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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione di rappresentanti di Legambiente e di WWF Italia, che
rientra nell'ambito di un approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla vicenda delle cosiddette navi a perdere. Ricordo che, nella seduta del 20 ottobre scorso, i rappresentanti di Legambiente avevano illustrato una relazione, mentre non è stata conclusa l'esposizione di quella del rappresentante del WWF Italia.
Faccio presente ai nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Prima di lasciare spazio agli interventi dei senatori e dei deputati che ne faranno richiesta, do la parola al dottor Stefano Lenzi del WWF Italia perché completi il suo intervento.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione e annuncio subito che, nella parte finale, chiederò la secretazione di un documento, che comunque consegno al Presidente, in una cartella, insieme agli altri dossier, che invece sono disponibili per tutti i membri della Commissione.
Visti gli sviluppi degli ultimi tempi, in relazione a Cetraro ma anche a Maratea, vi abbiamo portato alcune documentazioni per cercare di condividere con voi valutazioni e ragionamenti che vorremmo esporvi.
Cercherò, nonostante la mole di documenti, che comprende anche molti allegati, di esaurire quanto ho da dire in un quarto d'ora o venti minuti al massimo.
PRESIDENTE. Quando sarà il momento di secretare, la invito ad avvertirci. Sono presenti in aula anche i rappresentanti di Legambiente e dobbiamo valutare l'opportunità della loro presenza in aula dal momento che non sono tenuti al segreto come lo sono i componenti la Commissione.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Voi sapete che abbiamo presentato otto richieste ad altre Commissioni bicamerali d'indagine, ma partiamo da alcune questioni dell'ultimo periodo.
Uno degli elementi che abbiamo acquisito con una conferenza stampa del 29 ottobre a Roma tenuta dal Procuratore nazionale antimafia e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - che riprendo letteralmente - è stato quello che il caso del relitto di Cetraro è chiuso. Questo ha dichiarato il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, annunciando la chiusura delle operazioni di indagine e di ricerca della nave Mare Oceano.
WWF Italia si domanda perché, alla luce di numerosi riscontri, tra cui, in primis, quelli forniti dall'allora PM della Procura di Paola, Francesco Greco, nel 2006, secondo cui, nella zona davanti a Cetraro si trovano o si troverebbero navi non identificate affondate, non si siano continuate le ricerche, anche in considerazione del fatto, sulla base di tali riscontri, che le segnalazioni del PM Greco erano state ritenute valide dalla stessa commissione parlamentare.
PRESIDENTE. Chiedo scusa se la interrompo, ma recuperiamo subito la trasparenza: quali sono i numerosi riscontri a cui lei fa riferimento?.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Si trattava delle segnalazioni fornite da Greco nel 2006, che la Commissione, nella sua relazione conclusiva dello stesso anno, sostenne che dovessero essere tenute in conto.
Dal momento che si sta incentrando tutto sulle dichiarazioni di Fonti, viste anche alcune questioni più generali legate al numero di rilevamenti di relitti non identificati che cambiano a seconda della fonte che trasmette le informazioni, riteniamo che, in merito ad alcuni riscontri o segnalazioni, naturalmente non sulla Mare Oceano in quanto tale, ma che si erano avuti anche in Procura - bisognerà vedere anche i nove relitti sconosciuti, che non
devono trovarsi necessariamente davanti a Cetraro, ma che sono stati segnalati alla Commissione antimafia - occorra capire e approfondire, sulla base di riscontri anche ufficiali, che evidentemente sono stati trasmessi da autorità competenti, se finalmente si può cercare di individuare un relitto della nave a perdere e cominciare a venire a capo anche della catena delle responsabilità.
L'altra questione che poniamo è la necessità di comprendere che cosa sia avvenuto rispetto alle informazioni pervenute riguardo alle carte nautiche fornite nel tempo, dal momento che in alcune - questo fatto risale al 2006 - i relitti individuati compaiono e poi scompaiono, anzi prima non si trovano e poi improvvisamente compaiono.
