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Seduta del 6/9/2012


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Audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine, Viviana Del Tedesco.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Udine, Viviana Del Tedesco, nell'ambito dell'inchiesta sulla vicenda delle bonifiche. Nel ringraziarla della presenza, cedo la parola alla dottoressa Viviana Del Tedesco.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Buongiorno. È la seconda volta che parlo in Commissione di questa vicenda. Credo, quindi, che vi interessino le novità sulla questione. Tuttavia, siccome le indagini non si sono ancora concluse, ma siamo in fase di interrogatorio, da parte mia ci deve essere il pieno rispetto del diritto di difesa nei confronti di ciascun indagato.
Gli inviti agli interrogatori sono stati notificati a fine luglio. A oggi, nessuno ha chiesto di essere interrogato. Siccome siamo nel periodo feriale, non potevo indicare una data scelta da me, ma gli interessati potevano presentarsi esclusivamente in via spontanea, cosa che mi risulta nessuno abbia fatto. Pertanto, attenderemo il 15 settembre, quando si chiuderà questo periodo e potrò chiamarli personalmente per capire quali sono le argomentazioni a difesa che i soggetti indagati potranno portare alla mia attenzione.
Questo sistema investigativo ha alla base l'intenzione - che poi è una linea di condotta che ho sempre promosso e attuato concretamente in qualsiasi indagine - di capire esattamente come stanno le cose, cioè di comprendere la verità dei fatti. Credo che questa sia, in sostanza, la funzione della procura della Repubblica, che deve investigare le questioni non solo a sfavore dell'indagato, ma anche quelle a suo favore. Inoltre, in vicende così complesse, è necessario essere molto precisi e raccogliere tutti i dati possibili. Infatti, gli indagati potrebbero fornirmi del materiale per capire il meccanismo che illustrerò a breve, spiegando come e da chi è stato ideato e per quale motivo si è protratto per dieci anni.
Il capo d'imputazione consta di 40 pagine molto precise, tutte documentate. L'indagine comprende oltre 20.000 atti in via di scannerizzazione che sono stati recuperati presso vari enti, in particolare, oltre che presso la regione e la struttura del commissario da ultimo revocato, presso il Ministero dell'interno, il Ministero dell'ambiente e la Protezione civile. Difatti, la vicenda della laguna di Grado e Marano ha una particolarità poiché, emblematicamente, vi si intrecciano delle questioni che rappresentano uno schema replicato a livello nazionale.


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Tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila, si è cominciato a individuare dei siti di interesse nazionale (SIN), sulla base di un presunto inquinamento delle aree che ospitavano dei siti industriali. Molti di questi siti di interesse nazionale sono stati commissariati e la laguna è uno di questi. Sappiamo che il commissariamento è uno strumento di protezione civile che dovrebbe essere concepito, come tutte le misure straordinarie e urgenti, per poter risolvere delle situazioni contingenti, infatti ha una scadenza che, in questo caso, era fissata in un anno, che poi si è trasformato in un lunghissimo periodo di dieci anni, fino alla revoca da parte del Presidente del Consiglio Monti.
Ora, il potere commissariale ha degli effetti di grande spessore perché sappiamo che con il pretesto dell'urgenza e della straordinarietà è possibile utilizzare moltissimi strumenti in deroga, sotto tutti profili. Questo significa poter gestire le risorse economiche in maniera molto snella, con delle iniziative che non devono essere dettagliatamente giustificate e con la scelta di contraenti che non devono partecipare ad alcun bando di gara di particolare complessità. In sostanza, è tutto rimesso alla volontà del commissario.
In questo caso, i commissari sono stati tre. I primi due erano esponenti politici, il primo di destra e il secondo di sinistra; dopodiché, si è avuto un commissario tecnico. Il commissariamento è stato prorogato di anno in anno. Per quello che posso dire, dalle indagini è emerso che il commissariamento, quindi l'utilizzo dello strumento di protezione civile, non ha mai avuto alla base - né è stata mai contemplata - un'indagine di natura tecnica che, nel nostro caso, avrebbe dovuto far riferimento quantomeno ad esiti di analisi chimiche, microbiologiche o di altro genere presso il sito che era stato perimetrato, che comprende circa 3.000 ettari di parte a terra e 1.600 ettari di laguna.
Nel caso della laguna di Grado e Marano, il motivo per il quale è stato individuato un sito di interesse nazionale, con il decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, è lo sversamento di metilmercurio dal sito industriale Caffaro.
Ora, la Caffaro Chimica è un'azienda che ha diverse unità produttive nel territorio nazionale e rappresenta un po' la chimica in Italia. Quindi, occupava centinaia di dipendenti. Più nel dettaglio, è un'azienda nata tra gli anni Trenta e Quaranta. Insomma, è come l'Ilva, se vogliamo fare un paragone, perché ha dispensato stipendi a tre generazioni e, nell'area depressa della bassa friulana, ha rappresentato una base di lancio dell'economia.
Come tutte le aziende che avevano queste specificità e che trattavano questi materiali, in un momento nel quale la sensibilità per l'ambiente non era presente in nessuno di noi, non solo nell'imprenditore, perché non ci si poneva proprio il problema e forse non c'erano nemmeno gli strumenti per prevenire, produceva sostanze e sversava materiali sicuramente pericolosi, in particolare metilmercurio, cioè mercurio industriale, sia sull'area stessa che nel canale Banduzzi, che è un canale interno, non lagunare, risultato inquinato da questo elemento chimico, un metallo pesante, che per sua natura si deposita.
Tuttavia, dagli anni 1985-1990 non ci sono più stati sversamenti. Quindi, l'inquinamento da mercurio industriale si è fermato all'epoca e ha interessato la zona industriale di Caffaro che dista circa 3 o 4 chilometri dalla costa rispetto alla laguna, per cui è nell'entroterra, anche se il canale Banduzzi va a sversare nella laguna. Erano state registrate, dunque, delle criticità nella foce, ma la laguna, da tutti gli studi scientifici effettuati fin dagli anni Novanta, non risulta essere mai stata interessata dagli versamenti Caffaro.
Questa è un'affermazione che mi sento di confermare anche in questa sede. Attendo che qualche indagato che dice ai giornali che l'inquinamento era conclamato lo dimostri. Sono gli unici che ci tengono tanto che un sito sia inquinato. Peraltro, lì abbiamo valli da pesca, raccogliamo i molluschi e tutta l'economia si


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basa sul turismo. Insomma, è un controsenso perché di solito si cerca di minimizzare l'inquinamento, non di enfatizzarlo. Vorrei, perciò, capire in base a che cosa questo sarebbe conclamato. Sono veramente molto curiosa.
A questo proposito, faccio presente che nel 1998 c'è stata un'interrogazione parlamentare sugli sversamenti Caffaro, di cui ho il testo, nella quale si diceva che la zona lagunare non aveva nessun problema di inquinamento. Questo - ripeto - nel 1999. Se volete, posso produrvi il testo, ma forse lo trovate negli archivi. L'unica criticità era quella del canale Banduzzi, che è interno, e che, per una questione esclusivamente cautelativa, era stato interdetto alla navigazione. Tuttavia, in fin dei conti, anche questo canale non presentava una situazione particolarmente pregiudicata, come era stato dimostrato anche delle analisi fatte dall'Ente tutela pesca. Insomma, la laguna godeva di buona salute.
Siamo nel 1998, a oltre 15 anni dalla conclusione degli sversamenti. Quindi, se allora si diceva questo, successivamente la situazione non può che essere migliorata, sicuramente non peggiorata perché Caffaro non ha sversato più.
Questa interrogazione parlamentare è un dato di cui sono venuta a conoscenza dopo l'audizione di marzo o aprile e l'ho riesumata proprio perché contiene un dato molto interessante, cioè lo studio del professor Brambati, docente universitario, il quale, proprio sulla base della necessità di comprendere quale fosse l'effetto dello sversamento di mercurio dell'industria chimica, aveva analizzato questo fenomeno. In una perizia corposissima e molto famosa, che è un punto fermo da cui sono partiti tutti gli studi successivi, aveva affermato che la laguna faceva registrare la presenza di mercurio, ma non quello industriale, bensì il mercurio naturale, che è endemico di questa laguna, come di altre in Italia. Questa è una sua specificità.
Il mercurio naturale, che viene chiamato cinabro, era stato trascinato dalle miniere di Idria, in Slovenia. Si tratta, quindi, di una sostanza naturale. Peraltro, il nome Idria deriva da idrogeno, essendo Hg il simbolo del mercurio. Il cinabro è un macrocristallo non biodisponibile, non tossico, non entra nella catena alimentare ed è presente in quantitativi diversi in tutto l'ambito lagunare, dentro e fuori dal SIN. Nessuno mai si è lamentato di questo proprio perché non può essere assorbito.
Invece, con il decreto ministeriale n. 471 si individua il SIN nella laguna di Grado e Marano, comprendendo anche una vastissima area a terra di 3.000 ettari. Tuttavia, essendo una zona prevalentemente agricola, se ne andiamo lì e chiediamo a un contadino del SIN cade dalle nuvole perché non lo ha mai saputo e ha sempre piantato le viti o il mais. Vi sono persino aziende di agricoltura biologica e quant'altro. In definitiva, il sito è stato individuato in base a un presupposto unico. Nel decreto ministeriale n. 471 si dice, infatti, che la laguna di Grado e Marano è presuntivamente gravemente inquinata e contaminata da mercurio che, potendo essere biodisponibile, potrebbe dar luogo a gravissime conseguenze.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GAETANO PECORELLA

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. In sostanza, il decreto ministeriale n. 471 nasce sulla base di questo presupposto specifico, non di una contaminazione batteriologica proveniente dai depuratori, dai motori delle barche o da altre cose. Il presupposto è il mercurio come elemento chimico biodisponibile che entra nella catena alimentare e provoca grossi problemi alla salute.

ALESSANDRO BRATTI. Secondo lei, questa mancata distinzione è frutto di una valutazione tecnica sbagliata o un dolo voluto?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Si riferisce al decreto ministeriale n. 471?

