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Seduta del 18/4/2012


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Audizione di rappresentanti delle OO.SS. SUNIA, SICET, UNIAT, FEDERCASA, Unione inquilini, ASSOCASA, ASIA-USB.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione delle organizzazioni sindacali SUNIA, SICET, UNIAT, FEDERCASA, Unione inquilini, ASSOCASA e ASIA-USB, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla consistenza, gestione e dimissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e privati.
Considerando che abbiamo a disposizione circa un'ora, invito i rappresentanti delle varie organizzazioni sindacali a essere il più possibile sintetici e, qualora vi fossero posizioni comuni o condivise da più di un'associazione, a rappresentarle in forma unitaria. Inoltre, se avete dei documenti da consegnare li acquisiremo agli atti.
Comunico che per il SUNIA, da cui iniziamo, è presente il segretario generale Daniele Barbieri, al quale do la parola.

DANIELE BARBIERI, segretario generale SUNIA. Innanzitutto farei un'importante distinzione tra i problemi relativi al patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici e quelli relativi al patrimonio degli enti previdenziali privatizzati, all'interno del quale ci sono due categorie che cercherò di definire.
Riguardo al patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici, siamo ormai alla conclusione delle vendite per gli enti più grossi come INPDAP, che ha praticamente concluso (sono rimaste solo poche centinaia di abitazioni ancora da vendere, localizzate prevalentemente al nord), e INAIL, che pare abbia concluso definitivamente la vendita del proprio patrimonio.
Quello che è rimasto - e su questo credo sia necessario un intervento del Parlamento e del Governo che rimetta in ordine le cose - è il patrimonio dell'INPS derivato dalla liquidazione dell'INPDAI (Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali). Questo patrimonio, che ammonta a circa 4.000-5.000 abitazioni, prevalentemente a Roma, è ormai da tempo nel limbo: non è chiaro quali siano e quali saranno le decisioni dell'ente e, soprattutto, del Governo e del Parlamento rispetto al destino di queste abitazioni.
Noi, dopo aver seguito e in parte contrastato le vendite degli altri enti previdenziali pubblici (parliamo, per fornire dei numeri, di circa 60.000 abitazioni in tutto il territorio nazionale) con determinate caratteristiche e con determinate normative, oggi ci ritroviamo a dover affrontare un problema relativo a questi appartamenti


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con una strana indeterminatezza rispetto alle modalità, ai tempi e anche alle ipotesi di vendita.
Parlo di indeterminatezza perché, per quanto ci riguarda, l'interpretazione che diamo non può che essere l'unica che riteniamo possibile: si tratta di applicare a questo patrimonio, nel momento in cui viene dismesso, la stessa normativa che è stata adottata per gli altri appartamenti. Tra l'altro, la stessa legge, allorché gli appartamenti furono riportati sotto la proprietà degli enti, dopo lo scioglimento della SCIP, ribadiva il fatto che all'atto della vendita si dovesse adottare la stessa disciplina adottata per i precedenti.
Nonostante svariate nostre sollecitazioni al Governo e alle Commissioni competenti, c'è una non decisione da parte del Governo e del Parlamento rispetto al destino di questi appartamenti e, soprattutto, delle famiglie e dei cittadini che vi abitano.
Quanto agli enti privatizzati, come dicevo prima, considero opportuno distinguere due categorie. La prima è quella degli enti privatizzati che, con comportamenti diversi, hanno tenuto a confrontarsi con le organizzazioni sindacali sulle questioni relative alla gestione del loro patrimonio - in particolare, per quanto ci riguarda, la questione della regolazione degli affitti e la questione delle vendite - e con i quali sono stati raggiunti degli accordi. Mi riferisco a ENASARCO ed ENPAM.
Ci sono invece - ed è questo che ci preoccupa maggiormente - alcuni enti previdenziali che hanno sistematicamente rifiutato, anche dopo sollecitazioni da parte di varie istituzioni (dalle prefetture ai comuni, allo stesso Parlamento, che ha adottato delle risoluzioni in tal senso), qualsiasi confronto con le organizzazioni sindacali sulle modalità di determinazione degli affitti e, per alcuni, sulle determinazioni in materia di vendita.
Gli enti privatizzati che non hanno alcun accordo con le organizzazioni sindacali, come la Cassa del notariato, la Cassa dei geometri, la Cassa degli architetti e altri - forse ne dimentico qualcuno ma i nomi verranno sicuramente integrati dagli altri auditi - hanno adottato, in particolare a Roma, una politica di adozione del canale libero con riferimento alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 sulle locazioni. Questo ha fatto sì che i canoni di quegli alloggi stiano «massacrando» - è il caso di dire così - gli inquilini che ci abitano.
Le difficoltà derivanti dalla sottoscrizione dei contratti cominciano a essere palesi per i cittadini che, in moltissimi casi, non potendo fare altrimenti - in quanto il mercato abitativo delle locazioni è un mercato selvaggio, soprattutto nelle grandi aree metropolitane - si trovano molto spesso a sottoscrivere dei contratti che non riescono ad onorare, trovandosi nella reale impossibilità.
Del resto, il numero degli sfratti per morosità in questo Paese ha superato la soglia di guardia: parliamo di 250.000 sfratti per morosità emessi soltanto negli ultimi cinque anni. Questo trend è in aumento, sicuramente non in diminuzione. In questo ambito, anche se il numero non è paragonabile, il rischio consistente è che una buona fetta degli inquilini si trovi nelle stesse nelle stesse condizioni.
Noi richiediamo un intervento un po' più cogente della semplice risoluzione o dell'appello agli enti previdenziali privatizzati che assumono questi comportamenti, affinché si mettano seduti al tavolo, come si dice in gergo, per capire se è possibile trovare una soluzione che salvaguardi i redditi delle famiglie che insistono all'interno di questo patrimonio.
Tenete conto, e chiudo, che ormai non ci sono più neanche ammortizzatori di fronte a questi drammi. Precedentemente il patrimonio degli enti previdenziali pubblici e privatizzati e, in parte, anche quello delle compagnie di assicurazione, in qualche modo «garantiva» un pezzo di governo delle dinamiche degli affitti, perché quegli affitti venivano contrattati con le organizzazioni sindacali, quindi avevano una caratteristica completamente diversa. Basti pensare che tra due appartamenti simili, di proprietà, ad esempio, di Cassa del notariato e di ENASARCO, la differenza di canone, per un appartamento di cento metri quadri, è di circa 400-500 euro:


