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PDL 950

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 950



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

NICOLAIS, GIOVANELLI

Modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di dirigenza pubblica

Presentata il 9 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Il provvedimento in esame è motivato in primo luogo dall'esigenza di recuperare e di imprimere un piano di riforma dell'amministrazione pubblica, quale fattore prioritario di impulso e di sostegno allo sviluppo economico del Paese, creando a tale fine le condizioni per un ambiente più favorevole alla crescita, alla competitività e alla più elevata qualità dei servizi resi dall'amministrazione pubblica.
      La proposta di legge si muove pertanto in coerenza con le azioni già previste, in materia di modernizzazione e di incremento dell'efficienza delle amministrazioni pubbliche, dalla proposta di legge, atto Camera n. 949, a firma dei medesimi presentatori, nonché, per gli aspetti legati ai meccanismi procedurali propri della contrattazione collettiva nazionale per i dipendenti pubblici, con quanto introdotto dall'articolo 1, comma 548, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha previsto una significativa modificazione dell'articolo 47, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Né possono sottovalutarsi, in questo quadro, i passi importanti e gli interventi attuativi compiuti in materia di riassorbimento e di stabilizzazione, nel settore pubblico, del personale non dirigenziale con contratti di lavoro a termine, di cui all'articolo 1, commi 519 e seguenti, della citata legge n. 296 del 2006, e le ulteriori disposizioni dirette a contrastare la formazione di nuovo precariato, mediante la modificazione, attuata dall'articolo 3, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
      Un piano di intervento che, coerentemente con il disegno costituzionale, intende valorizzare il lavoro pubblico, investendo sul capitale umano delle amministrazioni, rafforzando l'autonomia e la responsabilità dei dirigenti in ordine alla gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie per l'espletamento delle loro funzioni, la piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro e, infine, affermando pienamente la cultura del risultato. In altri termini, un'azione e una macchina amministrativa rivolte al miglioramento e alla valorizzazione dell'assetto complessivo del settore pubblico al servizio del Paese, dei cittadini e degli attori economici, che promuova e sostenga perciò anche la crescita economica e sociale complessiva coniugando risanamento economico e sviluppo, cornice generale questa che deve essere messa al centro dell'azione di governo.
      Al riguardo non può essere trascurato l'affermarsi, in questo quadro, di una rinnovata stagione della concertazione tra il Governo e le parti sociali del Paese, che ha portato ad assumere la riorganizzazione della pubblica amministrazione quale elemento prioritario del disegno complessivo di rilancio e modernizzazione del Paese.
      In questa logica si è mossa la sottoscrizione nel gennaio 2007, tra Governo e organizzazioni sindacali, del Memorandum d'intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in particolare per ciò che riguarda la dirigenza e la selezione per l'accesso agli incarichi di funzioni dirigenziali, il suo riassetto normativo e contrattuale, nonché un maggior accento sul sistema della valutazione dei risultati conseguiti nella gestione ai fini di una piena responsabilizzazione della dirigenza.
      L'intento è quello di riprendere quella feconda stagione riformatrice che, a più riprese, ha realizzato una visibile azione innovatrice in materia di pubblico impiego, portando a quella che è stata la cosiddetta «privatizzazione» del rapporto di lavoro del personale pubblico.
      Già con i decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80, e 29 ottobre 1998, n. 387, correttivi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, attuativo della legge delega n. 421 del 1992, si era infatti impressa la cosiddetta «seconda privatizzazione», vale a dire una disciplina innovativa in materia di dirigenza pubblica nel quadro del più ampio processo di riordino organico del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, con importanti riflessi, tra l'altro, in materia di conferimento e di revoca degli incarichi dirigenziali.
      L'insieme di queste innovazioni sono state trasfuse nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che era stato concepito come un testo unico del processo di riforma decennale della disciplina legislativa in materia di pubblico impiego. Negli anni successivi, tuttavia, è intervenuta una profonda rivisitazione del decreto legislativo n. 165 del 2001, in particolare ad opera della legge 15 luglio 2002, n. 145, recante disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato.
      Con tale intervento si sono rivisitate in particolare le disposizioni, talora in forma assai profonda, in materia di attribuzione e di revoca degli incarichi dirigenziali, accesso alla dirigenza, ruoli delle amministrazioni e ruolo unico dei dirigenti, criteri di valutazione della dirigenza, nonché nuovi istituti quali la vicedirigenza.
      Questi interventi correttivi, tuttavia, anche in considerazione di importanti decisioni della Corte costituzionale che ne hanno messo in discussione alcuni aspetti certo non secondari, hanno mostrato un insieme di profili critici, alimentando incertezze interpretative tali da rallentare, quando non ostacolare, la piena valorizzazione del lavoro pubblico e la linearità con la quale dovrebbe reggersi il delicato equilibrio tra poteri degli organi di indirizzo politico e funzioni della dirigenza.
      Di qui l'esigenza di introdurre, senza per questo mettere in discussione un impianto generale che mostra ancora oggi tutte le sue validità interpretative, una serie di interventi modificativi al fine di superare indicazioni rivelatesi nel tempo poco convincenti e prive della necessaria coerenza rispetto all'esigenza di assicurare, in primo luogo, una netta e visibile demarcazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione, attribuite alla dirigenza, e alla centralità del contratto di lavoro, nonché la rivisitazione delle previsioni normative in materia di «spoils system» e di accesso alla dirigenza.
      Si è perciò inteso in primo luogo completare e rafforzare la distinzione dei rapporti tra politica e amministrazione, precisando la piena e lineare distinzione tra l'esercizio della responsabilità politica, attribuita agli organi di indirizzo politico-amministrativo e lo svolgimento - con la connessa responsabilità gestionale - della direzione tecnico-amministrativa da parte dei dirigenti, rafforzando e ampliando i poteri di organizzazione e di gestione finanziaria degli stessi. Si è a tale fine proceduto all'eliminazione dei residui strumenti di intervento degli organi di indirizzo politico sugli atti di competenza dei dirigenti, riaffermando la responsabilità di questi ultimi circa le decisioni sull'organizzazione degli uffici, attribuendo loro più adeguati strumenti di gestione delle risorse finanziarie volte all'esercizio autonomo dei poteri di spesa.
      In tale senso, si è manifestata l'opportunità di ridefinire la regolazione delle modalità di attribuzione e di revoca degli incarichi dirigenziali, specificando i criteri della trasparenza e delle relative procedure, sino alla determinazione centrale del contratto di lavoro. Proprio circa la disciplina degli incarichi di funzioni dirigenziali non a carattere fiduciario nelle amministrazioni dello Stato, rispetto ai quali si pone l'esigenza di rispettare i princìpi di imparzialità e di autonomia, si è optato per l'attribuzione mediante stipula di contratti individuali - con ciò superando una complessa querelle dottrinaria sulla natura degli atti di conferimento degli incarichi - preceduti da una proposta formale e da un'effettiva forma di negoziazione dell'oggetto e degli obiettivi dei medesimi incarichi; procedura a questo fine opportunamente anticipata da adeguati meccanismi di pubblicità e di trasparenza della selezione per l'individuazione dei soggetti destinatari dell'incarico.
      Direttamente correlato è poi il principio del divieto dei doppi incarichi diretti alla copertura di funzioni temporaneamente vacanti o non assegnate, nonché quello del criterio della rotazione degli incarichi dirigenziali.
      Un ulteriore aspetto di notevole importanza attiene alla limitazione, sotto il profilo quantitativo, delle ipotesi di affidamento di incarichi di direzione di uffici pubblici a soggetti esterni ai ruoli dei dirigenti escludendo, di norma, la reiterazione di tali incarichi e l'attribuzione degli stessi a dipendenti dell'amministrazione privi di qualifica dirigenziale. Si afferma al tempo stesso la necessità di fissare termini temporali adeguati per la durata degli incarichi dirigenziali, termini che siano congrui e coerenti con le funzioni e con gli obiettivi assegnati, tali da consentire un'adeguata valutazione delle prestazioni e dei risultati conseguiti dai dirigenti.
      Quanto alla revoca degli incarichi, si stabilisce il collegamento delle conferme, delle mancate conferme e delle revoche degli incarichi agli esiti di adeguati meccanismi di valutazione delle performances dei dirigenti, fondati sulle attitudini e competenze professionali dei dirigenti, escludendo forme di rimozione automatica e prive di motivazione per tutti gli incarichi che non rientrano tra quelli di più elevato livello. Per questi ultimi, per altro verso, innovando la disciplina vigente, si dispone che essi possano essere confermati, revocati, modificati o rinnovati, in ogni caso con atto motivato, entro novanta giorni dal voto di fiducia al Governo. La norma introdotta prevede un meccanismo di silenzio-assenso per cui, in caso di mancata adozione di uno specifico provvedimento, l'incarico si intende confermato sino alla scadenza naturale.
      Si è ritenuto inoltre di proporre nuove disposizioni in materia di unitarietà della dirigenza statale, senza per questo reintrodurre il soppresso «ruolo unico», attraverso l'istituzione di un albo generale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel quale saranno iscritti tutti i dirigenti dello Stato, ferma restando l'assegnazione dei dirigenti ai ruoli delle rispettive amministrazioni in dipendenza degli incarichi ricevuti.
      Infine, si è inteso prevedere la riformulazione delle norme in materia di accesso alla dirigenza, di cui all'articolo 28 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi comprese quelle relative al transito dalla seconda fascia alla prima fascia del ruolo dei dirigenti, superando a tale fine i residui meccanismi di progressione automatica attualmente previsti, rivisitando conseguentemente l'articolo 23 del predetto decreto legislativo.
      La proposta di legge si compone di diciotto articoli, di seguito illustrati.
      Con l'articolo 1, che interviene sul titolo I del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di seguito denominato «decreto», recante princìpi generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, si propone, con il comma 1, lettera a), un nuovo testo dell'articolo 4, comma 2, del decreto. I criteri generali espressamente previsti dall'articolo 4 in esame sono volti a definire i rapporti tra gli organi di governo, direttamente o indirettamente espressione della rappresentanza politica, e dirigenti, stabilendo che gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo fissando gli obiettivi, i piani e i programmi da attuare assegnando le relative risorse finanziarie e verificando la rispondenza dei risultati conseguiti; mentre i dirigenti - per effetto della distinzione di competenze - adottano i provvedimenti amministrativi, curando la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa.
