Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 4786

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4786



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SBROLLINI, BOSSA, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CENNI, CONCIA, DAMIANO, D'INCECCO, GARAVINI, GINOBLE, GNECCHI, PEDOTO, PELUFFO, RIGONI, ROSATO, RUBINATO, SAMPERI, SIRAGUSA, TOUADI, VELO

Disposizioni per la promozione e il sostegno dell'imprenditoria femminile

Presentata il 18 novembre 2011


      

torna su
Onorevoli Colleghi! — L'Italia, per rispettare quanto sancito dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000, avrebbe dovuto integrare nel mercato del lavoro il 60 per cento delle donne in grado di lavorare entro il 2010. In realtà l'Italia, con un tasso del 46,6 per cento, appare decisamente al di sotto della media europea (pari al 58,3 per cento) e ben lontana da questo obiettivo.
      Secondo un recente sondaggio dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) i dati sulla disoccupazione femminile sono preoccupanti: nel nostro Paese, le donne inattive sono 9.677.000, con un aumento congiunturale dello 0,3 per cento (+30.000 unità) e tendenziale dello 0,9 per cento (+86.000 unità). La quota delle donne inattive, secondo l'ISTAT, è sempre superiore a quella degli uomini: sono circa cinque ogni dieci quelle inattive. I più recenti dati dell'Istituto indicano che, nella fascia di età tra i trentacinque e i quarantaquattro anni, al nord lavorano settantacinque donne su cento, al centro sessantotto e al sud quarantadue.
 

Pag. 2


      Considerate le esigenze e le richieste provenienti da più parti, appare doveroso e ineludibile un intervento legislativo indirizzato a definire un quadro giuridico della parità effettiva e della razionalizzazione delle risorse, che conferisca alla donna la reale e concreta possibilità di conseguire un ruolo paritario in un contesto imprenditoriale. Tale intervento si inserisce nel più generale e recente indirizzo dell'Unione europea (Small Business Act), volto a orientare gli Stati membri ad assicurare una politica di sviluppo delle piccole e medie imprese.
      Sebbene il 20 febbraio 2010, sia entrato in vigore nel nostro Paese il decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5, in attuazione della direttiva 2006/54/CE, relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (che ha, tra l'altro, modificato il codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), non si riscontrano disposizioni specifiche volte a incentivare l'imprenditoria femminile.
      Infatti, le nuove disposizioni rafforzano il principio della parità di trattamento e di opportunità fra donne e uomini, che deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione, e prevedono, inoltre, sanzioni più severe in caso di violazione di tali princìpi. Tuttavia, molto c’è ancora da fare nel settore dell'imprenditoria femminile.
      Gli organi dell'Unione europea, come si evince nella risoluzione 2010/2275(INI) del Parlamento europeo, del 13 settembre 2011, incoraggiano gli Stati membri a promuovere l'imprenditorialità femminile nel settore industriale e a fornire assistenza finanziaria, strutture di consulenza professionale e una formazione appropriata alle donne che fondano imprese.
      Il nostro attuale quadro normativo non consente di soddisfare tali richieste.
      L'Italia, grazie alla citata direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, ha recepito il cosiddetto «mainstreaming di genere» che rappresenta una delle principali novità nell'ambito dell'attuale ciclo di programmazione delle politiche strutturali. Esso esprime un principio che ha determinato in modo importante la programmazione delle politiche europee dell'ultimo decennio in relazione all'obiettivo delle pari opportunità tra uomini e donne. Prende in considerazione le differenze tra le condizioni, le situazioni e le esigenze delle donne e degli uomini per far sì che la prospettiva di genere si applichi all'insieme delle politiche e delle azioni dell'Unione europea.
      Il mainstreaming di genere può essere definito una strategia globale e trasversale volta a smascherare e a diminuire le differenze di impatto che politiche, seppur a prima vista neutrali in termini di parità tra i sessi, hanno per donne e per uomini. In quanto strategia finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità contribuisce a porre il punto di vista delle donne letteralmente al «centro della corrente» in tutte le politiche e le azioni dell'Unione europea, promuovendo la loro partecipazione in campi o in ruoli precedentemente loro preclusi. Secondo una definizione dell'Unione europea è: «l'integrazione sistematica delle condizioni, delle priorità e dei bisogni propri delle donne e degli uomini in tutte le politiche, al fine di promuovere attività fondate sull'uguaglianza tra donne ed uomini. È anche intesa come mobilitazione di tutte le politiche e le misure generali al solo scopo di realizzare uguaglianza e tenendo conto della loro incidenza sulla situazione specifica di donne e di uomini nelle fasi di pianificazione, di implementazione, del calcolo delle ricadute e della loro valutazione».
      Il principio, sancito formalmente dalle Nazioni Unite nella Conferenza di Pechino del 1995, è l'asse portante del IV Programma 1996-2000 e uno dei «pilastri» del Trattato di Amsterdam (1997). Contribuisce a far sì che l'obiettivo delle pari opportunità tra le donne e gli uomini, insieme all'imprenditorialità, all'adattabilità e all'innovatività, diventi il riferimento trasversale e imprescindibile per accedere
 

