PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Fauna selvatica).

      1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale e internazionale. Il prelievo della fauna selvatica può essere effettuato esclusivamente con le modalità e con i mezzi previsti dalle norme che disciplinano l'attività venatoria.
      2. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito a condizione che non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
      3. Le regioni a statuto ordinario provvedono a emanare norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie vigenti in materia. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono in base alle loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione. Le province attuano la disciplina regionale ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera f), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      4. La direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, è integralmente recepita e attuata nei modi e nei termini previsti dalla presente legge, la quale costituisce altresì attuazione della Convenzione internazionale per la protezione degli uccelli, adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, resa esecutiva dalla legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre

 

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1979, resa esecutiva dalla legge 5 agosto 1981, n. 503.
      5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione della citata direttiva 79/409/CEE, provvedono a istituire, lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, zone di protezione finalizzate al mantenimento e alla sistemazione, conformi alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, provvedendo al ripristino di biotopi. Tali attività concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui agli allegati I, II e III della citata direttiva 79/409/CEE, e successive modificazioni. In caso di inerzia delle regioni e delle province autonome per un anno dopo la segnalazione da parte dell'ISPRA, provvedono con controllo sostitutivo, di concerto, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono annualmente al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e sui loro effetti rilevabili.
      7. Ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del mare, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'articolo 8 e l'ISPRA, lo stato di conformità della presente legge e delle leggi regionali e provinciali vigenti in materia agli atti emanati dalle istituzioni dell'Unione europea volti alla conservazione della fauna selvatica, anche ai fini di cui all'articolo 8, comma 4, della citata legge n. 11 del 2005.
 

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Art. 2.
(Oggetto della tutela).

      1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie:

          a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lyn lyn), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica);

          b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone dal ciuffo (phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucoradia), mignattaio (Pleegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Todorna todorna), fistione turco (Netta rufina), gobbo ruginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta), cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus Melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna Caspia), tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax);

 

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          c) tutte le altre specie indicate come minacciate di estinzione da direttive comunitarie, da convenzioni internazionali o da apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

      2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole e alle forme inselvatichite del piccione domestico.
      3. Il controllo del livello di popolazione degli uccelli negli aeroporti, ai fini della sicurezza area, è affidato al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Art. 3.
(Divieto di uccellagione e di cattura di uccelli e mammiferi selvatici).

      1. Sono vietati in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici nonché il prelievo di uova, di nidi e di piccoli nati.

Art. 4.
(Cattura temporanea e inanellamento).

      1. Le regioni, su parere dell'ISPRA, possono autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), nonché i musei di storia naturale a effettuare, a scopo di studio e di ricerca scientifici, la cattura e l'utilizzazione di mammiferi e di uccelli nonché il prelievo di uova, di nidi e di piccoli nati.
      2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata sull'intero territorio nazionale dall'ISPRA; tale attività costituisce lo schema nazionale di inanellamento in seno all'Unione europea per l'inanellamento (EURING). L'attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da soggetti titolari della specifica autorizzazione, rilasciata dalle regioni su parere dell'ISPRA; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a

 

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specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, e al superamento del relativo esame finale.
      3. L'attività di cattura per la cessione a fini di richiamo è svolta per mezzo di impianti gestiti da privati su autorizzazione rilasciata dalle province cui è demandata l'attività di controllo. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa a chi ne faccia richiesta previo superamento di specifici corsi di istruzione organizzati dalle province.
      4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella, colombaccio, fringuello e peppola, nonché per eventuali altre specie inserite negli elenchi delle specie cacciabili anche in deroga. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati e immediatamente liberati.
      5. È fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'ISPRA o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede a informare il medesimo Istituto.
      6. Le regioni emanano norme in materia di soccorso, di detenzione temporanea e di successiva liberazione della fauna selvatica in difficoltà.

Art. 5.
(Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi).

    1. Nell'esercizio dell'attività venatoria da appostamento fisso possono essere utilizzati, in funzione di richiami vivi, uccelli appartenenti alle specie cacciabili e alle specie domestiche di allevamento, provenienti dagli impianti di cattura o dagli allevamenti autorizzati dalle province.
      2. Ogni cacciatore può impiegare contemporaneamente in funzione di richiami vivi non più di dieci uccelli provenienti dagli impianti di cattura per ogni singola specie cacciabile. Non sono posti limiti

 

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numerici al possesso di uccelli nati e allevati in cattività, ma per l'attività venatoria giornaliera può esserne impiegato un numero massimo di quaranta. La legittima detenzione degli uccelli da richiamo è attestata dal documento di provenienza rilasciato dalle province ai gestori di impianti di cattura o dagli allevatori regolarmente abilitati, che deve accompagnare gli uccelli anche nel caso di cessione ad altro cacciatore. Le regioni disciplinano l'attività di allevamento degli uccelli da richiamo appartenenti alle specie cacciabili e le modalità di detenzione e di cessione per l'attività venatoria.
      3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione degli appostamenti fissi, rilasciata dalle province.
      4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere richiesta dai cacciatori alla provincia; ove si realizzi la disponibilità, l'autorizzazione può essere richiesta anche da chi ha compiuto sessanta anni di età, nel rispetto delle priorità definite dalle norme regionali.
      5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 12, comma 5, lettera b), gli appostamenti per la caccia agli ungulati e ai colombacci se, per questi ultimi, non vi è preparazione di sito.
      6. L'accesso con armi proprie all'appostamento fisso con l'uso di richiami vivi è consentito ai titolari dell'autorizzazione di cui al comma 3 e alle persone munite di temporanea autorizzazione rilasciata per iscritto dal titolare medesimo, per le forme di esercizio venatorio previste dall'articolo 12, comma 5, lettera b).
      7. È vietato l'uso di richiami vivi non identificabili mediante certificazione di provenienza.
      8. La sostituzione di un richiamo vivo può avvenire soltanto dietro presentazione all'ente competente del certificato di provenienza del richiamo e dichiarazione di morte o scomparsa prodotta dal possessore del richiamo stesso.
      9. È vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria, se non provenienti da centri di cattura o da allevamenti autorizzati.
 