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questa è la differenza - per lo stesso appartamento - tra un contratto che è stato concordato con le organizzazioni sindacali e uno che non è stato concordato con le organizzazioni sindacali.
Risulta evidente che non ci sono più possibilità alternative nello stesso tipo di patrimonio: ormai quei 100.000-150.000 appartamenti sono stati venduti, nell'arco degli ultimi dieci anni, e quello che è rimasto è soltanto il patrimonio abitativo della proprietà diffusa, che sicuramente non pratica dei canoni sopportabili dai redditi delle famiglie che vivono in affitto; inoltre, quello che viene pomposamente chiamato «piano di edilizia abitativa» è ben lungi dall'essere attuato, non ha prodotto neanche un appartamento, e da qui ai prossimi cinque anni non si vede soluzione.
Mi pare evidente che, di fronte all'assenza totale di alternative, un intervento sull'esistente e quindi, per quanto riguarda l'audizione di questa mattina, sugli enti pubblici e privatizzati, sia assolutamente indispensabile per cercare almeno di contenere i danni e cominciare a ragionare sul futuro.

PRESIDENTE. Ringrazio il segretario generale del SUNIA Daniele Barbieri, anche per avere contenuto l'intervento in termini temporali adeguati.
Comunico che per il SICET sono presenti il segretario generale Guido Piran e il segretario nazionale Ciro Grillo. Chiedo, pertanto, chi dei due intenda intervenire.

GUIDO PIRAN, segretario generale SICET. Intervengo io, presidente, e mi attengo al fatto che Daniele Barbieri ha parlato per tutte e tre le organizzazioni sindacali di provenienza confederale, cioè SICET, SUNIA e UNIAT.
Vorrei solo integrare una questione. Per gli enti previdenziali privatizzati di cui sono in atto le vendite del patrimonio, noi abbiamo sottoscritto degli accordi che hanno tutelato e tutelano molto - soprattutto con l'andamento del mercato in questo momento - gli inquilini perché, anche per fasce di reddito superiori a quelle, ad esempio, dell'edilizia pubblica, noi abbiamo comunque dato la possibilità all'interno dell'accordo (e questo è avvenuto solo per l'intervento sindacale e non di altri) di rinnovare i contratti per nove anni, quindi di dare una stabilità abitativa agli inquilini che non possono acquistare gli appartamenti. Questo perché, quando abbiamo fatto l'accordo, la crisi era già evidente.
L'accordo sindacale è una fonte di tutela importante, come diceva Daniele Barbieri, dunque ribadisco la sua richiesta di un intervento forte del Parlamento affinché anche gli altri istituti di previdenza privatizzati permettano la costituzione di accordi uguali a quelli che abbiamo fatto con ENPAM, con ENASARCO e, in passato, anche con INPS, INPDAP e INAIL.

PRESIDENTE. Grazie per la sintesi. Comunico che per l'UNIAT non sono presenti rappresentanti. Comunico che per FEDERCASA è presente il responsabile del settore legale, avvocato Davide Maldera, al quale do la parola.

DAVIDE MALDERA, responsabile legale FEDERCASA. Concordo con quello che è stato detto e consegno un documento nel quale riferiamo quale sia lo stato dell'arte per quanto riguarda la dismissione degli immobili.
Credo comunque, confermando quello è stato appena detto, che occorra un intervento diretto per quanto riguarda gli accordi sindacali con gli enti privati, così da poter garantire più tutele per gli inquilini.
Penso di potermi fermare qui, così da lasciare spazio agli altri. Grazie.

PRESIDENTE. Comunico che per l'Unione inquilini è presente il segretario nazionale Walter De Cesaris, al quale do la parola.

WALTER DE CESARIS, segretario nazionale Unione inquilini. La ringrazio, presidente, e ringrazio la Commissione per averci convocato.


