Back

Seduta del 12/11/2008


Pag. 3


...
Audizione del Consiglio direttivo dell'Associazione degli enti previdenziali privati (ADEPP).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione economico-finanziaria delle casse privatizzate anche in relazione alla crisi dei mercati internazionali, l'audizione del Consiglio direttivo dell'Associazione degli enti previdenziali privati (ADEPP).
Sono presenti l'avvocato Maurizio De Tilla, presidente dell'ADEPP, il dottor Antonio Pastore, vicepresidente vicario, il dottor Vincenzo Miceli e il dottor Emilio Croce, membri del Consiglio direttivo.
Do quindi la parola al presidente dell'ADEPP, avvocato Maurizio De Tilla.

MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. In primo luogo vorremmo ringraziarvi per averci invitati, come è stata consuetudine per la Commissione anche nelle due precedenti legislature.
Abbiamo sempre sottoposto alla Commissione un ventaglio generale delle problematiche delle casse previdenziali, la maggior parte delle quali è stata privatizzata 14 anni fa; altre cinque invece sono di più recente istituzione. Le casse si occupano di una platea di professionisti italiani: oltre un milione di iscritti e un milione di professionisti, dei quali alcuni sono in corso di iscrizione, mentre altri non si iscriveranno mai perché, soprattutto alcuni avvocati, non svolgendo la professione, non possiedono i requisiti per l'iscrizione.
Con la privatizzazione le casse hanno acquistato autonomia normativa e gestionale, natura privatistica e si sono responsabilizzate. La situazione finanziaria attuale ha avuto per le casse aderenti all'ADEPP o un impatto relativo o, per alcune di esse, addirittura nessun impatto. Sembra strano, ma è così.
Le casse possiedono consistenti patrimoni immobiliari - potrete verificarlo ascoltando i rappresentanti dei singoli enti -, investono, per una consistente percentuale, in titoli dello Stato e gestiscono la liquidità mediante pronti contro termine, conti correnti e titoli di Stato a breve scadenza. Alcune di esse possiedono un patrimonio azionario strategico, la cui la parte gestionale relativa all'attuale momento finanziario è estremamente ridotta.
In base ai dati acquisiti dal Ministero del welfare, alcune casse (anche di grandi dimensioni) non possiedono obbligazioni strutturate, altre ne possiedono un 20 per cento, mentre la media oscilla al massimo intorno al 10 per cento. Sto cercando di darvi una rappresentazione il più possibile aderente alla realtà dell'andamento generale delle casse aderenti all'ADEPP (non mi riferisco ovviamente a quelle non aderenti, come ad esempio l'Enasarco, per le


Pag. 4

quali non abbiamo dati a disposizione e che costituiscono un problema a sé stante).

NEDO LORENZO POLI. Solo l'Enasarco non è aderente all'ADEPP?

ANTONIO PASTORE, Vicepresidente vicario dell'ADEPP. Le casse privatizzate relative ai liberi professionisti sono 20: 18 svolgono pura previdenza, due solo assistenza, cioè ONAOSI, l'ente di assistenza degli orfani del comparto sanitario, e CASAGIT, l'ente di assistenza dei giornalisti. Delle 18 casse che svolgono solo previdenza, 13 sono state privatizzate ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 e 5 istituite con il decreto legislativo n. 103 del 1996. Il presidente De Tilla si sta quindi riferendo alle 20 casse aderenti all'ADEPP, all'interno delle quali ci sono poi delle differenziazioni.

MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Ci riferiamo comunque a casse che si occupano di professionisti iscritti in albi, come i giornalisti. Prima della privatizzazione lo Stato imponeva i piani di investimento, dopo la privatizzazione siamo noi a redigere tali piani, formulati, per lo più, in maniera cautelativa. Certamente ognuno ha le sue posizioni, delle quali non posso essere io a parlare, anche perché i rappresentanti delle varie casse saranno ascoltati successivamente, ma riteniamo necessario sollevare una serie di problemi sottoponendoli all'attenzione della Commissione. Grazie alla nostra autonomia possiamo scegliere se effettuare o meno gli investimenti suggeriti dallo Stato. In tutti i casi in cui lo Stato ci ha imposto degli investimenti, ci siamo sempre ribellati scendendo anche in piazza per contrastare le iniziative che in passato sono state adottate nei nostri confronti, a volte anche in maniera bipartisan.
Il primo problema fondamentale che intendiamo sottoporvi riguarda la diminuzione del nostro rendimento. L'organismo di vigilanza ha sempre sottolineato e denunciato che la nostra tassazione è uguale non a quella dei fondi pensione, bensì alle società speculative e mediamente arriva fino al 18 per cento. Lo Stato non versa alcun contributo, ma usufruiamo dei contributi degli iscritti che gestiamo, realizzando, nel corso di quattordici anni, buoni rendimenti, anche superiori alla media.
Quando il professionista va in pensione non paga né l'aliquota fissa, né quella con detrazione dell'imposizione fiscale, bensì l'aliquota integrale e, quindi, a volte anche il 40-41 o addirittura il 70 per cento, per quanto riguarda la previdenza. Il nostro è l'unico Stato che ha il sistema ETT; in quasi tutti gli altri vige il sistema EET (esenzione-esenzione-tassazione), in cui peraltro la tassazione del rendimento viene detratta dall'imposizione fiscale della pensione.
A tal proposito, nelle due legislature precedenti l'onorevole Tremonti si è fatto portatore di una proposta di delega fiscale, poi approvata dal Parlamento, che prevedeva un trattamento adeguato alle finalità degli enti. Si tratta di una tematica molto importante: continuando con questo sistema di tassazione verremo completamente «svenati». Addirittura, paghiamo integralmente anche un eventuale aumento di imposizione fiscale, ad esempio sulle plusvalenze, e non abbiamo alcun modo di individuare un sistema per pagare meno, anche perché siamo enti previdenziali che operano con trasparenza e correttezza: paghiamo le imposte in maniera «secca», come se fossimo imprese speculative. La previdenza pubblica è esentasse, le aliquote di quella complementare, che già sono state abbassate, si abbasseranno ulteriormente con la riforma Maroni, noi invece siamo tassati pienamente.
In secondo luogo, come ha già sostenuto il Ministro Tremonti e come tutti affermano, riteniamo che i mercati finanziari non siano regolati e controllati: le società di rating sono in pieno conflitto di interessi, la Sec americana ha dimostrato di non effettuare alcun controllo. In qualità di avvocato posso affermare che non si può fallire dopo due o tre giorni, ma solo dopo un lungo periodo di decozione. Se il rating della Lehman Brothers nel giro di quattro giorni è passato dalla doppia A al


Pag. 5

titolo spazzatura, venendo declassato in soli quattro giorni di 12 posizioni, così portando al fallimento, se non funzionano le regole di controllo del mercato anche qualsiasi nostro investimento è totalmente in pericolo.
Pertanto, in mancanza di una regolazione del mercato a tutela soprattutto del piccolo investitore, ma anche di quelli istituzionali, anche noi siamo a rischio. Non mi riferisco in particolar modo al mercato dei derivati e delle obbligazioni strutturate, dove i nostri impegni non sono consistenti ma minimi. Potrei menzionare, ad esempio, l'INPGI, che è una cassa che non possiede titoli, così come altre quattro o cinque casse, ma questo non significa nulla. Infatti, è fondamentale che il possessore di fondi mobiliari debba poter operare in un mercato che lo tuteli.
Il terzo punto fondamentale è che quasi tutte le casse avevano riserve di cinque anni legate al momento della privatizzazione e proiezioni ex lege a quindici anni. Attualmente, tutte le casse hanno riserve superiori alle cinque annualità correnti. Le riserve sono importanti ed equivalgono all'ammontare annuo delle pensioni che vengono erogate e che sono consistenti. C'è una capitalizzazione nei diversi sistemi, anche in quelli a retribuzione. Inoltre, tutte le casse o hanno in itinere o hanno già effettuato le riforme (ad esempio, i dottori commercialisti, i consulenti del lavoro, gli avvocati, l'Inarcassa e altre casse) per arrivare a proiezioni attuariali almeno di trent'anni o addirittura di quaranta o cinquanta.
Ciò è stato possibile grazie all'autonomia normativa. Mentre in passato occorreva aspettare una legge approvata dai due rami del Parlamento ed era un lavoro impossibile, con l'autonomia e con l'autonormazione è stata superata la necessità di una legge e sono state effettuate diverse riforme per consentire alle casse di operare in condizioni di sicurezza.
C'è una volatilità dei mercati e molte casse hanno compiuto investimenti in obbligazioni legate al tasso di inflazione: paghiamo le pensioni mediante una copertura in titoli di Stato legati all'inflazione.
Le nostre proiezioni vengono realizzate sia ritoccando le pensioni, sia aumentando i contributi (l'onorevole Cazzola conosce bene la questione). Tuttavia, il Ministero dell'economia e delle finanze a volte non approva le nostre riforme. Ma allora, a che gioco stiamo giocando? Aumentiamo la contribuzione e cerchiamo di assestare la situazione, ma proponiamo riforme che poi non vengono approvate! Dunque, il vero pericolo che corriamo non è tanto quello dell'andamento dei mercati, perché non siamo speculatori, quanto il fatto che la nostra autonormazione non riceve il placet che, non operando il silenzio assenso, rappresenta una condizione necessaria.
Queste argomentazioni valgono in linea generale, ma ci sono anche casi particolari. Certamente le casse, attraverso l'autonomia, hanno la possibilità di fronteggiare qualsiasi situazione, perché non hanno piani di investimento fissi e cristallizzati ma mobili, mediante i quali, in questo momento, stanno gestendo la liquidità. Le casse hanno notevoli flussi annuali che gestiscono mediante una attività di asset allocation: tutte le casse hanno propri advisor, un know how e un back office interno realizzato per quanto riguarda gli investimenti. C'è anche un controllo: l'investimento non viene effettuato dal presidente della cassa, ma attraverso criteri dettati dal comitato dei delegati e viene anche impegnato l'intero consiglio di amministrazione. C'è quindi una gestione estremamente articolata.
A proposito della Cassa forense - poi sentiremo il presidente - da sempre il comitato dei delegati, del quale sono stato presidente per dieci anni, ha posto il divieto assoluto di operare tramite hedge fund e obbligazioni strutturate. La gestione avviene in base a criteri prestabiliti in relazione a piani di indirizzo, tranne alcune eccezioni che però confermano la regola. Vi è quindi un sistema di gestione estremamente articolato, non costituito ad libitum, che partendo dai delegati, tutti di