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Art. 6.
(Tassidermia).

      1. Le regioni, sulla base di un apposito regolamento emanato ai sensi del comma 4, disciplinano l'attività di tassidermia e di imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e di trofei.
      2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare all'autorità competente le richieste di impagliare o di imbalsamare spoglie di specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste relative a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per la caccia delle specie in questione.
      3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca della autorizzazione a svolgere l'attività di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel calendario venatorio.
      4. Il regolamento recante la disciplina dell'attività di tassidermia e di imbalsamazione nonché della detenzione o del possesso di preparazioni tassidermiche e di trofei, previsto dal comma 1, è emanato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 7.
(Funzioni dell'ISPRA. Istituti regionali per la fauna selvatica).

      1. L'ISPRA ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione e i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostruttivo o di miglioramento sia delle comunità animali e degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli

 

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organismi stranieri e in particolare con quelli dei Paesi dell'Unione europea aventi analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e con gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e di valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché di esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome. L'ISPRA è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire, con propria legge, un istituto regionale per la fauna selvatica che svolge, nell'ambito del territorio di competenza, in sostituzione dell'ISPRA, i compiti di cui al comma 1, quale organo scientifico e tecnico di ricerca e di consulenza delle competenti regioni e delle province autonome. L'istituto regionale è composto da un rappresentante per ogni associazione venatoria e agricola riconosciuta, da un rappresentante della regione o della provincia autonoma medesima, da due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello nazionale e da un rappresentante o delegato dell'ISPRA.
      3. L'istituto regionale per la fauna selvatica è sottoposto alla vigilanza del presidente della giunta regionale o provinciale. Gli istituti regionali collaborano con l'ISPRA, che ne coordina l'azione, nei progetti e nelle attività di carattere nazionale e internazionale.
      4. Alla determinazione delle funzioni da attribuire agli istituti regionali per la fauna selvatica, istituiti ai sensi del comma 2, provvedono le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
      5. Presso l'ISPRA sono istituiti una scuola di specializzazione post-universitaria sulla biologia e sulla conservazione della fauna selvatica e corsi di preparazione professionale per la gestione della fauna selvatica per tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
 

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della presente legge, una commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, composta da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da un rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dal direttore generale dell'ISPRA in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, provvede ad adeguare lo statuto e la pianta organica del medesimo Istituto ai nuovi compiti previsti dal presente articolo e li sottopone al Presidente del Consiglio dei ministri, che li approva con proprio decreto.

Art. 8.
(Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale).

      1. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN), composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da tre rappresentanti delle regioni nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da tre rappresentanti delle province nominati dall'Unione delle province d'Italia, dal direttore dell'ISPRA, da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta, da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, da due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello nazionale, da un rappresentante dell'Unione zoologica italiana, da un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana, da un rappresentante del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina, da un rappresentante

 

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dell'Assoarmieri, da un rappresentante dell'Ente nazionale per la protezione degli animali e da un rappresentante del Club alpino italiano.
      2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è costituito, in attuazione di quanto disposto dal comma 1, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni e associazioni di cui al citato comma 1, ed è presieduto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali o da un suo delegato.
      3. Al Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge.
      4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è rinnovato ogni cinque anni.

Art. 9.
(Funzioni amministrative).

      1. Le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ai sensi di quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che esercitano nel rispetto della presente legge.
      2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

Art. 10.
(Piani faunistico-venatori).

       1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto

 

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attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, con riferimento a queste ultime, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
      2. Le regioni e le province, con le modalità previste dai commi 9 e 12, realizzano la pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.
      3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una percentuale minima del 15 per cento fino ad una percentuale massima del 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona faunistica a sé stante ed è destinato a protezione per una percentuale minima del 10 per cento fino ad una percentuale massima del 20 per cento. In tali percentuali sono compresi i territori ove è comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni e in particolare i territori sui quali, ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, sono stati già costituiti o sono in corso di costituzione parchi nazionali o regionali all'interno dei quali opera il divieto di caccia, nonché le oasi di protezione, i rifugi faunistici, le zone di ripopolamento e di cattura, i centri pubblici per la produzione di fauna selvatica, gli agglomerati urbani, l'effettiva superficie delle principali vie di comunicazione nazionali, provinciali e comunali, le zone di protezione speciale (ZPS), le zone speciali di conservazione (ZSC) e le proprietà private che, ai sensi della presente legge, sono inibiti all'attività venatoria.
      4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge lo Stato e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, tramite intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono a garantire il rispetto delle percentuali di territorio agro-silvo-pastorale
 

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da destinare a protezione della fauna selvatica e del territorio destinato all'attività venatoria, riportandole altresì all'interno dei limiti previsti dal comma 3 se superati, partendo dalle ultime zone sottratte all'attività venatoria.
      5. In caso di inosservanza da parte delle regioni dei limiti di cui al comma 3, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interviene, entro tre mesi, in via sostitutiva, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.
      6. Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende anche i territori di cui al comma 10, lettere a), b) e c). Si intende per protezione il divieto di abbattimento e di cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole.
      7. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
      8. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'articolo 14. Sono ricompresi in tale territorio e sono soggetti alla programmazione venatoria anche i territori e le foreste del demanio statale e regionale e degli enti pubblici in generale, se non debitamente tabellati o recintati.
      9. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori nonché piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica e piani di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali
 

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in altri ambiti faunistici, salvo accertamento della compatibilità genetica da parte dell'ISPRA e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali.
      10. I piani faunistico-venatori di cui al comma 9 comprendono:

          a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica;

          b) le zone di ripopolamento e di cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e in condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

          c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini della ricostituzione delle popolazioni autoctone;

          d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, nei quali è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;

          e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allevamento e le gare di cani anche con fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero a imprenditori agricoli singoli o associati. In tali zone l'attività cinofila, non essendo considerata attività venatoria, può essere svolta anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui all'articolo 18;

          f) le modalità con cui, su autorizzazione delle province, previa acquisizione di parere dell'ISPRA o degli istituti regionali per la fauna selvatica, se istituiti, e d'intesa

 

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con le presidenze dei parchi nazionali o regionali, possono essere esercitati l'addestramento dei cani da ferma, nonché l'esercizio della cinofilia senza sparo e al di fuori dei periodi di riproduzione dei salvatici;

          g) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c);

          h) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnano alla tutela e al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b).

