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Seduta del 14/10/2009


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Audizione dell'assessore alla sanità della regione Sicilia, Massimo Russo

PRESIDENTE. L'ordine del giorno dei lavori prevede l'audizione dell'assessore alla sanità della Sicilia, Massimo Russo. La Commissione rivolgerà la propria attenzione al piano di rientro predisposto dalla regione per valutarne l'adeguatezza e congruità, con riferimento tanto al riconoscimento di effettività e garanzia del diritto alla salute dei cittadini, quanto al rientro dal disavanzo.
Inoltre, la Commissione intende occuparsi dei numerosi casi di denunce di presunti errori sanitari e di disfunzioni organizzative e funzionali, che cito brevemente: presunte irregolarità mediche e amministrative presso il centro trasfusionale dell'ospedale «Cannizzaro» di Catania; presunti errori sanitari segnalati da L. V. e commessi nei propri confronti presso «Villa Sofia», a Palermo; presunto errore sanitario in relazione alla morte di Filippo Li Gambi, transitato presso l'ospedale di Mazzarino e poi deceduto il 21 agosto 2009 presso l'ospedale «S. Elia» di Caltanissetta; adeguatezza e rimodulazione del presidio ospedaliero di Mazzarino; presunto rischio di staticità in caso di eventi sismici dell'ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento, in relazione al quale la magistratura ha emanato un provvedimento di sequestro giudiziario preventivo con ordine di sgombero dell'ospedale, prorogato al 24 ottobre 2009; presunto depotenziamento del presidio ospedaliero di Giarre; chiusura dell'ambulatorio di ginecologia riproduttiva presso «Villa Sofia» di Palermo; presunti errori medici in relazione al decesso di due neonati il 29 settembre 2009 presso l'ospedale «Santo Bambino» di Catania; mancata sostituzione del personale sanitario in pensione o trasferito e conseguente ridimensionamento dei servizi presso l'ospedale di Enna; rifiuto di immediato accertamento diagnostico avvenuto il 2 settembre 2009 presso l'ospedale di Gela, in relazione al quale l'assessore alla sanità regionale ha inoltrato alla Commissione una relazione dell'azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta, con riserva di produrre ulteriore documentazione; caso di M.S., 15 anni, deceduto all'ospedale di Gela il 18 settembre 2009, in relazione al decesso del quale l'assessore alla sanità regionale ha inoltrato alla Commissione una relazione dell'azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta, con riserva di produrre ulteriore documentazione; presunti errori nell'esame tossicologico nei confronti di C.B., minore, e asserita intossicazione da cocaina effettuata in occasione del ricovero in pronto soccorso il 24 luglio 2009 presso il presidio ospedaliero di Niscemi; accorpamento del presidio ospedaliero di Petralia Sottana con quello di Termini Imerese e richiesta da parte dei comuni delle Alte Madonie del mantenimento di unità


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operative complesse e di potenziamento del presidio ospedaliero nonché dell'area di emergenza; decesso della signora G.R. avvenuto il 19 settembre 2009 presso l'Azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte» di Messina per l'influenza A H1N1, in relazione al quale l'assessore alla sanità ha trasmesso alla Commissione una relazione congiunta del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell'assessorato alla sanità regionale, con riserva di inviare ulteriore documentazione; delimitazione degli assetti sanitari e stato di attuazione.
Ricordo che la Commissione ha il compito di accertare, rispetto ai procedimenti penali eventualmente in corso, non soltanto il «chi», ma anche il «perché» dell'errore e della disfunzione organizzativa. L'accertamento del «chi» rileva al fine di valutare se e quali provvedimenti, anche sanzionatori, possano e debbano essere adottati da parte delle autorità amministrative competenti eventualmente sollecitate o dal governo regionale. È inoltre necessario il connesso accertamento del «perché», per sollecitare e controllare l'adozione di ogni adempimento strutturale e funzionale volto a evitare il ripetersi di lesioni del diritto alla salute.
Rivolgo un saluto all'assessore alla sanità della Regione siciliana, Massimo Russo, esprimendo apprezzamento per la disponibilità dimostrata, anche mediante un tempestivo riscontro ad alcune richieste e relazioni da me avanzate a nome della Commissione. Gli sollecito, inoltre, un analogo tempestivo riscontro anche con riferimento ad ulteriori richieste, che ho già avanzato, nonché a quelle di cui oggi verrà a conoscenza nel corso dell'audizione.
Ritengo altresì doveroso dare lettura di una nota pervenuta da parte dell'assessore e indirizzata alla Commissione: «Signor presidente, con la presente ho deciso di confermare la mia partecipazione all'audizione di domani davanti alla Commissione da lei presieduta, in ordine ai temi oggetto alla sua missiva di convocazione del 30 settembre scorso. Mi auguro che l'audizione potrà consentire l'acquisizione di ulteriori elementi di conoscenza per una serena e oggettiva valutazione da parte della Commissione da lei presieduta sulla vicenda di Mazzarino che, come lei sa, è stata sorprendentemente riportata all'attenzione dell'opinione pubblica dal Presidente del Senato Renato Schifani nel corso di un convegno tenutosi a Palermo il 9 di ottobre. Da uomo che ha ben radicato il rispetto delle istituzioni, non posso non rappresentare il mio profondo stupore per aver appreso, dalle irrituali anticipazioni dal Presidente del Senato, che la Commissione avrebbe già maturato un preciso convincimento sulla responsabilità in ordine alla tragica morte del giovane Filippo Li Gambi, tanto che, sul punto, sarebbe già stata predisposta una relazione. Tali anticipazioni, peraltro confermate, con altrettanta irritualità, al «Giornale di Sicilia» dall'onorevole Melania Rizzoli, componente della Commissione parlamentare di inchiesta, contrasterebbero con quelle rassegnate sulla vicenda dagli ispettori inviati dall'assessorato regionale alla sanità, le cui relazioni sono state già trasmesse alla Commissione da lei presieduta e alla procura della Repubblica di Gela, che ne aveva fatto espressamente richiesta. Sono certo che, nonostante questa impropria fuga di notizie, che ha purtroppo riacceso gravi e strumentali polemiche indirizzate contro l'azione politico-amministrativa intrapresa dal governo regionale, la Commissione da lei autorevolmente presieduta, in piena coerenza con il suo fine istituzionale, valuterà la vicenda Mazzarino con rigore, serenità, oggettività e alto senso di responsabilità istituzionale. Con i sensi della più alta stima, cordialità».
Con riferimento a questa nota, intendo ribadire che la Commissione ha già acquisito e continuerà ad acquisire elementi di conoscenza e perverrà a posizioni formali in seguito ad una serena e oggettiva valutazione, che è ancora in corso e non si è conclusa. Essa intende esercitare il proprio delicato ruolo istituzionale con il massimo impegno e la massima coerenza e invita tutte le parti e ogni altra istituzione a non coinvolgere impropriamente la


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Commissione e i suoi componenti in valutazioni e prese di posizioni estranee ai suoi compiti. Ritengo, inoltre, doveroso comunicare che terrò informato sull'argomento il Presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini.
Invito adesso l'assessore ad esporre alla Commissione i contenuti, le finalità e le metodologie del piano di rientro dal disavanzo sanitario; successivamente si aprirà il confronto con la Commissione.
In una seconda fase (nella quale, per ragioni di riservatezza nei confronti delle persone coinvolte, si procederà in seduta segreta), inviterò l'assessore a riferire sui casi specifici oggetto di segnalazione e, per quanto attiene ai casi di Mazzarino e Agrigento, anche di due missioni effettuate dalla Commissione. Con riferimento agli ospedali di Mazzarino, di Petralia Sottana e «San Giovanni di Dio» di Agrigento, ritengo doveroso ricordare la necessità che venga garantito in maniera chiara, concreta e definitiva il diritto alla salute, attraverso strutture ospedaliere adeguate, sicure e provviste del necessario personale, per i cittadini dei territori rispettivamente del comprensorio di Mazzarino, della città di Agrigento e dei numerosissimi comuni delle Madonie.

MARCO CALGARO. Signor presidente, anche da parte del gruppo del PD intendo esprimere lo sconcerto per le esternazioni del Presidente del Senato Renato Schifani. Le ritengo estremamente irrispettose nei confronti del lavoro della Commissione e chiedo che lei si faccia carico di approfondire il tema. Questa è una commissione d'inchiesta che tratta temi molto delicati e credo che il Presidente del Senato per primo dovrebbe rendersi conto che è molto grave compiere esternazioni, anticipando conclusioni cui non siamo mai pervenuti.
Credo che sarebbe stato opportuno esprimere tutto ciò con un comunicato da parte della Commissione e ritengo comunque indispensabile che lei, signor presidente, si faccia carico di approfondire il tema e di riferire in merito al Presidente della Camera. Concordo altresì con quanto lei stesso ha detto e ribadisco che ritengo molto gravi queste affermazioni.

PRESIDENTE. Desidero rassicurarla, in quanto la mia dichiarazione va esattamente nel senso da lei indicato. Per questo motivo, pregherò i componenti dell'Ufficio di presidenza di incontrare, insieme a me, il Presidente Gianfranco Fini, per rappresentare esattamente la delicatezza della funzione di questa Commissione e l'esigenza di non essere coinvolti in vicende che non riguardino gli atti finali della Commissione stessa, sui quali chiunque può esprimere una valutazione.
Utilizzare una procedura in corso e relazioni non definitive - così sono state, peraltro, definite dall'onorevole Melania De Nichilo Rizzoli, trattandosi di una preliminare analisi affidata alla competenza dell'onorevole Burtone e della stessa onorevole De Nichilo Rizzoli - mi sembra un comportamento che merita l'attenzione che ho prestato e che verrà riportato, con ogni necessario approfondimento, al Presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini.
Fatto questo chiarimento, chiedo all'assessore di svolgere la sua relazione pregandolo di separare la parte che si riferisce al piano di rientro da quella che si riferisce ai singoli casi, per la quale si procederà in seduta segreta.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Non mi soffermo sulle ragioni della lettera, che credo siano state adeguatamente rappresentate. Credo inoltre che sia nell'interesse di tutti, innanzitutto delle istituzioni, che una commissione di inchiesta possa svolgere il compito affidatole dalla legge con la massima serenità. Sono certo che questa serenità verrà garantita, così come l'oggettività del giudizio, su una vicenda che è innanzitutto umana e che nessuno può utilizzare per riaccendere polemiche strumentali, politiche o di parte. Si è verificata la morte di un ragazzo e l'assessorato, attivandosi immediatamente per verificare cosa fosse realmente accaduto, ha compendiato il lavoro degli ispettori in due relazioni, che


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prontamente ha rimesso alle autorità competenti: la procura della Repubblica di Gela, che ne ha fatto richiesta, e questa Commissione.
Mi è stato chiesto di intervenire innanzitutto sul piano di rientro: quindi, dovrò necessariamente richiamare la vostra attenzione sull'excursus relativo a questo anno e mezzo di attività in una posizione particolarmente complessa e difficile, qual è l'assessorato alla sanità, che guido dall'8 giugno 2008.
Il primo compito gravoso che mi è stato affidato consiste nell'attuazione del piano di rientro, del quale voglio subito evidenziare la complessità, giacché mi sono trovato a passare per un ragioniere, che effettua soltanto tagli.
Il piano non prevede soltanto il rientro dall'enorme debito che la regione ha contratto, ma è un «Piano di riorganizzazione, riqualificazione e individuazione degli interventi per il perseguimento del riequilibrio economico del servizio sanitario regionale». Ho citato per intero il titolo del piano di rientro e, prima di entrare nel merito (su cui vi anticipo che ci siamo guadagnati sul campo dapprima il parere favorevole e l'attenzione dei tavoli ministeriali e, successivamente, il loro appoggio espresso), forse è il caso di soffermarsi sul metodo di un assessore che aveva visto la sanità, in precedenza, sotto le lenti di altre istituzioni.
Dovendomi confrontare con una materia in cui il tasso tecnico era rilevante e non era mai stato affrontato in modo adeguato, ho innanzitutto adottato una scelta politica di fondo: l'assessorato aveva bisogno di spalancare le porte e arieggiare le stanze, facendo entrare aria nuova. C'era la necessità di avvalersi di soggetti che fossero totalmente disinteressati alla vicenda della sanità in Sicilia, che potessero offrire un'esperienza documentata, in quanto maturata, per le stesse fattispecie, in altre regioni. Lo strumento era quello del piano di rientro, sottoscritto nel luglio 2007 dal precedente governo regionale Cuffaro con il Governo Prodi e non applicato, se non in parte, cioè limitatamente all'aspetto della spesa farmaceutica. Quando mi sono insediato avevo bisogno di questo supporto e ho visto che il piano di rientro ne contemplava uno molto importante: quello dell'AGENAS, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Mi sono recato al Ministero, ho avuto la necessità di prendere contatto con quelli che sarebbero stati i miei compagni di viaggio, e cioè i componenti del tavolo ministeriale, al quale deve essere rimessa ogni virgola di ogni atto dell'assessore alla sanità della regione sottoposta al piano di rientro; in via preliminare, per una preventiva validazione e poi per una successiva approvazione, quando l'atto assume la veste giuridica di atto amministrativo.
Credo che non sia irrilevante dirvi che il primo incontro con il famigerato «tavolo Massicci», quello che tiene i cordoni della borsa e che controlla l'andamento economico delle regioni, almeno nel settore della sanità, non è stato certamente dei migliori.
Ovviamente, si conosceva la regione siciliana e, forse, da Roma non si capiva quale fosse il cambiamento che si voleva realizzare. Devo essere sincero: sono stato trattato molto male, ma ho chiarito subito che l'intenzione politica precisa, mia e del governo regionale Lombardo, era quella di mettere mano a fondo sul sistema sanitario siciliano, fatto di sprechi e, soprattutto, di grandissima disorganizzazione. L'intenzione era di adempiere puntualmente a quel contratto che la regione aveva stipulato con lo Stato, giacché, in una battuta, il piano di rientro altro non è che un contratto che obbliga due parti a precisi adempimenti.
Abbiamo iniziato questo grande lavoro, innanzitutto fatto di verifica, rispetto ai mesi che da luglio a giugno avrebbero già dovuto portare la Sicilia a superare i primi step trimestrali previsti. Sapete bene, tuttavia, che proprio in quel periodo si erano svolte le elezioni e, quindi, la regione ha anche una scusante di tipo politico nel non aver adempiuto puntualmente, almeno nella prima fase, al piano di rientro.
Se volete, potete acquisire la documentazione che mostra come la regione avesse compiuto uno sforzo, peraltro costantemente bocciato - giustamente, aggiungo -