Nella sua deposizione, il Procuratore Greco faceva riferimento a carte che fino al 1992 non comprendevano e non individuavano determinati relitti, e che dal 1993, invece, li comprendono.
Ricordo che, nella relazione conclusiva del 2006, si riferisce letteralmente: «i dubbi permangono, accresciuti anche dalle recentissime notizie dell'avvistamento, a circa 400 metri al largo di Cetraro, di un'altra nave con un vasto squarcio nel centro dello scafo; un'altra sagoma lunga 126 metri è stata avvistata a 500 metri di profondità al largo di Belvedere». Questo è scritto dalla Commissione, mentre Greco riferisce il ritrovamento di «un corpo estraneo della lunghezza di 126 metri [...] a 680 metri di profondità», un altro di «una nave lunga tra gli 88 e i 108 metri, larga da 15 a 20 metri, a 380 metri di profondità», nonché di «una nave a 15 miglia, verso Scalea» della lunghezza di 20 metri.
Il problema non è solo di stabilire o avere riscontri alle dichiarazioni del pentito, ma di tenere in conto l'esistenza di segnalazioni e riscontri che anche la stessa Commissione ha ritenuto validi. Posto che il caso Cunski debba essere considerato chiuso, crediamo fortemente che, al di là del discorso delle navi a perdere in generale, non debba avvenire lo stesso per il caso Cetraro.
Sulle questioni legate alle diatribe fra i rilievi compiuti dalla regione e dalla Mare Oceano, innanzitutto osserviamo che nel caso del fiume Oliva è stato adottato un protocollo di piena collaborazione fra gli enti, anche dal punto di vista tecnico-scientifico, dall'inizio alla fine della procedura, e che nel caso della Mare Oceano - non so se le responsabilità siano da attribuire alla regione o al ministero - tale protocollo non è stato adottato. Forse, se lo si fosse adottato, oggi non staremmo cercando di visionare video incomprensibili - per me profano, non per un tecnico - pubblicati sul sito del ministero.
Sapete che il 2 novembre scorso abbiamo chiesto una perizia pubblica comparata, in cui non soltanto i video, ma anche i fattori legati alle coordinate e al modus operandi dei due gruppi fossero messi a confronto. Questo avviene perché non è stato possibile adottare prima un protocollo.
In base alle informazioni che girano e che noi vi presentiamo, naturalmente, come fattori da verificare, il tutto non si concentra soltanto su che cosa abbiano ripreso i ROV, ma anche sulle caratteristiche delle due navi rispetto all'altezza, alla lunghezza, e via elencando. Trovate tutti i riscontri nella nostra documentazione.
Le comunicazioni che abbiamo avuto nel tempo sono state - nelle mie diverse esperienze mi sono occupato anche dell'ufficio stampa - un caso di scuola di come non realizzare una comunicazione istituzionale.
Il 27 ottobre mattina il ROV della Mare Oceano viene immerso. Il 27 mattina il ministro dichiara che la nave non è la Cunski, sulla base evidentemente di una scannerizzazione del relitto. Segue un intervento immediato di Geolab, che comunica che il ROV non era ancora stato immerso. Nel pomeriggio, il Procuratore nazionale antimafia Grasso parla non della nave Catania, ma della Cagliari.
Visto che siamo di fronte a situazioni così delicate, che possono alimentare dubbi e sospetti, varrebbe la pena di approfondire, tant'è vero che, per esempio,
il 29 ottobre Grasso non dichiara chiuso il caso Cunski, ma il caso Cetraro, su cui noi abbiamo alcuni dubbi, pur avendo inviato un comunicato di apprezzamento quando è stato notificato che non si trattasse del relitto dei veleni.
Abbiamo cominciato a porci alcuni problemi perché alcuni elementi che non tornavano, a cominciare dalle coordinate connesse. Su questi elementi abbiamo chiesto esclusivamente chiarimenti. Delle due l'una: o la regione ha fornito informazioni non strettamente pertinenti rispetto a dove ha svolto esattamente le operazioni, oppure altri...
PRESIDENTE. Ci può spiegare questo problema?