      11. Ogni zona deve essere indicata da tabelle perimetrali, esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o privato che è preposto o incaricato della gestione della singola zona.
      12. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 9, secondo criteri dei quali l'ISPRA garantisce l'omogeneità e la congruenza ai sensi del comma 13, nonché con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle province decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      13. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'ISPRA trasmette al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il primo documento orientativo sui criteri di omogeneità e di congruenza che orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I medesimi Ministri, di concerto tra loro, trasmettono alle regioni con proprie osservazioni i criteri della programmazione, che deve essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e della consistenza faunistiche, da

 

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conseguire anche mediante modalità omogenee di rilevazione e di censimento.
      14. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per l'individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
      15. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, ai sensi di quanto indicato al comma 10, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati.
      16. Qualora nei sessanta giorni successivi alla data della notificazione di cui al comma 15 sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali, da parte della maggioranza dei proprietari o conduttori dei fondi interessati, la zona non può essere istituita.
      17. Il consenso si intende validamente accordato anche nel caso in cui non sia stata presentata formale opposizione ai sensi del comma 16.
      18. Le regioni, in via eccezionale e per particolari necessità ambientali, possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e di cattura, nonché l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui al comma 9, purché il territorio complessivamente inibito alla caccia non superi il 30 per cento del territorio regionale.
      19. Nelle zone non vincolate per l'opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati ai sensi del comma 16, resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria, per un periodo non superiore a un anno. Tale vincolo non è reiterabile. Ogni zona preclusa all'esercizio venatorio deve essere adeguatamente tabellata. Al fine di garantire il corretto svolgimento dell'attività venatoria, la tabellazione deve essere collocata in modo da non indurre in errore colui che pratica l'esercizio venatorio. Nelle zone non adeguatamente tabellate l'esercizio venatorio non deve ritenersi vietato.
 

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Art. 11.
(Zona faunistica delle Alpi).

      1. Agli effetti della presente legge il territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza delle tipiche flora e fauna alpine, è considerato zona faunistica a sé stante.
      2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali di cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei princìpi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e di disciplinare l'attività venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali.
      3. Al fine di ripristinare l'integrità del biotopo animale, nei territori ove è esclusivamente presente la tipica fauna alpina è consentita l'immissione di specie autoctone previo parere favorevole dell'ISPRA.
      4. Le regioni nei cui territori sono compresi quelli alpini, d'intesa con le regioni a statuto speciale e con le province autonome di Trento e di Bolzano, determinano i confini della zona faunistica delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse.

Art. 12.
(Esercizio dell'attività venatoria).

      1. L'attività venatoria si svolge tramite una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedono e che posseggono i requisiti previsti dalla presente legge.
      2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13.
      3. È considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla.
      4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.

 

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      5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato:

          a) in forma vagante nella zona faunistica delle Alpi;

          b) in forma sia vagante sia da appostamento fisso, nonché nelle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge, nel rimanente territorio nazionale destinato all'attività venatoria programmata.

      6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata.
      7. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo 10, comma 10, lettera d).
      8. L'attività venatoria può essere esercitata da chi ha compiuto il diciottesimo anno di età ed è munito di licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, con un massimale non inferiore a un milione di euro per ogni sinistro, di cui 750.000 euro per ogni persona danneggiata e 250.000 euro per danni ad animali e a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria, con massimale di 150.000 euro per morte o invalidità permanente. Il pagamento del premio assicurativo, per mezzo di apposite convenzioni stipulate tra le compagnie di assicurazione e le associazioni venatorie, deve essere effettuato tramite versamento su conto corrente postale o bancario.
      9. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede ogni quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i massimali di cui al comma 8.
      10. In caso di sinistro colui che ha subìto il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha

 

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causato il danno ha contratto la relativa polizza.
      11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio venatorio nel rispetto delle norme della presente legge e delle norme emanate dalle regioni.
      12. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato, gratuitamente, dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria. Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni di cui al presente comma.

Art. 13.
(Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria).

      1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione o semiautomatico a tre colpi, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6.
      2. È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 e una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 nonché l'uso dell'arco e del falco.
      3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
      4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore non contenga più di un colpo.
      5. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.

 

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      6. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.

Art. 14.
(Gestione programmata della caccia).

      1. Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10, comma 8, in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni non inferiori alla provincia stessa e non superiori alla regione.
      2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate, possono, altresì, individuare ambiti territoriali di caccia interessanti anche due o più province contigue.
      3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali stabilisce con periodicità quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia. Tale indice è costituito dal rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, e il territorio agro-silvo-pastorale nazionale.
      4. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stabilisce altresì l'indice di densità venatoria minima per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi, che è organizzato in comprensori secondo le consuetudini e le tradizioni locali. Tale indice è costituito dal rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, e il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, nella zona faunistica delle Alpi.
      5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto ad esercitare la caccia alla selvaggina stanziale in

 