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dal tavolo ministeriale. I provvedimenti inoltrati venivano puntualmente restituiti al mittente. Questi documenti, ovviamente, portano la firma di alcuni funzionari.
Di qui, quindi, l'esigenza di aprire le stanze e far entrare aria nuova: si trattava di funzionari che non avevano retto alla prova del confronto con lo Stato, dando costantemente l'immagine di una Sicilia «stracciona», che si presenta per non fare mai le cose per bene, soltanto per chiedere e non per adempiere puntualmente le obbligazioni assunte.
Quindi, mi sono avvalso immediatamente dei consulenti forniti dall'AGENAS e abbiamo iniziato un lavoro di riscontro delle attività da svolgere e di programmazione di quelle che l'assessorato doveva assumere per cambiare la direzione che il sistema aveva intrapreso, sia dal punto di vista economico, sia, non disgiunto da quest'ultimo, dal punto di vista della qualità delle prestazioni.
Voglio essere preciso: avevamo un deficit di 858 milioni di euro. La misurazione del deficit prevede un valore presunto e uno acclarato, nel momento in cui si chiude l'anno. Nel piano si parlava prima di un miliardo, poi di 850 milioni di euro. Quest'ultima era la consistenza del deficit.
Bisognava mettere mano, sostanzialmente, a tre grandi aree: la farmaceutica, il personale e le misure attinenti la rete ospedaliera. Per fare ciò, ovviamente, ho eseguito una ricognizione dei sintomi di questa grandissima malattia rappresentata da un deficit che sfiora il miliardo di euro.
Abbiamo così rilevato 250 milioni di euro di mobilità annuale. I nostri cittadini, infatti, vanno nelle altre regioni a curarsi e questo ci costa 250 milioni di euro all'anno, anche se abbiamo un attivo di 50 milioni di euro rappresentato da cittadini della Calabria che vengono a curarsi nel messinese.
Abbiamo poi un sistema sanitario pachidermico, con 29 aziende sanitarie per 5 milioni di abitanti. I dati li potrete trovare voi stessi: credo fosse l'unica regione ad avere una simile proporzione e un'enormità rappresentata da 29 aziende sanitarie, tra territoriali e ospedaliere, con l'aggravante che in alcune province - ad esempio Caltanissetta - erano addirittura tre: l'ASL, l'azienda «S. Elia» e l'azienda di Gela.
Quindi, a settembre 2008, parlando con il presidente Lombardo, ho pensato che se non si fosse immediatamente messo mano alla configurazione del sistema non ne saremmo venuti a capo. La maggior parte di queste 29 aziende, anzi quasi tutte, presentavano deficit enormi, per una banale ragione comprensibile a un qualsiasi studente di un istituto commerciale: per la legge della domanda e dell'offerta, se in un quartiere si costruissero, ad esempio, cinque supermercati, difficilmente potrebbero tutti e cinque rimanere in equilibrio economico. Ebbene, avevamo questo surplus di 29 aziende, ovviamente, tutte «in rosso», e la regione le finanziava perché non chiudessero.
La prima operazione logico-giuridica da compiere era ridurre il numero di aziende, diventate centri di costo e di potere. Ci voleva, quindi, una legge, per adempiere così a un preciso obbligo contenuto nel piano di rientro, che prevedeva proprio la riduzione del numero delle aziende sanitarie. Abbiamo quindi approvato la legge necessaria.
L'altro grande tema era quello dei fondi, che erogavamo alle aziende territoriali che avevano i presidi ospedalieri: soldi che venivano sostanzialmente dirottati per l'ospedalità più che per il territorio. Anziché ripartirne il 55 per cento al territorio e il 45 agli ospedali, avveniva esattamente il contrario: il 51-52 per cento agli ospedali e la rimanenza al territorio.
È, innanzitutto, questa l'origine dei mali del sistema: l'eccessiva ospedalizzazione. In Sicilia, ma penso sia così in tutto il Meridione, l'unica risposta sanitaria che siamo in grado di articolare è l'ospedale. Di conseguenza, ciascuno pensa che, appena gli si tocca l'ospedale, gli si tolga il diritto alla salute. Credo che ciò rappresenti un errore, nella valutazione della realtà. Il cittadino, da noi, ritiene che l'ospedale sia l'unica soluzione al proprio bisogno di salute. Di conseguenza, si parla sempre di ospedali.


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Da qui la necessità di «arieggiare», stando a contatto con chi già venti anni prima si era occupato di deospedalizzare, amplificare e parlare di territorio (mi rivolgo ai commissari dell'Emilia-Romagna, del Veneto, della Lombardia e delle Marche).
Ci siamo quindi mossi in quest'ottica. La legge - molto innovativa e strategica, come è stata definita da coloro che l'hanno analizzata - almeno a livello provinciale (dove prima c'erano le ASP) ha provocato un accorpamento tra le ex aziende ospedaliere e le ex aziende territoriali, sicché ora esiste un'unica regia strategica da parte del dirigente dell'unica azienda provinciale, che gestirà ospedale e territorio. Non ci potrà mai essere l'incredibile concorrenza, in un fazzoletto di terra, tra un'azienda ospedaliera e un'azienda territoriale che ha anche propri ospedali. Per fare l'esempio di Caltanissetta, erogheremo le quote capitarie direttamente al dottor Cantaro, il quale dovrà portarsi ai livelli di territorio previsti dalla normativa nazionale, diminuendo le somme attualmente impiegate nell'ospedale, con in più il beneficio di avere creato un'unica entità giuridica che gestisce risorse e personale. È ovvio che, essendo «saltate» tre entità giuridiche in un fazzoletto di terra, che sono state accorpate in un'unica struttura, abbiamo riferito tutti i rapporti di lavoro, gli acquisti e le risorse a un unico centro che, attraverso una saggia politica, dovrà integrare ospedale e territorio, favorendo innanzitutto il territorio.
Questi sono i capisaldi della legge di riforma, che è stata approvata nell'aprile scorso e che costituisce, come atto normativo, un adempimento del piano di rientro.
Abbiamo assunto una nuova configurazione. In Sicilia, come forse non era mai accaduto prima, allo scoccare della mezzanotte del 31 agosto, nonostante alcuni auspicassero il contrario, la riforma è entrata in vigore. Si è trattato di un'operazione imponente di riconversione industriale: tagliare 12 aziende, farne nascere ex novo altre 17, esclusi i tre policlinici, su cui abbiamo attuato una politica che favorisce l'integrazione con l'ospedale. In questo senso, abbiamo già un protocollo di intesa che accorpa l'ospedale «Vittorio Emanuele» e il Policlinico di Catania, costituendo una delle più importanti aziende ospedaliere dell'Italia meridionale, con 1055 posti letto.
Nel frattempo, dovevamo anche attuare l'altro aspetto, quello che interessa molto al «tavolo Massicci»: rientrare dal deficit. Abbiamo fatto le cose talmente bene - vi consegnerò i verbali - che nell'ultima riunione, quella di giugno, è stato messo «nero su bianco» che la Sicilia ha parzialmente superato le cause per il commissariamento e che, dopo aver ottenuto un mutuo di 2,8 miliardi di euro condizionato all'adempimento delle obbligazioni del piano di rientro, se completeremo entro il mese di dicembre tutti gli adempimenti (tra cui la rifunzionalizzazione dei piccoli ospedali), riceveremo quella parte che lo Stato ha trattenuto in garanzia. Si tratta di un ulteriore 3 per cento, pari a 1,15 miliardi di euro per le esangui casse della regione siciliana.
Voglio richiamare ancora la vostra attenzione su un aspetto che conoscete bene e che rappresenta la premessa di ogni altro ragionamento. L'aspetto economico è diretta conseguenza della scarsa qualità delle prestazioni, nonché della totale inappropriatezza organizzativa. Quindi, quando si parla di dati economici, immediatamente si interpella la funzione sanitaria.
Il Viceministro Fazio mi dice sempre di leggere le carte e di essere consequenziale. Ebbene, se in Sicilia c'è un livello di ricoveri inappropriati, tale da generare un costo di 400 milioni di euro, ciò significa che le prestazioni rese al popolo siciliano non sono di qualità, sono anch'esse inappropriate. Il paziente quindi è tartassato due volte: dalla scarsa qualità e dal fatto che, come contribuente, debba pagare più tasse (mi riferisco all'aumento dell'IRAP e dell'IRPEF). Quindi, quando parliamo di aspetto economico - questa è una commissione di inchiesta, sono presenti alcuni tecnici e comunque anche la politica deve


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guardare al dato tecnico - ci riferiamo innanzitutto del tema dell'appropriatezza delle prestazioni.
Quindi, non ci sono tagli da fare: semplicemente, se si dispone il ricovero in un posto letto per acuti quando invece la stessa prestazione si può fare in day hospital e se si effettuano in day hospital le prestazioni che invece si possono svolgere in ambulatorio, si sfalsa completamente l'economia del sistema. In Sicilia, uno dei maggiori cancri era l'utilizzo del day hospital, poiché uno dei famosi funzionari, in barba alle norme, aveva portato il rapporto tra letti per acuti e day hospital al 20 per cento, mentre in Italia è pari al 10 per cento. Si effettuavano in day hospital le prestazioni che si dovevano svolgere in ambulatorio.
Questi funzionari, ovviamente, a novembre sono andati in pensione. Eravamo l'unica regione che avesse un mostruoso assessorato composto da ben cinque dipartimenti, senza un coordinamento, forse per la necessità di disporre di cinque aree di potere. Li abbiamo portati a due e, per dare il senso del cambiamento, ci siamo impegnati a trovare un manager che avesse una documentata esperienza e che provenisse da una di quelle regioni dalle quali era necessario attingere umilmente esperienze. Abbiamo così chiamato un manager dell'Emilia-Romagna, che ha lavorato anche in Lombardia, creando un dipartimento della pianificazione strategica, che è quello che, sostanzialmente, controlla il cordone della borsa e dà il senso dell'organizzazione del sistema.
Riassumendo: abbiamo ridotto a due i dipartimenti; abbiamo approvato la legge; abbiamo messo mano alle previsioni del piano di rientro, intervenendo sia sulla spesa farmaceutica, con grandi risultati, sia sul personale.
A proposito della spesa farmaceutica, entrerà a regime, a giorni, dopo il rigetto del ricorso presentato al TAR, la più imponente gara per l'acquisto di farmaci a livello europeo. Abbiamo analizzato il fabbisogno di tutte le aziende ospedaliere e abbiamo svolto un'unica gara con la CONSIP, ottenendo un risparmio di almeno 150 milioni di euro in tre anni.
I risparmi strutturali per manovre effettuate sono stati: nel 2007, 180 milioni di euro; nel 2008, 438 milioni di euro; nel 2009, contiamo di arrivare a 430 milioni di euro, ma questa è soltanto una stima. Tutto ciò ci ha consentito di abbattere il deficit e ci consentirà, l'anno prossimo, di uscire dal piano di rientro e al contempo di attivare una politica di rigore. Pensiamo infatti di utilizzare l'esperienza del piano di rientro per adattarlo, conformandolo opportunamente, a un piano di rientro aziendale. Le aziende che sono ancora in deficit e che devono rimettersi in sesto saranno oggetto di un piano di rientro regionale, con i funzionari che governeranno e interverranno così come il Ministero ha fatto nei confronti della Sicilia.
L'altro aspetto fondamentale, mediante il quale abbiamo adempiuto alla necessità di riorganizzazione, è stata la rimodulazione della rete ospedaliera, cosa che ha provocato, come in ogni regione, reazioni da parte delle varie comunità locali.
Bisogna intendersi: si può ragionare ponendo al centro dell'azione amministrativa o la struttura o la funzione. Sino a ieri, anzi fino al 7 giugno, si metteva al centro la struttura. Ciò significa generare coaguli di interessi legittimi, ma in confronto ai quali l'interesse del cittadino diventa collaterale: bisogna mantenere la struttura, il paziente viene dopo. Noi invece abbiamo adottato quest'altra logica, mettendo al primo posto la funzione sanitaria, il cittadino e, solo come conseguenza, il fabbisogno. Abbiamo poi articolato la nostra politica partendo dal fabbisogno, che è puntualmente documentato, documentabile e rilevabile.
Personalmente non sono un tecnico, ma l'agenzia per i servizi sanitari, con i propri tecnici, ha condotto uno studio sul fabbisogno, che parte dall'analisi delle SDO (schede di dimissione ospedaliera) e dalla verifica dei tassi di appropriatezza, che hanno rivelato un uso spropositato del ricovero. Abbiamo un indice del 249 per mille, mentre la Toscana è al 150 per


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mille. Ciò significa che, su 1000 abitanti, 249 in Sicilia si ricoverano, non avendo alternative, mentre in Toscana se ne ricoverano appena 150. Il costo medio di un ricovero è di 600 euro al giorno, mentre se si va sul territorio il costo scende a 50-100 euro al giorno. Si capisce, quindi, su cosa è necessario intervenire.
La rimodulazione della rete ospedaliera si è concretizzata in un decreto che taglia posti letto. In realtà, tenendo conto del fabbisogno, avremmo dovuto tagliare ben 5.000 posti letto, ma questo provvedimento è stato oggetto di un fuoco di fila politico fortissimo, perché andava oltre il piano di rientro, che invece prevedeva il taglio di 2.500 posti letto. Tuttavia da quest'ultimo mancano la lunga degenza e i posti di riabilitazione, per i quali noi eravamo «sotto» dello 0,80 per mille (0,24 per mille, invece che 1 per mille). Ci siamo fermati al dato del piano di rientro, anche se, in realtà, dovremmo andare ben oltre, poiché soltanto riorganizzando e rifunzionalizzando si liberano risorse da impiegare sul territorio. È ovvio che, con il piano di rientro, si mette mano alla rete ospedaliera e questa è l'operazione più difficile.
In questo contesto, quindi, si mette mano agli ospedali, che il cittadino vive - giustamente - come unica risposta. Allora, diventa necessario attuare una politica che prenda come base l'utilità della funzione ospedaliera. L'ospedale, in sostanza, serve a curare i malati che presentano acuzie, malattie che richiedono un intervento specificamente in quella struttura, per la quale occorrono investimenti tecnologici, dove la qualità e la professionalità è misurata dai casi affrontati e risolti, che ha bisogno di risorse e che, in genere, è oggetto di una scelta: si va in ospedale perché si soffre di una malattia e si sa di poter essere curati.
Poi (e può anche essere disconnessa dall'ospedale), c'è l'area di emergenza e urgenza. Se viene diagnostica una malattia, il cittadino affronta un percorso, che può portarlo in ospedale. Potrà così accedere alla struttura attraverso la lista di attesa o il ricovero, ma comunque non attraverso il pronto soccorso. Invece, se si sente male, si reca immediatamente al pronto soccorso, dal quale può essere poi indirizzato, a seconda dei casi, a casa, oppure in ospedale. Quindi, l'area di urgenza ed emergenza è una cosa diversa.
Come in tutte le altre regioni, dobbiamo mettere mano innanzitutto all'area di emergenza e urgenza. Sapete bene come, in Sicilia, a tal proposito, il precedente governo abbia fatto una scelta affidando il servizio di emergenza e urgenza (mi riferisco alle ambulanze e, in genere, alla rete di trasporto) alla Croce rossa italiana, la quale ha costituito in house una società, che si chiama SISE. Questa società ha 3.400 dipendenti, garantisce il servizio alla regione ed è stata oggetto di rilievi da parte della Corte dei conti anche per il costo, sebbene in realtà non sia così spropositato rispetto alle altre regioni, dove c'è un servizio di volontariato, che da noi, invece, non c'è. Infatti, è ovvio che, se si professionalizza tutto il settore, se la Croce rossa italiana costituisce una società con 3.400 dipendenti, si riduce la possibilità di far crescere il volontariato. Ma tant'è, questa è la realtà, anche se noi la stiamo cambiando, muovendoci in un'altra direzione.
Il tema dell'emergenza e urgenza però è fondamentale. Stiamo cercando di creare (nella riorganizzazione delle reti ospedaliere, cuore, ictus, rete neonatale, rete oncologica e delle altre reti) centri di riferimento, poiché il paziente che sta male e al quale viene fatto il triage deve essere condotto non all'ospedale più vicino, bensì a quello più idoneo a curare la sua malattia, anche se più distante. Mi è stato spiegato che è più sicuro che un soggetto infartuato o politraumatizzato venga condotto nel miglior ospedale, piuttosto che al pronto soccorso più vicino, dove talvolta quella perdita di tempo può pregiudicare la correttezza dell'approccio terapeutico.
Quindi, stiamo realizzando il potenziamento della rete di trasporto attraverso il soccorso. Abbiamo chiesto alla nostra Protezione civile di aumentare le elisuperfici, proprio perché vogliamo strutturare un