Pag. 6

nomina elettiva, arriva fino al consiglio di amministrazione. Non voglio minimizzare, stiamo vivendo un momento finanziario che per l'economia generale è molto difficile e dal quale non si sa come uscire.
Il nostro sistema di contabilità, a mio avviso, non funziona. Infatti, i bilanci annuali sono sempre in attivo o super attivo; alcune casse hanno accantonato fondi per i super attivi e non vengono distribuiti né utili né dividendi né altro: l'attivo viene imputato al capitale, rafforzando le pensioni erogate. I bilanci sono normalmente consistenti, tranne la precauzione di istituire un fondo di oscillazione titoli. Tuttavia, non vengono contabilizzate le plusvalenze implicite, ma alcune casse contabilizzano solo le minusvalenze implicite (siamo nell'ambito della normativa generale). Ciò significa che, in questo modo, alcuni bilanci possono oscillare, sebbene non venga compiuta alcuna operazione sui titoli acquisiti.
Disponiamo sia di immobili sia di partecipazioni strategiche, titoli raddoppiati o triplicati, e riteniamo che nel sistema italiano ed europeo sia credibile avere un titolo generale nel proprio portafoglio (cinque casse ne dispongono). Mediante questa contabilizzazione continua vengono però rilevate oscillazioni che non hanno nessun punto di riferimento.
Avevamo quindi chiesto - il vicepresidente vicario, Pastore, vi illustrerà meglio la tematica perché è un commercialista - l'applicazione di principi contabili che, senza nascondere niente, in piena chiarezza dei nostri bilanci, che sono molto articolati, potessero non incidere sulle oscillazioni che si verificano nei diversi periodi. Ciò consentirebbe un assestamento più stabile e proiezioni attuariali a 40 o 50 anni.
Nel ringraziarvi per l'attenzione, consegno alla Commissione un documento integrativo della mia relazione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente De Tilla e do la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

ANTONINO LO PRESTI. In primo luogo vorrei ringraziare il presidente De Tilla, il vicepresidente Pastore e i componenti del direttivo dell'ADEPP per avere accolto il nostro invito. Abbiamo deciso di iniziare la nostra indagine conoscitiva dall'ADEPP per avere un quadro preliminare abbastanza chiaro, sul quale poi svolgere le successive analisi e indagini relative alle altre casse di previdenza. Effettivamente, dall'intervento del presidente questo quadro si sta già delineando e credo sarà molto importante nel prosieguo della nostra attività.
Mi sembra di aver compreso che le questioni legate agli investimenti si intrecciano con le prospettive di sostenibilità delle casse. In base a quello che ci ha riferito è chiaro che lei, presidente De Tilla, pone chiunque intenda approfondire questa tematica nella condizione di valutare con attenzione quali siano i rischi connessi ad investimenti sui quali si è riversata la crisi che conosciamo, che sarebbe opportuno venissero chiariti non termini di massima o generici con riguardo alle percentuali di tutte le casse, ma anche con riferimento a posizioni di singole casse. Si tratta di dati che queste ultime sicuramente ci forniranno e che credo sia interessante avere a disposizione, sia perché la Commissione, nel prosieguo dei lavori, possa valutare preliminarmente dove indirizzare l'indagine, sia per conoscere lo stato dell'arte con riferimento alle autoriforme di cui avete parlato.
Disporre di un quadro sinottico della situazione in cui si trova ciascuna cassa dal punto di vista delle autoriforme proposte o avviate, sarebbe interessante per capire se esista omogeneità nelle linee guida delle riforme che possono garantire la sostenibilità delle casse nel lungo periodo. Quindi, proprio perché siete l'organismo rappresentativo di tutte le casse, vi pregherei di fornirci questo quadro, in maniera tale da consentirci, nel prosieguo dell'indagine, di avere sin da subito un orientamento e poter gestire più agevolmente le audizioni dei rappresentanti delle singole casse.