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un altro ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede. Il cacciatore può altresì aver accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori, anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione e subordinatamente al pagamento di una tassa annua di importo non superiore al 50 per cento dell'importo della tassa regionale.
      6. Per esercitare la caccia alla selvaggina migratoria il cacciatore ha libero accesso in tutti gli ambiti territoriali di caccia della propria regione di residenza venatoria. Egli ha altresì libero accesso su tutto il restante territorio nazionale, per un massimo di trenta giornate complessive di ogni annata venatoria, senza prenotazione o altri incombenti procedurali e con il solo obbligo di annotare sul proprio tesserino l'inizio e la regione di ciascuna giornata venatoria.
      7. Entro il 31 dicembre di ciascun anno i cacciatori devono comunicare alla regione o provincia di residenza la richiesta di cui al comma 5.
      8. Le regioni provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e del relativo regolamento di attuazione con periodicità quinquennale. Il piano non può prevedere indici di densità venatoria inferiori a quelli stabiliti dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Il regolamento di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra l'altro, le modalità di prima costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, la loro durata in carica nonché le norme relative alla loro prima elezione, se da istituire, e ai successivi rinnovi.
      9. È facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché siano accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica e siano stabiliti
 

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con legge regionale i criteri di priorità per l'ammissibilità ai sensi del presente comma.
      10. Le regioni stabiliscono con propria legge le forme di partecipazione, anche economica, dei cacciatori alla gestione, per finalità faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini e, inoltre, sentiti i relativi organi, definiscono il numero dei cacciatori non residenti ammissibili solo per la caccia alla selvaggina stanziale e ne regolamentano l'accesso.
      11. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza, in misura pari complessivamente all'80 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 10 per cento dei componenti è costituito dai rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello nazionale e il restante 10 per cento da rappresentanti degli enti locali.
      12. Negli ambiti territoriali di caccia l'organismo di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat e provvede all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:

          a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli, in particolare nei terreni dismessi da interventi agricoli ai sensi del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005; il ripristino delle zone umide e di fossati; la differenziazione delle colture; la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla nidificazione;

          b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;

          c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva

 

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delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà e della manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.

      13. Le province autorizzano la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio. Per gli appostamenti che importano preparazione del sito con modificazione e con occupazione stabili del terreno è necessario il consenso del proprietario o del conduttore del fondo, del lago o dello stagno privato. Le province possono rilasciare autorizzazioni con validità per un massimo di cinque anni subordinate al pagamento di una tassa regionale e al consenso del proprietario.
      14. L'appostamento temporaneo è inteso come caccia vagante ed è consentito a condizione che non si produca modifica di sito. Il riparo predisposto deve essere facilmente rimovibile e deve comunque essere rimosso al termine della giornata di caccia.
      15. L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole della fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria nonché all'erogazione di contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.
      16. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di cui al presente articolo il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, assegna ad esse il termine di novanta giorni per provvedere, decorso inutilmente in quale il Presidente del Consiglio dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

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      17. A decorrere dalla stagione venatoria 2009-2010 i calendari venatori delle province devono indicare le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata, quelle riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio venatorio non è consentito.
      18. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base alle loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti e ai sensi dell'articolo 16 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e nel rispetto dei princìpi della presente legge, provvedono alla pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione territoriale, alla determinazione della densità venatoria, nonché alla regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio di competenza.

Art. 15.
(Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata della caccia).

      1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinare a cura dell'amministrazione regionale in relazione all'estensione, alle condizioni agronomiche e alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.
      2. All'onere derivante dall'erogazione del contributo di cui al comma 1 si provvede con il gettito derivante dall'istituzione della tassa di concessione regionale prevista dall'articolo 24.
      3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intende vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è esaminata dalla stessa giunta entro sessanta giorni.
      4. La richiesta di cui al comma 3 è accolta se non ostacola l'attuazione della

 

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pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10. È altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l'attività venatoria è in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando è motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale.
      5. Il divieto di cui al comma 4 è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata. La tabellazione deve essere collocata in modo da non indurre in errore il praticante dell'attività venatoria. Nelle zone non adeguatamente tabellate l'esercizio venatorio non può ritenersi vietato.
      6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o conduttore, l'esercizio dell'attività venatoria fino al venire meno delle ragioni del divieto.
      7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
      8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto ha la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della
 

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presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse. La tabellazione deve essere collocata in modo da non indurre in errore il praticante dell'attività venatoria. Nelle zone non adeguatamente tabellate l'esercizio venatorio non può ritenersi vietato.
      9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a fare parte della quota dal 15 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
      10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione dei fondi stessi.
      11. Scaduti i termini di cui all'articolo 35, commi 5 e 6, fissati per l'adozione degli atti che consentono la piena attuazione della presente legge nella stagione venatoria 2009-2010, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali provvede in via sostitutiva secondo le modalità di cui all'articolo 14, comma 16.

Art. 16.
(Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie).

      1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'ISPRA, entro il limite del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:

          a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e

 

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a quella acquatica; tali concessioni devono essere corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientali al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;

          b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento anche al di fuori dei periodi o degli orari di cui all'articolo 18.

      2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:

          a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;

          b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento (CE) n. 1698/2005.

      3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.
      4. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle norme della presente legge, con l'esclusione delle forme di cui all'articolo 12, comma 5.

Art. 17.
(Allevamenti).

      1. Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento di fauna selvatica a

 

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scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale e amatoriale.
      2. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale della cinofilia italiana, dettano altresì norme per gli allevamenti dei cani da caccia.
      3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla competente autorità provinciale nel rispetto delle norme regionali.
      4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, possono consentire al titolare, nel rispetto delle norme della presente legge, il prelievo di mammiferi e di uccelli in stato di cattività con i mezzi di cui all'articolo 13.

Art. 18.
(Specie cacciabili e periodi di attività venatoria).