ALESSANDRO BRATTI. Mi riferisco al fatto che il mercurio che viene individuato


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non è oggetto di inquinamento, ma un substrato di fondo naturale e comunque non biodisponibile. Essendo questo che ha provocato la richiesta di ricadere all'interno del SIN, le chiedo - se lo può dire, ovviamente - se, secondo le indagini che avete in corso, questa valutazione sul mercurio sia stato un errore tecnico o un dolo.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Se la procura indaga, vuol dire che qualche volontà c'è stata. Comunque, c'è un dato oggettivo: il sito di interesse nazionale è stato perimetrato in assenza di un parere da parte dei comuni interessati, in base a un parere dell'ARPA inviato al ministero tre giorni prima della scadenza assegnata ai comuni per potersi esprimere, senza nessun tipo di analisi e senza istruttoria da parte sia degli enti locali che del ministero.
Di questo c'è un'interpretazione autentica inviata dall'attuale dirigente del Ministero dell'ambiente, a cui ho chiesto di specificare questo concetto, quindi è ostensibile. Questi ha confermato che l'individuazione del sito di interesse nazionale era presuntiva. Difatti, nel decreto ministeriale n. 471 si dice - non a caso - che si perimetra il sito per poi procedere alla caratterizzazione per vedere se c'è l'inquinamento. Questo è un dato oggettivo. Del resto, parlo sempre per dati oggettivi, come ha visto chiunque abbia letto le mie 40 pagine, ci sono dati, protocolli e quant'altro senza commenti.
C'era, quindi, un insediamento e si parlava di mercurio. Ora, sapere se nel 1999 si fosse già a conoscenza del fatto che quel mercurio fosse naturale e non metilmercurio è abbastanza facile. Abbiamo un'interrogazione parlamentare dell'anno precedente, quella del 1998 di cui ho detto, in cui questo discorso si faceva chiaramente, menzionando anche lo studio Brambati, uno studio finanziato, che è andato avanti dieci anni e che è conosciuto a livello nazionale, nel quale, per la prima volta, si parla di mercurio naturale, non biodisponibile e diffuso dappertutto.
In sostanza, se dovessimo procede alla bonifica di quel mercurio dovremmo prosciugare tutto il mare e mettere la sabbia bagnata nelle vasche di colmata. A quel punto, però, sparirebbero i molluschi e quant'altro, per cui non servirebbe a nulla farlo. In tutti questi anni la verità mai sconfessata da nessuno è che in quella laguna si sono fatti dei dragaggi. Non esiste, però, nel vocabolario della lingua italiana una definizione per la quale i dragaggi consistono in una bonifica perché sono opere di ordinaria manutenzione dei canali lagunari per farvi passare le barche, perciò si fanno sempre e dappertutto. Dall'epoca della Serenissima in poi, non si fa altro che prendere i sedimenti e metterli da parte.
Il dragaggio è un'opera di manutenzione ordinaria, non di bonifica. Se dovessimo sostenere che si tratta di un'opera di bonifica, mi chiedo perché non draghiamo tutta la laguna, ma solo i canali. Non credo che le industrie Caffaro siano state così intelligenti da mettere il mercurio biodisponibile solo dentro i canali. Insomma, vorrei capire per quale motivo si dragavano solo i canali e poi si lasciava che vi si raccogliessero i molluschi.
Bisogna sapere che la laguna di Grado e Marano ha una economia di grande spessore che dà lavoro a centinaia di persone perché si basa sulla pesca, ma soprattutto sulla raccolta di molluschi. Paradossalmente, sono proprio queste caratteristiche lagunari che rendono così fertile questa zona. Per di più, la zona di Aprilia Marittima, con Punta Gabbiani e Punta Faro, è il comprensorio più grande d'Europa, dove trovano ormeggio una moltitudine di barche, che, se non si fanno i dragaggi, non passano, creando enormi problemi all'economia locale, che fa lavorare centinaia di persone.
Il dragaggio è un'opera di manutenzione ordinaria strategica perché da questo dipende l'intera economia. Per questo, il dragaggio era diventato uno strumento attraverso il quale far girare un sacco di soldi. Di fatto, quei 100 milioni di euro che sono stati contabilizzati in sede di indagine sono stati investiti per i dragaggi e per


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costruire o far progettare le casse di colmata. Per quanto riguarda la bonifica, invece, non risulta che sia mai stato effettuato alcun minimo intervento.
Vi è, tuttavia, una zona realmente inquinata. Su questo, c'è stato un procedimento penale che si è concluso con delle applicazioni di pena nei confronti dei dirigenti di Caffaro, sulla base degli esiti di incidenti probatori che hanno dato luogo a una perizia di grande spessore, accertando l'inquinamento del sito industriale Caffaro, che dista, però, 3 o 4 chilometri dalla costa, quindi è nell'entroterra, e rappresenta un ventesimo del SIN, nonché del canale. Questo è il sito inquinato.
L'incidente probatorio Caffaro ha stabilito quanto ho detto, ma della laguna non ha mai parlato. A questo riguardo, ho avuto un colloquio telefonico con il professor Centola del Politecnico di Milano, che tra qualche giorno verrà in ufficio per spiegarmi tutti i particolari tecnici, a cui mi sono ormai appassionata.
Stando a quanto ho appreso, lo sversamento non avrebbe mai potuto trascinare il metilmercurio nella laguna per una questione di correnti e anche per una ragione chimico-fisica perché il metallo pesante si deposita, quindi va sul fondo. In più, la laguna ha una specificità perché, come tutte le lagune, è costituita da corpi idrici a se stanti, come se, idealmente, vi fossero dei bacini divisi l'uno dall'altro. Di conseguenza, tra questi corpi idrici distinti non c'è un'emigrazione di contaminanti o di sostanze, ma ciascuno di questi mantiene le proprie caratteristiche. In definitiva, è tecnicamente difficile pensare che il metallo pesante - il metilmercurio di origine industriale - possa essere andato a spasso per la laguna.
Inoltre, dopo lo studio Brambati, è stato acquisito un progetto del 2001, proprio sui dragaggi che era stato redatto dalla cosiddetta «commissione fanghi» su incarico della regione, che aveva stabilito che bisognava dragare e ricollocare i fanghi in laguna, da dove provenivano. Il progetto ha superato anche la valutazione d'incidenza ambientale, ma poi è rimasto nel cassetto, da dove l'ho riesumato poco tempo fa perché un soggetto che lavorava in quella commissione lo ricordava e sapeva anche che c'era un decreto. Quindi, sulla base di quella copia, sono riuscita a individuarlo. In questo progetto ritroviamo lo studio Brambati e tutte queste indicazioni tecniche.
Ricapitolando, nel 1998 abbiamo un'interrogazione parlamentare in cui si parla della distinzione tra mercurio naturale e metilmercurio. Lo studio Brambati si era già concluso.

ALESSANDRO BRATTI. L'interrogazione ha avuto una risposta?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Ha avuto la risposta del soggetto a cui era stata rivolta. Siccome è un indagato, non faccio il nome.

ALESSANDRO BRATTI. Sarà stato sicuramente il ministro o un sottosegretario, se è un'interrogazione parlamentare.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. È un'interrogazione parlamentare a risposta scritta. Ho trovato alcuni atti. Nel testo si dice che la laguna sta benissimo perché il mercurio che si pensa essere pericoloso è, invece, naturale. Ciò è dimostrato da uno studio di 12 anni.

ALESSANDRO BRATTI. Quindi, esiste una richiesta di un parlamentare, che può chiedere quello che vuole, avvalorata dalla risposta del Governo.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Per quello che mi riguarda, ho la spiegazione chiesta al soggetto politico locale, inviata al ministero. Non ho l'esito dell'interrogazione, ma la risposta del politico locale che rappresenta tutti questi fatti, facendo riferimento a delle analisi dell'Ente tutela pesca, che pure ho riesumato.

PRESIDENTE. Non mi è chiaro cosa significa «risposta del politico locale».


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VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Credo che sia stata chiesta informazione all'ex sindaco della zona, il quale ha risposto che non c'era metilmercurio, ma mercurio naturale.

ALESSANDRO BRATTI. Infatti, il ministero, quando ha una richiesta che riguarda enti locali, provincia o regione, se ha le competenze, come in questo caso, scrive all'ente interessato, chiedendo notizie. Quindi, probabilmente, il politico che ha risposto all'epoca o era sindaco o...

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Era un sindaco.

ALESSANDRO BRATTI. Difatti, il soggetto a cui il Governo si rivolge per avere informazioni deve avere un ruolo istituzionale. In definitiva, credo che la dottoressa non abbia la risposta del ministero, del ministro o del sottosegretario, ma quella che, su domanda del ministero, è stata data dal politico locale.

PRESIDENTE. Sì, ma vorrei sapere chi era il politico.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Era il sindaco di Torviscosa. Pertanto, già dal 1998 abbiamo una risposta di questo genere. Ciò vuol dire che questo dato era conosciuto, peraltro supportato da uno studio di grande importanza. Infatti, il progetto del 2001, che prevedeva la ricollocazione dei fanghi in laguna, si basava proprio su questo. Si affermava, cioè, che si potevano ricollocare tranquillamente i fanghi in laguna una volta dragati perché hanno le stesse caratteristiche del fondo naturale. Insomma, quel mercurio è naturale.

ALESSANDRO BRATTI. È paradossale, però, che il Governo e il ministro dell'epoca abbiano acquisito un parere che afferma che quel mercurio è naturale e poi, nel corso degli anni, si continui a nominare commissari per bonificare da un inquinamento inesistente.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Ciò non accade nel corso degli anni, ma l'anno dopo, quindi l'informazione era recente. Non ho, ovviamente, la prova dell'acquisizione da parte del ministero. Non ho una ricevuta, ma credo sia arrivata.

PRESIDENTE. Se c'è la risposta a un'interpellanza, credo sia stata acquisita per forza. Se avessimo dei dati più precisi, potremmo recuperarla. Non so se sia già nei nostri documenti.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Comunque, posso inviarvela per email in tempo reale.
Oltre a questo, dopo il commissariamento, sono stati fatti altri studi, tutti dello stesso tenore. In particolare, sottolineerei - perché ci tengo - uno studio di straordinaria importanza che ha avuto un'eco di natura internazionale, commissionato e finanziato proprio dal commissario. Mi riferisco al Progetto MIRACLE (Mercury Interdisciplinary Research for Appropriate Clam farming in Lagoon Environment).

VINCENZO DE LUCA. A quale dei tre commissari si riferisce?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Vorrei precisare che il decreto ministeriale n. 471 ha individuato il sito di interesse nazionale senza perimetrazione. Anche questa è una peculiarità: abbiamo istituito un sito, ma non si sapeva dove. Poi, il 6 giugno del 2002, abbiamo commissariato, dopodiché nel 2003 abbiamo perimetrato. In sostanza, abbiamo istituito un sito due anni prima della perimetrazione. Nel frattempo, c'è stato il commissariamento.

