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PRESIDENTE. L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti sul territorio della regione Basilicata.
Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Cedo la parola agli auditi.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del comitato diritto alla salute di Lavello. Ringrazio la Commissione per questo invito. Con Danilo Carbone siamo componenti del comitato diritto alla salute di Lavello, un comitato di cittadini che si è costituito nel 2006 e che segue le questioni ambientali nel nostro territorio.
Ci siamo occupati e ci stiamo occupando dell'inceneritore Fenice, che si trova a circa 5 chilometri dal centro abitato di Lavello, ubicato all'interno della zona industriale di San Nicola di Melfi. Ce ne stiamo occupando perché dal 2009, quanto secondo la sua stessa autodenuncia, questo inceneritore sta inquinando le falde acquifere sottostanti con materiali altamente cancerogeni, metalli pesanti.
Si tratta di un dato ufficiale, pubblicato con cadenza bimestrale dal 2009 sul sito ufficiale dell'ARPAB, Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. In realtà, però, la questione che ci preoccupa e che ci sta impegnando in maniera particolare è che abbiamo scoperto a settembre dell'anno scorso che questo inceneritore inquina già dall'inizio della sua attività. Sono state, infatti, occultate delle tabelle a noi, alla comunità e agli enti di monitoraggio, dalle quali si evince che questo inquinamento è acclarato a partire già dal 2002.
A seguito dell'inizio dell'indagine della procura di Melfi è stato dato incarico a un CTU, il professor Fracassi dell'università di Bari, il quale sostiene che addirittura, sulla base delle indagini che ha svolto, questo inquinamento risalirebbe al 2000. Si rileverebbe la presenza di nichel e di altri metalli pesanti, quindi, già a partire dall'avvio dell'attività di questo inceneritore.
L'inceneritore è stato costruito dalla società Fisia del Gruppo FIAT e inizialmente doveva servire per bruciare i rifiuti industriali prodotti dallo stesso stabilimento. Al suo interno, però, ci sono due forni: uno a griglia che, invece, serve per lo smaltimento di rifiuti urbani; uno rotante utilizzato, invece, per i rifiuti industriali, pericolosi e anche sanitari. A seguito di un ricorso della FIAT l'inceneritore è stato autorizzato a bruciare anche rifiuti prodotti da altri stabilimenti del resto d'Italia.
Questo, d'altra parte, è un dato abbastanza chiaro. Basta semplicemente guardare i MUD - le dichiarazioni che annualmente la società è obbligata a fare alla Camera di commercio sullo smaltimento dei rifiuti - da cui si rileva la provenienza di questi rifiuti da tutta Italia.
Quasi sicuramente l'inquinamento dipende dai rifiuti smaltiti all'interno del forno rotante. A marzo 2009, quando la società si è autodenunciata, gli enti preposti - a partire dal comune di Melfi, che ha competenza territoriale, ARPAB, regione e provincia - hanno avviato una conferenza di servizi per affrontare, ovviamente, la questione dell'inquinamento. Secondo i dettami della legge n. 152 del 2006, sono state avviate le procedure per la messa in sicurezza e lo studio di tutti gli interventi sull'inceneritore per risolvere il problema.
Ci ritroviamo, purtroppo, ad aprile 2012, con una serie di conferenze di servizi avviate nel 2009, una serie di procedure seguite, a mio avviso, in maniera grossolana e anche abbastanza poco meticolosa, come l'approvazione del piano di caratterizzazione, dell'analisi di rischio. Adesso si sta andando, secondo me, troppo velocemente verso un piano di bonifica, con una carenza notevole di informazioni. Esiste, per esempio, come ci è stato confermato dal dipartimento ambiente della regione Basilicata, un piano idrogeologico della zona: devono spiegarci come possono parlare di bonifica se ancora non hanno capito che cosa devono bonificare. Oltretutto, ci preoccupa che l'inquinamento delle falde acquifere sia tuttora in corso. Ribadisco che esistono delle tabelle pubblicate sul sito dell'ARPAB che ci dicono esattamente questo.