      1. La stagione venatoria è strutturata per tempi e per specie, con inizio dalla quarta domenica di agosto e con termine all'ultimo giorno cacciabile del febbraio dell'anno successivo. In particolare, l'esercizio dell'attività venatoria è consentito per i periodi e per le specie di seguito indicati:

          a) specie cacciabili dalla quarta domenica di agosto al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); allodola (Alauda arvensis); ghiandaia (Garrulus glandarius); passero (Passer italiae); passera mattugia (Passer montanus); merlo (Turdus merula); fringuello (Fringilla coelebs); peppola (Fringilla montifringilla); frosone (Coccothraustes coccothraustes); storno (Sturnus volgaris); colino della Virginia (Colinus virginianus); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus); fagiano (Phasianus colchicus);

 

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          b) specie cacciabili dalla quarta domenica di agosto al 31 gennaio: colombaccio (Columba palumbus);

          c) specie cacciabili dal 16 settembre al 31 dicembre: cinghiale (Sus scrofa);

          d) specie cacciabili dal 16 settembre alla fine di febbraio: cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus pugnax); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes); oca selvatica (Anser anser); oca granaiola (Anser fabalis); taccola (Corvus monedula); corvo (Corvus frugilegus); pittima reale (Limosa limosa); lepre italica (Lepus corsicanus);

          e) specie cacciabili dal 1o ottobre al 30 novembre: pernice sarda (Alectoris barbara); pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon), con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);

          f) specie cacciabili dal 16 settembre al 31 gennaio: beccaccia (Scolopax rusticola); beccaccino (Gallinago gallinago). Dal 1o gennaio al 31 gennaio solamente entro 50 metri dai corsi d'acqua indicati dalle province e solo con l'ausilio del cane.

      2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano autorizzano le modifiche previo parere dell'ISPRA o, se istituiti, degli istituti

 

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regionali per la fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra la terza domenica di agosto e la fine di febbraio. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori.
      3. La disciplina di cui al comma 2 si applica altresì per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalle regioni, anche nei parchi nazionali. La caccia di selezione al capriolo, al daino, al cervo, al camoscio alpino e allo stambecco è consentita, acquisito il parere dell'ISPRA o, se istituiti, degli istituti regionali per la fauna selvatica, dal 1o maggio al 28 febbraio dell'anno successivo, in stretto rispetto dell'arco biologico delle medesime specie.
      4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1, entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dalla data di entrata in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito l'ISPRA, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio.
      5. Le regioni o, se istituiti, gli istituti regionali per la fauna selvatica, sentito l'ISPRA, pubblicano, entro e non oltre il 1o giugno di ciascun anno, il calendario regionale e il regolamento relativo all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi da 1 a 4, e con l'indicazione del numero massimo di capi abbattibili in ciascuna giornata di attività venatoria. Qualora la regione non provveda entro tale termine, resta in vigore il calendario deliberato nell'anno precedente.
 

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      6. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore sui sette giorni disponibili.
      7. Ai sensi del comma 6, le regioni, sentito l'ISPRA, se istituito, o l'istituto regionale per la fauna selvatica, e tenuto conto degli usi e delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al citato comma 6, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio solo da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti tra il 1o ottobre e il 30 novembre.
      8. La caccia è consentita dall'alba fino ad un'ora dopo il tramonto.
      9. Non sono consentite la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.

Art. 19.
(Controllo della fauna selvatica).

      1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o per altre calamità anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui all'articolo 18.
      2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari relativi alla selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone dove vige il divieto di caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, è praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'ISPRA e, se istituiti, degli istituti regionali per la fauna selvatica. Nei casi in cui l'eccessiva presenza di conigli selvatici ovvero di cinghiali selvatici o inselvatichiti provochi danni ingenti all'agricoltura e costituisca una seria minaccia

 

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per l'incolumità e la salute altrui, le regioni e le province competenti per territorio, d'intesa con gli enti gestori, previo parere dell'ISPRA o, se istituiti, degli istituti regionali per la fauna selvatica, redigono piani di contenimento, sia attraverso le catture per immissioni in altri territori, sia attraverso gli abbattimenti, avvalendosi della collaborazione delle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, degli agenti forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio nonché di cacciatori esperti, segnalati e organizzati dalle associazioni venatorie riconosciute, anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui all'articolo 18.
      3. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di soggetti diversi da quelli elencati al medesimo comma 2, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio.

Art. 20.
(Introduzione di fauna selvatica dall'estero).

      1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, può essere effettuata solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.
      2. I permessi di importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture e attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per l'effettuazione di controlli, delle eventuali quarantene e delle relative indagini sanitarie.
      3. Le autorizzazioni per le attività di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali su parere dell'ISPRA, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

 

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Art. 21.
(Divieti).

      1. È vietato a chiunque:

          a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;

          b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale vigente in materia di parchi e di riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'articolo 22, comma 6, della citata legge n. 394 del 1991, e successive modificazioni, entro il 31 gennaio 2009, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, commi 3 e 4, della medesima legge;

          c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'ISPRA, non presentano condizioni favorevoli alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica;

          d) l'esercizio venatorio ove vi sono opere di difesa dello Stato e ove il divieto è richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, o dove esistono beni monumentali, purché tali zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto;

          e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o in altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da

 

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strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali e interpoderali;

          f) sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali e interpoderali; di funivie, filovie e altri impianti di trasporto a sospensione, di stabbi, stazzi, recinti e altre aree delimitate destinate al ricovero e all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;

          g) il trasporto, all'interno dei centri abitati, lungo le vie di comunicazione dei parchi e delle riserve naturali, nelle oasi, nelle zone di ripopolamento e di cattura, nonché nelle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere dei mezzi di caccia di cui all'articolo 13, commi 1 e 2, che non sono scarichi, in custodia;

          h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o nei corsi d'acqua;

          i) cacciare sparando da veicoli o da natanti a motore in movimento o da aeromobili;

          l) cacciare a distanza inferiore a 100 metri da macchine operatrici agricole in funzione;

          m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanate dalle regioni interessate. Ai fini di cui alla presente lettera, per terreno si intende quello circostante l'area in cui viene praticata la caccia e non solamente il luogo dell'appostamento;

          n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali coperti in tutto o nella maggior parte da ghiaccio e su

 