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Sì, e l'ho semplificato in una mappa che vi ho allegato. Andando a vedere i riscontri delle coordinate delle schede relative al Catania che, peraltro, non è un piroscafo passeggeri, ma una nave merci del 1917, e di quelle dove avrebbe operato - usiamo il condizionale - la regione, notiamo che intercorrono 3,5 miglia di distanza, che equivalgono a 6,5 chilometri terrestri.
Abbiamo svolto alcuni riscontri e abbiamo consultato anche un esperto di tali questioni. Al contrario di quanto affermano i portavoce della Geolab, che hanno sostenuto che allora non c'erano i GPS, che ci si regolava con le stelle e che bisognava considerare le condizioni di mare - persino io, che ho avuto poche esperienze di vela lo posso forse confermare, ma mi conforta il nostro esperto, che ne ha venticinque anni alle spalle -, noi non siamo in mare aperto in assenza di punti rilevanti a terra come, per esempio, sono i fari rispetto alla visione notturna. Come è noto, i portolani hanno come riferimento i fari, se non esiste evidenza di rocche, montagne o altri elementi geografici. Uno scarto di 3,5 miglia marine, anche nel 1917 - non siamo all'epoca dei Fenici - appare piuttosto singolare.
Delle due l'una: o qualcuno delle amministrazioni di oggi ha sbagliato a indicare le coordinate, oppure c'è qualcosa che non torna in un documento ufficiale.
PRESIDENTE. Scusi, le vorrei chiedere un chiarimento: le coordinate del luogo di affondamento del Catania da che cosa sono state ricavate?
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Da un sito che fa riferimento ai dati forniti dall'Istituto idrografico del Regno Unito.
PRESIDENTE. Quelli, però, sono i dati relativi alla posizione del sommergibile.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. No, alla posizione che il sommergibile fornisce rispetto all'affondamento del Catania.
PRESIDENTE. Sono relativi alla posizione che dà il sommergibile, non alla posizione del Catania. Glielo dico perché su questo dato si creano problemi.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Su questo dato noi comunque vogliamo avere risposte e ancora non ci sono stati forniti chiarimenti.
PRESIDENTE. Glieli ho dati io ora.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Certo, la ringrazio per i suoi chiarimenti, che non risultavano dalla scheda.
Questo è quanto. Sono state anche compiute verifiche direttamente con le fonti, rispetto alle loro dichiarazioni. Acquisiremo, comunque, le informazioni.
Abbiamo bisogno di chiarimenti anche rispetto alla natura di quanto hanno visto i due gruppi e speriamo che ciò sia presto chiarito fra le due amministrazioni.
Rispetto alle nostre otto richieste, avevamo chiesto alle tre Commissioni - mi fa piacere che sia arrivata anche la comunicazione dell'antimafia - di coordinarsi fra di loro. Auspicavamo tale coordinamento e ci pare che stia diventando effettivo. Peraltro,
avevamo avuto un riscontro, che vi abbiamo fornito, da parte dell'ormai dimissionario Presidente del COPASIR, Rutelli.
Per quanto riguarda gli altri materiali, vi abbiamo fornito documentazioni riguardanti gli aspetti dell'individuazione dei relitti, la questione legata al numero delle navi, che adesso esporrò, e, infine - su questo chiediamo la secretazione, più che altro perché non riusciamo a valutarlo e quindi ve lo consegniamo in modo che possiate farlo voi - la richiesta di intervento sulla reperibilità di Giorgio Comerio.
In merito al numero delle navi - su cui si può parlare in chiaro - abbiamo alcune indicazioni, relative a 39 navi, che la Commissione registra come segnalate nel 2000, di cui 26 dal Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, e a 44 navi, di cui nove non identificate, riferite dall'onorevole Napoli e segnalate alla Commissione parlamentare antimafia.
È uscita anche un'indiscrezione, che vi segnaliamo per quella che è, secondo la quale Branciforte - con un'audizione secretata, ma l'indiscrezione è uscita su alcuni siti web - avrebbe parlato di 55 navi. È tutto da verificare.
