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Seduta del 27/10/2009


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Audizione di rappresentanti di Save the children Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei minori nei mezzi di comunicazione, l'audizione di rappresentanti di Save the Children Italia, in particolare della dottoressa Arianna Saulini, responsabile advocacy e monitoraggio Italia, e della dottoressa Cristiana De Paoli, responsabile area nuove tecnologie.
Do la parola agli auditi.

ARIANNA SAULINI, Responsabile advocacy e monitoraggio Italia Save the Children Italia. Buongiorno. Vi ringrazio per l'invito e per il rinnovato interesse sul tema della tutela dei minori nei media, per noi fondamentale.
Rispetto a questo, ci sembra molto importante l'indagine in corso da parte della Commissione infanzia e vorremmo sottolineare in questa sede che è in discussione presso la Commissione giustizia il testo unificato delle disposizioni in materia di pedofilia. Sono già state svolte alcune audizioni, a cui abbiamo partecipato anche noi, a gennaio dello scorso anno, e si è arrivati ora a un testo unificato.
Va, inoltre, sottolineato in questa sede il fatto che sempre in Commissione giustizia il testo unificato è stato posto in relazione con il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, firmata a Lanzarote il 25 ottobre del 2007.
La Commissione conosce già Save the Children Italia. Quello che possiamo precisare in questa sede è che uno degli ambiti di intervento in Italia di Save the Children è dedicato al tema dei minori e alla loro tutela nei nuovi media. Ci siamo fatti forti di un'esperienza consolidata anche a livello internazionale su questo fenomeno, quindi sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione riguardo, in particolare, a internet, lavorando in partnership e in collaborazione con diversi soggetti sia a livello istituzionale che a livello di altre associazioni, stringendo collaborazioni con l'industria e i media stessi, nonché lavorando molto a contatto con i ragazzi. Al momento, Save the Children Italia è il referente per la Commissione europea nell'ambito del programma cofinanziato dalla Commissione stessa Safer Internet, dove lavoriamo in partenariato con Adiconsum.
Il Safer Internet Day - generalmente nelle prime due settimane di febbraio organizziamo ogni anno una giornata di sensibilizzazione - l'anno scorso ha visto coinvolti in prima persona i ragazzi, che hanno sviluppato dal loro punto di vista, come utenti


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della rete, delle precise richieste e istanze da rivolgere alle industrie, peraltro presenti anch'esse a quell'evento.
In Italia, come Save the Children operiamo attraverso la hotline Stop-it. La hotline è un servizio di segnalazioni via internet di materiale pedopornografico. La nostra hotline Stop-it è operativa dal 2002, quindi ormai da numerosi anni. È importante ricordare che la prima hotline in Europa è stata aperta proprio da Save the Children in Norvegia nel 1996 e, da lì, la rete si è poi allargata.
Al momento, noi facciamo parte della rete INHOPE di cui fanno parte trenta hotline a livello globale e con numerose altre associazioni Save the Children lavoriamo in network a livello europeo.
L'attività di segnalazione di siti pedopornografici è cambiata nel corso del tempo. In particolare, noi ci siamo adeguati alle linee guida per le attività delle ONG in materia di monitoraggio di siti pedopornografici che sono state adottate nel 2005. Inoltre, ci siamo allineati alle nuove disposizioni introdotte dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38.
Le linee guida prevedono che organizzazioni non governative, come la nostra, che ricevono le segnalazioni, debbano poi inviarle alla Polizia postale (so che in merito avete audito anche il dottor Vulpiani). Noi lavoriamo, dunque, in sinergia con il centro gestito dalla Polizia postale e delle comunicazioni.
Le segnalazioni pervengono a questo centro, senza che sia stato verificato il contenuto del sito e senza averne scaricato il materiale. Infatti, anche da quello che si evince dalle dichiarazioni rese dal dottor Vulpiani in questa sede, l'attività di segnalazione prevista nel nostro Paese è svolta dalle forze dell'ordine competenti. Le segnalazioni provengono per la maggior parte proprio da altre forze di polizia. Una percentuale significativa (18 per cento) avviene direttamente da parte degli utenti della rete internet e, per un restante 36 per cento, da parte delle associazioni del terzo settore, come la nostra. In particolare, all'interno di questa percentuale, ricordiamo che per il 17 per cento si tratta di segnalazioni che vengono dalla hotline Stop-it.
Dal punto di vista preventivo e, trattandosi di un fenomeno di natura illegale, soprattutto repressivo, noi lavoriamo in sinergia con la Polizia postale e delle comunicazioni. Nel corso del tempo, però, la nostra attività si è andata sempre più orientando anche verso azioni di sensibilizzazione e di advocacy nei confronti dei soggetti referenti in questo settore, ma anche e soprattutto di sensibilizzazione a un utilizzo sicuro della rete da parte dei ragazzi e a un processo di empowerment degli stessi, avvenuto attraverso attività mirate nelle scuole, lavorando con i ragazzi, con gli insegnanti e con i genitori. Consegniamo agli uffici della segreteria della Commissione alcune pubblicazioni e guide che abbiamo realizzato per i genitori, perché ci siamo resi conto - la mia collega approfondirà questo aspetto - dell'importanza di sensibilizzarli sui rischi della rete, ma anche sulle opportunità della stessa, per non vederne solo gli aspetti negativi.
Infine, anche in considerazione dell'audizione dell'onorevole Romani, vorrei sottolineare che Save the Children, in passato, in collaborazione con il Ministero delle comunicazioni, ha sviluppato il sito tiseiconnesso.it finalizzato proprio alla sensibilizzazione di minori e adulti rispetto alla navigazione in internet.
Abbiamo seguito, in passato, lo sviluppo della bozza di Codice unico minori e media nel quale, come sapete, dovrebbero confluire tutti i codici attualmente in vigore per la parte specifica riguardante internet e cellulari. Stiamo sollecitando la definizione di questo importante documento e auspichiamo, quindi, che si arrivi alla pubblicazione di un codice unico, ridando vita ai lavori che si sono interrotti.
Rispetto all'indagine di oggi, ci è sembrato importante fare un focus specifico per quello che riguarda la pedopornografia e il contrasto di questo fenomeno, richiamando l'attenzione principalmente su tre elementi che noi consideriamo fondamentali: l'importanza


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di identificare i minori vittime di abuso per la produzione di materiale pedopornografico; l'importanza della piena operatività degli strumenti già previsti dalla nostra normativa, in particolare dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38; l'esigenza di uniformare eventuali proposte di legge o modifiche di legge alla normativa europea, tenendo presente che a livello europeo ci sono processi in corso che avranno sicuramente un impatto anche in Italia.
Fatta questa breve premessa, passerei la parola alla mia collega Cristiana De Paoli, responsabile dell'area nuove tecnologie di Save the Children Italia.