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terreni allagati da piene di fiume, con esclusione della caccia agli uccelli acquatici;

          o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e di uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti dall'articolo 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e di cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purché, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale;

          p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5, salvo che per l'anatra germinata per la caccia agli uccelli acquatici e per il piccione domestico per la caccia al colombaccio da appostamento;

          q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli uccelli acquatici;

          r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;

          s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonché nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circonda con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;

          t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e per manifestazioni a carattere gastronomico;

          u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre;

          v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione;

 

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          z) produrre, vendere o detenere trappole per la fauna selvatica;

          aa) a decorrere dal 1o gennaio 2009, l'esercizio in qualunque forma del tiro a volo su uccelli, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 10, lettera e);

          bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengono alle seguenti specie: germano reale (Anas platyrhynchos); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice di Sardegna (Alectoris barbara); starna (Perdix perdix); fagiano (Phasianus colchicus); colombaccio (Columba palumbus);

          cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;

          dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente esposte ai sensi della presente legge o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'articolo 635 del codice penale;

          ee) detenere, acquistare o vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione è regolamentata dalle regioni anche con le norme sulla tassidermia emanate ai sensi dell'articolo 6;

          ff) l'uso dei segugi per la caccia ai cervi e ai bovidi.

      2. Se le regioni non provvedono entro il termine previsto dall'articolo 1, comma 5, a istituire le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali assegna alle regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine è vietato cacciare lungo le suddette rotte a meno di 500 metri dalla costa marina del continente e

 

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delle due isole maggiori; le regioni provvedono a delimitare tali aree con apposite tabelle esenti da tasse.
      3. La caccia è vietata su tutti i valichi montani, contrassegnati dalle province con tabelle esenti da tasse, e interessati dalle principali rotte di migrazione dell'avifauna, per una distanza di 1.000 metri dagli stessi.

Art. 22.
(Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio).

      1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.
      2. Il primo rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici davanti a un'apposita commissione nominata dalla regione in ciascun capoluogo di provincia.
      3. La commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, e in possesso di titoli specifici attestanti la competenza nelle materie di nomina, preferendo nell'ordine: titoli di studio, titoli professionali, esperienze professionali e lavorative. Almeno uno di tali esperti deve essere laureato in scienze biologiche o in scienze naturali e specializzato in vertebrati omeotermi.
      4. Le regioni stabiliscono le modalità per lo svolgimento degli esami di cui al comma 2, che devono in particolare riguardare nozioni nelle seguenti materie:

          a) legislazione venatoria;

          b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili;

          c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;

          d) tutela della natura e princìpi di salvaguardia della produzione agricola;

          e) norme di pronto soccorso.

 

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      5. L'abilitazione è concessa se il giudizio finale degli esami di cui al comma 2, costituito dalla somma dei voti riportati nelle singole materie, raggiunge la sufficienza.
      6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni promuovono corsi di aggiornamento sulle norme di carattere innovativo introdotte dalla legge stessa.
      7. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria, oltre che per il primo rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia, anche per il rinnovo della stessa in caso di revoca.
      8. Per sostenere gli esami il candidato deve essere munito del certificato medico di idoneità.
      9. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha la durata di sei anni e può essere rinnovata su richiesta del titolare corredata da un nuovo certificato medico di idoneità di data non anteriore a tre mesi dalla domanda stessa.
      10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza di porto di fucile per uso di caccia il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da un cacciatore in possesso di licenza rilasciata da almeno tre anni e che non ha commesso violazioni alle norme della presente legge comportanti la sospensione o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 30.
      11. Le norme del presente articolo si applicano anche per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco o del falco.

Art. 23.
(Istituzione di un fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze).

      1. A decorrere dall'anno 2009 presso il Ministero dell'economia e delle finanze, è istituito un fondo la cui dotazione è alimentata da un'addizionale di 5 euro alla tassa prevista dall'articolo 5 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative allegate al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come da ultimo sostituita dalla tariffa, di cui al

 

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decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, e successive modificazioni.
      2. Le disponibilità del fondo di cui al comma 1 sono ripartite entro il 31 marzo di ciascun anno con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel seguente modo:

          a) il 4 per cento per il funzionamento e per l'espletamento dei compiti istituzionali del Comitato tecnico-faunistico venatorio nazionale;

          b) l'1 per cento per il pagamento della quota di adesione dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia e della salvaguardia della fauna;

          c) il 95 per cento tra le associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva documentata consistenza associativa. Le associazioni venatorie riconosciute non sono tenute a versare alcun contributo, a valere sulle somme del fondo ad esse assegnate, alle associazioni di protezione ambientale.

      3. L'addizionale di cui al presente articolo non è computata ai fini di quanto previsto dall'articolo 24, comma 2.
      4. L'attribuzione della dotazione prevista dal presente articolo alle associazioni venatorie nazionali riconosciute non comporta l'assoggettamento delle stesse al controllo previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259.

Art. 24.
(Tasse di concessione regionale).

      1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali in materia, sono autorizzate a istituire una tassa di concessione regionale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16

 

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maggio 1970, n. 281, e successive modificazioni, per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio di cui all'articolo 22 della presente legge. La tassa è ridotta del 50 per cento per i pensionati.
      2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale e può essere fissata in misura non inferiore al 50 per cento e non superiore all'80 per cento della tassa erariale prevista dall'articolo 5 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative allegate al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come da ultimo sostituita dalla tariffa di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, e successive modificazioni. Essa non è dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività venatoria esclusivamente all'estero.
      3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno.
      4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati, altresì, per il finanziamento o per il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi che, nell'ambito della programmazione regionale, prevedono, tra l'altro, la realizzazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale, la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata, il ricorso a tecniche colturali e a tecnologie innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, nonché la manutenzione e la pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi.
      5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e le aziende faunistico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.
 

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Art. 25.
(Indennizzo dei danni derivanti dall'esercizio dell'attività venatoria).

      1. Per l'indennizzo dei danni derivanti dall'esercizio dell'attività venatoria restano ferme le disposizioni relative al Fondo di garanzia per le vittime della caccia, previsto dagli articoli 302, 303 e 304 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Art. 26.
(Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria).