Pag. 7


Proprio in questa prospettiva, vorrei farle una domanda ben precisa in merito alla vostra opinione sul decreto ministeriale del novembre 2007, che ha fissato i nuovi criteri di redazione dei bilanci tecnici. Da più parti sono state sollevate questioni relative all'applicabilità di questo decreto che, ovviamente, si è rivelato in buona parte carente, ponendo addirittura le casse nella possibilità di redigere non uno ma due bilanci alternativi, che non potranno rappresentare la situazione in maniera chiara. Infatti, se il decreto dà alle casse la possibilità di predisporre un bilancio utilizzando alcuni criteri e poi, salvo alcune specificità, di redigerne un altro con criteri diversi, evidentemente nessuno potrà mai capirci nulla. Questo problema è stato sollevato da più parti, ma ad oggi non ha avuto alcuna risposta.
La Commissione raccoglie sicuramente la doglianza espressa con riferimento alla non tempestività del Ministero dell'economia e delle finanze sulle risposte da fornire alle proposte di autoriforma che sono state formulate; credo che potremmo anche farci carico di sollecitare lo stesso Ministero ad esprimere le proprie valutazioni sulle proposte in essere. A maggior ragione ci risulterebbe utile il prospetto sinottico cui ho accennato: uno strumento di lavoro fondamentale che, ribadisco, riportandomi all'inizio del mio intervento, è una delle ragioni per le quali è stata chiesta la vostra audizione.
Le chiedo quindi di fornire una risposta alle piccole questioni che mi sono permesso di sottoporle.

GIULIO SANTAGATA. Ho colto una comprensibile preoccupazione nelle parole del presidente De Tilla e vorrei tranquillizzarlo, almeno per quanto riguarda il partito che rappresento, anche insieme ad altri colleghi. Non abbiamo deliberato questa indagine conoscitiva con l'idea di approfittare della crisi per metter mano all'autonomia delle casse. Quindi inviterei le casse a cogliere questo momento come occasione per sistemare le varie questioni e a non ritenerlo uno strumento da parte dello Stato per riappropriarsi di alcune cose.
Lei ha affermato che lo Stato non può imporvi di effettuare determinati investimenti: non so se ciò sia già avvenuto. Posso immaginare che, nella situazione di carenza di liquidità finanziaria, la sua preoccupazione possa avere una ragione d'essere. Per quanto mi riguarda, non condivido l'idea di forzare la gestione delle casse in una direzione anziché in un'altra. Se riuscissimo a sgombrare il campo da tale questione - ma io rappresento la minoranza, bisogna quindi che agisca il Ministro in prima persona - questa indagine prenderebbe una piega completamente diversa, cui, peraltro, ha già fatto riferimento il collega: sanare alcune questioni che rendono difficile il buon funzionamento delle casse.
Ad esempio, la questione della tassazione era già stata affrontata l'anno scorso con l'individuazione di una soluzione.

MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Quando lei era Ministro.

GIULIO SANTAGATA. Credo che occorra mettere mano sotto il profilo tecnico a questioni che sono risolvibili solo mediante un intervento legislativo. Mi preme sottolineare, con molta franchezza, che non tanto questa mattina, ma già in precedenza, quando è stata sentita un'unica cassa che voi non rappresentate, mi sarei aspettato (e qualche anno fa avrei avuto ragione) una forzatura degli elementi di crisi da parte delle casse con una richiesta forzata di aiuto da parte dello Stato.
Ci troviamo invece nella situazione opposta. Capisco che ciascuno difenda la qualità della propria gestione e credo sia difficile affermare che le casse sono responsabili di aver previsto il fallimento della Lehman Brothers; ritengo che nessuno possa fare affermazioni di questo tipo. Da questo punto di vista, ha dunque ragione il presidente De Tilla a ritenere che esista un problema generale di controllo del funzionamento del mercato. Le casse sono vittime di questa situazione e non ne sono responsabili.


