La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, a seguito della grave situazione di emergenza ambientale che ha interessato la provincia di Roma, ha svolto ulteriori approfondimenti in merito al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio.
Occorre premettere che, dopo quasi dieci anni di commissariamento per la gestione dei rifiuti, la regione Lazio - nel giugno 2008 - è tornata a una gestione ordinaria, sicché le funzioni di programmazione, attuazione e controllo sono state assunte di nuovo dagli enti istituzionalmente competenti (regione, province e comuni).
Tale fase, tuttavia, è durata, solo tre anni. Nell'estate del 2011, infatti, in seguito alla procedura di infrazione del 17 giugno 2011 n. 2011/4021, avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia anche per la non conformità della discarica di Malagrotta alla direttiva sulle discariche (dir. 1999/31/CE), è stato nuovamente dichiarato lo stato di emergenza nella provincia di Roma.
Il 6 settembre 2011 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha nominato un commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, nella persona del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, il quale, dopo circa otto mesi dall'assunzione dell'incarico, ha rassegnato le dimissioni. Al suo posto, è stato nominato il prefetto Goffredo Sottile.
Come già evidenziato nella relazione territoriale sul Lazio, approvata dalla Commissione in data 2 marzo 2011, da tempo era prevista la saturazione della discarica di Malagrotta, tenuto conto del fatto che il ciclo dei rifiuti nella regione Lazio sostanzialmente si esaurisce nel conferimento in discarica e che sono ancora molto bassi i livelli di raccolta differenziata.
Come si avrà modo di esplicitare nel prosieguo, la situazione che la Commissione ha rappresentato chiaramente nella prima relazione, non solo non è cambiata, ma si è addirittura aggravata.
L'ennesima proroga della discarica di Malagrotta annunciata dal nuovo commissario nominato, il prefetto Goffredo Sottile, rappresenta, ad avviso della Commissione, il segno evidente di un fallimento della politica ambientale nella regione.
L'obiettivo della Commissione è quello di fornire - attraverso un esame analitico e critico dei dati acquisiti - una chiave di lettura utile a comprendere quali siano state le ragioni per le quali la provincia di Roma versi nuovamente in stato di emergenza e quale sia lo stato di programmazione e di attuazione delle misure idonee a ricondurre (realmente) il ciclo dei rifiuti nella provincia di Roma a una gestione ordinaria.
La Commissione ha avuto modo di constatare, anche nel corso di altre indagini territoriali su regioni del sud Italia, come la politica in materia ambientale sia del tutto inesistente. Nella migliore delle ipotesi viene approvato il piano regionale dei rifiuti che, però, resta esclusivamente sulla carta e che, di per sé, non è certo idoneo a risolvere le situazioni di degrado ambientale inevitabilmente legate alla mancanza di programmazione e/o attuazione del ciclo integrato dei rifiuti.
L'unico obiettivo che pare essere stato perseguito e, puntualmente, raggiunto è quello di una generalizzata "deresponsabilizzazione" attraverso complesse e disparate modalità, che vanno dalla creazione di strutture commissariali a reiterate e sterili interlocuzioni fra gli enti.
In questo preciso momento storico, nella provincia di Roma, deve essere necessariamente trovata una soluzione, sia pure temporanea, non solo perché occorre ottemperare alle prescrizioni indicate nel provvedimento di contestazione dell'Unione europea, ma anche per evitare che Roma e provincia possano trovarsi in situazioni drammatiche analoghe a quelle che, in diverse occasioni, si sono registrate nella città di Napoli.
La Commissione ha svolto gli approfondimenti sia acquisendo documentazione da parte degli enti e delle autorità coinvolte (regione Lazio, struttura commissariale, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, procura della Repubblica di Roma), sia effettuando sopralluoghi sui siti oggetto di indagine, sia, infine, attraverso numerose audizioni effettuate presso la sede della Commissione e in occasione dei sopralluoghi stessi.
In particolare, sono stati auditi:
i rappresentanti della società Ecologia Corcolle srl, sig.ri Botticelli.
Sono stati, inoltre, effettuati sopralluoghi presso i siti di Corcolle, di Quadro Alto e di Pian dell'Olmo.
La relazione è strutturata in tre parti: la prima parte, dedicata principalmente alla dichiarazione dello stato di emergenza, approfondisce i temi concernenti la gestione commissariale, i poteri attribuiti al commissario straordinario e l'attività svolta dalla regione Lazio con particolare riferimento al documento di analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi; la seconda parte riguarda gli approfondimenti effettuati dalla Commissione nell'ambito dell'inchiesta e gli elementi di criticità rilevati nel corso del procedimento amministrativo; la terza e ultima parte riguarda la c.d. seconda fase commissariale, avviata a seguito delle dimissioni del prefetto Pecoraro e della nomina del commissario Sottile, nonché i procedimenti penali avviati dall'autorità giudiziaria.
Le conclusioni rappresentano la sintesi e al tempo stesso le valutazioni della Commissione in merito alla grave situazione ambientale esistente nella provincia di Roma.
PARTE PRIMA - LA DICHIARAZIONE DELLO STATO DI EMERGENZA NELLA PROVINCIA DI ROMA E LA NOMINA DEL COMMISSARIO PECORARO
1 - Le conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella relazione territoriale sul Lazio approvata il 2 marzo 2011.
Si riportano alcuni stralci delle conclusioni della precedente relazione nelle quali erano state già evidenziate dalla Commissione quelle stesse problematiche che oggi continuano a suscitare preoccupazione, legate alla sostanziale inesistenza di un ciclo dei rifiuti nella regione Lazio e al conferimento in discarica della maggior parte di essi:
«La gestione dei rifiuti nella regione Lazio, contrariamente agli orientamenti, alle scelte, alle strategie dettate dalle direttive comunitarie
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in materia di rifiuti e dalla normativa nazionale, è andata nel verso opposto a quello della "gestione integrata". Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l'urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell'emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d'urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Infatti, la formale cessazione dell'emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale. È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all'ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco-umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al tmb (trattamento meccanico biologico). Gli interventi effettuati in questi anni sono stati mirati più al superamento della contingenza, con la realizzazione di discariche, impianti di cdr (combustibile derivato da rifiuto) e di inceneritori, che sulla necessità di una efficace programmazione della raccolta differenziata che si attesta su valori del 12-13 per cento fino al 2010, con il fallimento di tutti gli obiettivi fissati dal decreto legislativo n. 22 del 1997 e dalla stessa programmazione regionale. (...) Le inadempienze del governo regionale hanno comportato, da parte della Unione europea, l'attivazione di una procedura d'infrazione cui la nuova giunta regionale ha cercato di porre rimedio con l'emanazione del nuovo piano di gestione dei rifiuti avvenuta il 19 novembre del 2010, e con la presentazione ed illustrazione dello stesso, alla Commissione Europea avvenuta nell'ultima settimana di gennaio 2011. (...) Conseguentemente tutte le iniziative legate al raggiungimento dell'obiettivo appaiono per il momento ipotetiche e anche il ricorso al conferimento in discarica, che rappresenta il fallimento della gestione virtuosa del ciclo, diventa problematico per l'esaurirsi della capacità di Malagrotta e delle altre discariche del Lazio. Ne consegue come sia necessaria l'individuazione di un'area alternativa, per il comune di Roma, al polo di Malagrotta che con le sue strutture impiantistiche (tmb, tmv) e la discarica rappresenta l'unico sistema imprenditoriale su scala regionale, seppure gestito in condizioni di monopolio di fatto.Ed è peraltro necessaria una convinta e coerente azione per determinare l'aumento della raccolta differenziata. I positivi risultati raggiunti in molti comuni della provincia di Roma dimostrano che tale risultato si può ottenere con il concorso e il finanziamento di programmi sostenuti dai comuni, dalla provincia e dalla regione. (...) Quanto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti, nella relazione si è evidenziato che "il Lazio si presenta come una regione particolarmente interessata a questo tipo di illegalità, sia per la presenza di ampie porzioni di territorio morfologicamente adatte alla discarica e all'occultamento illecito dei rifiuti e sia per la vicinanza con quelle aree della provincia di Caserta ad alto rischio ambientale, dove in
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passato e ancora oggi nell'attualità sono state individuate presenze criminali nel settore. (...) Va comunque rilevato che sul territorio della regione molte discariche sono ormai in via di esaurimento, vi sono impianti obsoleti che richiedono forti investimenti per tornare ad essere produttivi e che in molti comuni, compreso quello di Roma, la situazione si avvicina pericolosamente all'emergenza».
2 - La situazione di emergenza nella provincia di Roma.
2.1 - Quadro di sintesi sull'emergenza.
La relazione approvata dalla Commissione è risultata profetica, in quanto a distanza di brevissimo tempo, si sono puntualmente verificate le previsioni negative indicate nelle conclusioni.
Prima di entrare nel dettaglio delle singole e complesse questioni, pare opportuno fornire un quadro di sintesi dei principali accadimenti che si sono susseguiti a partire dalla procedura di infrazione dell'Unione europea:
- il 17 giugno 2011 l'Unione europea ha avviato nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione n. 2011/4021, chiedendo al nostro Paese di rimuovere le violazioni alla normativa europea riscontrate nella gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alla discarica di Malagrotta;
- in data 24 giugno 2011 la direzione regionale delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio, ha trasmesso al segretario generale della presidenza della giunta (con la nota prot. n. 120859) uno «studio relativo all'Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi, realizzato di concerto tra la direzione regionale attività produttive e rifiuti, direzione regionale ambiente e direzione regionale territorio e urbanistica, nel quale vengono descritte alcune aree della provincia di Roma ritenute preliminarmente idonee alla localizzazione di un sito di discarica servente i comuni di Roma, Ciampino, Fiumicino e lo Stato Città del Vaticano» (doc. 1161/3 e 865/2);
- Con ordinanza n. Z0002 del 30 giugno 2011, la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 il funzionamento della discarica di Malagrotta;
- con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2012, in relazione alla imminente chiusura della discarica di Malagrotta e alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti;
- con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011, è stato nominato il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale, con il compito di garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante
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l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico - biologico dei rifiuti urbani necessarie a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti;
- con provvedimento del 24 ottobre 2011 il commissario delegato ha individuato, quali siti alternativi a Malagrotta, i siti di Corcolle e Riano, «ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» (doc. 882/1)- in data 29 novembre 2011 il commissario delegato ha decretato l'occupazione temporanea d'urgenza del sito di Corcolle ai fini della realizzazione della discarica;
- è stato ulteriormente prorogato dal commissario delegato il funzionamento della discarica di Malagrotta fino al 30 giugno 2011;
- il 18 gennaio 2012 è stato approvato dalla regione Lazio il piano di gestione dei rifiuti del Lazio, pubblicato il 14 marzo sul Bollettino ufficiale della regione Lazio;
- con mozione del 22 febbraio 2012 il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) ha espresso ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pur temporanea, in località Corcolle, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, «patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e, come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione» (doc. 1091/1);
- in data 8 marzo 2012 si è tenuta una conferenza di servizi relativa alla progettazione preliminare per la realizzazione della discarica in località' «CORCOLLE» (doc. 1163/1, 1163/2, 1163/3), affidata alla CIDIEMME Engineering Srl. Alla conferenza hanno partecipato, su convocazione del commissario Pecoraro: Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dell'ambiente, regione Lazio, Arpa Lazio, comune di Roma, soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, provincia di Roma capitale, autorità di bacino del fiume Tevere, ACEA, Ing. Luigi Sorrentino in qualità di consulente del Commissario. Inoltre, gli ingegneri Moretti e De Candia della CIDIEMME Engineering Srl. Nel corso della conferenza di servizi sono stati formulati da più parti pareri decisamente negativi in merito al progetto in parola;
- dopo la conferenza di servizi è stato richiesto, da parte del commissario Pecoraro, l'interessamento del Ministro Clini, il quale ha convocato, nel mese di marzo 2012, la presidente della giunta regionale Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il commissario Giuseppe
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Pecoraro chiedendo la loro collaborazione per acquisire e valutare tutti i dati relativi alle problematiche presenti in ciascun sito individuato dalla regione Lazio, in modo tale da mettere in evidenza i vincoli, le deroghe necessarie e la fattibilità della realizzazione degli impianti;
- sono stati presentati esposti alla procura della Repubblica di Roma da parte di cittadini e associazioni ambientaliste con i quali è stata denunciata l'assoluta inidoneità dei siti scelti dal commissario e risultano pendenti presso la procura della Repubblica di Roma indagini relative sia ai siti individuati dal prefetto, sia alla discarica di Malagrotta;
- alla fine di maggio 2012 il prefetto Giuseppe Pecoraro si è dimesso dalla carica di commissario delegato; al suo posto, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 maggio 2011, è stato nominato il prefetto Goffredo Sottile;
- in data 29 giugno 2012, secondo quanto annunciato dal commissario Sottile, sarà - ancora una volta - prorogato il funzionamento della discarica di Malagrotta;
- il nuovo commissario Sottile ha inizialmente proposto quale sito per la realizzazione della discarica temporanea Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel documento di Analisi Preliminare della Regione Lazio). Il sito si trova nel comune di Roma, ma nelle vicinanze di Quadro Alto;
- la proposta di Pian dell'Olmo, criticata da più parti, sembra allo stato non essere più attuale e si è in attesa, alla data del 27 giugno, di conoscere le determinazioni del nuovo commissario in ordine al sito che dovrebbe ospitare la discarica temporanea, per l'individuazione del quale, il 6 settembre 2011, è stata creata la struttura commissariale.
Questa è la cronologia degli eventi: il dato evidente è che, a distanza di diversi mesi dall'avvio della dichiarazione dello stato di emergenza, non è stata trovata alcuna idonea soluzione, sia pure temporanea.
2.2 - La discarica di Malagrotta e le procedure di infrazione dell'Unione europea.
Il 17 giugno 2011 l'Unione europea ha ufficialmente contestato al Governo italiano una serie di infrazioni rilevate con specifico riferimento alla gestione dei rifiuti nella regione Lazio e alla discarica di Malagrotta.
Si riporta, di seguito, uno stralcio del provvedimento, nel quale sono chiaramente esplicitati i motivi delle contestazioni (doc. 865/5): «Anzitutto, la Commissione ritiene che il deficit di capacità di tmb, quale risulta dal progetto di piano di gestione dei rifiuti per il periodo 2011-2017 e dall'ordinanza n. Z0012 del 31 dicembre 2010, indichi che il sistema di gestione dei rifiuti della regione Lazio non è
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conforme all'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti (nel prosieguo: "la direttiva quadro sui rifiuti"), a norma del quale gli Stati membri adottano le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
In secondo luogo, la Commissione contesta l'interpretazione dell'articolo 2, lettera h), della direttiva discariche proposta dalle Autorità italiane. A tale riguardo, la Commissione osserva quanto segue:
A norma dell'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva discariche, scopo di tale direttiva è prevedere, mediante rigidi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque freatiche, del suolo e dell'atmosfera, e sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica, al fine di adempiere alle disposizioni della direttiva 75/442/CEE, in particolare degli articoli 3 e 4 di quest'ultima direttiva (corrispondenti agli attuali articoli 4 e 13 della direttiva 2008/98/CE). A norma dell'articolo 4 della direttiva quadro sui rifiuti, gli Stati membri, nell'applicare la gerarchia dei rifiuti disposta da tale articolo, adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. Ai sensi dell'articolo 28 della direttiva quadro sui rifiuti, i piani di gestione dei rifiuti, che in Italia sono adottati dalle regioni, devono rispettare le disposizioni degli articoli 1, 4, 13 e 16 della stessa direttiva. A tale proposito occorre rilevare come il livello di trattamento dei rifiuti destinati a discarica sia una delle misure più efficaci per garantire il rispetto della gerarchia dei rifiuti.
A norma dell'articolo 13 della direttiva quadro sui rifiuti, gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna; b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse. A tale proposito occorre ricordare che, come statuito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza resa il 4 marzo 2010 nella causa C-297/08, "l'articolo 4, n. 1, della direttiva 2006/12 [corrispondente all'attuale articolo 13 della direttiva quadro sui rifiuti] ha una funzione preventiva nel senso che gli Stati membri non devono esporre la salute umana ad un pericolo nel corso di operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti" (punto 109 della sentenza), sicché la constatazione di una violazione dell'articolo 13 della direttiva quadro sui rifiuti non può essere subordinata all'effettiva esistenza di problemi sanitari (punto 95 della sentenza).
Alla luce delle tre disposizioni sopra indicate, la Commissione ritiene che, per essere conforme alla direttiva discariche e alla direttiva quadro sui rifiuti, il trattamento dei rifiuti destinati a discarica debba consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano
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altresì l'effetto di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana. Un trattamento che consista nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi per la salute umana, secondo quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva discariche e dagli articoli 4 e 13 della direttiva quadro sui rifiuti.
In terzo luogo, per quanto riguarda in particolare la discarica di Malagrotta, la Commissione ha ricevuto numerose denunce concernenti i cattivi odori che provengono da tale discarica, in violazione dell'articolo 13 della direttiva quadro sui rifiuti, a norma del quale la gestione dei rifiuti deve essere effettuata, in particolare, senza causare inconvenienti da odori.
Di conseguenza, la Commissione europea ritiene che la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi imposti dall'articolo 16 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, in quanto non ha creato una rete-integrata e adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti nella regione Lazio. Inoltre, la Commissione europea ritiene che, quanto ai rifiuti conferiti nella discarica di Malagrotta e nelle altre discariche per rifiuti urbani della regione Lazio, la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi imposti dall'articolo 6, lettera a), della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, letto in combinato disposto con l'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 1999/31/CE e con gli articoli 4 e 13 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti. Infine, la Commissione europea ritiene che la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi imposti dall'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, in quanto la gestione della discarica di Malagrotta non è effettuata senza causare inconvenienti da odori. La Commissione invita il Suo Governo, conformemente all'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a trasmetterle osservazioni su quanto precede entro due mesi dal ricevimento della presente lettera».
2.3 - La dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del commissario straordinario.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, datato 22 luglio 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2012, in relazione alla imminente chiusura della discarica di Malagrotta e alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti (doc. 865/3).
Le motivazioni su cui si fonda il provvedimento sono le seguenti:
- la grave situazione determinatasi nella gestione dei rifiuti prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e nello Stato della città del Vaticano, in ragione del prossimo esaurimento delle volumetrie residue della discarica di Malagrotta dove attualmente vengono smaltiti;
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- la già avvenuta notifica al Governo italiano, da parte della Commissione, di una lettera di costituzione in mora per l'infrazione 2011/4021 relativa alla gestione della discarica di Malagrotta, ritenuta inadeguata e non conforme alla normativa comunitaria di riferimento;
- l'imminente chiusura della discarica di Malagrotta e la conseguente oggettiva impossibilità di gestire i flussi di produzione e smaltimento dei rifiuti dei predetti comuni e della città del Vaticano, che costituiscono il 55 per cento della produzione dell'intero territorio della regione Lazio;
- i tempi, stimati in 36 mesi, per la realizzazione degli impianti alternativi all'attuale discarica di Malagrotta;
- la situazione di grave rischio sotto il profilo igienico sanitario, ambientale nonché in materia di ordine pubblico determinatasi nei territori che attualmente utilizzano la discarica di Malagrotta per lo smaltimento dei rifiuti;
- la necessità di garantire l'individuazione e la successiva realizzazione in termini di somma urgenza di un sito provvisorio alternativo che assicuri la gestione dei flussi di rifiuti nei comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e nello Stato della città del Vaticano per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi;
- l'impossibilità di fronteggiare con mezzi e poteri ordinari detta situazione di emergenza, in ragione della sua intensità ed estensione.
Sulla base delle predette motivazioni e su iniziativa del capo del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione Lazio, è stato, dunque, decretato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2012.
Con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011, è stato nominato il prefetto di Roma commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale.
Allo stesso è stato affidato il compito di «garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani necessari a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza, di cui alla citata ordinanza, per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio, del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti» (doc. 865/6).
Nel provvedimento è specificato che l'individuazione di uno o più siti di discarica dovrà avvenire, «in via prioritaria, nell'ambito dei siti indicati nel documento "Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi" redatto dalla regione Lazio» (l'espressione «in via prioritaria» utilizzata
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nell'ordinanza sarà oggetto di ulteriori approfondimenti nel prosieguo della relazione).
Con riferimento ai poteri del commissario è stabilito, in primo luogo, il potere di derogare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, a una serie di disposizioni contenute nel codice ambientale, nella normativa sulle discariche e in altre disposizioni analiticamente indicate nel provvedimento di nomina.
È, altresì, stabilito che il commissario «si avvale in qualità di soggetto attuatore, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, della direzione attività produttive e rifiuti della regione Lazio per lo svolgimento della funzione di stazione appaltante per la realizzazione di una o più discariche e/o per l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla regione nonché di un impianto di tmb rifiuti urbani per garantire piena copertura fabbisogno dell'area interessata». Il commissario, si avvale di una struttura composta da personale della pubblica amministrazione, di consulenti tecnici appositamente nominati, di personale degli uffici tecnici della regione Lazio e degli altri enti locali interessati nonché del comando Carabinieri tutela dell'ambiente e del Corpo forestale dello Stato. «Al commissario delegato, in relazione ai compiti conferiti, è riconosciuto un compenso mensile pari al 30 per cento della retribuzione mensile in godimento, oltre l'eventuale trattamento di missione, nei limiti previsti per i dirigenti generali dello Stato ed in deroga alla legge 18 dicembre 1973 n. 836». Agli oneri derivanti dalla ordinanza di nomina «stimati in euro due milioni, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie disponibili sul bilancio della regione Lazio».
2.4 - Il ciclo dei rifiuti nella provincia di Roma.
Il prefetto Pecoraro ha ritenuto, evidentemente, necessario disporre di un quadro chiaro e aggiornato in merito ai quantitativi di rifiuti prodotti da Roma e provincia e alle attuali modalità di smaltimento.
Ebbene, secondo i dati forniti dal commissario Pecoraro, in occasione della sua audizione avanti alla Commissione, svoltasi in data 11 ottobre 2011, la situazione relativa al ciclo dei rifiuti nel territorio della provincia di Roma è quella riportata nel documento consegnato alla Commissione, il cui testo è di seguito riprodotto nelle parti di interesse (doc. 865/1): «Per quanto concerne il profilo eminentemente tecnico, dai dati forniti dai funzionari della competente direzione regionale attività produttive e rifiuti e dalle notizie fornite nel corso dei numerosi tavoli tecnici che il commissario delegato sta convocando presso la prefettura, cui intervengono gli assessori competenti nella materia di regione, provincia e comune di Roma, nonché il segretario generale della regione, è emerso quanto segue: Roma produce complessivamente circa 1.834.000 tonnellate di rifiuti urbani l'anno, ovvero 5025 t/g.; di questi, circa 1100, il 22 per cento, sono stati oggetto di raccolta differenziata nel corso del 2010; attualmente la
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raccolta differenziata si attesta sul 24,3 per cento; è di circa 4000 tonnellate al giorno, quindi, la quantità di rifiuti da smaltire.
Attualmente sono quattro gli impianti di trattamento meccanico biologico [tmb]: due dell'AMA (Via Salaria e Rocca Cencia) e due a Malagrotta di CO.LA.RI, che riescono però a smaltire circa 3000 t/g.
Emerge dalle relazioni dei tecnici che:
1. l'impianto di Malagrotta 1 è fermo;
2. Malagrotta 2 opera al 60 per cento;
3. l'impianto di Via Salaria opera a pieno regime;
4. l'impianto di Rocca Cencia opera al 60 per cento circa.
In realtà la potenzialità del sito di Rocca Cencia è parziale, pari al 50/60 per cento della sua funzionalità, perché, nella fase attuale il sito di Rocca Cencia, sta operando anche come sito di trasferenza.
A fronte, quindi, dalla quantità di rifiuti prodotti e da smaltire emerge la necessità della realizzazione di altri impianti di tmb.
Dal trattamento delle 3000 t/g si producono 1000 t/g di cdr (combustibile).
In realtà, da quanto emerso nel corso delle riunioni, la produzione di cdr è ben al di sotto delle possibilità, anche perché gli impianti di termovalorizzazione non operano a pieno regime.
Impianti di termovalorizzazione:
1. impianto di S. Vittore (FR) funziona bene e opera per il 90 per cento sul Lazio;
2. impianto di Colle Sughero (Colleferro) opera al 70/80 per cento con rifiuti provenienti da fuori regione;
3. impianto di Malagrotta (Roma): scarsa funzionalità e ne è previsto, a breve, lo spegnimento;
4. il gassificatore localizzato ad Albano Laziale non è entrato in esercizio, come noto, in quanto oggetto di un annoso contenzioso non risolto.
Emerge quindi la necessità di individuare un'altra linea di trattamento per altre 1000 t/g. di rifiuti per chiudere il ciclo, in ottemperanza soprattutto alle norme e alle prescrizioni europee.
Secondo le direttive europee sull'ammissibilità in discarica dei rifiuti, infatti, il sistema di tritovagliatura deve essere considerato un'opzione transitoria, in quanto non rispondente appieno al concetto di "trattamento", così come indicato nelle direttive europee.
I tecnici regionali hanno confermato che il sistema di tritovagliatura non è idoneo al trattamento dei rifiuti e che sarebbe, invece, necessario incrementare la raccolta differenziata pari, attualmente su Roma al 24,3 per cento (il comune di Roma prevede, per la fine del corrente anno, di avviare a raccolta differenziata il 26 per cento dei rifiuti), ben al di sotto della previsione normativa che prevede il trattamento dei rifiuti con il sistema della raccolta differenziata nella misura del 65 per cento.
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Il comune di Roma ha chiesto al Ministero dell'ambiente la deroga per il raggiungimento del 35 per cento.
Il sistema della raccolta differenziata prevede la realizzazione di impianti di compostaggio (di più semplice realizzazione) e di tmb.
Secondo le valutazioni dei tecnici se il comune di Roma non riuscisse ad incrementare la raccolta differenziata, anche se venisse realizzato il gassificatore ad Albano Laziale, sarebbe, comunque, necessario realizzare altri impianti di termovalorizzazione.
Attualmente le 3000 tonnellate di rifiuti che vengono riversate nella discarica di Malagrotta, vengono riversate "tal quali", contravvenendo alle norme in materia; ciò anche in ragione della circostanza che la tariffa relativa è estremamente più conveniente della tariffa che sarebbe necessario applicare per il rifiuto trattato».
Questa la situazione così come fotografata dal prefetto Pecoraro all'inizio del suo mandato, situazione che non risulta essere ancora cambiata, non essendo stato adottato alcun provvedimento né dal commissario, né da parte delle autorità preposte.
Non può non essere sottolineato sin da ora come in un anno (a decorrere dalla procedura di infrazione europea di cui sopra) nulla di concreto sia stato fatto, nonostante la conclamata situazione di emergenza.
Per ciò che concerne la raccolta differenziata che, allo stato, si attesta su livelli ben distanti da quelli prefissati dalla direttive europee, l'assessore regionale all'ambiente Pietro Di Paolantonio, nel corso dell'audizione del 24 aprile 2012, ha dichiarato che la giunta regionale ha provveduto all'approvazione delle linee guida sulla raccolta differenziata, al fine di fornire procedure chiare e uniformi per tutti i 378 comuni della regione. Ha, inoltre, dichiarato che, per sostenere quanto previsto dal piano rifiuti, dal 2010-2011 sono stati stanziati 135 milioni di euro per le province della regione Lazio, esclusivamente per programmi sulla raccolta differenziata. Questo programma straordinario abbraccia un arco temporale ricompreso tra l'anno 2012 e l'anno 2014.
2.5 - Dati acquisiti dalla Commissione in relazione agli impianti di trattamento meccanico biologico (tmb).
Il comandante Carabinieri per la tutela dell'ambiente ha inviato alla Commissione, in data 16 giugno 2012, una nota sintetica sull'esito dei controlli in merito alla funzionalità degli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani in provincia di Roma, espletati, nel mese di maggio 2012, nel quadro dell'attività di supporto richiesta dal commissario delegato.
Nella nota si precisa che gli impianti di trattamento meccanico biologico oggetto di controllo sono stati i due impianti di Malagrotta di E. Giovi srl e i due impianti dell'AMA (siti in Via Salaria 981 e in via Rocca Cencia 301).
I controlli effettuati hanno riguardato la verifica documentale:
- della potenzialità ricettiva degli impianti, desunta dalle autorizzazioni emanate;
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- del quantitativo dei rifiuti in entrata processati dal 2011 all'aprile 2012 desunti dai report generati dai sistemi informatici in uso ai gestori;
- della tipologia e quantità dei rifiuti generati dagli impianti a seguito del trattamento dei materiali in entrata, anche questi desunti dai report generati dai sistemi informatici in uso ai gestori.
In esito alla verifica è stata riportata la funzionalità di ciascuno degli impianti nel citato lasso temporale (intesa come rapporto percentuale tra i rifiuti in ingresso e potenzialità ricettiva dell'impianto):
Impianto tmb |
Anno 2011 (% trattamento rsu) |
1o quadrimestre 2012 (% trattamento rsu) |
Malagrotta 1 | Non rilevabile in quanto l'impianto è entrato in funzione dal 7 novembre 2011 | 23,33 |
Malagrotta 2 | 57,97 | 58,66 |
Rocca Cencia (AMA) | 53,19 | 68,20 |
Salario (AMA) | 61,65 | 60,30 |
Dai dati trasmessi si deduce che, pur se nel primo quadrimestre del 2012 vi è stato un leggero aumento della percentuale di trattamento degli impianti, si è ancora lontani dal raggiungimento della massima potenzialità impiantistica. Si sottolinea che su una produzione totale di rifiuti/giorno nel comune di Roma di 4.500 tonnellate, assumendo una raccolta differenziata del 24,3%, la quantità di rifiuti da trattare è di circa 4000 tonnellate/giorno. E', pertanto, evidente che la capacità di trattamento, al massimo dell'attuale operatività dei 4 tmb non è sufficiente.
Solo ove aumentassero i livelli di raccolta differenziata potrebbero, dunque, diminuire i rifiuti tal quale conferiti in discarica.
2.6 - L'audizione dei direttori tecnici delle società che gestiscono gli impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb).
Al fine di comprendere le effettive modalità di funzionamento degli impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb) sono stati convocati e auditi dalla ommissione Riccardo Caminada, direttore tecnico della società AMA Spa, e Paolo Stella, direttore tecnico della società E.GIOVI Srl.