      Al riguardo si è inteso rafforzare i criteri e gli autonomi poteri di gestione della dirigenza, ai fini di una più netta e piena responsabilizzazione nell'esercizio dei poteri di spesa. Conseguentemente, anche ai fini del necessario coordinamento con le disposizioni normative introdotte, si è inteso novellare, con la lettera b), il comma 3 del medesimo articolo 4 del decreto, disponendo contemporaneamente, con il comma 2, l'abrogazione del comma 6 dell'articolo 70 del decreto.
      Con l'articolo 2 si introducono modificazioni all'articolo 5 del decreto. Con il comma 1, lettere a) e b), in particolare, si interviene sulle norme in materia di poteri di organizzazione dei dirigenti, prevedendo che, fermi restando gli istituti di partecipazione sindacale disciplinati in sede di contrattazione collettiva, spetta in ogni caso ai dirigenti l'autonoma definizione e l'esclusiva responsabilità delle determinazioni adottate ai fini dell'organizzazione e della distribuzione dei compiti all'interno degli uffici, nonché delle misure messe in atto relativamente alla gestione dei rapporti di lavoro, e ciò al fine di rafforzare i princìpi dell'autonomia e della responsabilità dirigenziale.
      Al fine di prevedere un riassetto normativo che assicuri tale piena responsabilizzazione della dirigenza in relazione agli obiettivi di gestione, si è conseguentemente previsto, con il comma 1, lettera c), che novella il comma 3 dell'articolo 5 del decreto, che in sede di valutazione del personale con incarico dirigenziale, sulla base della procedura di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e in coerenza con quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro, si tenga espressamente conto delle capacità manageriali e dei risultati conseguiti in ordine al miglioramento della funzionalità della struttura diretta, nonché dello sviluppo delle risorse professionali e umane ad essi assegnate rispetto all'effettiva attuazione degli obiettivi prefissati e delle scelte contenute nelle direttive dell'organo di indirizzo politico.
      Le disposizioni dell'articolo 3, che intervengono sul titolo II del decreto, sono volte a sostituire la lettera b) del comma 1 e il comma 3 dell'articolo 14 del decreto, recante norme in materia di indirizzo politico-amministrativo.
      Il richiamato articolo 14, comma 1, lettera a), dispone che il Ministro, nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico, definisce gli obiettivi, le priorità, i piani nonché i programmi da attuare, ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e la gestione. La lettera b) prevede che il Ministro, entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, assegna ai dirigenti (generali) titolari dei centri di responsabilità, le risorse umane, materiali ed economico-finanziarie ai fini della definizione degli obiettivi che l'amministrazione intende perseguire, ai sensi della lettera a).
      Il Ministro, ai sensi del comma 3, non può revocare, riformare o riservare a sé o altrimenti adottare atti di competenza dei dirigenti. La norma prevede che il Ministro si astenga dall'interferire nell'adozione di provvedimenti amministrativi e nella gestione, di competenza dei dirigenti, salva la possibilità, in caso di inerzia o ritardo, di nominare un commissario ad acta.
      Tale orientamento normativo è peraltro confermato dall'espressa abrogazione, ai sensi dell'articolo 72, comma 1, lettera b), del decreto, del capo I del titolo I del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 contenente, tra l'altro, disposizioni in materia di annullamento, di revoca e di riforma degli atti emanati dai dirigenti da parte dei poteri ministeriali.
      Allo scopo di eliminare i residui elementi di sovrapposizione tra poteri dell'organo di indirizzo politico e l'autonomo potere decisionale e di gestione attribuito alla dirigenza, si è pertanto sostituita la lettera b) del comma 1 dell'articolo 14 del decreto, in materia di assegnazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie, fermo restando il potere ministeriale in ordine alle variazioni compensative delle risorse finanziarie assegnate ai dirigenti generali titolari dei centri di responsabilità, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279.
      Resta salvo il potere di intervento circa l'annullamento straordinario - a tutela dell'unità dell'ordinamento - degli atti amministrativi illegittimi, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988.
      Recuperando quanto già previsto nell'articolo 14 del decreto in materia di competenze del Ministro in caso di inerzia o di grave inosservanza delle direttive impartite da parte dei dirigenti, il Ministro può - in ordine agli specifici e qualificati rapporti di carattere fiduciario che legano l'organo di governo con i più elevati livelli dirigenziali, ai quali sono attribuiti, tra l'altro, compiti di coordinamento dell'azione amministrativa in attuazione degli indirizzi del Ministro - fissare un termine perentorio entro il quale tali dirigenti (capi dei dipartimenti dei Ministeri, segretari generali e altri dirigenti comunque denominati con funzioni di coordinamento di uffici di livello dirigenziale generale) devono adottare i provvedimenti di loro competenza. In caso di inerzia o di gravi inosservanze delle direttive impartite dal Ministro, quest'ultimo può nominare un commissario ad acta.
      Analogo potere è attribuito all'organo di governo, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera a), della proposta di legge che modifica l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 300 del 1999, qualora - su proposta dei più elevati livelli dirigenziali - perduri l'inerzia o l'inosservanza, con riguardo a direttive impartite, dei dirigenti titolari di uffici di livello dirigenziale generale, titolari di centri di responsabilità amministrativa ove si esercitano autonomi poteri di spesa nell'ambito delle risorse assegnate.
      L'articolo 4 prevede in particolare, con il comma 1, lettera b), la sostituzione del comma 1 dell'articolo 15 del decreto, disponendo che la dirigenza nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è ordinata in un'unica qualifica, sottolineandone a tale fine il carattere unitario, sia pure articolata nelle due fasce dell'albo e dei ruoli di cui all'articolo 23 del decreto.
      L'articolo 5, comma 1, è volto a introdurre, dopo l'articolo 15 del decreto, l'articolo 15-bis, con il quale si recano disposizioni in materia di poteri dei dirigenti con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale. Al riguardo, si prevede che i compiti di coordinamento e i poteri di direzione attribuiti ai capi dipartimento dei Ministeri e ai segretari generali, nonché agli altri dirigenti con funzioni di coordinamento di uffici di livello dirigenziale generale - di natura prevalentemente fiduciaria - sono determinati dagli ordinamenti delle rispettive amministrazioni, nel rispetto, in particolare, dei criteri degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante norme dell'organizzazione del Governo.
      Le disposizioni del comma 2 dell'articolo in esame sono volte, come già rilevato, conseguentemente, ad uniformare l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, alle disposizioni introdotte dal comma 1.
      L'articolo 6, comma 1, lettera a), sostituisce la lettera b) del comma 1 dell'articolo 16 del decreto, recante norme in materia di funzioni dei dirigenti di uffici di livello dirigenziale generale. A tale proposito, si chiarisce, nell'ambito di quanto già stabilito con l'articolo 4 del decreto in materia di funzioni dirigenziali, la sfera di autonomia decisionale dei dirigenti degli uffici di livello dirigenziale generale, e in particolare la determinazione delle tipologie e dei limiti al potere di spesa dei dirigenti, attribuendo loro le relative risorse umane, materiali ed economico-finanziarie.
      Con la lettera b) è abrogato il comma 5 dell'articolo 16 del decreto al fine del necessario coordinamento normativo con quanto introdotto con il precedente articolo 5 della proposta di legge, recante norme in materia di compiti e poteri dei dirigenti con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, ai sensi degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, come modificati dal medesimo articolo 5.
      Il successivo articolo 7 stabilisce l'abrogazione dell'articolo 17-bis del decreto, recante disposizioni volte a disciplinare, in sede di contrattazione collettiva, l'istituzione di una apposita area della vicedirigenza, nella quale è inquadrato il personale laureato appartenente alle posizioni economiche C2 e C3 del comparto Ministeri ed equivalenti degli altri comparti del pubblico impiego.
      Gli articoli 8, 9, 10, 11, 12 e 13 recano, in particolare, disposizioni di riforma degli articoli 19, 21, 23, 23-bis, 24 e 27 del decreto, rispettivamente, in materia di incarichi di funzioni dirigenziali, responsabilità dirigenziale, ruolo dei dirigenti, mobilità tra pubblico e privato, trattamento economico e criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali.
      Con l'articolo 8 si provvede al riordino delle disposizioni dell'articolo 19 del decreto in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali.
      A questo proposito il richiamato articolo 19, profondamente rivisitato in particolare dall'articolo 3 della legge 15 luglio 2002, n. 145, ha introdotto modifiche al procedimento di attribuzione degli incarichi dirigenziali, prevedendo la netta separazione tra accordo e provvedimento di conferimento. Di conseguenza si è affermato il principio del carattere provvedimentale dell'atto di conferimento dell'incarico, tipico dei poteri unilaterali dell'amministrazione pubblica, in controtendenza rispetto a un impianto normativo di fondo del lavoro pubblico orientato, viceversa, verso un carattere pienamente privatistico. Con tali modificazioni si è pertanto ristabilita una netta separazione tra accordo e conferimento dell'incarico - cosiddetta «tesi pubblicistica» - con la compresenza di tre atti distinti: un contratto individuale di lavoro volto alla costituzione dei rapporto di lavoro; un provvedimento amministrativo con cui sono definiti l'oggetto dell'incarico e la durata dell'incarico; e, infine, un ulteriore atto, il cosiddetto «contratto individuale», con il quale si definisce il corrispondente trattamento economico (articolo 19, comma 2).
      La durata degli incarichi, non rinnovabili, non può essere inferiore a tre anni e superiore a cinque, come dispone il testo vigente dell'articolo 19, comma 2.
      Per quanto riguarda le regole procedurali circa il conferimento degli incarichi, il medesimo articolo 19, nel testo vigente, prevede che per la nomina dei dirigenti di più elevato livello (segretari generali e capi dipartimento dei Ministeri e quelli di livello equivalente) si prevede la proposta del Ministro competente, stante il carattere fiduciario coerentemente con la natura e con le caratteristiche degli obiettivi prefissati nonché con le attitudini e con le competenze manageriali del singolo dirigente, la deliberazione del Consiglio dei ministri e il conferimento dell'incarico con decreto del Presidente della Repubblica.
      Per la nomina dei dirigenti di livello generale, si provvede mediante proposta del Ministro competente, previa emanazione di un atto generale in ordine ai criteri di conferimento degli incarichi in esame, e successivo conferimento dell'incarico con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      Quanto alla nomina dei dirigenti di uffici dirigenziali non generali si provvede, invece, mediante emanazione da parte dell'organo di vertice dell'amministrazione dell'atto generale con il quale sono predeterminati i criteri per il conferimento di tali incarichi, cui segue l'atto di assegnazione del dirigente di seconda fascia nell'ambito delle risorse umane assegnate ad un ufficio di livello dirigenziale generale; infine, con l'emanazione del provvedimento formale di conferimento dell'incarico con determinazione dirigenziale.