Pag. 3

a programmi, formulare progetti e programmare politiche nazionali.
      Nessuna programmazione operativa, anche locale, è approvata dall'Unione europea senza un'attenzione particolare al principio delle «pari opportunità». Il cambiamento di prospettiva è fondamentale e le strategie di mainstreaming messe in campo, ad esempio in ambito occupazionale, hanno permesso alle donne di non essere più considerate «categoria assistita».
      I cardini della strategia del mainstreaming di genere sono indicati nella comunicazione COM(96)67 della Commissione, del 21 febbraio 1996, recante «Integrare la parità di opportunità tra le donne e gli uomini nel complesso delle politiche e azioni comunitarie», la prima a definire una programmazione relativa a:

          occupazione e mercato del lavoro: si intende portare avanti la definizione del quadro giuridico della parità, razionalizzare e integrare in maniera migliore i provvedimenti di sostegno a studi riguardanti l'imprenditoria femminile e la conciliazione tra vita familiare e vita professionale;

          donne nella politica di cooperazione allo sviluppo nei Paesi in via di sviluppo: l'inserimento delle questioni di genere nella cooperazione allo sviluppo è definita dalla comunicazione COM(2001)0295 della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'integrazione delle questioni di genere nella cooperazione allo sviluppo;

          donne capi d'impresa e coniugi collaboratrici nelle piccole e medie imprese: si prevedono azioni a favore delle donne nelle piccole e medie imprese, attraverso un miglioramento della flessibilità del lavoro, della qualificazione professionale e dell'accesso agevolato al credito;

          istruzione e formazione: l'insieme delle azioni dell'Unione europea in materia di istruzione, formazione o gioventù mira a inserire le pari opportunità come obiettivo specifico o come priorità addizionale;

          diritto delle persone: azioni per la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, per la lotta contro il traffico di persone e per il reinserimento nella società delle vittime di tale traffico. Sono previste azioni volte a migliorare la sicurezza e l'integrità delle donne rifugiate;

          ricerca e scienze: rafforzata dalla comunicazione COM(1999)76 della Commissione del 1999 relativa alle donne e alla scienza;

          politica del personale: la politica di pari opportunità è attuata dalla Commissione nei confronti del suo personale tramite programmi di azioni positive.

      In Italia l'integrazione del punto di vista di genere nelle politiche governative è stata introdotta dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 116, del 21 maggio 1997, di cui è il secondo obiettivo strategico e che si prefigge le finalità di promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, di riconoscere e di garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e a uomini.
      Essa prevede il rafforzamento e l'adeguamento dei meccanismi istituzionali del mainstreaming attraverso azioni che assicurino un coordinamento dell'azione dei Ministeri e che verifichino lo stato di attuazione delle normative in materia di parità, in particolare della legge 10 aprile 1991, n. 125 (ora confermata nel citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006).
      Nella direttiva sono individuate, in alcuni campi, le seguenti priorità di azione per la situazione italiana:

          in campo politico-istituzionale, promuovere la presenza delle donne nei luoghi decisionali, le analisi di impatto, il coordinamento e la riforma dell'azione istituzionale, e, infine, la cooperazione internazionale;

          in campo economico-sociale, formare e promuovere l'imprenditorialità femminile, l'occupazione (sia nel lavoro dipendente che nel lavoro autonomo e nel

 