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Il mio intervento si focalizzerà prevalentemente - come è stato accennato dalla dottoressa Saulini - sul fenomeno della pedopornografia.
Si tratta di un fenomeno complesso e dalla duplice natura. Noi possiamo riferirci alla pedopornografia come un problema globale quando intendiamo sottolineare il fatto che le immagini, i video con minori, una volta in rete possono essere visti (e duplicati, scaricati e riprodotti) un numero infinito di volte. Tuttavia, possiamo riferirci alla pedopornografia anche come a un problema di tipo locale, quando intendiamo sottolineare il fatto che l'abuso - gli adulti che lo perpetrano e i minori che ne sono vittime - ha una dimensione locale, nel senso che avviene nell'ambito delle nostre comunità.
Dal nostro punto di vista, affrontare il problema in modo efficace vuol dire mettere in atto politiche e strategie di intervento che tengano conto di entrambi gli ambiti, riconoscendone la complessità, la molteplicità degli attori coinvolti e, soprattutto, concentrandosi sugli effetti devastanti che queste violenze e abusi hanno sui minori coinvolti.
Le immagini di abuso sui minori in internet - perché di questo si tratta - hanno oggettivamente avuto negli ultimi dieci anni un incremento significativo. La presenza di internet ha notevolmente modificato il panorama e il contesto in cui la pedopornografia, fenomeno che è sempre esistito, veniva vissuta in precedenza.
Siamo passati da un fenomeno - passatemi il termine - quasi esclusivamente amatoriale (anche se, come il dottor Vulpiani ha affermato in precedenza, il numero delle immagini home made è estremamente alto all'interno della rete) a un fenomeno che ha portato alla nascita e alla creazione di vere e proprie reti criminali di commercializzazione delle immagini a scopo di lucro.
Per quanto riguarda i numeri del fenomeno, ossia la quantità di immagini presenti in rete, la quantità di bambini vittime di abuso e l'aspetto economico del fenomeno, esistono dati anche diversissimi fra loro. È estremamente importante, per non avere una visione distorta del fenomeno, che porta inevitabilmente ad affrontarlo in modo sbagliato, riuscire a prestare attenzione ai dati a nostro avviso più attendibili. Noi riteniamo che i più titolati a parlare in termini numerici di questo fenomeno non possano che essere le forze dell'ordine competenti al riguardo.
In questi anni, in Italia, anche alla luce di quanto è avvenuto in alcuni Paesi europei, in particolare in Inghilterra, si è cercato di avviare pratiche di intervento finalizzate a raggiungere un duplice obiettivo, che cerca di dare la risposta alla duplice natura del fenomeno della pedopornografia: da un lato, arginare il fenomeno della produzione, distribuzione e fruizione del materiale per fini commerciali e non; dall'altro, pensare alle vittime, ossia ai minori ripresi nelle immagini.
Occuparsi dei minori presenti nelle immagini in termini di identificazione prima e di presa in carico poi significa assumere, dal nostro punto di vista, una prospettiva centrata sul minore; questo non vuol dire abbandonare le strategie investigative mirate a smantellare le reti di cui abbiamo parlato prima, ma la sfida è proprio quella di conciliare le due prospettive citate all'inizio.


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La legge 6 febbraio 2006, n. 38, che recepisce quanto richiesto anche in sede europea, rappresenta un importante tentativo di conciliare queste due visioni, prevedendo la creazione di unità specifiche, come il Centro per il contrasto alla pedopornografia su internet, con funzioni di contrasto al fenomeno, e l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile, con funzione di analisi del fenomeno finalizzata alla prevenzione.
Dal nostro punto di vista, predisporre unità dedicate per affrontare il problema della pedopornografia è estremamente importante, perché consente di poter contare su competenze specifiche e di monitorare con continuità, attraverso anche la raccolta e l'analisi dei dati a disposizione, un fenomeno in continua evoluzione e trasformazione, perché legato al continuo evolversi dei sistemi di telecomunicazione di cui si serve.
Riteniamo, quindi, che l'entrata in vigore della legge e la creazione dei due organismi sopra menzionati possano rappresentare una risposta significativa ed efficace al problema della pedopornografia.
Vorrei entrare nel dettaglio e spiegare perché siamo convinti che gli strumenti già esistono - è già stato detto in altre audizioni - e perché bisogna fare in modo che essi funzionino al meglio.
Per quanto riguarda il Centro per il contrasto alla pedopornografia on line, non entreremo nel merito delle funzioni e delle attività, poiché il dottor Vulpiani in audizione ha già avuto modo di illustrarle, ma ci sembra tuttavia doveroso evidenziare che esso si pone come un'unità all'avanguardia non solo in Europa, ma anche nel mondo, operando sinergicamente in ambiti diversi, cercando di fornire in questo modo una risposta articolata da un punto di vista investigativo ad un fenomeno estremamente complesso come quello della pedopornografia. Il Centro è in grado, proprio perché ha il mandato per poterlo fare, di affrontare questo fenomeno secondo ambiti diversi. Questo è estremamente importante.
Ne cito solo alcuni. Ad esempio, la possibilità di monitorare sotto copertura la rete, cosa che non in tutti i Paesi è possibile. Inoltre, focalizzare l'attenzione sulle nuove tendenze del fenomeno: il dottor Vulpiani ha fatto cenno allo strumento che oggi viene più utilizzato, ossia il peer to peer, per lo scambio delle immagini, che richiede non solo la collaborazione a livello internazionale, ma anche strumenti idonei per poterlo gestire. Altro ambito di intervento è tracciare i flussi commerciali di compravendita del materiale pedopornografico. Sempre il dottor Vulpiani ha nominato la European Financial Coalition, un progetto finanziato dalla Commissione europea che, in analogia a quanto succede già in America, mette insieme organismi economici, forze di polizia, ONG con l'obiettivo di tracciare i flussi commerciali. Dal nostro punto di vista - questo è anche il motivo per cui fin dall'inizio abbiamo supportato la creazione di questa coalizione - arrivare ai produttori può significare, anche se non sempre - arrivare ai minori vittime dell'abuso.
Infine, cito la black list delle URL, richiamata anche dal dottor Vulpiani, e la possibilità da parte della polizia, ai sensi del decreto legge Gentiloni, di bloccare attraverso gli internet service providers l'accesso ai siti contenenti materiale pedopornografico.
Le segnalazioni che arrivano al Centro da parte di associazioni, di altre forze di polizia e via dicendo vengono in parte utilizzate per le opere di investigazione, ma sono estremamente utili anche perché permettono di togliere il materiale dalla rete. Laddove questo non sia possibile, perché la polizia non può intervenire, in assenza di legislazione, entra in gioco la black list e la possibilità di bloccare l'accesso a questi siti, almeno dai server italiani.
C'è un grosso dibattito su questo punto, anche a livello internazionale. Solo due Paesi hanno legiferato in questo senso,