      Il medesimo articolo 19 ha dettato inoltre specifiche disposizioni in ordine alla determinazione dei contingenti per le nomine. Ha previsto infatti, oltre al riordino delle modalità di ingresso ordinarie nei ruoli dirigenziali, di cui all'articolo 28 del decreto, anche forme di reclutamento differenziate rispetto al modello ordinario, fondate su un sistema di riserve e di limiti ai fini della possibilità di attribuire incarichi dirigenziali.
      Al riguardo, il comma 4 prevede l'ampliamento sino al 70 per cento della relativa dotazione degli incaricabili dei posti di funzione della prima fascia dirigenziale che possono essere attribuiti a dirigenti della seconda fascia dei ruoli delle singole amministrazioni, ovvero a persone in possesso di comprovata qualificazione professionale.
      Nell'ambito dell'articolo 19 si è prevista la possibilità - norma questa finalizzata ad agevolare il transito di quadri dirigenziali da altre amministrazioni pubbliche verso le amministrazioni dello Stato - di conferire gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 del medesimo articolo, anche a dirigenti di amministrazioni pubbliche non appartenenti al ruolo delle amministrazioni dello Stato, ivi compresi i soggetti provenienti dagli organi costituzionali, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia, e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.
      Con il comma 6 dello stesso articolo 19 (successivamente sostituito) sono state riviste in aumento rispetto, alle norme previgenti, le quote del contingente di incarichi dirigenziali di cui ai commi da 1 a 5 del medesimo articolo che è possibile conferire a tempo determinato a persone di comprovata qualificazione professionale estranee ai ruoli dell'amministrazione, elevandole al 10 per cento nel caso di dirigenti della prima fascia e all'8 per cento nel caso di dirigenti della seconda fascia.
      La durata di tali incarichi non può eccedere, per gli incarichi di cui ai commi 3 e 4 (segretari generali, capi dipartimento ed equiparati, nonché gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale), i tre anni, mentre per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, la durata non può eccedere i cinque anni.
      Il comma 8 del medesimo articolo, infine, è volto a prevedere che i più importanti incarichi di livello dirigenziale, compresi quelli attribuiti a soggetti estranei ai ruoli dell'amministrazione, cessino decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo.
      L'articolo 8 della proposta di legge, al riguardo, introduce una nuova e più chiara versione del richiamato articolo 19 del decreto, sostitutiva di quella descritta.
      Con il novellato comma 1 sono in primo luogo precisati in maniera più netta i criteri da seguire all'atto del conferimento degli incarichi dirigenziali, anche al fine di meglio modulare il carattere fiduciario delle scelte che si intendono di volta in volta adottare. Si è inteso riaffermare al riguardo una più netta centralità del contratto individuale di lavoro che individua, previa negoziazione riconducendone il modello a caratteri pienamente privatistici (cosiddetta «tesi privatistica»), la durata dell'incarico, i programmi da realizzare e gli obiettivi da conseguire con riferimento alle priorità e ai piani da attuare; le risorse umane, finanziarie e strumentali messe a disposizione del dirigente, determinando nel contempo il correlato trattamento economico che ha carattere omnicomprensivo, coerentemente con le disposizioni previste dall'articolo 24 del decreto.
      Ai fini della riconferma degli incarichi si prevede un adeguato processo di valutazione complessiva dell'attività svolta dal dirigente nell'espletamento dell'incarico, da effettuare, ai sensi del novellato comma 3, sulla base delle disposizioni normative vigenti e in coerenza con quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
      Con il novellato comma 4 si prevede la differenziazione della durata temporale dei più importanti incarichi dirigenziali, quali quelli di segretario generale e di capo dipartimento dei Ministeri, e degli incarichi ad essi equivalenti, in ragione del differente e più diretto rapporto fiduciario con l'organo politico in ordine all'attuazione degli indirizzi programmatici impartiti in sede ministeriale. Tali incarichi hanno una durata temporale non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni e possono essere conferiti anche a soggetti estranei (cosiddetti «esterni») all'amministrazione, entro una determinata quota, con i criteri di cui al comma 8.
      L'atto di conferimento dell'incarico è preceduto dalla stipula di un contratto individuale.
      Il comma 5, modificando la disciplina prevista dal vigente comma 4 dell'articolo 19 del decreto, reca disposizioni in ordine agli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, prevedendo che essi siano conferiti mediante stipula di contratto individuale, previa negoziazione con il soggetto prescelto. Tali incarichi sono conferiti a dirigenti della prima fascia o, in misura non superiore al 40 per cento della relativa dotazione - riducendone pertanto la quota rispetto alle vigenti disposizioni (con le quali si prevede una quota non superiore al 70 per cento) - a dirigenti della seconda fascia, ovvero a soggetti «esterni» con i criteri di cui al comma 8.
      Al fine di accentuare e di garantire procedure improntate a princìpi di trasparenza e di pubblicità - come delineato al riguardo dallo stesso citato Memorandum d'intesa sul lavoro pubblico - la decisione di procedere alla copertura di uffici dirigenziali di livello generale deve essere previamente pubblicizzata da un avviso da pubblicare sul sito web dell'amministrazione interessata, al fine di assicurare un'adeguata valutazione delle candidature. I medesimi incarichi, riprendendo quanto precedentemente previsto con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, hanno una durata temporale non inferiore a tre anni e non superiore a sette anni.
      Il comma 6, modificando la disciplina prevista dal vigente comma 5 dell'articolo 19 del decreto, reca disposizioni in materia procedimentale per il conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale non generale. Tali incarichi, come nel caso degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, hanno una durata temporale non inferiore a tre anni e non superiore a sette anni. Analogamente a quanto previsto dal novellato comma 5, la decisione di procedere alla copertura di un ufficio dirigenziale è anticipata da una procedura improntata a garantire adeguate pubblicità e trasparenza ai fini della valutazione delle candidature.
      Con il comma 7 si disciplina quanto già stabilito dal vigente comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto, procedendo alla riduzione della quota del contingente di incarichi di più elevata responsabilità, di cui ai novellati commi 4 e 6 del medesimo articolo 19, attribuibili da ciascuna amministrazione statale a dirigenti non ricompresi nei ruoli delle amministrazioni dello Stato, purché provenienti da altre amministrazioni pubbliche, ovvero da organi costituzionali.
      Il novellato comma 8 chiarisce le ipotesi di conferimento degli incarichi di più elevata responsabilità dirigenziale. Tali incarichi possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato, ed entro il limite del 5 per cento (in riduzione rispetto al 10 per cento attuale) della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia, a persone di elevata e comprovata qualificazione professionale, estranee ai ruoli dirigenziali dell'amministrazione ovvero esterne all'amministrazione pubblica. Tali incarichi non possono avere una durata superiore a tre anni e sono rinnovabili solo una volta.
      Il novellato comma 9, analogamente a quanto previsto dal comma 8, specifica i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali, in questo caso non di livello generale, a persone di elevata e comprovata qualificazione professionale, estranee ai ruoli dell'amministrazione, purché abbiano svolto presso amministrazioni pubbliche funzioni dirigenziali. Tali incarichi possono essere conferiti - mediante stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato, di durata temporale non superiore a tre anni - entro il limite dell'8 per cento della dotazione organica dei dirigenti della seconda fascia.
      Il successivo comma 10, modificando la disciplina già prevista dal vigente comma 8 dell'articolo 19 del decreto, reca nuove disposizioni in tema di scadenza degli incarichi dirigenziali di più elevato livello (segretari generali e capi dipartimento dei Ministeri, nonché incarichi equivalenti), ossia in materia del cosiddetto «spoils system», che ha stabilito l'automatica decadenza di tali incarichi dopo novanta giorni dal voto di fiducia al Governo, in ragione della stretta connessione e fiduciarietà di tali funzioni con gli organi di indirizzo politico.
      Le nuove disposizioni, riprendendo quanto precedentemente previsto con il decreto legislativo n. 80 del 1998, intervengono prevedendo la non automaticità della decadenza di tali incarichi di funzione dirigenziale e stabilendo che i medesimi incarichi dirigenziali di natura prevalentemente fiduciaria, con atto motivato, possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati entro novanta giorni dal voto di fiducia al Governo.
      Il comma 11 reca disposizioni in materia di comunicazioni alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica degli incarichi conferiti dalle varie amministrazioni statali ai sensi dei precedenti commi 4 e 5.
      Con il comma 13 si introducono nuove disposizioni in materia di divieto di conferimento di doppi incarichi di funzione dirigenziale.
      I commi 15 e 16, infine, confermano l'impianto normativo dei vigenti commi 11 e 12 dell'articolo 19 del decreto.
      Con l'articolo 9 si sostituisce l'articolo 21 del decreto, introducendo nuove disposizioni in materia di responsabilità dirigenziale.
      Tale materia è stata in precedenza ampiamente rivisitata tramite la riformulazione del comma 1 del medesimo articolo, ad opera della legge n. 145 del 2002. Se la disciplina della verifica dei risultati della gestione è assoggettata alle norme all'articolo 20 del decreto unitamente alla disciplina contrattuale e alle norme del decreto legislativo n. 286 del 1999, la materia della responsabilità dirigenziale, vale a dire i presupposti per l'atto di revoca dell'incarico dirigenziale, sono ancorati attualmente a due principali ipotesi, in rapporto al livello di gravità: in primo luogo, il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l'inosservanza delle direttive; in secondo luogo, in relazione ai casi che presentano particolare gravità.
      In proposito, il vigente articolo 21 del decreto prevede una serie di conseguenze, fondate su un criterio di graduazione, connesse alle ipotesi di responsabilità dirigenziale: nei casi di minore gravità (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive impartite al dirigente) si dispone, a seguito di valutazione negativa, l'impossibilità del rinnovo dello stesso incarico dirigenziale, consentendo comunque il proseguimento dell'incarico stesso sino a scadenza naturale. Nei casi di più grave responsabilità, a seguito in ogni caso delle procedure e del sistema delle garanzie previste dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, si provvede invece alla revoca anticipata dell'incarico e la conseguente messa a disposizione del ruolo dell'amministrazione interessata, ovvero - secondo le previsioni del contratto collettivo - al recesso del rapporto di lavoro. La legge n. 145 del 2002, al riguardo, ha infine soppresso la previgente previsione in base alla quale il dirigente, previa contestazione e nel rispetto del contraddittorio, può essere escluso dal conferimento di ulteriori incarichi dirigenziali per un periodo minimo di un biennio.
      L'articolo 9 in esame, modificando il richiamato articolo 21 del decreto, articola i differenti presupposti di responsabilità dirigenziale sulla base di livelli di gravità differenziati. A tale fine si prevede:

          1) nel primo caso, sulla base di un giudizio negativo sull'attività amministrativa e sulla gestione, ovvero del mancato raggiungimento degli obiettivi annuali individuati in sede di conferimento dell'incarico, nonché in seguito all'inosservanza delle direttive impartite al dirigente, quale conseguenze connesse, la risoluzione del contratto di incarico per i dirigenti dei ruoli e la destinazione ad altro incarico, anche relativo a funzioni di consulenza o di studio;

          2) nel secondo caso, qualora si presenti la reiterata inosservanza delle direttive impartite o la ripetuta valutazione negativa, l'esclusione, previa contestazione e nel rispetto del contraddittorio, dal conferimento di ulteriori incarichi corrispondenti a quello rivestito per un periodo non inferiore ad un biennio. Nel caso di rilevanti profili di responsabilità dirigenziale, previa contestazione e nel rispetto del contraddittorio, il dirigente è collocato a disposizione per un periodo massimo di un anno;

          3) infine, nei casi di maggiore gravità, a seguito di valutazione delle prestazioni ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1999 e in coerenza con quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di lavoro, il recesso dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del codice civile e del contratto collettivo nazionale di lavoro.

      Con l'articolo 10 si sostituisce l'articolo 23 del decreto, recante norme in materia di ruolo dei dirigenti. A tale fine si prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica, dell'albo dei dirigenti dei Ministeri, le cui modalità di costituzione e di funzionamento sono disciplinate con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
      L'albo è articolato in due fasce, alle quali si accede mediante le procedure di accesso alla dirigenza, di cui all'articolo 28 del decreto. Presso ogni Ministero è istituito il ruolo dei dirigenti, articolato in prima e seconda fascia. Rispetto alle vigenti disposizioni, per il transito alla prima fascia si prevede il conseguimento di una idoneità e il successivo inserimento all'esito positivo della prima valutazione dei risultati ottenuti nello svolgimento di incarichi dirigenziali di uffici dirigenziali generali.
      Con l'articolo 11 si procede al necessario coordinamento normativo in esito alle modificazioni apportate all'articolo 19 del decreto.
      L'articolo 12 reca nuove disposizioni in materia di trattamento economico del personale con qualifica dirigenziale, prevedendo che, ai fini della determinazione della retribuzione, l'autonomia collettiva possa fissare una percentuale minima di retribuzione collegata alla valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti, restando salva la possibilità, per il singolo dirigente, di richiedere l'elevazione di tale percentuale nella fase di negoziazione del contratto individuale. In tale caso la contrattazione collettiva prevede un trattamento economico aggiuntivo - non superiore al 10 per cento della retribuzione complessiva - da corrispondere in caso di valutazione massima. L'autonomia collettiva stabilisce al riguardo la quota del personale dirigenziale alla quale può essere attribuita tale massima valutazione, in ogni caso non superiore al 25 per cento dei dirigenti in servizio.
      Con l'articolo 13 si novella l'articolo 27 del decreto, prevedendo criteri di adeguamento per le amministrazioni pubbliche non statali in materia di dirigenza.
      L'articolo 14 sostituisce l'articolo 28 del decreto, recante norme in materia di accesso alla prima e seconda fascia della qualifica dirigenziale.
      Le norme ivi introdotte confermano, in via di principio, la doppia tipologia di ingresso nella qualifica dirigenziale: da un lato mediante concorso per esami, dall'altro mediante corso-concorso selettivo di formazione presso l'Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche-Scuola nazionale della pubblica amministrazione, indetti entro il mese di dicembre di ciascun anno, riguardanti sia personale proveniente dai ruoli delle amministrazioni pubbliche (interni), sia soggetti provenienti dal settore privato (esterni).
      Con riferimento al concorso per esami, il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce i requisiti per la partecipazione ai predetti concorsi. Il comma 3 provvede all'elencazione dei titoli necessari per la partecipazione alle selezioni al corso-concorso di formazione. A conferma del favor nei confronti dell'accesso alla dirigenza di soggetti esterni all'amministrazione, al corso-concorso posso essere ammessi, inoltre, i dipendenti di strutture private, purché laureati, che hanno maturato non meno di cinque anni di esperienza lavorativa in posizioni professionali equivalenti a quelle del settore pubblico.
      Il corso-concorso ha durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di un esame, da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private, al termine del quale i partecipanti sono sottoposti ad un esame-concorso finale.
      Con successivo regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, sono definite le percentuali, sul complesso dei posti disponibili, riservate al concorso per esami e al corso-concorso, quest'ultimo con una riserva di posti in misura non inferiore al 45 per cento.
      Quanto alle selezioni per la prima fascia del ruolo dirigenziale, la citata Agenzia per la formazione indice entro il mese di dicembre di ciascun anno, ai sensi del comma 7, nell'ambito dei posti disponibili, una selezione riservata a dirigenti della seconda fascia per il riconoscimento dell'idoneità ai fini del passaggio alla prima fascia.
      Gli articoli 15, 16 e 17 recano disposizioni in materia di ineleggibilità, incompatibilità e cumulo degli incarichi; di doveri di comportamento del personale con qualifica dirigenziale; di sanzioni disciplinari.
      L'articolo 15, in particolare, introduce l'articolo 53-bis del decreto ed è diretto a stabilire nuove norme in materia di incompatibilità di incarichi per il personale con qualifica dirigenziale. Fermo restando quanto già previsto dall'articolo 53 del decreto, con apposito regolamento sono individuate - sentiti le organizzazioni sindacali e l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione - le attività e gli incarichi consentiti nonché quelli espressamente vietati al personale con qualifica dirigenziale. A questo fine, i dirigenti non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione delle funzioni dirigenziali, attività professionali o assumere cariche o partecipazioni in organismi posti sotto il controllo nonché destinatari di finanziamenti da parte della struttura da loro diretta nei tre anni antecedenti la cessazione dell'incarico. Gli incarichi di funzione dirigenziale, fondati sull'esclusività del rapporto di lavoro, sono incompatibili con le cariche elettive o di componente di organismi esecutivi di enti territoriali, nonché di membro del Parlamento o del Governo.
      Con l'articolo 16, che introduce il nuovo articolo 54-bis del decreto, si propone di definire - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - linee guida dirette all'adozione, ad opera delle amministrazioni pubbliche anche ad ordinamento autonomo, di statuti dei doveri di comportamento del personale con qualifica dirigenziale, a integrazione di quanto già previsto con i codici di comportamento recepiti in sede di contrattazione collettiva, in particolare con riguardo agli aspetti legati ai princìpi di legalità, di imparzialità e di indipendenza di giudizio. Tali statuti dei doveri sono adottati, ai sensi del comma 3 dell'articolo in esame, con regolamento da parte delle amministrazioni interessate, previa procedura aperta, con idonee forme di pubblicità e con il coinvolgimento delle associazioni di tutela di cittadini e utenti. Ciascuna amministrazione, infine, è chiamata a definire uno specifico statuto dei doveri per i soggetti titolari di incarichi di natura fiduciaria di coordinamento generale, ovvero di diretta collaborazione e di supporto agli organi di indirizzo politico.
      Con l'articolo 17, che introduce l'articolo 55-bis del decreto, si prevedono disposizioni in materia di sanzioni e di responsabilità disciplinare dei dirigenti.
      Al riguardo, fermo restando quanto già previsto dall'articolo 21 del decreto in materia di responsabilità dirigenziale, come sostituito dall'articolo 9 della proposta di legge, la contrattazione collettiva, già chiamata a definire la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni e ad integrazione dell'articolo 55 del decreto, è chiamata a definire le procedure per la contestazione dell'addebito, le caratteristiche del procedimento disciplinare, le garanzie connesse all'irrogazione delle sanzioni e la composizione degli organi competenti per l'accertamento e per l'irrogazione delle predette sanzioni.
      Al riguardo, l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, presenta annualmente al Parlamento un rapporto sull'attuazione delle disposizioni legislative in materia di incompatibilità e di cumulo degli incarichi, di doveri di comportamento nonché di sanzioni e di responsabilità disciplinare per i dipendenti con qualifica dirigenziale.
      L'articolo 18 reca, infine, disposizioni transitorie in materia di reclutamento e di incarichi dirigenziali, a salvaguardia delle procedure e dei provvedimenti già avviati o adottati alla data di entrata in vigore della legge.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Norme in materia di funzioni e responsabilità dei dirigenti).