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sistema in cui l'elicottero sia un efficace mezzo di trasporto, specialmente per quelle zone che dal punto di vista orografico sono più lontane dai centri. Miriamo al rifacimento della rete di emergenza e urgenza. Abbiamo costruito due bacini, «Sicilia occidentale» e «Sicilia orientale», in cui dovrebbero essere presenti quelle eccellenze che, attualmente, i nostri cittadini trovano nelle altre regioni.
Vogliamo ridurre sia la mobilità verso le altre regioni, sia quella infraprovinciale. Infatti, si arrivava al paradosso di avere da 3 a 8 presidi ospedalieri in una provincia e, contemporaneamente, un tasso di mobilità verso Catania e Messina, da Agrigento o da Caltanissetta, pari al 30 per cento, per settori che avrebbero dovuto essere soddisfatti dai presidi presenti in loco.
Dopo il potenziamento della rete di emergenza, si punterà l'attenzione sugli ospedali provinciali. Ogni provincia ha un ospedale che deve essere potenziato per assicurarne l'uniformità. Tutto questo è previsto nella legge regionale. Le eccellenze devono aversi soltanto nei due bacini; non è pensabile che le alte specializzazioni possano essere in ogni provincia, altrimenti il costo del sistema non potrebbe essere contenuto entro le risorse di cui disponiamo. Non stiamo puntando all'eccellenza, bensì a un'eccellente normalità di tutte le strutture, in ogni territorio.
È ovvio che dobbiamo mettere mano anche a tutti i piccoli ospedali. Addirittura, una legge regionale del 1993, mai abrogata, prevede che vengano chiusi e rifunzionalizzati tutti gli ospedali con un numero di posti letto inferiore a 120. In alternativa, abbiamo utilizzato un'altra formula, molto innovativa. Avevamo 64 presidi appartenenti alle vecchie ASL e, in questa operazione di accorpamento, abbiamo creato il distretto ospedaliero, con un modello innovativo molto avanzato, cioè l'ospedale multistabilimento.
Nella provincia di Trapani (che conosco meglio, perché sono di quella provincia) esistevano sette presidi, ognuno dei quali aveva il proprio reparto di chirurgia, ginecologia, pneumologia e le altre specializzazioni. A distanza di 20 chilometri esistevano due ospedali, con le stesse specializzazioni. L'idea è stata quella di accorpare questi presidi in due distretti (soltanto per Catania e Palermo, in tre distretti), in modo da creare, sostanzialmente e giuridicamente, due entità ospedaliere, articolate sul territorio in più stabilimenti, così da evitare le duplicazioni e favorire le giuste integrazioni a livello di organizzazione sanitaria. Le sei ortopedie che avevamo in provincia di Trapani, insieme a un tasso di mobilità per ortopedia del 25 per cento, sono state ridotte a una o due.
Con 6 ortopedie, naturalmente, non ci sono casi, non c'è né qualità, né professionalità, non cresce alcuna scuola. La nostra è un'alternativa alla politica nazionale del Ministro Sacconi, che ha chiesto e continuerà a chiedere, credo giustamente, che vengano chiusi i piccoli ospedali, perché pericolosi per l'operatore e per il paziente. Tutto ciò deve essere spiegato alla gente e tutti dobbiamo avere il senso di responsabilità necessario per farlo capire, ma gli ospedali devono essere chiusi solo dopo aver offerto a quella comunità un servizio sanitario. Non si chiude un ospedale lasciando una comunità senza alcuna risposta sanitaria.
Sono stato talmente coerente con questa impostazione che, prevedendo che l'ospedale di Mazzarino (32 posti letto) dovesse essere rifunzionalizzato (non chiuso, in quanto aggregato al distretto ospedaliero di Gela, da cui dista 38 chilometri), ho sospeso il direttore generale (caso unico in Sicilia, forse anche in Italia), dopo aver constatato che aveva inopinatamente fatto cessare le funzioni per acuti dell'ospedale, rinviando a un successivo provvedimento l'attivazione degli altri servizi, nonostante gli fosse stato inviato un decreto che contestualmente disponeva che venisse a cessare la funzione per acuti e si attivasse tutta una serie di servizi, quali il punto di primo soccorso, la RSA (residenza sanitaria assistenziale), i poliambulatori e il PTA (presidio territoriale di assistenza).


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Successivamente alla sua sospensione è entrata in vigore la nuova legge ed il direttore generale è andato via, all'indomani di un'iniziativa assolutamente contraria dell'indirizzo dell'assessorato, per le giuste reazioni della comunità, che, dall'oggi al domani, si è vista chiudere l'ospedale. Il tutto, probabilmente, era in realtà finalizzato a screditare l'assessore e le sue iniziative, ma il dottor Failla è stato immediatamente mandato a casa, sospeso dalle funzioni, perché aveva violato un tema politico-amministrativo centrale nella politica dell'assessorato.
L'ospedale di Mazzarino è stato rifunzionalizzato sulla carta, ma in concreto non ha mai cessato di esistere, di essere quello che è da sempre.
Queste sono quindi le linee strategiche dell'organizzazione che vogliamo dare al nostro territorio. Si passerà da 64 presidi a 20 distretti ospedalieri, con l'autonomia dell'azienda, la quale modulerà l'attività tenendo conto dei bisogni del territorio, aumentando però i servizi sanitari.
Non stiamo diminuendo, bensì riconvertendo, rifunzionalizzando e liberando risorse economiche e professionali; punteremo sul merito perché oggi in Sicilia, come forse altrove, anche a Roma, si diventa primario solo perché si ha l'appoggio di questo o di quel politico e non perché si ha il sostegno di una ricca documentazione che attesti l'esperienza e la competenza. Di questo, l'ho sempre detto, mi farò garante nei limiti del possibile, poiché dobbiamo dare alla nostra Sicilia quello che i nostri cittadini meritano, partendo dalla qualità e dalla professionalità che devono avere i nostri medici, che sono in tanti e che adesso, forse, trovano lo spazio per far emergere quanto valgono.
Il concetto dell'appropriatezza, che è fondamentale in sanità, per l'assessorato è diventato fondamentale nell'organizzazione. Stiamo puntando all'appropriatezza organizzativa: tagliare gli sprechi, riorganizzando il sistema per renderlo efficiente.
Però, c'è una guerra in atto: pensate a quanti medici possono avercela con me perché salteranno tanti primariati. Bisogna dirlo chiaramente: contrariamente a quanto è stato detto, non stiamo licenziando nessuno. Io non posso e non devo farlo. Utilizzeremo il personale: abbiamo una sovrabbondanza di medici e una carenza di infermieri. Adesso però riorganizzeremo le cose, perché non è possibile che in ospedale ci siano tre o quattro divisioni di pneumologia e due o tre di cardiologia. Accorpandole, avremo una divisione, un dipartimento di cardiologia e i primari svolgeranno il proprio ruolo all'interno di un'unità semplice, non più complessa. Questa è la svolta che è stata operata. Non guardiamo più alla struttura e all'organizzazione esistente, bensì alla funzione, che vogliamo migliorare e conformare al bisogno di salute dei cittadini.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano formulare quesiti e osservazioni.

DORIS LO MORO. Vorrei avere un chiarimento. Lei ha parlato prima di un deficit di 858 milioni di euro, poi di un mutuo da contrarre per 2,8 miliardi di euro. Poiché si tratta di dati incompatibili, a quale periodo si riferisce?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. La regione siciliana si è indebitata, come tante altre, per la sanità. Avrei dovuto distinguere tra bilancio di cassa e di competenza. Il bilancio della regione ha finanziato le aziende che erano indebitate con i fornitori, quindi la regione aveva contratto un debito, per far funzionare il sistema, che pesava molto e per chiudere questa falla il piano di rientro prevedeva l'attivazione di un mutuo di 2,8 miliardi di euro. Non si tratta però di un deficit, è un problema di cassa. Succede come quando in famiglia portiamo a casa 1.500 euro e costantemente ne spendiamo di più: ogni mese ci sono dei disavanzi che si sommano.
Il mutuo serviva a pagare i debiti pregressi, che si stimavano pari a 2,8 miliardi di euro e che, poi, in concreto, si sono rivelati pari a 2,6. Non si tratta però


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di un deficit strutturale ma delle anticipazioni che la regione aveva erogato: sono due piani diversi.

CARMINE SANTO PATARINO. Comunque si tratta sempre di 2,85 miliardi di euro che mancano. Occorrono, in sintesi, 2,85 miliardi di euro per poter dire che siamo a posto: 2 miliardi di euro con il mutuo contratto per pagare i fornitori, più 850 milioni di euro per il deficit accumulato nel tempo. Quindi, siamo esposti finanziariamente. Non accade soltanto in Sicilia, ma anche nella mia Puglia, dove si rileva una situazione quasi identica.
Ho ascoltato la sua relazione, che presuppone, come lei stesso ha detto, un consistente aggiustamento della situazione. Si tratta, infatti, di una situazione che era già critica quando lei ha preso in mano la sanità e lei ha addebitato parte di quello che accadeva in passato ad alcuni funzionari, i quali hanno contribuito a fare della Sicilia una regione che non ha un'ottima immagine. Lei stesso ha inoltre affermato che sono stati sostituiti mediante un'agenzia e che si è fatto ricorso a tecnici esterni per far circolare aria nuova. Vorrei sapere che fine abbiano fatto questi funzionari, se continuino a lavorare nell'ambito della regione, anche se non con le stesse funzioni, oppure se abbiano smesso e, quindi, non percepiscano più uno stipendio.
Vorremmo inoltre sapere di più sull'abuso dei day hospital, che ha comportato un ulteriore impoverimento delle casse, perché la spesa eccessiva per una prestazione che poteva essere fatta altrimenti ha portato ad un aumento del debito.
Lei ha affermato che è in atto un cambiamento, che sono sufficienti due eccellenze e che volete rendere eccellenti le situazioni normali. Poi, ha parlato della situazione relativa al pronto soccorso e al 118. Mi è sembrato di capire che non abbiamo la possibilità, in alcuni centri, di assicurare cure immediate, o nei tempi necessari per mettere al riparo da rischi peggiori. Lei ha affermato che il tempo necessario per un soggetto infartuato o colpito da ictus è di un'ora e mezzo; io, invece, ho sempre sentito dire che prima si interviene in un presidio ospedaliero e meglio è e che le prime cure sono quelle determinanti. Ovviamente, è necessario trovare persone idonee.
Nel frattempo, non posso non darle credito di tutto questo lavoro che ha svolto e che è iniziato nel mese di settembre, se non erro. Aspettiamo la prima verifica alla fine di ottobre o novembre e vedremo quali sono gli altri risultati. Abbiamo la necessità di far passare qualche mese, per vedere se questa cura stia dando risultati sia dal punto di vista economico manageriale, come sicuramente avverrà, sia per quanto riguarda la soddisfazione dei pazienti.
Condivido la sua impostazione: non voglio un ospedale in ogni comune, bensì un buon ospedale in cui poter andare, o poter mandare i miei parenti, anche se dista qualche chilometro in più e in cui, quando si va, si trova l'assistenza giusta, la stessa che troviamo quando andiamo fuori e facciamo i «viaggi della speranza».

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Non vorrei essermi espresso male: non era mia intenzione attribuire a due funzionari la responsabilità di un deficit miliardario. Ho fatto di riferimento a funzionari che, a mio avviso, hanno operato in un contesto politico di un certo tipo, che non si è mai curato delle risorse. Un sistema che costa tanto e dà poco: questo è il paradosso che rende necessario il piano di rientro. È ovvio che c'erano dei funzionari i cui provvedimenti non erano mai stati validati dal tavolo ministeriale e che, probabilmente essendo alla soglia della pensione, dovevano essere agevolati in tal senso e, infatti, hanno scelto di andare in pensione.
Quanto ai tempi, forse può trattarsi di un'ora, ma, comunque, i medici potranno confermare come la prima cura non sempre sia quella di cui si ha bisogno. È invece necessario un ospedale attrezzato che possa approntare al meglio le giuste terapie.


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Non credo che questo, poi, sia il tema. Il problema è che non stiamo facendo nulla di originale e vorrei che tutte le regioni del sud lo capissero. Parlo anche ai colleghi. Molte esperienze sono già state fatte e sono stati cambiati i sistemi. Ci sono le «regioni canaglia» - quantomeno la Sicilia è riuscita a sottrarsi a questo peso - e ci sono le regioni virtuose. Credo che ciascuna regione debba fare i conti con la propria realtà, ma che debba maturare esperienze che altrove hanno dato risultati, quanto all'organizzazione. È ovvio che nessuno può avere la pretesa di avere l'ospedale sotto casa, né a distanza di pochi chilometri. Bisogna fornire un modello e quello che è stato scelto si articola sul territorio, su un buono o eccellente sistema di urgenza ed emergenza e su ospedali in grado di fornire prestazioni di qualità.
Se in Sicilia abbatto i 400 milioni di inappropriatezza e i 250 milioni di mobilità esterna, ho già ridotto strutturalmente ogni anno gli 800 milioni di euro di debiti prodotti e, in tre anni, avrò accumulato 2,4 miliardi di euro, pari al deficit dovuto per i debiti contratti dalla cassa regionale, che aveva fatto le anticipazioni che stiamo sanando con il mutuo.
Abbiamo fatto alcuni interventi strutturali, volti ad abbattere il deficit legato al vecchio tipo di organizzazione, all'inappropriatezza e alla mobilità, senza contare la farmaceutica, la politica del personale e quella degli acquisti centralizzati. Operando su queste voci posso ridurre il deficit e, dall'anno prossimo, dovrei essere in condizioni di amministrare, assicurando i livelli essenziali di assistenza con le risorse erogate dallo Stato, anche se sembra che non saranno consistenti.