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mentre gli altri cercano di arrivare allo stesso obiettivo attraverso l'autoregolamentazione.
Qual è l'importanza di avere un sistema di questo tipo? Sappiamo benissimo che non è la soluzione al problema, ma è la parte di un puzzle. Si tratta di un problema complesso, che richiede interventi diversi.
A noi interessa focalizzare, dal punto di vista del minore, alcuni punti. Impedire l'accesso alle immagini relative all'abuso da un lato evita la rivittimizzazione del minore. Ogni volta che quelle immagini vengono viste il minore abusato, in qualche modo, rivive l'abuso subito. Alcune vittime sono state intervistate in Inghilterra ed è stato chiesto loro se ritenessero importante che queste immagini non fossero viste. Comprensibilmente, è molto importante per le vittime dell'abuso sapere che gli amici, i genitori e nessuno di loro conoscenza possa accedere alle relative immagini.
Di conseguenza, è possibile evitare che minori accedano accidentalmente ad immagini potenzialmente dannose anche per loro.
Il Centro - lo ha detto il dottor Vulpiani - fa parte di numerose reti a livello europeo, al fine di stimolare e sviluppare la collaborazione fra le forze di polizia nei vari Paesi. Questa attività è particolarmente importante in considerazione del fatto che una delle maggiori difficoltà nella lotta all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori via internet è la sua natura transnazionale globale. Una risposta, in questo senso, richiede prima di tutto che le forze di polizia possano collaborare fra loro.
Alla base di questo occorre un'armonizzazione della legislazione, in tutti i Paesi. A livello europeo, negli ultimi anni si è cercato di raggiungere questo obiettivo, attraverso due strumenti particolarmente importanti: la decisione quadro del 2003 sullo sfruttamento e abuso sessuale dei minori e la pedopornografia, attualmente in fase di revisione (membri dell'Osservatorio siedono nel comitato di esperti che sta attualmente rivedendo la proposta di revisione fatta dalla Commissione); la Convenzione sulla protezione dei minori da ogni forma di abuso e sfruttamento sessuale del Consiglio d'Europa, già citata dalla dottoressa Saulini. Questa Convenzione rappresenta, a nostro avviso, un modello per tutti i Paesi che intendono legiferare in materia, anche perché pone in evidenza aspetti innovativi, come la penalizzazione dell'adescamento on line, più conosciuto come grooming, o la necessità di lavorare all'identificazione delle vittime.
Mi fermo sull'identificazione delle vittime perché il Centro per il contrasto alla pedopornografia ha un'unità predisposta a questo compito.
La presidente Mussolini, nel corso dell'audizione del dottor Vulpiani, ha sollevato una questione che per Save the Children è centrale, ponendo la domanda: «Si può risalire a questa bambina?». È possibile, ma è estremamente complesso e richiede una competenza adeguata. Siamo d'accordo che le immagini pedopornografiche sono l'evidenza di un crimine, di un abuso commesso su un minore. Questi minori hanno il diritto di vedere innanzitutto l'abuso bloccato e di essere supportati per superare l'abuso subito ed anche la sua diffusione on line.
L'identificazione delle vittime prevede l'analisi del materiale pedopornografico, l'analisi delle immagini, la capacità di individuare tutti quegli elementi che possono essere utili a risalire all'origine delle immagini. Questo lavoro richiede competenza, tempo (un'indagine può durare anni) e anche una collaborazione a livello internazionale, poiché a un'immagine possono essere associate altre che possono portare maggiori informazioni per riuscire a identificare un minore.
Fino ad oggi il ruolo di coordinamento fra le varie forze dell'ordine a livello europeo, e non solo, che si occupano di identificazione delle vittime è stato svolto e continua ad essere svolto dall'Interpol.
Dal nostro punto di vista, almeno per quanto riguarda il Centro per il contrasto


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alla pedopornografia sono necessarie risorse aggiuntive, sia di tipo economico sia soprattutto di tipo umano. Il lavoro del Centro è estremamente complesso e richiede competenze e risorse specifiche. L'esperienza in altri Paesi ha dimostrato che laddove ci siano strumenti e un investimento in questo senso il fenomeno può essere contrastato e soprattutto le vittime possono essere identificate.
In base ad una specifica convenzione, attualmente stiamo collaborando con il Centro per l'identificazione delle vittime, fornendo esperti esterni utili all'analisi delle immagini. Stiamo cercando, quindi, di supportare il più possibile questo tipo di lavoro in cui crediamo tantissimo. Nonostante gli sforzi, sono pochissimi i minori identificati. L'Interpol ha un database di 500 mila e più immagini, che riguardano 20-30 mila bambini e adolescenti singoli. Di questi, nel 2008 ne sono stati identificati 900.