Tra l'altro, negli ultimi mesi sono apparse nuove sostanze che prima non erano monitorate. Si tratta, dunque, proprio di una carenza a monte dei controlli da parte dei vari enti. Nelle ultime rilevazioni ci sono arsenico, cromo esavalente e così via.
Ci viene detto che tutto questo è normale perché da quando è scoppiato il caso la società ha messo in atto un sistema per cercare di bloccare l'inquinamento, di limitare la fuoriuscita di inquinanti al di fuori del sito e che questo comporterebbe alcuni rilasci di sostanze che, probabilmente, si trovano già nel terreno.
Il problema è questo ed è abbastanza elementare: se queste sostanze sono tuttora rilevate sulla barriera al confine dell'inceneritore - i pozzi spia sui quali sono effettuate le prove si trovano esattamente sul confine - ciò significa che stanno continuando ad andare oltre il confine. Noi siamo fortemente preoccupati.
Chiedo scusa se magari non mi esprimo correttamente. Non siamo specializzati in queste materie, stiamo studiando la materia anche con l'aiuto e il supporto di tecnici, ma ovviamente ci troviamo ad affrontare delle questioni abbastanza specifiche. Ci chiediamo perché ancora oggi, aprile 2012, si continui a parlare di messa in sicurezza in emergenza a distanza di tre anni laddove questa deve essere un intervento immediato a limitare il danno, bloccare le perdite per passare alle fasi successive di analisi di rischio e bonifica. Oggi, invece, ci ritroviamo con la presenza di nuove sostanze che prima non erano
state rilevate. Si ritorna indietro, la conferenza di servizi va a modificare e a rivedere l'analisi di rischio.
Tutta questa procedura per noi è assolutamente anomala o quanto meno devono spiegarci qual è il limite temporale di tutto questo, cioè fino a quando dovremo assistere al rilascio di queste sostanze nel terreno per poter decidere che quest'attività va fermata per vedere cosa è successo e ripartire. Nonostante le nostre sollecitazioni e preoccupazioni, questo non succede.
A ciò aggiungiamo, purtroppo, le dichiarazioni di persone che hanno un ruolo fondamentale in tutta questa vicenda. Se l'impianto continua a funzionare, e quindi è autorizzato, è grazie al parere espresso da due enti che fondamentali: l'ASP, l'azienda sanitaria provinciale, e l'ARPAB.
Sul giornale locale, La Gazzetta di Basilicata, del 27 settembre 2011 un dirigente dell'ASP di Venosa, che esprime il parere in conferenza di servizi, sostiene di poter affermare che, allo stato attuale, l'inquinamento del sito Fenice non ha alcun riflesso sulla salute delle popolazioni perché all'ufficio competente non è pervenuta alcuna denuncia di malattie riconducibili a esso. L'ASP basa il suo parere non su un'analisi scientifica, su dati epidemiologici o sulla pubblicazione dei dati del registro tumori, peraltro fermo al 2006, ma sulla mancanza di denunce da parte dei cittadini.
L'altro dato sconcertante e preoccupante è che rileviamo, naturalmente senza dati scientifici - quindi, perdonate se questa informazione può essere grossolana - nella nostra zona un aumento delle patologie tumorali, ma anche di altri tipi di malattie, respiratorie e cardiovascolari. Questo dato, purtroppo, non è stato ancora scientificamente confermato. Più volte abbiamo chiesto in questi anni l'avvio di un'indagine epidemiologica, cosa che non è stata fatta, in una zona che ha una forte presenza di impatto ambientale perché c'è comunque uno stabilimento industriale, un inceneritore, ossia un'industria insalubre di tipo 1.
C'è, quindi, anche una carenza di informazioni, per cui siamo davvero preoccupati e a volte ci sentiamo anche impotenti nelle sollecitazioni alle varie istituzioni.
