Onorevoli Colleghi! — Nel riaffermare che la prostituzione è una questione sociale di cui è responsabile la società nel suo insieme – i clienti che, con le loro richieste, stimolano il mercato, la povertà, la miseria e le guerre; un sistema consumistico che propone modelli di comportamento strumentali e facili percorsi all'arricchimento; il radicato pregiudizio nei confronti di persone considerate diverse per le loro scelte sessuali non conformiste – non si può non considerare ogni possibile strumento che consenta di ridimensionarne gli aspetti più problematici.
La legge 20 febbraio 1958, n. 75 (cosiddetta «legge Merlin»), costituisce un punto fermo nel contrasto dello sfruttamento legalizzato delle donne nell'esercizio della prostituzione. Un atto di lungimiranza del Parlamento destinato a incidere sul costume e sulla mentalità degli italiani. Un punto da cui non si può tornare indietro. La chiusura delle case di prostituzione ha significato nello stesso tempo: proibizione di ogni attività volta a trarre guadagno dall'esercizio altrui della prostituzione; proibizione di discriminazioni, attraverso schedature, di donne che esercitano la prostituzione; l'affermazione della prostituzione come attività attinente alla sfera privata dei rapporti tra persone, pertanto come attività lecita, non perseguibile né per chi la esercita, né per chi la utilizza.
L'esigenza di affrontare questo tema, di ripensare gli strumenti che lo regolamentano, salvaguardando i princìpi fondamentali affermati dalla legge Merlin, nasce dall'evoluzione che il fenomeno ha conosciuto
Verso il superamento dell'abolizionismo.
Nella storia sociale della prostituzione si sono succeduti e intrecciati quattro modi di regolarla basati su altrettanti modelli: quello proibizionista/criminalizzante, quello regolamentarista, quello abolizionista e quello neo-regolamentarista/decriminalizzante.
A) Il sistema proibizionista/criminalizzante. Esso consiste nel vietare la prostituzione, sia per ragioni di tutela della morale pubblica, sia per ragioni di prospettiva ideale, volta all'eliminazione del sesso a pagamento ritenuto lesivo della qualità dei rapporti umani e della dignità della persona che si prostituisce, declinata storicamente al femminile. È il caso dei regimi una volta vigenti negli ex-Paesi comunisti e attualmente in alcuni Stati degli Stati Uniti d'America, nonché della recente scelta operata dalla Svezia che ha messo al centro la tutela della dignità
B) Il sistema regolamentarista. È il sistema alternativo alla criminalizzazione. Tuttavia questa definizione è estremamente ampia e va dalla «statalizzazione dei bordelli» alla regolamentazione giuridica ed economica da parte dello Stato dell'esercizio della prostituzione come avviene oggi in Olanda. La legalizzazione spesso include l'imposizione di tasse e di restrizioni per l'esercizio della prostituzione in luoghi e in zone particolari. In molti sistemi che consentono l'esercizio della prostituzione le leggi in vigore regolamentano anche la vita delle prostitute prescrivendo controlli sanitari e luoghi di residenza. Era il caso dell'Italia prima della legge Merlin. Nei sistemi regolamentaristi classici è sempre previsto il controllo sanitario obbligatorio della persona che si prostituisce come misura, rivelatasi poi puntualmente inefficace, di contenimento delle malattie veneree, in particolare della sifilide.
C) Il sistema abolizionista. Il fine ultimo di tale sistema è l'abolizione della prostituzione come attività che sfrutta e mortifica la dignità della persona che si prostituisce. Storicamente il sistema abolizionista non consente allo Stato di gestire direttamente i comportamenti relativi all'esercizio della prostituzione in quanto, pur abolendo la disciplina legale delle case di tolleranza, non arriva tuttavia alla proibizione di tali comportamenti.
D) Il sistema neo-regolamentarista/decriminalizzante. Questo sistema comporta la rimozione di qualunque legge che penalizzi l'attività sessuale consensuale tra adulti in un contesto commerciale. La commissione delle donne del Parlamento europeo già nel 1990 chiedeva agli Stati membri di decriminalizzare la prostituzione a tutela della salute e della sicurezza delle prostitute, sottolineando che la condizione di semi-illegalità nella quale generalmente operano incoraggia gli abusi come la prostituzione per costrizione, in condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e altri delitti.
I movimenti per i diritti delle prostitute chiedono la decriminalizzazione di qualunque aspetto della prostituzione che interferisce con le loro libertà di movimento e di associazione. Tali movimenti considerano, inoltre, che tutte le leggi contro lo sfruttamento della prostituzione danneggiano i familiari conviventi delle donne che si prostituiscono, e che queste leggi impediscono alle prostitute di organizzarsi e lavorare insieme per proteggersi reciprocamente.
La presente proposta di legge si fonda su questi presupposti e prevede, infatti, la depenalizzazione dell'esercizio della prostituzione. Si pone però anche il problema di dare risposte sia all'esigenza di tutela delle persone che esercitano la prostituzione sia ai cittadini che si sentono turbati dalla vista di comportamenti considerati aggressivi e lesivi della morale pubblica.
Obiettivi e linee generali.
Con la presente proposta di legge si intende affrontare il tema della prostituzione non coatta e non esercitata da minore, per garantire il diritto di autodeterminazione sessuale dei cittadini e, contemporaneamente, il loro diritto alla tranquillità e alla libertà di movimento, senza tuttavia dimenticare di offrire alle donne, costrette a prostituirsi a causa di circostanze difficili della vita, la possibilità di cambiare vita (articolo 1). Le misure proposte sono da inquadrare nell'ottica delle politiche sociali volte alla riduzione del danno sanitario e sociale e dell’enpowerment dei soggetti deboli, nella convinzione che questo possa contribuire al contrasto
alcune misure volte a favorire l'inserimento sociale delle donne che vogliono uscire dalla prostituzione, da attivare a cura delle regioni e degli enti locali, anche con il supporto delle organizzazioni di volontariato;
campagne di informazione volte alla prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso al fenomeno della prostituzione, con particolare attenzione ai giovani;
lo stanziamento di fondi per lo svolgimento di tali attività, attraverso la riserva di una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Nell'articolo 2 si prevede di applicare l'articolo 609-sexies del codice penale, nel quale si stabilisce che il colpevole non possa invocare a propria scusante l'ignoranza dell'età della persona offesa, anche per i delitti di cui all'articolo 600-bis del medesimo codice e cioè per l'induzione alla prostituzione di una persona di età minore, ovvero per il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione del minore stesso. In tale modo si colma una lacuna che il legislatore con la legge n. 269 del 1998 non aveva colmato e si rafforza l'azione di tutela dei minori contro lo sfruttamento sessuale.
Nell'articolo 3 si introducono sanzioni per lo sfruttamento della prostituzione.
Nell'articolo 4 si prevede di disincentivare l'esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici attraverso il divieto dell'esercizio in prossimità di luoghi di culto, scuole, ospedali, parchi cittadini, nonché mediante l'individuazione di aree appositamente riservate a questo scopo. Le amministrazioni locali possono procedere alla individuazione delle aree di comune accordo con le associazioni per i diritti delle prostitute, con le organizzazioni di volontariato e con i comitati dei cittadini.