PRESIDENTE. Tra l'altro, a proposito dei minori scomparsi, esiste il Commissario straordinario per le persone scomparse presso il Ministero dell'interno. Non so se ci sia dialogo tra i diversi organismi che si occupano di questo fenomeno.
Voi avete contatti?

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. No. Quello che teniamo a sottolineare è che qui si tratta di immagini di abuso e i bambini devono essere identificati attraverso queste immagini. È un lavoro di tipo investigativo e successivamente di tipo terapeutico. I minori vittime di questa tipologia di abuso - qui entra in gioco un altro discorso - devono essere supportati non solo a superare l'abuso in sé, ma anche il fatto che questo abuso è stato filmato.
Nella realizzazione dell'immagine ci sono componenti che devono essere prese in considerazione: ad esempio, pensiamo che i bambini vengono sollecitati a sorridere, quindi il discorso del senso di colpa e della condiscendenza, che già esiste nei casi di abuso «tradizionali» - passateci questo termine - in questa tipologia di abuso viene enfatizzato. Ci sono, dunque, una serie di elementi che devono essere presi in considerazione nel recupero dei bambini e degli adolescenti abusati. È necessario avere, a questo fine, personale competente e specializzato, che sia in grado di capire come abusanti e vittime utilizzano le nuove tecnologie.
Sempre in merito all'identificazione dei minori, c'è un problema sul quale ci possiamo soffermare: quanti professionisti, quanti operatori sociali chiedono alle vittime se l'abuso è stato filmato o meno? Questo potrebbe già essere un punto di partenza per arrivare alle immagini e per affrontare il discorso dell'abuso anche da un altro punto di vista, quello della presenza di questo materiale.
Il discorso relativo alle vittime sposta la nostra attenzione sull'Osservatorio per il contrasto della pedofilia, istituito dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, che per noi rappresenta uno strumento fondamentale, poiché ha la responsabilità di creare una banca dati che permetta di eseguire analisi di tipo qualitativo, piuttosto che quantitativo, quindi seguire le vittime e capire chi sono, chi sono gli abusanti, quali sono le dinamiche che si innescano e soprattutto il tipo di supporto che viene fornito alle vittime, per presentare delle proposte.

PRESIDENTE. Stiamo parlando dell'Osservatorio di cui è venuta a parlare in Commissione la dottoressa Grassi che...

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Esatto. Dall'intervento della dottoressa Grassi si evince che esistono due protocolli di intesa con i due ministeri coinvolti, il Ministro dell'interno e il Ministero della giustizia. Esiste uno studio di fattibilità ed un prototipo in attesa di sperimentazione.
Riteniamo che sia, a questo punto, doveroso individuare quali sono gli ostacoli che impediscono la piena operatività dell'Osservatorio - noi riteniamo che questa


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indagine conoscitiva che la Commissione conducendo possa fare luce su questo aspetto - e soprattutto l'attuazione del protocollo.

PRESIDENTE. La dottoressa Grassi da chi dipende?

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Dal Ministero delle pari opportunità.

PRESIDENTE. Si tratta di cosa ben diversa dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, diretto dal Professor Occhiogrosso, di cui si avvale l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, e che è previsto dalla legge 23 dicembre 1997, n.451 istitutiva della nostra Commissione. L'Osservatorio di cui parla la dottoressa Grassi invece dipende dal Ministero delle pari opportunità, il cui Ministro abbiamo audito, ma l'organismo cui fa riferimento non è operativo.

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Comunque, da quanto emerge dall'audizione della dottoressa Grassi, è stato effettuato uno studio di fattibilità ed esiste un prototipo di organismo che deve essere reso operativo.
L'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile è stato istituito dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38.

PRESIDENTE. Esso, tuttavia, non va confuso con il progetto Ciclope, che è un Comitato interministeriale, di cui si ignorano le competenze, ma per il quale è stato istituito un numero verde. Questo organismo riceve 1 milione di finanziamento attraverso le leggi finanziarie per fornire il servizio di una persona che risponda al centralino del 114, sempre che lo faccia. Il Comitato è stato istituito all'epoca dall'ex Ministro delle pari opportunità Prestigiacomo...
L'Osservatorio, nel cui Comitato tecnico-scientifico lavora la dottoressa Grassi, inoltre, dipende sempre dal Ministero delle pari opportunità ed è fermo al prototipo. Insomma, abbiamo un incremento del 200 per cento di pedofilia on line e off line, ma siamo ancora a questo stadio.
Il dottor Vulpiani della Polizia postale è l'unico, a mio avviso, operativo...

GABRIELLA CARLUCCI. Credo che sul prototipo dell'Osservatorio sulla pedofilia dovremmo cercare di fare luce, come Commissione infanzia e adolescenza o attraverso un'interpellanza urgente...

PRESIDENTE. Sull'interpellanza non sono d'accordo.

GABRIELLA CARLUCCI. Dobbiamo chiedere al Governo perché non viene attivato. Si dice che il prototipo è pronto, ma non funziona.

PRESIDENTE. Perché non si è provveduto ancora ad alcuna nomina.

GABRIELLA CARLUCCI. L'interpellanza urgente consente di far luce sui motivi per i quali non parte tale modulo, che è già pronto. Se l'impedimento è la mancanza dei vertici, nominiamoli. Credo che sia questa la soluzione, mentre la mozione non conclude nulla.

GIULIANA CARLINO. Relativamente a tale frammentarietà dei compiti, dovremmo conferire al Garante per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza una voce vera e tutti i poteri necessari.