      1. Per fare fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è istituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 24.
      2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui sono presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative.
      3. Il proprietario o conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e, nei centottanta giorni successivi, alla liquidazione dei risarcimenti spettanti.

 

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      4. Per le domande di prevenzione dei danni il termine entro cui il procedimento deve essere concluso è disposto con apposita normativa regionale.

Art. 27.
(Vigilanza venatoria).

      1. La vigilanza sull'attuazione della presente legge e delle leggi regionali è affidata:

          a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni cui è riconosciuta, ai sensi della legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Tali agenti possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi in dotazione nonché armi con proiettili a narcotico. Le armi di cui alla presente lettera sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65, e successive modificazioni;

          b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie;

          c) alle guardie addette ai parchi nazionali e regionali, alle guardie delle associazioni di protezione ambientale e di protezione degli animali riconosciute dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché alle guardie zoofile volontarie alle quali è attribuita la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. A tali guardie è consentito espletare la loro funzione esclusivamente nei parchi nazionali e regionali, nelle zone di ripopolamento e di cattura, nelle oasi e nelle altre zone sottratte all'attività venatoria.

      2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì, affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo forestale dello Stato, nonché agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria.

 

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      3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza.
      4. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, ai sensi del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ai cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalle regioni previo superamento di un apposito esame. Le regioni disciplinano la composizione delle commissioni preposte a tale esame garantendo in esse la presenza paritaria di rappresentanti delle associazioni venatorie, professionali agricole e di protezione ambientale riconosciute.
      5. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 preposti alla vigilanza, ad esclusione delle guardie venatorie volontarie, è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le loro funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito di tutto il territorio nazionale durante l'esercizio delle loro funzioni.
      6. I corsi di preparazione e di aggiornamento dei soggetti per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati anche dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b), sotto il controllo della regione.
      7. Le province coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni professionali agricole, venatorie e di protezione ambientale.
      8. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, garantisce il coordinamento in ordine alle attività delle associazioni di cui al comma 1, lettera b), rivolte alla preparazione, all'aggiornamento e all'utilizzazione delle guardie volontarie.
      9. I cittadini in possesso, ai sensi del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, della qualifica di guardia venatoria volontaria alla data di
 

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entrata in vigore della presente legge non necessitano dell'attestato di idoneità di cui al comma 4.

Art. 28.
(Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria).

      1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell'articolo 27, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o di arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, l'esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.
      2. Nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali e gli agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi e i citati mezzi sono restituiti al legittimo proprietario dopo l'oblazione dell'ammenda.
      3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti di cui al comma 2 la consegnano all'ente pubblico localmente preposto alla disciplina dell'attività venatoria il quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla a un organismo in grado di provvedere alle sue riabilitazione e cura e alla successiva reintroduzione nel rispettivo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulta liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli ufficiali o dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede a donarla in beneficenza.
      4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o gli agenti danno atto in un apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati e quanto altro può avere rilievo ai fini penali.
      5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i

 

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quali accertano, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono e all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
      6. Gli agenti venatori dipendenti dagli enti locali che hanno prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 8 luglio 1998, n. 230, non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fermo restando il divieto di cui all'articolo 15, comma 6, della medesima legge.

Art. 29.
(Agenti dipendenti degli enti locali).

      1. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, gli agenti dipendenti degli enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti e in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
      2. Gli agenti di cui al comma 1 possono altresì redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge e gli altri atti indicati dall'articolo 28, anche fuori dall'orario di servizio.

Art. 30.
(Sanzioni penali).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni:

          a) l'ammenda da 3.000 euro a 5.000 euro e la sospensione della licenza di

 

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porto di fucile per uso di caccia per un anno, con l'obbligo di sostenere nuovamente gli esami per il rilascio della suddetta licenza, per chi esercita la caccia in periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di chiusura e la data di apertura fissate dall'articolo 18;

          b) l'ammenda da 1.000 euro a 2.500 euro per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo 2, comma 1;

          c) l'ammenda da 2.000 euro a 6.000 euro e la sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia per cinque anni, con l'obbligo di sostenere nuovamente gli esami per il rilascio della suddetta licenza, per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo e muflone sardo;

          d) l'ammenda da 500 euro a 1.500 euro per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e di cattura, nei parchi e nei giardini urbani o nei terreni adibiti ad attività sportive; in caso di recidiva le sanzioni sono raddoppiate;

          e) l'ammenda da 500 euro a 2.500 euro per chi esercita l'uccellagione. In caso di recidiva si applica l'ammenda di 2.500 euro;

          f) l'ammenda da 1.000 euro a 1.500 euro per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio;

          g) l'ammenda da 2.000 euro a 4.000 euro per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b), della quale è vietato l'abbattimento; in caso di recidiva si applica altresì la sanzione della sospensione della licenza di caccia per cinque anni, con l'obbligo di sostenere nuovamente gli esami per il rilascio della suddetta licenza;

 

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          h) l'ammenda da 2.000 euro a 6.000 euro e la confisca dei mezzi usati per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli in movimento, da natanti a motore in movimento o da aeromobili.