PRESIDENTE. Vorrei far presente che l'esperienza di questa Commissione, in seguito all'esame anche delle situazioni finanziarie di altre regioni, porta a concludere che laddove c'è il maggior costo c'è anche la maggiore inefficienza. Se sussistesse un rapporto di proporzionalità tra maggior costo e maggiore efficienza, si potrebbe anche ammettere di sopportare il costo. Il vero dramma è che c'è un rapporto rigorosissimo tra inefficienza e costi elevati che rende insopportabile la situazione in molte regioni.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Ho seguito attentamente la relazione dell'assessore, che è piena di argomenti tecnici ma anche di valutazioni politiche. Mi soffermerò su alcune cose da lui evidenziate e aggiungerò qualche altra considerazione.
Convengo con l'assessore e condivido pienamente che in Sicilia, fino ad ora, nella sanità si è speso troppo e male, si è fatta troppa clientela e che la sanità è stata utilizzata per far crescere e lievitare alcune carriere politiche.
Le cose non sono cambiate neppure negli ultimi otto anni, con le riforme istituzionali e la stabilità amministrativa, giacché ci sono stati due presidenti eletti direttamente dal popolo, che hanno avuto numeri e mezzi per poter lavorare.
Certamente, l'assessore è impegnato in questo settore da un anno e noi non possiamo addossargli colpe che non ha. I suoi compagni di viaggio - in parte non ci sono più, per motivi politici che qui non riprendo - hanno tuttavia tante responsabilità, nel disastro della sanità siciliana. Oggi, inneggiano con lei alla necessità di dare trasparenza e di cambiare. Me lo auguro per i siciliani, poiché parliamo di un settore fondamentale, in cui spesso viene messa a rischio, affidandola ai medici e alle strutture, la vita delle persone.
Rivolgo anche l'auspicio che il piano di rientro possa andare avanti e che, nei vari passaggi, si possano vedere le verifiche che saranno eseguite a livello ministeriale.
Mi permetta, però, assessore: credo che una riforma adeguata della sanità debba tener conto dell'equilibrio fra risparmio della spesa e mantenimento dei livelli di assistenza. Se siamo qui, non è soltanto perché vogliamo sapere come lei stia procedendo sul piano di rientro, ma anche perché siamo chiamati a svolgere una riflessione su tanti casi di malasanità che si sono, purtroppo, verificati in Sicilia e che pare non siano collegati soltanto a una


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questione di poca accuratezza professionale, bensì a possibili problemi legati all'organizzazione della nostra struttura sanitaria nell'isola.
Lei ha evidenziato l'aspetto della riduzione delle aziende. In effetti, sono di meno e ci saranno meno spese. Al fine di ridurre notevolmente la spesa, mi auguro che, accanto al taglio delle aziende, vi sia anche quello delle tante consulenze che, nel passato, le aziende sanitarie locali hanno pagato.
Mi permetta di dirle, però, che sembra incongruente che siano state formate macroaziende e microaziende provinciali. Enna equivale a un quartiere di Catania, eppure avrà una sua azienda, uguale a quella che avranno la città e la provincia di Catania. Sottolineo questa incongruenza, con macroaziende che dovranno servire milioni di cittadini e microaziende che dovranno servire alcune centinaia di migliaia di cittadini.
Ho cercato di interloquire, tramite la mia parte politica, nelle sedi dove mi è stato possibile, anche su questo aspetto ed ho sempre evidenziato la necessità di trovare un equilibrio anche territoriale, che andasse oltre il confine della provincia, pensando ad aree di bacino.
Non ho mai nascosto di aver condotto una battaglia, nel confronto con il governo regionale, per impedire la riduzione di oltre 5.000 posti letto per acuti. Non lo nascondo, perché non c'è stata strumentalità da parte mia, se non quella di guardare all'interesse del cittadino, avendo anch'io una laurea in medicina, un'abilitazione e due specializzazioni. Non l'ho nascosto e lo rivendico democraticamente, come esponente dell'opposizione, anche perché la inviterei a fare un giro nei reparti di astanteria dei nostri ospedali. Verificherà direttamente - ne parlo qui anche in presenza di colleghi - quanta gente aspetta di poter avere un posto in cui essere ospedalizzata.
Lei ha ricordato la necessità che ci siano, nei vari reparti, collegamenti con le discipline specialistiche e che si dia una dinamica alla configurazione dei posti letto. Ritengo che i posti letto per acuti, così come tagliati, non saranno sufficienti nei prossimi mesi e il taglio effettuato sia stato pesante. Tuttavia, credo che, da parte nostra, avere impedito al governo di fare quel taglio sia stato un atto politico importante. Lei, assessore, ha aggiunto che il suo proponimento - al quale credo, perché so quanto lei sia determinato a tale riguardo - è di fare entrare aria nuova, un moto di rinnovamento nell'assessorato e più trasparenza. Conoscendo il suo rigore di magistrato attualmente impegnato in politica le dico che ci sono stati alcuni atti di cui siamo stati abbondantemente informati tramite e-mail e lettere in relazione ai quali questa trasparenza, in qualche momento, è venuta meno.
Si è parlato della nomina dei manager. Ho letto che addirittura era stata incaricata l'Università Bocconi, ma non vorrei che si trattasse di un'informazione sbagliata, poiché sui giornali si leggono tante cose. Ho visto che sono state fatte alcune nomine ed è apparso chiaramente il perché dell'esclusione di alcuni (non di quelli uscenti, ma di quelli non nominati). Tuttavia, abbiamo appreso, attraverso alcune e-mail, che alcuni manager non possedevano i requisiti all'atto della nomina. Si parla di De Nicola, che io non conosco, e di Di Rosa. Si dice addirittura che ad uno di questi funzionari sia stato rilasciato dall'IRCAC (Istituto regionale per il credito alla cooperazione, il cui commissario risulta essere il dottor Carullo, dello stesso partito del presidente della regione) un certificato non adeguato al tipo di professionalità e non sufficiente alla nomina di manager.
Le cose sembra che non siano cambiate neppure per i direttori amministrativi e sanitari. Anche qui, tramite la stampa, abbiamo saputo che c'è stata una commissione, ma non si è capito in base a quale norma sia stata nominata. Addirittura alcuni dei componenti non avrebbero i requisiti prescritti. Si è detta anche qualche cattiveria, qualcuno ha detto che sono stati indicati i nomi di chi doveva essere nominato. Io so che lei, in questo, è molto rigoroso e non avrebbe mai dato i nominativi.


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MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Si sbaglia, li ho dati. Non vedo perché non possa parlare con un manager per chiedergli che intenzione abbia, o con qualcuno per sapere chi abbia intenzione di nominare, se abbia in mente nominativi di persone con competenze adatte.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Allora avrebbe potuto anche segnalare che Carmelo Pullara, Marco Restuccia, Riccardo Giammona e altri non avevano i requisiti. Le devo dare atto che non è stata fatta una lottizzazione sui direttori sanitari e su quelli amministrativi, perché questa volta l'assegnazione è stata data all'unico partito che c'è in Sicilia, rappresentato da coloro che sono al governo della regione.
Tralascio quest'aspetto e passo a quello più importante. Lei parlava della necessità di superare i limiti organizzativi della sanità. Giustamente, diceva che la rete ospedaliera non è una rete di supermercati e che dobbiamo pensare alla struttura e alla funzione. Mi auguro che queste strutture che dovranno sostituire gli ospedali possano essere realizzate al più presto.
Per esempio, sul 118 non risulta che siano stati fatti interventi, a meno che lei non li possa comunicare in questa sede. È stato cambiato il consiglio di amministrazione della società, anche in tal caso effettuando scelte particolari. Inoltre, ci risulta che nel piano di rientro i privati abbiano usufruito di una deroga, in quanto la riduzione dei posti letto sembra debba slittare di un anno.
In relazione alla rete ospedaliera, riteniamo che si debba andare avanti nella sostituzione delle strutture, specie se di piccole dimensioni. Queste devono essere rifunzionalizzate, nel momento in cui si mette in campo questa rete di emergenza fondamentale per poter assicurare i livelli di assistenza ai cittadini.
Ci preoccupa, però, il blocco relativo al personale. Ho letto che alcune organizzazioni sindacali, parlo degli infermieri della FIALS (Federazione italiana autonoma dei lavoratori della sanità) nella provincia di Palermo, hanno evidenziato i limiti in cui si trovano a dover operare. Alcuni sono stati trasferiti e alcune strutture sono penalizzate dalla esigua presenza di infermieri.
Rispetto al personale, sono stati emanati due decreti, uno dei quali è un decreto amministrativo del 10 settembre 2008, che parla della mobilità extraregionale e di nuove assunzioni. Ho anche guardato con rinnovata speranza all'invito che lei ha fatto tramite la stampa, con cui si augurava che in Sicilia tornassero i migliori. Se questo decreto dovesse rimanere in vita nell'attuale versione, certamente i migliori non potranno essere nuovamente inseriti con facilità. Nel secondo decreto, ugualmente discutibile, che è del 15 giugno 2009, tutto viene subordinato all'assessore che, pur svolgendo un compito politico, certamente non può non seguire alcune indicazioni di natura tecnica, poiché credo che su alcune cose debbano essere i tecnici a fornire le indicazioni necessarie.
Inoltre, lei parlava di un'eccellente normalità che dobbiamo raggiungere in Sicilia. Purtroppo, ci sono state evidenziate le notevoli disfunzioni esistenti nel territorio e l'associazione di emergenza, proprio qualche giorno fa, ha rappresentato che, allo stato attuale, in Sicilia sussistono notevoli preoccupazioni. Abbiamo colto alcuni segnali molto significativi, che intendiamo sottoporle e che non riguardano soltanto il caso di Mazzarino. Avrà seguito, signor assessore, ciò che è accaduto al «Santo Bambino», dove c'è stato un problema legato a un'imperizia non solo professionale, bensì relativo a un medico che doveva seguire contemporaneamente due emergenze. Purtroppo, i due bambini sono entrambi morti. Domenica scorsa sono andato all'ospedale «Cannizzaro», chiamato da una cittadina e, in quella sede, mi è stato detto che, per carenza di posti dell'UTIN (unità di terapia intensiva neonatale), i bambini nati con problemi respiratori dovevano essere trasportati fuori. Già domenica un bambino nato con problemi


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respiratori era stato trasferito a Patti e sabato un altro era stato trasferito ad Agrigento. Non parliamo di trapianti di fegato, parliamo di UTIN, in una realtà metropolitana che lei, signor assessore, ha giustamente indicato come punto di riferimento per tutto il territorio.
Riguardo al caso di Mazzarino, sono stato incaricato dal presidente di formulare la relazione definitiva. Fino ad ora mi sono astenuto dal farlo, anche perché, con la collega, non abbiamo avuto modo di approfondire alcuni aspetti. Ho evidenziato che, purtroppo, il decesso è stato determinato da tante carenze e certo non vado alla ricerca di capri espiatori. Credo che occorra avere rispetto di una famiglia e di un ragazzo che ha perso la vita. Il nostro deve essere un compito prudente e deve essere svolto con consapevolezza, ricercando la verità e individuando le giuste iniziative da mettere in campo perché questi casi non si ripetano più.
Ho letto che lei ha inviato alla magistratura la relazione dei commissari dell'assessorato. In quella relazione, in premessa, c'era scritto che bisognava evidenziare che la riforma non c'entrava con il caso di malasanità: lo abbiamo visto tutti, eravamo presenti alla prefettura di Caltanissetta. Vede, quando si parte con dei limiti, anche le commissioni tecniche migliori possono compiere qualche errore.

PRESIDENTE. Voglio far presente all'assessore che l'onorevole Burtone aveva già preannunciato alla Commissione la richiesta di un monitoraggio, per quanto riguarda le astanterie, a livello nazionale, preoccupato anche di possibili disfunzioni legate all'influenza A H1N1.
Con riferimento alle nomine effettuate e al funzionamento del 118, su cui è competente questa Commissione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera l) e comma 2, lettera c), prego l'assessore di farmi sapere quando intenda rispondere, poiché, trattandosi di questioni in relazione alle quali c'è l'esigenza di tutelare i dati personali, dovremmo procedere in seduta segreta. Qualora, invece, non fosse in condizione di rispondere adesso, potrebbe farci pervenire una relazione specifica sui casi che sono stati appena menzionati.

CARLA CASTELLANI. Sono medico e provengo dall'Abruzzo, che non era certamente una «regione canaglia», ma era comunque una regione «birbona», perché gli ultimi eventi abruzzesi in tema di sanità non sono stati tra i più qualificanti.
Anche da noi una regione di 1,3 milioni di abitanti aveva ben 37 strutture sanitarie, di cui 25 pubbliche e 12 private. Le chiederò poi anche il rapporto in Sicilia fra pubblico e privato, poiché lei ha fatto riferimento solo al pubblico.
Sicuramente, anche nella nostra regione stiamo cercando di rientrare dal deficit senza penalizzare in maniera troppo incisiva i cittadini. È vero che si possono ridurre, o almeno riconvertire i servizi, però, su questo, sono d'accordo con il collega Burtone: da medico, è importante tenere sempre presenti i bisogni del cittadino e cercare di crear loro il minor numero possibile di problemi.
Dico questo perché, quando parla della razionalizzazione, che stiamo facendo anche noi in Abruzzo, condivido il suo approccio, ma bisogna tenere conto che, in ambito sanitario, ci sono tre settori da tenere in considerazione. In primo luogo c'è il settore ordinario, in relazione al quale il paziente può recarsi non solo ad un'ora e mezzo di distanza, ma addirittura fuori, tanto è vero che la mobilità regionale risponde soprattutto a questa esigenza. Poi, c'è l'urgenza, che va trattata in un certo modo, e c'è l'emergenza che va trattata in maniera professionale, di raccordo e incisiva, per evitare che accadano fatti come quello di Mazzarino, Panarea e tanti altri. Dico tutto ciò da medico, senza contrapposizioni di alcun tipo.
Credo che sia fondamentale avere le idee chiare sulla filosofia necessaria per l'attuazione del piano di rientro, ma anche tenere conto veramente dell'interesse del paziente, soprattutto nei casi in cui fare un'ora e mezzo per accedere all'assistenza sanitaria può significare la morte del malato. Lei prima parlava di un infartuato


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che può affrontare un trasporto di un'ora e mezzo. Per un infartuato, o intervieni in maniera professionale nel posto giusto, o perdi il malato. Tante altre regioni (alcune governate dal centro sinistra, altre dal centro destra) hanno dimostrato che si possono erogare servizi efficienti rispettando i budget che lo Stato assegna ad ogni regione. Raccomando quindi di non affrontare le cose con furia ideologica, perché il tema della sanità è uno dei più difficili, dove si possono fare più danni di quanti problemi non si riescano a risolvere, compresi proprio quei danni che non si volevano causare.