PRESIDENTE. Se è stato approvato il relativo emendamento, il Garante per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza diventerà un'authority.
Prima di continuare con l'audizione, faccio una dichiarazione formale e me ne assumo tutta la responsabilità, dal momento è inutile giocare su queste tematiche. Noi abbiamo parlato di due organismi che dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale


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di contrasto alla pedopornografia, di informazione sul fenomeno, anche creando un apposito database, e che dovrebbero aiutare il dottor Vulpiani, ma non hanno la volontà di farlo. Non è solo una questione di risorse.
Come presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza non posso accettare, su un tema così delicato come la pedopornografia, le affermazioni di qualcuno - il Sottosegretario di Stato con delega alla famiglia, Carlo Giovanardi - che mette in discussione il ruolo e l'ascolto dei minori nell'ambito dei processi penali per abusi che li riguardano e che, addirittura, assume una posizione di parte in un procedimento delicato come quello dei presunti abusi commessi nell'asilo di Rignano. Non so se voi potete accettarlo, io non posso. Per me si tratta di una questione delicata.
Insomma, come può la nostra Commissione, che ha tra i suoi obiettivi il riconoscimento dei giusti diritti dei minori, accettare che la dichiarazione di un bambino non sia essere ascoltata perché giudicata priva di senso? Tale atteggiamento vanifica tutto il nostro lavoro; è inutile, dunque, parlare del Trattato di Lisbona, degli organismi e delle validissime associazioni che tentano di ribaltare una cultura e una mentalità dominanti ancora sfavorevoli ai minori.
L'episodio a cui mi riferisco è accaduto la scorsa settimana. Ne ho parlato anche con il Ministro Sacconi. Com'è possibile parlare del diritto dei minori all'ascolto e del futuro dei bambini, quando il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il senatore Carlo Giovanardi, sostiene apertamente la tesi dell'assoluzione dei presunti responsabili per il caso degli abusi di Rignano? Non posso accettarlo, mi dispiace, e lo pongo come caso politico. Ci sono, poi, casi «tecnici» quali quelli citati a proposito del Progetto Ciclope e dell'Osservatorio per il contrasto alla pedopornografia.
Non posso accettare questo atteggiamento, altrimenti vanifichiamo tutto il lavoro delle associazioni, dei tribunali dei minori che operano per riconoscere il diritto del minore ad essere ascoltato. Peraltro, Giovanardi è presidente della Commissione per le adozioni internazionali. A questo punto, se si presuppone che un piccolo non dica la verità, tanto vale non ascoltare i bambini, non celebrare nemmeno i processi contro i pedofili. Questo è stato scritto sui giornali.
Non posso accettarlo, come donna prima ancora che come presidente di questa Commissione. Avevo già comunicato al Sottosegretario Roccella la mia posizione. Non si può accettare tale atteggiamento, altrimenti che senso ha celebrare un'apposita Giornata per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza?

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Noi riteniamo che l'istituzione del Centro per il contrasto della pedofilia on line e dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile sia un dato positivo. La loro funzione e la tipologia di lavoro che devono svolgere hanno un senso. Sono organismi importanti, ma soprattutto complementari: il Centro ha una funzione di contrasto, l'Osservatorio di tutela nei confronti della vittima.
Quello che teniamo a sottolineare è la necessità che questi organismi siano messi nelle condizioni di funzionare al meglio, senza la necessità di prevedere altri organismi analoghi: in Italia, ci sono buone leggi e disponiamo degli strumenti per contrastare in modo efficace questo fenomeno.
Vorrei fare un'ultima considerazione sulla vittimizzazione on line dei minori. Sappiamo che è prassi abbastanza diffusa che adulti potenziali abusanti utilizzino la rete e i suoi strumenti (chat, social network), ma anche i cellulari, per contattare minori potenziali vittime. Al riguardo, la sensibilizzazione e l'informazione dei minori, ma anche degli adulti, sono strumenti di prevenzione fondamentali.
Dal nostro punto di vista, tuttavia, lavorare sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione


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rispetto all'abuso sessuale, anche attraverso le nuove tecnologie, richiede la creazione di strategie di intervento specifiche e di lungo termine, basate su conoscenze puntuali delle dinamiche sottese al fenomeno dell'abuso on line e mirate a sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze necessarie per essere in grado di leggere, decifrare e rispondere in autonomia, in modo sicuro ed efficace, alle sollecitazioni che provengono dalla rete.
Le ricerche dimostrano che dobbiamo rivedere, dal nostro punto di vista, alcuni degli stereotipi che abbiamo utilizzato, alla base delle campagne di sensibilizzazione che abbiamo condotto in questi ultimi anni e che connotano la modalità con cui comunichiamo ai ragazzi i rischi correlati all'utilizzo di internet e dei cellulari e i comportamenti da adottare. I minori sono esploratori attivi e proprio a causa del loro bisogno di sapere, della loro curiosità, delle sensazioni dalle quali sono sollecitati sia sul fronte interno (crescita e sviluppo sessuale), sia sul fronte esterno (messaggi provenienti dal mondo dei media), possono trovarsi a contatto con situazioni, persone e materiali non adeguati al loro livello di sviluppo e di crescita.
Molti degli scenari che vengono proposti a chi sta crescendo possono essere percepiti come irrealistici e non credibili da parte dei ragazzi e la conseguenza più probabile è che le raccomandazioni restino inascoltate. Rischiamo di rendere questi sforzi vani se, per esempio, rappresentiamo gli sconosciuti on line solo come coloro che adescano i minori inesperti per poi abusarne. Questa non è la realtà che vivono i ragazzi e le ragazze e, in generale, non è la sola.
È vero che, proprio come avviene nella vita reale - lo abbiamo già visto - gli adulti potenziali abusanti utilizzano le nuove tecnologie per sedurre le proprie vittime, ma lo sforzo che dobbiamo fare è dotare i ragazzi e le ragazze non della paura degli sconosciuti, ma delle competenze necessarie per essere in grado di leggere, decifrare e rispondere in autonomia, in modo sicuro ed efficace, alle sollecitazioni che provengono dalla rete.
Uno degli strumenti a nostro avviso più efficaci per prevenire e sensibilizzare rispetto all'adescamento on line, per esempio, è l'educazione sessuale che permette di riconoscere se una sollecitazione è accettabile o meno.
Più in generale, in questo lavoro educativo scuola e famiglia svolgono un ruolo fondamentale, tanto più oggi che la diffusione dei cellulari e del wireless allontanano sempre di più i ragazzi dalla supervisione dei genitori e degli adulti.