      1. All'articolo 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. I dirigenti svolgono tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti dagli organi di governo nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno. Essi svolgono funzioni di organizzazione e di direzione finanziaria, tecnica e amministrativa degli uffici ai quali sono preposti, mediante autonomi poteri di gestione delle risorse umane, strumentali e di controllo; essi sono altresì responsabili in via esclusiva delle scelte organizzative, dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati. Per conferire sufficiente elasticità gestionale all'esercizio degli autonomi poteri di spesa dei dirigenti, in sede di bilancio annuale sono adottati criteri di massimo accorpamento possibile delle missioni e dei fondi relativi, con particolare riferimento a quelli relativi alle spese di funzionamento»;

          b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative. In assenza di tali previsioni, le disposizioni, anche previgenti, contenute in leggi, regolamenti, contratti collettivi o provvedimenti amministrativi, che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti e l'esercizio di poteri rientranti nelle suddette attribuzioni si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti».

      2. L'articolo 70, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è abrogato.

Art. 2.
(Norme in materia di potere di organizzazione).

      1. All'articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione e per la distribuzione dei compiti all'interno degli uffici, nonché le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, sono assunte dai dirigenti preposti alla gestione con la capacità e nel regime giuridico del privato datore di lavoro»;

          b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

      «2-bis. Fermi restando gli istituti di partecipazione sindacale previsti dall'articolo 9, spettano in ogni caso ai dirigenti preposti alla gestione l'autonoma definizione e l'esclusiva responsabilità delle determinazioni e delle misure di cui al comma 2»;

          c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. In sede di valutazione della dirigenza, da svolgere secondo le modalità di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, si tiene espressamente conto dell'effettivo impiego delle capacità e dei poteri di cui al comma 2 del presente articolo, della loro rispondenza ai princìpi indicati all'articolo 2, comma 1, e dei risultati conseguiti in termini di miglioramento della funzionalità della struttura diretta e di sviluppo delle risorse professionali ad essa assegnate, anche al fine di proporre l'adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione».

Art. 3.
(Norme in materia di indirizzo politico-amministrativo).

      1. All'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:

          «b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse umane, finanziarie e materiali relative alla loro attività; definisce, in termini di costi e di benefìci, le dimensioni economiche delle attività e dei risultati affidati a tali dirigenti»;

          b) il comma 3 è sostituito dai seguenti:

      «3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o altri atti di competenza dei dirigenti. Resta salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dall'articolo 10 del relativo regolamento per l'esecuzione, di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
      3-bis. In caso di inerzia o di ritardo, il Ministro, con riguardo ai soggetti di cui all'articolo 15-bis, comma 1, ovvero questi ultimi con riguardo ai dirigenti titolari di un ufficio di livello dirigenziale generale, possono fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente interessato deve adottare gli atti o i provvedimenti di propria competenza; qualora il perdurare dell'inerzia o del ritardo, ovvero il verificarsi di gravi inosservanze delle direttive generali del Ministro da parte del dirigente competente, determinino o rischino di produrre un pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro, anche su proposta dei soggetti di cui al citato articolo 15-bis, comma 1, può nominare un commissario ad acta».

Art. 4.
(Norme in materia di funzione e di qualifica dirigenziali).

      1. All'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) prima del comma 1 è inserito il seguente:

      «01. Per funzione dirigenziale si intende l'attività di direzione o di coordinamento di strutture di livello dirigenziale individuate con gli atti di cui all'articolo 2, comma 1, e con le determinazioni organizzative di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, nonché la responsabilità di attività di progettazione, studio, ricerca, ispezione e controllo nell'ambito di compiti e missioni propri delle amministrazioni pubbliche»;

          b) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente capo la dirigenza è ordinata in un'unica qualifica, articolata ai fini del conferimento degli incarichi nelle due fasce dell'albo e del ruolo di cui all'articolo 23. Restano salve le particolari disposizioni vigenti concernenti la carriera diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate»;

          c) al comma 3, le parole: «del dirigente generale» sono sostituite dalle seguenti: «di un dirigente incaricato di funzione di livello generale»;

          d) il comma 4 è abrogato.

Art. 5.
(Norme in materia di compiti e poteri dei dirigenti con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale).

      1. Dopo l'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 15-bis. - (Compiti e poteri dei dirigenti con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale). - 1. I compiti e i poteri dei segretari generali e dei capi dipartimento dei Ministeri e degli altri dirigenti, comunque denominati, con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, sono determinati dagli ordinamenti delle singole amministrazioni, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.
      2. I soggetti di cui al comma 1 non possono adottare ovvero riservare o avocare a sé gli atti e i provvedimenti di competenza dei dirigenti».

      2. All'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo la lettera g) è inserita la seguente:

          «g-bis) può proporre al ministro la nomina di un commissario ad acta nelle ipotesi in cui perduri l'inerzia o il ritardo dei dirigenti titolari di un ufficio di livello dirigenziale generale nell'adozione degli atti o provvedimenti di propria competenza ovvero nei casi di gravi inosservanze da parte degli stessi delle direttive generali del ministro;»;

          b) dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:

      «6-bis. Le disposizioni di cui al comma 5, lettera g-bis), si applicano anche ai segretari generali di ministeri, ovvero agli altri dirigenti, comunque denominati, che svolgono funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale».

Art. 6.
(Norme in materia di funzioni dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali).

      1. All'articolo 16 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:

          «b) curano l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dal Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e le responsabilità di specifici progetti e gestioni; definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire; determinano la tipologia e la quantità del potere di spesa dei dirigenti e delle entrate affidate alla loro gestione; determinano, anche in termini di costi e di benefìci, le risorse umane, finanziarie e materiali relative alla attività dei dirigenti»;

          b) il comma 5 è abrogato.

Art. 7.
(Norma in materia di vicedirigenza).

      1. L'articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 8.
(Norme in materia di incarichi di funzioni dirigenziali).