Pag. 8


Mi sarei aspettato un eccesso opposto: mi trovo invece in presenza di un eccesso di difesa che francamente riesco a comprendere solo se si dubita dell'autonomia delle casse. Quindi, se sciogliamo i dubbi sull'autonomia, possiamo lavorare in maniera più proficua. È preferibile che questi dubbi vengano sciolti dal Ministro Tremonti.

GIULIANO CAZZOLA. Non ho alcun titolo né l'autorevolezza per parlare a nome del Ministro Tremonti e del Ministro Sacconi, ma non mi pare che sia intenzione del Governo e della maggioranza mettere in discussione l'autonomia delle casse. Da questo punto di vista credo che l'indagine conoscitiva si possa muovere con tranquillità rispetto ad un settore importante che, come ho riconosciuto altre volte, non soffre direttamente i problemi di altri settori della previdenza obbligatoria ma che, in considerazione degli eventi, in larga misura inaspettati, verificatisi nelle ultime settimane, se non addirittura degli ultimi giorni, potrebbe incontrare delle difficoltà delle quali possiamo misurare la portata.
In questa sede è bene affrontare, seppur sinteticamente, alcune questioni. Per esempio, l'avvocato De Tilla ha parlato della bontà delle riforme introdotte e indubbiamente è importante che queste riforme, che mantengono in equilibrio il sistema per un certo arco di tempo, siano state fatte. Tuttavia, se esaminiamo la filosofia alla base di queste riforme, quanto meno di alcune casse, la logica è che con il patrimonio e il rapporto tra attivi e pensioni attuali si è in grado di reggere per un certo numero di anni, fino al 2030 o al 2040. C'è, dunque, una logica di raschiamento del fondo del barile e successivamente ci si affida ad una dinamica attivi-pensioni destinata a cambiare e a non ripresentarsi sempre nello stesso modo, anche perché alcune casse cominciano a riconoscere che l'ampliamento degli iscritti all'albo non è più come quello di una volta, che esiste molto precariato anche nelle professioni e che per quanto si possa ampliare una società di servizi ovviamente non è possibile avere uno psicologo per ogni famiglia. Ci sono dei limiti oggettivi che il mercato pone e soprattutto c'è un processo di integrazione europea che, per quanto lo si scoraggi e per quanto lo si combatta, finirà comunque per determinare un mercato molto più ampio del mercato nazionale.
Un'altra questione riguarda come mettere a bilancio i valori immobiliari: diventa molto importante se vengono messi al prezzo d'acquisto così come fanno gli enti di previdenza obbligatoria.
Vorrei inoltre comprendere meglio la questione della tassazione fiscale. Lei, avvocato De Tilla, mi dirà che dovrei saperlo per conto mio, però credo che sia il caso di avere un chiarimento: abbiamo casse che funzionano a ripartizione, ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 30 giugno 1994, e casse che funzionano a capitalizzazione. Quelle che funzionano a ripartizione, quando investono il surplus di risorse che hanno, è chiaro che, al di là della finalità sociale che l'investimento può avere, seguono una logica di investimento e di uso del risparmio non diversa rispetto a quella di chi investe a capitalizzazione i fondi pensione privati. Ciò non riveste più una funzione di garanzia delle future prestazioni, che può avere un valore sociale da tenere in considerazione, ma diventa il modo per massimizzare le entrate contributive. Vorrei capire meglio questo passaggio.
Concludo facendo presente che ho sollevato una questione che considero importante per le casse, cioè l'abolizione del limite del 2 per cento che riguarda il contributo integrativo delle casse previste dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103. È giusto che sappiate che, dopo aver predisposto un emendamento che è stato dichiarato inammissibile, ho presentato un ordine del giorno alla legge finanziaria, che credo vada nella direzione del superamento di quelle criticità che sono state elencate all'inizio e che spero che il Governo accolga almeno come raccomandazione.