PRESIDENTE. Grazie. È necessario anche un certo livello di preparazione dei genitori. Dobbiamo tener presente che ormai i ragazzi non vedono più la televisione, ma navigano in internet. L'Authority per le garanzie nelle comunicazioni, presieduta da Calabrò, non ha la possibilità di intervenire poiché non dispone di competenze per quanto riguarda la rete, ma solo per la televisione, di conseguenza è fuori controllo l'enorme fascia adolescenziale. I ragazzi vedono stralci di televisione su internet, tranne sintonizzarsi su qualche canale satellitare.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GABRIELLA CARLUCCI. Ho due questioni da sottoporre, sia relativamente alla conoscenza da parte degli adolescenti dei mezzi di comunicazione che utilizzano così bene, sia riguardo al traffico di immagini e all'adescamento via internet.
Per il primo aspetto voglio sottoporre alla vostra attenzione la problematica di Facebook. Negli Stati Uniti, dove è nato Facebook molti anni fa, attualmente si è in fase di allerta e di presa di coscienza di un suo uso sbagliato da parte degli studenti, che potrebbe condizionare per sempre la loro vita. Nelle scuole americane costantemente, scientificamente, quotidianamente si rivolge questo discorso agli studenti. Tutto quello che viene inserito nel profilo di Facebook, incluse frasi politicamente


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scorrette di un adolescente, foto o affermazioni inopportune, resta per sempre in rete.
I professori, pertanto, partendo dalle elementari, esortano gli studenti a non utilizzare Facebook, ma altri strumenti di comunicazione, perché tutto quello che si pubblica in rete resterà per sempre e quando in un futuro - in America da questo punto di vista sono «scientifici» - si tratterà di tentare l'ingresso in un'università o cercare un posto di lavoro, sarà verificata ogni parola pronunciata, magari all'età di tredici o quattordici anni.
In America, dove Facebook è nato e si è diffuso molti anni prima rispetto al nostro Paese, si sta sconsigliandone l'utilizzo ai ragazzi, che hanno percepito molto bene il pericolo, agendo di conseguenza. In America, peraltro, i curricula per l'accesso all'università sono vagliati molto seriamente e, soprattutto in caso di atenei di alto livello, si considera qualunque elemento: voti, curriculum sportivo e via elencando.
Oggi, pertanto, le giovani generazioni americane sono avvertite circa l'esistenza di tale pericolo dai professori, che hanno dato l'allarme sull'utilizzo di internet e di Facebook nel futuro. Questo, secondo me, è un problema che anche noi dobbiamo cominciare a porci, perché i nostri figli usano solo Facebook per comunicare tra loro, pubblicando le foto delle loro vacanze, della famiglia e quant'altro. Sono riuscita a entrare sulla pagina Facebook di mio figlio e a leggere i suoi messaggi e quelli degli amici.

PRESIDENTE. Rubano l'identità...

GABRIELLA CARLUCCI. Infatti. Questo, dunque, è l'allarme numero uno, perché voi vi occupate anche di tale materia. È un argomento su cui riflettere e capire come muoversi, non solo in qualità di istituzioni, ma anche di associazioni.
In secondo luogo - mi sarebbe molto piaciuto discutere con il dottor Vulpiani il giorno in cui è stato qui, ma avevo avuto modo di parlare con lui preventivamente - abbiamo già sentito che catturare e carpire in internet le informazioni che riguardano i pedofili è molto complicato: servono mezzi, uomini e ingenti risorse finanziarie, indispensabili a tal fine.
Chiaramente non si tratta di un problema italiano, ma mondiale. ECPAT, che si occupa tra l'altro del monitoraggio di quello che succede su internet, ha effettuato un esperimento, inserendo il falso profilo di una quattordicenne su Facebook e, dopo qualche secondo, sono arrivate numerose richieste di appuntamento da persone risultate dall'indagine adulte.
Intendo dire che si tratta di un meccanismo immediato, in mancanza di filtri e di controlli.
La mia discussione con Vulpiani verteva sulla possibilità di impedire l'anonimato in rete. Sarebbe necessario portare all'attenzione di Bruxelles la necessità di regolamentare la materia.
Attualmente, infatti, per iscriversi a Facebook si può inserire qualsiasi dato e inventare una persona inesistente, perché nessun controllo obbliga ad agire in maniera diversa. In moltissimi altri casi, invece, per accedere alle informazioni e ai servizi di un sito, anche di studio, si devono fornire dati di riconoscimento: per esempio, il numero di cellulare, al quale perviene il codice di accesso a quel sito; in questo modo, l'utente è certamente identificabile, perché per la titolarità di un numero di telefono è indispensabile dichiarare le proprie generalità al momento dell'acquisto della scheda telefonica. Tale procedura potrebbe agire da deterrente, anche se non sarebbe sufficiente a combattere del tutto il fenomeno criminale del quale stiamo parlando. Si potrebbe però ottenere il risultato di impedire l'accesso alla rete di coloro meno capaci tecnologicamente, intenzionati a tentare l'adescamento sapendo che è molto semplice assumere una personalità diversa dalla propria in internet ed entrare in collegamento con gli adolescenti.
Vulpiani sostiene che si è perfettamente in grado di risalire a tutti i pedofili. Tecnicamente è possibile, ma occorrono tante