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Anche noi consegniamo un documento e mi rimetto alla disponibilità dei commissari di volerlo esaminare come ritengono. Per la brevità che ci viene chiesta, non mi permetto di illustrarlo dettagliatamente ma propongo soltanto alcuni spunti alla Commissione.
Il cuore della tesi che sosteniamo attraverso il documento che sottoponiamo alla valutazione della Commissione è la necessità di un intervento di Governo e Parlamento affinché vengano dettate regole omogenee e uniformi agli enti previdenziali - in questo caso specialmente quelli privatizzati - e, secondo noi, a tutto il patrimonio degli enti pubblici controllati e vigilati dal sistema pubblico.
Secondo la nostra impostazione, va considerata la natura e la funzione sociale che svolge questo patrimonio. Esso va considerato come patrimonio di edilizia residenziale sociale o, per usare un termine diffuso, social housing, cioè un patrimonio che ha una condizione intermedia tra l'edilizia residenziale pubblica e il mercato privato.
Ciò deve valere per la sua gestione, e quindi per i canoni di locazione, ma anche per le possibilità di acquisto e per le forme attraverso le quali gli enti tendono a gestire il patrimonio, cioè i fondi immobiliari.
Se posso esprimermi con una sola battuta, prima di pensare al nuovo social housing da costruire, bisognerebbe pensare al social housing che già esiste e che non va disperso.
In secondo luogo, bisognerebbe prestare molta attenzione alle operazioni finanziarie che si fanno attraverso il patrimonio immobiliare, e cioè al ruolo del patrimonio immobiliare come garante delle prestazioni previdenziali.
Vicende vecchie, come quelle della SCIP, e nuove come quelle emerse proprio ieri che riguardano l'ENPAM, mettono in luce i rischi e l'opacità di queste operazioni.
Voi ponete tre questioni, che io esprimerò in maniera estremamente sintetica. La prima riguarda gli esiti della cartolarizzazione SCIP 2 e la reimmissione in possesso degli enti degli immobili rimasti dopo la fine della cartolarizzazione.
Noi esprimiamo un giudizio drastico: si è trattato di un'operazione finanziaria opaca, a partire dalla natura e dalla funzione della Società di cartolarizzazione immobili pubblici (SCIP) e fallimentare nelle conclusioni.
Facciamo nostro, come epitaffio, il giudizio della Corte dei conti che ha detto esplicitamente che i rischi principali delle operazioni di cartolarizzazione sono costituiti dalla loro scarsa trasparenza e dalla cosiddetta «sovracollateralizzazione» e, nel caso degli immobili pubblici, le garanzie di diritto o di fatto accordate all'acquirente sono state tali da mantenere il rischio in mano al cedente. Questo è stato il problema.
Pensiamo, anzi, che ci sia la necessità di un'attenzione supplementare da parte del Parlamento affinché si facciano emergere aspetti ancora opachi, come i costi reali che ha avuto l'operazione SCIP 2 e i soggetti che ne sono stati beneficiari.
Sono stati rimessi in possesso degli enti previdenziali pubblici circa 10.000 alloggi. Vogliamo sottolineare alla Commissione che, dopo tre anni dalla reimmissione in possesso, oggi si vive una situazione che noi definiamo tecnicamente allucinante: c'è un blocco del processo di alienazione, incomprensibile in quanto ci sono disposizioni legislative che ne disciplinano dettagliatamente le modalità di sviluppo, e ci sono un disagio e una preoccupazione molto grandi tra i conduttori.
Vorrei anche ricordare che esistono conduttori con redditi bassi che non hanno potuto optare e occupanti cosiddetti «senza titolo» - circa mille famiglie - e, per assurdo, a causa della legge, attualmente i contratti non vengono rinnovati e tutti gli inquilini tendono a divenire sine titulo. Questa è una situazione paradossale.
Poniamo quindi alla Commissione tre questioni: in primo luogo, se non si configuri per gli enti - per l'INPS in particolare - un danno nei confronti della pubblica amministrazione per l'incomprensibile