VINCENZO DE LUCA. Riguardo ai tre commissari, due politici e uno tecnico


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(anche se è sempre relativo distinguere fra politici e tecnici quando vengono nominati), chi sono stati i beneficiari delle risorse per il commissariamento in genere e per questi studi? Inoltre, che ruolo ha svolto la Protezione civile in questo caso?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Tutto questo è analiticamente spiegato nelle 40 pagine di imputazione. Mi risulta che siano state rese pubbliche e pubblicate in parecchi siti. In queste 40 pagine ho indicato al centesimo tutti i flussi di denaro e tutti i soggetti a cui sono state commissionate le opere.
Senza scendere nel dettaglio perché la vicenda è molto complessa, vi inviterei a consultarle perché vi sono dieci anni di storia, dall'inizio alla fine. Credo di aver lavorato con grande ordine.
Tornando alla vicenda, il primo inghippo è che, il 6 giugno 2002, nel momento in cui il sito di interesse nazionale, che non era ancora stato perimetrato, viene commissariato, il commissario si deve preoccupare di fare la prima cosa indicata nel decreto ministeriale n. 471, ossia la caratterizzazione del sito. Infatti, come vi ho spiegato, l'individuazione del sito di interesse nazionale era solo presuntiva. In sostanza, si presumeva che quel sito fosse inquinato, ma non c'erano analisi o altro. Insomma, bisognava abbattere questa presunzione. Poi, se in base alla caratterizzazione risultava che fosse inquinato, occorreva procedere alla messa in sicurezza.
All'epoca, venivano stanziati 58 miliardi di lire per fare questa operazione. Quindi, i 58 miliardi messi a disposizione dal Ministero dell'ambiente, ma provenienti dal Ministero del tesoro, servivano a caratterizzare e a fare, eventualmente, i primi interventi di messa in sicurezza.

PRESIDENTE. Chi era il ministro?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Era Matteoli. Il primo commissario parte con la gara e appalta i lavori di caratterizzazione. Vince una cordata di imprese capeggiata dalla cooperativa Nautilus, una società di Vibo Valentia. Si crea una ATI (associazione temporanea di imprese). Nautilus, che è in capo mandataria, trattiene per sé alcune analisi, in particolare quelle del metilmercurio, che, tra l'altro, sono le più costose. Fa fare, invece, altre analisi in Gran Bretagna e in Canada (quindi, le carote vanno in giro per il mondo). Per quanto riguarda, poi, la biotossicità, l'analisi viene affidata al Dipartimento di biologia marina di Trieste.

ALESSANDRO BRATTI. Il Ministro dell'ambiente era sempre Matteoli?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Sì. Non ricordo bene i periodi dei vari ministri, ma credo di sì.

PRESIDENTE. Che anni erano?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Era il 2003. L'appalto è stato affidato a fine 2002. I lavori iniziano subito e nel giro di qualche mese vengono fatti i carotaggi.
In realtà, il primo appalto prevedeva una spesa di 8 milioni di euro. Tuttavia, i lavori vengono fatti per 4 milioni di euro. La prima gara è, infatti, di 4 milioni di euro; gli altri 4 servivano per altre cose. Tra l'altro, questi soldi sono stati pagati prima che il contratto fosse stato firmato. Infatti, il contratto è stato firmato a lavori eseguiti e a importo pagato perché mancava il certificato antimafia della Nautilus.

PRESIDENTE. Ma poi è arrivato il certificato antimafia o no?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Questo non lo so. Sto aspettando l'interrogatorio per capire se fosse mai arrivato. Personalmente, non l'ho mai trovato. Il contratto, però, è stato stipulato il 6 giugno 2003, quindi presumo che abbiamo atteso il certificato per stipularlo.


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PRESIDENTE. La prefettura di Vibo Valentia dovrebbe averlo.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. I lavori sono stati conclusi nell'aprile 2003, ma il contratto è stato firmato il 6 giugno 2003, quando ormai la Nautilus era stata quasi completamente pagata. Dei 4 milioni di euro, mancavano circa 20.000 euro, che sono stati pagati - credo - dopo il collaudo che il magistrato alle acque di Venezia fece di queste analisi due anni dopo.
Il problema di queste analisi è che non furono mai validate, né mai avrebbero potuto esserlo perché a quei carotaggi non partecipò alcun organismo pubblico per poter consentire la validazione di almeno il 10 per cento di campioni, com'era previsto dal Piano ICRAM (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), che era lo strumento tecnico alla base della procedura negoziale.
Pertanto, fin dall'inizio dei lavori si sapeva che facevano dei carotaggi e delle analisi che mai avrebbero potuto essere utilizzate. Questa è l'ipotesi del peculato, di cui all'articolo 314. Infatti, ab origine si sapeva che si utilizzavano risorse economiche per avere un risultato che - a prescindere da quale fosse stato - non poteva essere utilizzato. In sostanza, è come se quella caratterizzazione non ci fosse mai stata fatta. Perciò, i commissari successivi hanno ricominciato daccapo, per ben tre volte, e nel 2012 stiamo ancora attendendo l'esito delle ulteriori analisi richieste dall'ultimo commissario, poi revocato. Siamo arrivati - credo - al 40 per cento, quindi siamo ancora nella fase preliminare della caratterizzazione. Questo è il risultato pratico, al di là di tutto.
A ogni modo, non avendo dati validati non abbiamo mai potuto soddisfare i requisiti di cui al decreto ministeriale n. 471. Difatti, a prescindere dal fatto che il decreto aveva individuato in quella zona un sito di interesse nazionale senza nessun dato scientifico e in via presuntiva (su questo potremmo discutere a lungo), comunque provvedeva queste risorse per sapere se fosse inquinato davvero e, nel caso, che cosa bisognasse fare.

PRESIDENTE. Vorrei chiarire un aspetto. Al di là del caos e delle disfunzioni amministrative, chi ci ha guadagnato? A chi era diretta tutta questa operazione complessivamente scorretta che ci sta rappresentando?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Se esaminiamo chi ha eseguito i lavori nella laguna, i soggetti sono sempre gli stessi. Per dieci anni, vi sono tre o quattro imprese che ricorrono costantemente. La fase finale è stata la più critica in assoluto ed è stata - ed è - oggetto di approfondimento perché con il commissariamento si è introdotto un ulteriore strumento che ha reso agevole la gestione di risorse economiche, cioè quello della convenzione. Il commissario, infatti, poteva convenzionarsi.
Due sono le convenzioni fondamentali, una con il magistrato alle acque di Venezia, Patrizio Cuccioletta, e un'altra con Sogesid. Queste due convenzioni sono state dei momenti strategici in tutta questa vicenda. In particolare, ciò riguarda l'ultimo commissariamento. Posso dire questo perché è descritto nel capo d'imputazione, che è conosciuto.
Per quanto riguarda la prima convenzione con il magistrato alle acque di Venezia, dobbiamo sapere che metà delle acque di Venezia ha come concessionaria unica il Consorzio Venezia nuova, che ha una partecipazione del 51 per cento nella società Thetis, che è una grossa società di progettazione. Quindi, con la convenzione stipulata tra il commissario e il magistrato alle acque di Venezia, costui diventava stazione appaltante e, siccome concessionaria unica del magistrato alle acque di Venezia era il Consorzio Venezia nuova, il cui rappresentante legale è lo stesso soggetto che è anche presidente del consiglio di amministrazione di Thetis, il travaso di denaro è molto semplice.
La progettazione - molto imponente - delle vasche di colmata che avrebbero


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dovuto essere realizzate è stata affidata non dal commissario, bensì dal magistrato alle acque di Venezia, in virtù di questa convenzione. Lo strumento della convenzione era contemplato nell'ordinanza di Protezione civile che, di volta in volta, subiva delle varianti. Per la precisione, ne ha subite almeno quattro perché veniva modificata con l'introduzione di figure, di opportunità e quant'altro, in base alla situazione contingente.
Ora, l'ordinanza era emanata dal Presidente del Consiglio e veniva predisposta negli uffici dalla Protezione civile. Quindi, c'è da chiedersi se la Protezione civile formulava l'ordinanza, imponendola al commissario, che è un delegato del Presidente del Consiglio, oppure se il commissario la preparava, la proponeva e vi mettevano un timbro. Questo è un grande argomento.
Dalle mie indagini risulta che presso la Protezione civile non esiste una commissione tecnica. Nessuno della Protezione civile ha mai preso un aereo, un treno o una bicicletta per venire in laguna a vedere e capire quali erano le necessità e se bisognava cambiare l'ordinanza per fare le vasche di colmata e quant'altro. Non esiste una commissione tecnica. Inoltre, la Protezione civile non ha un'analisi. Almeno io non l'ho trovata perché non è mai arrivato materiale tecnico-scientifico alla Protezione civile, alla quale, di anno in anno, arrivava la relazione dei commissari, che scrivevano quello che volevano e rappresentavano quello che ho indicato nel capo d'imputazione, cioè un grave inquinamento della laguna.
Insomma, la Protezione civile non ha mai avuto una commissione. Questo è un dato oggettivo. Attualmente, con la riforma della Protezione civile non si pone più il problema perché queste ordinanze «anomale» vanno a scadenza e non si rinnovano più, quindi - grazie al cielo - non ci troviamo di fronte a questi fenomeni. La Protezione civile tornerà a fare quello per cui è nata, cioè occuparsi degli eventi straordinari che sono veramente tali.
A ogni modo, credo che queste ordinanze anomale fossero concordate perché, se così non fosse, erano forse emanazione di una volontà superiore imposta perché sicuramente non provenivano da una commissione tecnico-scientifica che si basava su dati certi. Se manca questa commissione, come si faceva a sapere che il commissario della laguna di Grado e Marano aveva bisogno di fare una convenzione con il magistrato alle acque di Venezia che era più specializzato di lui per fare da stazione appaltante per la progettazione delle casse di colmata? Se nessuno lo dice, non si dovrebbe scrivere neppure. Questa è un'ipotesi che si basa su dati oggettivi. Altrimenti, qualcuno mi deve spiegare come venivano elaborate e concordate queste ordinanze e sulla base di cosa venivano modificate. Perché, poi, di anno in anno venivano prorogate? In base a che cosa?
Personalmente, credo di aver acquisito tutto. La proroga avveniva sulla base di un rapporto fiduciario. Questa è l'espressione che ho sentito. Cosa significa «rapporto fiduciario»? Vuol dire - credo - che qualcuno fa un colpo di telefono a cui si risponde se si proroga o meno. Sicuramente, la proroga non avveniva sulla base di un'analisi tecnica di ciò che stava succedendo.
Per divertirci, vi dico che in una di queste relazioni che annualmente venivano portate all'attenzione della Protezione civile per avere una proroga si sosteneva addirittura che il sito era gravemente inquinato dalle concrezioni di ostriche portoghesi, quindi bisognava ripulirlo. Si vede che queste ostriche combinano qualche guaio sul fondo, causando un inquinamento. Insomma, abbiamo perso completamente il contatto con Caffaro, con il metilmercurio, con il mercurio naturale. A un certo punto, non si sapeva più di che cosa si stava parlando.
D'altronde, la Protezione civile non ha una struttura che fa dei controlli dal punto di vista finanziario, quindi si avvale della collaborazione del Ministero delle finanze che manda degli ispettori. Nel 2007, c'è stata un'ispezione che ha avuto esiti piuttosto pesanti. Ho riesumato anche questa presso la Protezione civile. In so