Il direttore tecnico della società AMA Spa ha, in primo luogo, fornito informazioni in merito alle caratteristiche tecniche e alla capacità di trattamento degli impianti gestiti dall'AMA: «AMA è la società pubblica partecipata al 100 per cento dal comune di Roma che raccoglie e si occupa dello smaltimento dei rifiuti urbani, nell'ambito
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dei quali è attivata una raccolta differenziata che per alcune frazioni raccoglie separatamente questo tipo di rifiuti avviandoli a recupero. Non ho con me i dati precisi, ma raccoglie grossomodo 4-4.500 tonnellate di rifiuti urbani al giorno, che sono inviati, per quanto possibile, agli impianti di trattamento, costituiti da 4 unità, 2 di proprietà di AMA, di via Salaria e di via di Rocca Cencia, e 2 di proprietà del Colari. La capacità autorizzata degli impianti è di 750 tonnellate al giorno per ciascuno dei due impianti AMA. La potenzialità globale degli impianti del privato è, praticamente, la stessa, con la differenza che sono di taglia diversa, per cui non saprei differenziare le due potenzialità relative. Negli impianti tmb si effettua la separazione secco-umido e si produce combustibile da rifiuti cdr, una frazione secca particolarmente pregiata per contenuto di metalli e di potere calorifico, avviato agli impianti di termovalorizzazione presenti in regione. Per il momento, gli impianti disponibili sono quelli di Colleferro e di San Vittore del Lazio. Dall'altra parte, l'impianto produce con l'umido una frazione organica stabilizzata che, dopo circa 4 settimane di trattamento, è avviata, dopo una raffinazione, in discarica come terreno di ricopertura».
In merito al periodo di realizzazione ed all'operatività degli impianti, ha poi precisato: «Gli impianti tmb di AMA sono di recente costruzione. Il più vecchio dei due è quello di via di Rocca Cencia, avviato nel 2006; quello di via Salaria è stato costruito un paio d'anni dopo. Entrambi hanno presentato il problema di una fermata indotta da una situazione, che credo questa Commissione abbia già rilevato in altre occasioni, per la contestazione della qualità del cdr prodotto nei due impianti. Gli impianti sono stati, dunque, fermati, messi a punto e riavviati a metà dell'anno 2010.
Dall'anno 2010 l'impianto di via Salaria ha marciato verso il collaudo dell'opera relativa all'appalto di ricostruzione, mentre l'impianto di Rocca Cencia, che era già stato collaudato, ha cominciato a lavorare più a regime. All'incirca a fine 2011 gli impianti hanno raggiunto la messa a punto ottimale e direi che dal 2012 sono entrambi alla massima capacità produttiva. Abbiamo effettuato delle rilevazioni sui primi quattro mesi del 2012, in cui i due impianti hanno trattato quasi 100 mila tonnellate di rifiuti, contando i giorni utili di lavorazione. I quattro mesi, infatti, sono stati interessati dall'emergenza neve e dalle relative fermate, nonché dallo sciopero dei trasporti, che hanno condizionato gli allontanamenti. Considerando queste situazioni più o meno di forza maggiore e il fatto che questi impianti non dispongono, per come sono stati effettuati, di stoccaggi dei loro prodotti - tutto il cdr prodotto deve essere allontanato in giornata e portato ai forni di trattamento - abbiamo calcolato che hanno trattato circa il 95 per cento della capacità autorizzata fattibile. Esiste un altro problema sull'impianto di Rocca Cencia: in forza di un'ordinanza del sindaco di Roma, dobbiamo ospitare nell'area di ricezione dell'impianto la trasferenza di rifiuti gestita dal Colari, che aveva una trasferenza in un sito adiacente al nostro impianto. Questo era stato chiuso per un'ordinanza della magistratura e il sindaco ha ordinato di portare le operazioni di trasferimento da noi. Ciò impedisce l'operatività del nostro impianto al 100 per cento e parliamo di un 10-15 per cento».
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Il dato certo, peraltro evidenziato da più parti, è l'insufficienza degli impianti di trattamento meccanico biologico rispetto alla produzione di rifiuti sul territorio del comune di Roma. Roma, infatti, produce circa 4000 tonnellate di rifiuto giornaliero, mentre solo 3000 tonnellate vengono trattate.
Alla discarica di Malagrotta vengono, dunque, conferite 1000 tonnellate di rifiuto non trattato, la frazione organica stabilizzata e lo scarto di raffinazione del cdr.
È stata sottolineata, nel corso dell'audizione, la discrepanza tra i dati forniti dal Noe, sopra riportati, e quelli forniti dal direttore tecnico degli impianti gestiti dall'AMA, il quale ha però giustificato la predetta discrepanza con il fatto che gli impianti sono in funzione 300 giorni l'anno, e, nell'ambito di questi giorni, occorre comunque tenere conto dei periodi programmati di manutenzione.
Il dato particolarmente importante emerso nel corso dell'audizione è quello relativo alla capacità potenziale degli impianti. Il direttore tecnico Caminada ha, infatti, precisato che gli impianti sono autorizzati, complessivamente, a trattare 3000 tonnellate di rifiuti al giorno, ma che sarebbero assolutamente idonei a trattare ulteriori mille tonnellate se la regione rilasciasse la relativa autorizzazione.
Sul punto, in particolare, ha dichiarato:
«Posso anticipare che AMA ha proposto proprio al commissario Sottile non più tardi di ieri un'ipotesi di lavoro per aumentare la capacità produttiva degli impianti allungando le ore e i tempi di lavorazione in modo da arrivare a 1.000 tonnellate al giorno sui propri due impianti e trattarne 2.000, la metà di quello che Roma produce. Questo passa attraverso un'autorizzazione regionale».
Il tutto, sempre secondo quanto riferito dall'audito, potrebbe avvenire senza modifiche sostanziali degli impianti che, dunque, potrebbero risultare sufficienti a trattare tutti i rifiuti prodotti, senza bisogno della progettazione e realizzazione di un quinto impianto. In sostanza, non vi sarebbero ostacoli di natura meccanica o tecnica, ma semplicemente ostacoli nascenti dalla mancanza di autorizzazione regionale.
Si riporta integralmente il passaggio dell'audizione:
«PRESIDENTE. Lei mi dice che, praticamente, la soluzione per risolvere anche queste 1.000 è che ci sia un'autorizzazione e che le macchine sono in grado di affrontare la situazione.
RICCARDO CAMINADA. Le macchine sono in grado di farlo, dobbiamo organizzare il terzo turno lavorativo in più, ma non dovrebbero esserci problemi a reclutare personale».
Con riferimento alla raccolta differenziata nella città di Roma, il direttore tecnico della società AMA Spa ha precisato che l'amministratore delegato ha presentato, come dichiarato in una recente conferenza stampa, un piano condiviso dall'amministrazione comunale: AMA e Roma puntano ad arrivare al 50 per cento di raccolta differenziata, quindi a raddoppiare la situazione attuale, entro il 2014.
Parzialmente diverse sono le dichiarazioni rese dal direttore tecnico della società E. Giovi S.r.l. (facente parte del consorzio Colari),
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Paolo Stella, con particolare riferimento alla capacità potenziale degli impianti a trattare ulteriori 1000 tonnellate di rifiuti.
All'inizio dell'audizione il direttore Stella ha precisato le modalità operative degli impianti:
- la prima fase di operazione è quella dell'apertura dei sacchi contenenti il rifiuto indifferenziato per separare le varie componenti;- si opera, quindi, una vagliatura primaria, che separa due flussi, uno prevalentemente rappresentato da frazione organica putrescibile, il secondo prevalentemente da frazioni leggere combustibili;
- la terza fase è quella deferrizzazione, operazione finalizzata ad eliminare tutti i materiali ferrosi presenti;
- la frazione organica è avviata a una sezione impiantistica di biostabilizzazione con una serie di voltacumuli, controlli della temperatura, emissioni per il controllo dell'umidità e dopo 28 giorni si ottiene un prodotto organico stabilizzato che ha perso buona parte della sua caratteristica di putrescibilità. Il prodotto viene ulteriormente deferrizzato;
- terminata la procedura si ottengono la frazione organica stabilizzata (fos) e gli scarti di lavorazione.
L'altra linea, dopo il vaglio primario, che è quello della frazione leggera, composto prevalentemente da carta, plastica, stracci, eccetera, è triturata, omogeneizzata, opportunamente depurata da tutta la presenza che ancora esiste della frazione di parte organica e di alluminio. Da un lato, quindi, si produce il fos, dall'altro il combustibile da rifiuto (cdr o css). Questo è il ciclo nel suo complesso.
Fatta questa precisazione, ha sottolineato come il problema sia rappresentato dal fatto che i quantitativi di rsu indifferenziati trattabili non raggiungono la potenzialità massima tabellare dell'impianto. In merito al quantitativo di rifiuto trattato, il direttore tecnico ha fatto riferimento a 750 tonnellate giorno per entrambi gli impianti: «I due impianti sono uno da 900 tonnellate al giorno e l'altro da 600 tonnellate al giorno. Non sono identici come potenzialità in quanto il primo è nato nel 2002, quello che chiamiamo M1, e sulla scorta dell'impiego di questo abbiamo realizzato M2, incrementando la potenzialità a 900 tonnellate al giorno, per cui contro le teoriche 1.500, siamo a 750, dati di ieri».
A seguito di precisa domanda del senatore De Angelis in merito all'eventuale capacità impiantistica a trattare le ulteriori 1.000 tonnellate di rifiuto indifferenziato, attualmente conferito in discarica «tal quale», l'audito ha precisato con molta chiarezza che ci sarebbe bisogno di una diversa autorizzazione regionale che consentisse di bypassare la qualità. In questo senso ha reso dichiarazioni diverse rispetto a quelle rese dal direttore tecnico degli impianti dell'AMA Spa.
Le linee attualmente esistenti sono conformi a garantire un risultato per 900 tonnellate al giorno M2, 600 al giorno M1. E però, secondo quanto dichiarato dallo stesso audito, i rifiuti trattati
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corrispondono solo a 750 tonnellate al giorno e questo accadrebbe perché i rifiuti non sono conferiti presso i suoi impianti. Si riportano integralmente le sue dichiarazioni sul punto, trattandosi di un passaggio importante e delicato: «Non ho questi rifiuti. Non mi sono conferiti. Non sono un imprenditore, ma l'investimento c'è, c'è un impianto che fino a prova contraria funziona, dà un risultato: per quale motivo non dovrei farlo funzionare? (...) Riceviamo al tmb quelli che ci sono conferiti. I documenti di accompagnamento di questi rifiuti sono fisicamente diversi se l'AMA raccoglie e destina i rifiuti alla discarica o al tmb.
PRESIDENTE. Perché prevedono di mandarlo in discarica?
PAOLO STELLA. Da uomo della strada, dico che costa di meno. Loro sono una Spa, hanno un bilancio che devono rispettare e cercano di risparmiare. Non fatelo, però, dire a me che sono dall'altra parte della barricata. Io non sono in grado di incrementare al massimo i rifiuti in ingresso al tmb perché siamo condizionati dai documenti di partenza, a parte il fatto che non abbiamo ancora un contratto con l'AMA e siamo in fase di ristrutturazione e contrattazione.
PRESIDENTE. Voi fate 750 tonnellate giorno perché non avete rifiuto.
PAOLO STELLA. Sembra ridicolo, ma è così. A riprova di quanto affermo, a suo tempo, nei vari contatti con il commissario, è sempre stata prevista l'opportunità di istituire un tavolo tra noi, AMA e le istituzioni per un coordinamento. Diversamente, qui corriamo come cani sciolti. Voi, giustamente, ci contestate di non far lavorare al massimo i tmb, noi non abbiamo questi rifiuti. I tmb dell'AMA, identici ai nostri perché li abbiamo realizzati noi e quindi conosciamo abbastanza bene, lavorano di più perché l'AMA, giustamente, dirotta i rifiuti buoni nei suoi impianti. Forse lo farei anch'io. La sostanza è che non abbiamo riconoscimento delle tariffe, né un contratto con l'AMA, non possiamo gestire la suddivisione dei flussi tra discarica e tmb. La sostanza gira intorno a questo, quindi sarebbe opportuno - è stato già previsto, c'è già stata una prima preriunione e il discorso è finito lì - un tavolo di coordinamento tra i vari attori del ciclo».
Le dichiarazioni rese dal direttore Stella appaiono particolarmente gravi in quanto danno conto dell'esistenza di una procedura schizofrenica: da un lato, vi è il problema di incrementare e potenziare gli impianti dichiarati insufficienti, dall'altro, proprio sulla base delle dichiarazioni rese, sembrerebbe che vengano conferiti per il trattamento quantitativi di rifiuti inferiori rispetto a quelli trattabili e ciò per ragioni economiche legate ai minori costi che conseguono al conferimento del rifiuto tal quale in discarica. Non è dunque chiaro il quadro relativo alla capacità impiantistica per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti, alla qualità del trattamento, alle quantità trattate. Questa circostanza è tanto più grave in quanto la mancanza di chiarezza attiene ad una delle questioni sollevate dall'Unione europea nella procedura di infrazione. La possibilità di disporre di dati precisi sul punto è, infatti, la premessa indispensabile per potere adottare decisioni consapevoli e attuare gli interventi conseguenti.
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3 - L'attività svolta dalla regione Lazio.
3.1 - Il documento di «Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi» predisposto dalla regione Lazio.
La direzione regionale delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio, in data 24 giugno 2011, ha trasmesso al segretario generale della presidenza della giunta, Salvatore Ronghi, con nota prot. n. 120859, un documento, intitolato «Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi» (doc. 1161/3 e 865/2), nel quale sono individuati sette potenziali siti da adibire a discariche per rifiuti solidi urbani trattati.
Si riporta l'introduzione del documento, esplicativa della sua funzione: Il presente documento ha lo scopo di perimetrare, dal punto di vista della compatibilità tecnico-amministrativa, alcune aree, meglio dettagliate in seguito, individuate in via preliminare quali potenziali insediamenti del nuovo sito di discarica, di proprietà pubblica, a servizio dei comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e Città del Vaticano, per lo smaltimento dei rifiuti urbani e assimilabili, in ottemperanza all'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 36 del 2003, e con riferimento alla circolare prot. GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009 del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, posti dunque a dimora «solo dopo trattamento, a meno che non si tratti di rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente fattibile o non si tratti di rifiuti il cui trattamento non contribuisce a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi per la salute umana, non risultando pertanto indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente».
Si fa, dunque, riferimento a una compatibilità tecnico-amministrativa dei siti ai fini di una possibile destinazione a discarica provvisoria. La dizione «compatibilità tecnico-amministrativa» sembrerebbe, secondo i comuni criteri interpretativi, far riferimento a una compatibilità sia dal punto di vista amministrativo, nel senso che non dovrebbero sussistere vincoli giuridici insuperabili (nonostante la normativa emergenziale), sia dal punto di vista tecnico, ossia i siti dovrebbero essere compatibili, sotto il profilo delle caratteristiche geologiche ed idrogeologiche, con una loro potenziale destinazione a discarica.
Si avrà modo di constatare, nel prosieguo della relazione, come nulla di tutto ciò sia stato verificato se non in modo estremamente sommario, sicché il documento di Analisi preliminare della regione, pur richiamato nell'ordinanza di nomina del commissario straordinario, risulta essere del tutto inadeguato sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista giuridico.
Il paradosso che sin d'ora si intende evidenziare è quello per cui il documento summenzionato, contenendo l'elenco dei siti tra cui «in via prioritaria» il commissario straordinario dovrà indicare quello da adibire a discarica temporanea, avrebbe dovuto essere un documento frutto di una minima attività istruttoria sul campo, laddove invece, per come dichiarato alla Commissione dall'assessore regionale all'ambiente,
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è frutto esclusivamente di un'analisi documentale dei dati già in possesso della regione.
I siti individuati nel documento di analisi preliminare sono i seguenti:
S1 Corcolle - San Vittorino;
S2 Osteriaccia (via Leopoli);
S3 Pizzo del Prete - Le Macchiozze;
S4 Quadro Alto;
S5 Procoio Vecchio - Pian dell'Olmo;
S6 Monti dell'Ortaccio;
S7 Castel Romano - Quartuccio.
Per ognuno di essi, il documento riporta - sinteticamente - le caratteristiche salienti. Viene, peraltro, espressamente specificato che la compatibilità accertata per ognuno «ha carattere esclusivamente preliminare, basandosi su considerazioni di carattere documentale, avendo essa il solo scopo di illustrazione dei siti. Ad essa farà seguito ogni campagna di indagine e ogni iter procedurale necessario, così come previsti dalla normativa di settore e dalla tecnica progettuale e realizzativa».
Occorre evidenziare come uno di questi sette siti, precisamente Pizzo del Prete - Le Macchiozze, sia stato menzionato nell'ordinanza n. Z0002 del 30 giugno 2011 con la quale la presidente della regione Lazio ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 il funzionamento della discarica di Malagrotta.
Nell'ordinanza, infatti, richiamandosi esplicitamente il citato documento di analisi preliminare, si afferma che dallo stesso si evincerebbe «una preferenziale idoneità per il sito censito al n. S3 in località Pizzo del Prete-Le Macchiozze nel territorio del comune di Fiumicino» quale sito per la realizzazione di una discarica alternativa a quella in esaurimento (1161/4).
3.2 - L'attività istruttoria svolta per la redazione del documento di analisi preliminare.
Tenuto conto dei documenti ufficiali summenzionati (provvedimento di nomina del commissario straordinario e documento di analisi preliminare della regione Lazio), appare chiaro come le questioni da approfondire, siano le seguenti:
- per quale motivo sia stato redatto il documento di analisi preliminare da parte della regione;
- quali attività istruttorie la regione Lazio abbia posto in essere per l'individuazione dei siti tra i quali, prioritariamente, il commissario straordinario deve effettuare la scelta;
- quale valenza abbia, nel contesto procedimentale, il documento in questione.
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A tal fine questa Commissione ha richiesto copia della documentazione utilizzata dai tecnici della regione Lazio ai fini della predisposizione dell'atto suindicato e ha audito l'assessore regionale all'ambiente Pietro Dipaolantonio, nonché il direttore delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio, Mario Marotta.
Occorre evidenziare che nel documento di analisi preliminare inviato alla Commissione non sono indicati i nominativi dei soggetti che hanno curato la pratica presso la Regione, né il documento risulta sottoscritto da alcuno. Non è, poi, nota la data nella quale è stato redatto.
In proposito, in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dalla Commissione, la presidenza della regione Lazio ha inviato, il 3 aprile 2012, una nota del direttore regionale attività produttive e rifiuti, Mario Marotta, nella quale è scritto che i firmatari del documento di analisi preliminare sono i direttori delle tre direzioni competenti: dott. Demetrio Carini (direzione regionale territorio e urbanistica), dott. Mario Marotta (direzione regionale attività produttive e rifiuti), dott. Giuseppe Tanzi (direzione regionale ambiente) (doc. 1161/ e 1161/2).
Con la medesima nota sono state fornite una serie di precisazioni (doc. 1161/2):
- il 28 dicembre 2010, con nota prot. n. N.Q.L. 090945, l'assessore alle politiche ambientali e del verde urbano di Roma capitale, Fabio De Lillo, ha comunicato all'assessore regionale alle attività produttive e politiche dei rifiuti, Pietro Di Paolantonio, che sulla base dei risultati esposti nel documento di analisi di siting, allegato alla nota predetta, «si può concludere che nel territorio di Roma capitale non vi sono aree idonee alla realizzazione di nuovi impianti integrati per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani, provenienti dalla raccolta dei rifiuti solidi urbani del comune di Roma». Ha invitato, quindi, la regione Lazio ad «avviare con immediatezza le attività propedeutiche alla individuazione di un sito per la realizzazione di un sistema integrato per la gestione dei rifiuti nell'ambito del subAto Roma»;
- la regione Lazio ha verificato la manifesta inerzia della provincia di Roma, alla quale, ai sensi dell'articolo 197, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., compete l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché, sentiti l'autorità d'ambito e i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti;
- la regione Lazio, come stabilito dall'articolo 199, comma 3, lettere d) e h) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., ha agito, per esercizio del potere sostitutivo, sulla base del criterio di sussidiarietà, producendo un documento intitolato «Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nella provincia di Roma», allegato alla nota prot.
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n. 120859 del 24/06/2011 e richiamato all'interno dell'ordinanza n. Z0002 del 30/06/2011, interno alla Regione Lazio, dove in via assolutamente iniziale è stata valutata la compatibilità di alcuni siti, desunti dagli archivi regionali e dallo stesso siting del Comune di Roma, individuati come potenzialmente idonei, con i criteri di localizzazione dei siti di discarica e impianti stabiliti nella pianificazione regionale, allora adottata dalla giunta regionale;
- l'ordinanza stessa, nonché quanto ivi riportato, risulta decaduta dal 31 dicembre 2011, come ribadito dalla sentenza del Tar n. 2149/2012;
- il documento di analisi preliminare è stato realizzato al fine di valutare, in via preliminare, le compatibilità di alcuni siti individuati come idonei con i criteri di localizzazione dei siti di discarica e impianti stabiliti nella pianificazione regionale allora adottata e successivamente approvata da parte del Consiglio regionale (D.C.R. n. 14 del 18/01/2012);
- non esistono verifiche tramite sopralluoghi preliminari, men che meno indagini svolte preventivamente all'individuazione dei siti effettuate da parte della regione Lazio. La documentazione utilizzata per la redazione dell'analisi preliminare, per la quasi totalità, è reperibile su siti Internet pubblici;
- il consorzio Co.La.Ri. nel 2009, non presentò alla regione Lazio uno «studio finalizzato all'individuazione di aree idonee per la collocazione di discariche nel territorio della stessa regione Lazio», bensì tre differenti istanze di autorizzazione per realizzazione di discariche per rifiuti urbani e assimilabili (non recuperabili e non trattabili in impianti tmb) nelle località «Monti dell'Ortaccio», «Quadro Alto» nel comune di Riano (provincia di Roma) e per la realizzazione di «discarica per rifiuti speciali non pericolosi» nel comune di Roma, in località «Pian dell'Olmo». Tali progetti, presenti negli archivi regionali, sono stati visionati come documentazione informativa nella redazione dell'analisi preliminare summenzionata.
3.2.1 - L'audizione dell'assessore regionale all'ambiente Pietro Di Paolantonio.
In sede di audizione, avvenuta in data 24 aprile 2012, l'assessore Di Paolantonio ha, dapprima, illustrato l'impegno della regione nella redazione di un nuovo piano rifiuti e nella predisposizione di misure atte ad evitare l'emergenza, dichiarando che:
- la questione primaria affrontata è stata quella della redazione del piano rifiuti, approvato in consiglio regionale il 18 gennaio di quest'anno e pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Lazio il 14 marzo;
- la regione Lazio aveva ricevuto una missiva da parte dell'amministrazione comunale di Roma, nella quale evidenziava di non essere in grado di indicare un sito per chiudere il ciclo nella città
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di Roma. La stessa incapacità, sempre a detta dell'assessore, sarebbe stata riscontrata nell'interlocuzione con la provincia;
- conseguentemente, la regione si è attivata per evitare che Roma entrasse in emergenza nel settore dei rifiuti, considerata la prossima saturazione della discarica di Malagrotta;
- le direzioni regionali attività produttive e rifiuti, urbanistica e ambiente hanno, quindi, cominciato a lavorare a uno studio preliminare per individuare alcuni siti che, dal punto di vista geomorfologico, potevano essere idonei a ospitare impianti collegati al ciclo dei rifiuti;
- nel giugno 2011 c'è stata la seconda proroga della discarica di Malagrotta da parte della presidente Polverini, la quale indicava anche - sulla base dello studio preliminare suddetto - Pizzo del Prete, in località Fiumicino, come sito preferenzialmente idoneo a sostituire Malagrotta;
- l'analisi preliminare sui sette siti, consiste in uno studio preliminare, svolto esclusivamente con la documentazione cartolare e cartografica di cui dispone la regione Lazio.
L'assessore ha, poi, precisato che l'individuazione dei siti per le discariche non è di competenza regionale, essendo questa limitata all'individuazione dei criteri preferenziali, escludenti e relativi alle progettualità, previsti nel piano di gestione dei rifiuti. Ha dichiarato che, in ogni caso, dalla regione, entro la data del 30 giugno, sarebbe arrivata una proposta: «Con il massimo senso di responsabilità che abbiamo provato a mettere in campo in questi due anni, abbiamo proposto al Ministro, che ha concordato, di fare entro la data del 30 giugno ulteriori verifiche, sulle quali al momento c'è il massimo riserbo, per valutare soluzioni diverse rispetto a quelle finora emerse, al fine chiudere in maniera definitiva il ciclo su Roma e provincia. (...) Ricordando sempre che l'autorizzazione del sito spetta sempre alla provincia e al comune, non alla regione (...) faremo una proposta, che poi deve essere indicata formalmente, nonché da noi autorizzata».
Rispondendo a una domanda del presidente on. Gaetano Pecorella sul futuro di Roma, l'assessore ha così risposto: «Bisogna applicare i principi che sono contenuti nel piano rifiuti, quindi un fortissimo incremento della raccolta differenziata e un programma di prevenzione, con il grandissimo obiettivo di conferire in discarica il minor quantitativo di rifiuto possibile e soltanto trattato. Da questo punto di vista, rispetto all'impiantistica cosiddetta "intermedia", cioè di trattamento meccanico-biologico, abbiamo una copertura di circa quattro quinti, con i quattro impianti operativi. C'è, poi, la possibilità di realizzare un quinto impianto che garantirebbe il completo trattamento della produzione dei rifiuti dell'ambito che conferiva a Malagrotta, cioè la città di Roma, i comuni di Ciampino e Fiumicino e la Città del Vaticano. Per quanto mi riguarda, questa è l'unica strada percorribile».
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3.2.2 - L'audizione del direttore attività produttive e rifiuti della regione Lazio, Mario Marotta.
Nella stessa audizione è stato sentito il direttore attività produttive e rifiuti della regione Lazio, Mario Marotta, il quale ha ulteriormente ribadito il valore di «studio interno» del documento di analisi preliminare. Alla domanda del presidente della Commissione circa gli effetti «esterni» che tale documento ha indubbiamente avuto, il direttore Marotta ha così risposto: «Nasce, però, come studio interno. Ha effetti esterni perché viene ripreso all'interno di un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, quindi da un'amministrazione diversa dalla regione Lazio, e individuato come un'analisi preliminare sulla quale il commissario straordinario avrebbe dovuto effettuare le attività di verifica previste dalla normativa di settore (...). Il tutto nasce da un documento negativo del comune di Roma, che afferma che, sulla base dei criteri di localizzazione fissati dalla prima deliberazione della giunta regionale del 2010, non ci sono siti idonei in tutto il territorio di Roma (...). La competenza, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non è neanche del comune di Roma, ma è incardinata nelle funzioni e nelle attribuzioni che la Costituzione riconosce alla provincia, sentito il comune. Siccome il «sentito» del comune è negativo, la provincia per due o tre mesi non si esprime rispetto a questo "sentito negativo" (...). A seguito di ciò, abbiamo cominciato a cercare dati utili nelle documentazioni regionali, compresi - come qualcuno ha riportato - gli studi effettuati da periti e soggetti privati depositati e quindi legittimamente utilizzabili dalla regione Lazio (...) qualora in futuro la regione avesse voluto esercitare un potere sostitutivo diretto.
La regione Lazio valuta, quindi, tutta la documentazione, che parte dallo stesso studio del comune di Roma. In pratica, senza dubitare della validità tecnica di quel documento, ci siamo permessi di revisionarlo e, difatti, i sette siti si ritrovano pedissequamente nello studio del comune di Roma. Successivamente, li abbiamo revisionati, evidenziando alcune criticità. Del resto, rispetto alla vincolistica, non c'è una parola non esatta nell'analisi preliminare, com'è confermato da sentenze del Tar, ma ciò non rientra nell'interesse di questa Commissione, che sta investigando, invece, su aspetti molto più preminenti. In sintesi, sono riportati tutti i vincoli, ma anche alcuni aspetti positivi per una valutazione di potenziale idoneità.
(...) Le tre direzioni, di fronte alle direttive degli assessori competenti e della giunta, affermano che dovendosi esercitare il potere sostitutivo, si sarebbe esercitato acquisendo la proprietà dei terreni con l'esproprio - come ha detto l'assessore - o con l'accordo di programma o anche acquistandoli sul mercato. In questo modo, si sarebbero esercitate per la prima volta le funzioni dell'autorità d'ambito - che non è mai esistita nella regione Lazio da quando c'è la normativa - che si esplicano attraverso le procedure di evidenza pubblica. La regione ha cercato di fare questo (...) è nella normalità delle cose che il presidente della regione - commissariata delle proprie competenze (...) - informi la Presidenza del Consiglio che era stato fatto uno studio, seppur preliminare e ancora di carattere
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interno, il quale, in quella circostanza, veniva valutato - come ha detto l'assessore - come una prima traccia.
A questo proposito, tengo a precisare che nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri è scritto «in via prioritaria», non esclusiva. Ciò vuol dire che il commissario non si doveva attenere necessariamente a quei sette siti. (...). Pertanto, se ci sono altri siti, il commissario può valutarli».
I dati di sintesi che si possono ricavare sono, essenzialmente, i seguenti:
- tutti i siti indicati nel documento di analisi preliminare presentano rilevanti criticità;
- l'istruttoria effettuata dalla regione Lazio è stata esclusivamente di tipo documentale e si è trattato di un'analisi provvisoria dal valore meramente indicativo;
- il commissario, sulla base di quanto riportato nell'ordinanza di nomina, ha il compito di individuare il sito scegliendolo, prioritariamente ma non esclusivamente, tra quelli indicati dalla regione Lazio;
- resta, in ogni caso, difficilmente comprensibile la logica posta alla base di un'ordinanza che dispone che la scelta del sito debba avvenire prioritariamente tra i siti indicati dalla regione Lazio nel documento di analisi preliminare, documento di carattere meramente compilativo e non preceduto da alcuna attività istruttoria sostanziale.
3.3 - L'audizione della presidente della regione Lazio, Renata Polverini: il piano di gestione rifiuti approvato dalla regione Lazio e la necessità di ricorrere alla struttura commissariale.
In data 19 ottobre 2011 la Commissione ha audito la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, la quale dopo aver descritto il sistema di gestione dei rifiuti urbani del Lazio caratterizzato dal preminente ricorso alla discarica, ha illustrato il piano rifiuti, all'epoca della audizione ancora in corso di approvazione.