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blocco dei processi degli ultimi tre anni e anche delle legittime aspettative degli inquilini sancite da leggi dello Stato; in secondo luogo, se il mancato rinnovo dei contratti non sia una causa non effimera dei problemi di gestione, che viene ampliata dalla risolta questione dei cosiddetti «senza titolo», rispetto ai quali - vorrei ricordare - esiste una precisa disposizione di legge che garantirebbe, oltre alla regolarizzazione, cospicui introiti; in terzo luogo, se non esista un possibile conflitto di interessi da sollevare.
Apprendiamo, attraverso le audizioni di cui abbiamo letto i verbali, che l'ENPALS (uno degli enti che è stato inglobato dall'INPS) ha deciso l'affidamento di immobili a un fondo, IDeA FIMIT, di cui risulta presidente lo stesso presidente dell'INPS, dottor Mastrapasqua.
Noi chiediamo un approfondimento sul ruolo di IDeA FIMIT, per capire se questo non individui, prima di tutto, un conflitto di interessi da sollevare e, in secondo luogo, se non si ritenga che debba essere approfondito il ruolo di IDeA FIMIT come asset di gestione del patrimonio di enti pubblici e privatizzati. Anche in questo caso potrebbero emergere situazioni predominanti poco comprensibili o opache.
Sulla gestione degli enti privatizzati, noi facciamo un rilievo. Abbiamo letto nei verbali delle audizioni che alcuni enti giustificano le vendite con la scarsa redditività degli affitti. Noi contestiamo i dati che vengono forniti, poiché gli affitti reali vanno relazionati non a prezzi ipotetici, ma ai prezzi reali praticati e praticabili.
Per esempio, la media affitto di ENASARCO è di circa 72 euro a metro quadro - mentre la media delle vendite reali che si stanno realizzando è di 2.000 euro a metro quadro - con un rendimento del 3,6 per cento rispetto alle vendite reali, e non dell'1 per cento come viene sostenuto.
Per l'ENPAM, per cui la media affitto è di 110 euro a metro quadro, allo stesso prezzo il rendimento sarebbe del 5 per cento. Pertanto, questo dato ci sembra da contestare.
Per quanto riguarda gli enti privatizzati e gli affitti, nessuna norma obbliga gli enti a stare nel canale concordato. Questo è un punto che noi solleviamo, perché pensiamo che tutti gli enti vigilati dal pubblico e che hanno controlli pubblici dovrebbero essere obbligati a stare dentro il canale della contrattazione collettiva dei canoni.
Poniamo anche un problema che riguarda la legislazione in itinere: una delle fonti di finanziamento del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro è la riduzione dal 15 al 5 per cento della detrazione forfettaria, ad eccezione di chi opta per la cedolare secca. Al di là del giudizio sulla cedolare secca - che per noi è molto drastico - solleviamo il problema che gli enti sono esclusi da questa possibilità, quindi per loro l'abbattimento è senza scampo. Noi invece pensiamo che non dovrebbe essere così, poiché riteniamo che ci debba essere una norma che vincoli gli enti al canale concordato.
Infine, aggiungo un'ultima osservazione sulle modalità di alienazione. L'indagine fa riferimento alla recente norma sulla verifica rispetto ai saldi strutturali e alle modalità del reimpiego degli utili. Noi riteniamo che dovrebbero essere usati altri criteri rispetto alla sostenibilità sociale e, insieme a essa, rispetto alla trasparenza. Solleviamo il problema che gli enti assumono modalità molto differenti e disomogenee. È stato ricordato il caso dell'ENASARCO e dell'ENPAM: noi solleviamo, per esempio, il problema che l'ENPAM ha posto riguardo alla vendita in blocco degli immobili, attraverso il meccanismo cielo-terra. Noi pensiamo che questo ponga un elemento di opacità e di possibile forzatura speculativa e che anche le recenti indagini rendano necessario - secondo il nostro parere - almeno un approfondimento della Commissione per un intervento di sospensione e rivisitazione di questa procedura.
Pensiamo anche che in questo modo non vengano rispettate le procedure di cui all'articolo 8, comma 15, della legge 30 luglio 2010, n. 122.
Vorrei ricordare alla Commissione che dare regole comuni minime a tutti gli enti


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non sarebbe una novità, poiché esistono precedenti legislativi. Mi riferisco al comma 109, articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

PRESIDENTE. Comunico che per l'ASSOCASA sono presenti il segretario nazionale Gaetano Vassallo e il coordinatore nazionale Fabio Ronghi. Do la parola al segretario nazionale.

GAETANO VASSALLO, segretario nazionale ASSOCASA. La disamina fatta dai colleghi confederali di SUNIA e SICET è abbastanza precisa e i reali problemi sono stati evidenziati.
Anche io, come loro, chiederei qualche intervento sugli attuali enti previdenziali con patrimonio immobiliare in vendita e che si rendesse necessaria la concertazione con le forze sindacali, al fine di poter meglio tutelare gli interessi degli inquilini. Questo riguarda gli enti che già hanno messo in vendita o che devono farlo.
Inoltre, vorrei evidenziare un aspetto che, a mio avviso, risulta importante: spesso le valutazioni degli immobili sono state fatte in anni precedenti a quelli in cui effettivamente avviene la vendita. Abbiamo avuto un calo del mercato immobiliare e gli inquilini, oggi, si trovano a dover acquistare - nel caso avessero deciso di farlo - immobili con un valore inferiore a quello che era stato determinato all'epoca dei fatti. Parliamo di un lasso di tempo, tra il momento in cui si decide di vendere e quello effettivo della vendita, di oltre due o tre anni.
Inoltre evidenzio che, in questo momento, anche coloro i quali avevano deciso di acquistare si trovano in grandi difficoltà perché oggi le situazioni sono indubbiamente cambiate e non tutti quelli che volevano acquistare hanno più la possibilità di farlo anche a causa delle grandi difficoltà che le banche stanno creando agli inquilini con volontà di acquisto. Ci stiamo rendendo conto di questo con le ultime dismissioni, laddove le banche sono estremamente rigide nell'erogazione dei mutui.
Questo, a nostro avviso, potrebbe portare a una grave discriminazione verso coloro che volevano acquistare e oggi si trovano in difficoltà, oltre alla discriminazione di dover pagare un prezzo che, attualmente, non è più quello di mercato, perché oggi il mercato immobiliare è sceso.
Da ultimo, questa situazione potrebbe aprire la strada a una grande speculazione nel campo immobiliare e questo sarebbe contrario agli interessi di tutti, sia degli enti di previdenza, sia del Governo e, soprattutto, delle organizzazioni sindacali che rappresentiamo.

PRESIDENTE. Comunico che per la ASIA-USB sono presenti il coordinatore nazionale Angelo Fascetti, l'avvocato Vincenzo Perticaro, la coordinatrice dei comitati inquilini, Caterina Rovere, la coordinatrice dei comitati inquilini dell'ENASARCO Egle Salvatorelli, il coordinatore dei comitati inquilini dell'ENPAIA Fabrizio Pocobelli. Chiedo, pertanto, chi intenda intervenire tra voi.

ANGELO FASCETTI, coordinatore nazionale ASIA-USB. Vorremmo dividere il nostro spazio in due interventi.

PRESIDENTE. Prego.