      1. L'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 19. - (Incarichi di funzioni dirigenziali). - 1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto: a) delle attitudini, del livello di competenza e delle capacità professionali del singolo dirigente, in riferimento alle funzioni precedentemente ricoperte e ai risultati già conseguiti e valutati; b) della complessità della struttura interessata o del compito assegnato e del grado di responsabilità connesso; c) della natura e delle caratteristiche degli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro e dei programmi da realizzare; d) ove risulti prevalente rispetto ad esigenze di continuità dell'azione amministrativa, del criterio della rotazione negli incarichi, finalizzato a garantire il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, a realizzare una più efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse, in relazione alle modificazioni degli assetti funzionali ed organizzativi delle amministrazioni, nonché a favorire lo sviluppo della professionalità dei dirigenti; e) delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile.
      2. Gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato, per una durata non inferiore a quella minima indicata nel presente articolo e, comunque, tale da consentire un'adeguata valutazione dell'attività del dirigente e dei risultati conseguiti nell'adempimento dell'incarico, applicando i criteri di cui al comma 1, preventivamente definiti e specificati dalle amministrazioni con riferimento alle prestazioni richieste. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, gli incarichi sono attribuiti mediante contratto individuale, preceduto da una proposta formale da parte dell'amministrazione e da una negoziazione con il soggetto prescelto. Il contratto indica la durata dell'incarico; stabilisce i programmi da realizzare, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dal Ministro nei propri atti di indirizzo; individua, anche mediante rinvio ai relativi atti di assegnazione, le risorse umane, finanziarie e strumentali che sono messe a disposizione del dirigente ai fini dell'adempimento dei compiti assegnatigli e che sono periodicamente riviste e adeguate, anche in relazione alle previsioni contenute negli atti di indirizzo che intervengano nel corso del rapporto; specifica le prestazioni professionali richieste; determina il relativo trattamento economico, che ha carattere onnicomprensivo, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 24.
      3. Entro l'inizio del terzo mese precedente la scadenza naturale degli incarichi, le amministrazioni interessate effettuano, con le procedure di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e tenendo conto di quanto previsto dai contratti collettivi, una valutazione complessiva dell'attività svolta dal dirigente nell'espletamento dell'incarico. Se la valutazione non ha avuto esito negativo o in assenza di valutazione svolta dagli organi di cui all'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 286 del 1999, si procede alla conferma del dirigente nello stesso incarico, fatta salva la possibilità, in caso di assenza di valutazione, di procedere, fermo restando quanto stabilito dal presente comma, ai sensi dell'articolo 15-bis, comma 2, nei confronti degli organi preposti alla valutazione. Nel caso in cui l'incarico attribuito ad un dirigente venga meno prima della scadenza per ragioni organizzative, il dirigente ha titolo all'attribuzione, con il suo consenso e previa valutazione dell'attività svolta, di un altro incarico equivalente sul piano funzionale e retributivo. Nel caso in cui occorra procedere, per le finalità di cui al comma 1, lettera d), del presente articolo, alla rotazione negli incarichi di cui ai commi 4 e 5, il dirigente ha diritto ad altro incarico equivalente sul piano funzionale e retributivo.
      4. Gli incarichi di segretario generale e di capo dipartimento dei Ministeri e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, ai dirigenti della prima fascia di cui all'articolo 23; l'atto di conferimento dell'incarico è preceduto da un contratto individuale, nel quale è manifestato il consenso in merito all'oggetto dell'incarico, alla sua durata e ai suoi obiettivi, ed è definito il corrispondente trattamento economico nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 24. Gli incarichi hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni.
      5. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti dal Ministro mediante la stipula di contratti individuali di cui al comma 2 del presente articolo con dirigenti della prima fascia di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 40 per cento della relativa dotazione, con dirigenti appartenenti alla seconda fascia di cui all'articolo 28, comma 7. La decisione di procedere alla copertura di un ufficio dirigenziale di livello generale è pubblicizzata mediante avviso pubblicato nel sito istituzionale dell'amministrazione interessata e nella banca dati informatica di cui all'articolo 23, comma 3; in caso di pluralità di candidature si procede a una valutazione comparativa delle domande presentate. Gli incarichi hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette anni. Dell'avvenuto conferimento è data immediata comunicazione al Consiglio dei ministri.
      6. Gli incarichi di funzione dirigenziale sono conferiti dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale mediante la stipula di contratti individuali di cui al comma 2 del presente articolo con i dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c). La decisione di procedere alla copertura di un ufficio dirigenziale è pubblicizzata tramite avviso pubblicato nel sito istituzionale dell'amministrazione interessata e nella banca dati informatica di cui all'articolo 23, comma 3; in caso di pluralità di candidature si procede a una valutazione comparativa delle domande presentate. Gli incarichi hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette anni.
      7. Gli incarichi di cui ai commi da 4 a 6 del presente articolo possono essere conferiti da ciascuna amministrazione, con le medesime procedure ivi previste, entro il limite dell'8 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia di cui all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non compresi tra quelli di cui al citato articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti, con mantenimento dell'anzianità di servizio anche ai fini della progressione di carriera.
      8. Gli incarichi di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo possono essere altresì conferiti da ciascuna amministrazione, previa pubblicazione nel sito istituzionale dell'amministrazione interessata e nella banca dati informatica di cui all'articolo 23, comma 3, di un avviso contenente l'indicazione dell'incarico oggetto del conferimento e del tipo di esperienze e di competenze professionali richieste, tramite contratto a tempo determinato avente una durata non superiore a tre anni, entro il limite del 5 per cento della dotazione organica dei dirigenti della prima fascia, a persone di elevata e comprovata qualificazione professionale. Tali persone devono avere ricoperto per almeno un quinquennio funzioni dirigenziali in organismi ed enti pubblici o privati o in aziende pubbliche o private, o avere conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche ovvero devono provenire dai settori della ricerca e della docenza universitaria, dalle magistrature o dal ruolo degli avvocati e procuratori dello Stato. Il conferimento degli incarichi a soggetti esterni è subordinato alla previa valutazione circa l'assenza di candidature di dirigenti dei Ministeri aventi i requisiti professionali di cui al presente comma. Quando l'incarico è attribuito a soggetti esterni, il trattamento economico può essere integrato da un'indennità commisurata alla qualificazione professionale degli interessati, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio anche ai fini della progressione di carriera. Gli incarichi di cui al presente comma hanno una durata non superiore a tre anni e non possono essere confermati per più di una volta, previa motivata valutazione della scelta operata, nel rispetto dei princìpi, dei criteri e delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali previsti dal presente articolo, e fatte salve le disposizioni di cui ai commi 10 e 11.
      9. Gli incarichi di cui al comma 6 del presente articolo possono essere altresì conferiti da ciascuna amministrazione, previa pubblicazione nel sito istituzionale dell'amministrazione interessata e nella banca dati informatica di cui all'articolo 23, comma 3, di un avviso contenente l'indicazione dell'incarico oggetto del conferimento e del tipo di esperienze e di competenze professionali richieste, tramite contratto a tempo determinato avente una durata non superiore a tre anni, entro il limite dell' 8 per cento della dotazione organica dei dirigenti della seconda fascia, a persone di elevata e comprovata qualificazione professionale e che hanno svolto presso amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, funzioni dirigenziali in strutture diverse da quelle di cui all'articolo 14, comma 2. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio anche ai fini della progressione di carriera.
      10. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 4 possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati, con atto motivato, entro novanta giorni dal voto di fiducia al Governo. Decorso tale termine, gli incarichi per i quali non si è provveduto si intendono confermati fino alla loro naturale scadenza.
      11. Del conferimento degli incarichi di cui ai commi 4, 5 e 8 e delle determinazioni di cui al comma 9 è data immediata comunicazione al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli e alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.
      12. Ai dirigenti appartenenti all'albo e al ruolo di cui all'articolo 23, in alternativa alla titolarità di uffici dirigenziali, possono essere affidate, con le medesime procedure di cui al presente articolo, incarichi relativi a funzioni ispettive, di consulenza, progettazione, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione dei conti degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.
      13. È fatto divieto alle amministrazioni di conferire ai dirigenti doppi incarichi, diretti alla copertura di uffici o di funzioni temporaneamente vacanti o non assegnati. È fatta salva la possibilità di deroghe in relazione a situazioni di particolare e comprovata necessità, fissando comunque in tali ipotesi un rigoroso limite temporale di durata del doppio incarico, senza possibilità di proroghe o reiterazioni.
      14. Nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale disciplinate dall'articolo 21, si procede, previa comunicazione al dirigente interessato entro un congruo termine per consentire al medesimo di esercitare il diritto al contraddittorio, alla risoluzione dei contratti relativi a incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 4, 5 e 6, nonchè, nei casi di cui al citato comma 4, alla revoca dell'atto di conferimento dell'incarico; è fatta salva la risoluzione consensuale del contratto di incarico. La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dei dirigenti è disciplinata dai contratti collettivi.
      15. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.
      16. Per il personale di cui all'articolo 3 il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continua ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n. 246.
      17. Ciascuna amministrazione rende noto nel proprio sito istituzionale per ciascun ufficio di livello dirigenziale o di livello dirigenziale generale:

          a) il nominativo e il curriculum del dirigente responsabile;

          b) le funzioni della struttura e gli obiettivi annuali e pluriennali collegati all'incarico dirigenziale;

          c) la retribuzione del dirigente e la quota di essa che risulta collegata al risultato;

          d) l'esito delle valutazioni relative al raggiungimento degli obiettivi assegnati;

          e) altre attività consentite ai sensi dell'articolo 53-bis».

Art. 9.
(Norme in materia di responsabilità dirigenziale).