Si riportano i passaggi fondamentali delle dichiarazioni rese: «In merito agli approfondimenti che questa Commissione sta effettuando introduco una descrizione del sistema di gestione dei rifiuti urbani del Lazio che abbiamo ereditato. Tale sistema è caratterizzato dal preminente ricorso alla discarica rispetto alla filiera di trattamento. Il trattamento avviene per il rifiuto urbano indifferenziato essenzialmente tramite gli impianti di trattamento meccanico-biologico (tmb). Il sempre maggior livello di completamento di esercizio degli impianti di tmb programmati per la regione Lazio, unitamente all'incremento di prevenzione della raccolta differenziata renderanno sempre minore, fino a ridurlo a zero, il ricorso alle discariche per il rifiuto urbano indifferenziato, pratica, peraltro, non più ulteriormente consentita dalla normativa europea e dalle norme nazionali di recepimento. Gli impianti di trattamento meccanico-biologico generalmente prevedono in uscita un combustibile derivato dai rifiuti e una frazione organica stabilizzata, ottenuta nella stragrande maggioranza dei casi con
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trattamento biologico di tipo aerobico e molto più di rado con un ricorso alla digestione anaerobica con produzione di biogas. Per il combustibile derivato dal rifiuto e la frazione organica stabilizzata sopra descritti sono definiti i rispettivi e naturali destini, la combustione o la gassificazione con recupero di energia per il primo e la valorizzazione quale materiale di riferimento nella gestione delle discariche per la seconda. Nel territorio laziale sono presenti impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani dei quali una parte risulta già realizzata e in esercizio. Ve ne fornisco un primo elenco. Un'altra parte è programmata, e anche in merito c'è una tabella relativa, per un totale utilizzato di 2.447.670 tonnellate all'anno. Gli impianti di termovalorizzazione o gassificazione nel territorio regionale sono tre. Si specifica che abbiamo utilizzato la messa in esercizio della seconda e terza linea attualmente in fase di gestione assistita dell'impianto di San Vittore. L'impianto di Colleferro è costituito da due linee entrambe in esercizio. Il gassificatore di Malagrotta attualmente risulta non funzionante ma in corso di completamento. La potenzialità totale indicata in tabella, pari a circa 700 mila tonnellate annue, non è al momento totalmente disponibile per il combustibile derivato da rifiuto e per il combustibile solido secondario prodotto. (...) Per quanto attiene al sito individuato a Fiumicino, in località Pizzo del Prete, esso è stato definito, con mia ordinanza del 30 giugno 2011, sito preferenzialmente idoneo per l'allestimento dell'impiantistica e della discarica a esso funzionale, occorrendo per esso almeno 36 mesi, in considerazione delle molteplici opere necessarie. Non escludo pertanto che, nel transitorio, si possa individuare un sito di smaltimento provvisorio. A tale proposito, non escludo inoltre che il commissario possa prevedere la realizzazione di un'ulteriore linea di trattamento dei rifiuti indifferenziati presso il sito provvisorio sopra citato. È opportuno, infine, aggiungere la citazione dell'ordinanza Z0002 del 28 giugno 2011, che impone l'attivazione e la piena operatività dei quattro impianti di tmb, due di proprietà dell'AMA e due di Malagrotta, a dimostrazione della volontà da parte di questa giunta regionale di trattare tutti i rifiuti, ove possibile, della capitale. Abbiamo da AMA, che ho incontrato ieri, l'assicurazione che i suoi impianti sono già andati quasi totalmente a regime, mentre siamo in attesa di conoscere dall'avvocato Cerroni entro quando metterà a sistema gli impianti di Malagrotta. Abbiamo anche rimosso la questione delle tariffe che, secondo lui, era ostativa per il funzionamento. Non ci sono più da parte della regione atti da compiere eccetto semplicemente provvedere a ciò che la mia ordinanza prevedeva».
Con riferimento al piano di gestione rifiuti della regione Lazio (approvato in giunta il successivo 18 gennaio 2012 e pubblicato sul Bur della Regione Lazio del 14 marzo) la Presidente Polverini ha dichiarato: «Per quanto riguarda il piano di gestione rifiuti della regione Lazio è stato redatto al fine di rispondere alla procedura di infrazione di cui alla sentenza del 14 giugno del 2007 con cui la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per la violazione della direttiva 75/442/CEE per la mancata individuazione di "luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, in particolare per quanto riguarda i rifiuti pericolosi...". Il nuovo piano, che invece risponde ai dettami comunitari, è stato adottato dalla Giunta regionale
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da me presieduta e presentato ufficialmente alla stampa in data 19 novembre 2010. Successivamente, a seguito dell'emissione del parere motivato rilasciato dall'ufficio Vas, il piano è stato aggiornato dalla stessa giunta regionale e riadottato in data 20 maggio 2011. Attualmente si sta lavorando affinché venga approvato in consiglio regionale entro l'autunno. I tempi di attuazione del piano andranno, a seconda degli interventi, da un minimo di 11 mesi fino all'anno 2017. Vorrei precisare che in questo tempo abbiamo naturalmente anche mantenuto contatti costanti e continui con la Commissione europea per far venire meno alcune criticità che il piano presentava rispetto alle loro indicazioni. Stiamo, dunque, andando in consiglio con un piano già osservato dall'Unione europea. Il piano rifiuti è strutturato in due sezioni: rifiuti urbani e rifiuti speciali. Sulla base della situazione attuale e dei vincoli di legge il piano riporta le stime dell'andamento di crescita dei rifiuti, proponendo iniziative per ridurne la produzione, e gli scenari di risposta per chiudere il ciclo in maniera virtuosa. Inoltre, allo scopo di fornire indirizzi per la pianificazione degli interventi da attuare nel caso di mancata realizzazione dello scenario di piano viene definito lo scenario di controllo, che permette di tenere sotto controllo il raggiungimento degli obiettivi di piano attraverso un monitoraggio con reportistica annuale. Gli elementi essenziali contenuti nel piano riguardano la prevenzione e la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata, l'utilizzo residuale delle discariche e la definizione dei confini amministrativi e di gestione dei rifiuti. La prevenzione e la riduzione dei rifiuti sono gli obiettivi primari fondamentali individuati sia dagli interventi normativi europei, sia dai loro recepimenti nazionali e regionali. La regione Lazio, nondimeno, nel piano della gestione dei rifiuti pone come obiettivo generale quello di operare una pianificazione sull'intero ciclo di gestione dei rifiuti, introducendo una novità assoluta, che riguarda l'attivazione di iniziative di prevenzione, recupero e riuso dei rifiuti prima ancora del loro trattamento, per cercare di ridurne la produzione rispetto alla crescita inerziale di almeno il 7 per cento su scala regionale. (...). Ancora, il piano regionale di gestione dei rifiuti mira, oltre che a un indispensabile incremento, soprattutto a un miglioramento qualitativo della raccolta differenziata, obiettivi imprescindibili per sostenere con profitto la filiera del riciclo. (...) Nel nostro piano viene previsto un incremento della raccolta differenziata dal 22 per cento al 65 per cento tra il 2011 e il 2012, necessariamente in linea con i dettami normativi nazionali e comunitari. Nella nuova legge finanziaria regionale, inoltre, sono stati stanziati 135 milioni di euro da destinare a programmi sulla raccolta differenziata tra il 2011 e il 2013. Nei prossimi giorni, grazie al patto regionalizzato che proprio in queste ore sta passando per i criteri in commissione bilancio al consiglio regionale, saranno erogati i primi 25 milioni. Entro pochi giorni illustreremo come e a chi andranno queste risorse (...) punto assai qualificante del Piano è considerare l'utilizzo delle discariche quali esclusivamente residuali. In altri termini, nelle discariche a servizio del ciclo di gestione rappresentato dal piano dovranno confluire solo rifiuti trattati, così come, del resto, impongono la direttiva europea e la normativa italiana di relativo recepimento. Non si può tuttavia ignorare che attualmente, a causa del ritardo di attuazione della
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politica di gestione virtuosa dei rifiuti accumulatisi negli anni, è ancora troppo alta la percentuale di rifiuti urbani indifferenziati che confluiscono in discarica (...) il Piano individua un solo Ambito territoriale ottimale (Ato), coincidente con l'intero territorio regionale. Individua, inoltre, cinque sub Ato entro i quali organizzare i servizi di raccolta dei rifiuti urbani assimilati e garantire l'autosufficienza degli impianti di tmb dei rifiuti urbani indifferenziati. I sub Ato corrispondono, con alcune piccole distinzioni, ai territori delle cinque province, avendo introdotto il principio di prossimità. In questo modo la regione conta di semplificare il sistema di raccolta e di smaltimento, rendendolo più efficace ed economico. Non è previsto dunque un esodo indiscriminato dei rifiuti romani per il Lazio. Quelli della capitale rimarranno nel sub ambito di pertinenza. Per quanto riguarda, infine, il comune di Colleferro, esso ricade nel sub Ato di Roma. Il territorio del sub Ato coincide con la provincia di Roma, con l'esclusione dei comuni di Anzio e Nettuno e con l'aggiunta di due comuni di confine della provincia di Frosinone: Anagni e Paliano. Ricordiamo che il comune di Colleferro è proprietario dei terreni su cui sorgono gli impianti del consorzio Gaia e che la giunta regionale ha approvato in data 13 agosto 2011 la legge n. 15 di costituzione della società per azioni denominata Lazio Ambiente Spa che correrà per l'acquisizione del suddetto Consorzio. Lazio ambiente sarà una società completamente pubblica, inizialmente di sola proprietà regionale e successivamente aperta ai comuni eventualmente interessati. (...) Naturalmente confermo che andiamo verso la chiusura di Malagrotta, la più grande discarica d'Europa. Presidente, voglio puntualizzare che noi chiudiamo una discarica di circa 180 ettari e che stiamo lavorando per un impianto definitivo di soli 30 ettari. Ciò serve a indicare la differenza tra la gestione dei rifiuti per come noi l'abbiamo vissuta con Malagrotta e quella che, invece, prevede la questione del nuovo impianto».
Occorre sottolineare come, con un comunicato stampa del 21 giugno, la Commissione europea abbia annunciato l'archiviazione della procedura d'infrazione n. 2002-2284 nell'ambito della quale l'Italia era stata condannata dalla Corte di giustizia nel giugno 2007 per l'assenza dei piani di gestione dei rifiuti di alcune regioni e province. In particolare, la Commissione ha valutato positivamente il piano di gestione dei rifiuti approvato dalla regione Lazio e notificato dalle autorità italiane.
Contestualmente, però, la Commissione europea esprime preoccupazione per la situazione dei rifiuti nel Lazio con particolare riferimento al funzionamento della discarica di Malagrotta in relazione alla quale dal giugno 2011 è avviata una procedura d'infrazione (p.i. 2011-4021) per violazione della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. Naturalmente, il piano rifiuti non può esaurirsi nell'elaborazione di un documento, ma deve tradursi necessariamente nell'attuazione di quanto in esso previsto.
Nel corso dell'audizione, è stato sollevata anche la questione della necessità di ricorrere ad una struttura commissariale. Si riporta, in merito, la risposta fornita dalla presidente Polverini: «Malagrotta era l'oggetto principale del nostro contenzioso con l'Europa e, se mi posso permettere di affermarlo, anche della scarsissima considerazione e
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credibilità che i rappresentanti della regione Lazio avevano in sede europea. Avevamo la necessità di consegnare un piano e al tempo stesso di spiegare che andavamo verso il progressivo esaurimento della discarica più grande d'Europa. Per fare ciò ci siamo dovuti presentare con poteri commissariali, proprio perché per noi e anche per l'Europa ci fosse la convinzione che abbiamo gli strumenti per operare nei tempi che altrimenti con i poteri ordinari sicuramente non riusciremmo a raggiungere. Ho chiesto al Governo di individuare un commissario - lo ringrazio chiaramente anche qui, ma l'ho già fatto pubblicamente - che avesse un ruolo e una funzione altamente istituzionali proprio per sgomberare il benché minimo dubbio che qualcuno volesse utilizzare poteri commissariali per eludere funzioni proprie dell'assemblea legislativa del Lazio e della Giunta (...). Abbiamo consegnato al Commissario nel momento della sua nomina l'elenco dei siti che, secondo la regione, erano i più idonei. Il Commissario - che, come voi sapete, può assumere anche propri tecnici che l'aiutino oltre a basarsi sul sostegno della regione e degli altri enti locali coinvolti - è arrivato alla determinazione che quei due siti (Corcolle e Quadro Alto) potevano essere la risposta più giusta in questo momento».
Le dichiarazioni della presidente Polverini contrastano, per così dire, con quelle rese dal Ministro Clini sul medesimo argomento, riportate nel prosieguo della relazione. In particolare, il Ministro ha contestato proprio la necessità di ricorrere ad una struttura commissariale per tamponare un'emergenza da tempo prevedibile e, quindi, come tale, neutralizzabile dagli enti locali attraverso la gestione ordinaria.
4 - La gestione commissariale.
4.1. - L'individuazione dei siti S. Vittorino - Corcolle e Quadro Alto.
Con decreto del 6 ottobre 2011, prot. n. 198831, il commissario delegato - in virtù dei poteri conferitigli con la citata ordinanza n. 3963 del 6 settembre 2011 - per l'individuazione dei siti ha nominato due consulenti, l'ingegner Pietro Moretti e l'ingegner Luigi Sorrentino, quali esperti della materia.
Con successivo provvedimento del 24 ottobre 2011, prot. n. 209071/2011 (doc. 882/1), il commissario Pecoraro ha indicato, due siti «ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» e, precisamente:
- il sito S1 in località S. Vittorino Corcolle (comune di Roma);
- il sito S4 in località Quadro Alto (comune di Riano).
Il primo risulta essere di proprietà della società anonima svizzera Brixia Verwaltungs Ag, con sede in Coira, i cui rappresentanti legali in Italia sono i signori Andrea Planner Terzaghi e Manuela Planner Terzaghi; il secondo appartiene al Consorzio Laziale Rifiuti (CO.LA.RI.),
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attualmente titolare della gestione della discarica di Malagrotta, il cui presidente e rappresentante legale è l'avvocato Manlio Cerroni.
La scelta del commissario risulta effettuata sulla base della relazione, datata 20 ottobre 2011 (doc. 882/2), redatta dai consulenti nominati. Così, infatti, si legge nel provvedimento del 24 ottobre, laddove nelle premesse richiama il contenuto della relazione tecnica definendola parte integrante del decreto, «che ne recepisce e approva il contenuto e le conclusioni».
La decisione di individuare due aree è così giustificata nel decreto: «la decisione di creare due siti provvisori di discarica è scaturita altresì: dalle valutazioni tecniche relative all'idoneità dei siti; dal calcolo della capienza necessaria a copertura del fabbisogno dei territori interessati, nell'arco temporale di durata delle stesse discariche, calcolato in trentasei mesi; dalla necessità di portare a termine i lavori di allestimento dei siti di discarica provvisori in tempi rapidi, senza dover effettuare particolari lavori di escavazione, che richiederebbero tempi troppo lunghi; dall'esigenza di operare scelte che comportino il minor aggravio dei costi per la relativa realizzazione».
Sul punto sono stati acquisite ulteriori informazioni dal prefetto Pecoraro nel corso dell'audizione dell'11 ottobre 2011. Si riportano le dichiarazioni rese, per le parti di interesse: «Dall'esame dei sette siti ci eravamo resi conto della necessità di ricavare due siti per il problema della cubatura. Trattandosi di circa 4 milioni di tonnellate all'anno, avremmo dovuto disporre di un sito per tale entità e, oggi come oggi, tra i sette che ci erano stati indicati nessuno era in grado di poterla ospitare. Avrebbe potuto essere utile Fiumicino ma avremmo dovuto svolgere grossissimi lavori per poter avere una volumetria tale da poter ospitare 4 milioni di tonnellate di rifiuti. È questa la ragione per la scelta di due siti. Pian dell'Olmo, come ricordavo, al massimo, oggi come oggi, arriva a 750 mila metri cubi, ragion per cui sono rimasti due siti che ci erano stati rappresentati, il sito di Corcolle nell'ambito del comune di Roma e il sito di Quadro Alto nell'ambito del comune di Riano. Quella di San Vittorino-Corcolle è un'area sostanzialmente già predisposta per accogliere l'abbancamento dei rifiuti e consente di allestire un sito in tempi molto ristretti in quanto è necessaria soltanto la posa in opera del pacchetto di impermeabilizzazione. La cubatura disponibile è pari a 1.100.000 metri cubi. Quadro Alto, nel comune di Riano, ricade al centro di una zona boschiva e di verde incolto che lo separa dai centri di Riano e di Monte Porcino. È costituito da una cava di tufo coltivata a fosse, oggetto di attività estrattiva che ha prodotto una serie di vasche accessibili attraverso rampe collegate a una strada di servizio interna. La zona è attraversata da un modesto alveo e complessivamente le caratteristiche geotecniche sono da considerarsi da buone a ottime. È possibile prevedere due soluzioni, occupando in entrambi i casi una zona di escavazione posta a nord-ovest della cava. Con la prima soluzione avremmo una volumetria di circa 2 milioni di metri cubi, a fronte dei 750 mila di Pian dell'Olmo. Con la seconda soluzione si potrebbe addirittura arrivare a 2.900.000 tonnellate, il che significa, insieme al 1.100.000 di tonnellate precedentemente citato, risolvere con sicurezza l'emergenza, cioè poter ospitare tutta la quantità di
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tonnellate di rifiuti del comune di Roma, Fiumicino, Ciampino e Città del Vaticano. Una situazione differente, a mio parere e a parere anche dei miei consulenti, non avrebbe garantito la certezza di poter ospitare tutti i milioni cubi di tonnellate di rifiuti, sia pur trattati, che vengono prodotti dal comune di Roma, di Ciampino, Fiumicino e dalla Città del Vaticano. Mi accingo ora, una volta ottenute da una parte dell'Agenzia del demanio e del territorio le particelle precise - le zone sono già state bene individuate - a emanare l'ordinanza di individuazione dei due siti che sarà notificata ovviamente ai proprietari. Seguirà poi l'occupazione d'urgenza per iniziare i lavori e l'eventuale espropriazione - ma ci può essere anche un accordo o un'intesa con i proprietari - dei due siti».
Occorre evidenziare come, già in data 7 ottobre 2011, dunque il giorno successivo alla nomina dei consulenti e sicuramente prima che questi avessero potuto analizzare compiutamente alcunché, il commissario delegato abbia annunciato, nel corso di una conferenza stampa, la scelta dei siti di Riano e Corcolle quali aree per la realizzazione delle discariche provvisorie, sostitutive di quella di Malagrotta. Tale annuncio è stato ripetuto avanti a questa Commissione, qualche giorno dopo (precisamente in data 11 ottobre 2011, nel corso dell'audizione del prefetto Pecoraro).
Appare particolare come la scelta sia stata, dunque, effettuata prima che gli esperti avessero espresso formalmente la loro opinione, tenuto conto del fatto che la relazione tecnica è datata 20 ottobre 2011.
4.2 - I dati contenuti nella relazione tecnica in merito ai siti scelti.
Va precisato che, secondo quanto riportato nell'incipit della relazione tecnica redatta il 20 ottobre 2011 (doc. 882/2), i consulenti hanno effettuato le loro valutazioni sulla base dello studio del documento "Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi" trasmesso il 24 giugno 2011 dalla direzione regionale delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio (doc. 865/2).
Oltre al citato documento sono stati esaminati dai consulenti i seguenti ulteriori atti tecnici, acquisiti ufficialmente dalla struttura del commissario straordinario:
- il «piano di gestione dei rifiuti della regione Lazio»;
- il «rapporto di valutazione ambientale strategica» relativo al piano, redatto ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006;
- la «relazione della Commissione europea» del 16/06/2011 riportante il parere motivato relativo alla procedura di infrazione comunitaria 2011/4021;
- la «Relazione tecnica» del dipartimento di tutela ambientale di Roma capitale - u.o. gestione piano rifiuti, riportante i dati sulla produzione e i flussi di rifiuti urbani di Roma capitale per gli anni 2010 e 2011;
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- gli studi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), commissionati dal Ministero dell'ambiente sull'area di Malagrotta relativi agli anni 2009 e 2011;
- la nota di commento degli studi Ispra dello stesso Ministero trasmessa alla regione Lazio in data 11/07/2011.
È stata, poi, esaminata la cartografia aerofotogrammetrica della provincia di Roma «carta tecnica regionale numerica», fornita dalla direzione regionale territorio ed urbanistica della regione Lazio riguardante le 7 aree individuate nella «relazione di siting» trasmessa il 24 giugno 2011.
Infine, sono stati analizzati alcuni elaborati di sintesi (anch'essi consegnati dalla direzione regionale delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio) relativi a tre progetti presentati alla regione Lazio dal consorzio CO.LA.RI. (che detiene la gestione della discarica di Malagrotta), riguardanti tre dei sette siti riportati nel documento ufficiale di sintesi. Si legge, nell'introduzione della relazione, che «nella fase propedeutica iniziale, per approfondire la conoscenza delle aree sono stati eseguiti diversi sopralluoghi tecnici su tutti i 7 siti individuati dallo studio regionale, congiuntamente ai funzionari preposti della direzione attività produttive e rifiuti della regione Lazio».
Gli stessi consulenti tecnici nominati dal Commissario, nel sottolineare come la loro scelta sia stata condizionata dai siti previamente individuati dalla regione, hanno evidenziato nel corpo della relazione diversi profili di criticità riguardanti ciascuno di essi.
4.2.1 - Sito San Vittorino-Corcolle, nel comune di Roma.
In particolare, con riferimento al sito San Vittorino-Corcolle, nel comune di Roma, le criticità evidenziate nella relazione sono: «per la cava più a sud (G.M. Pozzolana) è certamente un fattore di criticità la presenza di strati di lapillo con elevata permeabilità, inoltre, è da considerare la vicinanza dell'edificio denominato castello di Corcolle. Per la cava più a nord (Salini) sono certamente dei fattori di criticità la presenza dell'alveo e della tubazione dell'acquedotto, la relativa vicinanza del sito archeologico di Villa Adriana, nonché alcune case rurali sparse a distanza inferiore ai 500 ml ed infine la possibilità più ridotta di abbancamento».
Riguardo alla distanza dai centri abitati, i tecnici (nel corso dell'audizione del 14 dicembre 2011) hanno specificato: «Non esistono centri abitati a una distanza inferiore ai 1000 metri per entrambe le due ex cave esaminate. L'abitato di S.Vittorino è ubicato a circa 1.500 ml, mentre l'abitato di Corcolle è ubicato ad oltre 1.800 metri dalla cava di G.M. Pozzolana. Esistono alcune case rurali ubicate a una distanza inferiore ai 500 ml dalla cava superiore. Inoltre, il manufatto edilizio denominato "castello di Corcolle" è ubicato a circa 400 ml dall'area di escavazione ed è risultato della stesso proprietario dell'area di cava. Come accennato all'inizio del paragrafo, l'area della cava superiore è posto a una distanza poco inferiore ai 3 chilometri dall'importante sito archeologico di Villa Adriana. L'area della cava
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posta più a nord (Salini) invece, dista circa 2,5 km dal centro abitato di Corcolle e oltre 1,5 km dal centro abitato di S. Vittorino e dal centro abitato di Villaggio Adriano. Sono da segnalare alcuni fabbricati rurali (Colle Fiorito) sparsi a una distanza inferiore ai 500 ml dal sito della discarica per inerti e la presenza di un piccolo bacino per la pesca sportiva a distanza inferiore a 500 ml».
L'ingegner Moretti ha, poi, illustrato le modalità per la misurazione delle distanze dai centri abitati dichiarando: «Le prime case sparse sono a una distanza superiore ai 700 metri. Naturalmente, queste valutazioni saranno oggetto di ulteriore approfondimento, ma il dato è questo. I centri abitati, secondo la definizione del codice della strada come un insieme di edifici superiori al numero di 25, si trovano a una distanza superiore ai 1.500 metri. Lasciamo una foto aerea nella quale è perimetrata una distanza di 1000 metri dalla quale si evidenzia che, in realtà, non siamo mai in presenza di centri abitati con una frequenza di singole unità abitative superiori alle 25. In sostanza, quindi, in questo momento le distanze consentirebbero di operare senza alcuna deroga in base alle vecchie norme. Le nuove norme ambientali hanno un po' sfumato queste distanze anche in considerazione del fatto che il territorio è fortemente antropizzato, per cui obiettivamente diventa molto difficile trovare siti. (...) Peraltro, stiamo iniziando una fase di indagine partita su Corcolle, che è stata occupata, e quindi abbiamo la possibilità di accedere con le prime attività di rilievo topografico. Seguiranno tutte le indagini qualitative sul suolo, sulle acque e sull'aria. È ovvio, che dovremo poi subordinarci all'esito di queste indagini (...)».
Nel corso della stessa audizione il commissario ha dichiarato, in merito alla distanza da Villa Adriana: «ho già qui, e li lascio in Commissione, i documenti sulla distanza dall'area di Villa Adriana: 2.341 metri, tenendo conto che in mezzo passa anche l'autostrada».
Quanto alla situazione idrogeologica e geologica nella relazione si legge:
«Caratteristiche geologiche: i limitati elementi disponibili dalla carta geologica allegata allo studio regionale indicano la presenza di litotipo roccioso in prevalenza tufaceo con intercalare di piroclastiti e rocce sciolte. Dal sopralluogo effettuato nella cava di G.M. Pozzolana, a un primo esame visivo, è emersa la presenza di lapillo in corrispondenza delle pareti del fronte di scavo e la presenza di materiale tufaceo non particolarmente compatto. Per quanto riguarda la seconda area (a ridosso della via Polense), a un primo esame il materiale a vista del fronte di scavo della discarica per inerti e della zona destinata al ripristino ambientale appare costituito da litotipo tufaceo non particolarmente compatto. È ancora da precisare che nella zona già predisposta per l'abbancamento dei rifiuti inerti e nella zona destinata al ripristino ambientale il fronte di escavazione appare già sagomato in quanto sarebbe stato messo in sicurezza durante i lavori di allestimento della discarica.
Caratteristiche idrogeologiche: Il sito appartiene al bacino idrografico del fiume Aniene. L'area di escavazione prossima alla via Polense è delimitata da diversi corsi d'acqua pubblica soggetti a fascia di rispetto, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004. Tra questi, il più vicino alla ex cava posta a Nord è il già citato Fosso delle acque
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rosse. Si evidenzia che già nelle autorizzazioni regionale e comunale per l'esercizio dell'attività di discarica per inerti si è proceduto a derogare sulla consistenza della fascia di rispetto (150 m)».
4.2.2 - Sito Quadro Alto, nel comune di Riano.
Con riferimento, poi, al sito Quadro Alto, i consulenti nella relazione hanno evidenziato: «Costituisce certamente un fattore di criticità la presenza del centro urbano residenziale del comune di Riano e delle case sparse nella frazione di Quadro, anche se è possibile ubicare le aree di abbancamento in modo tale da garantire che le distanze siano superiori a quelle minime indicate dalla normativa. Un secondo fattore di attenzione e potenziale criticità è costituito dalla presenza del modesto corso d'acqua. Tale criticità, tuttavia, può essere tecnicamente risolta rispettando i franchi previsti e operando opportune scelte progettuali di delimitazione e conformazione delle aree di abbancamento. Si evidenzia, inoltre, che in alcune zone della cava sembrerebbe essere ancora in corso l'attività estrattiva».
Riguardo alla distanza dai centri abitati, i tecnici hanno specificato:
«Si ricorda che il limite di distanza per i centri abitati è di 1000 ml, mentre per le case sparse è di 500 ml (ai sensi della vigente normativa in materia decreto legislativo n. 36 del 13.01.2003). Come risulta dalla cartografia, le prime case del centro abitato del comune di Riano sono ubicate a poco più di 1 km dal limite di escavazione della vasca situata più a nord della cava. Alcune case sparse della frazione "Quadro" ricadono, invece, a poco più di 500 ml dal fronte di cava in direzione ovest. Nella stessa direzione il più vicino centro abitato trovasi a distanza maggiore di 1000 metri. È ancora opportuno evidenziare, che l'area urbanizzata del comune di Riano e le case sparse della frazione "Quadro", a un primo sommario esame visivo, sembrano avere le caratteristiche di abitazioni residenziali e alcune di lusso, mentre solo alcune hanno caratteristiche tipiche dell'edilizia rurale».
Riguardo alle caratteristiche geologiche e idrogeologiche si legge:
«Caratteristiche geologiche: si è detto che il sito è ubicato in un'area dove è presente una cava di tufo, pertanto le caratteristiche geotecniche complessive possono considerarsi da buone ad ottime. Sotto il profilo della permeabilità, invece, si deve osservare che tali formazioni rocciose hanno caratteristiche di porosità generalmente medie o basse. La permeabilità, tuttavia, può risultare notevolmente condizionata dalla presenza di fratture nell'ammasso roccioso.
Caratteristiche idrogeologiche: l'area di cava fa parte del bacino del fiume Tevere dal quale si trova a notevole distanza, per cui resta escluso qualsiasi rischio connesso ad una possibilità di esondazione dello stesso. Il sito, in direzione nord-sud è attraversato da un modesto corso d'acqua che si collega a una incisione sempre modesta, che ha inizio poco a sud dell'abitato di Riano. La falda acquifera, secondo le indicazioni riportate nel documento della regione, risale
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fino a una quota massima di 47 metri s.l.m. e, pertanto, si attesta a una quota poco inferiore al fondo delle vasche più profonde della cava (la vasca più profonda risulta - secondo la planimetria - a quota 48,90 metri s.l.m.). La quota della falda dovrà necessariamente essere investigata mediante la realizzazione di uno o più piezometri. È opportuno evidenziare che la falda deve essere ubicata ad almeno 2,0 ml al disotto del pacchetto di impermeabilizzazione della discarica.
In data 29 novembre 2011 il commissario straordinario ha decretato l'occupazione temporanea d'urgenza - ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 327 del 2001 e successive modifiche - finalizzata all'effettuazione di rilievi geomorfologici, idrogeologici e del suolo nonché alla redazione dei progetti preliminari, delle aree interessate dagli interventi in questione, al fine della realizzazione di una discarica nel comune di Roma in località San Vittorino - Corcolle (doc. 981/2).
4.3 - Il progetto preliminare per la discarica di Corcolle e la conferenza di servizi dell'8 marzo 2012.
