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PDL 4797

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4797



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RIA, RAO

Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, in materia di organizzazione e di durata dell'ufficio del giudice di pace

Presentata il 24 novembre 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge ha l'obiettivo di conferire maggiore stabilità al ruolo del giudice di pace, in attesa della riforma complessiva della magistratura onoraria spesso annunciata ma finora mai portata a compimento. È necessario affrontare quella che si pone come una situazione di vera e propria emergenza, sottolineata dall'opinione pubblica che a gran voce chiede la modifica della regolamentazione vigente. L'attuale status dei magistrati di pace nel nostro Paese si presenta in palese contrasto con la Carta costituzionale, con le direttive dell'Unione europea, con la materia di trattamenti riservati ai giudici onorari, con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con la Carta dei diritti delle minoranze etniche, cosiddetta «Carta di Strasburgo» e con la raccomandazione CM/Rec (2010)12 del 17 novembre 2010 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
      Bisogna ritenere, infatti, che solo la previsione di una certa continuità dei mandati, mediante conferme quadriennali, possa assicurare le necessarie autonomia e indipendenza ai giudici di pace, com’è accaduto nel 2005 per i magistrati tributari e nel 2010 per i magistrati onorari minorili. La proposta di legge permetterebbe di realizzare un sistema eminentemente meritocratico, con valutazione quadriennale dell'esercizio dell'attività giurisdizionale dei giudici di pace da parte del Consiglio superiore della magistratura (CSM) e del consiglio giudiziario di appartenenza, rimuovendo il limite dei tre
 

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mandati. Ciò sarebbe anche in linea con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (articolo 97 della Costituzione). Si rileva, inoltre, che la stessa Corte di cassazione, con la sentenza n. 4410 del 23 febbraio 2011, ha confermato che la nomina dei giudici di pace avviene attraverso un concorso e che le stesse procedure di conferma quadriennale hanno natura paraconcorsuale: ciò conferma il rispetto dell'articolo 106 della Costituzione.
      Del resto, appare del tutto ragionevole e opportuno evitare che professionalità formatesi in anni di esercizio delle funzioni giurisdizionali vadano disperse in un moto concorsuale senza soluzione di continuità. Lo stesso codice disciplinare valorizza la professionalità del giudice di pace, il quale – secondo una recente delibera del CSM – è soggetto ai medesimi doveri dei magistrati di carriera e deve improntare la propria attività giurisdizionale ai medesimi valori della magistratura professionale, anche in relazione alla crescente considerazione del ruolo della magistratura onoraria nel nostro sistema giudiziario che impone una necessaria uniformità di disciplina tra giudici di pace e magistrati professionali. Recentemente le sezioni unite della Corte di cassazione hanno rilevato come il giudice designato dal legislatore nel 1991 – a metà tra onorarietà e professionalità e investito, ai sensi dell'articolo 7 del codice di procedura civile, di una competenza ben più che bagatellare, come osserva un'attenta dottrina – abbia assorbito l'intera competenza per valore del conciliatore e del pretore, oltre a incunearsi in materie statisticamente assai rilevanti per il contenzioso civile con l'obiettivo primario di ridurre l'enorme carico di lavoro della magistratura togata, gravemente compromissivo della credibilità e dell'effettività dell'amministrazione della giustizia civile.
      I giudici di pace meritano, pertanto, un riconoscimento dell'importanza del lavoro che svolgono attraverso la realizzazione di una certa continuità nell'esercizio delle funzioni, ravvisabile nella previsione di tre ulteriori mandati quadriennali che garantiscano loro una minima stabilità di ruolo.
      A fronte di tali modifiche si propone, peraltro, la riduzione del numero dei giudici di pace previsti in pianta organica dagli originari 4.690 della legge n. 374 del 1991 a 3.200: tale riduzione condurrebbe a risparmi di spesa pari a circa 5 milioni di euro, derivanti dalla retribuzione e dal mancato investimento di fondi per i relativi concorsi e corsi di formazione obbligatori di 1.490 giudici in meno.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ruolo organico della magistratura di pace).

      1. All'articolo 3 della legge 21 novembre 1991, n. 374, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

              «1. il ruolo organico dei magistrati onorari addetti agli uffici del giudice di pace è fissato in 3.200 posti. La pianta organica degli uffici del giudice di pace è determinata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentito il parere del Consiglio superiore della magistratura»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

              «3-bis. Il servizio prestato nelle funzioni di magistrato di pace, anche prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, è equiparato al servizio prestato dai dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'ammissione ai concorsi per l'accesso alla dirigenza pubblica e alle magistrature amministrative e contabili».

Art. 2.
(Durata dell'ufficio e conferma del giudice di pace).

      1. All'articolo 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

          «2-quinquies. Alla scadenza del terzo quadriennio di servizio ovvero alla scadenza della proroga concessa ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225,

 

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convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, i giudici di pace in servizio che hanno ottenuto l'esito positivo del giudizio di idoneità di cui al comma 2-bis del presente articolo sono rinnovati nell'incarico per ulteriori tre mandati della durata di quattro anni ciascuno. Resta salva la cessazione dalle funzioni al compimento del settantacinquesimo anno di età».

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