ANGELO FASCETTI, coordinatore nazionale ASIA-USB. Poiché noi rappresentiamo una voce dissenziente rispetto agli altri sindacati, che sono in parte complici di questa situazione in quanto firmano accordi a danno degli inquilini molto spesso senza ascoltarne il parere, io riferirò brevemente la nostra posizione. Successivamente, siccome su questa vicenda stiamo facendo una vertenza anche di carattere legale, l'avvocato Perticaro potrà esporre brevemente alcuni punti in merito.
Io credo che questa vicenda degli enti sia un fatto gravissimo che sta sconvolgendo parte del nostro Paese; le cifre le avete sentite, non le ribadisco. Non dobbiamo dimenticare la funzione che le case degli enti rappresentavano un tempo, cioè, di fatto, quella di ammortizzatore sociale. In seguito, sebbene tutti gli inquilini siano partiti dallo stesso livello di affittuari di


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enti pubblici, con le stesse caratteristiche, a un certo punto c'è stata una divaricazione che ha fatto sì che alcuni abbiano ricevuto un trattamento diverso di altri: alcuni hanno potuto acquistare alloggi, con le vecchie cartolarizzazioni, a pezzi abbastanza sostenibili (50.000, 60.000 o 70.000 euro ad appartamento), mentre gli stessi alloggi, a distanza di tempo, sono oggi venduti dagli enti privatizzati a cifre quattro volte superiori, cioè 250.000 o 300.000 euro.
Gli enti che gestiscono questo patrimonio l'hanno acquisito quando erano pubblici: nessun ente ha acquistato nuovo patrimonio dopo le privatizzazioni, se non per qualche caso irrilevante. Questo è un dato di fatto.
Inoltre, credo che questa vicenda delle dismissioni - e spero che la magistratura stia facendo chiarezza su questo - nasca dal fatto che questi enti, con la foga della privatizzazione, hanno investito i proventi degli associati in fondi immobiliari. Voi conoscete i risultati di questi investimenti, pertanto credo che adesso si vogliano rifare con gli inquilini.
D'altro canto, la legge in questo momento prevede che non venga considerato il patrimonio immobiliare, ma gli enti stanno facendo questa operazione di dismissione di tutto il patrimonio. Tra gli enti, alcuni, come l'ENASARCO e l'ENPAM, stanno dismettendo o stanno aumentando gli affitti in base ad accordi sindacali. Vi assicuro, tuttavia, che i risultati sono gli stessi. Tra gli affitti praticati dalla Cassa ragionieri e quelli di ENASARCO c'è una differenza: ENASARCO rinnova i contratti a 800, 1.000 o 1.200 euro, a seconda delle zone, mentre la Cassa ragionieri li rinnova a 1.600, 1.800 e così via.
Dobbiamo considerare che molti degli inquilini che hanno occupato queste case lo hanno fatto in base a graduatorie comunali o assegnazioni delle commissioni prefettizie, cioè quel settore dell'emergenza abitativa cui, come molti di voi ricorderanno, era delegata la funzione degli enti.
Vi riferisco rapidamente la situazione attuale: l'ENASARCO afferma di dismettere il proprio patrimonio in modo conveniente per gli inquilini poiché vi è un accordo. Tuttavia sta succedendo che, pur applicando realmente il 30 per cento di sconto, stanno vendendo alloggi a prezzi medi di mercato piuttosto che secondo il loro valore effettivo. Consegno alla Commissione un documento che riporta un caso concreto, quello di via Costantini a Roma: ENASARCO ha proposto agli inquilini di sottoscrivere un impegno alla vendita, rinunciando a ogni vizio occulto o futuro e, siccome i nostri inquilini - organizzati nei comitati - non hanno firmato questo accordo (sottoposto dai notai), si è scoperto che, se avessero firmato, avrebbero subito una fregatura, perché gli appartamenti non erano accatastati nel modo in cui si cercava di venderli.
Pertanto, sebbene nell'accordo fatto con i sindacati sia stato stabilito che il prezzo debba tener conto dello stato degli immobili, questi vengono venduti a prezzi di mercato come se fossero nuovi.
Lo stesso appartamento, in via Val Sillaro, viene venduto dall'ENASARCO, con lo sconto, a 358.000 euro, mentre la Tecnocasa lo mette in vendita a un prezzo più basso perché applica il 30 per cento in quanto occupato e un coefficiente più basso perché gli appartamenti hanno cinquant'anni. L'ENASARCO, invece, parte da un prezzo medio che è addirittura superiore a quello del libero mercato.
Gli inquilini ENASARCO si trovano adesso ad affrontare la questione del comprare o rimanere fuori da questa operazione. Le banche non concedono i mutui, molti degli inquilini sono anziani e non hanno le tutele. C'è, dunque, una situazione di allarme sociale.
In questa vicenda abbiamo coinvolto tutte le istituzioni, dal Parlamento alla Regione, al Comune eccetera. Su tale questione tutti hanno preso posizione, all'unanimità, ma nessuno fa nulla.
L'ENPAIA non dismette, ma sta applicando aumenti degli affitti, con accordo sindacale, dal 65 al 90 per cento e anche più. Questo significa arrivare a livelli di