MAGDA NEGRI. Grazie per l'informazione molto esaustiva. Ho visto solo ora le richieste dei sette punti del comitato. Al punto 5) richiedete la revoca di qualunque autorizzazione in capo all'azienda Fenice EDF con conseguente blocco delle attività. Dalla rapida lista che avevano fatto, i dirigenti dell'azienda ci avevano detto che era previsto l'investimento di circa 3 milioni di euro per il risanamento delle falde acquifere: non ritenete che sia possibile una migliore sinergia?
Quella che avete delineato è una situazione di blocco. I soggetti pubblici rilevano tutti dei problemi, ma a vostro parere - non abbiamo nessun motivo di dubitarne - tutto va avanti con estrema fatica, con burocrazia e così via. C'è una valutazione differenziata sull'effettivo grado di pericolosità. Solo indagini epidemiologiche molto serie possono suffragare l'una ipotesi o l'altra perché è qui che si può aggredire la questione per non procedere per ipotesi indimostrate.
Chiedete la revoca dell'autorizzazione. Vorrei sapere, proprio personalmente perché la visita che abbiamo fatto è stata molto interessante ma un po' breve, se gli impegni assunti dall'azienda siano effettivi o meno.
GIANPIERO DE TONI. Innanzitutto, ringrazio i rappresentanti del comitato perché portano a conoscenza - anche se alcune indicazioni erano già alla nostra attenzione - un problema tutt'altro che di facile soluzione. Volevo chiedervi se, tra i dati a vostra disposizione, c'erano dati scientifici dai quali ricavare una connessione tra la popolazione colpita da malattie e l'inquinamento della Fenice.
Per quanto riguarda, invece, le richieste, mi pare che in relazione ai sette punti indicati - mi rivolgo al presidente De Luca - se il tema vero è che cosa può fare questa Commissione, si debba prenderne atto
come conoscenza e approfondirli nella nostra relazione. Saremo in grado di comunicare alle competenti autorità le responsabilità che emergeranno.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del comitato diritto alla salute di Lavello. In realtà, potrei rispondere a entrambe le domande in maniera molto semplice: tutta la normativa internazionale ormai fa riferimento al principio di precauzione, del quale, evidentemente, non si conosce il significato. Se ho, infatti, il sospetto che qualche cosa possa far male, la evito. Detto questo, esiste, ovviamente, una legge, per cui non stiamo dicendo che l'inceneritore in questo momento sia fuorilegge, opera grazie alla normativa, la legge n. 152 del 2006, e ad autorizzazioni rilasciate dagli enti.
Il problema vero sta però proprio nell'articolo 242, che abbiamo riportato sul nostro promemoria, per il quale l'azienda può - in sintesi - continuare la propria attività purché sia tutelata la salute pubblica e su questo non abbiamo alcuna certezza. Aggiungiamo che questo inceneritore è gestito da un soggetto che per anni ha tenuto nascosto o, quanto meno, non ha autodenunciato l'inquinamento.
Inoltre, a ottobre dell'anno scorso il proprietario, Fenice Spa, la società che ha sede a Torino, ha costituito una società a responsabilità limitata con 50 mila euro di capitale, alla quale ha ceduto la gestione dell'inceneritore. Nello spazio temporale tra ottobre 2010, quando è avvenuta questa operazione, e aprile 2011, quando la provincia ha fatto la voltura dell'autorizzazione, non sappiamo con quale autorizzazione l'inceneritore abbia operato.
Mi rendo conto che la nostra richiesta sia drastica, che di fronte abbiamo un'azienda che, naturalmente, fa business, opera e probabilmente ha tutto l'interesse a che tutto funzioni, ma di fatto si tratta di un soggetto che sta inquinando a tutt'oggi le falde acquifere e di un sistema istituzionale di contorno che non ci dà assolutamente certezza di nulla, compreso il fatto che l'ARPAB regionale non ha gli strumenti per verificare le emissioni di diossine, fatto banalissimo, o la possibilità di andare in qualsiasi momento all'interno dello stabilimento a effettuare dei controlli.
