segnalata dalla Coldiretti ma rispetto alla quale - insisto - ci sono almeno cinque interrogazioni poste in Parlamento al Governo sulla fattispecie di Lactitalia.
Il punto, quindi, è semplice. Osservo, alla luce dei ragguagli forniti da parte della Simest, che, probabilmente, c'è un problema molto più serio della vicenda in essere. Poiché a Simest non è affidata alcuna attività di delocalizzazione - altrimenti avremmo ascoltato in altre sedi Sace, la cui funzione istitutiva è fondamentalmente quella - si apre una perplessità per la quale si richiede di approfondire il ruolo della Simest sul versante agroalimentare in ordine al sostegno alle imprese italiane lungo il percorso di internazionalizzazione. Il prodotto alimentare, diversamente da ogni altra merce in generale, pone i problemi che i colleghi Zucchi e Sani hanno evocato in alcuni passaggi.
Quando lei, signor presidente, ci dice che siete azionisti di minoranza, per noi questo non significa niente: per noi si tratta di legittimo intervento pubblico e, pertanto, il principio di responsabilità non è vigente in base alla quota azionaria di maggioranza o di minoranza.
Tuttavia, vi è una vicenda Lactitalia (così come una vicenda Parmacotto, non ripresa come tale in questa circostanza). Chiarito che la scrittura della relazione è fedele all'audizione svolta, queste vicende ci suggeriscono che il titolo avrebbe potuto


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essere «Il caso Lactitalia-Simest»: è forse questo l'unico appunto che mi sento di condividere. In realtà, il problema individuato ci aiuta a capire e ad approfondire la funzione di una società e di un'istituzione pubblica come la Simest, proprio in ordine alla sua funzione istituzionale, nonché al percorso di internazionalizzazione delle imprese alimentari italiane. Penso che questo sia un suggerimento. Quindi, su questo versante la ringrazio per l'eccezione che ci ha sollevato, perché ritengo opportuno approfondire la mission di Simest, dato che siamo in presenza di risorse pubbliche.
Sulle vicende relative a Lactitalia penso invece che la Commissione non abbia il dovere di esprimere una valutazione di merito. La Commissione ha il dovere di segnalare ciò che è emerso dalle audizioni. Mi permetta di dirle, presidente Lanna, che quanto da lei detto oggi, non contesta assolutamente ciò che è riferito nella relazione. Semmai, sarebbe opportuno che la Simest chiedesse un'audizione sulla sua funzione istituzionale nel merito, al fine di potere approfondire - se lo ritenesse utile, in sede di Commissione d'inchiesta, diversamente in sede di Commissione permanente del Parlamento - in ordine ai ruoli, alle funzioni e alle mission che le competono.

FILIPPO ASCIERTO. Devo dire che ho un'opinione un po' diversa rispetto a quella dell'onorevole Vico, perché conosco l'impegno della Simest, non solo in questo settore, rispetto all'internazionalizzazione. Soprattutto nel nord-est, grazie anche alla partecipazione di Simest, in vari settori vi è una forte propulsione in termini di produzione ed esportazione delle nostre eccellenze nei mercati internazionali.
In questo caso, ci siamo trovati di fronte ad una questione che presenta sicuramente aspetti particolari. Considerando anche la somiglianza dei nomi, tra Pecorino Romano e pecorino rumeno, è facile entrare in errore. Tuttavia, al di là del gioco di parole, il presidente è stato chiaro: quando c'è un'azione di finanza nei confronti di una società e si richiede il controllo (interventi in tal senso sono stati fatti anche, ad esempio, dalla Coldiretti) per verificare se ci sia o meno un reato, è chiaro che il finanziatore di una società pensa di avere fatto tutto. Anche come Commissione d'inchiesta, dobbiamo però porci il problema se non sia il caso di fare di più sull'italian sounding - che non è un reato - attraverso l'Europa, per evitare che in Italia ci possano essere problemi per i nostri prodotti.
Quando il mercato è internazionale, dobbiamo cercare di valorizzare il più possibile il prodotto italiano. Qualcosa in questa direzione l'abbiamo già fatta con la tracciabilità, per quanto concerne l'Italia. Bisognerebbe però fare ancora qualcosa di più per valorizzare il prodotto italiano e per renderlo più visibile e riconoscibile dal consumatore.
Oggi, sono stati chiariti molti aspetti su questo argomento. Dopo avere sentito Coldiretti l'idea che mi ero fatto era molto diversa rispetto a quella maturata oggi. La Simest ci ha detto - ho letto attentamente il vostro documento - che, in base ad una legge dello Stato, essa ha finanziato una società e che ci sono tutti i requisiti di legge per finanziarla. Questa società oggi ha un contenzioso giuridico con la Coldiretti. Noi ci siamo trovati ad essere recettori di un fatto che abbiamo acclarato. Meglio sarebbe stato - non abbiamo responsabilità - se lo avessimo fatto prima, subito dopo avere audito la Coldiretti, perché avremmo chiarito meglio tutta la questione.
Ritengo che oggi possiamo definire per la maggior parte chiarito il percorso sotto il profilo del finanziamento, mentre non è ancora ben compreso sotto il profilo del prodotto e della qualità a livello europeo. Mi ritengo comunque abbastanza soddisfatto di avere potuto conoscere in modo più approfondito questa situazione.