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affitto di 1.100 euro al mese, in zone periferiche della città. Il fatto che l'ENPAIA aumenti gli affitti in modo consistente, disinteressandosi completamente delle famiglie che abitano gli appartamenti e dell'impatto che l'aumento può avere su di esse, va sottolineato.
La Cassa ragionieri fa di più: abbiamo casi di aumento di affitto, nella fascia periferica della città di Roma - parliamo soprattutto di Roma perché l'80 per cento del patrimonio è situato dentro la città di Roma, ma questo problema riguarda anche altre città, infatti ci hanno chiamati dall'Aquila, da Napoli, da Milano e così via - da 600 euro al mese (sul Grande raccordo anulare) a 1.800 euro. Ci sono centinaia di persone che non riescono a rinnovare gli affitti e hanno in corso le pratiche di sfratto.
Quanto all'ENPAIA, sono circa 160 gli inquilini di ceto medio che vengono colpiti dallo sfratto per finita locazione e ve ne sono altri per i quali ancora devono arrivare le disdette degli affitti.
La Cassa geometri si sta regolando nello stesso modo e la Cassa forense sta praticando gli sfratti.
È importante sottolineare la situazione dei fondi. La Cassa del notariato ha trasferito alla FIMIT il patrimonio che sta vendendo a terzi e producendo sfratti. L'assurdo è che il 30 per cento della FIMIT è dell'INPDAP, un ente pubblico che prima faceva le case per i lavoratori e adesso partecipa a queste forme di finanziarizzazione che producono effetti di trasformazione radicale: all'EUR, ad esempio, si stanno costruendo case per i ricchi.
Questo vale per i fondi pensione della Banca di Roma, vale per la Sara Assicurazioni, che in parte è partecipata dall'ACI che è pubblica, e vale anche, in parte, per gli enti pubblici che hanno un sospeso di alcune migliaia di inquilini i quali rischiano di cadere nell'emergenza abitativa.
Io credo che sia importante che le forze politiche rappresentate in seno a questa Commissione prendano atto di questa situazione, anche rispondendo alle prese di posizione già espresse dalla VIII Commissione parlamentare Ambiente della Camera.
Noi chiediamo che si affronti questa vicenda, attraverso una moratoria e l'apertura di un tavolo interistituzionale allo scopo di ricercare le tutele necessarie per gli inquilini. È vero che una parte degli inquilini è forse in condizioni di comprarsi la casa, ma non sono coloro che hanno avuto l'assegnazione attraverso le graduatorie comunali, e comunque non vanno messi tutti sullo stesso piano.
Credo, in definitiva, che sia importante che la politica e il Parlamento prendano atto di questa vicenda e la affrontino.

VINCENZO PERTICARO, legale ASIA-USB. Vorrei sottolineare un aspetto importante, quello normativo. I sindacati chiedono di intervenire a livello legislativo, chiedono l'intervento del Governo e del Parlamento, ma dimenticano che già esistono delle leggi che non sono state applicate. Mi riferisco alla differenza tra enti pubblici ed enti privatizzati. Gli enti privatizzati - ENPAIA, ENASARCO, ENPAM eccetera - nascono come enti pubblici e acquistano il patrimonio come enti pubblici, con intervento e con danaro pubblico.
È sicuramente nota a questa Commissione la legge che prevede la possibilità per gli enti di privatizzarsi a condizioni ben precise, che sono state però violate dagli enti privatizzati. La prima condizione della privatizzazione degli enti era rappresentata dalla non possibilità di beneficiare di finanziamenti pubblici. L'autorità di vigilanza è intervenuta su quest'aspetto sollevando un problema con una delibera del febbraio del 2011, con la quale contestava il finanziamento pubblico da parte degli enti privatizzati con la contribuzione obbligatoria.
L'altra condizione che la legge poneva per la privatizzazione di questi enti era quella di non utilizzare il patrimonio immobiliare come cosa propria, ricordando che quel patrimonio immobiliare era stato costituito con danaro pubblico. Tuttavia, è intervenuta una norma successiva alla privatizzazione,