Pag. 9

GIUSEPPE BERRETTA. Il senso di questo primo incontro è quello di avviare un percorso di confronto con chi ha un ruolo di rappresentanza degli enti previdenziali privati. Visto che nei mesi passati mi sono arrivate voci di difficoltà interne all'associazione, vorrei capire se ciò corrisponda a verità, se non altro perché reputo molto importante che vi sia un soggetto che si faccia carico delle problematiche generali concernenti il mondo degli enti previdenziali privati. Ciò non soltanto ai fini della contrattazione collettiva, che sappiamo essere stata lo spunto per la nascita dell'associazione, ma per affrontare i problemi in maniera uniforme e svolgere un contraddittorio, anche nei confronti del Governo, rispetto alle questioni che riguardano l'intera categoria. Se reputate utile fornire queste informazioni e nel massimo rispetto del ruolo del presidente De Tilla, vorrei dunque comprendere se esistano problematiche interne all'associazione e se tutti gli enti previdenziali privati si sentano oggi adeguatamente rappresentati in questa sede.
Concordo con l'onorevole Santagata; anch'io ho avvertito la sensazione che, rispetto all'avvio di questa nostra attività, vi sia qualche resistenza, come se vi fosse un retropensiero o una preoccupazione. Su questo fronte mi associo all'invito ad essere tutti franchi e tranquilli, in modo da poter affrontare qualsiasi tipo di problematica.
Ho letto questa mattina il vostro documento, anche se in maniera molto rapida, e credo che vi siano contenute molte interessanti sollecitazioni, in particolare il dato sull'ammontare della contribuzione. Ad esempio, per gli avvocati, il dato relativo al numero elevato di iscritti che non contribuiscono alle casse credo sia un dato negativo e patologico ed è interesse di chi fa politica preoccuparsi del precariato anche nelle libere professioni, che in futuro determinerà difficoltà dal punto di vista previdenziale e nuove sacche di indigenza in categorie nelle quali ciò non sembrerebbe concepibile.
Concludo queste brevi considerazioni nella speranza di avere un ulteriore momento di confronto.

NEDO LORENZO POLI. Mi ha preceduto l'onorevole Berretta sul primo punto. Vorrei capire bene lo scopo dell'associazione e il suo livello di rappresentatività del settore, in modo da discutere a livello generale della categoria e trovare una migliore soluzione ai problemi. In quest'ultimo periodo abbiamo analizzato i bilanci relativi al triennio 2004, 2005 e 2006 e l'arretrato di lavoro della Commissione dovuto alle elezioni anticipate e abbiamo rilevato, nei primi enti esaminati, uno squilibrio sul futuro per quel che riguarda gli iscritti, le erogazioni e i pagamenti. Al di là della Lehman Brothers e della crisi finanziaria che ci investe, un ente previdenziale deve sempre mostrare una particolare accortezza nello svolgere la propria attività; sbilanciarsi o rischiare non è consigliabile, anche perché si tratta di soldi che hanno un fine previdenziale e per i quali occorre prestare molta attenzione.
Una crisi del genere era certamente imprevedibile, tuttavia vorrei comprendere la situazione delle riforme che alcuni enti hanno già presentato, anche perché ascolteremo i ministri competenti, in modo da superare lo stallo. La vostra associazione, se rappresenta tutti gli enti, dovrà coordinare l'intera categoria affinché tutti gli enti che non hanno ancora predisposto una riforma che riporti equilibrio per il futuro provvedano presto in tal senso.
La vostra associazione, se riuscisse a riportare tutti gli enti in una posizione di sicurezza e tranquillità, potrebbe contribuire a dare serenità, perché molti iscritti in questa situazione hanno delle titubanze. Vorrei dunque comprendere se questo vostro ruolo sia possibile e individuare quegli enti che attualmente non hanno affrontato il problema del futuro in modo che siano obbligati a portare avanti questa riforma.
Infine, vorrei sapere se siano realmente utili tutti questi enti o se, anche se è difficile, sarebbe possibile procedere all'unificazione.


Pag. 10

MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Una seconda INPS?

NEDO LORENZO POLI. Non so che cosa sia possibile fare, ma siamo del 2008 e la proiezione futura non è certo quella di qualche anno fa...

ANTONIO PASTORE, Vicepresidente vicario dell'ADEPP. Ci sono dei problemi oggettivi.

NEDO LORENZO POLI. Ci sono dei problemi oggettivi, ma se cominciamo ad affrontarli forse si può migliorare l'attuale situazione degli enti previdenziali privati.