Pag. 4

no-profit), le politiche dei tempi, degli orari e dell'organizzazione del lavoro, della salute e della violenza contro le donne.
      Le riforme sono finalizzate alla costruzione di un sistema articolato per l'attuazione del mainstreaming attraverso il riesame di normative, politiche e programmi con l'apporto del Comitato nazionale per l'attuazione dei princìpi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
      Pertanto, la presente proposta di legge reca misure urgenti tese a modificare e a integrare le norme di settore. Nel merito, l'articolo 1 prevede disposizioni per la promozione e il sostegno dell'imprenditoria femminile, attraverso la destinazione, a decorrere dall'anno 2011, di una quota non inferiore al 30 per cento del Fondo per la finanza d'impresa, di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di favorire la creazione e lo sviluppo sul territorio nazionale di nuove imprese femminili. A tale fine, lo stesso Fondo è rifinanziato per una quota pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.
      L'articolo 2 prevede, al fine di sostenere l'accesso delle donne alle attività d'impresa, la concessione di un credito d'imposta del 36 per cento per le spese documentate e sostenute per l'acquisto di impianti e di macchinari necessari all'avvio dell'attività e al miglioramento della qualità della produzione. A tal fine è previsto lo stanziamento di 300 milioni di euro per il triennio 2011-2013.
      L'articolo 3 prevede l'istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, del Fondo strategico in favore delle piccole e medie imprese femminili, con una dotazione di 150 milioni di euro per il triennio 2011-2013. Il Fondo persegue la finalità di cofinanziare appositi programmi regionali per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile e, in particolare, per iniziative volte: al potenziamento patrimoniale delle piccole e medie imprese femminili; all'accelerazione dei pagamenti dovuti dagli enti locali nei confronti delle piccole e medie imprese femminili; al sostegno alla crescita dimensionale e all'aggregazione delle piccole e medie imprese femminili; alla valorizzazione della rete delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e delle associazioni di imprese finalizzata alla rappresentanza delle piccole e medie imprese femminili; al finanziamento di percorsi di formazione e di innovazione per le giovani donne imprenditrici; alla promozione di idonee iniziative volte a favorire la cultura d'impresa. A tal fine, nell'ambito della loro programmazione, le regioni individuano i soggetti beneficiari e procedono al conseguente riparto economico delle risorse.
      L'articolo 4 prevede un cospicuo rifinanziamento del Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile previsto dall'articolo 54 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, con 200 milioni di euro l'anno a decorrere dal 2011.
      L'articolo 5 provvede alla copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dall'attuazione del complesso di misure proposte si provveda con risparmi derivanti dalle spese della pubblica amministrazione e, in modo particolare, con una più oculata gestione di premi, incentivi e salari accessori concessi alla dirigenza.
 

Pag. 5


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizioni per la promozione e il sostegno dell'imprenditoria femminile).

      1. Al fine di promuovere e di sostenere lo sviluppo dell'imprenditoria femminile nel territorio nazionale è destinata, a decorrere dall'anno 2011, una quota non inferiore al 30 per cento del Fondo per la finanza d'impresa, di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, che è rifinanziato, a tale fine, nella misura di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.
      2. Le risorse di cui al comma 1 sono conferite al Fondo per la finanza d'impresa per essere destinate a interventi finalizzati a facilitare la nascita di nuove imprese femminili attraverso operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti concessi da banche e da società finanziarie sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia, nonché attraverso operazioni di partecipazione al capitale di rischio e di rafforzamento patrimoniale e finanziario.
      3. Le modalità per l'accesso alle risorse di cui al comma 1 sono definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.
(Credito d'imposta).

      1. Al fine di sostenere e di riqualificare le azioni positive per realizzare la parità tra i sessi nell'accesso alle attività d'impresa è concesso un credito d'imposta del

 

Pag. 6

36 per cento ai soggetti indicati all'articolo 53, comma 1, lettera a), del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, nel rispetto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento, anche dell'Unione europea, per le spese documentate e sostenute:

          a) per l'acquisto di impianti e di attrezzature necessari per l'avvio o per l'acquisto di attività commerciali e turistiche o di attività nel settore dell'industria, dell'artigianato, del commercio o dei servizi, nonché per i progetti aziendali connessi all'introduzione di qualificazione e di innovazione di prodotto, tecnologica od organizzativa;

          b) per l'acquisizione di servizi destinati all'aumento della produttività, all'innovazione organizzativa, al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati per il collocamento dei prodotti, all'acquisizione di nuove tecniche di produzione, di gestione e di commercializzazione, nonché per lo sviluppo di sistemi di qualità;

          c) per la costituzione di piccole e medie imprese in possesso dei requisiti per l'accesso a finanziamenti e a cofinanziamenti dell'Unione europea o regionali.