È stato acquisito dalla Commissione il progetto preliminare per la realizzazione della discarica per rifiuti non pericolosi in località «CORCOLLE» (doc. 1163/1, 1163/2, 1163/3), affidato alla CIDIEMME Engineering Srl.
Nel progetto sono riportati anche i costi di costruzione iniziali dell'impianto per la sua messa in esercizio e i costi finali di chiusura della discarica, una volta esaurita la fase di coltivazione, con esclusione dei costi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria nella fase di coltivazione (smaltimento del percolato, riparazioni e manutenzioni degli impianti, ecc.), nonché dei costi relativi alla gestione cosiddetta post mortem della discarica per il periodo di 30 anni, come previsto dalla vigente normativa in materia.
In data 8 marzo 2012 si è svolta, presso la regione Lazio, una conferenza di servizi relativa alla progettazione preliminare di cui sopra, alla quale hanno partecipato, su convocazione del commissario per l'emergenza rifiuti: il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero dell'ambiente, regione Lazio, l'Arpa Lazio, il comune di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, la provincia di Roma, l'Autorità di bacino del fiume Tevere, l'ACEA, l'ing. Luigi Sorrentino in qualità di consulente del Commissario, gli ingegneri Pietro Moretti e Angelo De Candia della Soc. CIDIEMME Engineering Srl.
Risulta dal verbale della conferenza trasmesso (doc. 1161/5) che diverse autorità intervenute hanno formulato un parere decisamente negativo in merito al progetto in parola, evidenziando quanto segue:
- il sito ha una valenza archeologica in quanto ubicato in prossimità dell'area archeologica di Villa Adriana e compreso tra le cittadine di Tivoli e Palestrina;
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- il sito è interessato da diversi vincoli, ricade nel reticolo idrografico del sottobacino «Aniene» e è interessato dall'attraversamento di numerosi corsi d'acqua pubblica a loro volta sottoposti a vincolo;
- le soprintendenze territoriali nel 2009 e nel 2010 hanno rilasciato autorizzazioni tese esclusivamente al recupero ambientale della preesistente cava di pozzolana e le caratteristiche del progetto de quo risultano essere del tutto diverse;
- dal punto di vista morfologico, le operazioni previste nel progetto sono in pieno contrasto con i vincoli esistenti e gli impianti necessari al funzionamento della discarica sono in contrasto con qualsivoglia operazione di recupero paesaggistico, così come in contrasto con i vincoli già citati sono le strade di nuova realizzazione e l'ampliamento della viabilità esistente;
- il progetto preliminare esaminato non è conforme alla vigente pianificazione di bacino/distretto idrografico e non contiene una adeguata valutazione dei rischi di impatto sulle acque superficiali e sotterranee;
- il quadro conoscitivo ottenibile dalle indagini condotte per la progettazione preliminare evidenzia e conferma l'elevata complessità e vulnerabilità dell'area in parola, oggetto di specifiche azioni di tutela nell'ambito della predetta pianificazione;
- il quadro della pianificazione di bacino/distretto idrografico depone per una riconsiderazione dell'ubicazione del sito ove realizzare la discarica.
PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI SVOLTI DALLA COMMISSIONE ED ELEMENTI DI CRITICITÀ RISPETTO AI SITI INDIVIDUATI
5 - Approfondimenti effettuati dalla Commissione in merito all'individuazione dei siti di Corcolle e di Quadro Alto.
5.1 - Approfondimenti circa la proprietà dei siti scelti dal commissario.
Sin dalla prima audizione del commissario Pecoraro, avvenuta in data 11 ottobre 2011, è stata affrontata la questione dell'individuazione dei proprietari del sito di Corcolle. In un primo momento le risposte fornite dal commissario sono state poco esaustive, non avendo la struttura commissariale neppure verificato in modo specifico questo aspetto. Nella successiva audizione, avvenuta in data 14 dicembre 2011, il prefetto ha precisato che la proprietà del sito di Corcolle è riconducibile a una società svizzera, con sede in Coira. Non sono stati, però, forniti i nomi dei titolari della società, limitandosi il prefetto a indicare la famiglia Planner quale rappresentante legale della società in Italia.
Nell'ambito degli approfondimenti svolti dalla Commissione in merito alla società svizzera indicata dal prefetto quale proprietaria del
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siti ove dovrebbe essere realizzata la discarica sono stati acquisiti i seguenti dati (doc. 999/1): denominazione: società anonima svizzera Brixia Verwaltungs Ag; rappresentanti in Italia: Manuela Terzaghi Planner e Andrea Terzaghi Planner; proprietari: non risultano formalmente, trattandosi di società anonima (in sede di audizione, l'amministratore della Ecologia Corcolle Srl, Giuseppe Piccioni, ha dichiarato che i proprietari si identificano con i legali rappresentanti in Italia della società. Deve evidenziarsi che Giuseppe Piccioni è marito di Manuela Terzaghi Planner); sede: Coira - Svizzera.
Il sito di Corcolle, di proprietà della società svizzera menzionata, risulta essere stato concesso in affitto dalla Brixia alla Ecologia Corcolle Srl in data 11 luglio 2011, pochi giorni dopo la costituzione di quest'ultima società.
La Commissione ha acquisito, a gennaio 2012, una visura camerale della società Ecologia Corcolle Srl dalla quale risultano i seguenti dati: denominazione : Ecologia Corcolle Srl; capitale sociale: 10 mila euro; sede: Roma, via Zagarolese, 500; data di costituzione: 6 luglio 2011; oggetto sociale: «la produzione, raccolta, selezione, trasporto e trasformazione in materia prima secondaria, il commercio, l'importazione e l'esportazione, dei seguenti beni o prodotti: di qualsiasi bene e oggetto definibile rifiuto da ciclo di lavorazione o da utilizzo del consumatore finale; di rifiuti solidi urbani e di qualunque oggetto considerato rifiuto, sia classificato speciale non pericoloso, sia speciale pericoloso, compresi i rifiuti ospedalieri, nonché rifiuti tossici e nocivi; gestione di discariche, di ogni denominazione e grado, anche con inceneritori per la produzione di energia elettrica e non; l'attività di deposito merci in ogni forma e classificazione, anche in container; la società potrà inoltre compiere tutte le operazioni commerciali, industriali, mobiliari e immobiliari ritenute necessarie o utili per il conseguimento dell'oggetto sociale, prestare fideiussioni e garanzie reali o personali, anche a favore di terzi, e assumere partecipazioni e interessenze in altre società o imprese, purché tali operazioni non siano svolte nei confronti del pubblico, né in via prevalente, nel rispetto delle inderogabili norme di legge; la società, inoltre, può compiere operazioni di investimento del proprio patrimonio, ivi compresa l'assunzione di partecipazioni in altre società che non si pongano in contrasto con l'attività costituente l'oggetto sociale»; operatività della società: inattiva alla data della misura; soci: Giuseppe Piccioni (marito di Manuela Terzaghi Planner), Alessandro Botticelli, Nicoletta Botticelli; amministratori: Giuseppe Piccioni e Nicoletta Botticelli.
È stato audito, quindi, dalla Commissione Giuseppe Piccioni, il quale ha dichiarato che la costituzione della società è avvenuta proprio in funzione della stipulazione del contratto di affitto. Richiesto di chiarire l'origine dei rapporti con la Brixia sia per quanto riguarda il contratto di affitto, sia per quanto riguarda la gestione della realizzanda discarica, il signor Piccioni ha dichiarato, in sintesi: - di essere stato contattato da tale Claudio Botticelli, esperto nel settore dei rifiuti, il quale gli aveva proposto di costituire una società (per l'appunto la società Ecologia Corcolle Srl) per la gestione della discarica che sarebbe stata realizzata sul sito di Corcolle;- di avere inizialmente pensato che la discarica avrebbe avuto ad oggetto solo
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materiali inerti (circostanza questa smentita dall'oggetto sociale della società Ecologia Corcolle Srl, sopra riportato, e contestata dal presidente della Commissione nel corso dell'audizione);- di avere quindi costituito, unitamente ai figli di Claudio Botticelli, Nicoletta e Alessandro, la società Ecologia Corcolle Srl, che avrebbe preso in affitto i terreni di proprietà della Brixia e avrebbe gestito la futura discarica;- che la società Brixia appartiene alla moglie, Manuela Terzaghi Planner, sicché gli interessi dei proprietari del sito e della società che avrebbe dovuto prendere in gestione la discarica fanno capo al medesimo gruppo familiare.
Si riportano, di seguito, le dichiarazioni rese alla Commissione il 30 gennaio 2012, da Giuseppe Piccioni: «Quando ho sentito delle voci secondo le quali sarebbe stata realizzata una discarica, mi sono messo un po' in agitazione. Si è presentato un giorno il signor Claudio Botticelli, un esperto in questo settore, del quale io non capisco nulla. Mi ha proposto una certa forma di gestione e abbiamo costituito una società. Abbiamo un contratto di affitto con la proprietà (...). Il signore che si è presentato mi ha detto di aver sottoscritto già un contratto simile di affitto, o non so che tipo di contratto, per una discarica di inerti che confina con noi. Per noi, realizzando in un posto o in un altro della zona, il fatto rimaneva traumatico per quanto riguardava le nostre attività, i nostri locali, il nostro bestiame. Da 10 anni siamo nel settore biologico, abbiamo un agriturismo che comincia a funzionare e che oggi non funziona più perché non viene più nessuno. Se domattina me lo togliete, mi fate un favore. È vero che ho costituito la società, ma quando hanno individuato veramente il sito e mi hanno detto che ci sarebbe stata realizzata una discarica, mi sono dato da fare per farla togliere. Questo è quanto voglio fare».
Che la natura degli accordi fosse quella rappresentata da Piccioni è confermato dal contenuto del contratto di locazione, stipulato esclusivamente in vista della successiva gestione della discarica da parte della società conduttrice.
Nel contratto di locazione (doc. 894/2) è previsto, infatti, che il sito venga concesso in locazione con destinazione d'uso «cava/discarica». La consegna è prevista «entro 10 giorni dall'avvenuto collaudo, da parte degli enti preposti e secondo le normative vigenti, delle aree destinate a discarica, successivamente al rilascio dalla regione Lazio dell'autorizzazione per la discarica stessa, che sarà insediata presso il sito oggetto della presente locazione». La consegna, pertanto, è rimessa ad un evento futuro ed incerto. Nel contratto si specifica che il conduttore è autorizzato a realizzare tutte le opere necessarie all'esercizio e all'uso vincolato del terreno, per il quale curerà anche le procedure amministrative necessarie. È prevista la facoltà per le parti di recedere dal contratto qualora - entro 24 mesi dalla stipula - «il progetto afferente la discarica o il successivo collaudo non venissero autorizzati dalla regione o dagli organi competenti»
È stato, poi acquisito dalla Commissione un documento, datato 15 novembre 2011, con il quale Manuela Terzaghi Planner, qualificandosi come proprietaria dell'area Corcolle, nonché Giuseppe Piccioni e Nicoletta Botticelli in qualità di amministratori della società Ecologica Corcolle Srl - premesso di aver proposto con lettera del 27/07/2011
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la propria disponibilità ad offrire l'attuale discarica autorizzata in Corcolle alle autorità competenti per accogliere i rifiuti trattati provenienti dalla città di Roma - dichiarano al commissario Pecoraro:
«di rinunciare all'indennizzo previsto per il valore del suolo, in cambio della continuità nella gestione della stessa; di provvedere, a proprie spese, alla realizzazione di opere di pubblica utilità a vantaggio della comunità locale (...); di rendersi disponibili a realizzare, a proprie spese e senza alcun intervento economico da parte degli enti pubblici, l'impianto di trattamento meccanico biologico sull'area di Corcolle; siamo altresì disposti a collaborare con tecnici nominati dall'Autorità competente; tutto ciò intendiamo realizzarlo tramite un'associazione temporanea di imprese, in collaborazione per quanto riguarda la costruzione del sito con il Consorzio cooperative costruzioni (CCC) che si avvarrà per la gestione del sito della Uneeco società cooperativa, come evidenziato dalla documentazione allegata» (doc. 1090/3).
Successivamente il provvedimento con il quale è stato individuato il sito di Corcolle per la realizzazione della discarica provvisoria in vista della chiusura di Malagrotta è stato impugnato innanzi al Tar dalla società Brixia (proprietaria dei terreni), dalla società agricola Castello di Corcolle Srl, della quale è amministratore lo stesso Piccioni e soci i figli, nonché dalla società G.M. Pozzolana Srl che gestisce una cava che insiste sul terreno della Brixia (doc. 1042/1, 1042/2, 1042/3, 1042/4).
Da tutti gli elementi acquisiti si è ricavato che: - in un primo momento - allorquando si riteneva che la procedura d'urgenza per l'individuazione dei siti consentisse la deroga ai principi dell'evidenza pubblica per l'individuazione dell'affidatario del servizio di realizzazione e gestione della discarica - Giuseppe Piccioni (ed, evidentemente, i proprietari dei terreni) avevano manifestato chiaramente la disponibilità a entrare nell'affare, occupandosi direttamente della gestione della discarica unitamente a Claudio Botticelli (che però non compare ufficialmente negli atti);- in un secondo momento, compreso che - a seguito del parere dell'avvocatura dello Stato circa la necessità di indire una gara per l'individuazione del gestore (non potendosi mettere in moto alcun automatismo) - non vi sarebbe stata alcuna certezza in merito alla futura gestione della discarica, è venuto meno l'interesse del Piccioni e della società Brixia a portare avanti il progetto originariamente concordato con Claudio Botticelli.
Sono quindi stati avviati, come precisato dall'avvocato del signor Piccioni, Giancarlo Viglione, presente all'audizione, i ricorsi innanzi al Tar finalizzati ad ottenere l'annullamento dei provvedimenti amministrativi che avevano portato all'individuazione del sito di Corcolle. Le dichiarazioni rese dal sig. Piccioni non sono state esaustive né per quanto riguarda i tempi e le modalità degli accordi con Claudio Botticelli, né per quanto riguarda la costituzione della società Corcolle Srl. Piccioni ha, infatti, dichiarato di avere inizialmente stipulato l'accordo ritenendo erroneamente che la discarica fosse destinata ad accogliere esclusivamente materiali inerti, ma tale supposizione è del tutto sconfessata dall'oggetto sociale della Corcolle Srl, sopra riportato.
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Anche con riferimento al sito di Quadro Alto, inizialmente il Commissario non aveva fornito risposte esaustive rispetto alla proprietà, poi risultata essere riconducibile alla Co.la.ri. che l'ha acquistata in data 13 ottobre 2011.
Nella seconda audizione del Prefetto Pecoraro, avvenuta in data 14 dicembre 2012, lo stesso ha dichiarato di aver accertato che il nuovo proprietario dell'area è l'avvocato Cerroni: «Vorrei ripartire dall'individuazione dei due siti e dei loro proprietari, dei quali ho anche aggiornato i nomi. Uno, il sito di Corcolle, appartiene a una società che ha sede in Svizzera, a Coira e l'altro all'avvocato Cerroni dopo averlo acquisito dal principe Ludovisi. A questo proposito c'era stato qualche problema perché l'acquisizione è avvenuta il giorno dopo che avevamo effettuato la visura, per cui il 13 risultava ancora del principe, il 14 risultava dell'avvocato Cerroni. Saprà che l'avvocato Cerroni più volte si è lamentato, affermando di aver presentato un progetto, che l'emergenza non esisteva e via discorrendo; il TAR ha respinto, almeno per ora, il ricorso dell'avvocato Cerroni, per cui stiamo continuando con la nostra attività.»
Riguardo al progetto presentato dall'avvocato Cerroni, nella nota a firma del direttore regionale attività produttive e rifiuti della regione Lazio, Mario Marotta, pervenuta alla Commissione in data 3 aprile 2012 (doc. 1161/1 e 1161/2), si dice che il consorzio Co.La.Ri. già nel 2009 aveva presentato alla regione Lazio tre istanze di autorizzazione per i seguenti progetti:
- discarica per rifiuti urbani e assimilabili (non recuperabili e non trattabili in impianti tmb) sita in località Monti dell'Ortaccio nel comune di Roma;
- discarica per rifiuti urbani e assimilabili (non recuperabili e non trattabili in impianti tmb) sita in località Quadro Alto nel comune di Riano;
- discarica per rifiuti speciali non pericolosi nel comune di Roma, in località Pian dell'Olmo.
Successivamente, in data 19 ottobre 2011, è stato audito anche l'avvocato Manlio Cerroni, il quale ha confermato di aver stipulato il contratto di acquisto dell'area di Riano circa dieci giorni prima, una volta appreso dai giornali che la stessa era stata scelta per la realizzazione della discarica.
5.2 - La procedura di affidamento del servizio di realizzazione e gestione della discarica.
Con riferimento alla procedura da seguire successivamente all'individuazione dei siti sono stati forniti chiarimenti dal direttore regionale attività produttive e rifiuti della regione Lazio, Mario Marotta, audito il 19 ottobre 2011, insieme alla presidente Polverini. Lo stesso ha dichiarato: «Sono sia il direttore regionale delle attività produttive e rifiuti, sia il soggetto attuatore dell'ordinanza di commissariamento per la chiusura di Malagrotta. La procedura è stata già
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esplicitata dal prefetto e prevede alcune fasi. Tra queste vi è la resa pubblica dei siti. Pertanto, rispetto a quanto già affermato dalla presidente, non posso che confermare l'intenzione, secondo le procedure previste, di dichiarazione di pubblica utilità quindi di occupazione di suolo pubblico e successivamente di esproprio dei siti».
Riguardo alle spese da sostenere per l'intera procedura e ai tempi previsti il direttore Marotta ha affermato: «Allo stato attuale i costi di commissariamento sono a carico della regione che si è fatta parte promotrice e quindi sussidiaria rispetto ai comuni.(...) Per essere chiaro e ancora più esplicito, la procedura di commissariamento parte subito dopo lo stanziamento da parte della regione delle risorse necessarie per avviare le procedure. Ci si è fatti carico di competenze proprie degli enti locali, del comune di Roma capitale, di Fiumicino, di Ciampino e, per un accordo internazionale, per una parte minima, della Città del Vaticano. Questa è la prima fase: l'esproprio. Al seguito dell'esproprio, come previsto dall'ordinanza, sono previste procedure concorsuali, gare a evidenza, ovviamente, grazie ai poteri diversi dall'ordinaria amministrazione, con una riduzione dei termini delle procedure concorsuali. Siamo in grado, pertanto, di operare rispetto alla proposta di quei siti che sono direttamente utilizzabili in quanto si tratta di cave che hanno già dismesso l'attività estrattiva. Sono siti idonei da un punto di vista tecnico e materiale (...). Non vorrei anticipare l'ordinanza, non mi è consentito, non sono il commissario. Nel programma per la tempistica le fasi sono queste: espropriazione e avviso pubblico per un'attività di concessione che prevede sostanzialmente due oggetti(...). La prima fase è l'esproprio, la seconda l'avviso pubblico per la concessione, con due oggetti, la realizzazione dell'opera e la gestione per il triennio, ossia i 36 mesi di cui abbiamo parlato, e, infine, si passa all'attivazione dei primi lavori. Qual è la scelta che abbiamo compiuto? Per la prima volta la regione Lazio ha svolto un'analisi di siting. Non era mai stata effettuata, anche perché non c'erano i siti. Per la prima volta ci sono sette siti alternativi. Nell'ordinanza è previsto che il commissario avrebbe dovuto verificare dapprima questo documento. L'ha fatto e ha ritenuto validi due siti. Li ha ritenuti validi perché sono quelli direttamente operativi. Sono cave, ragion per cui basta compiere una buona impermeabilizzazione e procedere. (...) Adesso l'ordinanza commissariale indicherà che servono tot ettari da una parte e tot dall'altra, dove non ci sono attività estrattive in corso (...). A brevissimo ci sarà l'ordinanza. Parliamo di giorni. Poi si procederà all'individuazione, e subito dopo, secondo la procedura ridotta per i poteri commissariali di esproprio, in dieci giorni avverrà l'esproprio e, con avviso pubblico immediato, perché già ci stiamo lavorando, quindi al massimo entro 30 giorni, si perverrà alla definizione definitiva della gara. Abbiamo una riduzione di termini di oltre il 50 per cento. Potremmo adottare anche procedure ancora più brevi, ma ci siamo. Infine, occorre un mese per l'impiantistica. Siamo al 31 dicembre. Come qualcuno giustamente osserva, perché se ne intende, possono essere cinque giorni prima o cinque giorni dopo. Oggi non sono in grado di precisarlo, però i tempi rispetto alla scelta che è stata compiuta ci possono consentire di chiudere Malagrotta entro il 31 dicembre». Le ottimistiche dichiarazioni del Direttore Marotta sono state sconfessate dai fatti.
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5.3 - Il parere dell'avvocatura dello Stato sulla procedura da seguire.
La Commissione ha acquisito un parere espresso dall'avvocatura dello Stato, appositamente interpellata dal prefetto Pecoraro con nota dell'8 novembre 2011, secondo il quale la procedura da seguire per l'affidamento della gestione della discarica individuata dal Commissario è quella dell'esproprio e della successiva gara ad evidenza pubblica. Si riporta di seguito uno stralcio del parere citato, trasmesso dall'avvocatura al commissario delegato il 25 novembre 2011 (doc. 1090/4): «(...) Se quanto precede è esatto, diviene allora nodale rispondere al secondo quesito, con cui si prospetta la possibilità di integrare l'ordinanza del 6 settembre 2011 nel senso di attribuire a codesto commissario anche il potere di autorizzare direttamente privati proprietari ad adibire a discarica aree di loro proprietà e di affidare a tali soggetti la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi da collocare in discarica dopo la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta. A giudizio di questa avvocatura generale, il perseguimento di tale possibilità non appare coerente con l'impostazione giuridica dell'ordinanza e con la concreta situazione di fatto da questa presupposta. Quanto all'impostazione giuridica, l'ordinanza richiama innanzitutto all'articolo 4, comma 1, il rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ("rectius", dal diritto dell'Unione europea). L'ordinanza precisa poi, coerentemente, che tra le norme derogabili del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dei contratti pubblici) non figura l'articolo 2, comma 1, per il quale "l'affidamento e l'esecuzione di ... servizi ai sensi del presente codice deve ... rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità". Altra disposizione del codice dei contratti pubblici non derogata dall'ordinanza è l'articolo 3, comma 10, giusta il quale "gli appalti pubblici di servizi sono appalti pubblici ... aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II". L'allegato II, parte A, n. 16, tra i servizi contemplati dal codice enumera quelli di "eliminazione di rifiuti". È quindi chiaro come il modus procedendi privilegiato dall'ordinanza sia l'affidamento mediante gara ad evidenza pubblica, in quanto unica modalità idonea ad assicurare il rispetto dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e concorrenza, del servizio di smaltimento dei rifiuti tramite la gestione delle discariche che codesto commissario avrà individuato (...); allo stato attuale non appare possibile affidare direttamente, senza procedure di evidenza pubblica, la gestione del servizio al titolare dell'area, previa sua autorizzazione a realizzarvi una discarica di rifiuti urbani. Naturalmente, nulla vieta di acquisire la disponibilità dell'area attraverso accordo bonario con i titolari anziché attraverso formali procedure ablatorie, ma resta inteso che ciò non potrebbe avvenire concedendo come corrispettivo il diritto di gestire il servizio; pena, come già esposto, la violazione dei principi di concorrenza, trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione che, nella presente situazione di fatto e di diritto, non appaiono derogabili».
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5.4 - Approfondimenti in merito alle distanze dai centri abitati.
Sui due siti di Riano e di Corcolle la Commissione ha ritenuto fossero necessari approfondimenti tecnici territoriali relativamente alla distanza dei siti dai centri abitati e dalle case sparse, data la insufficienza della documentazione prodotta dalla regione e nonostante il commissario Pecoraro avesse consegnato, nel corso dell'audizione del 14 dicembre 2011, due mappe con indicazioni ricavate da Google Maps. Pertanto, è stato delegato il Corpo forestale dello Stato per effettuare misurazioni delle distanze con tecnologie idonee. La relazione trasmessa dal Corpo forestale dello Stato, in data 12 gennaio 2012, ha fornito alla Commissione le seguenti risposte: le misurazioni precise delle distanze delle abitazioni più prossime ai due siti di Riano e Corcolle sono state effettuate utilizzando la funzione standard di misurazione tra due punti disponibili sull'applicativo Google earth professional. Le risultanze delle misure in campo sono state le seguenti:
«Sito di Riano: individuati 15 complessi insediativi, indicativi di quelli più vicini alla cava di tufo e oggetto dei rilievi; un solo edificio dista 540 metri dalla cava; tre strutture distano tra 831 e 835 metri dalla cava; tre insediamenti distano tra 755 e 777 metri dalla cava; quattro edifici distano tra 827 e 897 metri dalla cava; i restanti 4 edifici risultano a una distanza superiore a 972 metri.
Sito di Corcolle: sono stati individuati nove complessi abitativi/imprenditoriali significativi di quelli più vicini alle due cave di tufo oggetto del rilievo; essendoci a Corcolle due siti di cava (n. 1 e n. 2) per ogni complesso censito sono riportate due coppie di misurazioni; tre insediamenti sono adiacenti alle cave con distanze che variano da pochi metri a un massimo di 120 metri (castello di Corcolle); i villini a schiera posti sul Colle Merulino, più densamente abitati, risultano a una distanza inferiore a 500 metri dalla cava n.2; i fabbricati in località San Vittorino distano 1614 metri dalla cava n.1 e 1959 metri dalla cava n.2; tutte le altre strutture sono poste a distanze che variano da metri 438 a metri 1048».
Nella relazione redatta dai consulenti del commissario non è specificato, in relazione alle distanze rilevate, sopra riportate, come sia stata effettuata la misurazione, indicandosi semplicemente che «nella fase propedeutica iniziale, per approfondire la conoscenza delle aree sono stati eseguiti diversi sopralluoghi tecnici su tutti i 7 siti individuati dallo studio regionale, congiuntamente ai funzionari preposti della direzione attività produttive e rifiuti della regione Lazio.» Non risultano, però, allegati i verbali di sopralluogo effettuati. Inoltre, in più punti della relazione, è specificato come la rilevazione sia conseguita «ad un primo esame», evidentemente necessario di ulteriori approfondimenti. Sono stati richiesti al commissario ulteriori atti, concernenti gli approfondimenti effettuati sui siti in oggetto.
Nella nota del Corpo forestale, redatta a seguito di specifica delega della Commissione, sono riportati dati, ricavati dal sistema GIS Google Heart Professional, comunque verificati in loco, con riferimento al sito di Corcolle.
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5.5 - Approfondimenti in merito alla scelta effettuata dal commissario.
5.5.1 - Le conclusioni della consulenza tecnica redatta dagli ingegneri Moretti e Sorrentino.
La Commissione ha acquisito la relazione tecnica redatta dagli ingegneri nominati dal commissario delegato, recante la data del 20 ottobre 2011.
Si riportano, di seguito, i passaggi salienti delle considerazioni conclusive contenute nella relazione: «L'analisi delle aree individuate dalla regione Lazio (...) ha fatto emergere che nessuno dei siti segnalati è privo di elementi di criticità. (...) Tuttavia, dall'analisi dei fattori escludenti, nonché di tutti gli altri fattori di attenzione e di rischio valutati per i sette siti analizzati, emerge un quadro chiaro delle possibili soluzioni adottabili con urgenza per fare fronte adeguatamente allo stato di emergenza in atto. Innanzitutto, gli approfondimenti di carattere tecnico, sin qui condotti, hanno comportato l'eliminazione di alcuni siti per i quali i fattori escludenti sono risultati irrisolvibili e rispetto ai quali non sarebbe possibile adottare alcun provvedimento mitigativo per il superamento delle problematiche emerse. A giudizio degli scriventi non sono compatibili: il sito S2 «Osteriaccia - Via Leopoli» in comune di Fiumicino, il sito S6 «Monti dell'Ortaccio» in comune di Roma e il sito S7 «Castelromano-Quartaccio», sempre nel comune di Roma (...).
Sito S2 Osteriaccia in Comune di Fiumicino: il sito risulta confinante con l'autostrada per tutto lo sviluppo, trovandosi in posizione dominante rispetto a quest'ultima. Ciò ne determina una particolare visibilità, nonché l'esposizione ai venti che ne impedirebbero, con molta probabilità, una corretta gestione durante il funzionamento. Inoltre, il sito non presenta nessuna depressione e richiede tempo per la predisposizione delle cubature necessarie. In ultimo - ma non certamente per importanza - il sito in esame risulta troppo vicino ai centri abitati di Palidoro e di Valcanneto e all'ospedale pediatrico del Bambin Gesù, che costituisce un presidio sanitario particolarmente sensibile. I suddetti fattori di criticità rendono il sito non idoneo per la realizzazione di una discarica.
Sito S6 Monti dell'Ortaccio: (...) risulta adiacente alle discariche di «Malagrotta» e di «Testa di cane». L'area complessivamente presenta un elevato livello di contaminazione e di inquinamento che di per sé costituisce fattore escludente non derogabile. (...) risulta troppo vicino a frazioni e centri abitati significativi che ne determinano l'inidoneità, (...) la compatibilità geologica, la presenza di una cava ed infine i buoni collegamenti viari.
Sito S7 Castelromano-Quartaccio: L'area è particolarmente urbanizzata, (...). Inoltre, il sito è contiguo alla tenuta presidenziale di Castelporziano appartenente al demanio della Presidenza della Repubblica, sulla quale gravano numerosi vincoli di tutela integrale. La superficie disponibile non edificata, infine, risulterebbe modesta (...).
Il sito S3 Pizzo del Prete, pur essendo di notevole dimensione, è caratterizzato da un paesaggio agricolo pianeggiante ed è privo di una cubatura scavata esistente da utilizzare nell'immediato.