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il decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, che all'articolo 1 impone agli enti pubblici e privati di dismettere il patrimonio tra il 1996 e il 2001.
Nessuno di questi enti ha fatto assolutamente nulla e vorrei sottolineare il doppio danno per gli inquilini: gli inquilini, quando abitavano quegli alloggi (la maggior parte di essi abita gli alloggi degli enti privatizzati a partire dagli anni Settanta, Ottanta e Novanta), avevano già acquisito il diritto di acquistare; quindi non c'è bisogno di fare accordi, perché la legge già esiste, andava solo applicata. In questo Paese si reclamano nuove normative, ma non si applicano quelle vigenti.
Quella norma obbligava gli enti, tant'è vero che l'unica Cassa che inizia la privatizzazione e vende il patrimonio è l'ENPAF, dando luogo a un contenzioso al TAR, cosa che è accaduta anche oggi con gli inquilini degli enti privatizzati. Non è chiaro quale sia il giudice competente, sebbene secondo la legge sugli enti pubblici sarebbe stato il TAR. Neanche il Consiglio di Stato, ad oggi, nonostante i vari comunicati che vengono fatti dagli enti, interviene nel merito di questa questione.
Il decreto legislativo n. 104 del 996 non solo obbliga gli enti a vendere, riconoscendo i diritti, ma possiamo dire che è una norma perfetta per ciò che riguarda la garanzia dell'inquilinato: prevedeva la tutela per le fasce deboli, la possibilità di acquisto degli immobili per i soggetti in condizioni disagiate, le convenzioni con le banche. Tuttavia, non è mai stata applicata.
Il senatore Lannutti ha presentato un'interrogazione parlamentare a proposito di ENASARCO, di EXITone e degli appalti pubblici. Ci sono le leggi, si fanno gli appalti, ma in questo Paese nessuno applica le norme. C'erano tre diversi appalti per ENASARCO, a dimostrazione del fatto che ognuno vende come vuole, ognuno stabilisce le proprie regole e si arroga i propri diritti.
ENASARCO, come ho accennato, ha indetto tre gare d'appalto: un appalto per la convenzione con le banche, vinto da BNL e Monte dei Paschi di Siena; un appalto per la gestione della dismissione, vinto da EXITone; un appalto vinto dal fondo SGR Paribas, che stranamente - sono cose che accadono solo in questo Paese - appartiene allo stesso gruppo di cui fa parte BNL, vincitrice della convenzione sul rapporto per quanto riguarda i mutui.
ENASARCO ha poi diffuso un volantino con il quale ha comunicato agli inquilini che, a causa della crisi economica, non potevano essere garantiti i mutui; BNL si è dimostrata disponibile e intenzionata a recedere unilateralmente dalla convenzione, e venivano ridotti i canoni di locazione del 25 per cento, per quanto riguarda i pagamenti successivi all'eventuale stipula del mutuo che però veniva modificato. Eppure c'era un appalto pubblico!
Ma non è finita. In questo meccanismo interviene un accordo del SUNIA con una società che nasce dal nulla, «EXITone per il sociale». Non si capisce chi sia, non si capisce a chi faccia capo e non si capisce a che titolo intervenga in questo meccanismo.
Nel 2004 interviene il famoso comma 38 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, secondo cui il decreto legislativo n. 104 del 1996 non si applicherebbe agli enti privatizzati. Tale disposizione viene considerata come norma di interpretazione autentica. Interviene, nel 2006, la Cassazione a sezioni unite affermando che non si tratta di una norma di interpretazione autentica ma a carattere innovativo; essa disciplina le situazioni successive, non può avere effetto retroattivo, pertanto non può disciplinare il passato. La sentenza, inoltre, aggiunge un elemento importantissimo: vanno tutelati i rapporti giuridici attivi e passivi che erano in capo agli inquilini (quindi a soggetti che avevano dei diritti) poiché si perfeziona un rapporto giuridico di natura successoria.
Dove sono i diritti di questi inquilini? Nessuno di quegli enti ha applicato quella legge. Nessuno di quegli enti ha applicato quelle norme. I sindacati sostengono di aver stipulato l'accordo migliore che si poteva fare. ENASARCO applica il decreto


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legislativo n. 104 del 1996 in tutto il percorso, tranne nella formazione del prezzo.
Quanto al ruolo di EXITone - il senatore certamente se ne ricorderà - essa non intervenne in questo meccanismo perché dovette operare da agenzia immobiliare, con un compito ben preciso. ENASARCO, per dismettere il patrimonio fece due accordi di cui uno con i sindacati nel 2008, con il quale furono stabiliti cinque criteri per la formazione dei prezzi.
Noi abbiamo chiesto che quei criteri siano applicati, ma non abbiamo mai ottenuto risposta. Il coordinatore nazionale di ASIA-USB, Angelo Fascetti, ha rappresentato il caso specifico di via Costantini, laddove ci siamo rifiutati di firmare una procura imposta da ENASARCO, in cui era scritto di rinunciare ai vizi occulti e a qualsiasi garanzia. Non è stata firmata e, stranamente, su quell'immobile sono risultati vizi occulti: le camere da letto erano accatastate, in realtà, come ripostiglio e affittate agli inquilini come camere da letto.
Inoltre, non parliamo, nei palazzi di ENASARCO, del problema dell'eternit, dell'amianto e di quello relativo alla dismissione dei terrazzi: alcuni palazzi hanno antenne e ripetitori telefonici installati tramite contratto con le varie compagnie telefoniche e non è chiaro se ENASARCO venda o meno tali terrazzi agli inquilini e di chi sia la proprietà. Qualcuno, nell'ENASARCO, sostiene che si tratti di una porzione che rimarrà di proprietà dell'ente, ma solo nelle parti dove è presente l'antenna. Il contratto che ENASARCO stipula va dagli 80.000 euro ai 120.000 euro. Questa è la dismissione trasparente!
Chiedo a questa Commissione di verificare il percorso normativo. Se le leggi ci sono vanno applicate; non servono nuovi accordi o nuove disposizioni. La conferma che qualcosa non funzioni deriva dalle diverse audizioni che avete svolto, nelle quali sono state sollevate diverse problematiche. Conosco tutte le interrogazioni parlamentari del senatore Lannutti e le condivido: ci sono aspetti allucinanti, come gli investimenti di ENASARCO nei titoli Lehman Brothers per 1 miliardo 800 milioni di euro, di ENPAM - ed è indagato tutto il consiglio d'amministrazione - per 500 milioni.
In conclusione, vi chiedo di utilizzare la normativa vigente per imporre agli enti l'applicazione di una norma equa e trasparente per tutti. Non è possibile che ogni ente applichi una diversa normativa - quella che ritiene più conveniente - e sfido chiunque, dal punto di vista giuridico, ad affermare che i diritti degli inquilini siano stati tutti riconosciuti. Grazie.