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stanza, si parlava di una struttura commissariale ridondante. Si pensi che l'ultima struttura commissariale aveva 26 dipendenti amministrativi, 8 soggetti del comitato tecnico-scientifico, 4 soggetti attuatori e 2 del comitato tecnico-consultivo. Stiamo parlando, cioè, di una struttura che aveva 40-45 persone. Nemmeno un'azienda di grande spessore ha tutti quei dipendenti stipendiati. Insomma, la struttura commissariale per fare i dragaggi della laguna aveva una quantità di persone al seguito, con dei costi esorbitanti. L'ispezione aveva dato conto di tutto. Si trattava di una struttura che costava 5-600.000 euro all'anno solo di stipendi.
Questa relazione è stata inviata anche alla Corte dei conti, ma non mi risulta che sia mai stato aperto un fascicolo su questo. Questa è stata la prima domanda che mi sono posta. Solo adesso, dopo la mia indagine, la Corte dei conti apre il fascicolo, mentre già in questa relazione si diceva che molti di questi soggetti, che erano stipendiati, non risultavano aver condotto alcuna attività all'interno della Commissione. Non c'erano nemmeno i contatti telefonici. Si facevano sentire solo per prendere lo stipendio. Dobbiamo sapere, inoltre, che tutti i soggetti che facevano parte della struttura commissariale avevano già un lavoro, quindi questo era un doppio o triplo stipendio.

PRESIDENTE. Il commissario quale interesse aveva? C'era un interesse politico o economico? Lei sta descrivendo una situazione più che preoccupante. Vorrei, quindi, capire perché il commissario aveva messo in piedi una struttura di questo genere. Ciò sarà stato certamente a vantaggio di chi ci stava, ma a vantaggio di chi altri, dal suo punto di vista?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Dall'analisi dei soggetti, che abbiamo esaminato uno per uno, abbiamo capito che molti di questi occupavano delle posizioni strategiche non solo in questo commissariamento, ma anche in altri. Alcuni di questi erano dei politici locali; altri, invece, venivano da Roma.
Sto aspettando che qualcuno mi spieghi come avvenivano le scelte di questi soggetti che facevano parte delle commissioni. Nella struttura commissariale c'erano persino dei dipendenti di Sogesid. Per la verità, non abbiamo capito a cosa servissero perché non abbiamo trovato documentazioni giustificative. Peraltro, la contabilità della struttura commissariale è di tipo speciale, il che vuol dire quasi assenza di contabilità, soprattutto riguardo ai primi due commissariamenti. Con grande difficoltà, siamo riusciti a ricostruire alcuni passaggi tramite la Banca d'Italia. Ci sono, però, dei buchi neri. Non sappiamo come siano andati i flussi, anche perché la cosa partiva viziata già dal ministero.
Questo è stato, però, fino al 2008, perché poi il ministero non ha più dato nulla e tutto è stato a carico del bilancio regionale. Devo, infatti, specificare che le risorse economiche non erano solo ministeriali, ma anche regionali. C'era, dunque, denaro che veniva erogato sia dal ministero sia dalla regione, ma dal 2008 abbiamo avuto solo risorse a carico del bilancio regionale. Una volta messo in moto il meccanismo, bisognava mantenerlo e la regione ne ha sopportato il peso tramite dei mutui.
Sto aspettando - ripeto - che qualcuno mi spieghi come venivano individuati i soggetti. Chi decideva di mettere persone che non hanno mai visto la laguna in vita loro?

PRESIDENTE. Venivano nominate dal commissario?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Si, formalmente era il commissario. Ci sono i decreti commissariali di nomina. Tuttavia, riguardo all'individuazione concreta di alcuni soggetti, mi chiedo come mai potessero anche solo conoscerli perché hanno determinate caratteristiche che rimandano ad altri riferimenti. Insomma, avrei piacere di capire anch'io quale fosse l'accordo sottostante.

ALESSANDRO BRATTI. Formalmente, però, le nomine erano del commissario.


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VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Si, ci sono i decreti. Sono tutti indicati nel capo d'imputazione, anche con il numero di protocollo.

PRESIDENTE. Il capo di imputazione è stato formulato perché c'è l'articolo 411-bis?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Per il mio metodo di indagine e di lavoro, essendo un pubblico ministero che sostiene l'accusa solo se sta in piedi, e, come dice il Codice, il pubblico ministero deve cercare la verità, quindi gli elementi contro e a favore dell'indagato, cerco di essere sempre il più precisa possibile. Le mie 40 pagine sono maniacalmente precise proprio per dare modo a ciascun indagato di difendersi su ogni singolo punto.
Forse, in certi passaggi, gli indagati sapranno da me quello che non sanno neppure di aver fatto. Comunque, siccome stiamo parlando di dieci anni di storia, in cui sono passate un sacco di persone, ciascuno di questi riguarda un segmento di questa storia. Pertanto, ho indicato in modo preciso ogni passaggio. Ciascuno di quei punti è, peraltro, ancora sotto valutazione, quindi ciascuno di questi soggetti mi può far capire per quale motivo ha fatto quella scelta e così via.
In sostanza, il capo di imputazione è preciso come un 415-bis perché, secondo il mio modo di lavorare, l'interrogatorio non si fa mai al buio, ma per sapere la verità, quindi deve essere preciso al massimo. D'altra parte, è accompagnato dall'avviso di garanzia proprio per dare a ciascuno la garanzia di potersi difendere. In definitiva, ciascun indagato, quando ha di fronte un pubblico ministero, deve sapere esattamente che cosa gli si contesta. Per quanto mi riguarda, tranne il numero di scarpe o la taglia della giacca, ho contestato tutto quello che avevo, rendendo ostensibili gli atti, che sono stati tutti indicizzati. Attualmente, siamo in via di scannerizzazione di questi 20.000 documenti, ma non è facile. Comunque, metteremo a disposizione anche un dischetto, quindi ciascuno troverà tutti i documenti raccolti nel corso dell'indagine di cui sono in possesso.

PRESIDENTE. Sono già depositati?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Agli avvocati che hanno chiesto copia degli atti, ho reso ostensibile tutto. Il problema è che sono tanti, quindi occorrerebbe attendere la conclusione della scannerizzazione perché con un dischetto è più facile consultarli.

PRESIDENTE. La mia domanda era di natura procedurale per sapere, se una volta scannerizzati, visto che li ha messi a disposizione degli avvocati, può metterli a disposizione anche della Commissione.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Sicuramente li metto a disposizione degli avvocati.

PRESIDENTE. Se viene meno il segreto istruttorio o investigativo...

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Peraltro, ad alcuni avvocati che mi hanno chiesto di estrarne copia, ho sempre dato l'autorizzazione. È tutto a scatola aperta. Non faccio nulla al buio perché gradirei che ciascun indagato fosse nelle condizioni ottimali di potersi difendere, proprio per farmi capire certi passaggi della situazione molto grave della laguna di Grado e Marano. D'altronde, la situazione è grave in genere perché questa è una replica...

ALESSANDRO BRATTI. Per noi è interessante il fatto che questo era - o è - uno schema che si ritrova in una buona parte dei siti di interesse nazionale. Sulla vicenda specifica, siamo andati Trieste e a Udine, abbiamo sentito l'ultimo commissario, abbiamo audito lei e abbiamo raccolto i dati.
Tuttavia, per me è molto interessante capire, in primo luogo, se ha degli elementi


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per ipotizzare che questo «schema di lavoro» si sia ripetuto in altri siti. In secondo luogo, è importante capire il ruolo di Sogesid che è presente in una ventina di siti su 57 e che è una società in house del Ministero del tesoro il cui utilizzo è contestato da tempo. Sarebbe, comunque, utile capire, il ruolo della società nel novero dei diversi incarichi, perché Sogesid, in alcuni casi, è stazione appaltante; in altri fa attività di progettazione; in altri ancora esegue i lavori e, infine, a volte si avvale anche di consulenze esterne.
Non essendo presente all'audizione, ho letto gli atti e so che l'amministratore di Sogesid, che è venuto qui, ha sempre detto che tutto ciò è avvenuto attraverso regolari gare e quant'altro. Ovviamente, non ho motivo per metterlo in dubbio. Tuttavia, lei ha detto l'imprese che hanno lavorato in questi siti, o almeno per quello che riguarda Grado e Marano, sono più o meno sempre le stesse. Insomma, vorrei capire se il meccanismo preoccupante che è stato descritto per Grado e Marano si ritrova anche da altre parti.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Direi che più che un'illazione, è un'argomentazione molto logica. Credo che per prorogare di anno in anno uno strumento contingente e urgente, senza avere alla base dati tecnico-scientifici che lo possano supportare, per dieci anni consecutivi, quindi rendere praticamente permanente uno stato di emergenza, ci deve essere un interesse, altrimenti nessuno lo farebbe mai.
Del resto, questo strumento è importantissimo perché ha due effetti di grosso valore. In primo luogo, con i poteri in deroga, può fare convenzioni, accordi e fare e disfare come vuole; in secondo luogo, una volta che viene investito un commissario della soluzione di un problema, sottraendola per dieci anni all'organo ordinario che per definizione dovrebbe occuparsene, significa togliergliela per sempre perché l'organo ordinario non è più in grado di...

PRESIDENTE. Questo è pacifico, ma riguarda i ruoli dei commissari sotto molti aspetti. Credo, però, che la domanda fosse diretta a stabilire se anche in altri siti si è trasformata una situazione di normalità, come lei ha descritto, in una di emergenza per far delle bonifiche che in realtà non sono tali.