A parere degli scriventi, tenuto conto della grave situazione di emergenza in atto, è opportuno indirizzare la scelta su uno o più siti
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che abbiano già disponibile la cubatura scavata, (...). Per tale ragione (...), sono da preferire per la collocazione di una discarica, i siti denominati S1 (S. Vittorino/Corcolle - Roma), S4 (Quadro Alto - Roma) ed S5 (Pian dell'Olmo - Roma) che comprendono, nell'area individuata dalla regione una o più cave, attive o dismesse. Invece, come si è detto, il sito S3 non ha una cubatura immediatamente disponibile (...). Inoltre, per il predetto sito, S3 è necessario - per quanto esposto nel capitolo specifico - provvedere a lavori di adeguamento della viabilità che allo stato non consentirebbe il transito in sicurezza dei mezzi pesanti a servizio della discarica. Quindi, in considerazione dell'urgenza, restano da valutare i siti: S1 (Corcolle - Roma), S4 (Quadro Alto - Roma) ed S5 (Pian dell'Olmo - Roma). (...) nel sito S4 «Quadro Alto» è presente una vasta area di cava in parte dismessa e in parte in via di esaurimento, corrispondente a un'estensione di circa 6-8 ettari. Utilizzando la predetta area di cava sarebbe immediatamente disponibile una volumetria fino a 2,8 milioni di metri cubi. Tuttavia, anche tale notevole capacità di abbancamento non risulta sufficiente a soddisfare l'intero fabbisogno distribuito nei 36 mesi previsti per la fase di emergenza. Pertanto, si rende necessario individuarne uno ulteriore (...) Il sito S1 comprende, come si è detto, due vecchie cave attualmente destinate alla realizzazione di discariche per inerti. La prima di esse - quella più a sud - (società G.M. Pozzolana), per la volumetria dell'invaso (circa 2 milioni di metri cubi), per la conformazione delle pareti che la delimitano e per la distanza dai centri abitati è certamente idonea ad accogliere una discarica per rifiuti non pericolosi in tempi ridotti. La seconda cava - quella più a nord - presenta una cubatura disponibile più limitata (circa 800.000 metri cubi) e non è suscettibile di ulteriori ampliamenti. Di contro il sito S5 presenta una sola cava disponibile di dimensioni ridotte e non ampliabile in breve tempo. Pertanto, il sito S1 presenta delle caratteristiche preferenziali rispetto al sito S5 in quanto, a parere degli scriventi, garantisce una maggiore disponibilità di volumetria per l'abbancamento dei rifiuti con modeste opere di predisposizione e di impermeabilizzazione. La presenza delle volumetrie immediatamente disponibili, rende preferibile, per le già evidenziate ragioni di urgenza, il sito S1 - Corcolle, rispetto al sito S5 - Pian dell'Olmo che, invece, è costituito da una cava dismessa ancora da attrezzare e, peraltro, raggiungibile mediante una rampa molto acclive, anch'essa da modificare e adeguare per le esigenze della discarica. Inoltre, la scelta del sito S5 - Pian dell'Olmo, ubicato in prossimità del sito S4-Quadro Alto, finirebbe per insistere sullo stesso territorio, aggravando il disagio per i cittadini. Di contro, l'ubicazione del sito S1 - Corcolle è lontana dal sito S4 e consentirebbe di alleggerire l'impatto dei trasporti sulla rete viaria esistente, anche in considerazione della sua relativa vicinanza al sito di trasferenza di Rocca Cencia. Per tutte le motivazioni esposte, gli scriventi ritengono più idonei alla realizzazione di due distinte discariche per rifiuti non pericolosi, rispettivamente il sito S4-Quadro Alto, nel Comune di Riano ed il sito S1-Corcolle, nel Comune di Roma. Entrambe le aree innanzi indicate, tra quelle individuate dalla regione Lazio, sono idonee per la realizzazione di due discariche per rifiuti non pericolosi, da allestire e gestire entrambe durante la fase emergenziale prevista
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della durata di 36 mesi e garantiscono le cubature necessarie per coprire il fabbisogno dei comuni interessati»
5.5.2 - Le audizioni degli ingegneri Moretti e Sorrentino.
La Commissione ha ritenuto opportuno audire i tecnici nominati dal commissario, ingegneri Moretti e Sorrentino, affinché illustrassero in modo più specifico le conclusioni della relazione. Gli stessi, in data 21 marzo 2012, hanno reso dichiarazioni che possono sintetizzarsi nei seguenti punti:
- i sette siti proposti nel documento di analisi preliminare predisposto dalla regione sono stati visitati già dal 19 settembre insieme ai tecnici regionali, ingegneri Minicillo e Leone;
- dai sopralluoghi e dall'acquisizione di documentazione presso la regione Lazio è emerso che nessuno dei siti aveva caratteristiche tali da potersi considerare idoneo alla realizzazione di una discarica;
- i siti meno problematici sono risultati essere S. Vittorino-Corcolle, nel comune di Roma, e Quadro Alto, nel comune di Riano;
- la valutazione è stata effettuata in base ai dati emergenti dal «siting regionale, documento che recepisce tutti gli atti ufficiali della regione, in particolare il piano territoriale paesistico regionale». La relazione di siting regionale è estremamente sintetica sotto il profilo delle informazioni relative ai sette siti. Si tratta di due o tre paginette per ogni sito, poi sono riportate le cartografie del piano territoriale paesistico regionale, che danno una serie di informazioni. Non risultano indagini sul campo di carattere geomorfologico, chimico, fisico su tutte le componenti ambientali dei sette siti. «Tutti i riferimenti e le informazioni tecniche sui siti, quindi sulle falde e sulla geologia, sono resi per ogni sito più sulla base di dati bibliografici che su indagini fatte sul sito, tanto che poi il commissario, a valle dell'individuazione dei due siti, ha proceduto a fare eseguire una serie di indagini specifiche sui siti ritenuti «meno cattivi»»;
- il documento di analisi preliminare è firmato dalla regione Lazio, ma non riporta i nominativi dei funzionari che lo hanno redatto;
- i siti S2 e S7, Osteriaccia e Castel Romano, presentano significativi fattori escludenti e quindi sono stati quasi subito abbandonati (per il primo: estrema vicinanza all'autostrada, discreta vicinanza a un ospedale pediatrico, presenza di centri abitati a distanze ridotte; per il secondo: sito urbanizzato, con conseguente necessità di demolire fabbricati);
- Monti dell'Ortaccio è stato escluso perché molto vicino all'attuale discarica di Malagrotta, a una raffineria e a un deposito di oli combustibili. Inoltre, si trova in una zona a rischio di incidente rilevante;
- sugli altri quattro siti è stata effettuata una valutazione di «pseudo-idoneità», nel senso che, pur non rispettando i dettami della
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normativa vigente, con le deroghe era possibile immaginare di allocarvi una discarica: tre di questi siti sono stati individuati in aree di ex cave, mentre il quarto è una campagna non soggetta ad attività di tipo industriale. A Corcolle (S1) c'era già stato uno screening di valutazione per cui era stata autorizzata una discarica per inerti, cosa che aveva fatto emergere elementi di favore;
- gli altri tre siti sono il sito S3, Pizzo del Prete, sito nel comune di Fiumicino, il sito S4 Quadro Alto nel comune di Riano e il sito S5 Pian Dell'Olmo nel comune di Roma. Tra questi ultimi due, che presentano le stesse problematicità, si è immaginato di orientarsi su Quadro Alto unicamente perché Pian dell'Olmo è costituito da una cava di tufo di cubatura molto modesta, sufficiente solo per qualche mese;
- Pizzo del Prete è stato messo nella graduatoria in un passo subito successivo unicamente per i tempi, perché necessita un'attività preliminare di escavazione;
- sia la regione Lazio che la provincia di Roma sono state esortate a individuare siti ulteriori, ma non si è avuta alcuna risposta;
- è vero che nell'ambito del quadro legislativo ordinario i siti sarebbero tutti inidonei, però è anche vero che l'ordinanza concede un ampio potere derogatorio, che nasce dall'esigenza primaria di superare problematiche di carattere igienico-sanitario.
6 - Gli elementi di criticità dei siti individuati.
6.1 - Le proteste delle popolazioni interessate e delle associazioni ambientaliste.
Si ritiene di dover riportare, in sintesi, le osservazioni più significative svolte da alcune associazioni ambientaliste e comitati civici, portatori delle proteste sollevate dalle popolazioni interessate, con riferimenti ai due siti.
L'associazione civica «Riano nel cuore», con riferimento al sito S4 in località «Quadro», ha trasmesso alla Commissione una relazione idrogeologica finalizzata a verificare l'idoneità dell'area di Quadro Alto a ospitare una discarica per rifiuti solidi urbani ed una relazione topografica (doc. 1048/1, 1009/1, 1099/2 e 1099/3), segnalando che:
- la falda intercettata dalle cave di Quadro Alto è la falda principale del complesso idrogeologico del distretto vulcanico sabatino, già sottoposta a tutela dall'autorità di bacino del fiume Tevere;
- la stessa rappresenta la fonte di approvvigionamento di acqua potabile e per uso irriguo dei comuni limitrofi ed è in diretta continuità idraulica con la falda principale della valle del Tevere;
- la falda principale del complesso dei Monti Sabatini, si colloca a una quota sul livello del mare compresa tra i 50 e i 60 metri, ossia circa 6-16 metri al di sopra dall'attuale piano di cava, considerando
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come quota del piano di cava i valori riportati da altri accertamenti, solo cartografici, recentemente eseguiti in loco.
Il dott. Giorgio Coppola, coordinatore del comitato civico «Riano No discarica», in data 12 gennaio 2012, ha trasmesso alla Commissione un documento (doc. 1013/1) nel quale sono evidenziate le criticità del sito di Quadro Alto:
- il 9 ottobre 2009 la società CO.LA.RI. ha depositato presso la regione Lazio, la provincia di Roma e il comune di Riano, uno studio di impatto ambientale relativo alla realizzazione di una discarica per rifiuti urbani in località Quadro Alto per una superficie di circa 4,5 ettari;
- il 13 ottobre 2009 la regione Lazio direzione regionale energia e rifiuti (con nota inviata alla società CO.LA.RI. e per conoscenza al comune di Riano, alla provincia di Roma e al dipartimento regionale ambiente - area Via) ha rigettato la domanda «in quanto contrastante con le norme di pianificazione regionale e nazionale...»;
- in data 29 ottobre 2009 il comune di Riano ha comunicato alla società CO.LA.RI. e per conoscenza alla regione Lazio che l'istanza non poteva essere accolta in quanto contrastante con le norme di pianificazione comunale, regionale e nazionale;
- avverso tali provvedimenti di diniego la società CO.LA.RI. è ricorsa al TAR. I relativi procedimenti risulterebbero ancora pendenti (alla data del 12 gennaio 2012);
- alla pagina 24 del documento di analisi preliminare della regione Lazio si dice che il centro abitato dista circa 2,5 chilometri dal sito della discarica, che la zona abitata più vicina è la frazione di Quadro che si trova ad oltre 700 ml, mentre il centro abitato più grande è la frazione Monte Porcino Secondo che dista circa 1,5 chilometri dall'area di cava. In realtà, il centro abitato, inteso come centro storico, dista appena 1,4 chilometri. Per quanto riguarda, invece, la zona abitata più vicina, la casa sparsa più vicina è a circa 100 ml dal sito mentre la frazione Monte Porcino Secondo si trova a circa 700 ml (viene allegato al documento un elaborato grafico);
- sempre alla pagina 24 dell'analisi della regione Lazio si dice che l'area è una cava di tufo dismessa. In realtà, il sito è tuttora attivo per l'escavazione del tufo e sono presenti diverse società e numerosi lavoratori. Tale attività estrattiva ha una durata presunta di almeno altri 10 anni;
- l'ingegner Gian Mario Baruchello, progettista dello studio di impatto ambientale per conto della società CO.LA.RI. della discarica Quadro Alto nel 2009 ha progettato lo studio di impatto ambientale delle discariche site in località Pian dell'Olmo e Monti dell'Ortaccio: tutti questi tre siti fanno parte di quelli individuati dalla regione Lazio quali aree idonee alla localizzazione di discariche nel 2011;
- il sito di Quadro Alto, dichiarato non idoneo dalla regione Lazio nel 2009 con una superficie di 4,5 ettari, è stato riproposto dalla stessa regione come idoneo nel 2011 con una superficie di 45 ettari;
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- da un'attenta lettura del documento della regione Lazio si ravvisa una coincidenza «singolare» in quanto viene utilizzata la stessa terminologia e punteggiatura dello studio di impatto ambientale presentato dalla CO.LA.RI. nel 2009;
- in data 13 ottobre 2011 la società CO.LA.RI ha acquistato dalla società Agricola Procoio vecchio Srl (principe Boncompagni) il terreno su cui insistono le cave e i terreni limitrofi per una superficie di oltre 93 ettari, terreni che dovranno ospitare la discarica;
- è stata dichiarata la situazione di emergenza ambientale a seguito della procedura di infrazione avviata dall'Unione europea: tale infrazione non verrebbe meno qualora si realizzasse la discarica a Riano in quanto si verrebbero a creare le stesse condizioni di Malagrotta, sia per quanto riguarda lo sversamento dei rifiuti senza il preventivo trattamento, sia per il mancato rispetto delle distanze;
- non sono state valutate con studi approfonditi le condizioni di idoneità del sito di Quadro Alto, con conseguente rischio per la salute sulla popolazione;
- il commissario Pecoraro, il giorno dopo aver nominato due esperti in materia chiamati a esaminare e analizzare i sette siti individuati dalla regione, ha annunciato di aver scelto i siti di Corcolle e Riano il 7 ottobre 2011 in una conferenza stampa. Ha ribadito tale decisione in sede di audizione alla Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il giorno 11 ottobre 2011. La relazione degli esperti è stata depositata solo il successivo 20 ottobre 2011 e la decisione formale del commissario assunta il 24 ottobre. Dunque, come poteva il prefetto conoscere e reputare idonei i siti prima ancora della consegna dello studio da lui stesso commissionato? Inoltre, come hanno potuto i tecnici, in solo 14 giorni esaminare ben sette siti ed elaborare la relativa relazione tecnica?;
- il piano di gestione dei rifiuti della regione Lazio richiamato nella relazione dei tecnici indica come fattore escludente la distanza inferiore ai 3 chilometri dall'abitato. Fattore non preso minimamente in considerazione nell'individuazione del sito.
Queste, in sostanza, le osservazioni mosse dai comitati civici menzionati in relazione al sito di Riano.
Con riferimento a Corcolle, il movimento «No alle discariche», rappresentato dal sig. Paolo Emilio Cartasso, il 25 gennaio 2012 ha fatto pervenire alla Commissione una nota dell'autorità di bacino del fiume Tevere trasmessa il 16 novembre 2011 al predetto movimento e, per conoscenza al commissario delegato e alla regione Lazio, nella quale si legge (doc. 1036/1): «si rappresenta che il sito S1 Corcolle-San Vittorino, così come denominato e perimetrato nello studio elaborato dalla regione Lazio (Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nella provincia di Roma), all'interno del quale sono ubicate le due cave denominate «cava GM Pozzolane» e «cava Salini» e destinate al recupero ambientale, ricade nell'ambito territoriale normato dal piano di bacino del fiume Tevere (piano stralcio funzionale n. 5 per il tratto
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metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla Foce, PS5) approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2009 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 114 del 19 maggio 2009. L'impianto normativo del PS5, per quanto concerne l'area vasta, si fonda su una complessa e articolata attività di analisi territoriale e ambientale, sintetizzata nelle tavole di analisi di bacino e, in particolare, nella «Carta dell'acqua» per gli aspetti che riguardano la circolazione idrica superficiale e sotterranea e le relative interazioni. Il sito S1 ricade parzialmente nei «corridoi ambientali» denominati «Val Freghizia-Frechisio» e «Freghizia-Mole di Corcolle», come individuati nella tavola P2-Bi (2 di 2), soggetti a tutela e valorizzazione attraverso una serie di azioni tese al miglioramento della rete ecologica, tutelata nell'ambito del sistema delle aree protette regionali. Il medesimo sito è, inoltre, localizzato nell'ambito del bacino idrogeologico denominato «San Cesareo Colonna» e si sovrappone a una depressione del campo piezometrico, individuata quale «area a elevata concentrazione di prelievi» (area di attenzione), nel citato PS5, che ha come obiettivo, fra gli altri proprio il riequilibrio della falda».
È stata, poi, trasmessa alla Commissione, una lettera del 2 dicembre 2011, firmata da residenti nelle zone comprese all'interno dell'VIII municipio del comune di Roma, indirizzata ai Ministri Ornaghi e Clini, nella quale sono evidenziate le principali criticità dell'area Corcolle-San Vittorino (doc. 1014/ e 1014/2).
Si riportano i passaggi salienti della missiva: «I sottoscritti cittadini - in allegato i nominativi individuati da documento (nn. 1.771 su nn. 125 fogli) - residenti nei comuni di Roma VIII municipio (...), sono molto preoccupati dalle notizie relative all'area San Vittorino-Corcolle indicata per la realizzazione di una discarica (...). È questa una zona di particolare pregio per la concomitanza di molteplici e importanti fattori. (...) il territorio è stato sottoposto a vincoli archeologici e ambientali, emessi dagli organi competenti del Ministero dei beni culturali e ambientali, come si evince dal piano territoriale paesistico regionale (PTPR) della regione Lazio. Sono due i vincoli archeologici areali, undici quelli puntuali e due quelli lineari che occupano la massima parte dei 170 ettari indicati per la discarica (allegato: vincoli e fattori escludenti). Diversi decreti ministeriali sono stati emanati per la loro salvaguardia.
Si precisa che a sottolineare l'importanza culturale in senso lato dell'area in oggetto, senza voler richiamare come ovvio il sito Unesco di Villa Adriana, che costituisce un polo di attrazione del turismo internazionale nonché oggetto continuo di studi e pubblicazioni, è anche la presenza del castello di Corcolle (cfr. pubblicazioni nn.3-5), prospiciente proprio il luogo indicato per la realizzazione della discarica, che fa parte dell'insieme di castelli dell'agro romano (...). Fortissima è anche la preoccupazione per l'ambiente: corsi d'acqua: oltre il 70 per cento dell'area è coperta da vincoli idrogeologici relativi ai tre torrenti perenni che la solcano profondamente (...) l'area è attraversata dall'acquedotto dell'Acqua Marcia (...). Si fa altresì presente che il sistema viario è del tutto inadeguato a sostenere un traffico pesante come quello che si prospetta in caso di attivazione di una discarica».
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6.2 - Rilievi del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero dell'ambiente con riferimento al sito di Corcolle.
Con mozione del 22 febbraio 2012 (doc. 1091/1) il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, con riferimento alla scelta del sito di Corcolle, ha espresso ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pur temporanea: «il Consiglio superiore, preso atto che la richiesta di presentazione del progetto è rimasta a tutt'oggi senza risposta, dichiarando fin d'ora la propria contrarietà all'intervento, sottolinea l'assoluta necessità e urgenza che tale progetto venga sottoposto all'esame degli organi tecnici del Ministero per le valutazioni di competenza obbligatorie ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 146; a tal fine invita l'amministrazione a reiterarne la richiesta e invita il Ministero a vigilare. Nel merito il Consiglio ritiene, infine, che sia assolutamente improprio consentire un intervento lesivo di un patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e come tale oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione».
Nella mozione sono elencati i vincoli che interessano la predetta località, e precisamente vincoli: «archeologici: il perimetro della cava, nell'attuale consistenza, dista 700 metri dalla buffer-zone a protezione di Villa Adriana (dichiarazione Unesco del 1999), dalla quale dista 2.400 metri. L'area di Villa Adriana e della buffer-zone, per una maggiore consistenza, sono, tra gli altri, interessate da vincolo ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lett. m) imposto con decreto ministeriale del 6 agosto 2001. L'area di sedime della cava è interamente interessata da vincolo imposto ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lett. m) con decreto ministeriale del 24 febbraio 1986, è posta inoltre a ridosso di una necropoli medio-repubblicana situata nel comune di Gallicano, soggetta a vincolo ai sensi dell'articolo 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio imposto con decreto ministeriale del 13 febbraio 1998 (necropoli di Corcolle) dalla quale dista 700 metri. Nella zona di San Vittorino, che costituisce l'estremo limite orientale del territorio del comune di Roma, sussistono due ulteriori vincoli imposti ai sensi dell'articolo 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio, rispettivamente, con decreto ministeriale del 14 maggio 1987 (Grotta di Paris) e con decreto ministeriale del 22 dicembre 1987 (Ponte di Lupo), infine tutta la zona risulta estremamente ricca di presenze storiche ed archeologiche, come si evince dalla Carta dell'agro romano, foglio 18;
paesaggistici: l'area della cava e quella circostante ricade nel reticolo idrografico del sottobacino «Aniene» ed è interessata dal passaggio di numerosi corsi d'acqua pubblica, rispetto di una zona umida repertoriata denominata lago dei Cigni articolo 142, comma 1, lett. i) e altresì interferisce con aree boscate (ricognizione delle aree tutelate per legge articolo 134, comma 1, lett. b) e articolo 142, comma 1, lett. g). Secondo il piano territoriale paesistico regionale (PTPR), tav. c), l'area ricade inoltre in ambito di tutela dell'attività venatoria e nello schema regionale parchi, nello stesso elaborato l'area è contraddistinta da beni lineari del tipo viabilità antica, percorsi panoramici
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e zone a conservazione speciale. Come zonizzazione di PTPR, tav. a), l'area risulta interessata dalle seguenti classificazioni di paesaggio: naturale, naturale di continuità, naturale agrario, agrario di valore ambiti di recupero e valorizzazione paesaggistica».
Nonostante questa chiarissima posizione della sovrintendenza e nonostante i numerosi pareri sfavorevoli emersi in occasione della conferenza di servizi tenutasi il giorno 8 marzo 2011, convocata dallo stesso commissario Pecoraro, non risulta che quest'ultimo abbia revocato i provvedimenti già adottati.
6.3 - I rilievi del Ministero dell'ambiente.
La mancata soluzione della questione post Malagrotta, dopo diversi mesi dall'insediamento del commissario straordinario nominato, unitamente alle proteste provenienti da più parti (popolazioni interessate, associazioni ambientaliste) nonché i rilievi del Ministro Ornaghi e dell'autorità di bacino del Tevere circa la scelta del sito San Vittorino-Corcolle hanno determinato l'intervento del Ministro dell'Ambiente Corrado Clini, il quale a marzo 2012 si è occupato della situazione emergenziale in corso, al fine di evitare un'ulteriore proroga della discarica di Malagrotta.
Il Ministro è stato audito dalla Commissione il 15 marzo e il 16 maggio 2012 e su questo argomento si è espresso in termini molto chiari: «(...) la dichiarazione dello stato di emergenza è del luglio 2011, la nomina del commissario è dell'ottobre 2011. La decisione di chiudere Malagrotta era già stata adottata nel luglio 2011 per dicembre 2011. I tempi per le alternative erano stati già segnati: non è avvenuto e ne prendo atto. Mi occupo di questo da metà marzo, due mesi, nei quali abbiamo definito quel quadro e quei criteri che vi ho descritto. Non sarò io a dichiarare il prolungamento di Malagrotta, ma mi sembra che questa sia una possibilità non essendoci in questo momento altre soluzioni».
Nel corso delle audizioni il Ministro ha riferito che il suo intervento era stato richiesto dal prefetto di Roma a metà marzo «a seguito della conferenza di servizi dell'8 marzo 2012, nel corso della quale il Ministero per le attività e i beni culturali e l'autorità di bacino del Tevere (...) avevano dichiarato che il sito di Corcolle non andava bene per ragioni ambientali, di sicurezza idrogeologica, e per ragioni legate alla presenza del sito Unesco di Villa Adriana».
Per tale motivo il Ministro Clini aveva ritenuto di convocare la presidente della giunta regionale del Lazio Renata Polverini, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il prefetto Giuseppe Pecoraro, al fine di trovare una rapida soluzione alle numerose problematiche derivanti dall'imminente chiusura di Malagrotta.
Il Ministro ha dichiarato che, nel corso dell'incontro, sono state affrontate diverse questioni di rilievo ai fini della soluzione del problema. Si riportano, in merito, i passi più significativi delle dichiarazioni rese dal Ministro nel corso della prima audizione: «le criticità del sito di Corcolle sono state confermate ma, in generale, è stato attestato che tutti i sette siti individuati dalla regione presentano
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degli aspetti critici (...) per vincoli sia ambientali, sia urbanistici, sia anche legati ai piani territoriali. Ciò pone il problema che, in ogni caso, almeno in relazione ai sette siti che sono stati indicati, devono essere previste delle deroghe ai vincoli stessi. Questo è, dunque, un primo aspetto problematico perché, considerando la normativa europea e le procedure di infrazione che riguardano l'Italia - anche per Roma - in linea di principio non è possibile assumere l'idea che per affrontare un'emergenza si debba procedere in deroga rispetto ai vincoli ambientali. È certamente impossibile per quanto riguarda vincoli rappresentati direttamente da disposizioni comunitarie, ma anche per quelli che derivano in ogni caso dall'applicazione di disposizioni comunitarie».
Il Ministro ha evidenziato come i problemi in campo siano rappresentati, da un lato, dalla necessità di adottare una soluzione transitoria, dall'altro di rendere effettivo il piano regionale dei rifiuti attraverso la previsione concreta di step di avanzamento programmando così una politica risolutiva. In sostanza, ha sottolineato come il piano regionale dei rifiuti - per non rimanere lettera morta - necessiti di un parallelo piano di attuazione, particolarmente importante per lo sviluppo della raccolta differenziata finalizzata al recupero nonché per la realizzazione dell'impiantistica. In particolare, ha dichiarato: «(...) La seconda problematica emersa riguarda l'effettiva transitorietà della soluzione che deve essere individuata. È vero che nel dicembre 2011 è stato approvato il Piano regionale dei rifiuti del Lazio, ma è anche vero che non esiste, a oggi, un timing preciso che consenta di individuare come e quando verrà adottata la soluzione definitiva per la gestione dei rifiuti a Roma (...). È evidente che se l'obiettivo è una soluzione transitoria, questa si qualifica come tale solo se a fronte abbiamo il percorso che consente di stabilire quando termina, altrimenti vi è il rischio di avere una soluzione transitoria che consolidi la precarietà per un periodo che potrebbe non essere chiaro. La terza problematica riguarda i tempi della disponibilità della discarica in relazione alla fine della proroga per Malagrotta. Se la proroga ha come termine la fine di giugno 2012 o la discarica è pronta oppure questa proroga è tale da mettere in crisi il sistema. Siccome siamo alla fine di marzo, dal punto di vista tecnico, o la soluzione è disponibile adesso oppure dobbiamo farci carico di questo problema in maniera realistica».
Peraltro, ha sottolineato il Ministro, la scelta del sito transitorio non può non tener conto delle direttive europee. Si arriverebbe al paradosso di rispondere alle contestazioni mosse dall'Unione europea con la procedura di infrazione con un'ulteriore grave infrazione. Si riporta quanto dichiarato sul punto: «La quarta questione riguarda, in generale, la procedura di infrazione che è stata appena avviata nei confronti dell'Italia per la mancata applicazione puntuale della direttiva europea sui rifiuti, sia perché abbiamo un ricorso alle discariche molto elevato rispetto alle indicazioni europee, sia perché, mediamente, gli obiettivi della raccolta differenziata e del recupero energetico sono al di sotto di quelli indicati a livello europeo. Siccome la soluzione che si profila per Roma consolida il ruolo delle discariche, almeno in un medio tempo, si va ben oltre gli obiettivi e le aspettative della direttiva europea (...) ho chiesto la collaborazione
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della regione, della provincia e del comune per ottenere tutti i dati riguardo all'individuazione dei sette siti al fine di mettere in evidenza i vincoli e quindi le deroghe che dovrebbero essere applicate, di valutare la fattibilità della realizzazione degli impianti nei tempi previsti dalla deroga e di acquisire informazioni tecniche più di dettaglio in merito alle problematiche presenti in ciascun sito, a cominciare da Corcolle e Riano, due dei siti individuati.
In particolare, per Corcolle abbiamo una problematica evidente. Fra l'altro, il Ministro Ornaghi ha espresso - come lei ricordava - in maniera molto netta la sua posizione, che rappresenta un punto di riferimento difficilmente aggirabile. Per Riano, invece, ancora non sono chiare - almeno a me - le valutazioni tecniche circa la gestione in sicurezza del sito per la presenza di alcuni vincoli, come la falda o le caratteristiche idrogeologiche».
Il Ministro si è poi espresso in termini critici in ordine alla decisione di nominare un Commissario per risolvere una situazione che avrebbe dovuto essere gestita in via ordinaria dalle autorità amministrative competenti, affermando: «(...) è stato dato un incarico a un commissario per affrontare un tema che avrebbe dovuto essere gestito con procedure ordinarie. Non si può sfuggire a questo, anche se ho grande stima per il prefetto Pecoraro che si è fatto carico di questa situazione. (...) Questo è un caso su cui riflettere perché ripropone ancora una volta una tematica, che avevo già sollevato la volta scorsa, circa il ricorso a procedure straordinarie per cercare di superare difficoltà di carattere non tecnico, ma politico, visto che riguardano la capacità di governare con un processo normale (...). Oggi ci troviamo, infatti, con il prefetto di Roma che ha su di sé una responsabilità non tecnica, ma politica, di supplenza rispetto a una carenza di governance di una situazione molto complicata. Ora, se immaginiamo che tutte le volte che si presenta una situazione complicata, invece di affrontarla con le misure ordinarie, dobbiamo ricorrere a quelle straordinarie, allora abbiamo una visione quantomeno singolare del funzionamento delle istituzioni e della stessa democrazia (...) le informazioni tecniche che stiamo acquisendo per quanto riguarda i sette siti non mi consentono di dire, al momento, che abbiamo una soluzione. Spero, tuttavia, di essere in grado di poterlo fare nell'arco dei prossimi dieci giorni. Non voglio, cioè, aprire una procedura che non si sa quando finisce perché ognuno deve approfondire. È stata fatta una selezione da parte della regione, per cui adesso vogliamo capire, sulla base di questa selezione, qual è il sito che ha le maggiori possibilità di essere disponibile nei tempi compatibili con la chiusura della discarica di Malagrotta. Questo sarà il risultato dell'istruttoria che stiamo facendo. Siccome abbiamo cominciato a occuparci di questo problema lunedì, mi sono dato dieci giorni di tempo, non dieci mesi».