PRESIDENTE. Vorrei commentare l'intervento dell'onorevole Castellani. Credo che una cosa sia la bontà dell'impianto, altro sia verificare se, in alcune realtà, l'attuazione di quella impostazione, per quanto coerente, non produca un danno proprio al diritto alla salute.
Questo tema per noi è fondamentale, perché non vorrei che restassimo vittime di un teorema. Occorre verificare, senza che ciò significhi aderire alla logica del «campanile». Qualche volta si chiama «campanile» quello che è il diritto alla salute: dobbiamo distinguere i due concetti.
Vorrei dire all'assessore che deve considerare eventuali rilievi, formulati a tal proposito da parte della Commissione, come forme di apprezzamento volte a evitare che un piano correttamente inteso e progettato possa poi scivolare sulla classica buccia di banana.
Stiamo parlando di cittadini che muoiono e pagano con la vita questa coerenza eccessiva, per quanto meritoria. Il compito della Commissione non è protestare, bensì portare una voce di buon senso. Mi sembra che questo sia esattamente il nostro ruolo politico, per evitare che ci innamoriamo della nostra tesi e che la regione - qualunque essa sia - si innamori della propria.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Assessore, conosco il suo lavoro e non mi sono meravigliato delle cose che ha detto, alcune delle quali molto interessanti, che riguardano la rimodulazione della rete ospedaliera, oltre ad altre non molto interessanti sotto l'aspetto tecnico, probabilmente per una carenza di conoscenza.
Ciò che riguarda la rimodulazione della rete (cioè l'accorpamento di quello che riguarda il territorio con quello che riguarda l'ospedale) è molto interessante. Non so se si tratti di un suggerimento dell'agenzia nazionale o se sia una sua iniziativa. Da quel lato c'è sicuramente un risparmio.
Per quanto, invece, riguarda la parte prettamente assistenziale, l'esempio dell'infartuato non calza: forse le sfugge che per fare un trasporto di un'ora e tre quarti c'è bisogno sia che l'ambulanza sia attrezzata con una fibrinolisi, sia che ci siano altre attrezzature di pronto soccorso per prestare interventi già al suo interno.
Un'altra osservazione riguarda gli ospedali provinciali, che, così come accade in Campania, devono essere distribuiti sul territorio in proporzione agli abitanti, perché una cosa è fare un ospedale provinciale ad Avellino, che si raggiunge nel giro di un quarto d'ora al massimo e altra cosa è essere a sud o a nord di Napoli, dove gli ospedali provinciali dovrebbero essere 6 o 7, per coprire la rete.
Lei ci ha dato delle indicazioni, ha detto che la Croce rossa si occupa del 118, attraverso una convenzione con la struttura. L'episodio accaduto a Panarea dipende dalla Croce rossa, che non si è occupata in modo adeguato di quello che è accaduto. Un paziente che viene trasportato in apecar, infatti, non è certo un esempio da imitare. Vorrei sapere se sono state prese iniziative riguardo a questa carenza.
Passando a un'ulteriore domanda, ho assistito ieri alla presentazione di un libro da cui si evinceva una cosa molto importante: esiste un virus che si può trasmettere dall'uomo alla donna e che, nel tempo, può determinare l'insorgenza di un carcinoma della cervice uterina. Esiste una vaccinazione preventiva, che ne limita l'insorgenza. Quello che apprendevo ieri e che è molto importante - una novità per


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me - è che nel giro di dieci o vent'anni questo carcinoma potrebbe essere addirittura eradicato.
So che lei è entrato in una querelle che riguarda l'appropriatezza o meno dell'acquisto di un certo numero di vaccini al riguardo. Le chiedo quindi a che punto sia la vaccinazione in Sicilia, così come lo chiederò in Campania, visto che si tratta di una notizia importante. Il tema è ancora più concreto e pressante per me, poiché ho avuto qualche caso in famiglia.
La terza e ultima domanda si ricollega a quanto detto in precedenza dal collega: da alcuni giornali e agenzie si rileva che lei avrebbe fatto una convocazione all'assessorato, per indicare chi dovessero essere i direttori amministrativi e direttori sanitari. Ha già detto qualcosa, ma vorrei saperne di più e lei è evidentemente la persona più adatta a fornirci notizie al riguardo.

MATTEO BRIGANDÌ. Cercherò di non fare come l'onorevole Burtone che, invece di fare l'uditore, ha fatto l'audito. Le rivolgerò, quindi, alcune domande cercando di essere il più veloce possibile.
Ci sono state richieste di finanziamento per la realizzazione di opere infrastrutturali nelle aziende sanitarie della Sicilia, onde consentire il decollo dell'attività intramuraria dei dirigenti, tenendo conto che lo Stato aveva finanziato circa 200 milioni di euro per questa attività?
Vorrei sapere, visto il disavanzo del 2007 delle aziende sanitarie siciliane (ad esempio la ASL di Messina, che ha riportato un disavanzo per 70 milioni e quella di Catania, che credo abbia riportato un disavanzo di uguale consistenza), se siano state commissariate e, in caso contrario, per quale motivo non si sia ritenuto necessario.
Inoltre, vorrei sapere perché in Sicilia - a quanto mi risulta e salvo una sua smentita - non si siano svolte campagne di screening mammografico, colon-retto e collo dell'utero, tenendo conto che il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in proposito, aveva stanziato dei fondi che sembra - spero di sbagliarmi - stiano andando in perenzione.
Inoltre, che fine ha fatto la realizzazione del progetto di CUP (Centro unico di prenotazione) unificato regionale, di fondamentale importanza, soprattutto per la riduzione delle liste di attesa e per il quale lo Stato aveva espressamente previsto lo stanziamento di un finanziamento di 4,305 milioni di euro per il 2008-2009, di cui non si è saputo più nulla dal 2008?
Vorrei sapere inoltre se il decreto n.33 del 27 luglio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, sia stato attivato.
Come mai in Sicilia, oggi, non c'è alcuno degli 80 posti letto previsti dalla programmazione regionale per l'assistenza di soggetti in stato vegetativo di minima conoscenza, ad eccezione dei 20 posti del «Bonino-Pulejo» di Messina, già preesistenti?
L'assessore ha già avviato un'indagine conoscitiva sui motivi per cui, negli anni 2005 e 2006, vi sia stato un serio disavanzo economico sanitario?
Poi, con maggiore precisione, vorrei sapere se sia vero che per la nomina dei direttori generali sia stata commissionata un'analisi all'Università Bocconi di Milano, che costi abbia avuto e soprattutto, avuto il risultato dell'analisi, se questa sia stata applicata, oppure se le nomine siano state fatte senza tenerne conto.
È vero che tra i nuovi direttori generali ci sono soggetti dipendenti dalle medesime aziende sanitarie, in violazione di quanto espressamente previsto dalle procedure di nomina?
Vorrei sapere, circa la nomina del direttore generale dell'ASP di Trapani, se il dottor Fabrizio De Nicola possieda la qualità di dirigente, come previsto anche dal parere del Consiglio di Stato n. 563 del 4 febbraio 2003.
Inoltre, vorrei sapere quali motivi abbiano portato alla nomina del direttore generale dell'ASP di Messina, dottor Pecoraro, unico direttore generale riconfermato in tutta la Sicilia, e se sotto la sua gestione l'esercizio del policlinico nel 2008 abbia evidenziato, rispetto alle risorse assegnate, un disavanzo di 10,344 milioni di euro, per cui non è stato raggiunto l'obiettivo


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di bilancio per il 2008, con una violazione di quanto previsto dalla legge regionale n. 5 del 2009, articolo 20, comma 5.
Infine - ma mi sembra ci sia stata già una parziale conferma - le chiedo se è vero che i nominati direttori generali delle ASP abbiano ricevuto la designazione dei nominativi dei nuovi direttori sanitari e amministrativi, così, ovviamente, violando il principio di legge per cui l'assessore deve dare un'indicazione di carattere politico, lasciando alla più completa e autonoma decisione dei direttori il potere di individuazione, sia nelle nomine, sia in altre procedure.

PRESIDENTE. Quanto chiesto dall'onorevole Brigandì è stato annotato e sarà oggetto di risposta da parte dell'assessore in questa sede o per iscritto, nel caso in cui avesse bisogno di approfondimenti.

LAURA MOLTENI. Sono contenta che la Sicilia stia affrontando i piani di rientro con una revisione del sistema sanitario, una diversa gestione della sanità e delle offerte in campo sanitario per le necessità territoriali o altro.
Vorrei fare una domanda sulle convenzioni. La regione ha una convenzione solo con la Croce rossa, per quanto riguarda il servizio di 118 ambulanze, o ne ha anche con altre associazioni? Vorrei sapere anche se questa convenzione prevede che, sui mezzi di trasporto impiegati per dare soccorso vi sia personale qualificato, con quale qualifica, se si tratti di infermieri, se esista un'unità mobile con tutte le strutture, con medico e quant'altro sia necessario.
Il sistema come è organizzato? Anch'io convengo che non ci possono essere ospedali da 20-30 posti letto, senza specialità, a pochi chilometri l'uno dall'altro. Sono situazioni assurde, ma vorrei sapere se sia stato previsto un servizio di soccorso a mezzo elicottero, per quanto riguarda le zone montane, con a bordo personale medico, onde trasportare la persona che sta male, che ha un infarto o altro, nel posto più vicino dotato del migliore servizio possibile.
Vorrei capire a che punto siamo con l'attuazione del piano di rientro sottoscritto con il Ministero, di quanto si prevede che si possa rientrare nel 2009, quanto nel 2010 e così via.
Vorrei anche comprendere in cosa potranno essere riconvertiti gli edifici che rimarranno vuoti dopo la razionalizzazione e se vi sia un piano generale anche sugli acquisti dei macchinari e delle strumentazioni tecniche.
Ben venga il discorso del Centro unico di prenotazione, che però implica che una persona che deve fare una mammografia debba andare nel posto più vicino e nei tempi più brevi possibili. Vorrei sapere pertanto se verrà effettuata una revisione dei macchinari e delle strumentazioni disponibili, per far sì che non vi siano strumenti che giacciono in scantinati oppure che, a seguito della razionalizzazione, restino dispersi nella chiusura di certe piccole aziende ospedaliere.
Un'altra cosa che mi interessa sapere è se vi sia un controllo della qualità, una sorta auditing interno alle singole aziende ospedaliere in termini di servizi e prestazioni offerte ai cittadini, e se venga applicato un principio di customer satisfaction, cioè del grado di soddisfazione del servizio ricevuto da parte del cittadino.

MARCO CALGARO. Vorrei iniziare con un aneddoto. Ho partecipato ad un dibattito con l'assessore Russo, in Sicilia. A un certo punto si è scatenata una grande contestazione e ho capito che veniva per lo più da persone provenienti dalla stessa maggioranza dell'assessore. Quando si parla di regioni che hanno piani di rientro in campo sanitario, spesso questo accade quando si stanno percorrendo le strade giuste e non quelle sbagliate.
Ho letto con grande attenzione i piani di rientro di tutte le regioni e devo dire che il nostro problema sarà monitorare esattamente ciò che accade, a fronte di quanto si dichiara. È evidente che qui sentiremo fare dichiarazioni positive, come abbiamo sentito dal presidente Loiero e dall'assessore Russo, ma il tema sarà verificare con assoluta accuratezza,


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nel tempo, che tutto quanto dichiarato, o una buona parte, si verifichi nei tempi previsti.
Credo che, ad una prima verifica, la regione Sicilia abbia ricevuto un impulso. Lo dico da oppositore, da un punto di vista politico, in quanto l'ho verificato.
È chiaro che sarà nostro compito anche verificare altre cose che sono state dette qui e cioè il fatto che il rispetto dei piani di rientro vada di pari passo con la tutela assoluta del bene del paziente. Secondo me, anche in relazione a ciò dobbiamo adottare un metro di grande rigore. Per questo ho fatto l'intervento, in apertura, sul Presidente del Senato. Quando si tratta di casi in cui alcune persone perdono la vita, credo che si debba esaminarli molto a fondo, per capire quali siano le responsabilità precise. D'altronde, anche il presidente della Commissione, la volta scorsa, ha detto che saremo molto interessati a capire se verranno sanzionate le persone che si ritengono responsabili, non soltanto dal punto di vista penale, ma anche da un punto di vista organizzativo. Mi riferisco a ciò che è dietro le conseguenze penali di quanto avviene.
L'abbiamo detto la volta scorsa e lo ripeto: secondo me dobbiamo riflettere sul fatto che, se in una regione si verificano due casi di malasanità in un determinato periodo, è una cosa; se, invece, se ne verificano trenta, molto probabilmente esiste un problema organizzativo alla base, che è ben più importante del problema delle competenze dei sanitari presenti in quel momento sul campo. Credo anche che dobbiamo prestare molta attenzione a questo profilo.
Come più persone hanno detto qui e come anche lo stesso assessore ha accennato, è evidente che, se in una regione molto vasta si devono chiudere alcuni ospedali, sempre, di pari passo, deve precedere un'organizzazione del 118 di elevato valore e livello. In una regione vasta, con un territorio composito, l'elisoccorso è componente fondamentale dell'organizzazione. È totalmente chiaro ai più, almeno a coloro che fanno i medici, che se un infartuato, dopo cinque minuti, non arriva in un ospedale in cui si è in grado di eseguire un'angioplastica, è esattamente come se fosse andato a casa di un medico qualsiasi, avesse preso un'aspirina e fosse rimasto lì ad aspettare, senza fare alcunché di risolutivo.
È importantissimo, quindi, che verifichiamo come si evolve l'organizzazione e la strutturazione dell'emergenza nella regione Sicilia, come in tutte le altre regioni che hanno un piano di rientro. Presterei grande attenzione a questa tematica, perché proprio qui si incentra il bilanciamento tra l'attenzione al rientro e l'attenzione al paziente.
Non voglio addentrarmi nel caso di Mazzarino, perché lo conosco troppo poco, avendo solo letto le relazioni. Anche in questi casi, però, si deve stare molto attenti. Infatti, in presenza di una lesione di una certa gravità, se si finisce in un ospedale in cui non vi è personale adeguato a rispondere alla gravità del problema, sarebbe stato meglio essere assistiti da un'ambulanza medicalizzata, o dall'elisoccorso, e prontamente trasportati nel centro più attrezzato.
Quindi, rispetto a questo tema, mi piacerebbe giungere a conclusioni che davvero prestino adeguata attenzione al bilanciamento di questi due aspetti: il rientro dai costi e l'attenzione al bene del paziente. È evidente che se il rientro dei costi avviene tramite chiusure, senza un'organizzazione efficace del piano relativo alle emergenze, i problemi potrebbero aumentare, anziché diminuire. Credo che tutti siamo tenuti a svolgere questo compito.

PRESIDENTE. Vorrei precisare che siamo intenzionati e interessati a eliminare la convinzione che l'audizione di una regione rappresenti l'anno zero o l'anno mille. È soltanto la fase di un rapporto di collaborazione istituzionale di controllo, destinata a durare tre o quattro anni, qual è la durata dei rispettivi organi competenti.
Fatta questa premessa, con riferimento al tema specifico di Mazzarino, sul quale si tornerà, è stata mossa l'obiezione che veniva considerato ospedale quello che in


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realtà non era tale. Ciò costituisce un depistaggio rispetto ai tempi e alle modalità di intervento dei soggetti competenti. Da questo punto di vista, la Commissione ha ritenuto opportuno sollecitare un chiarimento su questo aspetto, come è di nostra competenza.
Assessore, a lei il compito di rispondere, pregandola di avvertirmi se e quando ritiene che occorra procedere in seduta segreta.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. In linea con l'atteggiamento che ho avuto quando ho assunto l'incarico di assessore, cioè quello di aprire e rendere trasparente al massimo il mio lavoro e sollecitare l'attenzione anche di altri organismi, accolgo bene la critica costruttiva, il pungolo, l'attenzione, o la censura, se è il caso, da parte di questa Commissione. Questo deve essere molto chiaro e, anzi, è un motivo di stimolo per fare ancora meglio.
Però, vorrei anche esporre le difficoltà che si avvertono quando c'è da mettere mano a un sistema estremamente complicato e difficile, anche perché riguarda un valore fondamentale, che è quello della salute dei cittadini. Dico subito pubblicamente che gli effetti di questo cambiamento, - vorrei interpellare la sensibilità e il senso di responsabilità dei politici - si vedranno tra uno o due anni e non prima. Siamo un cantiere aperto, in cui c'è il rischio che possa cadere qualche calcinaccio, ma per la prima volta in una regione del sud si mette mano seriamente e rigorosamente al sistema sanitario, senza guardare in faccia nessuno, se non all'efficienza, alla qualità e al cittadino.
Sarebbe sciocco aspettarsi risultati dall'oggi al domani, sarebbe impensabile e irresponsabile dire che da domani cambieranno le cose. Stiamo cercando di raddrizzare le situazioni. Ho preso in consegna un treno maleodorante, malfermo, che viaggiava su binari malconci, diretto verso il baratro e ho dovuto costruire nuovi binari, acquistare nuove carrozze e trasferirvi i passeggeri.
C'è il rischio che accada qualcosa e me ne sto assumendo la responsabilità. Capisco che la sanità è terreno di lotta politica e di sciacallaggio politico - me lo lasci dire, presidente - ma io non consentirò a nessuno che si utilizzi una tragedia umana per dire che è conseguenza della riforma o per negare quest'ultima aprioristicamente. Dobbiamo guardare i fatti e rispondere in modo documentato.
Onorevole Burtone, lei ha detto troppi «mi pare» e troppi «si dice». Vengo da una cultura in cui lei mi deve contestare un dato preciso e mi deve mettere in condizione di interloquire. Parlerò di cose concrete, risponderò solo alle cose concrete. Ha detto «appare che», «mi pare» e «si dice»: bisogna formulare le osservazioni in maniera concreta, ci sono stati troppi condizionali.
Lei ha fatto riferimento a tante cose: per esempio alla legge, alle macro e microaziende a livello provinciale. Ebbene, c'è una legge regionale. Che piaccia o no, l'autonomia regionale si è espressa e devo anche aggiungere, sul piano politico, che a quella legge l'opposizione ha dato un grosso contributo e molti articoli sono stati votati all'unanimità. Poi, l'opposizione ha ritenuto di non votarla, ma quella legge nasce da un confronto serio e democratico, che ha trovato punti di sintesi importanti. Proprio l'assetto è stato oggetto quasi di una totale convergenza da parte dell'Assemblea. È stata una scelta ed è chiaro che abbiamo fatto un'azienda provinciale anche in provincia di Enna, ma si tratta di una scelta politica e amministrativa. Sarà forse criticabile, ma è una legge, una scelta dell'Assemblea regionale e non dell'assessore.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Non voglio dire che l'azienda a Enna non era necessaria, ma che bisogna essere chiari e che, alla fine, abbiamo avuto macro e microaziende.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Abbiamo ritenuto necessario che in ogni provincia, anche se piccola, per un problema anche amministrativo