ALESSANDRO BRATTI. Esattamente. Un conto è un errore tecnico, un altro è se si ipotizza un disegno, che è cosa ben più grave.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Volevo arrivare proprio a questo, ma credo che voi dobbiate trarre questa argomentazione. Sono un pubblico ministero e sono qui anche in veste istituzionale, quindi è un momento delicato. Quando parlo, lo faccio perché ho dei dati. Sotto questo aspetto, vi ho trasmesso anche una nota, che è stata autorizzata dal procuratore capo di Roma, dottor Pignatone, proprio perché c'è una parte dell'inchiesta che dovrà svilupparsi in questa procura. Vi è, dunque, tutto un filone da sviluppare.
Sicuramente, si può affermare senza ombra di dubbio che i commissari, oltre che con Venezia, avevano la convenzione con Sogesid, che è la società in house che indiscutibilmente si preoccupava di effettuare la progettazione delle bonifiche nel sito di interesse nazionale, qui come altrove. Mi risulta che si seguisse un modello di replica progettuale, sulla base del principio del marginamento fisico delle aree che imponeva un'opera di grande rilevanza economica. Per fare un esempio, per la bonifica Caffaro, sulla base della convenzione stipulata tra il commissario e la società stessa, il progetto redatto da Sogesid prevedeva un intervento di 230 milioni di euro iniziali, poi ridotti a 170-180 perché il commissario straordinario di Caffaro impugnava tutti gli atti e quindi si è cercato di ridimensionare.
Ora, se pensiamo che per l'Ilva sono stati messi a disposizione 150 milioni e che questa è cento volte più grande di Caffaro, si capisce bene quali sono le proporzioni.


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Insomma, per Caffaro avremmo dovuto attuare un progetto di gran lunga più costoso di quello messo a disposizione per Ilva, che riguarda un'intera città. Era un progetto faraonico, che prevedeva interventi di grandissimo rilievo, ma il problema era quello delle risorse economiche.
Per di più, si trattava di un'esecuzione in danno perché quella è una parte privata, quindi c'è un soggetto privato che avrebbe dovuto bonificare, a cui si è sostituito il commissario in questa sua funzione, appunto, di esecuzione in danno. Infatti, la logica è che se un'azienda privata non fa la bonifica, si sostituisce a essa un commissario che fa eseguire l'opera, dopodiché si recupera. Tuttavia, se quando è stato imposto questo progetto da 130 milioni di euro l'azienda Caffaro era in amministrazione controllata senza più gli occhi per piangere e l'area valeva molto di meno, come si potevano recuperare questi soldi? Chi ci metteva i soldi per poter fare questa bonifica?
La risposta è sempre la stessa. Chi fa il progetto non sa mai chi deve pagare. Quando si parla di soldi, sembra che l'argomento non interessi mai nessuno, salvo se bisogna prenderli. Tuttavia, nel momento in cui si va a progettare qualcosa, bisogna anche che sia sostenibile economicamente e che si possa realizzare, altrimenti a che cosa serve la progettazione? Quando si va a progettare un'opera di 200 milioni di euro, bisognerà pur sapere chi ci mette i soldi. Quando andiamo a fare la spesa, prima di riempire il carrello, bisogna guardare quando si ha in tasca. Non è che si arriva alla cassa e paga un altro che non si sa chi è.
Quello delle risorse finanziarie è il problema. Si facevano progetti per opere che, ab origine, si sapeva che non si sarebbero mai attuate perché non ci sarebbero mai stati i soldi per farle. Anzi, più erano costose, articolate e faraoniche e meno si potevano attuare, quindi non ci si assumeva nemmeno il rischio di dover recuperare le risorse perché le opere, poi, non si facevano.
Infatti, i 57 siti interesse nazionale sono ancora là. Questo è un dato. Peraltro, queste opere, se sono fatte a metà, non valgono niente; contano solo se realizzate dall'inizio alla fine, come un ponte, è inutile farlo arrivare fino a dieci metri dall'altra riva perché le macchine cadono giù anche se si è vicino, bisogna concluderlo. Pertanto, se i soldi non ci sono, è inutile progettare un'opera. Una cosa è se i soldi vengono a mancare successivamente; un'altra è progettare un'opera che non potrà mai essere finanziata da nessuno, soprattutto rispetto alla quale, in un contesto di esecuzione in danno, mai potrebbero essere recuperate le risorse. Nessuno poteva restituire quei soldi. Come si potevano recuperare 200 milioni di euro da un'azienda che mi pare abbia un valore di area non superiore a 50 milioni di euro? Da dove si potevano recuperare?
Questo è un ulteriore approfondimento. Forse, si pensava di recuperarli dalle cause o dalle transazioni ambientali. A questo punto, si spalancano le porte del paradiso. Su questo, però, non posso parlare. Insomma, quali erano gli strumenti di finanziamento reali? Questo è un grosso problema perché fin dall'inizio si sapeva - ripeto - che il soggetto che avrebbe dovuto rendere queste somme dalla vendita dell'area non aveva questi soldi. Ci si attendeva, forse, che il ministero erogasse i 150 milioni di euro che servivano per finire l'opera o che li desse la regione? Sono cifre importantissime. Questo vale per Caffaro, ma se si guarda ai progetti su tutto il territorio nazionale occorre una finanziaria intera per poterli attuare.

ALESSANDRO BRATTI. Questo è un problema. Tuttavia, il grado di inquinamento determinato dall'azienda, anche se poi questa fallisce per motivi economici, a legislazione attuale, deve essere rimosso dall'azienda stessa. Il proprietario, infatti, deve comunque provvedere a rimuovere l'inquinamento, indipendentemente dal costo. Chi accerta l'inquinamento deve metterne la responsabilità in capo all'azienda, a prescindere che essa abbia o meno i quattrini per pagare. Non vorrei dire una sciocchezza, ma è lo stesso ragionamento che si fa sul deposito incontrollato dei


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rifiuti. Siamo pieni di rifiuti in questo Paese perché chi li ha abbandonati non c'è più. Tuttavia, se un'amministrazione non fa un'ordinanza dicendo a qualcuno di portarli via, chi lo fa?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Questo è un bellissimo tema che mi interessa molto sviluppare. È l'argomento della giornata e vorrei proprio cogliere l'occasione. Un primo problema è che l'azienda inquina. Nello specifico, questa azienda ha inquinato e ha presentato, negli anni, il proprio progetto, parametrato al valore dell'azienda, ma gli veniva bocciato.
Infatti, i provvedimenti del Ministero dell'ambiente venivano sistematicamente impugnati. Peraltro, il giudice amministrativo dava pure ragione all'azienda. C'è una sentenza del TAR del Friuli Venezia Giulia del 2008, prima che venisse elaborato il progetto Sogesid, che dice a chiare lettere che ciò che si vuole fare in questo territorio, cioè un progetto faraonico, non aderisce ai criteri di sostenibilità economica di proporzionalità. Tuttavia, questa sentenza non ha interessato nessuno e si è continuato su questa strada.
Preciso che i ricorsi sono otto, molti dei quali sospesi. Avremo un'udienza il 14 ottobre in cui verranno decisi tutti simultaneamente. Ricorre, quindi, la questione della sostenibilità economica e della proporzionalità. Infatti, ci si deve chiedere se di fronte a un certo grado di contaminazione e di inquinamento - questo è il tema legislativo, appunto - il progetto redatto dalla società in house fosse davvero adeguato, economicamente sostenibile e accompagnato da prescrizioni esigibili. Insomma, era davvero esigibile quel progetto o forse la volontà era di trascurare volontariamente il progetto aziendale per far promuovere qualcos'altro che poi non avrebbe mai avuto attuazione?
Se si devono far spendere tanti soldi a un commissariato per progettare una cosa che poi non si farà, visto che il progetto dell'azienda non convince perché non bonifica e che quello alternativo sarebbe inattuabile, varrebbe la pena di fare un grande sarcofago e tombare tutto. Almeno non si spendono tutti quei soldi. Questo sarebbe un ragionamento più onesto. Si prende atto che quel sito non è bonificabile piuttosto che spendere i soldi in progettazioni che comunque non avranno mai attuazione, per investirli in qualcos'altro, magari per fare interventi di messa in sicurezza che eliminino un rischio di contaminazione di altri luoghi, delle falde o dell'atmosfera, evitando di sparpagliare l'inquinamento ovunque.
In tema di bonifiche credo di avere una certa esperienza. Quando un rifiuto viene portato da una parte all'altra, comincio ad avere problemi perché, finché è sempre allo stesso posto, si conosce la dimensione dell'inquinamento, mentre quando viene portato via non si sa mai dove va a finire.
Insomma, bisognava eseguire il progetto parametrato al valore dell'azienda, quindi sostenibile economicamente, visto che quel denaro poteva essere recuperato in qualche maniera, non avendo più risorse provenienti da altri, ma, se questo non era sufficiente, era inutile proporne un altro stravagante che non avrebbe mai potuto essere realizzato. Questa è la logica.
Su questo, vorrei fare un intervento appassionato. Quando si sviluppa un'indagine e interviene la magistratura, si creano sempre grossi problemi perché questa ha degli strumenti che, per loro natura, sono molto invasivi. La materia ambientale, poi, è terribile da questo punto di vista. In ambito ambientale abbiamo una normativa difficile, farraginosa e contraddittoria per cui è difficile per tutti capire come e dove si applica. Forse, bisognerebbe rivederla.
Questa normativa, infatti, crea un effetto particolare. I soggetti che, in buona fede, vorrebbero rispettare la normativa hanno delle grosse difficoltà sia perché i consulenti a cui si rivolgono forniscono sempre delle indicazioni molto strette, dal momento che non si assumono la responsabilità di dire che una cosa non è rifiuto perché, se poi la procura dovesse sequestrare l'azienda, non vogliono avere problemi, sia perché gli stessi enti pubblici di


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controllo, sapendo che ci sono opinioni diverse in merito, non si assumono la responsabilità di decisioni. In sostanza, se una persona, sulla base della propria esperienza personale, direbbe di fare in un certo modo, sa che si rischia sempre che arrivi un pubblico ministero che la pensa diversamente, creando problemi. L'applicazione della legge, però, non può dipendere dall'opinione di un pubblico ministero. Questo è il problema.
Noi siamo magistrati e dobbiamo applicare la legge per fare giustizia, intervenendo nelle situazioni che lo richiedono. Non possiamo decidere al posto di altri. Non dobbiamo avere il potere di distorcere un'economia. Il sequestro preventivo, per esempio, è uno strumento potentissimo perché, di fronte a esso, non servono altre misure o indagini. Il processo, a confronto del sequestro, è l'ultimo dei pensieri perché, intanto, si è rovinata una realtà in maniera preventiva.
Peraltro - se posso fare questo commento - siamo in un Paese molto strano. L'ordinamento, infatti, permette di intervenire con uno strumento preventivo in ordine a un reato contestato, ma non accertato, che potrebbe, quindi, anche risultare non sussistere. In sostanza, preventivamente si chiude un'azienda. Tuttavia, al magistrato non è consentito avere una funzione preventiva nell'interloquire con soggetti che, per loro avventura o sventura, entrano in contatto con realtà pregiudicate e che vorrebbero, in buona fede e con tanta buona volontà, evitare disastri.
Vi sono casi in cui alcuni ci vengono a chiedere se possono proseguire con certi contatti o accordi perché non vorrebbero mettere a rischio la propria azienda, ma il magistrato non può dare un consiglio, o meglio non può confrontarsi in via preventiva per evitare il verificarsi di un evento. In via preventiva, però, può incidere in maniera molto pesante sul destino di persone e di realtà economiche. Questa è una falla enorme dell'ordinamento.