PRESIDENTE. Prima di passare alle risposte del presidente De Tilla, vorrei svolgere un breve intervento.
Per quanto riguarda il problema della tassazione, come diceva l'onorevole Santagata, occorre intervenire con un provvedimento legislativo, più che interpretativo dello status quo.
Sul controllo dei mercati borsistici, noi comprendiamo che è difficile scegliere i titoli azionari, anche perché le agenzie di rating hanno dato dei giudizi che, in taluni casi, poi sono stati completamente stravolti nel giro di qualche ora. Questo problema ha colpito non solo gli enti ma anche le banche, molte aziende, i risparmiatori, i comuni e le province, anche se sarebbe bene che comuni e province si astenessero da certi tipi di investimento per i quali occorre una conoscenza tecnica che un consiglio comunale, un sindaco o una giunta non sempre hanno.
Tuttavia, ciò che abbiamo rilevato e che sta emergendo in questi giorni è che nelle scelte di investimento talvolta esistono certi conflitti di interesse, certe fumosità che non fanno bene al sistema. Con questa indagine noi vorremmo, indipendentemente dalla crisi, che la parola d'ordine fosse quella della chiarezza, in modo da sapere esattamente di quanto stiamo discutendo. Lei ha parlato di una media generale del 10 per cento, che a mio parere è una media non trascurabile, con dei picchi importanti. Noi vorremmo conoscere con precisione, poiché è nostro compito, le cifre e gli investimenti relativi ad ogni cassa, dato che le risposte arrivate fino ad oggi sono state poco chiare. Su questo punto credo che tutti i colleghi siano d'accordo e noi andremo avanti con la massima determinazione. Vogliamo sapere quali sono oggi gli investimenti ad alto rischio cassa per cassa e capire in taluni casi che cosa è accaduto, perché non le nascondo che certi passaggi (noi non abbiamo compiti di magistratura inquirente e ci guardiamo bene dall'averli) non sono completamente cristallini e destano dubbi.
Condivido quanto detto dall'onorevole Santagata e dagli altri colleghi sulla volontà assoluta della Commissione, e presumo anche dell'Esecutivo, di rispettare l'autonomia delle casse; se ci fosse un'ingerenza sarebbe anche nostro compito, come diceva l'onorevole Cazzola, quello di richiamare il Governo a rispettare tale autonomia.
Ringrazio i colleghi, perché tutti gli interventi sono stati a mio parere significativi, e ritengo molto importante la richiesta dell'onorevole Lo Presti di fornirci un quadro sinottico che rappresenterebbe per noi un importante strumento di lavoro e di partenza.
Non so se riusciremo ad esaurire nella seduta odierna tutte le tematiche emerse in questo primo appuntamento dell'indagine conoscitiva. Do comunque nuovamente la parola all'avvocato De Tilla per la replica.

MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Alle ultime due richieste noi risponderemo inviando alla Commissione i dati, sia collettivi, sia per ogni singola cassa, in modo da sapere quanti e quali titoli, ad esempio, di Lehman Brothers, oppure quante e quali obbligazioni strutturate sono state comprate e anche l'eventuale perdita, perché non tutte le obbligazioni strutturate sono state azzerate, anzi alcune sono ancora attive. Vi invieremo, inoltre, i dati sulla condizione di tutte le casse.