Poiché c'è un balletto di numeri, preoccupante in quanto tale - le fonti possono essere diverse - sarebbe augurabile che finalmente si arrivi se non a un numero conclusivo, per lo meno a un numero convenuto, soprattutto dei relitti non identificati, in modo da mirare su di essi l'intervento, magari dove si hanno maggiori riscontri.
Sarebbe interessante se enti o corpi come il Comando generale delle capitanerie di porto, ma anche l'AISE e la Guardia di finanza, che ha una flotta molto articolata e talvolta più potente di quella delle stesse capitanerie, nonché i carabinieri, che hanno anche i riscontri del NOE, potessero riunirsi e, naturalmente se hanno riscontri, dare finalmente un numero presunto e magari anche indicazioni su quali sono le navi e dove si possano effettuare accertamenti, per lo meno sui relitti non identificati.
A questo punto chiedo la secretazione.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione del circuito.
(I rappresentanti di Legambiente lasciano l'aula e i lavori proseguono in seduta segreta)
PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione del circuito.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
ALESSANDRO BRATTI. Più che porre domande mi permetterò di svolgere una considerazione su una questione già affrontata. Occorre cercare il più possibile di fare in modo che le informazioni che abbiamo acquisito nelle due perlustrazioni effettuate siano il più possibile esaustive e trasparenti, per fugare anche dubbi come quello emerso ora dalla discussione in relazione alle coordinate fornite dal sommergibile, perché poi ci si costruiscono sopra altre situazioni.
Questa è l'unica raccomandazione. Al momento non ho domande. Comunico agli amici del WWF che penso che anche noi abbiamo la necessità di avere indicazioni il più possibile precise, altrimenti il nostro lavoro diventa complicato.
Come avete visto, anche ieri è stata pubblicata una dichiarazione ANSA del Procuratore Greco, il quale sostiene che la questione delle navi sia tutta una bufala, che lui lo sapeva fin dall'inizio e che voleva però svolgere alcuni approfondimenti. Credo che sia stato sentito anche da noi.
Si tratta di una situazione che va verificata e approfondita, occorre che ci siano riscontri seri. La mancanza di certezza va a scapito del nostro lavoro, ma anche del vostro. Avete svolto un'enorme mole di lavoro, di raccolta di documentazione e di segnalazioni, ma se alla fine non si riesce mai ad arrivare a un piccolo risultato concreto che consenta di procedere anche con l'attività d'indagine, tutto diventa complicato, anche per noi.
Più siete in grado di fornirci indicazioni precise, più grande è l'utilità anche per il nostro lavoro.
PRESIDENTE. Non avevamo posto alcuna domanda a Legambiente, ma i problemi sono gli stessi. Io ho segnato alcuni dati che lei ha fornito e sui quali vorrei alcuni chiarimenti.
I riscontri di cui parla si riferiscono alle dichiarazioni di Fonti o all'esistenza di navi contenenti sostanze radioattive o comunque rifiuti pericolosi?
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Mi riferisco a riscontri relativi all'esistenza di navi. Rispetto anche alle osservazioni dell'onorevole Bratti, rispondo che ci sono diverse autorità che forniscono determinati numeri. Non a caso, siamo partiti, nelle nostre considerazioni, dalle nuove indicazioni arrivate e ci siamo posti il problema di capire che cosa siano queste nuove navi identificate.
Rispetto alla questione di Cetraro, intendevo dire che non esiste soltanto Fonti a sostenere di aver affondato una nave al largo della zona, ma c'era anche, fino a ieri, un'attività di indagine del PM Greco, il quale sosteneva di aver trovato relitti non identificati.
PRESIDENTE. In quale occasione Greco lo ha sostenuto?
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Nel gennaio del 2006. Mi riferisco al PM Greco della Procura di Paola.
PRESIDENTE. Adesso cercheremo di verificare, ma nella relazione della Commissione del 2006 non ci sono riferimenti a indagini sulle navi in Calabria.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. In quella pubblicata il 15 febbraio del 2006 c'è un riferimento a pagina 102-103.