      2. Per le finalità di cui al comma 1, lettera c), possono essere riconosciute ai soggetti ivi previsti agevolazioni aggiuntive nella forma di prestazioni di garanzia per l'accesso al credito.
      3. Ai soggetti di cui all'articolo 53, comma 1, lettera b), del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, possono essere concesse agevolazioni per le spese sostenute per le attività ivi previste.
      4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per l'accesso alle agevolazioni di cui al comma 3.

 

Pag. 7


      5. Ai fini di cui al presente articolo sono stanziati 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.

Art. 3.
(Misure per il potenziamento di programmi regionali in favore delle piccole e medie imprese femminili).

1. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Fondo strategico in favore delle piccole e medie imprese femminili, di seguito denominato «Fondo», con una dotazione pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.
      2. Il Fondo è finalizzato al cofinanziamento di appositi programmi regionali per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile recanti, in particolare, interventi per:

          a) il potenziamento patrimoniale delle piccole e medie imprese femminili;

          b) l'accelerazione dei pagamenti dovuti dagli enti locali nei confronti delle piccole e medie imprese femminili;

          c) il sostegno alla crescita dimensionale e all'aggregazione delle piccole e medie imprese femminili;

          d) la valorizzazione della rete delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e delle associazioni di imprese finalizzata alla rappresentanza delle piccole e medie imprese femminili;

          e) il finanziamento di percorsi di formazione e di innovazione per le giovani donne imprenditrici;

          f) la promozione di idonee iniziative volte a favorire la cultura d'impresa.

      3. Alla ripartizione del Fondo provvede il Ministero dello sviluppo economico entro il 30 aprile di ciascun anno del triennio 2011-2013, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

 

Pag. 8

e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      4. Le regioni, nell'ambito della programmazione regionale, definiscono i soggetti beneficiari e procedono al riparto economico delle risorse al fine di assicurare l'efficienza e l'efficacia degli interventi, nonché la partecipazione dei soggetti coinvolti, nel rispetto di quanto previsto al comma 2.

Art. 4.
(Rifinanziamento del Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile).

      1. A decorrere dall'anno 2011, il Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile, previsto dall'articolo 54 del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e successive modificazioni, è finanziato nella misura di 200 milioni di euro in ragione d'anno.
      2. Le risorse rinvenienti da revoche, rinunce e decadenza dai requisiti, relative alle finalità previste dagli articoli 52 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e successive modificazioni, sono riassegnate al Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile.

Art. 5.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, si provvede mediante le maggiori entrate di cui al comma 2.
      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuna amministrazione pubblica è tenuta ad adeguare le proprie attività agli indirizzi, ai requisiti e ai criteri formulati dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. A decorrere dalla stessa data:

          a) in mancanza di una valutazione corrispondente agli indirizzi, ai requisiti e

 

Pag. 9

ai criteri di credibilità definiti dalla Commissione di cui all'alinea, non possono essere applicate le misure previste dall'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di responsabilità dirigenziale, ed è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di corrispondere ai propri dirigenti la componente della retribuzione legata al risultato; il dirigente che contravviene al divieto per dolo o colpa grave risponde per il maggior onere conseguente;

          b) è fatto divieto di corrispondere al dirigente il trattamento economico accessorio nel caso in cui risulta che egli, senza adeguata giustificazione, non ha avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti in esubero che rifiutano la mobilità, la riqualificazione professionale o la destinazione a un'altra pubblica amministrazione, entro un ambito territoriale definito e nel rispetto della qualificazione professionale;

          c) è fatto divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o di strutture che sono stati individuati per grave inefficienza, improduttività o sovradimensionamento dell'organico.

      3. Dall'attuazione del comma 2 devono derivare risparmi non inferiori a quanto stabilito ai fini della copertura della presente legge per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013. I risparmi devono essere conseguiti da ciascuna pubblica amministrazione secondo un rapporto di diretta proporzionalità rispetto alla consistenza delle rispettive dotazioni di bilancio. In caso di accertamento di minori economie, si provvede alla corrispondente riduzione, per ciascuna pubblica amministrazione inadempiente, delle dotazioni di bilancio relative a spese non obbligatorie, fino alla totale copertura dell'obiettivo di risparmio ad essa assegnato.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su