Art. 31.
(Sanzioni amministrative).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni:

          a) sanzione amministrativa da 300 euro a 1.000 euro per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o in violazione dell'articolo 18, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e f), o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale ultima infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami vietati;

          b) sanzione amministrativa da 500 euro a 1.500 euro per chi pone in commercio o detiene a tale fine fauna selvatica in violazione della presente legge. Se il fatto riguarda la fauna selvatica cacciata in violazione del disposto di cui alle lettere c) e g), le pene sono raddoppiate;

          c) sanzione amministrativa da 200 euro a 1.000 euro per chi esercita la caccia in una forma diversa da quella stabilita ai sensi dell'articolo 12, comma 5;

          d) sanzione amministrativa da 600 euro a 1.200 euro per chi esercita la caccia senza avere stipulato la regolare polizza di assicurazione; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          e) sanzione amministrativa da 600 euro a 1.200 euro per chi esercita la caccia senza avere effettuato il versamento delle tasse di concessione governativa o regionale; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

 

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          f) sanzione amministrativa da 300 euro a 1.000 euro per chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno delle aziende faunistico-venatorie, nei centri pubblici o privati di riproduzione e negli ambiti e comprensori destinati alla caccia programmata; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata; in caso di ulteriore violazione la sanzione è triplicata nel massimale. Le sanzioni previste dalla presente lettera sono ridotte di un terzo se il fatto è commesso mediante sconfinamento in un comprensorio o in un ambito territoriale di caccia viciniore a quello autorizzato;

          g) sanzione amministrativa da 100 euro a 600 euro per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente sanzionate; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          h) sanzione amministrativa da 200 euro a 600 euro per chi esercita la caccia in fondo chiuso, ovvero nel caso di violazione delle disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione delle coltivazioni agricole; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          i) sanzione amministrativa da 200 euro a 600 euro per chi esercita la caccia in violazione degli orari consentiti; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          l) sanzione amministrativa da 200 euro a 600 euro per chi si avvale di richiami non autorizzati, ovvero in violazione delle disposizioni emanate dalle regioni ai sensi dell'articolo 5, comma 2; in caso di recidiva la sanzione è raddoppiata;

          m) sanzione amministrativa da 100 euro a 200 euro per chi non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino regionale; in caso di recidiva nello stesso anno la sanzione è raddoppiata;

          n) sanzione amministrativa da 50 euro a 200 euro per ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza l'autorizzazione di cui all'articolo 20, comma 3; alla violazione consegue la revoca di eventuali autorizzazioni rilasciate ai sensi del medesimo articolo 20 per altre introduzioni;

 

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          o) sanzione amministrativa da 100 euro a 600 euro per chi, pur essendone munito, non esibisce, se legittimamente richiesto, la licenza di porto di fucile per uso di caccia, la polizza di assicurazione o il tesserino regionale; la sanzione è applicata nel minimo se l'interessato esibisce il documento entro cinque giorni;

          p) sanzione amministrativa di 50 euro per l'abbandono nell'ambiente di materiale non biodegradabile. Ai fini di cui alla presente lettera, i materiali si intendono abbandonati quando il cacciatore lascia definitivamente il posto di caccia.

      2. Le leggi regionali prevedono sanzioni per gli abusi e per l'uso improprio della tabellazione dei terreni.
      3. Le regioni prevedono la sospensione dell'apposito tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, per particolari infrazioni o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio.
      4. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento vigenti in materia di armi, fiscale e doganale.
      5. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale.
      6. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 32.
(Rapporti sull'attività di vigilanza).

      1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo 9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno, trasmettono al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali un rapporto informativo nel quale, sulla base di dettagliate relazioni fornite dalle province, sono riportati lo stato dei servizi preposti alla vigilanza, il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie applicate. A tale fine il

 

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questore comunica tempestivamente all'autorità regionale, entro il mese di aprile di ciascun anno, i dati numerici inerenti le misure accessorie applicate nell'anno precedente.
      2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento entro il mese di ottobre di ciascun anno.

Art. 33.
(Associazioni venatorie).

      1. Le associazioni venatorie sono libere.
      2. Le associazioni venatorie istituite per atto pubblico possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della presente legge, a condizione che posseggano i seguenti requisiti:

          a) abbiano finalità ricreative, formative e tecnico-venatorie;

          b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici;

          c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore a un ventesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento.

      3. Le associazioni di cui al comma 2 sono riconosciute con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale.
      4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali dispone con decreto la revoca del riconoscimento stesso.
      5. Si considerano riconosciute agli effetti della presente legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie nazionali già riconosciute e operanti ai sensi dell'articolo 34, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

 

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      6. Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono sottoposte alla vigilanza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

Art. 34.
(Relazione sullo stato di attuazione della presente legge).

      1. Al termine dell'annata venatoria 2009-2010 le regioni trasmettono al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sull'attuazione della presente legge.
      2. Sulla base della relazione di cui al comma 1, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta al Parlamento una relazione complessiva sullo stato di attuazione della presente legge.

Art. 35.
(Disposizioni transitorie).

      1. Le aziende faunistico-venatorie autorizzate dalle regioni ai sensi dell'articolo 16 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, fino alla naturale scadenza della rispettiva concessione sono regolate in base al provvedimento di concessione.
      2. Su richiesta del concessionario le regioni possono trasformare le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1 in aziende agri-turistico-venatorie.
      3. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge detengono richiami vivi appartenenti a specie non consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite, ne detengono un numero superiore a quello stabilito dalla medesima legge, sono tenuti a farne denuncia all'ente competente.
      4. In sede di prima attuazione della presente legge, il Ministro delle politiche

 

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agricole alimentari e forestali definisce l'indice di densità venatoria minima di cui all'articolo 14, commi 3 e 4, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.
      5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono fissati i termini per l'adozione, da parte dei soggetti partecipanti al procedimenti di programmazione ai sensi della medesima legge, degli atti di rispettiva competenza, secondo modalità che consentono la piena attuazione della legge stessa nella stagione venatoria 2009-2010.
      6. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi e alle norme stabiliti dalla presente legge entro e non oltre il 31 luglio 2010.
      7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di cui al comma 6, adeguano la propria legislazione ai princìpi e alle norme stabiliti dalla presente legge nei limiti della Costituzione, dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Art. 36.
(Disposizioni finali).

      1. La legge 11 febbraio 1992, n. 157, è abrogata.
      2. Ferme restando le disposizioni che disciplinano l'attività dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, le guardie zoofile volontarie che prestano servizio presso di esso esercitano la vigilanza sull'attuazione della presente legge e delle leggi regionali in materia di caccia ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera c), esclusivamente nei parchi nazionali e regionali, nelle zone di ripopolamento e di coltura, nelle oasi e nelle altre zone nelle quali è vietato l'esercizio dell'attività venatoria.