A ottobre dell'anno scorso è scoppiato un incendio alle 4 del mattino: il giorno dopo è intervenuta l'ARPAB e si sono affrettati a rilasciare delle dichiarazioni secondo le quali non avremmo dovuto preoccuparci perché il fumo che si era sviluppato era stato risucchiato dai forni. Così ci ha detto il gestore dell'impianto. Dopo qualche giorno, purtroppo per loro, sono state pubblicate delle fotografie scattate da persone presenti in quel momento dove, invece, si vede benissimo una colonna di fumo impressionante che avrebbe arrecato danni notevoli all'ambiente. Di questo, tuttavia, non c'è testimonianza e non c'è controllo. È per questa ragione che la nostra è una richiesta drastica.
Riguardo alla misura dell'intervento che stanno mettendo in atto, francamente non so dire se 3 milioni di euro siano tanti o pochi. Tra l'altro, in questo momento si sta ancora sperimentando quale debba essere lo strumento di bonifica più adatto per risanare il sito, quindi forse ce ne vorranno 30, 50, ma un'azienda ovviamente si assume dei rischi, per cui per noi 3 milioni o 100 mila euro non significano nulla.
MAURIZIO GRASSANO. Stando a sentire il vostro resoconto, tutti sarebbero collusi o comperati.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del Comitato diritto alla salute di Lavello. No, assolutamente.
MAURIZIO GRASSANO. Lei ci ha detto che è andato il funzionario dell'ARPAB e ha preso per buona la dichiarazione del titolare del forno che i fumi sarebbero stati risucchiati mentre non era vero perché ci sono le foto; ci dice che il responsabile dell'ASP ha redatto una relazione in cui sostiene che, dato che non ci sono morti, va tutto bene. Traggo questa conclusione da povero deputato: o sono tutti collusi
o comperati oppure c'è qualche cosa che non quadra. Mi piacerebbe tanto approfondire a questo punto.
ALESSANDRO BRATTI. Sapete che c'è stata anche una serie di numerose audizioni, anche molto lunghe, in altre Commissioni, per cui direi che tutti gli elementi conoscitivi sono stati acquisiti.
È evidente che di qualcuno bisogna fidarsi e, date anche le inchieste giudiziarie che riguardano l'organo di controllo, mi sembra che la procura stia facendo il suo mestiere. Ha fatto anche una serie di atti importanti, come sequestrare l'impianto, poi dissequestrato, come mi risulta. Se, però, c'è stato un dissequestro è perché c'è stata una richiesta e, probabilmente, la procura attraverso i suoi periti giudica che non ci siano pericoli in atto. Sarei molto preoccupato che di fronte a eventuali stati di fatto ancora in essere, che determinano l'inquinamento o il pericolo per la salute, la procura, tra verbali e approfondimenti da parte dei propri periti, consenta all'impianto di andare. Vorrei escluderlo perché così almeno ci hanno detto i procuratori.
Credo, in relazione ai vostri punti, che sia assolutamente indispensabile e opportuno chiedere, soprattutto da parte delle autorità pubbliche preposte, una conoscenza più approfondita dello stato dell'arte perché mi sembra, almeno da quanto asserito dai gestori dell'impianto, che avessero fatto per tempo segnalazione dei problemi. Pare che chi doveva controllare non abbia fatto, invece, il suo mestiere, ossia segnalare una situazione che non andava bene all'autorità preposta. Lì mi sembra che nasca il tema dell'indagine, da questo fatto enorme. Un procedimento è in atto e alla fine si vedrà se ci sono dei colpevoli, ma fino a che non si passa attraverso i giudizi, nessuno può essere considerato colpevole.