DEBORAH BERGAMINI. Ci tenevo a dire che ho trovato molto utile ascoltare la testimonianza dei vertici della Simest. Forse, parlare di un caso Simest - stiamo parlando di forma ma la forma è sostanza - può non essere l'espressione più corretta


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per inquadrare quello che, nel percorso di lavoro di questa Commissione, ci è apparso, comunque, come un paradosso. È servito, quindi, ascoltare anche le vostre opinioni a questo riguardo. Parlo di un paradosso perché voi scrivete che un aspetto della vostra mission è quello di promuovere e favorire la proiezione internazionale del made in Italy agroalimentare. D'altra parte, avete acquisito una partecipazione di minoranza in un'azienda che, legittimamente (non è compito della nostra Commissione analizzarne le possibili rilevanze non lecite della vicenda), fa italian sounding, cioè fa delle imitazioni di un prodotto italiano. È questo il paradosso: valorizzare il made in Italy, partecipando però, seppur minoritariamente, in una società che fa italian sounding.
Per noi e per il percorso di analisi del fenomeno contraffattivo questa vicenda è stata molto utile, perché ha provato quanto sia complicato tutelare il made in Italy e quante siano le sfaccettature, nonché le disarticolazioni di un sistema che fatica a mantenersi tale. Per noi, quindi, è stato istruttivo. Non penso che riferire questo fatto nella relazione che abbiamo approvato prima della fine dell'anno in Commissione e che oggi viene discussa in Assemblea, abbia colpevolizzato nessuno, perché non abbiamo analizzato nel dettaglio la vicenda. Potremo anche riservarci di farlo, ascoltando Lactitalia e cercando di capire meglio, ma si è trattato di evidenziare un aspetto di grande complicazione e difficoltà, in un momento in cui stiamo cercando di fare ordine e capire come contrastare il fenomeno particolare dell'italian sounding, che ha un valore economico gigantesco. Il mancato guadagno per le aziende italiane che fanno export è stato stimato intorno ai 55 miliardi di euro.
Questo è un esempio di come, qualche volta, si producano autentici paradossi, contro i quali dobbiamo attivare degli strumenti non solo di controllo ma anche di indirizzo. Ritengo molto utile avere ascoltato anche il vostro punto di vista ma ci tengo a puntualizzare che l'avere riportato le parole dell'audizione di Coldiretti ha semplicemente significato puntare il dito su un elemento da analizzare maggiormente, non specifico, ma comunque una componente importante del lavoro che stiamo facendo.