PRESIDENTE. Allora si tratta della relazione conclusiva della Commissione presieduta dall'onorevole Paolo Russo.
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Invece quelle del PM Greco erano del 24 gennaio del 2006.
PRESIDENTE. È singolare, perché nel febbraio del 2006 avrebbero trovato una nave, più o meno a 400 metri di profondità, che sembra corrispondere a quella di oggi, cioè a quella che si riteneva fosse la Cunski. A voi risulta essere un'altra nave?
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Le segnalo che sono due le navi citate, una a 400 metri e un'altra, lunga 126 metri, a 500 metri. Non so se questa nave lunga 126 metri sia a 500 metri al largo.
PRESIDENTE. Cerchiamo di verificarlo. Invece i nove relitti sconosciuti trasmessi all'antimafia...
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Si tratta di una dichiarazione dell'onorevole Napoli rilasciata all'Espresso, in cui si dice che tale comunicazione sarebbe stata effettuata dalla Direzione marittima di Reggio Calabria. Non si parla di nove relitti a Cetraro, ovviamente, ma di nove sui 44 indicati.
Noi avevamo auspicato la collaborazione delle commissioni e credo che sia molto interessante non soltanto che forniate la vostra documentazione, ma anche che la Commissione antimafia vi metta a disposizione gli elementi che le sono arrivati.
PRESIDENTE. Lei, invece, mi parlava delle carte nautiche, che ci ha allegato. Sostiene che in alcune compaiono e scompaiono...
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. No, io ho allegato la dichiarazione, sempre di Greco, il quale afferma, in merito a un terzo relitto da lui segnalato, di 20 metri di lunghezza, a 15 miglia verso Scalea...
PRESIDENTE. Questo non ha alcun rilievo, perché evidentemente non corrisponde a nessuna...
STEFANO LENZI, Responsabile dell'ufficio legislativo del WWF Italia. Noi siamo d'accordo, ma Greco sostiene che le carte nautiche, aggiornate al 1992, non riportavano questo relitto, che invece viene inserito nel 1993. È tutto comunque da verificare ma, in un'agenzia AGI del 29 ottobre, fonti vicine a Geolab affermano che sarebbe stato identificato il relitto del Catania, anche grazie a una vecchia mappa dell'esercito tedesco che riporterebbe l'affondamento. Ripeto: è tutto da verificare. Sulle mappe italiane non ce ne sarebbe, invece, alcuna traccia.
Abbiamo cercato di fornirvi tutti i documenti in originale in modo che possiate trarre le vostre valutazioni.
PRESIDENTE. Di questo vi siamo molto grati. Come sempre sia voi che Legambiente siete tra le fonti più ricche di informazioni e notizie. Su questi dati acquisiremo quanto possibile. Abbiamo una relazione inerente l'attività svolta e possiamo dire che le risultanze delle indagini svolte sulla nave individuata a settembre sono le stesse di quelle di oggi.
È possibile poi che tutte e due abbiano visto una nave diversa da quella di cui avrebbe parlato Fonti. Il dato che ci è stato fornito è, comunque, che si tratta della stessa nave. È stato realizzato un DVD - speravo di riuscire a proiettarlo - con la comparazione delle due navi, che ci permette di affermare che certamente la presunta Cunski, definita come tale quando fu ritrovata, in realtà è il Catania. Peraltro ne è anche stato ripreso il nome, per quello che si riesce a leggere, e di certo non è Cunski.
Il punto da chiarire è quello che lei osservava e che peraltro figura nell'articolo di Bocca, cioè che ci sarebbe una differenza tra il punto nave segnalato dal sottomarino e quello individuato oggi. In realtà, l'indagine ha riguardato un'area più vasta della nave.
NUCCIO BARILLÀ, Componente del direttivo di Legambiente. Vorrei intanto ringraziarvi per il fatto che abbiamo appreso che la Commissione verrà in Calabria. Lo riteniamo non solo è un segno di attenzione, ma colma parzialmente anche una lacuna. In Calabria si è lamentata la distanza istituzionale e la presenza inadeguata del Governo. Credo che la vostra missione possa rappresentare un punto di risarcimento di un rapporto, al di là del suo valore intrinseco.