      1. L'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 21. (Responsabilità dirigenziale). - 1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi annuali e pluriennali individuati nel contratto individuale di conferimento dell'incarico dirigenziale, l'inosservanza delle direttive generali o i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione nello svolgimento di funzioni dirigenziali, rilevati attraverso le procedure e con le garanzie del sistema di valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, comportano la risoluzione del contratto relativo all'incarico dirigenziale e per i dirigenti dei ruoli la destinazione ad altro incarico, anche tra quelli di cui all'articolo 19, comma 12, del presente decreto, presso la medesima amministrazione ovvero presso altra amministrazione che vi abbia interesse.
      2. La reiterata inosservanza delle direttive generali o la ripetuta valutazione negativa ai sensi del comma 1 comportano, previa contestazione e nel rispetto del diritto al contraddittorio, l'esclusione del dirigente dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello per il quale è intervenuta la risoluzione del contratto per un periodo non inferiore a due anni. Qualora emergano rilevanti profili di responsabilità il dirigente, previa contestazione e nel rispetto del diritto al contraddittorio, è collocato a disposizione per la durata massima di un anno, con la perdita del trattamento economico accessorio.
      3. Qualora dalla valutazione di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, emergano elementi di tale gravità che non consentano la prosecuzione del rapporto di lavoro del dirigente con l'amministrazione, quest'ultima può recedere dal rapporto di lavoro, previa contestazione e nel rispetto del diritto al contraddittorio, secondo le disposizioni del codice civile e del contratto collettivo.
      4. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di responsabilità penale, civile, amministrativo-contabile e disciplinare previste per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
      5. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale con qualifica dirigenziale delle Forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco».

      2. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Le misure di cui all'articolo 21, commi 2 e 3, sono adottate previo parere conforme di un comitato di garanzia, i cui componenti sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri».

Art. 10.
(Norme in materia di albo e di ruolo dei dirigenti).

      1. L'articolo 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 23. - (Albo e ruolo dei dirigenti). - 1. Per consentire l'attuazione della disciplina in materia di accesso alla qualifica dirigenziale nonché di mobilità e di interscambio dei dirigenti, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, l'albo dei dirigenti dei Ministeri. Le modalità di costituzione e di funzionamento dell'albo sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
      2. L'albo di cui al comma 1 è articolato in due fasce, alle quali si accede attraverso i meccanismi e le procedure di cui all'articolo 28.
      3. Al fine di rendere conoscibili le risorse dirigenziali esistenti nel settore pubblico e di promuovere la mobilità e l'interscambio professionale dei dirigenti tra amministrazioni statali, amministrazioni centrali e locali, altri soggetti pubblici o privati, organismi ed enti internazionali e dell'Unione europea, l'albo di cui al comma 1 è dotato di una banca dati informatica, interamente disponibile al pubblico ed articolata in modo tale da tenere conto di eventuali specificità tecniche. La banca dati contiene i dati curriculari e professionali di ciascun dirigente iscritto all'albo, ivi comprese le valutazioni delle prestazioni effettuate; agli stessi fini, la banca dati attesta, su richiesta dei dirigenti e in funzione dello sviluppo professionale e formativo, le loro attitudini personali e professionali e le competenze da essi acquisite.
      4. Presso ogni Ministero è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, in corrispondenza di quelle dell'albo di cui al comma 1; nell'ambito del ruolo possono essere definite apposite sezioni, in modo da garantire le eventuali specificità tecniche. I dirigenti sono inseriti nel ruolo al momento del primo conferimento di un incarico presso un Ministero e vi permangono fino all'eventuale conferimento di un incarico da parte di un altro Ministero, a seguito del quale essi transitano nel ruolo di quest'ultimo. I dirigenti di seconda fascia che hanno conseguito l'idoneità di cui all'articolo 28, comma 7, sono inseriti nella prima fascia dei rispettivi ruoli all'esito positivo della prima valutazione dei risultati ottenuti nello svolgimento di un incarico di livello dirigenziale generale. Non sono utili, ai fini dell'inquadramento nella prima fascia, gli incarichi dirigenziali di livello generale presso uffici di diretta collaborazione, che possono peraltro essere conferiti a dirigenti appartenenti ad entrambe le fasce.
      5. È assicurata la mobilità dei dirigenti iscritti all'albo di cui al comma 1 nell'ambito dei Ministeri e nei limiti dei posti ivi disponibili. Il passaggio del dirigente dal ruolo dell'amministrazione di appartenenza a quello dell'amministrazione che gli conferisce un nuovo incarico richiede il consenso della prima qualora sia in atto un incarico di funzione dirigenziale presso di essa. I contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla mobilità dirigenziali».

Art. 11.
(Norme in materia di mobilità tra pubblico e privato).

      1. Al comma 2 dell'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le parole: «comma 10» sono sostituite dalle seguenti: «comma 12».

Art. 12.
(Norme in materia di trattamento economico dei dirigenti).

      1. Dopo il comma 3 dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

      «3-bis. La contrattazione collettiva nazionale fissa una percentuale minima di retribuzione che risulta collegata alla valutazione del dirigente, fatta salva la possibilità per quest'ultimo, in sede di contrattazione individuale, di richiedere l'aumento della percentuale fissata nel contratto collettivo nazionale di lavoro. Al dirigente che sceglie e che ottiene l'aumento della percentuale di retribuzione collegata alla valutazione, il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede che sia assicurato un premio aggiuntivo, non superiore al 10 per cento della retribuzione complessiva, da corrispondere unicamente in caso di raggiungimento della valutazione massima. La contrattazione collettiva nazionale di lavoro stabilisce la quota di dirigenti ai quali, ai fini dell'attribuzione della retribuzione collegata ai risultati conseguiti, può essere attribuita la massima valutazione; tale quota non può, in ogni caso, essere superiore al 25 per cento dei dirigenti in servizio. La contrattazione integrativa può definire quote ulteriori per l'attribuzione di valutazioni diverse da quella massima».

Art. 13.
(Norme sui criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali).

      1. L'articolo 27 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

      «Art. 27. - (Criteri di adeguamento per le amministrazioni pubbliche non statali). - 1. Le regioni e gli enti locali adeguano la propria disciplina della dirigenza ai seguenti princìpi generali dell'ordinamento:

          a) distinzione tra funzioni di indirizzo politico e compiti di gestione amministrativa;

          b) adeguata considerazione della natura professionale o fiduciaria dell'incarico;

          c) accesso per concorso pubblico alla dirigenza professionale;

          d) assegnazione degli incarichi dirigenziali unicamente sulla base di criteri predeterminati di valutazione delle competenze professionali;

          e) valutazione della dirigenza sulla base di procedure trasparenti e di parametri oggettivi idonei a evidenziarne la capacità professionale e il raggiungimento dei risultati;

          f) disciplina per legge o per atto normativo di diritto pubblico dei doveri di comportamento dei dirigenti e dei soggetti con incarico fiduciario;

          g) disciplina per legge del regime delle incompatibilità.

      2. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano ai princìpi di cui al comma 1, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge vigenti che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione. Le deliberazioni, le disposizioni e i provvedimenti di adeguamento sono trasmessi, entro due mesi dalla data della loro adozione, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la pubblicazione».

Art. 14.
(Norme in materia di accesso alla seconda e alla prima fascia della qualifica dirigenziale).

      1. L'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

      «Art. 28. - (Accesso alla seconda e alla prima fascia della qualifica dirigenziale). - 1. L'accesso alla qualifica di dirigente nei Ministeri e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami ovvero per corso-concorso selettivo di formazione, indetti entro il 31 dicembre di ciascun anno dall'Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche-Scuola nazionale della pubblica amministrazione, tenendo conto delle determinazioni assunte ai sensi dell'articolo 1, comma 584, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il concorso e il corso-concorso selettivo di formazione per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, danno titolo all'inserimento nella seconda fascia dell'albo dei dirigenti di cui all'articolo 23, e per gli enti pubblici non economici danno accesso ai relativi ruoli dirigenziali.
      2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle amministrazioni pubbliche, muniti di laurea, che hanno compiuto almeno sei anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea o, se in possesso di titolo di studio corrispondente a quelli richiesti per l'ammissione al corso-concorso di cui al comma 3, almeno quattro anni di servizio. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto rispettivamente a cinque anni e a tre anni. Sono, altresì, ammessi, i soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricompresi nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali e coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno cinque anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea.
      3. Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea magistrale in giurisprudenza, in scienze dell'economia, in scienze della politica, in scienze delle pubbliche amministrazioni, in scienze economico-aziendali, in scienze statistiche, attuariali e finanziarie o di diploma di laurea equipollente, nonché di dottorato di ricerca ovvero di diploma di specializzazione di durata almeno biennale. Al corso-concorso possono essere ammessi dipendenti di ruolo delle amministrazioni pubbliche muniti di laurea, che hanno compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea. Possono essere ammessi, inoltre, dipendenti di strutture private, muniti di laurea, che hanno maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici, secondo modalità individuate con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la pubblica ammmistrazione e l'innovazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Possono essere ammessi, altresì, i cittadini italiani, muniti di laurea, che hanno maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa presso enti od organismi internazionali, in posizioni per le quali è richiesto il possesso della laurea. Il corso-concorso è aperto ai cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea in possesso di formazione universitaria e post-universitaria corrispondente a quella richiesta per i cittadini italiani.
      4. Il corso-concorso di cui al comma 3 ha la durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di un esame, da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private. Al termine del semestre i candidati sono sottoposti ad un esame-concorso finale. Ai partecipanti al corso-concorso e al semestre di applicazione è corrisposta una borsa di studio a carico dell'Agenzia di cui al comma 1.
      5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita, per la parte relativa al corso-concorso, l'Agenzia di cui al comma 1 del presente articolo, sono definiti:

          a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente di seconda fascia disponibili, riservate al concorso per esami e, in misura non inferiore al 45 per cento, al corso-concorso;

          b) la percentuale, non superiore al 10 per cento di quelli complessivamente disponibili, dei posti di dirigente di seconda fascia da riservare, nell'ambito di quelli oggetto del concorso per esami, al personale delle amministrazioni che comunicano vacanze nei propri ruoli dirigenziali ai sensi del comma 7;

          c) i criteri per la composizione e per la nomina delle commissioni esaminatrici;

          d) le modalità di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate;

          e) l'ammontare delle borse di studio per i partecipanti al corso-concorso.