GABRIELE CIMADORO. Per essere molto chiari, al di là del fatto che noi siamo stati i primi - come lei sa, presidente - a porre un'interrogazione sulla vicenda Parmacotto, sulla quale - sappiamo tutti - questo Governo non ha ancora risposto, vorremmo tuttavia essere ancora più chiari. L'Italia dei Valori ha puntato molto su questa vicenda, non tanto per le responsabilità di Simest, la quale mi pare che abbia rispettato gli steccati della sua mission, quanto piuttosto perché siamo convinti che bisognerebbe modificare tali steccati. A nostro parere, se solo la Simest registrasse, in un'iniziativa di azionariato, anche di minoranza, partecipata in un'azienda, la possibilità che questa produca italian sounding, non dovrebbe aderirvi, posto che questo fenomeno sta creando molti problemi in giro per il mondo e soprattutto al nostro mercato interno.
È vero che l'italian sounding è un fenomeno borderline ma, di fatto, sul territorio ne registriamo i risultati negativi e di fronte a ciò siamo perplessi. Dovremo quindi proporre qualcosa di risolutivo, al fine di porre uno stop a questo fenomeno, in modo da potere sostenere solo e soltanto le aziende made in Italy. Questa è l'indicazione.
Quanto alla possibilità di modificare il testo, mi pare che siamo d'accordo tutti: ieri in Assemblea, in sede di dichiarazioni generali, tutti i commissari si sono espressi in un certo senso, dunque, ogni cambiamento diventerebbe difficile e anche abbastanza inspiegabile. Vorrei però conoscere un dato: la Simest lascerà Lactitalia l'anno prossimo, scaduti gli otto anni, ma lo farà con un ricavo o con delle perdite?

GIUSTINA MISTRELLO DESTRO. Direi che questo momento può servire a noi ma anche a Simest. È l'occasione per fare una riflessione, come è stato ricordato da


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alcuni colleghi, sul ruolo e sulla mission della Simest.
Ci troviamo di fronte ad un'azienda che, dalla relazione della Simest, indubbiamente appare in un modo. Tuttavia, non possiamo permettere che la Simest partecipi, seppure in minoranza, a un'azienda che, comunque, può danneggiare alcune aziende alimentari del settore che non hanno delocalizzato. In questo caso, parrebbe invece, da ciò che si può rilevare, che non sia stato un investimento in un'impresa che sviluppa il prodotto all'estero, bensì esattamente il contrario.
Vorrei quindi capire se la Simest, che ha solo una partecipazione di minoranza, ha anche un componente nel consiglio di amministrazione dell'azienda. In secondo luogo, ritengo che sia necessaria una valutazione sui prodotti, al pari di un controllo sull'azienda sita in Romania, dato che il danno maggiore è per chi, invece, resta a produrre in Italia, avendo delle difficoltà nello sviluppare il proprio lavoro all'estero.

LELLA GOLFO. Vorrei intanto ringraziare il presidente per la sua relazione, una relazione che ci ha dato la possibilità di capire meglio come si sviluppa e si articola il lavoro della Simest. Concordo, quindi, con i colleghi che già hanno sottolineato questo aspetto. Purtroppo, questa relazione è arrivata un po' in ritardo rispetto al lavoro che la Commissione ha fin qui svolto.
Ritengo che proprio questo fatto abbia creato il problema di cui stiamo discutendo in questo momento. Mi trovo molto d'accordo con la collega Bergamini. Siamo una Commissione d'inchiesta, che sta lavorando anche al fine di garantire una trasparenza non solo dei prodotti ma anche di altri aspetti che riguardano le aziende operanti nel settore agroalimentare.
Penso che la conclusione finale della relazione potrà in qualche modo tenere conto del dibattito che abbiamo svolto oggi. Come ricordava giustamente il presidente Fava, il lavoro fatto fin qui è ormai dato. Vedremo poi come collocare la vicenda relativa alla Simest nella relazione finale.

PRESIDENTE. Per esigenze di natura tecnica ricordo ai colleghi che dobbiamo essere tutti presenti in Assemblea per le ore 16, momento di inizio della seduta. Sono quindi costretto a concludere l'audizione odierna, chiedendo al presidente di fornirci per iscritto una replica alle osservazioni espresse, nei tempi e nei modi che riterrà opportuni. Tale replica verrà acquisita agli atti della Commissione. Abbiamo avuto più interventi del previsto da parte dei colleghi segno evidente che il tema, di stringente attualità, ha suscitato l'interesse generale dei parlamentari che fanno parte di questa Commissione. Per il momento, mi limito a ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza e disponibilità. Restiamo in attesa di una vostra replica e dei vostri chiarimenti, che cercheremo di integrare con il ragionamento che abbiamo seguito oggi, al fine di chiudere questa «vicenda», perlomeno per quanto attiene alle specifiche competenze di questa Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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