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risorse e tante persone per questa attività, di cui al momento nessuno dispone. Abbiamo appena sentito da voi i numeri: su 20-30 mila bambini vittime di abusi nel 2008, solo 900 sono stati identificati.
Se ci fosse, invece, un deterrente che impedisse di entrare facilmente in contatto con l'adolescente sotto false generalità, sicuramente una parte notevole di persone che vogliono delinquere verrebbe scremata. Chi ha problemi a dichiarare la propria identità? Voi ce l'avreste? Nessuno di noi ne ha, se non ha nulla da temere. Chiarire la propria identità, inoltre, non implica scrivere nome, cognome, residenza e data di nascita. Ho fatto l'esempio del cellulare, ma ce ne sono altri in rete che servono per identificare il futuro acquirente. Diverse società hanno individuato dei sistemi, al di là del numero del telefonino, per riconoscere il loro cliente; tali sistemi si potrebbero utilizzare per impedire l'anonimato in rete.
Tra i reati, oltre alla pedopornografia e dell'adescamento, c'è anche solo lo scambio di file. Abbiamo sentito parlare di quante immagini girano vorticosamente nella rete: anche questo reato sarebbe ostacolato dalla riconoscibilità di chi immette in rete un'immagine o un filmino scabroso.
Diversamente, aspettando i tempi della Polizia postale, italiana e mondiale, non riusciremo mai a risolvere il problema. È come cercare un ago nel pagliaio. Questa iniziativa, che sto sostenendo da due anni, chiaramente non può essere solo italiana perché la rete è globale. Per questo ho chiesto che parta dall'Italia e arrivi a Bruxelles, ma naturalmente deve avere il sostegno almeno del Parlamento italiano per poter fare un passo avanti.

PRESIDENTE. Purtroppo non abbiamo molto tempo. Il dottor Vulpiani ha parlato di un aspetto importante - al riguardo mi sono attivata presso il sottosegretario Romani - quello di inserire in modo molto visibile il logo della Polizia postale sui provider, per esempio all'apertura di Google.
Google
non ha accettato di inserirlo, mentre altri ce l'hanno ma è scarsamente visibile, come abbiamo constatato nella scorsa audizione. Il sottosegretario Paolo Romani si è manifestato disponibile, - ma adesso bisogna incalzarlo su questo tema - all'introduzione non solo di un piccolo logo, ma anche di un banner per fare appello a chi è in linea. È chiaro che bisogna chiedere l'aiuto di tutti, soprattutto di chi naviga. Potremmo mettere, dunque, nella home page questo banner più il logo della Polizia postale. Credo che questa sia un'iniziativa molto importante.

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Non entro nel merito di questa proposta, estremamente complessa, che dal nostro punto di vista richiede un'analisi e uno studio delle possibili conseguenze e dell'effettiva realizzabilità. Stiamo parlando, infatti, di internet, ossia di un fenomeno globale. Si pensi che in alcuni Paesi la pedopornografia non è neanche presa in considerazione come reato, pertanto partiamo da una situazione estremamente complessa.
Per quanto ci riguarda, la gestione dei dati e dell'immagine on line è un argomento che trattiamo continuamente e cui prestiamo estrema attenzione. Il cartoon citato dalla dottoressa Saulini è un esempio del nostro tentativo di responsabilizzare sempre di più i ragazzi e le ragazze nella gestione dei propri dati, dal momento che una volta che un'informazione è on line vi rimane per sempre.
Vorrei aggiungere un'osservazione, secondo me estremamente importante, relativamente alla necessità di allontanare gli stereotipi della dimensione dell'abuso on line. Ci sono studi al riguardo, soprattutto in America, anche se si tratta di un fenomeno nuovo, sul quale si sta cercando di acquisire sempre più conoscenze. Per quanto riguarda gli abusi on line, spesso - secondo uno studio effettuato in America dal dottor Finkelhor - le vittime di abuso comprese fra i dodici e i quindici anni erano pienamente consapevoli di relazionarsi


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con un adulto intenzionato ad intrattenere una relazione sessualizzata.
Pertanto, riteniamo che sia fondamentale il ruolo dell'educazione. Stiamo assistendo a fenomeni estremamente nuovi che richiedono, dal nostro punto di vista, un'attenzione particolare. Ancora una volta, dunque, è importante il ruolo dell'Osservatorio nell'analisi delle dinamiche in atto fra abusante e vittima.
Stiamo assistendo a situazioni che forse non riusciamo ad accettare o capire, ma sono reali e, se vogliamo affrontare il fenomeno, dobbiamo prenderle in considerazione. Non dobbiamo sempre immaginare un adulto che si cela; in diversi casi, non ha bisogno di farlo perché l'interlocutore è consenziente.
Naturalmente non stiamo giustificando, il comportamento criminale, ma vogliamo sollevare la necessità di comprendere il fenomeno per intervenire nel modo migliore e più efficace possibile.

GABRIELLA CARLUCCI. Oltre a questo, però, ci possono essere una serie di attività di deterrenza, come evitare l'anonimato e avvertire i ragazzi che su Facebook è meglio non scrivere niente.

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Certamente.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'educazione, che è fondamentale, vorrei sottolineare che i genitori sono tagliati fuori, perché non hanno la possibilità di operare delle verifiche. Un ragazzo, quando naviga in internet, riceve messaggi da tante persone contemporaneamente, oltre a parlare al telefono.
La dottoressa Saulini citava il cartone animato che sta avendo successo su YouTube. I ragazzi devono capire che appena pubblicano dei dati su Facebook sono schedati. Farlo sapere credo sia importante.

ARIANNA SAULINI, responsabile advocacy e monitoraggio Italia Save the Children Italia. La campagna si chiama «Posta con la testa» ed è su YouTube.