Pag. 11


Vorrei intervenire su due punti. Ringrazio l'onorevole Santagata e l'onorevole Berretta, perché è vero quello che hanno detto. È evidente che abbiamo un problema, ma non perché abbiamo paura che la nostra autonomia o natura privata non sia reale. Abbiamo un problema perché abbiamo vissuto una vicenda giudiziaria a nostro avviso allucinante, al termine della quale il TAR del Lazio in venti cartelle ha accertato la natura privata delle casse. L'ISTAT, dunque, non può includere tra le amministrazioni pubbliche le casse private.
Durante un incontro con il Ministro del precedente Governo fu approvato un memorandum nel quale il Governo si impegnava a non presentare ricorso contro la sentenza, perché ad avviso del Ministro era pacifico che la natura delle casse è privata e che la loro autonomia è piena. A distanza di tempo, è stata invece presentata impugnativa sostenendo la tesi opposta.
Noi siamo preoccupati perché, se esiste una volontà politica dichiarata da tutti, devono seguire gli atti conseguenti a questa volontà politica. In tutte le sedi abbiamo sostenuto che la sentenza non andava impugnata, che la natura privata era acquisita e che c'era solo un problema di trasmissione da parte dell'ISTAT degli elenchi a livello europeo. L'Europa non impone ma richiede e noi abbiamo offerto con un parere del professor Luciani la soluzione attraverso un elenco degli enti previdenziali che distingue tra gli enti previdenziali pubblici e le casse privatizzate. Non si trattava solo di una questione di forma o di strategia, ma anche di sostanza. In ogni legge finanziaria, se le casse privatizzate sono in un elenco a parte, qualunque misura venga presa sulla previdenza pubblica non ci riguarda, ma se le casse non sono in un elenco a parte e rientriamo nell'elenco delle amministrazioni pubbliche, ogni legge finanziaria deve escluderci espressamente dalle previsioni, come ad esempio il tetto che riguarda la previdenza pubblica. Nell'ultima finanziaria siamo stati esclusi, ma nella precedente non eravamo stati esclusi.
È evidente che tale incertezza non ci renda sereni, che temiamo una posizione aggressiva nei nostri confronti e l'unico riscontro lo possiamo avere dai comportamenti. Per tali motivi abbiamo chiesto al Governo di rinunciare a questa impugnativa, abbiamo chiesto di separare le amministrazioni pubbliche dalle casse privatizzate, abbiamo chiesto gli atti conseguenti alla natura giuridica delle casse, che oramai è conclamata. Se questo non avviene, ogni piccolo movimento ci può indurre nel sospetto, perché le casse hanno dei grandi patrimoni e nel passato hanno subito tre o quattro attacchi, come ad esempio il prelievo forzoso. La nostra associazione chiede aiuto alla Commissione affinché si arrivi ad una definizione che faciliti il dialogo e la comprensione reciproca.
Il secondo punto su cui vorrei intervenire riguarda le riforme. Innanzitutto, occorre dire che la previdenza pubblica ha un asset più o meno uniforme, mentre noi abbiamo cinque tipologie di previdenza privata. La previdenza privata vive proprio delle diversità, alle quali non rinunciamo. I notai hanno una sola pensione uguale per tutti, con una forma di solidarietà totale, attestata su livelli alti, perché si tratta di 5 o 6 mila persone che possono quindi avere una pensione - mi sembra - di 8 mila o 9 mila euro al mese ai 75 anni, cioè una pensione che difficilmente una cassa può avere. Oltre a questa tipologia fissa, esistono cinque casse che hanno, come diceva l'onorevole Cazzola, il sistema a capitalizzazione o contributivo, per cui non esiste il problema delle proiezioni attuariali ma esiste il problema dell'adeguatezza della prestazione. Questa è una tipologia completamente diversa, non commensurabile con quella dei notai, che hanno una platea minima di iscritti. Abbiamo, poi, i medici che hanno cinque tipi di pensione e cinque gestioni, perché la maggior parte dei medici sono ospedalieri e quindi è complementare, poi ci sono i convenzionati, poi i liberi professionisti. Questa è la terza tipologia, seguita da una quarta tipologia, ad esempio la cassa forense che fa ripartizione con il retributivo,


Pag. 12

che però in sostanza è un sistema misto perché queste casse hanno capitalizzato. Il quinto sistema è rappresentato dalle casse che hanno un profilo assistenziale, cioè danno assistenza e gestiscono anche dei patrimoni.
Medici e avvocati hanno mondi previdenziali oramai assai distanti l'uno dall'altro e non si potrebbe operare una trasformazione perché hanno dei diritti già acquisiti, delle tipologie specifiche con alcune aspettative legittime che non consentono un'operazione del genere. Questa operazione avrebbe dovuto essere condotta cinquant'anni fa con un unico modello previdenziale per tutti i professionisti. Non è perciò assolutamente ipotizzabile un accorpamento, perché produrrebbe il caos assoluto. Certamente abbiamo sostenuto anche un fondo di solidarietà intercategoriale; non avendo la solidarietà dello Stato, possiamo sopperire con la solidarietà endocategoriale.
Infine, vorrei dire che, avendo diverse tipologie previdenziali, abbiamo esplicato totalmente l'autonomia normativa. Tutte le casse che avevano dei problemi hanno fatto le riforme, che sono state già tutte approvate dagli organismi competenti. Tuttavia, vogliamo mettere in evidenza che alcune riforme introdotte l'anno scorso non hanno avuto una risposta positiva da parte del Ministero dell'economia, perché incidevano sull'inflazione. Dobbiamo dunque comprenderci bene. Da un lato ci spingono a tenere i conti a posto, noi facciamo con sacrificio le riforme, riforme non facili contro le categorie, e il Ministero le ritarda. Quello che diceva l'onorevole Lo Presti è giusto. Occorre che la Commissione si faccia interprete di questa esigenza di chiarezza, sottolineando che è contraddittorio chiedere conti in regola a lungo termine e poi ritardare o, ancora peggio, non approvare le riforme che sono state predisposte nell'ambito dell'autonomia. Anche su questo punto chiediamo un aiuto, considerato che la Commissione è sempre molto ascoltata dal Governo.

PRESIDENTE. Poiché stanno per avere luogo votazioni in Assemblea, ed anche al fine di approfondire gli argomenti affrontati con l'esaustività che essi richiedono, propongo di rinviare il seguito dell'audizione alla prossima settimana, invitando nel contempo i nostri ospiti a farci eventualmente pervenire una nota scritta sulla base delle richieste avanzate nella seduta odierna.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Il seguito dell'audizione è pertanto rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 9,30.

Back