ALESSANDRO BRATTI. Se un'azienda inquina, inquina.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Personalmente, credo che per evitare questo tipo di effetti, la materia ambientale debba trovare una soluzione, strutturandosi in maniera completamente diversa. Se posso permettermi, è necessario fare una procedimentalizzazione di questa materia. Insomma, come in materia di sicurezza, il soggetto che deve fare una bonifica o una messa in sicurezza deve sapere esattamente quello che deve fare e deve essere in grado di poter ottemperare in maniera chiara.
Se esaminiamo le conferenze di servizi e le prescrizioni, sfido chiunque a capire quello che c'è scritto. Poi, siccome questi atti sono interpretabili, arriva sempre qualcuno che non è d'accordo con quello che si è fatto e il soggetto è rovinato. È come un cecchino che aspetta la vittima per spararle addosso. Questo non può essere.
Allora, è necessario che l'indicazione degli interventi di bonifica e di messa in sicurezza o di qualsiasi altra tipologia in materia ambientale sia decisa con un obbligo giuridico da parte dell'ente amministrativo in sede di procedimento amministrativo, che è la sua sede naturale perché lì si devono contemperare gli interessi e ottimizzare gli interessi collettivi e quelli privati, non di fronte al giudice penale. Il procedimento amministrativo, infatti, è la sede naturale della composizione di interessi collettivi e privati.
Credo, però, che questo possa avvenire se introduciamo un concetto nuovo che pare essere estraneo al nostro ordinamento. Gli interventi devono essere resi esigibili e sostenibili in base a un budget economico che l'azienda è in grado di mettere a disposizione, altrimenti la pubblica amministrazione, per evitare responsabilità, prescrive qualsiasi cosa, al punto che il privato non capisce più nulla. Per lo più, spesso le prescrizioni sono inattuabili e il privato va dal giudice e dice che o realizza quegli interventi o paga i dipendenti o i contributi perché non può fare tutte e tre le cose.


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Bisognerebbe procedere, dunque, in base a un ordine di priorità. Credo che questo Paese si debba calare nella realtà e nella concretezza. I soldi sono quelli; altri non ce li possono dare. Ci sono degli enti pubblici che - come sappiamo - sono spesso non a norma, ma, in quel caso, si chiude un occhio perché il pubblico non ha soldi. Allora perché dovrebbe averli il privato, che paga i dipendenti e quant'altro?
Pertanto, di fronte a un risanamento ambientale, è necessario che vengano individuati gli interventi precisi da fare, in ordine a delle priorità che devono essere scelte secondo criteri tecnico-scientifici nell'ambito di un procedimento amministrativo.
Dalla mia esperienza ho notato che spesso la materia ambientale trascina molto gli animi di ciascuno di noi. Quando si parla di natura e di ambiente, sono tutti trascinati da questa idea. Il naturale è tutto bellissimo. Questo è un concetto che è un tecnico o uno scienziato smonta subito: anche la cicuta è naturale, però se la beviamo moriamo, quindi è meglio l'antibiotico, che non è naturale, ma a volte fa bene.
Quando si parla di ambiente siamo tutti pronti a dire che tutto è inquinato. Invece, in realtà, gli interventi da fare sono forse inferiori rispetto a quanto si possa pensare in un momento iniziale. Se le cose vengono fatte bene, in maniera sostenibile tecnicamente, credo che molte situazioni possano essere ripristinate. Certo, ci saranno anche situazioni talmente pregiudicate da non poter essere recuperate per cui sarebbe meglio lasciarle come sono. Tuttavia, altri casi possono essere recuperati se gli interventi sono indicati in maniera corretta e precisa, secondo un principio che non deve essere quello della bonifica e del ripristino del sito industriale per piantare ravanelli. Non si farà certo un parco giochi nella Caffaro e nel canale Banduzzi non si vanno a pescare le orate.
I siti industriali vanno messi in sicurezza nel senso che bisogna eliminare le fonti di contaminazione esterna. In sostanza, occorre fare in modo che il sito, che di per sé è pregiudicato e lo sarà per sempre, se non altro perché ha accolto una realtà industriale di quel genere per tanti anni, non pregiudichi altre situazioni.

PRESIDENTE. Credo che la sua indicazione sia chiara. Vorrei, però, tornare all'inchiesta. I suoi suggerimenti sono molto interessanti. Tuttavia, ricadono al di fuori delle competenze di questa Commissione perché noi facciamo le inchieste, poi altri valuteranno i risultati. A ogni modo, la ringraziamo perché, effettivamente, si tratta di dati importanti. Vorrei, però, chiederle se ci sono altre informazioni utili.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Il discorso si inserisce anche nella nostra vicenda. Infatti, ci chiediamo perché, se le aziende propongono un piano di risanamento di un certo ammontare, il ministero ne propone sempre uno che vale dieci volte di più. Insomma, o chi ha fatto il progetto dell'azienda era davvero un criminale e faceva solo finta o forse quelli di Sogesid sono un po' troppo ridondanti.
Questo è un primo interrogativo. Qual è l'interesse a fare questi megaprogetti? Se, poi, notiamo che di questi non ne è stato attuato neanche uno, ci viene da pensare che, forse, era quello di Sogesid a essere fuori dalle righe, non l'altro.

PRESIDENTE. Visto che siamo una Commissione di inchiesta sugli illeciti, vorremmo capire, non in generale, ma in questo caso specifico, quale può essere stato il vantaggio che ha ricevuto Sogesid, Nautilus e via dicendo. A parte lavori fatti che vengono pagati, ci interessa l'aspetto dell'illegalità. Per esempio, in questo caso, Sogesid in che misura ha agito secondo comportamenti criminali o illeciti?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Più grande, più articolato, più difficile è il progetto e più costa, quindi più denaro viene elargito. Sogesid non fa i progetti in casa, ma li subappalta.


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PRESIDENTE. In questo caso, il subappalto è stato funzionale a una parte politica, a un vantaggio agli amici e quant'altro? Vorremmo capire, insomma, se si tratta di errori amministrativi, anche se molto gravi, o quantomeno di leggerezze, oppure Sogesid ha fatto questo progetto perché lo ha fatto fare agli amici di un certo ministro piuttosto che di un certo sindaco.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Questa è una parte dell'inchiesta in sviluppo su cui dovreste interrogare il procuratore capo di Roma. Su questo, non mi sento di dire altro. Ho i miei riscontri, ma non posso esporli in questa sede, anche perché non credo di averne la competenza, avendo fatto una trasmissione, anche abbastanza articolata.

PRESIDENTE. E in sede locale?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. A Grado e Marano?

PRESIDENTE. Sì. Qualcuno si è messo dei soldi in tasca? Questo vorrei capire. Oppure qualcuno ha fatto delle attività che non andavano fatte per favorire qualcuno?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Posso dire che in questa società in house, come in altre società a cui sono state appaltate delle progettazioni, lavorava come consulente il soggetto che, negli anni precedenti, aveva bocciato altri tipi di progetto, quindi promuoveva quelli della Sogesid, per esempio.
Non posso dare altri giudizi. Sicuramente sappiamo - come, del resto, scrivono anche i giornali - che l'ex direttore del ministero era anche consulente Sogesid ed era anche presente nel comitato tecnico-scientifico del commissariamento.

PRESIDENTE. In questo caso è stato interessato, ha preso dei soldi, è stato pagato? Nel caso specifico di interesse, è intervenuto facendo consulenze pagate?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Anche questo è oggetto di indagine. Personalmente, parlo sempre quando ho i dati in mano. Ci sono due filoni attualmente in approfondimento. Evito, quindi, di dare informazioni, magari a metà, altrimenti sorgono più dubbi che altro. Non sarebbero, infatti, più informazioni, ma illazioni e non sono il tipo di farne.
So solo che la laguna di Grado e Marano poteva tranquillamente essere dragata come si è sempre fatto, senza creare tutta questa confusione.

ALESSANDRO BRATTI. Visto che questi conflitti di interesse o pseudo tali non erano solo dell'ex dirigente che lei non ha menzionato, ci può dire se ci sono anche altre indagini che riguardano eventuali collegamenti tra personaggi che erano o sono all'interno del Ministero dell'ambiente sempre rispetto al tema delle bonifiche e al rapporto con Sogesid?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Presso la procura di Udine c'è solo questa. So che è stato arrestato, in una certa circostanza, un soggetto dalla procura di Napoli.

ALESSANDRO BRATTI. Non sa, quindi, se sono in corso altre indagini.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. No.