Nel corso dell'audizione del 16 maggio 2012, il Ministro Clini ha ribadito e ulteriormente specificato l'impegno preso da tutte le Autorità coinvolte, affermando: «(...) abbiamo concordato con la regione, la provincia, il comune e il prefetto di attuare congiuntamente una valutazione dei sette siti indicati dalla regione come idonei per una discarica temporanea, soprattutto per mettere in evidenza i vincoli ambientali che, come sapete, rappresentano una «barriera»
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alla realizzazione di una discarica. Ci sono delle regole europee e nazionali che non possono essere derogate. Contestualmente, abbiamo convenuto insieme anche di capire quale fosse la situazione a regime. Siccome, infatti, il sito deve essere transitorio, si è stato detto che, giustamente, andava verificata anche la situazione. (...) Sostanzialmente, abbiamo convenuto che, contestualmente, non in sequenza, devono essere avviate la raccolta differenziata per il recupero, tenendo conto che la raccolta differenziata a Roma oggi è attorno al 24 per cento, e però a questo non corrisponde altrettanto recupero per le modalità della raccolta stessa (...). L'obiettivo è, quindi, di riportare la raccolta differenziata all'interno di uno schema operativo consolidato e finalizzato al recupero, aumentando progressivamente la quantità di materiale recuperato, ossia portando alla fine del 2014 la raccolta differenziata all'interno dei limiti stabiliti dalla legge, il 65 per cento di raccolta differenziata, peraltro indicato nel piano regionale dei rifiuti che credo sia stato pubblicato a marzo 2012. Si tratta del piano della regione Lazio, non del piano del Ministero. Il secondo obiettivo, legato al primo, è il pieno funzionamento degli impianti di trattamento meccanico biologico, che funzionano con una ridotta capacità rispetto alle potenzialità».
Con riferimento alla operatività degli impianti, il Ministro ha specificato: «Siamo ancora a un livello basso, in parte legato anche alle modalità della raccolta dei rifiuti. In ogni caso, questo è un altro obiettivo indicato come misura per affrontare l'emergenza (...). Inoltre, era stato individuato l'obiettivo della conclusione delle procedure di autorizzazione di progetti presentati alle autorità competenti, ma che non erano ancora state finalizzate e che riguardavano il raddoppio della capacità di trattamento e recupero della frazione organica, il completamento di una linea dell'impianto di produzione di cdr, la riqualificazione di due linee di termovalorizzazione della società Gaia, in fase di acquisizione dalla regione e di cui abbiamo scoperto che dal 30 al 40 per cento del rifiuto trattato è del Lazio, ovvero di Roma, e il resto viene da fuori perché Roma non è in grado di fornire la materia prima per questi impianti. Abbiamo acquisito un'informazione sulla quale non abbiamo avuto, però, ulteriori approfondimenti di un progetto, lanciato da AMA insieme con Alitalia e con alcune altre società, per il trattamento di circa 1.000 tonnellate al giorno di rifiuti solidi urbani di Roma per la produzione di jet fuel, combustibile per gli aerei classificabile biocombustibile. In ogni caso, abbiamo convenuto che il completamento delle procedure di autorizzazione entro la fine dell'anno 2012 avrebbe consentito, da un lato, di aumentare la quantità di raccolta differenziata e di recupero e, dall'altro, di diminuire in maniera significativa la quantità di rifiuti da conferire in discarica, ridimensionando perciò l'obiettivo della discarica transitoria perché nei due siti individuati inizialmente dal prefetto corrispondono a una quantità importante, risultato della situazione così come era nel corso del 2011».
6.4 - La proposta del Ministro Clini.
L'intervento del Ministro dell'ambiente costituisce, a parere della Commissione, il segno chiaro della gravità dell'emergenza ambientale
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in cui versa la provincia di Roma. Da un lato, infatti, appare evidente che la situazione di emergenza si sia venuta a creare per l'inerzia e l'incapacità delle amministrazioni locali, le quali non hanno saputo adottare negli anni alcuna politica funzionale all'organizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti, continuando a utilizzare il conferimento in discarica (peraltro di rifiuti non trattati) quale principale se non unico rimedio. Dall'altro, è anche evidente che pure il ricorso alla struttura commissariale non si è rivelato utile, visto che lo scopo principale di tali strutture dovrebbe essere quello di individuare in tempi rapidi una soluzione. Nel caso di specie, pur essendo trascorsi nove mesi, non risulta adottata ancora alcuna decisione se non quella di prorogare ancora una volta la già esaurita discarica di Malagrotta.
Il Ministro Clini, nel corso dell'audizione del 16 maggio 2012, avanti alla Commissione, è intervenuto anche in relazione ai sette siti individuati dalla regione Lazio, mettendo in luce le forti criticità che interessano in particolare i siti di Riano e Corcolle. Ha prospettato, poi, la possibilità di trovare una soluzione anche al di fuori dei siti individuati dalla regione, indicando il sito di Monte Carnevale (segnalato dall'autorità di bacino del fiume Tevere) quale possibile alternativa.
Si riportano le dichiarazioni rese sul punto: «Per quanto riguarda i sette siti, abbiamo acquisito tutte le informazioni disponibili, in particolare quelle dell'Autorità di bacino e del piano stralcio dell'autorità di bacino del Tevere, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel 2010, circa anche la vulnerabilità dei diversi siti, concludendo che alcuni siti presentano condizioni corrispondenti ai requisiti richiesti per l'allestimento di una discarica, altri invece forti controindicazioni dal punto di vista ambientale sia per la natura dei terreni, altamente permeabili, sia per la presenza di sorgenti lineari e di falde superficiali che, molto prima dell'individuazione dei siti come idonei da parte della regione, erano già stati segnalati come aree molto vulnerabili dal punto di vista della conservazione dell'acquifero. Naturalmente, come tutti sapete, i due siti di Corcolle e di Quadro Alto nel comune di Riano, sulla base di queste valutazioni che abbiamo tutte riportate, sono stati considerati fortemente critici e, comunque, non corrispondenti ai requisiti richiesti da parte delle direttive europee, se non altro per le caratteristiche del terreno e l'assenza di una barriera naturale. Successivamente, ci è stato segnalato dall'autorità di bacino un sito che poteva essere idoneo, il sito di Monte Carnevale in prossimità degli impianti petroliferi di Malagrotta, per le caratteristiche idrogeologiche. La base è su uno strato di circa 100 metri di argilla - è una cava - la barriera naturale è continua e consistente, per cui da un punto di vista di deposito temporaneo di rifiuti trattati, ovviamente, è un sito idoneo. Su questo sito è stata attivata dal prefetto una richiesta di parere da parte del Ministero della difesa, che ci ha mandato una parere in base al quale risultava che c'erano forti rischi, dal punto di vista ambientale e sanitario, per il gruppo di lavoratori del Ministero della difesa che operano in un centro in prossimità di Monte Carnevale. Abbiamo chiesto chiarimenti al Ministero della difesa su questi aspetti e abbiamo chiarito, sostanzialmente, che le indicazioni che ci erano state fornite circa la pericolosità dal punto di vista ambientale e
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sanitario erano di tipo generico, cioè non facevano riferimento a valutazioni specifiche. Su questo sito permane, però, una posizione contraria molto netta di tutte le amministrazioni, una «perplessità» del Ministero della difesa circa la possibilità che possano essere delle interferenze in termini di campi elettromagnetici per la movimentazione, teoricamente superabili, ma non è un sito scelto dal Ministero dell'ambiente. Nella valutazione dei siti indicati abbiamo aggiunto questo perché ci era stato segnalato e anche le considerazioni su questo sito sono state trasmesse a regione, comune, provincia e prefetto (...)».
La Commissione rileva come la regione - nell'individuazione degli originari sette possibili siti - non risulta aver neppur interloquito con l'autorità di bacino del fiume Tevere. È chiaro che, laddove l'autorità predetta avesse evidenziato le fortissime criticità dei siti inclusi nel documento regionale, verosimilmente gli stessi sarebbero risultati sin dall'inizio inadeguati e forse si sarebbe potuto ragionare su altre soluzioni, evitando ulteriori perdite di tempo.
6.5 - Il parere espresso dal dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri su richiesta del prefetto Pecoraro in merito ai vincoli sul sito di Corcolle.
Il commissario Pecoraro ha fatto pervenire alla Commissione, in data 22 maggio 2012, una serie di documenti attinenti alla idoneità del sito S1 di Corcolle.
In particolare, ha prodotto:
1. parere sul progetto preliminare per la realizzazione di discarica per rifiuti non pericolosi da localizzare in località' San Vittorino-Corcolle, redatto dal dipartimento di ingegneria civile dell'università' Tor Vergata di Roma;
2. parere dell'avvocatura generale dello Stato del 10 aprile e del 17 maggio 2012;
3. parere del dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 23 maggio 2012.
Si tratta di documenti che attesterebbero, quanto meno da un punto di vista giuridico e tecnico, l'insussistenza sul sito in questione di vincoli specifici, paesaggistici o monumentali, tali da impedire la realizzazione della discarica provvisoria per rifiuti non pericolosi. Ed, infatti, a seguito della ferma opposizione del Ministro dell'ambiente e del Ministro per i beni e le attività culturali all'individuazione del sito di Corcolle effettuata dal prefetto Pecoraro, quest'ultimo ha richiesto un parere all'avvocatura generale dello Stato, parere che è stato condiviso dal dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui si riporta uno stralcio (doc. 1254/4): «Con nota n. 788 del 10 maggio 2012, indirizzata al Presidente del Consiglio, il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i beni e le attività culturali hanno espresso la loro ferma opposizione alla procedura di individuazione del sito S1-Corcolle come discarica
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transitoria da parte del Commissario delegato. In particolare, i due Ministri hanno evidenziato che il sito prescelto insiste su un'area vulnerabile da un punto di vista idrogeologico e lo stesso appare del tutto incompatibile con il vicino sito archeologico di Villa Adriana, che dista dalla realizzanda discarica 2.400 metri, e solo 700 metri dalla buffer zone, zona anch'essa vincolata, come ritenuto dalle due amministrazioni scriventi. Sulla complessa questione ha avuto modo di esprimersi l'avvocatura generale dello Stato con un apposito parere, richiesto dal commissario delegato in ordine alla consistenza dei vincoli insistenti sul sito S1 ed evidenziati da alcune amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza di servizi. Il detto parere, sul cui contenuto non sembrano sussistere motivi di divergenza da parte di questo ufficio, si concentra essenzialmente sulla portata dei poteri di deroga attribuiti al commissario delegato con l'ordinanza 6 settembre 2011, n. 3963 in relazione ai vincoli opposti dalle amministrazioni a tutela degli interessi cui sono preposte, aspetto che appare, sotto il profilo strettamente giuridico, risolutivo della complessa vicenda. In sintesi, il parere dell'avvocatura generale dello Stato pone l'accento sui seguenti punti:
1) In ordine al dichiarato vincolo posto a tutela dell'area in cui insiste l'area archeologica di Villa Adriana, si osserva che sull'area interessata dal sito non sussistono vincoli monumentali o paesistici. La buffer zone ( Zona filtro) è soggetta ad un vincolo indiretto a protezione del sito soggetto a vincolo archeologico (Villa Adriana). Poiché non è ammissibile un vincolo indiretto a protezione di un altro vincolo indiretto si deve ritenere che l'area destinata a discarica non soggiace ad alcun vincolo specifico diretto o indiretto e, quindi, in tale situazione non è richiesto neppure l'esercizio di poteri in deroga.
2) In ordine al vincolo di salvaguardia paesistico ex articolo 142, comma 1, lett. b), c), g) e i), del codice dei beni culturali, invocato dal Ministero, con riferimento ai corsi d'acqua compresi nel bacino dell'Aniene, ad una zona umida e ad aree boscate, va fatto osservare che, nella specie trattasi di un mero vincolo di salvaguardia, che vieta modifiche nella zona di rispetto circostante le aree dotate di potenziale pregio paesistico, solo per impedirne alterazioni irreversibili. Esso non può considerarsi, quindi, un vincolo che muova dalla ricognizione specifica del pregio paesistico della zona su cui insiste, ma detto vincolo serve unicamente a mantenere le condizioni per una futura ed eventuale ricognizione di tale pregio a opera dei provvedimenti tipicamente destinati dalla legge a tale fine. È il caso del piano territoriale paesistico regionale del Lazio, che costituisce lo sbocco naturale dei vincoli di salvaguardia legali ex articolo 142 e che, pur realizzando una generica zonizzazione a paesaggio, non vieta di per sé interventi modificativi. Non sussistono, invece, vincoli paesistici ex artt. 136-140. Per tali ragioni non sussistono difficoltà di principio a superare il piano territoriale suddetto, potendosi avvalere il commissario del potere di deroga di cui all'articolo 4 della citata Ordinanza.
3) In ordine ai rischi di inquinamento dei corpi idrici superficiali e della falda acquifera con i quali la discarica potrebbe interferire, va fatto rilevare che la normativa nazionale (articoli da 53
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a 176 del decreto legislativo n. 152 del 2006) e la normativa comunitaria richiamata dall'autorità di bacino del fiume Tevere, non sono ammesse a deroghe.
Evitando di entrare nel merito delle esigenze poste dalle direttive acque (direttiva 1993/31/CE in materia di discariche, direttive quadro acque 2000/60/CE e acque sotterranee 2006/118/CE e relativi decreti legislativi di recepimento) vale la pena sottolineare che il richiamo operato dall'autorità di bacino al rispetto delle richiamate normative finalizzate alla prevenzione dei rischi futuri di deterioramento delle acque, è perfettamente condivisibile, atteso che sarà cura del commissario dettare specifiche prescrizioni volte al rispetto delle stesse norme. Le mere ulteriori raccomandazioni concernenti una più ampia ricognizione idrogeologica estesa all'intero corso dei fossi Acqua Rossa, Mole Cocolle, Mole Pance e al fosso di Val Freghizia, in cui i tre si immettono, non determinano fattori ostativi alla corretta individuazione del sito S1 e alla sua compatibilità con la normativa vigente. In conclusione, dall'esame della complessa vicenda, emerge che sull'area su cui ricade il sito S1 Corcolle, non sussistono vincoli specifici, paesaggistici o monumentali tali da impedire la realizzazione dell'intervento in progetto. Le considerazioni mosse dalle singole amministrazioni interessate, benché meritevoli di attenzione sotto il profilo della tutela del paesaggio, dei corpi idrici e dei monumenti, sfuggono, tuttavia, al piano strettamente giuridico, consentendo al commissario delegato di agire nel pieno rispetto dei poteri conferitigli, potendo egli esercitare i medesimi poteri nei casi sopra descritti anche senza il ricorso al potere di deroga, nei limiti, tuttavia, del rispetto della normativa comunitaria e delle specifiche norme del codice ambientale».
Il parere autorevole summenzionato, pur dando conto della conformità della scelta del sito di Corcolle ai parametri normativi vigenti in relazione alla dichiarazione dello stato di emergenza, non è stato sufficiente per creare un consenso generalizzato intorno alla scelta del commissario Pecoraro.
Nei due giorni seguenti il prefetto Pecoraro si è dimesso dalla carica e, al suo posto, è stato nominato il prefetto Sottile, il quale ha avuto il compito di riesaminare tutte le problematiche al fine di poter adottare la decisione attesa ormai da diversi mesi.
PARTE TERZA - LA NUOVA FASE COMMISSARIALE E LE INDAGINI SVOLTE DALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA
7 - La nuova fase commissariale.
7.1 - La nomina del nuovo commissario delegato, dott. Goffredo Sottile.
In un susseguirsi di proposte diverse, di interlocuzioni tra i vari enti interessati, di interventi da parte dei Ministri dell'ambiente e dei beni culturali e di altre autorità, la situazione di emergenza in cui si
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è venuta a trovare la provincia di Roma non solo non ha trovato alcuna soluzione, ma si è, evidentemente, aggravata.
I diversi interventi da parte delle autorità interessate se hanno avuto, da un lato, l'effetto di evidenziare gli aspetti problematici legati a determinati siti offrendo spunti di riflessione importanti, dall'altro (come era inevitabile) hanno ulteriormente rallentato l'iter finalizzato alla soluzione dell'emergenza.
Alla fine di maggio il prefetto Giuseppe Pecoraro, dopo poco più di otto mesi dalla sua nomina, ha rassegnato le dimissioni dalla carica di commissario delegato. Al suo posto è stato nominato dal Consiglio dei ministri il prefetto Goffredo Sottile.
Il dottor Goffredo Sottile, va ricordato, è stato uno dei commissari delegati per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti urbani nella regione Calabria, succedutisi a partire dal 2004. Precisamente, ha ricoperto tale incarico dall'anno 2008 al luglio 2010. La Commissione ha avuto modo di esaminare la sua attività quale commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Calabria nell'ambito della relazione territoriale su questa regione, approvata nella seduta del 19 maggio 2011 (Doc. XXIII, n. 7).
7.2 - Le «nuove» proposte: Pian dell'Olmo.
Dopo pochi giorni dal suo insediamento il commissario Sottile, consultati i rappresentati degli enti locali interessati, ha annunciato di aver scelto, per la discarica temporanea, il sito di Pian dell'Olmo. La scelta è caduta su un sito con capacità limitate (circa 50 ettari), ubicato lungo la via Tiberina, a sud di Riano, nel comune di Roma che contiene una cava di tufo dismessa.
Il sito fa parte di quelli indicati nel documento «Analisi preliminare» predisposto dalla regione Lazio (doc. 865/2) ed è stato oggetto di valutazione da parte dei tecnici nominati dall'ex commissario Pecoraro. Secondo quanto dichiarato da questi ultimi, il sito di Pian dell'Olmo presenta caratteristiche analoghe a quello di Quadro Alto; tuttavia, ha una capacità decisamente inferiore (sufficiente solo per qualche mese), motivo per il quale è stato scartato dagli stessi, non ritenendosi sufficiente a raccogliere i rifiuti per il tempo necessario ad individuare e realizzare la discarica definitiva.
Il secondo fattore escludente, evidenziato nella relazione degli ingegneri Moretti e Sorrentino, è rappresentato dalla circostanza che il sito «è costituito da una cava dismessa ancora da attrezzare e, peraltro, raggiungibile mediante una rampa molto acclive, anch'essa da modificare e adeguare per le esigenze della discarica».
Si riporta uno stralcio della relazione redatta dagli ingegneri Moretti e Sorrentino sul sito in esame (doc. 882/2): «L'area individuata dalla regione è vasta e in essa ricade una cava di tufo dimessa. Tuttavia è da evidenziare che la depressione della cava (in cui si ricavano pietre segate da costruzione) «coltivata a fossa» ha una cubatura limitata. Il fronte di escavazione è quasi verticale e confina con un'ampia zona di verde incolto. (...) le caratteristiche geotecniche complessive possono considerarsi da buone ad ottime. Sotto il profilo della permeabilità, invece, si deve osservare che tali formazioni hanno
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caratteristiche di porosità generalmente medie o basse, ma tali caratteristiche sono molto condizionate dalla presenza di fratture che possono significativamente incrementare i valori di permeabilità.
Caratteristiche idrogeologiche: l'area fa parte del bacino del fiume Tevere che, tuttavia, si trova a notevole distanza da essa e, di fatto, resta escluso qualsiasi rischio connesso a una possibilità di esondazione. La falda acquifera, secondo le indicazioni riportate nel documento della regione, risale fino ad una quota massima di 34 metri s.l.m. ed è pertanto profonda rispetto al piano di escavazione della cava che è posto ad una quota di circa 60 metri s.l.m.
Distanza dai centri abitati: non vi sono centri abitati a distanza inferiore ai 1000 ml. Dalla cartografia risultano alcune case sparse (azienda agricola di notevoli dimensioni) poste in direzione est, a distanza di poco inferiore ai 500 ml. È ancora opportuno evidenziare, che a distanza di poco superiore ai 1.000 ml dalla cava è presente una zona residenziale (località Belvedere in comune di Riano), posta in direzione nord-est a margine sinistro dell'autostrada. Tali abitazioni, ad un primo sommario esame visivo, sembrano avere caratteristiche residenziali di lusso.
Viabilità di accesso: (...) il sito è facilmente accessibile dalla viabilità principale, ma la rampa di accesso alla cava deve necessariamente essere adeguata per consentire l'accesso ai mezzi pesanti nelle due direzioni di marcia.
Visibilità del sito: il sito non è visibile dalle zone circostanti, così come pure non è visibile da centri abitati o da case sparse.
Paesaggio e ambiente: l'area rientra nel sistema e ambito di «paesaggio naturale di continuità» e ricade in un area a «rischio paesaggistico» proprio per la presenza delle cave che richiedono un progetto di recupero ambientale.
Capacità potenziale di abbancamento: l'ampiezza ridotta della zona di escavazione esistente (circa 2,2 ha), con un'altezza massima di abbancamento di circa 45 metri, consente una capacità di abbancamento di poco superiore ai 700.000 metri cubi. Un'ulteriore capacità si potrebbe ottenere esclusivamente mediante scavo in roccia tufacea compatta, ovvero con tempi lunghi e costi considerevoli. Si evidenzia che nel sito in argomento il consorzio CO.LA.RI. ha presentato un progetto per la realizzazione di una discarica con una previsione di abbancamento di circa 1.450.000 metri cubi. Per ottenere tale cubatura, con un'altezza di abbancamento di circa 45 ml, si renderebbe necessaria una superficie di ingombro di oltre 4,00 ha.
Fattori preferenziali: l'area di cava si trova distante dai centri abitati e non vi sono vincoli significativi che ne condizionano l'utilizzo. La viabilità di accesso è adeguata salvo il breve tratto della pista di servizio che raggiunge la cava. Il sito non è visibile dal circondario né da centri abitati o da case sparse.
Elementi di criticità: la cubatura attualmente disponibile non consente di far fronte alle necessità dei comuni interessati per il periodo della fase emergenziale. La presenza del tufo litoide comporta notevoli costi di escavazione per adeguare la cubatura e renderla sufficiente al fabbisogno. Inoltre, le modalità di scavo in roccia richiedono un tempo di escavazione che è incompatibile con la situazione di grave emergenza in atto. L'alternativa, prospettata nel
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progetto presentato dal CO.LA.RI., sarebbe quella di predisporre un primo lotto di discarica e gestire contemporaneamente anche l'attività di scavo per l'ampliamento della cava esistente. Tale soluzione operativa, viste le dimensioni del sito e l'orografia dei luoghi, a parere degli scriventi, non è compatibile con le esigenze di movimentazione dei mezzi impegnati e non appare adeguata e proporzionata alla quantità di rifiuti da abbancare quotidianamente. Essa, peraltro, comporterebbe problemi di sicurezza per l'interferenza reciproca delle attività da gestire in contemporanea, di non facile risoluzione. Infine, l'ipotesi del progetto CO.LA.RI. di innalzare l'abbancamento oltre la quota superiore delle pareti della cava non è condivisa dagli scriventi. Ciò in quanto l'abbancamento in elevazione comporta in ogni caso enormi problematiche di carattere ambientale e paesaggistico, nonché aggraverebbe i problemi connessi al trasporto eolico delle componenti volatili dei rifiuti e degli odori».
La Commissione ha acquisito, in relazione al progetto CO.LA.RI., una lettera a firma dell'avvocato Cerroni (datata 11 maggio 2012 e indirizzata al prefetto Pecoraro e per conoscenza al Presidente del Consiglio Monti, ai ministri Clini e Cancellieri, alla presidente della regione Lazio, al sindaco e al presidente della provincia di Roma) nella quale viene evidenziato come il sito di Pian dell'Olmo rappresenti la soluzione più idonea e più celere da realizzare per risolvere i problemi conseguenti alla chiusura di Malagrotta (doc. 1227/2).
Nella lettera, cui è allegata una nota del progettista della discarica, prof. Gian Mario Baruchello, l'avvocato Cerroni offre rassicurazioni in merito alla fattibilità concreta della discarica evidenziando che «sono disponibili progettazioni di dettaglio per un invaso di 1.500.000 di metri cubi ampliabile a oltre 2.500.000 di metri cubi; le condizioni idrogeologiche sono state attentamente verificate e sono pienamente adeguate; si è in grado aprire la nuova discarica in 100 giorni dall'approvazione del progetto già depositato presso gli enti competenti e arrivare alla chiusura di Malagrotta». Si riporta un passo della lettera citata: «mi sento obbligato ad intervenire su quanto riportato dalla stampa romana dopo le dichiarazioni da Lei rese l'altro giorno a Bruxelles, secondo le quali sul sito di Pian dell'Olmo, che presenterebbe oggettivamente situazioni che richiedono tempi lunghi per concretizzarsi, «si starebbe perdendo tempo». In proposito, leggo oggi sulla stampa la puntuale risposta del progettista, prof. Gian Mario Baruchello, che ad ogni buon fine Le allego, sulla sua fattibilità in tutta sicurezza in cento giorni (...) quanto da noi proposto con le istanze avanzate agli uffici regionali competenti fin dall'ottobre del 2009 per la realizzazione in cento giorni lavorativi in uno dei tre siti, e tra questi Monti dell'Ortaccio, di una discarica alternativa a quella di Malagrotta, era frutto dell'esperienza maturata dal nostro gruppo nella realizzazione di centinaia di discariche urbi et orbi, del know-how, della capacità delle nostre maestranze e degli eccezionali mezzi d'opera di cui disponiamo a Malagrotta. Infine, riteniamo doveroso da parte nostra informare Lei, e tutte le Autorità costituite (...), che ci apprestiamo rapidamente a predisporre un fascicolo completo di tutta la documentazione (...) da sottoporre all'attenzione della pubblica opinione, del Presidente Monti e delle autorità di Bruxelles (...) perché intervengano in qualche modo con tutti gli
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strumenti di cui dispongono e ci venga affidata senza indugio (...) l'autorizzazione a realizzare la discarica che sia in grado di sostituire senza soluzione di continuità quella di Malagrotta (che tanti meriti vanta nei confronti della cittadinanza, compreso quello di averle fatto realizzare un'economia di circa due miliardi di euro)».
La Commissione non può non rilevare come la struttura commissariale (in particolare sia il prefetto Pecoraro con Quadro Alto sia il prefetto Sottile con Pian dell'Olmo) abbia individuato siti segnalati alla regione Lazio già nell'anno 2009, nell'ambito di una procedura ordinaria, dal consorzio CO.LA.RI. ai quali la Regione non sembra aver dato seguito. Appare sicuramente singolare che nel 2009, quando già era noto che la discarica di Malagrotta fosse in fase di esaurimento, la regione abbia ritenuto di non dover accogliere le istanze per la realizzazione di discariche nei due siti sopra indicati, salvo poi inserirli nel documento di analisi preliminare (siti addirittura poi scelti dalla struttura commissariale).
Nel corso dell'audizione del 19 ottobre 2011, l'avvocato Cerroni ha dichiarato alla Commissione che la discarica di Malagrotta non avrebbe avuto, dopo il 31 dicembre 2011, la volumetria per ospitare altri rifiuti, indipendentemente da eventuali proroghe e che, per questo motivo, lo stesso, sin dal 2009 aveva presentato alla regione Lazio proposte alternative a Malagrotta, per le quali, però, nonostante le diffide, nessuna risposta era stata data. Si riporta il passo dell'audizione sul punto: «Con il 31 dicembre, con la fine dell'anno, Malagrotta avrà esaurito il suo compito, indipendentemente dalle scadenze delle autorizzazioni. Già altre volte ci sono state proroghe in materia. Questa volta non è più un problema amministrativo, di autorizzazione, ma un problema fisico, di mancanza di volumetria per poter alloggiare ancora rifiuti. In previsione di questo evento, noi del consorzio CO.LA.RI che svolgiamo questo lavoro in Italia e nel mondo, ci siamo preoccupati perché una città come Roma capitale non può non avere, a prescindere dagli impianti, una discarica di servizio. Abbiamo presentato, quindi, alcune proposte agli uffici competenti, la direzione dell'area rifiuti e l'assessorato all'ambiente della regione, proponendo tre siti alternativi alla chiusura di Malagrotta: Monte degli Ortacci, Pian dell'Olmo e Quadro Alto. Abbiamo sollecitato risposte ma ancora oggi non le abbiamo avute. Da ultimo, abbiamo provveduto addirittura a una diffida formale concedendo 30 giorni per l'adempimento. Mentre si snodava questa interlocuzione tra noi e la regione è intervenuto il commissariamento, nel presupposto che Roma si avvia verso l'emergenza e che, quindi, bisogna trovare una soluzione straordinaria. Noi abbiamo risposto attraverso un ricorso sostenendo che non ci sono le condizioni dell'emergenza e che i motivi che l'hanno addotta, a nostro avviso, sono strumentali perché basta solo seguire la procedura normale, che è stata avanzata nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale, per risolvere la situazione».
7.3 - Sopralluogo della Commissione presso il sito di Pian dell'Olmo e resoconto dell'incontro con le autorità locali.
In data 14 giugno 2012 una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
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rifiuti, composta dal presidente on. Pecorella, dall'on. Bratti, dall'on. Proietti Cosimi nonché dai senatori De Angelis, Coronella e Bianchi, ha effettuato un sopralluogo presso il sito di Pian dell'Olmo, individuato dal commissario dott. Sottile quale sito per la realizzazione della discarica temporanea utilizzabile dopo la chiusura di Malagrotta. In tale occasione, la Commissione ha incontrato, presso il palazzo comunale di Riano, il sindaco Marinella Ricceri, unitamente ad altri diciassette sindaci del comprensorio e a delegazioni di diversi comitati civici costituiti in difesa del territorio.
Precedentemente, analoghi sopralluoghi erano stati effettuati presso i siti di Quadro Alto e di Corcolle-San Vittorino e, anche allora, la Commissione aveva incontrato le autorità locali, i comitati civici e le associazioni ambientaliste.
Nel corso della riunione tenutasi a Riano in occasione del sopralluogo a Pian dell'Olmo, è stato precisato quale sia il ruolo che riveste la Commissione, che non è certo quello di individuare il sito per la realizzazione della discarica, quanto piuttosto quello di controllare se la pubblica amministrazione agisca nel rispetto della legge, osservando le procedure previste a tutela dell'ambiente e della salute.
Sottolineando l'urgenza che riveste nel caso specifico l'individuazione di un sito, ha però evidenziato come quelli indicati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio presentino criticità varie che li rendono tutti di fatto inidonei, come risulta peraltro dal documento stesso.
I primi siti originariamente individuati dal commissario Pecoraro, Corcolle e Quadro Alto, presentavano evidenti criticità: il primo risultava inidoneo per la vicinanza a Villa Adriana e ai centri abitati; il secondo per la presenza di una falda acquifera a livello di superficie.
Quanto alla scelta di Pian dell'Olmo, il presidente ha sottolineato come non solo fosse stata sconsigliata, ma fosse stata scartata anche dai tecnici nominati dal commissario Pecoraro.