PRESIDENTE. Siamo già stati in Calabria, per sua informazione.
NUCCIO BARILLÀ, Componente del direttivo di Legambiente. Voi sì, ma io parlo in generale. Mi permetto in questa sede, perché siete espressione del Parlamento, di lamentare una questione che in Calabria è sentita in maniera molto forte.
A tale proposito, ci permettiamo di riproporre che, nella prima parte della vostra missione, possiate venire a Crotone, perché, in questo momento, rappresenta, a nostro parere, il grumo, il punto di coagulo delle contraddizioni e dell'emergenza ambientale. Esiste un'attesa, ci sono emergenze, magistrati esposti, una situazione che, ogni giorno di più, presenta nuove tessere in questo puzzle. Ci permettiamo, se possibile, anche simbolicamente di proporre la scelta di Crotone come punto di attenzione principale.
Sulla questione di Cetraro, tutti i dubbi vanno sicuramente fugati sul singolo caso. Noi chiediamo però, poiché ci sono documentazioni evidenti, istituzionali, della presenza a Cetraro, oltre che del Catania, anche di altre realtà, di altre possibili navi affondate, che il monitoraggio venga completato. È un'occasione, perché se restassero dubbi inevasi e domande senza risposte, il danno accusato dal turismo e dall'economia in questa fase non farà altro che riproporsi puntualmente. Diversamente, invece, se ci fosse un monitoraggio completo, a partire dalle indicazioni precise dei magistrati e dalle segnalazioni dei pescatori. A tale proposito, ne consegniamo, senza nessuna pretesa, alcune che
ci sono pervenute. In tanti sostengono che, a tre miglia dal luogo in cui è stata individuata la nave, vi sia una secca, accanto alla quale ci sono profondità vulcaniche fino a 3 mila metri, scelte spesso per l'inabissamento di relitti, dove alcune fonti, che non hanno avuto la forza di sottoscrivere tali elementi con dichiarazioni, affermano di aver visto bidoni scaricati da navi. Tutto va verificato, ma crediamo che un'indagine in merito potrebbe servire a completare le conoscenze, anche in altri luoghi dove non solo c'è il sospetto, ma in alcuni casi anche la prova certa, della presenza di navi.
A tale proposito, forniamo alla vostra attenzione una copia dell'esposto presentato presso la Procura di Reggio Calabria, che ha come riferimento particolare l'affondamento della Rigel. Credo sia una comunicazione che voi già avete, ma, in caso contrario, mi permetto di farla io: credo che la Procura di Reggio Calabria abbia aperto un'inchiesta, evidentemente a partire da quella madre in corso da tanto tempo, in cui sono stato ascoltato quale persona informata sui fatti, in veste assolutamente formale.
In vista della vostra missione in Calabria, mi permetto - avendo peraltro presentato nel 1994, a nome di Legambiente, insieme al dottor Fontana, il primo esposto - di sottolineare un aspetto che rischia di restare in ombra: la grande inchiesta, che si è allargata fino ad avere dimensioni nazionali, partiva da segnalazioni di traffico di rifiuti radioattivi o nocivi dal nord Europa verso alcune zone della Calabria attraverso navi. Una delle variabili era il trasferimento tramite TIR in alcune zone dell'Aspromonte.
Credo che l'interramento, il tombamento dei rifiuti debba essere oggetto di un approfondimento. Se ne sono occupati, ovviamente in modo saltuario - non esiste un collegamento diretto, al di là dell'inchiesta originaria - tante procure ed emergono tanti aspetti che meriterebbero davvero di essere approfonditi. Mi limito a segnalarvene alcuni.
Un monitoraggio sulla fauna ittica dei corsi d'acqua dell'Aspromonte, effettuato da due ittiologi per conto dell'amministrazione provinciale di Reggio Calabria ha potuto rilevare, a valle dell'invaso del fiume Menta, alcuni esemplari di salmoni e trote che presentavano l'apparato scheletrico deforme. Vi forniremo documentazione in merito, ma questa è quella ufficiale.
