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PDL 4077

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4077



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MOTTA, BRANDOLINI, CAPITANIO SANTOLINI, CENNI, CODURELLI, DE PASQUALE, FONTANELLI, GARAVINI, GNECCHI, MARCHI, MIGLIOLI, RIGONI, SCALERA, SCHIRRU

Modifica all'articolo 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di salvaguardia dei rapporti tra il minore affidato e la famiglia affidataria

Presentata il 15 febbraio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'istituto dell'affidamento familiare è disciplinato dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «diritto del minore ad un famiglia».
      La ratio che sottende all'istituto va ricercata nella volontà del legislatore di individuare uno strumento che garantisca al minore, la cui famiglia si trovi nella temporanea incapacità o impossibilità di prendersi cura di lui, le cure, le attenzioni e l'affetto necessari a crescere in modo armonioso e il più possibile sereno.
      L'affidamento familiare rappresenta un vero e sincero atto di generosità, che consiste nell'accogliere nella propria casa un bambino la cui famiglia sta vivendo un serio momento di difficoltà e che mantiene sempre e comunque al «centro», come interesse assoluto e prevalente, l'interesse del minore.
      Va detto che le persone che decidono di scegliere l'affidamento familiare si trovano di fronte a un cammino di certo non semplice, che necessita di una grande forza, di equilibrio, di attitudine al confronto e di capacità di relazione. Si tratta di una scelta di amore impegnativa, che richiede alle famiglie disponibilità ad affrontare e a risolvere positivamente le diverse difficoltà del percorso, nonché la partecipazione a percorsi di formazione e di sostegno all'interno di una rete di famiglie affidatarie, una partecipazione che deve nascere da una decisione responsabile,
 

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maturata serenamente e condivisa da tutti coloro che fanno parte del nucleo familiare di accoglienza.
      L'affidamento familiare richiede pertanto, da parte delle istituzioni preposte, un'attenta valutazione che permetta di appurare e di valutare le potenzialità affettive ed educative della famiglia del bambino (ivi compresa la rete parentale, che può avere un ruolo attivo nel facilitare il recupero delle competenze familiari), la qualità del rapporto tra genitori affidatari e bambino, la reale motivazione e le attitudini alla genitorialità della famiglia candidata all'affidamento, le risorse del minore e la sua idoneità ad affrontare l'esperienza dell'affidamento nella sua complessità.
      È comunque connaturato alla natura del rapporto tra famiglia affidataria e minore l'instaurarsi di rapporti affettivi che perdurano oltre il termine dell'affidamento è che vanno di là del servizio richiesto alla famiglia affidataria. Tali rapporti affettivi, nei casi in cui l'affidamento si protragga molto a lungo, possono correre il rischio di non essere del tutto presi in considerazione come, ad esempio, nel caso in cui il minore in affidamento (magari dopo anni e anni di vita con la sua famiglia affidataria) sia dichiarato adottabile. In questi casi, infatti, l'orientamento dei tribunali sul tema non sempre è omogeneo, alcuni, ad esempio, fanno ricorso al «varco» offerto dall'articolo 44 della legge n. 184 del 1983, che prevede l'adozione in «casi speciali» e, dunque, che «I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7: a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre (...)» al fine di rendere prevalente il principio della continuità affettiva. Alcuni tribunali per i minorenni, ma non tutti, qualora i genitori affidatari abbiano i requisiti per l'idoneità all'adozione legittimante, suggeriscono loro di fare una richiesta «mirata» in modo che possano essere considerati a tale fine.
      Ci sono tuttavia altri tribunali per i minorenni e giudici che non ritengono opportuno agire in tale senso, in ossequio alla netta distinzione che la legge istituisce tra i due istituti e a tutela delle differenti finalità che essi sarebbero chiamati a perseguire. La presente proposta di legge intende dunque introdurre maggiore chiarezza nella normativa vigente, attenuando le difformità applicative in casi così complessi, delicati e problematici quali quelli ricordati. Per farlo occorre riconoscere che, al di là delle intenzioni del legislatore, dei servizi sociali, del tribunale per i minorenni e delle famiglie o delle persone affidatarie, quando il rapporto di affidamento si protragga ben oltre i ventiquattro mesi che la legge identifica come termine massimo, ancorché rinnovabile, è assai probabile che si instauri un solido legame affettivo concepito, di fatto, quale un legame familiare a tutti gli effetti tanto dalla famiglia o dalla persona affidataria quanto dal minore. In questi casi, e solo in questi, risulta con tutta evidenza preferibile, nel «superiore interesse del minore», tutelare la continuità dei legami affettivi. L'intervento normativo che proponiamo va proprio nella direzione della tutela dell'interesse del minore e del sistema di relazioni affettive e familiari createsi nel tempo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 10 della legge del 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «5-bis. Qualora l'affidamento di un minore si risolva in un'adozione, a causa del mancato recupero della famiglia d'origine, devono essere protetti i rapporti instauratisi nel frattempo tra affidati e membri della famiglia affidataria. Deve essere quindi favorita la permanenza del minore nella famiglia affidataria e, ove ciò non sia possibile, deve essere tutelato il mantenimento di un rapporto affettivo con la famiglia affidataria, nelle forme e nei modi ritenuti più opportuni dagli operatori, dopo aver ascoltato la stessa famiglia affidataria e la futura famiglia adottiva».


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