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- come sa c'è la quota capitale che riguarda l'amministrazione - ci fosse un'azienda più piccola.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Si potevano fare due aziende più piccole, anche per non assumere la posizione di chi voleva negare alla provincia di Enna l'azienda.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Si potevano anche fare due aziende, si potevano fare tante cose, ma l'Assemblea regionale ha deciso così. Esiste, infatti, una legge regionale, espressione dell'autonomia di una regione a statuto speciale. Aggiungo, sotto il profilo politico, che questo assetto è stato votato favorevolmente anche dall'opposizione.
Sul taglio dei posti letto, ovviamente, ci siamo adeguati al tetto fissato. Questo taglio non incide sull'astanteria, ma, almeno dal punto di vista tecnico, è tutt'altra cosa. Se si va in astanteria, non ci sono i pazienti sulla barella. Stiamo parlando di due cose diverse.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Su questo sono stato chiarissimo e non ho detto «pare». Ho asserito che nelle astanterie c'è gente che aspetta il posto per acuti.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Io risponderò alle cose concrete che lei ha detto. Mi ha messo in difficoltà dicendo «pare», «si dice» e «dovrebbe». Questa è una delle cose che ha affermato concretamente e quindi le rispondo.

PRESIDENTE. Intendo fare una precisazione, signor assessore. Quando un parlamentare fa una domanda, quale che sia il modo di formularla - «pare», «si dice», «si ritiene», «ho sentito dire», «ho incontrato qualcuno per strada e mi ha detto che » - la sostanza è che pone una domanda e chiede una risposta, quale che sia la fonte dalla quale trae la propria conoscenza. Sarà compito suo dimostrare che quel fatto, così come espresso, non è fondato.

CARMINE SANTO PATARINO. Però anche l'audito può dire che non può rispondere ai «si dice» e ai «mi pare». Può dirlo senz'altro.

PRESIDENTE. Onorevole Patarino, evidentemente la lingua italiana è una convenzione, ma siamo 60 milioni ad accettarla e io ne faccio parte.. Quando si pone una domanda, si può anche far riferimento a una fonte anomala di conoscenza: «mi hanno detto», «ho letto nel giornale», «mi hanno riferito». Mi permetto di chiedere all'assessore di non prestare attenzione alla fonte della notizia, bensì alla richiesta di notizia. Risponderà che la notizia è infondata, quale che sia la fonte. Credo sia nella normale dialettica. Tante volte è capitato di fare un intervento, anche in aula, su un qualcosa che si è sentito dire e su cui si chiede venga data una risposta di riferimento. Poi, si prende atto che la notizia, magari, era infondata.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Onorevole Burtone, se non ho capito male, lei ha parlato della fila che c'è in ospedale come se fosse una conseguenza del taglio di posti letto?

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Ho detto che nelle astanterie c'è tanta gente che aspetta di essere ricoverata nei reparti e, quindi, conseguentemente, il taglio di posti letto per acuti appesantisce la condizione generale dell'ospedale. Non ho detto che mancano i posti in astanteria, ma ho specificato che in astanteria c'è troppa gente che resta lì perché mancano i posti per acuti nei reparti.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Ritengo che questo sia l'aspetto che bisogna governare al meglio e che, a mio avviso, ha poco a che vedere con la riorganizzazione della rete ospedaliera, posto che, in modo documentato, sulla base di un'analisi di tipo scientifico,


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in Sicilia abbiamo un tasso di occupazione sovrabbondante, per prestazioni inappropriate.
È un po' come se avessi 100 posti letto, occupati al 65-70 per cento. Quindi, su 100 posti letto, ne occupo 70. Di questi, però, il 20-30 per cento si riferiscono a prestazioni inappropriate (sto semplificando il percorso) per cui in realtà non servono 100 posti letto e nemmeno 70, bensì solo 50. Onorevole, lei non la condivide, ma questa è la miglior scienza ed esperienza nel settore, da parte dell'AGENAS che valuta, sostiene e rimodula le reti ospedaliere. Su questo mi permetto di dire che, a livello istituzionale, ho bisogno anche di un certo tipo di coerenza.

PRESIDENTE. Volevo pregarvi di non fare un dialogo fra di voi. Infatti, non mi sembra che sia il caso di insistere in uno scambio di opinioni che non riguardano il fatto, bensì un giudizio. La Commissione esprimerà poi la propria opinione sulla base dei fatti registrati.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Mi permetto di dire che questo tipo di valutazione non è animato da una furia ideologica. Qui di ideologico c'è poco. Si può contestare o meno l'impostazione, si può puntare sui piccoli ospedali più vicini alla gente se si è ricchi, se si hanno molte risorse. Forse si tratta di un'impostazione legittima. Il mio compito istituzionale, però, avendo limitate risorse, è quello di attuare un'organizzazione diversa, facendo in modo che, con quelle risorse, si assicurino i livelli essenziali di assistenza.
C'è un progetto che non appartiene soltanto a questo governo regionale. Mi permetto di dire che c'è una continuità negli anni, nelle regioni a guida «rossa», «bianca» o «nera», e che mette in luce come esista un assetto di tipo organizzativo che ormai è entrato nella metodologia. In Sicilia ci siamo avvalsi di questa metodologia, non solo a parole. È tutto documentato. All'inizio ho premesso che tutti gli atti sottoposti al termine di rientro sono controllati dal Ministero dell'economia e da quello della salute, in cui esiste, come sapete, un comitato che si occupa del controllo del mantenimento dei livelli essenziali di assistenza. Ben venga un ulteriore controllo ma, mi permetto di sottolineare, questo tipo di controllo l'abbiamo già ricevuto a monte.
In Sicilia sono stato attaccato per la scelta che ho fatto, come accade sempre. Ho letto anche le cronache di qualche anno fa a Milano, in Lombardia, relative alla scelta dei direttori generali e addirittura di quelli amministrativi e sanitari. Si dice che Tizio non abbia il requisito o che Caio lavori nella propria azienda e quindi non avrebbe potuto ricoprire l'incarico. Sono tutte circostanze in relazione alle quali, evidentemente, in presenza di atti amministrativi, gli interessati potranno presentare legittime istanze.
Politicamente, ho il dovere di dire che nulla dei «si dice» è conforme a un briciolo di realtà.
È vero, onorevole Brigandì, che il dottor De Rosa lavorava a Villa Sofia, l'azienda del quale poi è diventato manager, ma in tale struttura era stato comandato dall'ASL 6, quindi, non era dipendente. È vero che qualcun altro lavorava, al momento della proposta in giunta, presso quell'azienda, ma poi, entro i 30 giorni previsti dalla legge, ha rimosso le cause di incompatibilità. Infatti, non sussisteva una causa di ineleggibilità, bensì di mera incompatibilità che bisognava rimuovere entro un certo periodo di tempo.
Voglio rassicurarvi sul fatto che gli uffici - quello legale, il capo di gabinetto e l'assessorato - mi hanno garantito che tutti i soggetti che sono stati proposti per la carica di direttori generali avevano i requisiti previsti dalla legge.
Per quanto riguarda il dottor De Nicola, c'era il problema di verificare se avesse svolto i cinque anni di direzione della struttura previsti dalla legge per poter maturare il requisito richiesto. La verifica è stata fatta ed è stata acquisita agli atti una dichiarazione resa dall'ente presso il quale lavorava. Qualcuno si è assunto la responsabilità di dire che possiede il requisito, noi l'abbiamo verificato


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e abbiamo proposto il suo nominativo. Mi sento quindi di potervi tranquillizzare. Abbiamo fatto il nostro lavoro. Potremmo anche esserci sbagliati, ma non mio è compito rispondere, se non in presenza di un addebito preciso.
Le cose che vengono agitate in Sicilia le conosciamo, le abbiamo già messe in conto, abbiamo analizzato le candidature e le abbiamo portate addirittura preventivamente alla commissione dell'Assemblea regionale che ha il compito di verificare la sussistenza dei requisiti. Quindi, sotto questo profilo non devo aggiungere nient'altro se non che, rigorosamente, abbiamo svolto i nostri compiti.

PRESIDENTE. Intervengo solo per organizzare al meglio i nostri lavori. Riguardo ai casi controversi che sono stati oggetto di verifica, per cortesia le chiediamo di farci pervenire sia il caso controverso sia la verifica effettuata. Le verrà fatta una specifica richiesta formale in questo senso, in modo che lei possa farci pervenire un'indicazione nominativa, per evitare affermazioni generiche.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Dovevo scegliere 17 nuovi manager, politicamente abbiamo fatto una scelta e c'è una delibera di giunta che dispone in tal senso. C'erano i manager delle precedenti aziende, ma la legge ne ha previsto la cessazione dalle funzioni, perché sono nate nuove aziende. Quindi, non c'è stata né una prorogatio né una decadenza, non esistendo più l'organo, ma essendo stata istituita una nuova azienda.
Abbiamo deciso politicamente di dare un segno di cambiamento preciso e netto, nominando tutti soggetti nuovi e non i manager delle precedenti aziende.
È ovvio che ho scelto dall'albo, vecchio e stantio, formato dalla regione, che resta in vigore due anni. Quindi, ho dovuto attingere da un albo che si è formato in un altro contesto politico e da quei curricula. Su un totale di 633 o 634 nomi, ne ho scelti 17 e gli altri 617, ovviamente, sono scontenti.
Si sceglie e la politica si assume la responsabilità di individuare Tizio piuttosto che Caio. Questo lo deve fare la politica, è un atto di alta amministrazione discrezionale che ho agganciato - questa è la novità - a una rigorosa verifica delle esperienze maturate.
Avevo preannunciato pubblicamente che mi sarei avvalso di un supporto nella formazione del mio convincimento e ho mantenuto le promesse. È ovvio che - interpello qui il presidente Orlando, professore di diritto pubblico - trattandosi di un atto ad elevato tasso di discrezionalità, non può essere emanato all'esito di un procedimento amministrativo, ma è l'assessore che sceglie.
L'assessore si è fatto aiutare dal suo staff di gabinetto e anche dall'AGENAS, che è l'agenzia dei servizi sanitari nazionali e che mi ha mandato alcuni soggetti, ai quali ho chiesto di collaborare nell'analisi di 633 curricula di donne e uomini, giovani e meno giovani, con cinque o dieci anni di esperienza sanitaria o manageriale. Insieme, abbiamo fatto una scrematura e abbiamo formato un elenco, dal quale ho attinto i 17 nominativi.
Ho valutato l'elenco e ho attinto i nominativi che ho proposto alla giunta. Le valutazioni di appartenenza le tralascio, perché è difficile replicare a queste osservazioni. Mi interesserebbe di più ragionare su De Rosa, o magari su Cantaro. Non a caso cito Cantaro, che dichiaratamente proviene da una certa area politica che non è quella del presidente Lombardo (mi sembra appartenga all'area PD). Ebbene, l'ho scelto perché era uno della prima ora, che mi aveva aiutato in assessorato, lo stimavo, aveva un ottimo curriculum e quindi, a prescindere dall'appartenenza dichiaratamente dell'opposizione, ho chiesto che venisse inserito tra i manager. Gradirei che almeno con me - mi rivolgo ora alla politica, in generale, che mi ha accusato - si discutesse se Tizio o Caio abbia l'esperienza professionale per reggere o meno quell'azienda. Abbiamo scelto professionisti, manager, gente di esperienza, giovani e meno giovani. Mi dispiace che non ci siano le donne.