Ed allora le domande che rimangono senza risposta sono le seguenti:
- per quale motivo sono stati indicati come oggetto di valutazione prioritaria siti che già all'origine risultavano essere inidonei;
- quale utilità si è tratta dalla nomina di un commissario con poteri straordinari;
- quanto è costata alla collettività la gestione commissariale, tenuto conto del fatto che il primo commissario è stato in carica per otto mesi senza giungere ad alcuna soluzione;
- qual è stato il costo delle attività di indagine che la struttura commissariale ha avviato con riferimento ai siti (consulenze tecniche, sopralluoghi, analisi del territorio, istruttoria nel suo complesso), tutte attività che si sono rivelate inutili.
Il sopralluogo effettuato nella località di Pian dell'Olmo ha consentito alla Commissione di verificare immediatamente l'inidoneità del sito. In particolare è emersa la sua scarsa capienza rispetto ai
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tempi prevedibilmente necessari per l'individuazione di una discarica definitiva, per la realizzazione dell'impiantistica in conformità alle direttive europee e, infine, per il raggiungimento di livelli di raccolta differenziata oggetto di previsione; la necessità di effettuare attività di sbancamento al fine di ottenere la cubatura necessaria; la necessità di effettuare opere di impermeabilizzazione del terreno; la necessità, dunque, di investimenti ingenti non giustificabili in vista dei prevedibili profitti, presumibilmente limitati in considerazione della scarsa capienza della discarica destinata inevitabilmente ad esaurirsi prima di due anni.
7.3.1 - Le questioni poste alla Commissione nel corso del dibattito.
Il dibattito si è aperto con l'intervento del presidente della conferenza dei sindaci dei 17 comuni intervenuti, Enzo De Santis, il quale ha sottolineato come il territorio, a prescindere o meno dalla realizzazione della discarica, abbia già subito danni di immagine che si riflettono inevitabilmente sull'economia.
È evidente, infatti, che la prospettiva della realizzazione di una discarica disincentiva gli investimenti e lo sviluppo della zona in generale, determinando una diminuzione del valore degli immobili e dei terreni (il sindaco di Sant'Oreste ha evidenziato i danni alle attività agricole della zona che verrebbero evidentemente pregiudicate).
Sempre il sindaco De Santis ha posto una serie di domande, per così dire, provocatorie sugli aspetti economici dell'intera operazione, peraltro già evidenziati dal presidente Pecorella, chiedendo:
- chi mai sarebbe disposto ad investire la somma di circa 37 milioni di euro (si tratta di una stima indicativa emersa nel corso del sopralluogo prospettata dai rappresentati degli enti locali e dei comitati civici) a fronte di un margine di guadagno non giustificato dall'investimento stesso sempre in ragione della breve durata della discarica?
- inoltre, laddove vi fosse un imprenditore disposto a realizzare questo tipo di investimento non sarebbe irragionevole ipotizzare l'esistenza di accordi collaterali con enti o, comunque, con strutture pubbliche idonei a riequilibrare l'economicità dell'affare?
De Santis ha, poi, espresso una sorta di critica nei confronti del Ministro Clini, il quale essendo un tecnico esperto della materia, dovrebbe essere a conoscenza dell'esistenza di fusti interrati nella zona che rendono, dunque, il territorio già compromesso dal punto di vista ambientale.
Deve essere evidenziato che risulta alla Commissione la presentazione di una denuncia, in data 11 giugno 2012, a firma di Maurizio Lancellotti, indirizzata alle procure della Repubblica di Tivoli e di Roma, avente ad oggetto le vicende testé rappresentate.
Dopo De Santis, ha preso la parola il presidente del XX municipio di Roma, il quale ha evidenziato i problemi connessi ai trasporti dei rifiuti che da Roma dovrebbero giungere a Pian dell'Olmo. Tale circostanza oltre a essere stata già rappresentata dai tecnici nominati
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dal commissario Pecoraro, è stata percepita direttamente dalla Commissione nel corso del sopralluogo. Si è potuto notare, infatti, che la strada di accesso alla cava presenta un'elevata pendenza, oltre ad essere stretta e sterrata. Il presidente del XX municipio ha, inoltre, chiesto se la gestione della discarica eventualmente realizzata avverrà mediante affidamento diretto.
Il sindaco di Castelnuovo di Porto è intervenuto per evidenziare la virtuosità dei comuni della zona in relazione agli elevati livelli di raccolta differenziata, oscillanti in molti casi tra il 78 e l'80 per cento. Si arriverebbe, dunque, al paradosso di realizzare una discarica di rifiuti indifferenziati in una zona particolarmente virtuosa nell'attuazione della raccolta differenziata. Sono state, inoltre, precisate le difficoltà di effettuare la raccolta differenziata senza disporre di adeguate risorse mancando i contributi della regione. Sarebbe giusto, sempre a detta del Sindaco di Castelnuovo di Porto, che i comuni virtuosi venissero comunque supportati dai finanziamenti regionali, una volta verificata la positività raggiunta nella gestione dei rifiuti.
Un rappresentante della Cgil di Roma e del Lazio ha posto una domanda alla quale il presidente ha ritenuto di rispondere immediatamente. In particolare, ha chiesto se le scelte del legislatore a livello nazionale siano state o possano essere state condizionate dai cosiddetti «poteri forti» tra i quali deve essere inclusa la criminalità organizzata. Il presidente Pecorella, sulla scorta di una serie di acquisizioni che la Commissione ha fatto sin dalla sua costituzione, ha affermato che i «poteri forti» hanno capito da molto tempo che i rifiuti sono una risorsa. Da questo punto di vista la criminalità organizzata è stata più lungimirante di altri nel capire che i rifiuti costituiscono fonte di ricchezza. Emblematica è la frase intercettata nel corso di un'indagine penale proferita da un camorrista, il quale - a fronte delle contestazioni mossegli da un suo sodale scettico in merito all'utilità di un affare concernete appunto i rifiuti - ha risposto categoricamente: «entrano rifiuti ed esce oro».
Non è un caso che nell'Italia meridionale l'impiantistica stenti a partire perché si porrebbe in contrasto con gli interessi illeciti che la criminalità organizzata riesce a perseguire nelle situazioni di crisi e di emergenza. Senza tenere conto del fatto che la realizzazione di impianti e l'attuazione delle previsioni del piano dei rifiuti costituiscono una risorsa anche da punto di vista occupazionale attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e nuove professionalità. Quanto riferito nell'immediato dal Presidente è il frutto di una serie di indagini territoriali compiute dalla Commissione da cui è emersa con evidenza la stretta interconnessione tra criminalità organizzata, settore dei rifiuti e immobilismo amministrativo.
I rappresentanti di diversi comitati civici hanno, poi, formulato una serie di osservazioni in merito all'iter procedimentale seguito dai commissari Pecoraro e Sottile. In particolare, ed è questo un punto centrale della vicenda, hanno chiesto:
- quale sia il valore da attribuire al documento di analisi preliminare dei siti predisposto dalla Regione;
- nel caso tale documento fosse illecito, tale illiceità potrebbe aver inficiato l'intera procedura;
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- inoltre, in tale caso, il documento in parola dovrebbe qualificarsi come corpo di reato, suscettibile di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria.
Su questo punto l'unica cosa che la Commissione può dire è che pendono indagini avviate dalla procura della Repubblica di Roma conto ignoti per il reato di falso ideologico proprio in relazione all'iter di formazione del documento.
È stato evidenziato, sempre dai comitati civici, come - paradossalmente - sia stato invertito l'iter logico della decisione da parte delle autorità preposte: invece di compiere gli studi e gli approfondimenti sul campo per poi effettuare una scelta consapevole, si è proceduto esattamente in senso inverso.
È chiaro che questo tipo di procedura incide anche sui costi gravanti sulla collettività, perché la scelta fatta sulla base di un mero esame documentale può poi rivelarsi completamente sbagliata a seguito degli studi e degli approfondimenti tecnici successivi, con conseguente necessità di ricominciare il percorso sin da principio (come, infatti, è avvenuto). Ebbene, il quesito posto è se eventuali sprechi di risorse, una volta accertati, possano giustificare una denuncia alla Corte dei conti.
Il sindaco di Sacrofano ha evidenziato come la scelta di Pian dell'Olmo da parte del commissario Sottile sarebbe frutto della mancata opposizione dei tre enti locali principalmente interessati (regione Lazio, provincia e comune di Roma). Tale affermazione sarebbe stata fatta dallo stesso commissario Sottile nel corso di una riunione con i sindaci della zona.
Il geologo Giorgio Coppola, intervenuto nel dibattito, ha sollecitato la Commissione ad intercedere presso la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché venga modificata l'ordinanza di nomina del commissario nella parte in cui prevede che il sito sia individuato, in via prioritaria, tra quelli indicati dalla regione Lazio nel documento di analisi preliminare. Il meccanismo, infatti, si incepperebbe non tanto per la dichiarazione dello stato di emergenza quanto per questo inciso contenuto nell'ordinanza che - per un verso - appare condizionante, per altro verso risulta essere ambiguo. Ha poi evidenziato come non sia ancora noto se siano stati revocati i provvedimenti adottati dal prefetto Pecoraro circa l'individuazione dei siti di Corcolle e di Quadro Alto.
Le risposte della Commissione: in merito all'ipotizzato sequestro del documento di analisi preliminare della regione Lazio è evidente come la Commissione non possa interferire nelle indagini che sta svolgendo la magistratura.
Quanto all'intervento della Corte dei conti è certo che, laddove venisse accertato che i mesi di commissariamento hanno comportato spese rilevanti e inutili, la Corte dei conti potrebbe e dovrebbe intervenire anche di iniziativa e svolgere gli ulteriori approfondimenti finalizzati ad accertare eventuali responsabilità per danno erariale.
Se poi fosse vero che la proposta di Sottile di Pian dell'Olmo è stata determinata dalla finalità di mettere d'accordo i tre enti locali interessati, risulterebbe ancora meno chiara la ragione di nominare
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e pagare un commissario straordinario per la soluzione dell'emergenza rifiuti. Il compito del commissario è proprio quello di assumersi la responsabilità di scegliere eventualmente anche in contrasto con gli enti locali, i quali evidentemente, finora, non hanno assunto alcuna decisione utile.
In merito alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei rifiuti nella regione Lazio è stato rappresentato come esistano zone di confine nel sud pontino infiltrate dalla criminalità organizzata. Nonostante ciò certamente il Lazio non può definirsi come un territorio particolarmente segnato da questa problematica per quanto riguarda il settore dei rifiuti.
L'intercessione della Commissione presso la Presidenza del Consiglio per un'eventuale modifica dell'ordinanza nei termini rappresentati dalle autorità locali non pare fattibile così come proposta. Tuttavia, la Commissione può certamente intervenire attraverso l'audizione dei ministri direttamente interessati.
Il dato evidente è che, passato un anno dalla costituzione in mora da parte dell'Unione europea - allo stato - nessuno ha deciso niente. In mancanza di decisioni, la situazione emergenziale denunciata un anno fa e che ha destato tanto allarme è rimasta inalterata, se non si è aggravata.
7.4 - Dati elaborati dalla Commissione in occasione del sopralluogo presso il sito di Pian dell'Olmo.
Le principali criticità emerse in seguito agli approfondimenti effettuati sul sito di Pian dell'Olmo, riguardano sia fattori ambientali che socio-economici. Pur non spettando alla Commissione sostenere l'idoneità o l'inidoneità di un sito, tuttavia alcuni dati risultano evidenti: 1. il sito individuato ha una capacità di abbancamento limitata e, comunque, non potrebbe garantire il conferimento dei rifiuti per più di un anno; 2. per rendere utilizzabile il sito quale discarica occorrerebbe effettuare dei lavori che richiedono investimenti consistenti (si è fatto riferimento a circa 46 milioni di euro); 3. l'importo dell'investimento e il tempo prevedibile di durata della discarica rendono non conveniente l'investimento medesimo che non potrà essere remunerato dai ricavi della gestione; 4. la situazione vincolistica non è del tutto chiara; esistono rischi di esondazione del Tevere sulla Tiberina ed il piano territoriale paesaggistico evidenzia criticità che dovrebbero essere approfondite. Da approfondire anche la situazione delle distanze da case sparse e centri abitati; 5. esistono seri problemi per la viabilità sia per quanto riguarda l'appesantimento del traffico sulla consolare Tiberina, sia per i lavori necessari alla messa in sicurezza della strada di accesso al sito che ha una pendenza non compatibile con il traffico pesante e con il transito simultaneo dei mezzi pesanti su entrambi i sensi di marcia; 6. il sito risulta distante da tutti gli impianti tmb operanti su Roma, con un conseguente aggravio di costi, tempi di trasferimento e aumento del carico veicolare sulle strade interessate.
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7.5 - L'audizione del commissario Sottile del 20 giugno 2012.
La Commissione ha ritenuto di dover ascoltare il commissario Sottile sia per cercare di comprendere in quale direzione la struttura commissariale si stia muovendo, sia per verificare quali siano i criteri di scelta del sito o dei siti da adibire a discarica temporanea. Deve subito evidenziarsi come l'audizione si sia rivelata infruttuosa, non essendo state fornite risposte precise né in merito a quella che sarà l'area prescelta né in ordine ai criteri e alle metodologie che verranno utilizzate per l'individuazione della stessa.
Peraltro, già prima dell'audizione il commissario Sottile aveva trasmesso alla Commissione una nota con la quale aveva rappresentato che, alla data del 13 giugno 2012, la nuova struttura commissariale non aveva svolto alcuna attività istruttoria di carattere formale, avendo dato priorità agli incontri con i vertici degli enti coinvolti, al fine di trovare una soluzione il più possibile condivisa al problema del sito alternativo alla discarica di Malagrotta per il conferimento dei rifiuti urbani della città di Roma (doc. 1272/1).
Nel corso dell'audizione il prefetto ha dichiarato essere stato nominato commissario delegato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2012 e di aver avuto precedenti esperienze nel settore, essendo stato commissario liquidatore dei rifiuti in Campania e commissario in Calabria.
In relazione alla indicazione, effettuata pochi giorni dopo la nomina, del sito di Pian dell'Olmo quale sito idoneo alla realizzazione della discarica temporanea, il commissario Sottile ha dichiarato che la scelta è stata determinata dal desiderio di individuare un sito che potesse raccogliere il consenso di tutti gli enti territoriali interessati. Ha anche aggiunto che la scelta, tuttavia, non può più considerarsi «definitiva», lasciando intendere che scelte diverse potranno essere adottate.
In relazione al sito che sarà individuato, il prefetto Sottile non ha fornito indicazioni precise. Ha, peraltro, dichiarato di aver revocato i precedenti provvedimenti di occupazione adottati dal prefetto Pecoraro per i siti di Corcolle e Quadro Alto, per cui potrebbe evincersi che gli stessi siano stati esclusi dal novero di quelli potenzialmente idonei.
Si riportano le dichiarazioni rese in proposito: «(...) Io mi sono insediato il 25 maggio e la scelta su Pian dell'Olmo è stata determinata dalla mia volontà, dal mio desiderio, dal mio tentativo di fare in modo che questa scelta potesse risultare più aggregante nei confronti degli enti territoriali. La regione, infatti, è soggetto attuatore come stazione appaltante della costruenda discarica; (...) per me era auspicabile il consenso di tutti gli enti territoriali che, anche se in forme diverse, si era comunque manifestato. La scelta di Pian dell'Olmo al momento non è più definitiva, resta forse in seconda linea rispetto ad altre scelte che dovranno essere prese. Non si tratta di una discarica definitiva - è bene chiarirlo - perché siamo in attesa che la regione attui il suo piano rifiuti ed è importante dire che si tratterà di una discarica destinata a ricevere solo il rifiuto trattato. A loro non sfugge la differenza tra una discarica che riceve il rifiuto e una come quella di Malagrotta, che purtroppo riceve il cosiddetto tal quale(...). Per
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quanto riguarda Quadro Alto e Corcolle, era in essere un provvedimento di occupazione, per cui io, non avendo più interesse su quei due siti, ho revocato i precedenti provvedimenti adottati dal prefetto di Roma, collega Pecoraro».
Alla domanda posta da un componente della Commissione circa la fattibilità di una discarica nelle cave esaurite di Bagni di Tivoli e di Guidonia, già rivolta al commissario Pecoraro, il commissario Sottile ha risposto: «di Bagni di Tivoli e Guidonia, sinceramente, non so nulla ed effettuerò le verifiche. (...) Io ho una microstruttura commissariale, ma per Bagni di Tivoli e Guidonia posso avvalermi del Noe e del Corpo forestale dello Stato, come ho fatto per i siti segnalati dalla provincia. Certo, è una zona molto antropizzata, ma ben venga una segnalazione utile. Lei sa che nel Lazio dicono tutti di no, al contrario di quanto avviene in altre zone d'Italia, come in Toscana, dove alcuni sindaci insistono per avere la discarica perché è fonte di compensazione e di ricchezza. Tenga presente, però, che io ho questa mannaia del 29 giugno, quando dovrò indicare il sito alla Commissione europea. Diversamente, l'Italia rischia davvero di fare una pessima figura. Può aiutare molto questo programma di rendere più operativi gli impianti tmb perché andiamo proprio contro l'infrazione. Malagrotta non va bene perché va a tal quale: se eliminiamo questo punto, siamo in linea con i parametri».
Il prefetto ha, poi, annunciato che entro il 29 giugno provvederà a prorogare la discarica di Malagrotta, rispetto alla gestione della quale ha, peraltro, espresso il suo apprezzamento: «Entro il 29 di questo mese, purtroppo per me, dovrò necessariamente prorogare la discarica di Malagrotta. Non ho difficoltà a dire che l'ho visitata senza preavviso e ne ho ricevuto una buona impressione, cioè che è gestita, a mio avviso, con criteri soddisfacenti. Ripeto, però, che il fuoco della discarica è molto limitato rispetto a tutto il resto della discarica stessa. Sarebbe importante convincere il consorzio a iniziare subito una bonifica. Sarebbe un segnale altamente positivo per la popolazione in quella zona, dove c'è la raffineria, che peraltro ha manifestato l'intenzione di chiudere. Spero di sapere tra oggi e domani se rimarranno anche i depositi, a loro volta inquinanti. Questo potrebbe indirizzare la scelta che dovrò prendere con tempestività perché all'Europa, purtroppo, dobbiamo dare una risposta in termini molto rapidi».
Sugli impianti e sulle risposte che la struttura commissariale intende prioritariamente fornire per evitare le sanzioni da parte dell'Unione europea, il commissario ha sottolineato la necessità di potenziare la capacità degli impianti tmb esistenti sul territorio, operazione ritenuta più conveniente rispetto all'alternativa della costruzione di un quinto impianto: «dopo questa audizione ho un incontro con i vertici dell'Ama e del consorzio proprio per mettere a punto il programma di potenziamento della capacità degli impianti di tmb. Io ho ricevuto una lettera, ma credo che a loro sia noto, e ho letto sulla stampa che c'è stata una disparità di vedute tra i due soggetti, il pubblico e il privato, che si dedicano a questa materia: tra poco avrò questa riunione e cercherò di capire fin dove, effettivamente, possiamo spingere senza mettere in crisi il sistema. Si tratterebbe davvero di una parte importante della soluzione perché abbiamo 4.500 tonnellate al giorno, di cui 500 derivanti dalla
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differenziata. Ne rimangono 4.000: mettendo in funzione questi quattro impianti, si potrebbe arrivare a una parte residuale di tal quale. A me l'ordinanza conferisce la possibilità di realizzare anche un quinto impianto. La lettera che ho ricevuto dell'AMA - probabilmente, sono cose a voi già note - su questo programma di efficientamento del sistema consiglia la non realizzazione del quinto impianto facendo riferimento a un costo che finirebbe nella tariffa e quindi in bolletta. Forse si potrà ottenere un buon risultato con i quattro impianti di cui già si dispone. È una verifica che mi appresto a fare. Su questo credo che ci sia la precisa volontà politica anche del comune e direi che questo sarebbe già un ottimo risultato da presentare alla Commissione europea che, come tutti sappiamo, ha già aperto la procedura di infrazione».
Con riferimento ai criteri di scelta dei siti il commissario Sottile ha richiamato l'indicazione, contenuta nell'ordinanza di nomina del commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, di individuare i siti analizzando, in via prioritaria, quelli contenuti nel documento della regione Lazio. Ha ribadito che tale indicazione, seppur non gli impedisca di scegliere un sito diverso da quelli, tuttavia, gli impone di valutare prima la fattibilità di una discarica all'interno di una di quelle aree già analizzate dalla regione. Dunque, valutata eventualmente la non compatibilità dei siti contenuti nel documento regionale, si andranno a verificare anche quelli indicati dalla provincia: «Per quanto riguarda la scelta di questi siti, secondo l'ordinanza che regolava l'attività del collega Pecoraro e la mia, dobbiamo prioritariamente esaminare i siti indicati in questo documento. «Prioritariamente» non significa «esclusivamente», ma prioritariamente siamo obbligati a guardare ciò che è proposto. (...) Io sono stato nominato con decreto, l'ordinanza è quella precedente, quindi le regole rimangono le stesse. Siamo obbligati a vedere ciò che è proposto in questo documento. Se questo è insufficiente o carente, non dipende da noi. Quanto agli altri siti segnalati dalla provincia, ho pregato il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di andare a verificarli, ma non credo che ne trarremo un grande beneficio perché mi dicono che, vedendoli a un primo esame, sono piccole cave. Credo che non possiamo attenderci grandi cose».
Da tali dichiarazioni si ricava che la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel momento in cui ha nominato il nuovo commissario conferendogli i poteri per la localizzazione del sito da adibire a discarica, non ha ritenuto di dover eliminare il riferimento al documento predisposto dalla regione Lazio, nonostante la ormai nota insufficienza dello stesso in ragione della natura solo documentale dello studio sottostante.
Quanto alla metodologia seguita finora per l'individuazione del sito, sono stati sollevati da parte della Commissione una serie di rilievi fondati sostanzialmente sul fatto che la scelta del sito effettuata prima della concreta verifica della sua compatibilità ad essere adibito a discarica (indipendentemente da generiche indicazioni documentali) appare assolutamente irragionevole, determinando una serie di effetti negativi. Infatti, tale metodo, da un lato costringe a revocare decisioni già prese, una volta che le verifiche successivamente avviate risultino negative, dall'altro danneggia l'immagine economica delle zone inte
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ressate e, ciò che è più grave, allunga i tempi di risoluzione del problema.
Si riporta di seguito la parte dell'audizione riguardante questi aspetti:
«PRESIDENTE. (...) La domanda finale è questa: le verifiche saranno effettuate preventivamente o andremo avanti a indicare dei luoghi che poi, a verifiche fatte, si riveleranno non adatti?
GOFFREDO SOTTILE. Presidente, il 29 giugno è alle porte. Io comprendo il ragionamento perché è fluido, giusto, appare evidente nella sua logicità, ma mi rendo anche conto che questi accertamenti su tutti i siti proposti dalla regione e riportati nell'ordinanza hanno dei costi.
PRESIDENTE. La mia domanda era completamente diversa. Ovviamente, non dico di procedere a un accertamento su tutti i siti. Una volta, però, individuato Riano, si procede ad accertare se è adatto, i costi per metterlo in sicurezza, le strade - mancavano le strade per accedere - la situazione della falda acquifera, lì indicata in 7 metri. Parlo di una scelta che sia basata sulla verifica del luogo che si ritiene potrebbe essere quello adatto, che non vuol dire effettuare una verifica su tutti i siti possibili del Lazio.
GOFFREDO SOTTILE. Occorrerebbe anche una valutazione comparativa. In ogni caso, nei limiti temporali strettissimi in cui sono costretto a muovermi, le rispondo positivamente, cioè che certamente saranno effettuate. Può essere un'indicazione provvisoria, che suscita la reazione della popolazione, ma certamente prima di dare il primo colpo di martello avranno luogo tutti gli accertamenti possibili. Il punto, presidente, è che si allungano i tempi.
PRESIDENTE. Così si allungano molto di più perché continuate a scegliere dei siti che non vanno bene. Se non ricordo male, verso novembre dello scorso anno ci era stato detto che sarebbe entrato in funzione il sito provvisorio al 1° gennaio 2012 e che Malagrotta in quella data doveva chiudere. Non è polemica, ma vogliamo capire perché i cittadini ci ascoltano e vorrebbero comprendere che cosa fanno le istituzioni. Siamo stati un'ora a visitare il sito, abbiamo visto che c'era scarsa capienza, necessità di effettuare lo sbancamento, di effettuare l'opera di impermeabilizzazione, di investimenti ingenti, a parte che c'erano case a 800 e a 400 metri. Se si va sul posto, ci si rende conto se il sito va bene o meno. Credo siano passati uno o due mesi da quando si è cominciato a parlare di Riano, adesso si parlerà di un altro sito, poi passeranno magari altri mesi e ci accorgeremo che non va bene.
GOFFREDO SOTTILE. Qual è il suggerimento?
PRESIDENTE. Quando c'è un sito che sulla carta potrebbe essere adatto, bisognerebbe effettuare le verifiche prima di rendere pubblica
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la scelta. Parliamo di situazioni di emergenza, si nominano dei prefetti appositamente e dal mese di novembre a oggi ancora non è stato scelto il sito, non si tratta del fatto che non siano iniziati i lavori. L'emergenza si crea anziché combatterla. Adesso lei, giustamente, dice che deve prorogare Malagrotta: vorremmo capire qual è il futuro, quali saranno i criteri per la scelta del sito.
GOFFREDO SOTTILE. Esiste una mappatura del territorio che già individua la conformazione del terreno. Naturalmente, si cercano terreni argillosi. Già questo può essere un primo criterio. Sull'incidenza della falda ci sono gli studi effettuati dall'autorità di bacino del fiume Tevere, con la quale sono costantemente in contatto. Mi azzarderei a dire anche che - se veramente parte questo piano di raccolta differenziata spinta, se riusciamo a rendere più efficienti questi impianti - potrei anche correre il rischio di non indicare il sito entro il 29 giugno proprio per venire incontro a questa che è un'esigenza oggettiva, vera. Quanto all'accertamento, però, a parte il fatto che ci sono dei costi anche piuttosto importanti, se ne avrò la possibilità - questo forse è un dialogo con l'Europa, cercare di capire fino a che punto possa spingermi - potrebbe essere utile. Nel frattempo, potrei enunciare tutto questo programma che risolve in buona parte il problema e, in seguito, indicare il sito una volta che ci sia la certezza scientifica, oggettiva che va tutto bene».
La Commissione ha, poi, posto al commissario una serie di altre domande concernenti il funzionamento del gassificatore di Malagrotta, le pendenze economiche tra Ama e consorzio Co.la.ri., i rapporti con l'avvocato Manlio Cerroni, l'opportunità di inviare i rifiuti in Emilia Romagna, soprattutto alla luce dei gravissimi problemi causati in queste ultime settimane dal terremoto.
Riguardo le pendenze economiche tra AMA e consorzio Co.la.ri. il commissario ha dichiarato di non saperne assolutamente nulla, mentre per quanto riguarda il gassificatore di Malagrotta, ha assicurato che lo stesso funziona, anche se non al massimo della sua potenzialità.
Con riferimento all'ipotesi di inviare i rifiuti in Emilia Romagna, il prefetto Sottile ha risposto nei seguenti termini: «Per l'Emilia l'idea, purtroppo, è venuta a me perché, come loro sanno, nel mio passato mi sono occupato, come commissario liquidatore del rifiuto campano e come commissario tout court della regione Calabria, della questione e ho continuato, come tutti i cittadini italiani ma con un interesse un po' più sviluppato, a seguire queste vicende. Devo dire che, in relazione a Napoli, dell'esportazione del rifiuto ho parlato col vicesindaco di Napoli, Tommaso Sodano, che mi ha detto che funziona, i costi, ovviamente, sono un po' più elevati. Stanno, infatti, sui 100-110 euro a tonnellata (...) so che in Emilia c'è necessità di carburante per gli impianti. Mi permetto di non condividere la posizione perché, in pratica, per noi è rifiuto, mentre lì diventa ricchezza in quanto serve per alimentare gli impianti. Ribadisco, però, che non è un problema del commissario, ma del sindaco».
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Riguardo gli incontri avuti con l'avvocato Cerroni, il Commissario ha dichiarato:«Per quanto riguarda l'avvocato Cerroni, l'ho incontrato due volte in ufficio. Mi spingo anche oltre perché credo che le cose vadano dette per quelle che sono e per le esigenze che abbiamo: effettivamente, l'avvocato Cerroni ha gestito da monopolista il sistema dei rifiuti urbani a Roma forse per trent'anni e in questi due incontri se ne è fatto vanto, come credo abbia fatto anche in questa sede. Sostiene, in pratica, di aver fatto risparmiare tantissimo denaro. Devo, però, dire che a me l'avvocato Cerroni non fa paura perché, se ha in esercizio una discarica, se la Dia, l'antimafia, tutti i nostri apparati non hanno mai riscontrato nulla, per me è un imprenditore e basta. Non voglio tessere le lodi dell'avvocato Cerroni, ma sa fare il suo mestiere e mi pare che non ci sia danno per il cittadino».
PRESIDENTE. Scusi, ma forse la procedura di infrazione dipende anche dal fatto che riceveva dei rifiuti che non erano quelli che avrebbe dovuto. Questo dipende da chi li riceve oltre che da chi li porta. Questa infrazione vuol dire che l'Italia, se dovesse essere condannata, dovrà pagare, come al solito, come per le ecoballe, una quantità non piccola di soldi. Questo dipenderà dal fatto che riceveva rifiuto non a regola, giusto?
GOFFREDO SOTTILE. Senza voler trascinare nessuno in questi giudizi di colpevolezza, credo che Cerroni agisca in base ai provvedimenti che ha, quindi la colpa forse non è sua.
PRESIDENTE. Cosa vuol dire «agisce in base ai provvedimenti che ha»?
GOFFREDO SOTTILE. Mi riferisco alle autorizzazioni di cui dispone.
PRESIDENTE. Era autorizzato a ricevere tal quale?
GOFFREDO SOTTILE. Certo, come lo autorizzerò io, purtroppo, entro il 29 perché altrimenti avremo l'immondizia per strada. Probabilmente, il sistema - forse è un giudizio fuori domanda - ha dato troppa fiducia all'avvocato Cerroni negli anni. Ci si è adagiati sul fatto dell'esistenza della discarica, gestita bene secondo un giudizio condiviso, e forse non si sono adottate quelle misure che adesso vanno adottate. In un momento di emergenza con chi è stato monopolista per trent'anni dobbiamo trovare il modo di lavorare, non per il bene di Cerroni, ma per quello della città di Roma».