      6. I vincitori del concorso per esami di cui al comma 2, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dall'Agenzia di cui al comma 1. Tale ciclo può comprendere anche un periodo di applicazione presso amministrazioni italiane o straniere, enti od organismi internazionali, istituti o aziende pubblici o privati. Il medesimo ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi, può essere svolto anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
      7. L'Agenzia di cui al comma 1, in relazione ai posti disponibili nella prima fascia dei ruoli dirigenziali in base a quanto previsto dal comma 8, indice entro il 31 dicembre di ciascun anno una selezione riservata ai dirigenti di seconda fascia per il riconoscimento dell'idoneità alla prima fascia, per un numero di posti superiore a quelli disponibili per una percentuale compresa tra il 30 per cento e il 50 per cento. I dirigenti di seconda fascia che superano la selezione hanno titolo ad essere inseriti nella prima fascia dell'albo di cui all'articolo 23. I criteri generali di valutazione e le modalità di svolgimento delle selezioni sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita la citata Agenzia.
      8. In coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, le amministrazioni di cui al comma 1 del presente articolo comunicano, entro il 31 gennaio di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nelle due fasce dei propri ruoli dei dirigenti.
      9. I Ministeri e gli enti pubblici non economici comunicano entro il 30 giugno di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica i dati complessivi e riepilogativi relativi ai ruoli, alla dotazione organica e agli incarichi dirigenziali conferiti, anche ai sensi dell'articolo 19, commi 7 e 8, nonché alle posizioni di comando, fuori ruolo, aspettativa e mobilità, con indicazione della decorrenza e del termine di scadenza. Le informazioni sono comunicate e tempestivamente aggiornate per via telematica a cura delle amministrazioni interessate, con inserimento nella banca dati prevista dall'articolo 23, comma 3, secondo le modalità individuate con circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
      10. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco».

Art. 15.
(Norme in materia di ineleggibilità, incompatibilità e cumulo di incarichi per il personale con qualifica dirigenziale).

      1. Dopo l'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 53-bis. - (Ineleggibilità, incompatibilità e cumulo di incarichi per il personale con qualifica dirigenziale). - 1. Ferme restando le incompatibilità di cui all'articolo 53, comma 1, sono individuati, con apposito regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti le associazioni sindacali maggiormente rappresentative e l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, le attività e gli incarichi consentiti e quelli vietati al personale con qualifica dirigenziale o incaricato di funzioni dirigenziali. I dirigenti, nei tre anni successivi alla cessazione delle funzioni dirigenziali, non possono svolgere attività professionali o assumere cariche sociali o partecipazioni in enti e società sottoposti al controllo, affidatari di contratti o destinatari di finanziamento da parte della struttura da loro diretta nei tre anni antecedenti la cessazione.
      2. Il regolamento di cui al comma 1 individua le attività e gli incarichi consentiti per i titolari di incarichi fiduciari di coordinamento generale, di diretta collaborazione e di supporto conoscitivo degli organi politici, non comportanti l'esercizio di compiti diretti di gestione.
      3. L'incarico dirigenziale è esercitato in condizioni di esclusività ed è incompatibile con le cariche di membro delle assemblee e delle giunte regionali, provinciali e comunali, di città metropolitane e di comunità montane, di presidente della giunta regionale o provinciale, di sindaco, di membro del Parlamento, di membro del Governo, nonché con rapporti economici o di consulenza con enti e con società sottoposti al controllo, affidatari di contratti o destinatari di finanziamento da parte dell'amministrazione di appartenenza.
      4. Non incidono, in ogni caso, sul rapporto di esclusività previsto dal presente articolo, gli incarichi esclusi dall'applicazione dell'articolo 53, commi da 7 a 13, ai sensi dello stesso articolo 53, comma 6».

Art. 16.
(Norme in materia di doveri di comportamento del personale con qualifica dirigenziale).

      1. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

      «Art. 54-bis. - (Doveri di comportamento del personale con qualifica dirigenziale). - 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43 e l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, definisce, con proprio decreto, linee guida volte all'adozione, da parte delle amministrazioni anche ad ordinamento autonomo, di statuti dei doveri di comportamento del personale con qualifica dirigenziale o comunque incaricato di funzioni dirigenziali. Tali doveri integrano e articolano i princìpi di lealtà e di diligenza, di fedeltà ai valori costituzionali e di rispetto della legalità dell'azione amministrativa, di imparzialità e di non discriminazione, di indipendenza di giudizio, di integrità, di probità, di lealtà alle istituzioni, di non ostentazione e di riserbo, di divieto di appartenenza ad associazioni segrete o che richiedono doveri di obbedienza e di obbligo di astensione in situazioni di conflitto di interesse anche solo apparente.
      2.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione predispone, entro il 1o maggio di ogni anno, un rapporto sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, anche al fine dell'adozione di linee guida correttive e dell'individuazione delle buone pratiche, nonché della segnalazione delle amministrazioni inadempienti. A fronte del protrarsi dell'inadempimento, il Ministro, sentite le amministrazioni interessate e comunque non oltre il 1o maggio dell'anno successivo, propone al Presidente del Consiglio dei ministri l'adozione di carte dei doveri sostitutive, anche per tipologie omogenee di enti, che restano in vigore fino all'adozione da parte delle amministrazioni interessate dagli statuti dei doveri ai sensi del comma 3.
      3.
Gli statuti dei doveri sono adottati, con regolamento, da parte delle amministrazioni interessate, previa procedura aperta, trasparente e partecipata, anche individuando idonee forme di pubblicità, con il coinvolgimento delle associazioni di cittadini e utenti, nel rispetto dei princìpi di cui al comma 1 e in conformità alle linee guida definite ai sensi del medesimo comma. Il dirigente, all'atto della nomina o dell'assunzione dell'incarico, sottoscrive lo statuto dei doveri.
      4.
I doveri del dirigente, come specificati anche dagli statuti dei doveri, sono rilevanti ai fini dell'accertamento della responsabilità disciplinare. Le procedure di cui all'articolo 55-bis, commi 1 e 3, assicurano il coordinamento tra i predetti doveri e le ipotesi di responsabilità disciplinare e le relative sanzioni. L'accertata violazione, grave e reiterata, dei suddetti doveri è in ogni caso idonea a giustificare la revoca dell'incarico dirigenziale.
      5.
Ciascuna amministrazione definisce uno specifico statuto dei doveri per i titolari di incarichi fiduciari di coordinamento generale, di diretta collaborazione e di supporto conoscitivo degli organi politici, non comportanti l'esercizio di compiti diretti di gestione».

Art. 17.
(Norme in materia di sanzioni disciplinari e di responsabilità disciplinare dei dirigenti).

      1. Dopo l'articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

      «Art. 55-bis. - (Sanzioni disciplinari e responsabilità disciplinare dei dirigenti). - 1. La contrattazione collettiva definisce le procedure di contestazione dell'addebito, le caratteristiche del procedimento disciplinare a salvaguardia dell'effettività della funzione disciplinare, le garanzie connesse all'irrogazione della sanzione e la composizione degli organi cui sono affidati i compiti di accertamento e di irrogazione delle sanzioni disciplinari, nonché le ipotesi in presenza delle quali le sanzioni di minore gravità possono essere irrogate direttamente dal dirigente sovraordinato.
      2.
Entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dirigente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnare la sanzione dinanzi al comitato di garanti di cui all'articolo 22 o al corrispondente organismo dell'amministrazione in cui esercita la sua attività. Il collegio si pronuncia entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma.
      3.
Le procedure di accertamento e sanzionatorie, regolate ai sensi del comma 1, sono rette dai princìpi di indipendenza dei componenti dei collegi, di giusto pro cedimento e di proporzionalità. L'esito delle procedure sanzionatorie è in ogni caso comunicato all'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, che vigila sul corretto esercizio della funzione disciplinare nelle amministrazioni pubbliche, anche attraverso richieste di documenti, poteri ispettivi e di richiesta.
      4.
Entro il 1o maggio di ogni anno, l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione predispone un rapporto, che presenta al Parlamento, sullo stato dell'etica nelle amministrazioni pubbliche e in particolare sull'esercizio della funzione disciplinare e sull'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 53-bis, 54-bis e al presente articolo. Sulla base delle risultanze, il Governo, ai sensi e nei limiti di cui al comma 1, adotta le misure correttive necessarie».

Art. 18.
(Disposizioni transitorie).

      1. Le procedure di reclutamento dei dirigenti pubblici già avviate alla data di entrata in vigore della presente legge restano regolate dalla disciplina legislativa vigente alla medesima data.
      2. Gli incarichi dirigenziali pubblici conferiti alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché il transito nella prima fascia, restano disciplinati dalla normativa vigente alla medesima data.


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