PRESIDENTE. Certamente un ruolo che questa Commissione può rivendicare è quello di avere sollevato, anche con questa indagine conoscitiva, questioni e problematiche complesse che talvolta hanno avuto dei risvolti anche in sede giudiziaria.
Mi pare che - al di là delle diatribe tra le varie organizzazioni e che non sono di nostra competenza - ci siano alcuni questioni comuni che prenderemo in grande considerazione. Certamente a nessuno di noi sfugge la delicatezza e l'importanza del tema della casa e dell'abitazione, soprattutto per i ceti più deboli. Devo dire che, in ogni audizione svolta in questa sede, è stata più volte ribadita da tutti i Gruppi l'importanza di mantenere e rispettare la tutela degli inquilini, fatto salvo, ovviamente, il diritto dell'ente proprietario di valorizzare il più possibile i cespiti immobiliari.
I temi principali che sono stati affrontati (ovviamente procedo per grandi sintesi, quindi non sarò sufficientemente eloquente) sono la difficoltà di accesso al credito, i valori reali applicati alle cessioni, cioè la differenza tra il valore di mercato e quello di vendita; l'opacità - termine più volte usato in questa audizione - delle operazioni di compravendita immobiliare o, comunque, la scarsa trasparenza; un corretto inquadramento sotto il profilo legislativo, che già esiste ma va rafforzato.
È chiaro che se viene fatta firmare una clausola vessatoria - lei, avvocato, lo sa


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bene - che è contra legem, quella clausola non ha alcun senso. Rimane comunque grave che un ente che svolge una funzione di interesse pubblico la chieda di firmare. Ovviamente la clausola è nulla, ma certamente non è legittimo che venga nemmeno proposta.
Sul tema della trasparenza, vi assicuro che la Commissione - l'ha fatto fino a oggi con grande determinazione - rafforzerà ulteriormente il proprio impegno. Noi, ovviamente, dobbiamo anche stare attenti alla possibilità che gli enti abbiano una loro sostenibilità attuariale, cioè che possano garantire la previdenza agli iscritti. Dal nostro punto di vista, quindi, è importante anche la valorizzazione dei cespiti immobiliari, ma essa non può mai andare contro i diritti degli inquilini e la tutela delle fasce più deboli della popolazione.
La Commissione e tutti i Gruppi che la compongono hanno voluto ascoltarvi per dare un forte significato istituzionale al vostro lavoro. Il fatto che oggi voi siate qui è certamente un segno importante, che spero possiate apprezzare.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ELIO LANNUTTI. Ringrazio tutti i nostri ospiti per il loro contributo. Al di là delle differenze di vedute, il problema è che la giusta valorizzazione del patrimonio immobiliare che gli enti devono perseguire non può passare tramite delle truffe vere e proprie ai danni degli inquilini. E questo è ciò che succede quando si chiede di rinunciare ai vizi occulti o ad operazioni di bonifica che spesso riguardano anche la presenza di amianto, oppure quando si pongono in vendita immobili privi di alcuni requisiti di abitabilità.
Noi, in questa Commissione, rivendichiamo - come ricordato dal presidente Jannone - il lavoro che abbiamo fatto nel corso della legislatura e che ci ha permesso di verificare quello che c'era all'interno delle Casse privatizzate; mi riferisco anche all'indagine sulla loro situazione finanziaria.
Relativamente ai problemi dell'inquilinato, voglio anche ricordare che le banche, nonostante ci siano le convenzioni, non erogano finanziamenti. Questi problemi sono stati da me trattati anche in varie interrogazioni parlamentari. Se, pure in presenza di convenzioni, le banche non danno i soldi, quale rispetto vi è della convenzione? Che senso ha non concedere il mutuo ad un inquilino di settantacinque anni, sapendo così di buttarlo in mezzo a una strada?
Noi faremo tesoro dei vostri rilievi, e vi assicuro che tutta la Commissione e tutti i Gruppi politici sono dalla parte dei diritti e degli inquilini. Naturalmente non possiamo farci carico di specifiche controversie, però nella legalità siamo vicini ai sindacati che rappresentano gli inquilini, e agli inquilini stessi.

CARMEN MOTTA. Anch'io ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e mi rimetto alle parole del presidente che ha riassunto il senso del nostro lavoro e anche le motivazioni di questa seduta.
Voglio evidenziare due aspetti. Innanzitutto, in tutte le audizioni - come ha detto il presidente - noi abbiamo sempre posto all'attenzione degli enti sia pubblici che privatizzati il tema della loro legittima aspirazione e volontà di dismettere il patrimonio immobiliare, però tenendo conto dei diritti e delle problematiche degli inquilini, e li abbiamo sempre richiamati ad una saggia gestione. Chiaramente, come ha detto il presidente, da questo punto di vista non abbiamo poteri impositivi, ma continueremo a fare la nostra opera di controllo e le vostre memorie senz'altro ci aiuteranno a capire ancora meglio le problematiche presenti.
La seconda considerazione esula dalla nostra Commissione. Vorrei ricordare che nella VIII Commissione Ambiente della Camera - di cui faccio parte - è iniziato l'iter di una risoluzione che riguarda la reimmissione in possesso agli enti previdenziali pubblici degli immobili conferiti alla società di cartolarizzazione e che attiene, almeno in parte, alle problematiche che alcuni di voi hanno sollevato.


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L'attenzione è dunque costante, sia in questa Commissione che nelle Commissioni permanenti. I temi sono particolarmente complicati, ci rendiamo conto che non è sempre semplice intervenire, ma siamo ben consapevoli che dobbiamo tenere alta la nostra attenzione soprattutto sui bisogni delle persone più esposte e quindi anche della categoria degli inquilini che, in questa situazione economica del Paese, possono avere problemi molto pesanti.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione, e li invito anche per il futuro a segnalarci questioni che possano riguardare la tutela dei diritti degli inquilini.
Dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,30.

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