La Commissione ha rilevato - anche in sede di audizione - come compito del commissario non sia quello di trovare soluzioni condivise, quanto quello di assumere decisioni in tempi rapidi, sulla base di procedure legittime, finalizzate a evitare il protrarsi della situazione di emergenza.
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8 - Le indagini.
8.1 - Le indagini svolte dalla procura della Repubblica di Roma su Malagrotta.
Il 13 marzo 2012, il procuratore della Repubblica f.f. presso il tribunale di Roma, dott. Giancarlo Capaldo, su esplicita richiesta della Commissione, ha trasmesso una nota nella quale sono sintetizzate le indagini che la procura di Roma sta svolgendo sulla discarica di Malagrotta (doc. 1121/1):
- sono in corso indagini volte ad accertare la sussistenza di eventuali illiceità nella procedura di individuazione dei siti da adibire a discarica in luogo di Malagrotta. La vicenda scaturisce da una serie di esposti, amplificati dalla cronaca nazionale, che lamentano pedisseque riproduzioni di documentazione presentata alla regione dal consorzio CO.LA.RI., gestore del gassificatore di Malagrotta e facente capo all'avv. Manlio Cerroni;
- è stato iscritto un procedimento (...) concernente distinte ipotesi di reato: avvelenamento colposo di acque/danneggiamento di suolo e omicidi/lesioni colposi, nell'ambito del quale è stata avanzata dalla procura della Repubblica richiesta di incidente probatorio finalizzata ad accertare se la contaminazione delle falde idriche sottostanti la discarica di Malagrotta fosse riconducibile a una falla nel c.d. poulder ossia il manto bituminoso che riveste le pareti della medesima. Di tale procedimento si dà conto nel dettaglio nel successivo paragrafo;
- quanto ai procedimenti in relazione ai quali è già stata esercitata l'azione penale, sono stati trasmessi in copia quattro decreti di citazione a giudizio. Uno afferisce allo smaltimento degli rsu all'interno della discarica, il secondo a una serie di violazioni della normativa sulle industrie a rischio di incidente rilevante e di prevenzioni incendi relativo al gassificatore di Malagrotta. Entrambi i procedimenti sono in avanzata fase istruttoria. Gli ultimi due si riferiscono a violazioni relative alla omessa ricopertura giornaliera dei rifiuti;
- è stata altresì prodotta in copia la sentenza di condanna di primo grado e di assoluzione in appello relative al procedimento n. 14685/2005 R.G.P.M., in relazione al quale l'ufficio di procura ha formalmente sollecitato la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello di Roma alla presentazione di ricorso per cassazione.
8.2 - Le informazioni fornite dalla procura di Roma in merito alla richiesta di incidente probatorio relativo all'accertamento delle cause dell'inquinamento delle falde e del suolo dell'intero plesso industriale nell'area di Malagrotta.
Con nota del 26 giugno 2012 la procura di Roma ha trasmesso alla Commissione una relazione sintetica in merito alle indagini svolte
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in ordine alla presunta contaminazione delle falde idriche sottostanti la discarica di Malagrotta. Si riporta integralmente la nota indicata: «In seno al procedimento penale n. 47580/2009 questo ufficio di procura aveva chiesto in data 1° dicembre 2010 al Gip di procedere nelle forme dell'incidente probatorio ad accertare se la contaminazione delle falde idriche sottostanti la discarica di Malagrotta fosse riconducibile a una falla nel c.d. poulder ossia il manto bituminoso che riveste le pareti della medesima. Il giudice, con provvedimento in data 11 gennaio 2011 rigettava la anzidetta richiesta, nella sostanza affermando che i dati in possesso degli inquirenti non giustificavano l'intervento richiesto, poiché una consulenza disposta dagli stessi pubblici ministeri evidenziava la sostanziale mancanza di contaminazione tra le acque che si trovavano al di sotto dei c.d. "pozzi spia" e ciò che si trovava all'interno e che, quindi, probabilmente la riscontrata contaminazione fosse da attribuire ad attività antropica di diversa natura (trattasi di zona ad elevata concentrazione di opifici industriali).
In data 21 luglio 2011 veniva nel frattempo depositata una denuncia-querela da parte di numerosi cittadini residenti nell'area, raccolti attorno al c.d. «Comitato Malagrotta» (procedimento iscritto al n. 36277/2011-21), che lamentavano l'insorgenza di gravissime patologie asseritamente riconducibili alla inalazione ovvero ingestione di sostanze provenienti dall'attività della discarica o del gassificatore. In relazione a tale denuncia questo ufficio chiedeva al dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio, di comunicare i risultati di apposito studio epidemiologico in corso di esecuzione nell'ambito del progetto della regione Lazio «Epidemiologia rifiuti ambiente salute nel Lazio- ERAS Lazio».
Tale studio (pervenuto in questi giorni all'ufficio), effettuato su una coorte di popolazione di circa 85 mila persone residenti nella zona di Malagrotta, su cui insistono, oltre alla discarica, una raffineria di prodotti petroliferi, un inceneritore per rifiuti ospedalieri e farmaci scaduti (rifiuti speciali) dotato di sistema per il recupero energetico (termovalorizzatore), alcuni depositi di idrocarburi e cave per inerti, evidenzia come coloro che vivono in prossimità degli impianti presentino (sia tra gli uomini che tra le donne) un quadro di mortalità generale relativamente simile a quello della popolazione di riferimento. Farebbero, tuttavia, eccezione le patologie dell'apparato cardiovascolare (donne) e dell'apparato respiratorio (uomini) che sono aumentate tra i residenti nell'area più prossima agli impianti. Per le patologie tumorali, si osserva tra le donne un eccesso di tumore della laringe e della mammella nelle zone più prossime, mentre tra gli uomini si osserva una riduzione del rischio per il tumore del polmone. I residenti (uomini e donne) più prossimi agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere (+8%), in particolare per malattie circolatorie, urinarie e dell'apparato digerente. Tra gli uomini si è osservato un aumento dei ricoveri per patologie della tiroide.
La stessa ARPA, con nota prot. 00550653 del 9 luglio 2010, nel confermare il quadro di contaminazione delle acque sotterranee rilevato nella precedente campagna di monitoraggio, aveva del resto già sottolineato «un peggioramento dello stato di contaminazione del sito sia per composti inorganici che per composti organici».
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Ritenendosi necessario approfondire la situazione, era stato aperto un nuovo procedimento, n. 35459/2011-21, relativo all'ipotesi di una generale compromissione del suolo e delle falde dell'area di Malagrotta, in cui risulta allo stato indagato il solo legale rappresentante della società che gestisce la discarica. Al fine di valutare lo stato di compromissione delle falde e del suolo dell'intero plesso industriale, questo ufficio aveva pertanto disposto procedersi a consulenza tecnica collegiale nelle forme degli accertamenti irripetibili al fine di accertare quali fossero le aree concretamente interessate, quale l'effettiva provenienza delle sostanze inquinanti presenti nelle falde sotterranee e sul suolo, quali le modalità e l'estensione dell'accertato stato di compromissione ambientale, quali, infine, i potenziali effetti sulla salute pubblica. A seguito di notifica di avviso ex articolo 360 c.p.p., la difesa dell'indagato formulava riserva di incidente probatorio ex articolo 360 comma 4 c.p.p. (così paralizzando le operazioni di consulenza tecnica, come espressamente previsto dal codice di rito), depositando nel contempo anche la copia di uno studio ambientale condotto dall'Ispra fino all'aprile del 2011 sul sito interessato, il quale, peraltro, concludeva anch'esso (pagg. 258-259) affermando la necessità di «ottenere una migliore definizione delle sorgenti inquinanti potenziali» e di operare un «approfondimento sulle sorgenti di generazione degli inquinanti, ai fini della valutazione teorica dei relativi carichi e della ripartizione degli stessi tra i diversi comparti produttivi».
Inoltre, altro studio proveniente dal medesimo istituto («Studio dell'impatto della discarica di Malagrotta sulle acque superficiali e sotterranee mediante l'uso di metodologie isotopiche: risultati preliminari»), acquisito agli atti, concludeva asserendo che «l'indagine multidisciplinare realizzata nell'area della discarica di Malagrotta (RM) dal CIRCEDSA/SUN, ISPRA e ARPA Lazio evidenzia una contaminazione diffusa delle acque sotterranee, esterne ed interne al sito, da parte di metalli e inquinanti. In particolare, l'utilizzo di metodologie isotopiche allo scopo di identificare il potenziale inquinamento da percolato insistente sulle risorse idriche sotterranee e superficiali è stato dimostrato essere uno strumento applicabile nell'area di studio considerata ed efficace nell'identificare zone di possibile contaminazione. In particolare, il |gdD e il |gd18O misurati in campioni di acqua di falda e superficiali e nel percolato hanno dimostrato la loro efficacia nell'aiutare a delineare possibili scenari di miscelamento di risorse idriche più o meno contaminate, caratterizzando in modo unico e distintivo la fonte inquinante (il percolato). Tuttavia tale strumento dimostra la sua massima efficacia nell'identificazione dell'impatto di una discarica sulle risorse idriche superficiali e sotterranee in studi multi-parametrici in cui si vada ad affiancare a tecniche di monitoraggio consolidate quali le indagini chimico-fisiche e idrogeologiche (ricostruzioni piezometriche, caratterizzazione dell'idrogeologia della piana alluvionale, misure di portata in alveo, ecc.)».
Va altresì segnalato come nell'ambito di una relazione di consulenza tecnica redatta dai consulenti nominati dal pubblico ministero in seno al procedimento penale n. 53367/2011-21 R.G., relativo al sequestro preventivo del sito denominato «Testa di cane» (adiacente
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alla discarica e riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale), emerge un esplicito riferimento alla probabilità che per effetto dei lavori di realizzazione dell'asserito «piano di ripristino ambientale» dell'area, si sia verificata una falla nel c.d. poulder, in grado di determinare la fuoriuscita di percolato, con conseguente inquinamento della falda acquifera. Nel frattempo, i due procedimenti (quello relativo all'inquinamento e quello relativo ai decessi) sono stati riuniti, posta l'evidente connessione probatoria.
Tutto ciò premesso, l'ufficio del pubblico ministero in data 12 aprile 2012 ha depositato presso la cancelleria del giudice per le indagini preliminari (unitamente alla richiesta di proroga delle indagini preliminari) richiesta di incidente probatorio, ritualmente notificata all'indagato e al suo difensore, finalizzata allo svolgimento delle seguenti attività:
«a) con riferimento alle caratteristiche chimiche delle acque sotterranee si effettui il monitoraggio del flusso della falda acquifera che attraversa l'area della discarica di Malagrotta, anche mediante l'utilizzo di idoneo sistema di traccianti (tale da assicurare anche una effettiva rappresentazione delle condizioni idro-geologiche in relazione al flusso idrico sotterraneo);
b) si effettuino prelievi di campioni di acqua (nonché successive analisi chimiche volte a classificarne eventuali contaminanti presenti) lungo il flusso della predetta falda, al fine di stabilirne il livello di compromissione della stessa rispetto ai limiti di legge, la tipologia di inquinanti presenti, il livello di contaminazione e l'eventuale riconducibilità degli inquinanti alla specifica attività degli insediamenti produttivi che insistono nella zona;
c) si proceda alla mappatura degli insediamenti produttivi presenti nella zona e in grado di determinare una compromissione della falda, caratterizzando gli inquinanti correlati al tipo di ciclo produttivo;
d) per quanto specificamente concerne il sito della discarica di Malagrotta, si descriva l'efficacia e la rappresentatività dell'attuale sistema dei pozzi spia, si individui la funzionalità dei pozzi spia maggiormente significativi, si valuti, mediante gli atti, le problematiche in ordine agli accertamenti chimici finora eseguiti ed eventualmente occorrenti a dimostrare con precisione la causa del riscontrato stato di inquinamento delle falde acquifere dell'area predetta. Si effettuino prelievi di campioni di acqua nei pozzi spia ritenuti più rappresentativi, e si analizzino detti campioni.
L'ufficio è in attesa delle determinazioni del giudice per le indagini preliminari in ordine alla predetta richiesta. La difesa dell'indagato ha nel frattempo prodotto una istanza con cui chiede che venga dichiarata l'inammissibilità della richiesta».
8.2.1 - La valutazione epidemiologica svolta nell'area di Malagrotta dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale e dall'agenzia di protezione ambientale (Arpa) del Lazio.
La Commissione ha acquisito lo studio condotto nell'ambito del progetto della regione Lazio «epidemiologia rifiuti ambiente salute nel
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Lazio - Eras Lazio», svolto dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale e dall'Arpa Lazio. Si riporta di seguito, un estratto del documento acquisito:
«Introduzione - Malagrotta è un'area sub-urbana del comune di Roma localizzata a sud-ovest della città oltre il Grande Raccordo Anulare. Attualmente l'area si estende per circa 50 km2 e comprende la grande discarica per rifiuti urbani (RU), la raffineria di prodotti petroliferi, l'inceneritore per rifiuti ospedalieri e farmaci scaduti (rifiuti speciali) dotato di sistema per il recupero energetico (termovalorizzatore), alcuni depositi di idrocarburi, e cave per inerti. Nell'area sono presenti diverse infrastrutture di trasporto e alcune aree residenziali.
Obiettivo - Il presente studio ha lo scopo di analizzare gli effetti dell'esposizione residenziale alla discarica per RU sulla mortalità e sui ricoveri ospedalieri della coorte di persone che vivono entro sette chilometri dall'impianto; a causa della contemporanea presenza nella stessa area dell'inceneritore e della raffineria, la valutazione tiene conto anche del concomitante potenziale effetto sulla salute degli inquinanti emessi da questi due impianti.
Metodi - Lo studio, condotto con un approccio di coorte retrospettivo, è parte dello Studio Longitudinale di Roma che ha previsto l'arruolamento ed il follow-up della popolazione della città dall'ottobre 2001. La coorte in studio è costituita da tutti i residenti entro 7 km dalla discarica al 2001 con una residenza in loco da almeno 5 anni. Attraverso l'uso di sistemi informativi geografici (GIS) è stato possibile definire l'area di indagine e a ciascun soggetto della coorte sono state attribuite le coordinate geografiche relative alla residenza. Sono stati utilizzati i seguenti indicatori di esposizione: 1) la distanza dagli impianti (considerando la popolazione residente tra 0-2 km dal perimetro della complessa area impiantistica come popolazione maggiormente esposta e quella residente tra 5-7 km come popolazione di riferimento) e 2) le concentrazioni di diversi inquinanti stimati attraverso il modello di dispersione SPRAY, idrogeno solforato (H2S), polveri sottili (PM10) e ossidi di zolfo (SOx), come traccianti dell'impronta della discarica, dell'inceneritore e della raffineria. L'impronta è definita come la porzione di territorio, circostante l'impianto, in cui le emissioni che l'impianto produce durante la sua normale attività determinano una distribuzione di concentrazione con caratteristiche definite. Sono state oggetto di indagine la mortalità per i principali tumori e i grandi gruppi di malattie e i ricoveri ospedalieri per specifiche categorie nosologiche. L'analisi statistica è stata condotta con un modello di sopravvivenza (modello di Cox) tenendo conto delle caratteristiche individuali, sociali e delle diverse esposizioni ambientati.
Risultati - La coorte in studio è composta di 85.559 persone residenti al 2001, di cui il 51,6 per cento donne. Ad ogni soggetto è stato attribuito, sulla base dell'indirizzo di residenza all'inizio dello studio, il livello di esposizione di ciascun inquinante. Per i membri della coorte, la stima dell'esposizione media annuale individuale a H2S (discarica) è risultata pari a 0,02 |gmg/m3 (SD 0,02), ad SOx (raffineria) è risultata pari a 1,67 |gmg/m3 (SD 0,92) e al PM10 (inceneritore) è risultata pari a 0,02 |gmg/m3 (SD 0,02). Le persone che
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vivono in zone con più alta concentrazione di H2S, SOx o PM10 tendono ad avere un livello di istruzione più basso, ad essere in misura maggiore lavoratori manuali e ad avere una posizione socioeconomica inferiore rispetto al gruppo di soggetti considerati come riferimento. Coloro che vivono in prossimità degli impianti presentano (sia tra gli uomini che tra le donne) un quadro di mortalità generale relativamente simile a quello della popolazione di riferimento. Fanno tuttavia eccezione le patologie dell'apparato cardiovascolare (donne) e dell'apparato respiratorio (uomini) che sono aumentate tra i residenti nell'area più prossima agli impianti. Per le patologie tumorali, si osserva tra le donne un eccesso di tumore della laringe e della mammella nelle zone più prossime, mentre tra gli uomini si osserva una riduzione del rischio per il tumore del polmone. I residenti (uomini e donne) più prossimi agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere (+8 per cento), in particolare per malattie circolatorie, urinarie e dell'apparato digerente. Tra gli uomini si è osservato un aumento dei ricoveri per patologie della tiroide. Per quanto riguarda i risultati relativi alle concentrazioni dei singoli inquinanti, si è riscontrata nei gruppi più esposti ad H2S (discarica) e SOx (raffineria) una maggiore frequenza di tumori della laringe e della vescica (mortalità e ricoveri) nelle donne residenti. Limitatamente ai ricoveri, si è osservata un'associazione tra H2S e malattie dell'apparato circolatorio (donne). L'SOx, tracciante della raffineria, è risultato assodato a malattie dell'apparato respiratorio (uomini) e tumore del pancreas tra le donne. L'esposizione a PM10 (inceneritore) è risultata associata prevalentemente a patologie dell'apparato respiratorio e a tumore del pancreas (uomini) e a tumore della laringe, del fegato e della mammella (donne).
Conclusioni - Lo studio della coorte dei residenti nell'area di Malagrotta ha evidenziato un quadro di mortalità tra le persone più esposte in gran parte paragonabile con quello osservato nella popolazione di riferimento. Tuttavia sono stati riscontrati, sia per la mortalità e soprattutto per le ospedalizzazioni, alcuni eccessi di rischio degni di nota, in particolare per malattie respiratorie, cardiovascolari e per alcune forme tumorali. Alcune delle associazioni emerse, considerando la distanza dagli impianti o la concentrazione stimata degli inquinanti scelti come traccianti (H2S, SOx e PM10), sono potenzialmente attribuibili all'inquinamento prodotto nei passati decenni dagli impianti industriali presenti nell'area, ma è molto difficile determinare quali siano le emissioni (e di conseguenza gli impianti) che ne sono maggiormente responsabili».
Conclusioni.
All'esito dell'inchiesta svolta dalla Commissione sullo stato di emergenza venutosi a creare nella provincia di Roma è possibile affermare che le diverse amministrazioni succedutesi negli anni sul territorio non hanno affrontato la politica sul ciclo dei rifiuti in modo compiuto, per cui l'attuale situazione di crisi può dirsi essere la naturale conseguenza di una carente programmazione e attuazione di un ciclo integrato dei rifiuti conforme alla normativa ambientale.
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È sufficiente esaminare la situazione emergenziale che attanaglia ormai da quasi un anno la città di Roma e la provincia, per percepire nitidamente il pregiudizio di fondo che sta alla base del sistema di smaltimento: questo si è semplicemente trasformato, per taluni, in un business tanto più conveniente quanto più gli enti preposti non hanno realizzato un ciclo integrato dei rifiuti finalizzato al loro smaltimento nel rispetto dell'ambiente.
La situazione che si è avuto modo di constatare, con riferimento alla provincia di Roma ed allo stato di emergenza dichiarato poco meno di un anno fa, presenta connotazioni, per certi versi, paradossali.
Il termine «emergenza», com'è noto, evoca l'idea di circostanze e difficoltà impreviste; il che vuol dire, conseguentemente, che l'emergenza rifiuti nella provincia è stato un evento inaspettato che ha determinato una difficoltà improvvisa nella gestione del settore con conseguente necessità di nomina di un commissario con poteri straordinari da esercitare nel contesto di una normativa in deroga.
Ebbene, mai il termine «emergenza» è stato utilizzato più a sproposito.
Questa Commissione, nella relazione territoriale sul Lazio approvata il 2 marzo 2011, in sede di conclusioni, ha affermato testualmente:«Va comunque rilevato che sul territorio della regione molte discariche sono ormai in via di esaurimento, vi sono impianti obsoleti che richiedono forti investimenti per tornare ad essere produttivi e che in molti comuni, compreso quello di Roma, la situazione si avvicina pericolosamente all'emergenza».
Il dato era più che evidente da tempo, né poteva essere diversamente, tenuto conto dei quantitativi di rifiuti prodotti da Roma e provincia, dei livelli bassi di raccolta differenziata, dello smaltimento dei rifiuti prevalentemente attraverso il conferimento nella discarica di Malagrotta, prossima alla saturazione.
Si è trattato, quindi, di un'emergenza «annunciata» da più parti e attesa con evidente immobilismo, nelle more della dichiarazione ufficiale, dagli enti che avrebbero avuto il dovere di neutralizzarla. E questa è una delle tante contraddizioni che si registrano nella vicenda in oggetto.
Con riferimento alla dichiarazione dello stato di emergenza e alla nomina di un commissario il Ministro Clini, nel corso dell'audizione innanzi alla Commissione, si è espresso in termini molto critici: «(...) è stato dato un incarico a un commissario per affrontare un tema che avrebbe dovuto essere gestito con procedure ordinarie. Non si può sfuggire a questo, anche se ho grande stima per il prefetto Pecoraro che si è fatto carico di questa situazione. (...) Questo è un caso su cui riflettere perché ripropone ancora una volta una tematica, che avevo già sollevato la volta scorsa, circa il ricorso a procedure straordinarie per cercare di superare difficoltà di carattere non tecnico, ma politico, visto che riguardano la capacità di governare con un processo normale (...). Oggi ci troviamo, infatti, con il prefetto di Roma che ha su di sé una responsabilità non tecnica, ma politica di supplenza rispetto a una carenza di governance di una situazione molto complicata. Ora, se immaginiamo che tutte le volte che si presenta una situazione complicata, invece di affrontarla con le misure ordinarie, dobbiamo
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ricorrere a quelle straordinarie, allora abbiamo una visione quantomeno singolare del funzionamento delle istituzioni e della stessa democrazia (...)».
Le parole dure del Ministro non possono che essere condivise alla luce dei dati obiettivi che la Commissione ha acquisito sin dal 2009, ovvero da quando è stata avviata l'istruttoria per l'inchiesta territoriale sul Lazio.
La situazione attuale, dunque, testimonia gli scarsi risultati raggiunti non solo dagli enti preposti alla gestione ordinaria del ciclo dei rifiuti, ma anche delle strutture commissariali che non sono state in grado di individuare per tempo un sito di discarica alternativo a Malagrotta.
Occorre necessariamente partire dall'ordinanza di nomina del commissario straordinario al quale è stato attribuito il compito di «garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico - biologico dei rifiuti urbani necessarie a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza, di cui alla citata ordinanza, per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei Soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio, del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti».
Nel provvedimento è specificato che l'individuazione di uno o più siti di discarica dovrà avvenire, «in via prioritaria, nell'ambito dei siti indicati nel documento «Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi»» redatto dalla Regione Lazio».
La necessità di individuare un sito idoneo in tempi molto ristretti giustificherebbe, astrattamente, la previsione per cui la scelta del commissario debba essere effettuata "in via prioritaria" tra i sette siti indicati dalla regione Lazio nel documento summenzionato.
In sostanza, la logica posta alla base della previsione contenuta nell'ordinanza dovrebbe essere quella di facilitare e, quindi, accelerare il compito del commissario.
Tale finalità sarebbe stata realizzata laddove il documento di analisi preliminare avesse individuato siti astrattamente idonei o con criticità superabili e fosse stato il frutto di un'attività istruttoria attuale caratterizzata da verifiche di carattere scientifico e da sopralluoghi sul campo.
Nulla di tutto ciò è avvenuto.
Nella parte iniziale del documento si legge: «Il presente documento ha lo scopo di perimetrare, dal punto di vista della compatibilità tecnico-amministrativa, alcune aree, meglio dettagliate in seguito, individuate in via preliminare quali potenziali insediamenti del nuovo sito di discarica, di proprietà pubblica». Si legge altresì che: «la compatibilità accertata ha carattere esclusivamente preliminare, basandosi su considerazioni di carattere documentale, avendo essa il solo scopo di illustrazione dei siti. Ad essa farà seguito ogni campagna di indagine e ogni iter procedurale necessario, così come previsti dalla normativa di settore e dalla tecnica progettuale e realizzativa».
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Si fa, dunque, riferimento a una compatibilità tecnico-amministrativa dei siti ai fini di una possibile destinazione a discarica provvisoria.
La dizione «compatibilità tecnico-amministrativa» sembrerebbe, secondo i comuni criteri interpretativi, far riferimento a una compatibilità sia dal punto di vista amministrativo, nel senso che non dovrebbero sussistere vincoli giuridici insuperabili (nonostante la normativa emergenziale), sia dal punto di vista tecnico, ossia i siti dovrebbero essere compatibili, sotto il profilo delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche, con una loro potenziale destinazione a discarica.
Al contrario, come detto nello stesso documento, le verifiche necessarie non sono state effettuate, rinviandole a un momento successivo sicché il documento di analisi preliminare della regione, richiamato nell'ordinanza di nomina del commissario straordinario, risulta essere del tutto inadeguato al diverso scopo conferitogli dall'ordinanza stessa, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista giuridico.
La Commissione non può che evidenziare che tale documento preliminare, ripreso nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha poi condizionato le successive fasi della procedura, non avendo le strutture commissariali proceduto all'analisi di altri siti rispetto a quelli ivi indicati.
Al di là delle indagini attualmente in corso presso la procura della Repubblica di Roma in merito al documento di "Analisi preliminare dei siti" (peraltro oggetto di sequestro da parte della magistratura), la Commissione non può che evidenziare una iniziale anomalia, che ha poi condizionato le successive fasi della procedura.
Infatti, la regione ha predisposto un documento di analisi dei possibili siti da adibire a discarica basato esclusivamente su studi di carattere documentale, dunque, privo dei necessari riscontri sul campo e non preceduto da alcuna verifica di carattere tecnico.
Nonostante ciò il documento è stato determinante in quanto ha orientato la scelta dei tecnici nominati dal commissario, i quali si sono concentrati ad analizzare solo questi sette siti, senza valutare la possibilità di individuare una soluzione al di fuori di essi.
D'altra parte, ben avrebbe potuto la struttura commissariale, verificata ulteriormente la non idoneità di tutti i siti indicati nel documento regionale, individuare altre località con caratteristiche compatibili con la realizzazione di una discarica. La prescrizione contenuta nell'ordinanza di nomina del commissario per l'emergenza rifiuti, infatti, lascia spazio, evidentemente, anche ad una scelta diversa, seppur certamente motivata.
Un altro rilievo riguarda la metodologia seguita dalla struttura commissariale per l'individuazione dei siti, metodologia che non può essere condivisa perché prima sono stati individuati i siti e poi è stata approfondita la loro utilizzabilità quali discariche.
In una fase emergenziale, caratterizzata dalla necessità di intervenire in tempi molto ristretti, non vi era motivo di posticipare la verifica dell'idoneità effettiva dei siti preventivamente individuati. Tutto ciò ha comportato una ulteriore perdita di tempo.
È così accaduto che la struttura commissariale, nata al fine di risolvere con estrema urgenza una situazione al collasso, non ha
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ottenuto alcun risultato dopo diversi mesi di lavoro comportanti, come è evidente, spese per la collettività.
Sarebbe stato certamente preferibile impiegare maggior tempo, all'inizio, in attività tese a verificare effettivamente lo stato dei luoghi e la possibilità di trovare un sito al di fuori di quelli elencati dalla Regione per poi procedere a una scelta che, verosimilmente, non avrebbe lasciato spazio a così tante critiche e non avrebbe costretto la struttura commissariale a rivedere continuamente le sue decisioni.
Ulteriore riprova della metodologia seguita dal commissario si è avuta con la scelta di Pian dell'Olmo ove la Commissione ha effettuato un sopralluogo incontrando i sindaci del luogo. Ebbene, il sito di pian dell'Olmo non solo era stato sconsigliato, ma addirittura scartato dai tecnici nominati dal commissario Pecoraro
Ed allora le domande che rimangono senza risposta sono le seguenti:
- per quale motivo sono stati indicati come oggetto di valutazione prioritaria siti che già all'origine risultavano essere inidonei;
- quale utilità si è tratta dalla nomina di un commissario con poteri straordinari;
- quanto è costata alla collettività la gestione commissariale, tenuto conto del fatto che il primo commissario è stato in carica per otto mesi senza giungere ad alcuna soluzione;
- qual è stato il costo delle attività di indagine che la struttura commissariale ha avviato con riferimento ai siti (consulenze tecniche, sopralluoghi, analisi del territorio, istruttoria nel suo complesso), tutte attività che si sono rivelate inutili.
Le scelte operate dai commissari straordinari che si sono succeduti sono state contestate da più parti, compresi enti istituzionali.
Ad oggi, l'unico risultato che si è raggiunto, se così può essere definito, è costituito dal susseguirsi di proroghe del funzionamento della discarica di Malagrotta, nonostante la procedura di infrazione europea e nonostante la struttura commissariale operi, ormai, da quasi un anno.
Le continue proroghe della discarica di Malagrotta sono il segno della mancanza di una efficiente programmazione da parte degli enti a ciò preposti, secondo la normativa in vigore: è mancata, infatti, una politica ambientale di ampio raggio proiettata non solo alla soluzione delle problematiche contingenti, ma alla realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti.
Tuttavia, la recente approvazione del piano rifiuti della regione Lazio rappresenta il primo passo di un percorso che non si esaurisce di certo nella redazione di un documento, ma che deve necessariamente essere seguito da una attuazione concreta.
Anche per il Lazio, come per altre regioni d'Italia, si è accertata la inadeguatezza di un regime in deroga a realizzare lo scopo finale di uno smaltimento dei rifiuti in sintonia con la salvaguardia di quegli interessi che la legge intende tutelare in materia ambientale.
Quand'anche venisse individuato un sito idoneo ove allocare temporaneamente i rifiuti in attesa dell'attuazione del ciclo programmato
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nel piano regionale, vi sarebbe comunque la necessità di procedere con urgenza per incentivare la raccolta differenziata e la realizzazione dell'impiantistica.
Il problema dello smaltimento dei rifiuti non può, invero, considerarsi risolto per il solo fatto che per gli stessi vengano trovati luoghi ove concentrarli, perché la questione non è di spostare i rifiuti da un luogo ad un altro, ma di smaltirli senza danno per l'ambiente.