Non c'è dubbio che ci siano state delle problematiche riguardo ai controlli, che si consiglino per gli inceneritori almeno due controlli fiscali l'anno. Credo che qui non se ne facessero da molto tempo. Ci sono, dunque, situazioni che vanno assolutamente perfezionate.
Credo anche che sia giusto che ci sia una serie di richieste rispetto al tema della tutela della salute e della conoscenza del dato ambientale, ma mi sembra strano - non voglio mettere in discussione le vostre affermazioni - se le cose funzionano un minimo, almeno dal punto di vista dell'autorità giudiziaria, che con un inquinamento in atto, con un pericolo per la salute pubblica, l'autorità giudiziaria non abbia fatto nulla. Questo sarebbe molto grave.
Abbiamo chiesto chiarimenti. Ribadisco che, formalmente, nel momento in cui si è deciso di dissequestrare l'impianto, è perché non c'è un pericolo di tipo sanitario. L'organismo giudiziario prende in considerazione questi aspetti. Mi sembra, peraltro, che col cambio dei vertici dell'agenzia ambientale, oggi la situazione sia diversa, c'è un rapporto anche con ISPRA e con l'Istituto superiore di sanità. Tuttavia, presumo che, alla luce di quanto purtroppo è successo, sicuramente un episodio spiacevole e grave, le attenzioni siano di molto aumentate.
Credo, quindi, che, più che farci parte in causa, come abbiamo fatto, per acquisire i dati e procedere a una serie di approfondimenti con una relazione finale che riguarderà anche questo aspetto, non riusciremo e non potremo fare. Dovremo trasmettere, ovviamente, anche le vostre considerazioni agli organi competenti.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del Comitato diritto alla salute di Lavello. Non si è trattato di un sequestro dell'impianto, ma semplicemente della sospensione dell'autorizzazione della provincia che, alla luce delle nuove tabelle pubblicate a settembre dell'anno scorso, ha deciso, nonostante i pareri di ARPAB e di ASP, di sospendere l'attività dell'inceneritore chiedendo la possibilità di un ente terzo che verificasse se effettivamente, al di là dei pareri di ASP e di ARPAB, l'attività potesse continuare. In questo caso la procura non c'entra. Questa sospensione è stata
impugnata dalla società al TAR di Potenza e, naturalmente, hanno vinto il ricorso. Ce lo aspettavamo perché i presupposti di questa richiesta di sospensione non ci sono stati. Vorrei chiarire che siamo dei cittadini.
ALESSANDRO BRATTI. In caso di riscontro di un pericolo di carattere igienico-sanitario determinato dagli enti competenti o, nella fattispecie, dal perito, le procure normalmente intervengono. Lo stiamo verificando in una serie di casi molto più eclatanti, come per l'Ilva. Le procure, in caso di pericolo di carattere igienico-sanitario o ambientale conclamato, non fanno da spettatore. Il fatto che non intervengano mi fa presumere che la problematica, non dico che sia risolta, ma se non altro ci dovrebbe essere stata una messa in sicurezza.
È chiaro che non sono la stessa cosa una messa in sicurezza e un'operazione di bonifica, però dagli atti acquisiti mi sembra di capire che non sia in corso una situazione di pericolo ambientale e sanitario.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del Comitato diritto alla salute di Lavello. Ci chiediamo, però, su quali basi questo parere sia espresso. Non esiste un'indagine epidemiologica, per cui non riusciamo a dire se c'è un nesso con l'attività dell'inceneritore.
ALESSANDRO BRATTI. Un'indagine epidemiologica effettuata in maniera seria avviene, normalmente, su un arco temporale molto lungo, 15-20 anni, non è un'operazione semplice. Soprattutto per un inceneritore e se tra gli inquinanti c'è il nichel, converrete con me che è abbastanza difficile stabilire un nesso di causalità di questo tipo.