PRESIDENTE. Le chiediamo, allora, di continuare sulla questione, per le parti che può riferirci. Poi, eventualmente, le porremo ulteriori domande.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. In sostanza, la struttura consiste nello strumentalizzare un problema che esiste per renderlo più articolato e per consentire l'ottenimento di risorse pubbliche che, invece


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di essere investite per risolvere quel danno, vengono canalizzate altrove, creando nuovi problemi inesistenti. Questo è il mio caso.
Le risorse vengono utilizzate molto facilmente tramite le ordinanze di Protezione civile. Pertanto, la laguna di Grado e Marano ha visto intrecciarsi due fenomeni. Il primo è l'uso della strumentalizzazione illegittima da parte della protezione civile; il secondo è la perimetrazione cautelativa e presuntiva di un sito di interesse nazionale, che poi non è mai stato oggetto di accertamento. A oggi, nella laguna di Grado e Marano, si parla di inquinamento conclamato, mentre tutti i dati scientifici dicono esattamente il contrario.
Poc'anzi ho menzionato il progetto MIRACLE. Un aspetto molto interessante è che questo è stato commissionato da uno dei commissari, quindi anche finanziato, all'università di Trieste, al Dipartimento di biologia marina che ha un grande spessore scientifico. È stato redatto un volume molto significativo, di rilievo internazionale, che avrebbe dimostrato alcune questioni, dalla distinzione tra mercurio naturale e metilmercurio al processo di metilazione. La nota simpatica è che questo studio è stato commissionato per sapere se si potevano allargare le valli da pesca. Insomma, da un lato, c'era un SIN, ma, dall'altro, tutti hanno sempre pescato e raccolto i molluschi. Quindi, c'era anche l'interesse di capire quali altri concessioni poter dare all'interno di questa laguna.
Da questo studio emerge un dato che ha interessato tutti, tranne evidentemente il commissario. La ricerca, infatti, è stata commissionata nel 2008 ed è stata conclusa nel 2010, quindi, a quella data, il commissario aveva in mano i dati. Comunque, lo studio dimostra che il mercurio naturale, che non è biotossico, non è biodisponibile e che è endemico della laguna, essendo, tra l'altro, proprio l'elemento che la rende più fertile, è più concentrato nelle zone fuori dal SIN. Paradossalmente, le zone esterne hanno più mercurio di quelle interne. Non c'è niente di strano però, perché è una conseguenza delle miniere di Idria, che versavano i sedimenti di cinabro, un cristallo non biodisponibile, fin dall'epoca medievale.
Il mercurio è presente da centinaia di anni. Le donne romane si facevano i belletti con questo mercurio naturale. Non c'è mai stato nessun tipo di evidenza sanitaria. Basti pensare che questa indagine della Procura di Udine è nata proprio per questa ragione. Infatti, l'indagine non è nata sul commissariamento, sulla bonifica o quant'altro, ma dal fatto che un giorno è arrivata una persona e mi ha detto che non capiva l'anomalia che in un sito di interesse nazionale, in cui dovrebbe essere tutto inquinato, tutti pescano. Poi, mi ha mostrato una cartina, molto bella, in cui ho visto una perimetrazione amplissima. Caffarro era piccola ed era a nord, invece c'era un'area enorme, nella quale risultava tutto inquinato.
A quel punto, mi sono preoccupata anche per me stessa, che ho casa in quella zona. È una vita che mangio i molluschi della laguna. Peraltro, tutti pescano. L'economia è basata su questo. Allora, sono partita dall'azienda sanitaria e ho scoperto che tutti i suoi provvedimenti dicono che, salvo una piccola zona della foce dell'Aussa Corno, dove sversava il canale Banduzzi - ma adesso pare che il metallo si sia depositato, quindi non c'è più criticità neppure lì - la pesca è stata sempre autorizzata, come anche la raccolta di molluschi, previa stabulazione di un paio di mesi solo in una zona ristretta perché ci sono le scariche fognarie, quindi, sotto il proprio batteriologico, i molluschi si devono spurgare.
La domanda, quindi, era o da sempre mangiamo i molluschi con il mercurio oppure il sito non è inquinato. Delle due, l'una. Dalle ricerche sanitarie emergeva che non era mai stato registrato nessun problema di questa natura. Infatti, l'ultima relazione dell'Azienda sanitaria regionale conferma proprio questo, come anche l'ultima relazione dell'ARPA del maggio 2012, che afferma che i corpi idrici non hanno nessun problema. Allora perché abbiamo questo sito di interesse nazionale? D'altra


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parte, il vincolo del sito di interesse nazionale non è mai stato introdotto neppure nel piano regolatore.
Da questo è cominciata l'indagine. Insomma, è partita al contrario perché mi sono occupata prima della salute dei cittadini, per poi scoprire che il problema del mercurio di Caffaro c'era, ma più lontano. Peraltro, non essendo della zona, ho dovuto fare un sopralluogo di persona per capire che c'erano tanti campi di mezzo, circa 3.000 ettari di terra, in cui i contadini e le aziende agricole hanno sempre coltivato i loro terreni. Se chiediamo loro dell'inquinamento, ci mandano via.
Successivamente ho cominciato a capire il meccanismo e ho scoperto che era commissariato tutto il sito. La zona industriale dell'Aussa Corno è fatta di aziende che, da quel che mi risulta, si sono arrangiate da sole. Non c'è mai stata un'esecuzione in danno. La laguna non ha problemi di metilmercurio perché si tratta di mercurio naturale, allora perché mai abbiamo commissariato? Inoltre, ho scoperto che il commissario non ha competenza sulle aree private, ma su quelle pubbliche e in tutto il sito di interesse nazionale l'unica area pubblica è la laguna. Il resto è tutto privato. La laguna, però, non ha problemi. Tutti - ripeto - mangiamo le vongole.
A quel punto, abbiamo deciso di vederci chiaro e abbiamo cominciato a scoprire queste analisi e quant'altro. Poi abbiamo capito che i soldi non andavano per la bonifica, che non è mai stata fatta, anche perché non ce n'era bisogno. Infatti, se davvero la laguna è inquinata, l'ipotesi d'accusa è mille volte più grave di quella attuale perché significa che in dieci anni di commissariamento hanno lasciato che tutti mangiassero i molluschi al mercurio. Allora, delle due l'una. Se la laguna non è inquinata, come risulta dagli ultimi studi, anche questi di livello internazionale, vuol dire che si sono sprecati i soldi per fare altro e, con il pretesto dei dragaggi, abbiamo portato i fanghi nelle casse di colmata, quando bastava metterli da parte.
D'altronde, la barena MA1 è costata 9 milioni di euro, a fronte di un costo originario stimato in 2,5 milioni; la gara è stata vinta da una società appaltatrice al 12 per cento di ribasso, ma poi è costata quattro volte tanto; doveva essere garantita per 64 anni, ma dopo 5 anni le palancole si stanno aprendo e la barena sta praticamente rilasciando tutti i sedimenti.
Questo è un vero problema. Infatti, la barena è enorme e ha raccolto i fanghi di tanti anni. Ora, sebbene non siano inquinati, i sedimenti sono una cosa viva perché contengono alghe, molluschi e quant'altro, quindi, se lasciati dove sono, hanno una funzione, ma se si mettono in una pentola a pressione per anni, credo che provochino qualche problema batteriologico. Perciò, se vanno riversati in mare, si crea indubbiamente un danno.
Inoltre, portando i fanghi nella cassa di colmata, quindi sottraendoli alla laguna, abbiamo prodotto un'erosione del territorio lagunare di grande importanza, con grossissimi problemi sia di nidificazione che di alimentazione di avifauna. La laguna di Grado e Marano è un posto bellissimo, suggestivo e unico, ma ha un ecosistema molto delicato. Le acque della laguna non si muovono, come quelle del mare, ma sono più stagnanti, quindi la laguna ha una vegetazione e una fauna che richiede molta stabilità. Invece, sottraendo i sedimenti, si vede, anche a occhio nudo, che gli argini sono completamente erosi.
Alcuni isolotti stanno sparendo e un'isola si sta dividendo in due, con diversi squilibri. Infatti, in una relazione pubblica, inviata anche alla regione e all'azienda sanitaria, nel 2010, lo stesso commissario diceva che in laguna mancano 2 milioni di metri cubi di sedimenti; la laguna, insomma, ha bisogno di 2 milioni di metri cubi di sedimenti. Tuttavia, nel contempo, si dava incarico alle società convenzionate di progettare una cassa di colmata per depositarli. C'era persino un altro progetto di portare i sedimenti all'isola delle Tresse di Venezia e in compenso questi avrebbero portato i loro nelle casse di colmata che stavano progettando.
Se avevamo bisogno dei sedimenti e sapevamo che la laguna è erosa, perché


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farlo? Peraltro, i sedimenti lagunari sono un bene prezioso, una risorsa da utilizzare senza la quale la laguna sparisce. Questo ripristino è urgente. Due domeniche fa, mi pare di aver letto sul giornale locale di Grado che devono fare delle barriere per le correnti con le alghe perché manca la sabbia, che, però, portiamo ancora via.
Questo è il discorso dell'eventuale disastro ambientale. Infatti, togliere sedimenti a un ambito lagunare, che non ha la possibilità di ripristinarli, se non mettendoli da parte, come hanno sempre fatto in passato, provoca grossi problemi. I vecchi saggi li mettevano da parte perché servivano, avendo le stesse caratteristiche del fondo naturale. Del resto, si fa in questo modo dappertutto; è proprio una regola. Viceversa, portandoli via, il problema diventa grosso anche dal punto di vista ambientale. Non solo si spendono tanti soldi, ma si provoca anche il problema ambientale.

PRESIDENTE. Quali sono i reati contestati?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Sono il 314 e 640-bis, quindi peculato e truffa ai danni dello Stato. La questione del danno ambientale è emersa perché anche l'ARPA afferma che mancano molti sedimenti.

PRESIDENTE. Sul piano fattuale, diceva che c'è un canale inquinato dal mercurio. Ecco, dove finisce?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Il canale Banduzzi è interno. Non è un canale lagunare, ma è, appunto, nella parte interna e collega l'azienda Caffaro alla foce dell'Aussa Corno, nel punto in cui si incrociano i due corsi d'acqua Aussa e Corno, quindi nell'estuario. L'inquinamento da metilmercurio era stato ipotizzato in laguna solo nella foce dell'Aussa Corno, laddove poi andava pian piano esaurendosi.

PRESIDENTE. Quindi il canale va in laguna?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Sì. Infatti, dagli studi e dalle analisi effettuati, l'unica zona contaminata risultava essere la foce dell'Aussa Corno, quindi quella doveva essere bonificata, ma non mi risulta che ciò sia avvenuto.

PRESIDENTE. E non si diffonde da lì?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. No, perché il mercurio è un metallo pesante e si deposita.

PRESIDENTE. È stato fatto un incidente probatorio per verificare il tipo di mercurio?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Tutti gli studi, a partire da quello di Brambati...