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CARLA CASTELLANI. Vorrei sapere se per mancanza di domande o di sensibilità.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. In questo caso la politica non è stata sensibile. Inoltre, non sono stato forte abbastanza per imporre una scelta simile e mi dispiace molto.
Sui direttori amministrativi e su quelli sanitari, c'è questa bella favola, in Sicilia, secondo la quale avrei convocato i miei direttori. Bisogna anche capire che siamo in una fase in cui il cambiamento deve avere un momento di forte impatto dirigistico. È un momento inevitabile, di grande responsabilità, che grava sulle mie spalle.
Quindi, nel rapporto tra azienda autonoma e assessorato, l'azienda deve essere più debole e molto meno autonoma e l'assessorato molto più forte, altrimenti non si può governare un processo di cambiamento. Intendo invece governarlo, assumendomi le responsabilità pubblicamente e in modo trasparente. Infatti, in una riunione in cui si doveva parlare delle aziende, ho chiamato i 17 manager. A uno a uno li avevo già incontrati, una prima volta e pubblicamente: non ho fatto incontri in qualche retrobottega, l'ho fatto in piazza Ottavio Ziino, alla luce del sole, convocandoli pubblicamente e invitandoli a presentarsi per trattare le vicende dell'azienda, in relazione ai nominativi del direttore amministrativo e di quello sanitario, momento certamente centrale nella costituzione del management.
C'è una buona dose di ipocrisia, come tutti sappiamo, sul mercato delle nomine dei direttori sanitari e di quelli amministrativi, oggetto, da sempre, di spartizione politica. Le critiche che ricevo derivano dal non essermi prestato a conciliaboli di spartizione. Per evitare il mercato e quel vecchio sistema, ho preteso - sia la giunta, sia il presidente Lombardo mi hanno seguito - che i direttori amministrativi e sanitari fossero concentrati in un albo regionale, che abbiamo istituito. Per accedere a quell'albo bisognava autocertificare il possesso dei requisiti. Ci si iscriveva con una procedura informatica.
Abbiamo così costituito un albo di direttori amministrativi e sanitari. Abbiamo svolto le prime verifiche di conformità tra quanto dichiarato e la documentazione pervenuta e abbiamo fatto sapere che l'albo era stato sottoposto alla verifica.
Sennonché, nelle more della notizia, ci sono stati giustamente alcuni ricorsi, richieste di integrazione o di chiarimenti sulle esclusioni. Così, se non erro nella ricostruzione, è stato scritto ai direttori generali di non nominare i direttori amministrativi e sanitari attingendo da quell'albo, perché si rischiava di impingere in una sospensiva del TAR, dato che erano pendenti alcuni ricorsi per la sua integrazione.
Quando abbiamo definito l'albo, a seguito delle richieste di integrazione, ho convocato i direttori generali in una riunione che aveva ad oggetto anche altre cose e ho comunicato che l'albo era definitivo. Quindi, anziché fornire la copia dei curricula dei direttori amministrativi e sanitari, li abbiamo inseriti nel sito e ho dato loro la password per l'accesso. Durante questo incontro abbiamo parlato dei direttori sanitari e amministrativi ed è stato detto ai direttori generali che si poteva procedere alla scelta dei nominativi.
Incontrandoli ad uno ad uno ho anche chiesto loro quali fossero le loro idee e intenzioni, chiarendo che l'albo analizzato fino al giorno precedente non era quello definitivo, perché lo abbiamo integrato (alla fine, mi sembra, aggiungendo soltanto un altro nominativo). Ho spiegato l'uso della password, ho chiesto loro a chi avessero pensato, chi ritenessero che potesse andare meglio. Ho consigliato di guardare anche un certo curriculum piuttosto che un altro, visto che avevamo centralizzato le informazioni e avevamo tutti i curricula delle persone che erano iscritte nell'albo.
Come un allenatore di una squadra di calcio, dovevo evitare che si verificasse una sovrapposizione di scelte. Poiché la scelta è affidata all'autonomia del singolo direttore generale, se due direttori generali scelgono lo stesso direttore amministrativo, abbiamo una sovrapposizione. Infatti,


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stava capitando che un bravo direttore amministrativo, notoriamente tale, stava per essere scelto da Messina, da Caltanissetta e da Trapani.
Abbiamo parlato di questo - lo dico pubblicamente e non temo alcuna reazione - e anche dei nominativi dei direttori sanitari e amministrativi. Qualche consiglio, quanto alle professionalità, l'ho speso. In ogni caso, non ci sono state pressioni, non ci sono stati condizionamenti: ho chiesto rigore nella scelta delle persone più adeguate a quel ruolo.

PRESIDENTE. Lei ha esposto con grande chiarezza la procedura. Vorrei però chiederle una precisazione: lei sta parlando di un colloquio che, come assessore responsabile, ha avuto con direttori generali già nominati?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Sì.

PRESIDENTE. Essendo stati nominati, avrebbero potuto dirle di no?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Ci mancherebbe altro!

PRESIDENTE. Mi sembra che sia opportuno chiarire di che cosa stiamo parlando. Mi sarei preoccupato, signor assessore, se lei li avesse incontrati prima della loro nomina, ma lei li ha incontrati dopo averli già nominati e avevano, quindi, tutte le facoltà di dire di no.
Se un direttore generale non è in condizione di dire di no al proprio assessore, forse, lei ha sbagliato a fare la nomina. Speriamo che qualche volta le dicano anche di no.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Un direttore generale può scegliere solo dall'albo regionale di cui lei ha parlato? È stato lei a istituirlo?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. È stata una delibera di giunta.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Un manager non potrebbe scegliere un direttore sanitario di Milano, perché non è iscritto a quell'albo?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Potrebbe farlo, a condizione che il direttore di Milano si iscriva all'albo.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Vorrei allora sapere se c'era una scadenza per iscriversi e se l'albo sia stato chiuso.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. È un albo che si rinnova semestralmente. È lo stesso sistema che utilizzeremo per l'albo dei direttori generali, che prima si chiudeva ogni due anni e ora semestralmente.

LAURA MOLTENI. Non occorre, quindi, la residenza obbligatoria in Sicilia.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. No, queste cose non le facciamo.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Vorrei un chiarimento a proposito di quello che lei ha detto e che - sarò estremamente sincero - mi è apparso entusiasmante nella prima parte, ma che poi mi ha lasciato qualche perplessità, anche in relazione all'intervento del presidente.
Volevo chiedere se i rapporti tra lei e i 17 manager siano legati a una verifica allo scadere di un determinato periodo di tempo, oppure se lei abbia la possibilità di rimuoverli in qualunque momento, a sua completa discrezione. In quest'ultimo caso, non credo che tutti e 17 i manager - quantunque sulla carta liberi di scegliere e non condizionati, come lei ha detto, dalla forte personalità dell'assessore - potrebbero offrirle garanzia di totale indipendenza.
Se poi questo è un modo, anche autoritario, di rispondere alla necessità di dover in tempi determinati ripristinare un certo ordine nei conti della sanità siciliana,


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o una rivisitazione, allora tutto ciò può assumere anche un significato diverso.
Credo che la libertà di un direttore generale dovrebbe essere stabilita, per esempio, tramite la verifica dopo un anno, trascorso il quale si è tenuti a dimostrare di aver ottemperato alle linee programmatiche. Altrimenti, non credo che i 17 direttori possano dimostrare quell'autonomia decisionale che sarebbe necessaria anche in una situazione del genere.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Poiché siamo in uno stato di diritto, un atto così pregiudizievole nei confronti di un direttore generale non è affidato alla scelta discrezionale di chiunque, meno che mai di un assessore. È regolamentato dalla legge e da un contratto e la normativa nazionale e regionale prevedono in quali casi il direttore generale possa essere revocato. Si tratta di casi di deficit economico-finanziario o gravi violazioni di legge, non certo di motivi di opportunità.
L'onorevole Burtone ha fatto riferimento anche al blocco del personale, come se fosse una decisione dell'assessore non assumere, o non farlo nei limiti previsti dal piano di rientro.
Ci sono regole che sto rispettando puntualmente. Capisco che in Sicilia rispettare le regole, anche quelle contrattuali, causi qualche difficoltà: ci siamo assumendo responsabilità enormi.
È molto facile assumere il personale e in Sicilia sono state fatte molte assunzioni. Attualmente una delle misure fondamentali imposta dallo Stato è il blocco delle assunzioni. Quindi, posso assumere in una determinata percentuale alcune categorie, a condizione che ci sia il posto in organico e che ci sia il corrispondente pensionamento. Il blocco del personale è un elemento di merito dell'azione seria, concreta e rigorosa e di rispetto dei patti che sono stati assunti.
Si è fatto riferimento anche a un decreto che ho emanato, con il quale ho chiesto che alcune scelte attinenti all'organizzazione strategica dell'azienda fossero preventivamente autorizzate dall'assessore. Mi riferisco alla nomina dei responsabili di struttura complessa e agli acquisti di importo maggiore di 50.000 euro.
Chiarisco la finalità di questo decreto che, ovviamente, fa trasparire anche la responsabilità che fa da retroterra. L'ho adottato ad aprile, perché temevo che all'indomani della campagna elettorale non avrei più trovato le aziende. Dico apertamente e senza alcun timore che, nonostante il decreto, alcuni manager non ne hanno minimamente tenuto conto e hanno nominato responsabili di strutture complesse a destra e a manca. Ebbene, uno dei primi obiettivi del direttore generale è quello di revocare e trasmettere alla procura della Repubblica e alla Corte dei conti tutte queste nomine fatte in violazione del decreto.
Insomma, c'era un momento di passaggio particolarmente pericoloso per l'equilibrio economico, finanziario e organizzativo dell'azienda e ho ritenuto di assumermi questa responsabilità, che rientra nei poteri dell'assessore. Quindi, ho chiesto una preventiva autorizzazione.
Tanto per riferirmi a una delle domande poste, mi è arrivata voce, ad esempio, che a Mazzarino l'asserita chiusura della sala ospedaliera chirurgica fosse conseguenza del mancato rinnovo di un contratto che io non avevo autorizzato. Non so se avete acquisito la documentazione, ma a Mazzarino io ho autorizzato tutto ciò che è stato chiesto, ad esclusione di un tecnico di laboratorio che non ha nulla a che vedere con la sala operatoria.
A luglio, quando questo pericolo era diminuito, ho emanato una nuova circolare e ho affidato alla responsabilità dei manager addirittura la prosecuzione dei contratti fino al 31 ottobre. Infatti, in Sicilia abbiamo carenza di figure professionali infermieristiche e una sovrabbondanza di medici e, quindi, si va avanti con questi contratti a tempo determinato che riguardano anche l'area medica. C'era bisogno di razionalizzare e di assumere le redini, di governare il sistema. Questa è la politica che si assume la responsabilità e che ci mette la faccia. Esiste un preciso


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responsabile, l'assessore, che ha fatto queste scelte precise, per fare in modo che il sistema non sbandasse.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Non vorrei polemizzare con lei, assessore, ma chiarire alcuni aspetti. La data non è quella che lei ha riferito: stiamo parlando di giugno 2009, quindi, non parliamo di campagna elettorale. Inoltre, vorrei evidenziare che queste scelte non le fa la politica, bensì i tecnici, perché in Sicilia troppa politica si è impossessata di sanità, assunzioni e clientela. Il provvedimento al quale intendo riferirmi è il decreto amministrativo n. 1147, del 15 giugno 2009.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Comunque, siamo sempre prima delle elezioni europee. È certo che esiste un altro decreto precedente.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Credo di avere detto che un certo depauperamento negli organici effettivamente si rilevi e debba essere recuperato.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Vorrei chiederle a quale depauperamento degli organici si riferisce. Dobbiamo parlare facendo riferimento a dati determinati.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Lei sta parlando con qualcuno che ha sempre avuto grande rispetto per la sanità e non ha interferito, non ha mai avuto clientele nella sanità. Lei sa a chi si deve rivolgere in Sicilia, quando parliamo di assunzioni clientelari, ma se vuole, posso farle nomi e cognomi.

PRESIDENTE. Scusatemi se vi interrompo: vorrei porre una domanda precisa. Qui ci sono due livelli diversi: uno riguarda il depauperamento della struttura che ha impedito il funzionamento della sala chirurgica e l'altro riguarda il soggetto che ne è responsabile.
Non vogliamo confondere le due cose, bensì vorremmo sapere se c'è stato un depauperamento della sala chirurgica e chi ne è responsabile. L'assessore può sostenere che non è lui, che ha firmato tutti gli atti, ad essere responsabile, bensì, eventualmente, il direttore generale. I due temi, però, non li vogliamo confondere. Distinguiamo il fatto dalla responsabilità.
Il fatto è che abbiamo registrato un depauperamento della sala chirurgica e questo non è stato oggetto di alcun accertamento. Abbiamo constatato che dal 7 maggio 2009 fino alla data del nostro accesso a Mazzarino non sono stati più effettuati interventi in sala operatoria, ad eccezione del reparto di ginecologia. Poiché si tratta di un ospedale dotato di una sala operatoria, non si spiega perché dal 7 maggio non ci sia stato alcun intervento. Il direttore generale appena nominato, sul quale non grava alcuna responsabilità, in quanto è subentrato solo dal 1o settembre, ci ha assicurato che avrebbe dotato la struttura del personale necessario per far funzionare la sala operatoria, non essendo sufficienti solo un chirurgo e un anestesista.
Vorremmo sapere, quindi, se la sala chirurgica dell'ospedale di Mazzarino, che ancora non è stata chiusa, funzioni o meno e quanti interventi vengano fatti.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Presidente, c'è un controsenso: non si comprende perché non sia stato chiuso il reparto di ginecologia.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Vorrei completare le risposte, prima di dedicarci al caso di Mazzarino.
Per quanto riguarda il rapporto fra pubblico e privato, riporto i dati. Abbiamo 1100 convenzioni con il privato, per un costo che incide per l'8-10 per cento sull'intero budget. Non è molto, anzi, credo sia inferiore rispetto alle altre regioni. Questo numero di convenzioni, però, riguarda solo i medici specialisti convenzionati esterni. Ogni cardiologo ha una convenzione e questo spiega il numero. Abbiamo 64 case di cura private e più di 600 laboratori.


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CARLA CASTELLANI. Vorrei chiedere quale sia il tasso di ospedalizzazione delle case di cura e che rapporto ci sia tra pubblico e privato.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Mi manca il decreto riepilogativo.

CARLA CASTELLANI. Potrà essere oggetto di una risposta scritta.

PRESIDENTE. Redigeremo uno schema delle domande alle quali non c'è stata risposta, per ragioni che sono comprensibili, e lei avrà modo di rispondere per iscritto alle nostre richieste. La tabella dei rapporti fra pubblico e privato formerà oggetto di una di queste domande.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. A questo riguardo, vorrei sapere se è vero che la riconversione dei posti slitterà di un anno.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Per quanto riguarda i privati, il piano di rientro prevedeva la riconversione di meno di 500 posti letto per acuti, in lunga degenza e riabilitazione. C'è stato un accordo, intervenuto con le case di cura private, per riconvertire entro quest'anno questi posti letto. Tuttavia il budget alle case di cura è stato dato soltanto a giugno. Poiché tutte le strutture private hanno un budget annuale, si stipulano i relativi contratti e si assegna un budget per le funzioni che la struttura deve espletare. Poiché in questo caso è stato dato a giugno, l'AIOP (Associazione italiana ospedalità privata) ci ha comunicato che da giugno a dicembre le strutture avrebbero avuto difficoltà a fare un'operazione di riconversione e ci è stato chiesto di iniziare dal 1o gennaio del 2010. Abbiamo detto di sì, perché dal punto di vista economico ciò non comportava alcun cambiamento. Infatti, il budget assegnato alla casa di cura non è legato al posto letto, bensì è un tetto all'interno del quale devono essere fornite le prestazioni. Quindi, la riconversione, spostata di appena sei o sette mesi per difficoltà organizzative, non incide minimamente, come invece qualcuno ha affermato pubblicamente in un articolo di stampa, contestando la scelta assessoriale, sul dato economico.
C'è stata una richiesta dovuta ad una difficoltà organizzativa. Si tratta delle stesse difficoltà organizzative che stiamo incontrando nel taglio dei posti letto e nella riconversione: è ovvio che bisogna andare incontro a queste esigenze.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Credo di aver letto, nello stesso articolo, che il budget è stato aumentato di quasi 14 milioni di euro.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. È una falsità gravissima. I nostri conti sono controllati dalla KPMG che è l'advisor amministrativo. Non è assolutamente vero. Il decreto che dispone il budget è stato inviato in bozza al Ministero, che lo ha validato, poi è stato concertato, approvato e reinviato al Ministero.

PRESIDENTE. Dato che il compito della Commissione è anche quello di far crescere la fiducia nei confronti di tutte istituzioni, le sono grato di aver chiarito che si tratta di una notizia falsa.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. In relazione al sistema di emergenza e urgenza, la regione ha una convenzione con la Croce rossa italiana, la quale utilizza, per espletare il servizio, una società che ha costituito e della quale è socio unico. La società fornisce le ambulanze e gli autisti soccorritori, la regione invia i medici sulle ambulanze medicalizzate, i rianimatori e gli anestesisti, nel caso di ambulanze di rianimazione, pagando loro un'indennità aggiuntiva.
Questo sistema non funziona per tante ragioni, anche perché aggira la normativa sugli appalti pubblici per il conferimento del servizio di gestione del sistema di urgenza ed emergenza.