Se c'è una fuoriuscita di inquinanti che non rispettano, all'immissione o all'emissione, i parametri di legge, è chiaro che questo consente alle procure di intervenire e, ovviamente, se ci sono concentrazioni elevate di un certo inquinante, può esserci un pericolo di carattere igienico-sanitario. Effettuare uno studio epidemiologico può avere un senso, ma ha bisogno del suo tempo e con questi inquinanti credo sia abbastanza duro individuare un rapporto causa-effetto perché mi insegnate che dimostrare questo genere di rapporti spesso è abbastanza difficile, specie per alcuni inquinanti molto specifici.
GIANPIERO DE TONI. Anche sulla base delle riflessioni del collega Bratti, mi metto nei vostri panni e, essendo stato amministratore locale, so cosa significa anche la responsabilità diretta. Avete presentato un esposto alla magistratura: avete avuto indicazioni, risposte?
Evidentemente, ci sono due dati molto preoccupanti: da una parte, il nostro compito, come diceva il presidente De Luca, sarà quello di cogliere, approfondire, ovviamente, farci carico - siamo qui a rappresentare i cittadini e il nostro ruolo è questo - e capire se quello che avviene sul territorio rispetta la legalità e le regole emanate dal Parlamento.
Sto cercando di capire fino a che punto, come diceva il collega Bratti, la vostra convinzione si fa carico di lanciare un allarme e di trasmettere una preoccupazione di fondo, che pare essere fino ad oggi, però, non rilevata dagli organi competenti. Questa è la difficoltà che trovo in quest'audizione.
Il tema è che un comitato della salute di una certa dimensione presenta una lettura di fondo, noi ne prendiamo atto e ci preoccupa l'idea che non vi convincano gli organismi preposti che vi dicono di stare sereni perché tutto è sotto controllo.
NICOLA ABBIUSO, Presidente del Comitato diritto alla salute di Lavello. Se è vero che la messa in sicurezza in emergenza ha l'obiettivo di mettere in sicurezza il sito, quindi evitare che gli inquinanti fuoriescano, mi aspetto che ai pozzi di emungimento, quindi dove sono effettuati i controlli, non ci siano più inquinanti o meno di prima, tutto qua.
Ce ne sono diversi. Quanto alle altre considerazioni, non siamo né poliziotti né magistrati, ma semplici cittadini. Il pensiero
di ognuno di noi si basa sulle informazioni che ha. Ci stiamo rivolgendo alle istituzioni proprio per avere dei chiarimenti su quanto è successo o su quanto non è stato fatto in questi anni.
Sui motivi per cui non si è fatto o non si sta facendo io non so dare una risposta, o quanto meno, non posso esprimere in questa sede la mia convinzione perché non ho elementi. Non posso affermare che tutti gli enti siano collusi, nella maniera più assoluta. Ho una mia idea, ma ripeto che non posso manifestarla pubblicamente perché sarei uno sciocco non avendo elementi. Questo è oggetto del vaglio della magistratura.
PRESIDENTE. La ringraziamo, ma voglio assicurarle, come credo abbiano fatto anche i colleghi con le proprie riflessioni e domande, che non solo saremo attenti e raccoglieremo questi contributi che saranno inseriti nella relazione, ma li riproporremo alle autorità competenti territoriali proprio perché il vostro è un contributo assolutamente positivo e sintomo della preoccupazione di un comitato di cittadini.
L'attenzione è massima da parte di questa Commissione, che si affida anche - è il senso delle riflessioni dei colleghi - alla magistratura, ai riferimenti istituzionali, agli organi di controllo che garantiscono, certamente, che non è tutto bonificato al 100 per cento, ma che ci sono dei miglioramenti.
Ciò proprio per tentare di offrire una rassicurazione sui temi ambientali e su quelli connessi alla presenza di organizzazioni criminali.
Da questo punto di vista, vi ringraziamo anche del contributo e della collaborazione. Potete essere certi che da parte nostra c'è la massima attenzione e che continueremo a seguire questa questione nella relazione conclusiva.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,15.
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