SANDRA ZAMPA. Vi ringrazio per l'esposizione e per la straordinaria attenzione ai problemi dell'infanzia. Voglio intervenire solo su quest'ultimo aspetto, che effettivamente mi ha fatto molto riflettere. Mi domando se non sia il caso di interessare del problema del contrasto agli abusi on line anche il servizio radiotelevisivo pubblico, che dovrebbe essere un canale cosiddetto di informazione di «pubblica utilità». Ormai uno dei pochi modi per arrivare alle famiglie, parlare davvero agli italiani o informarli, è la televisione.
Personalmente sono molto diffidente nei riguardi di fenomeni come Facebook, ma una cosa è avere cinquanta anni e avere una certa esperienza, altra essere un ragazzino. Tra l'altro, Facebook viene presentato semplicemente come fenomeno di socializzazione. È impensabile che le famiglie - e spesso temo anche gli insegnanti - possano arrivare a questo, quindi è necessario che almeno le famiglie siano informate. Mi domando, tra l'altro, se non convenga chiedere al Ministro Gelmini di organizzare una campagna per informare gli insegnanti. A quel punto, Facebook può diventare uno dei canali privilegiati per i pedofili, nel senso che vi si può trovare materiale, come una sorta di censimento. Penso a quello che una volta era l'elenco del telefono, ma che riguarda i minori. I giovani e i giovanissimi, infatti, sono quelli che partecipano più attivamente al fenomeno. Forse converrebbe pensare a iniziative di questo genere.
Infine, lei ha detto che nel 2008 circa 20-30 mila bambini sono stati vittime di abusi. Ebbene, ci sono provenienze da Paesi dell'estero particolarmente significative, cioè raggruppamenti che identifichino e segnalino Paesi particolarmente a rischio?

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Dalle informazioni in nostro possesso, raccolte in contesti dove le forze dell'ordine hanno avuto modo, a livello internazionale, di operare, la stragrande maggioranza delle immagini riguarda


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bambini e adolescenti occidentali. La commercializzazione avviene prevalentemente nei Paesi dell'est, ma non solo. Non dimentichiamo che, come ha detto il dottor Vulpiani nella sua relazione, gran parte delle immagini presenti sono prodotte in casa e utilizzate nei circoli chiusi fra persone interessate sessualmente ai minori.
Questo è quello che viene detto in questi contesti e che noi rileviamo.

PRESIDENTE. Va benissimo. Il genitore di un adolescente, però, non può ricevere come informazione solo l'allarme rispetto a Facebook. Che strumenti date ai genitori per intervenire? È questo l'aspetto più difficile.

ARIANNA SAULINI, Responsabile advocacy e monitoraggio Italia Save the Children Italia. Il fenomeno è sicuramente complesso. Da un lato, è necessaria un'azione repressiva. Da questo punto di vista, gli strumenti per intervenire esistono: la Polizia postale sta lavorando molto su questo aspetto, con un'unità specificamente dedicata, e l'istituzione del Centro - semmai bisogna dotarlo di maggiori risorse ad hoc da dedicare a questo lavoro - con la legge 6 febbraio 2006, n. 38 è sicuramente un'iniziativa ottima. Il lavoro della Polizia postale, che già ci sembra un ottimo punto di partenza, va rafforzato. Tra l'altro, la legge n. 38 non prevedeva fondi per l'istituzione del Centro presso la Polizia postale, quindi è necessario individuare risorse in termini economici che si concretizzano anche in risorse umane.
È fondamentale, inoltre, per lo studio del fenomeno, la raccolta dei dati. Questo non è un aspetto di secondaria importanza; dopo averli raccolti, i dati vanno analizzati per capirne il significato. Questa, però, è una delle gravi lacune che abbiamo in questo momento. È un lavoro da mettere a regime...

PRESIDENTE. Lo doveva fare l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile, ma non l'ha fatto.

ARIANNA SAULINI, Responsabile advocacy e monitoraggio Italia Save the Children Italia. Bisogna capire perché non è stato fatto, ossia quali sono gli ostacoli che impediscono la piena operatività di questo organismo previsto dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38 e con una sua ragione d'essere e una sua specificità. È importante anche capire se c'è una volontà politica per metterlo effettivamente in grado di funzionare.
Quanto al gap generazionale che si può creare tra genitori e figli, a nostro avviso è fondamentale considerare i ragazzi come degli utenti attivi della rete. Il primo messaggio, dunque, va diretto ai ragazzi, perché sono loro che si muovono attivamente in rete.
Si parla di sensibilizzazione e di informazione. Noi svolgiamo un lavoro nelle scuole; come ho detto all'inizio, lo scorso anno abbiamo svolto delle iniziative, nell'ambito del Safer Internet Day, con i ragazzi stessi. Il cartoon di cui si è detto - farò in modo di farvi avere un link, anche se comunque è disponibile su YouTube - si rivolge ai ragazzi.
Dal punto di vista scolastico, sicuramente il coinvolgimento del Ministero dell'istruzione, con l'idea di inserire una disciplina come la media education all'interno del curriculum scolastico, è un aspetto fondamentale, sul quale si stanno muovendo anche altri Paesi. Questo è uno strumento ai fini di quello che viene definito l'empowerment dei ragazzi: sono loro i soggetti attivi su cui e con cui lavorare.

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia. Aggiungo che la scorsa settimana in Commissione europea si è svolto, come ogni anno, l'Internet Forum dedicato quest'anno al tema della media education nel curriculum scolastico.

PRESIDENTE. Si può avere un chiarimento su questo punto...

CRISTIANA DE PAOLI, Responsabile area nuove tecnologie Save the Children Italia.


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Certo. Per tre giorni si sono confrontati studenti, insegnanti e rappresentanti dei Ministeri dell'istruzione europei per capire come ci si muove in alcuni Paesi e cosa si può fare in altri.
Quando parliamo di media education non parliamo di una materia. Noi riteniamo che sia fondamentale la media education in senso trasversale: parlo di educazione con i media - inserendo i media nella didattica il più possibile - ma anche educazione ai media, riflettendo su come si utilizzano questi strumenti.

PRESIDENTE. Peraltro, nelle scuole esiste la possibilità di conseguire la patente europea del computer e all'interno di questi corsi si potrebbe inserire questa disciplina, che non è solo tecnicalità sull'utilizzo del mezzo informatico.
Ci terrei ad avere soprattutto il materiale relativo a questo ultimo punto dell'educazione ai media.
Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,30.

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