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Stiamo pensando a una fondazione (tra l'altro prevista dalla legge), oppure ad una gara pubblica, oppure ancora alla costituzione di una società pubblica che gestisca direttamente, o con le aziende, o con la regione, il servizio del 118.
Il sistema è professionalizzato e, purtroppo, non c'è spazio per la Misericordia o per altre associazioni di volontariato. È un sistema monopolistico e professionalizzato, in quanto, oltre ai medici del sistema sanitario che viaggiano a bordo, intervengono autisti soccorritori che non fanno parte del volontariato ma sono retribuiti.
Su ogni ambulanza c'è un autista soccorritore, in alcune c'è anche il medico (non in tutte, come avviene nelle altre regioni, perché non è pensabile che tutte le ambulanze siano medicalizzate), in altre c'è il medico oltre al rianimatore.
Stiamo disegnando un piano di investimento in strutture tecnologiche di ammodernamento, da realizzare attingendo anche ai fondi europei e lo vareremo a breve. Inoltre, stiamo emanando le linee guida per la gestione degli acquisti centralizzati a seconda della tipologia, secondo un modello che non è né quello toscano né quello emiliano, ma una sintesi delle due migliori esperienze in Italia. Stiamo creando i presupposti per espletare gare centralizzate, che fanno risparmiare molto.

PRESIDENTE. Visto che la lamentela dell'onorevole Molteni si sente ripetutamente, le chiediamo di sollecitare i direttori generali a far sapere se esistono, presso le strutture di propria competenza, macchinari e strutture non utilizzate, provvedendo ad avvertire che, una volta avuta la risposta, ci riserviamo di mandare la Guardia di finanza per gli accertamenti del caso.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Per quanto riguarda Panarea, esiste un'ambulanza elettrica, che è di proprietà del comune e che, secondo quanto afferma l'ufficio che si occupa del 118, era ferma da un paio di mesi e non era stata riparata. Una persona, che ha avuto la necessità di essere trasferita sulla terraferma, è stata accompagnata con un'automobile fino alla base dell'elisoccorso e successivamente trasportata al «Papardo-Piemonte», dove è stata prontamente operata.
A Panarea non c'è una postazione del 118, cioè l'elisoccorso, credo ci sia una guardia medica. Un'ambulanza che non appartiene al sistema si integra in esso. Questo assetto, mi è stato riferito, risale a un decreto assessoriale del 2001.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Prendo spunto da quello che lei ha detto. Visto che la Croce rossa è responsabile del servizio 118, questo è un motivo per dirle che non sta svolgendo il servizio come dovrebbe. Non è possibile che la Croce rossa non accerti che non c'è un 118 che funzioni.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. La Croce rossa fornisce il servizio, ma l'organizzazione del servizio dipende dall'assessorato. Esiste un protocollo e sono io a chiedere dove mettere le ambulanze, non è un compito affidato alla Croce rossa.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Quindi, se ho ben capito, il servizio di volontariato e i servizi comunali non sono responsabili. Però un punto non è chiaro: una responsabilità ci deve pur essere, riguardo all'ambulanza elettrica che non funzionava.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Mi è stato detto che era di proprietà del comune, che doveva mantenerla in efficienza. Credo che il decreto prevedesse un'ambulanza comunale, però devo approfondire.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. È abbastanza strano che un paziente sia stato trasportato con un'apecar.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Se lei è stato a Panarea, saprà che non ci sono molti altri mezzi.


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PRESIDENTE. La domanda è molto chiara: in relazione al servizio 118, nell'ipotesi in cui, in base alla convenzione non provveda la Croce rossa, ma un altro soggetto, le chiediamo quale sia a Panarea e chi lo controlli.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Dalle notizie in mio possesso, l'ambulanza apparteneva al comune ed era integrata nel sistema, in virtù di un provvedimento amministrativo del 2001. Non ci si deve stupire se il paziente è stato accompagnato con un'apecar, poiché a Panarea ci sono solo quelle.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Mi stupisce.

PRESIDENTE. A me stupisce il fatto che il comune non abbia un mezzo efficiente per prestare soccorso e che non ne abbia informato l'assessorato chiedendo di provvedere altrimenti alle occorrenze.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Vengo ai vaccini e ai tre screening. In Sicilia ho trovato questa strana situazione: era una delle regioni che pagava il vaccino quadrivalente della Sanofi Pasteur a 106 euro, tramite un acquisto diretto. Abbiamo ricostruito l'iter amministrativo, i pareri e le indicazioni del Ministero e quelli dell'AIFA, secondo cui, ai fini preventivi del tumore della cervice uterina, il quadrivalente e il bivalente sono ugualmente efficaci, come dimostrato a livello scientifico. In Sicilia, invece, era stata istituita una commissione di medici che aveva fornito un parere diverso. È ovvio che il quadrivalente copre molte più malattie, ma per quel livello essenziale di assistenza il bivalente e il quadrivalente - i medici lo sanno - sono pari.
Tutto ciò è documentato da pareri ministeriali, dall'AIFA e altro. Infatti, in Lombardia o in Veneto (ma potrei sbagliarmi) vengono svolte gare pubbliche per l'acquisto e c'è chi ha acquistato il quadrivalente, chi il bivalente. In Sicilia non è stata fatta la gara pubblica, bensì un acquisto diretto, da parte di uno di quei funzionari di cui ho parlato.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Vorrei che mi confermasse quale vaccino è stato acquistato in passato.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Il quadrivalente e, con una motivazione che ho ritenuto speciosa, in quanto contraria a precise regole, non è stata svolta la gara pubblica. Poi ho disposto che venisse svolta la gara pubblica e a 43 euro è stato acquistato esattamente il quadrivalente della Sanofi Pasteur.

PRESIDENTE. Date le funzioni che svolge questa Commissione, avremo bisogno di conoscere gli estremi di questa gara.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Mi sono mosso guardando le altre regioni e ho constatato che in Lombardia il prezzo medio era di 50- 70 euro mediante gara pubblica.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Vorrei sapere se attualmente si fanno le vaccinazioni.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Attualmente è stato acquistato il vaccino, ma credo ci sia stato un ritardo.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. La vaccinazione è iniziata?

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Credo ci sia stata una difficoltà, ma cominceranno entro la fine di ottobre. C'è stato un problema nell'approvvigionamento, ma c'è stata una gara e l'abbiamo acquistato.
Riguardo ai tre screening, è verissimo che la Sicilia stava perdendo i finanziamenti per quelli previsti (mammarie, cervice uterina e il terzo che ora non ricordo),


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perché la precedente amministrazione non aveva curato questo aspetto.
Adesso, abbiamo presentato un progetto che è stato ritenuto tra i più efficienti fra quelli presentati dalle regioni e dovrebbero arrivarci 14 milioni di euro di finanziamento. Quindi, ci rimettiamo in linea con le altre regioni.
Per il CUP regionale è in corso la ridefinizione del progetto. Spero, entro la fine del prossimo anno, di avere un evolutissimo CUP regionale informatizzato. Entro ottobre presenteremo invece l'informatizzazione del sistema del 118, perché in Sicilia le chiamate della centrale operativa ai vari ospedali avvenivano ancora per telefono, con un gran circolare di «pizzini», è il caso di dire.
Ho disposto un'ispezione quando un ragazzo a Mazara del Vallo stava per morire perché, dopo tre ore, non era ancora arrivato il via libera per trasportarlo, poiché la nostra regione non aveva informatizzato il sistema. Si tratta di una cosa gravissima.
Adesso, installeremo il più moderno dei sistemi, proprio perché siamo arrivati per ultimi. Entro la fine di ottobre lo avremo, tant'è che parteciperemo alla sperimentazione gestionale del numero unico europeo, insieme a Emilia-Romagna e Lombardia.
Sui posti letto destinati ai pazienti in stato vegetativo mi riservo di rispondere.
L'onorevole Brigandì faceva riferimento a Pecoraro, che sarebbe stato l'unico a essere riconfermato. Il dottor Pecoraro, che non prestava servizio all'ASP di Messina, bensì al Policlinico, era il commissario e abbiamo ritenuto di mantenerlo come direttore generale perché, comunque, rispetto al pregresso, aveva ottenuto alcuni risultati.

PRESIDENTE. Con il massimo riguardo, mi consenta di far notare che, qualche volta, un'eccezione è forse necessaria per confermare la bontà della scelta di fondo.
Le chiederemo di fornire per iscritto le risposte che non ha ancora fornito e quelle per le quali è necessaria un'integrazione o un approfondimento.

LAURA MOLTENI. Visto che lei, assessore, sta riorganizzando tutta la sanità della sua regione, volevo chiederle se abbia previsto una quantificazione media dei costi nell'erogazione delle prestazioni, rispetto ad altre regioni, nella logica dell'individuazione di quelli che possono essere i costi standard di alcune di esse. Se un'ecografia ha un determinato costo in alcune regioni, nella propria regione non può costare una volta e mezzo, o il doppio. Volevo sapere, quindi, se sia prevista anche una individuazione di costi standard, necessaria per l'attuazione del federalismo fiscale.
L'altra domanda riguarda il tema delle imprese funerarie. Vorrei sapere se anche voi siete dotati di una legge regionale riguardo alle imprese funerarie e se queste entrino o meno negli ospedali, alla ricerca dei clienti. Mi accontento di una nota scritta al riguardo.

PRESIDENTE. Questa domanda della collega Molteni equivale a chiedere all'assessore quanti reati si commettano in Sicilia, in questo momento. Bisogna dare la possibilità di fare un accertamento, perché così come è stata formulata consiste esattamente nell'individuazione di ipotesi di reato.

LAURA MOLTENI. Non è detto, dipende dalle legislazioni regionali.

PRESIDENTE. Che si entri nelle corsie per cercare clienti morti...

LAURA MOLTENI. No, magari ci sono uffici dentro gli ospedali, e il sistema funziona a rotazione; dipende dalla legislazione nazionale e regionale.

PRESIDENTE. Volevo solo giustificare l'esigenza dell'assessore di poter esaminare il problema, prima di rispondere.


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GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Concordo sul metodo di concedere la possibilità all'assessore di compiere i dovuti approfondimenti su alcune domande che sono state poste.
L'assessore non ha dato la risposta, o perché ha sorvolato, o perché deve fare un approfondimento, su una questione che mi permetto di sottolineare e che riguarda l'organizzazione delle UTIN. Domenica scorsa, non per averlo sentito dire, averlo letto sulla stampa o appreso in seguito ad una sollecitazione, ma per essermi recato personalmente nel reparto di ostetricia, ho saputo che una signora stava partorendo prematuramente e sono stato informato direttamente dal personale che, la mattina, un bambino con insufficienza respiratoria era stato trasferito a Patti con l'elisoccorso e, il giorno prima, un altro era stato trasportato ad Agrigento.
Sono stato sollecitato da numerosi cittadini a dare la notizia alla stampa, per dire che, ancora una volta, c'erano casi di malasanità. Catania, essendo un centro di eccellenza, non può avere queste disfunzioni. Mi sono quindi opposto a divulgare la notizia, anche perché credo che ci debba essere una certa riservatezza. Tra l'altro, avevo preannunciato a questi cittadini l'incontro che avremmo avuto oggi e ho detto loro che avrei chiesto specificatamente all'assessore qual è la situazione e quali rimedi bisogna porre in essere perché, trattandosi di un fatto concreto, credo sia doveroso affrontare questa emergenza.

PRESIDENTE. Vorrei dare atto all'onorevole Burtone che domenica abbiamo trascorso praticamente l'intera giornata in contatto telefonico, poiché voleva verificare esattamente se era garantito il diritto alla salute dei cittadini. Ci siamo astenuti dal fare comunicati alla stampa, perché abbiamo voluto vedere fino in fondo se quella disfunzione sussisteva o meno, per evitare un clima di sfiducia. Purtroppo, abbiamo riscontrato che c'era. Il «Cannizzaro» di Catania non è un piccolo ospedale, bensì la seconda più grande struttura ospedaliera della Sicilia.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Il problema non è il «Cannizzaro», bensì tutta Catania, che non è in grado di sopperire alle esigenze.

PRESIDENTE. L'idea che bisogna ricorrere a Patti o ad Agrigento, andare in elicottero perché manca un'incubatrice disponibile, è sicuramente una cosa seria, poiché il problema si pone al «Cannizzaro» di Catania e non in montagna, o in un luogo dove non è prevedibile.

MASSIMO RUSSO, assessore alla sanità della regione Sicilia. Entro la fine dell'anno, magari entro il prossimo mese, vareremo un decreto per la riorganizzazione della rete neonatale relativamente all'intero sistema. Spero che in quella sede si potrà dare anche una risposta. Comunque mi riservo di verificare quello che è successo. Si prevede la chiusura dei punti nascita con meno di 400 parti l'anno.

PRESIDENTE. Prima di procedere in seduta segreta, vorrei richiamare la sua attenzione sull'elenco del quale ho dato lettura in apertura dei lavori, perché vi sono alcuni casi eclatanti: il «Cannizzaro» di Catania, che riguarda il centro trasfusionale; un presunto errore sanitario a «Villa Sofia» di Palermo e l'ospedale nel presidio di Giarre.
L'ambulatorio di ginecologia riproduttiva presso «Villa Sofia» di Palermo è un esempio particolarmente significativo di medicina di genere. È una struttura pubblica che non presenta deficit di bilancio e la cui chiusura, inevitabilmente, alimenta strutture private pronte ad intervenire. Credo che, oggettivamente, chiudere una struttura pubblica utile e che fornisce un servizio di medicina di genere, sia un errore. Sarà l'assessore, però, a valutare le tante osservazioni che ho fatto e che gli trasmetterò per un opportuno esame di sua competenza. Lo stesso vale per quanto riguarda l'ospedale di Catania; i decessi dei due neonati il 29 settembre 2009; la situazione degli ospedali di Enna, oltre, ovviamente, ai casi, che già sono stati sottoposti all'esame dell'assessore, di Gela,


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Niscemi e Petralia Sottana. Si tratta di un tema sul quale attendiamo una risposta in Commissione, o per iscritto, per conoscere quali siano le intenzioni dell'amministrazione regionale con riferimento al mantenimento dell'ospedale di Petralia Sottana, posto che l'assessore, informalmente, prima dell'inizio della seduta ha affermato che il problema può essere avviato ad una soluzione. Vorremmo sapere come possa essere risolto, per evitare un contrasto tra circa venti sindaci e relativi consigli comunali, che richiedono strutture sanitarie adeguate, che peraltro esistono. Petralia Sottana, dal punto di vista strutturale e funzionale, è un'ottima struttura ospedaliera che rischia invece di essere sottoutilizzata.
Per quanto riguarda il decesso, presso l'azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte», della signora G.R. per influenza A H1N1, l'assessore ha già trasmesso la relazione, che è stata inoltrata all'onorevole Burtone e all'onorevole Brigandì perché possano esaminarla, in quanto incaricati di seguire, per conto della Commissione, l'influenza A H1N1.
Inoltre, le ricordo la domanda che riguarda i tempi relativi allo stato di attuazione dei distretti sanitari, in base al decreto emanato a settembre.
Chiedo ora all'assessore di rispondere sul caso di Mazzarino.
Inoltre, vorremmo avere delle rassicurazioni in relazione alla vicenda sgombero dell'ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento che mi risulta sia previsto per il 24 ottobre.
Propongo la prosecuzione dei lavori in seduta segreta.

(La Commissione concorda - I lavori procedono in seduta segreta)

PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto a circuito chiuso. Ringrazio l'assessore Russo e dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 18,30.

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