PRESIDENTE. Ho sentito degli studi, ma mi interessa sapere se, sul piano processuale, anche con l'intervento della difesa, sono stati fatti degli accertamenti tecnici.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. L'incidente probatorio, quindi l'accertamento tecnico, è stato fatto per quanto riguarda l'area Caffaro, il canale Banduzzi e l'effetto conseguente nel corso del procedimento nei confronti delle industrie Caffaro, che ha accertato la responsabilità dei dirigenti dell'azienda relativamente a quelle aree. In quel caso, il professor Centola del Politecnico di Milano era il consulente tecnico d'ufficio del GIP e ha accertato - peraltro, lo sentirò a breve perché voglio farmi spiegare alcune cose - che erano inquinati da metilmercurio la zona Caffaro, il canale Banduzzi e parte della foce. La laguna non è mai stata toccata da questi fatti.


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Questo è l'equivoco di fondo. Difatti, nelle difese giornalistiche - a me nessuno ha dato niente - si dice sempre che la responsabilità dell'inquinamento è della Caffaro, ma nessuno ha mai detto che ha inquinato la laguna. In quell'incidente probatorio la laguna non è stata toccata. È stata, invece, indagata, trivellata e carotata per dieci anni. La prima grande caratterizzazione è stata fatta da Nautilus e in quelle analisi sono emerse due questioni.
In primo luogo, la biotossicità era stata analizzata dal Dipartimento di biologia marina di Trieste, un istituto pubblico, che aveva accertato che i molluschi stavano benissimo, quindi non vi era biotossicità. Ho cercato anche di capire cosa significa fare un accertamento di biotossicità.

PRESIDENTE. Forse i molluschi stanno bene, ma anche i pesci stanno bene se mangiamo mercurio.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. No, i molluschi muoiono perché lo assorbono. C'è questa differenza. Il Dipartimento di biologia marina di Trieste faceva analisi sulla biotossicità per capire se entrava metilmercurio nella catena alimentare, ma già nel 2003 è stato accertato che questo non avveniva.

PRESIDENTE. Non ci sono pesci in laguna?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Certo.

PRESIDENTE. Chiedo questo perché c'è un caso molto noto. In Giappone c'era un villaggio in cui c'era una percentuale di pazzia molto alta rispetto alla media, determinata proprio dal fatto che mangiavano pesci, che, a loro volta, mangiavano mercurio scaricato da un'azienda. Per questo chiedevo se non si diffonde in laguna e se i pesci non lo ingeriscono.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Bisogna pensare che Caffaro non sversa più da prima degli anni Novanta, quindi, se si fosse diffuso in laguna, gli esami di biologia marina di Trieste avrebbero sicuramente trovato il metilmercurio nella catena alimentare. Inoltre, credo che, dopo vent'anni, avremmo sicuramente registrato gli effetti nocivi del mercurio, ma non esistono epidemiologie di questo genere. Infatti, la mia indagine è partita proprio dall'aspetto sanitario. Mi sono preoccupata di questo, ancor prima di capire se stavamo mangiando cose al mercurio.
In sostanza, vent'anni dopo la fine dello sversamento, il Dipartimento di biologia marina dice che non c'è bioaccumulo. Infatti, sia il progetto MIRACLES che gli accertamenti fatti da Nautilus erano accompagnati da schede - peraltro fatte bene - con delle tabelle su ciascun canale, in cui si vede che queste sono completamente vuote. Anche dai diagrammi si può notare che non esiste traccia di biotossicità dovuta al mercurio.
A fronte di questo, anche le analisi fatte da Nautilus davano un esito non allarmante perché riferivano che solo alcune piccole zone erano in fascia C, prendendo in considerazione le tabelle del protocollo Venezia (che tralascio perché è un'altra storia). A ogni modo, tutte le aree rientravano nei limiti del livello B, quindi non erano pericolose. Tuttavia, malgrado fossero rassicuranti, in sede di incidente probatorio è emerso che erano comunque peggiorative rispetto alla situazione reale perché davano un riscontro di metilmercurio a spot assolutamente ingiustificato. Non si capiva, cioè, da dove venisse fuori. Peraltro, questo era incompatibile come il processo chimico di metilazione.
Non sono una chimica, ma credo di aver capito che il mercurio naturale produce metilmercurio a seguito di un processo di metilazione. Ciò nonostante, non può produrne oltre una certa qualità quantità, altrimenti si autodistrugge. Ebbene, la quantità di metilmercurio indicata da questa azienda, a fronte di una biotossicità inesistente, era di gran lunga superiore a quella plausibile secondo l'entità di mercurio naturale che era stata


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individuata. Poi, si è scoperto che la Nautilus non aveva nemmeno gli strumenti per poter fare queste analisi. Questo è quanto emerso in sede di procedimento Caffaro.

ALESSANDRO BRATTI. Avete fatto approfondimenti sulla Nautilus o vi siete limitati all'intervento fatto a Grado? Insomma, avete fatto approfondimenti sul tipo di società, se lavora ancora, come ha lavorato e così via. Noi, peraltro, li abbiamo sentiti.
Inoltre, da quello che ha detto mi sembra di aver capito che, al di là dell'indagine specifica su Grado e Marano, ci sono gli elementi per continuare le indagini sul ragionamento del sistema esistente in buona parte degli altri siti di interesse nazionale. C'è, quindi, un filone di inchiesta che sta lavorando su questo?

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Su Nautilus ho assunto delle informazioni e saputo quello che credo sapete anche voi. Mi sono chiesta, infatti, come mai l'appalto fosse stato affidato a questa azienda. Ho accertato anche che la società concorrente aveva fatto un ricorso amministrativo, che ho letto, come anche la sentenza, verificando che è stato dichiarato irricevibile perché depositato un giorno fuori termine. Ho, poi, fatto gli accertamenti in relazione al motivo per il quale un ricorso di quello spessore, che evidenziava molte anomalie, fosse stato depositato in ritardo. Su questo non vorrei riferire anche perché rispetto il diritto alla difesa di ciascun indagato, quindi potrò avere informazioni più dettagliate solo successivamente.
Per Nautilus, quindi, ho fatto su quel tipo di accertamento. Stiamo parlando di un fatto del 2003. A Nautilus è contestato il concorso in peculato perché, attraverso analisi fasulle non validate, ha consentito il permanere di uno stato di emergenza che, nel caso in cui gli esami fossero stati fatti in modo valido, si sarebbe potuto chiudere definitivamente. Si tratta di peculato per distrazione perché invece di utilizzare il denaro pubblico per affrontare lo stato di emergenza, come diceva l'ordinanza, questo veniva impiegato per alimentarla e ottenere, quindi, l'effetto contrario. In questo senso si ha una forma di appropriazione. È una costruzione giuridica che si distingue dall'abuso d'ufficio. Lei, però, è sicuramente più bravo di me su questo argomento.

PRESIDENTE. Il pubblico ministero ha sempre ragione.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Il pubblico ministero non ha mai ragione, per definizione.

PRESIDENTE. Intendo dal punto di vista storico, non intellettuale.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. In questo caso, spero che non sia così. Se fossi partita dalla presunzione che fosse tutto chiaro, non avrei fatto gli interrogatori. Se faccio gli interrogatori vuol dire che parto dalla convinzione che devo ancora imparare qualcosa e qualcuno potrebbe anche suggerirmelo, dopodiché deciderò di conseguenza. Non ho pruriti di fare o non fare processi e così via. L'unica cosa che conta è la verità.
Per quanto riguarda la seconda domanda, ripeto che ci sono dei filoni relativi ad atti che devono essere sviluppati nel territorio in cui questi sono stati concepiti e che non è sicuramente Grado e Marano. Questa è una delle tante vicende satelliti rispetto a un disegno che si è concretizzato in altre sedi.

PRESIDENTE. Sentiremo il pubblico ministero di Roma.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Certo, è una questione di rispetto delle reciproche competenze, anche territoriali.
Vorrei solo aggiungere che il commissariamento prolungato ha un aspetto devastante di cui mi sono resa conto non prima, ma dopo l'indagine. Infatti, quando si estromette l'organo ordinario dalle proprie


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competenze, alla fine, esautorato il commissario e crollato il castello, nessuno sa più cosa fare della questione.

PRESIDENTE. La ringraziamo, ma abbiamo già scritto questo nella nostra relazione.

VIVIANA DEL TEDESCO, Sostituto procuratore della Repubblica di Udine. Bene, perché questo è il problema che si verifica con pregiudizio - questo è uno sfogo forse anche personale - di chi dovrebbe essere tutelato. Purtroppo, le indagini giudiziarie, anche quelle fatte con il massimo della diligenza, della volontà e dello spirito di servizio, hanno sempre degli effetti negativi non tanto e non solo per gli indagati, ma per tutti i soggetti che vengono a contatto con quella realtà, che sono innocenti e che lavorano.
Questa è una grande frustrazione per un magistrato che intende il proprio lavoro nell'ottica di un servizio alla collettività. Ci vanno di mezzo sempre quelli che lavorano. Quindi, c'è anche una certa tensione emotiva nel porsi nel modo più collaborativo possibile per cercare di far sì che gli effetti di un'indagine non creino pregiudizi ai soggetti che si ritrovano senza una sponda. Mi auguro vivamente che questo accada il meno possibile e che si trovino le soluzioni più proficue.
Certamente, dopo dieci anni di commissariamento che si trova in mano la questione da risolvere non sa da che parte prenderla. Questo è sicuramente vero. Chi dovrebbe affrontarla non ha più il controllo della situazione ed è una cosa gravissima.
Il pubblico ministero, a prescindere dalla sua volontà, deve sobbarcarsi la frustrazione enorme di aver fatto tanto, ma poi ci vanno di mezzo quelli che devono lavorare. Questo è un problema da risolvere a livello di sistema. La procura non ha gli strumenti per farsi carico di queste situazioni.
A ogni modo, credo che in materia ambientale in particolare, essendo così complessa, se non si arriva a una modifica dell'intero sistema, ci troveremo sempre di fronte a questa grande difficoltà. Un magistrato non sa se ciò che fa provoca più svantaggi o vantaggi. Ritengo, quindi, che tutta la pubblica amministrazione, magistrato compreso, debba sempre cercare di calibrare le cose. Quando faccio un'indagine, mi chiedo sempre se quello che faccio è dannoso o va bene perché, se deve pregiudicare gli altri, forse è meglio che stia ferma.

PRESIDENTE. La giustizia è una bilancia, a volte va da una parte e a volte dall'altra. Ringrazio la dottoressa Del Tedesco del prezioso contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,05.

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