Ciò, di per sé, non vuol dire niente di particolare, anche se la relazione tra apparato scheletrico e presenza di diossina è piuttosto consolidato. Chiediamo che venga svolto un approfondimento, per evitare l'allarme e sarebbe bene effettuare un monitoraggio. Il fatto che, in un monitoraggio su tanti corsi d'acqua, solo in quel luogo sia stato riscontrato tale fenomeno significa che esso non è dovuto ad altre cause naturali. Deve essere, dunque, svolto un approfondimento.
Peraltro, abbiamo appreso dalla stampa che ci sarebbe un altro pentito che fa riferimento alle cosche della montagna e che è disponibile a parlare. Forse anche su questo terreno una valutazione vostra sarebbe importante.
Negli atti dei processi, nella storia di questi quindici anni, vi sono pentiti che sono stati ascoltati alla Procura di Palmi, dall'allora Procuratore Costa, i quali parlavano del traffico di rifiuti verso quella zona, indicando i clan e fornendo informazioni molto precise. Esiste una segnalazione, che riteniamo abbia rilievo e che sembra sia stata oggetto di attenzione della procura: i NOE di Reggio Calabria avrebbero presentato alla procura un'informativa che riguarda la località di Pettotondo di Mammola, dove, in una cava, grossi blocchi di cemento - parliamo del 2001 - sarebbero stati interrati di notte. Se ciò è stato attenzionato dalla procura, è facile capire se è stato verificato e a quali conclusioni si è arrivati.
Un aspetto assolutamente importante, forse nuovo da questo punto di vista, riguarda il vibonese, che, secondo i nostri rapporti annuali sull'ecomafia, in cui condensiamo tutti i dati, sia istituzionali, sia provenienti dalla società civile, è diventato un nuovo punto di aggressività forte delle
cosche locali di 'ndrangheta, in particolare in tre località: Drapia, una località sopra Ricadi, Tropea dove si è registrato...
PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma noi abbiamo un problema: alle 15,00 i lavori della Camera sono ripresi con le dichiarazioni di voto. Le chiederei la cortesia di farci pervenire i dati specifici, anche in riferimento ai collaboratori di giustizia di cui ha parlato, in una relazione scritta.
NUCCIO BARILLÀ, Componente del direttivo di Legambiente. Concludo solo citando l'altra località, Rombiolo, sempre nella zona del vibonese, dove - pare che la Guardia di finanza se ne sia occupata in un'inchiesta - sono stati trovati fusti in una cava di sabbia, poi ricoperti. Infine c'è Acquaro, una località che già compariva nella vecchia inchiesta e di cui si era già parlato dieci anni fa. Sono tutte zone che possono essere state interessate da questi fenomeni.
Concludendo, vi invito a esaminare la parte dell'inchiesta sul traffico di rifiuti che riguarda la montagna. Nel 1996 il magistrato che indagò - la stampa lo disse, ma poi le carte furono pubblicate dopo l'archiviazione - aveva individuato, con i satelliti, in un preciso incidente probatorio, duecento siti...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma dobbiamo chiudere. Le chiederei di farci avere tutti questi dati.
NUCCIO BARILLÀ, Componente del direttivo di Legambiente. Consegneremo anche un dossier che riguarda la nave Eden.
ANTONIO PERGOLIZZI, Rappresentante di Legambiente. Riguarda, in particolare, un'inchiesta di Rainews24, a cura di Maurizio Torrealta e Angelo Saso, che racconta, avvalendosi di documenti, la storia della Eden V, una delle tante navi che venivano utilizzate in maniera illegale. È importante, peraltro, perché ha permesso di individuare migliaia di punti al largo del Gargano dove alcuni pescatori, con rilevazioni GPS, hanno indicato che siano seppelliti relitti, cassoni, container. È un documento interessante.
PRESIDENTE. Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.
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