La Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale è stata istituita con deliberazione del 13 luglio 2010 con l'obiettivo di approfondire la conoscenza di tali fenomeni e contrastare la diffusione delle merci contraffatte e delle merci usurpative.
La Commissione ha il compito di accertare i risultati raggiunti e verificare i limiti istituzionali, normativi, tecnologici, organizzativi e finanziari attribuibili al livello nazionale che hanno reso inadeguate le azioni delle istituzioni nel contrasto di tali fenomeni criminali.
La Commissione ha altresì l'obiettivo di valutare dimensione ed estensione dei fenomeni a livello comunitario attraverso lo studio della normativa e delle buone prassi applicate in altri paesi membri dell'Unione europea.
Dal punto di vista metodologico, la Commissione ha scelto un approccio ben preciso. Le differenze strutturali e di mercato esistenti tra i vari settori produttivi comportano inevitabilmente differenti tipologie di contraffazione e strategie di contrasto altrettanto differenziate. Una prima fase dell'inchiesta ha riguardato il fenomeno dal punto di vista dell'inquadramento generale. Si è proseguito in seguito scaglionando l'attività per comparti produttivi specializzati. Particolare attenzione, in questa prima fase dell'attività d'indagine, è stata dedicata al settore agroalimentare.
Nella prima parte della relazione si è proceduto all'inquadramento del fenomeno della contraffazione in generale, analizzando struttura, cause d'origine nonché modi di affiancamento, sovrapposizione e penetrazione di quest'ultima nell'intero sistema industriale, dal momento produttivo a quello distributivo, in un contesto anche transnazionale.
Uno specifico capitolo è stato dedicato alla descrizione della contraffazione come strumento del crimine organizzato, anche con riferimento al campo agroalimentare. Da più parti è stato rilevato, infatti, che organizzazioni a delinquere come la «camorra», in associazione con imprenditori «esterni» più o meno consenzienti e/o con gruppi criminali etnici operanti sul territorio o in altri paesi, sono penetrate all'interno dei comparti industriali - compreso quello agroalimentare - con conseguenze economiche e sanitarie di rilievo per i consumatori e per i produttori.
Alla luce di tale quadro, la tutela legale anticontraffazione, più specificamente nel campo agroalimentare, costituisce un punto chiave nella strategia di contrasto al fenomeno. Il documento ha conseguentemente cercato di focalizzare l'attenzione sulla verifica dell'efficacia
30 novembre 2010, 1o e 15 dicembre 2010 - Audizione del direttore dell'Agenzia delle dogane, dottor Giuseppe Peleggi.
16 dicembre 2010 - Visita istituzionale presso la sede centrale dell'Agenzia delle dogane a Roma.
12 gennaio 2011 - Audizione del presidente pro tempore dell'Istituto nazionale per il commercio estero, ambasciatore Umberto Vattani.
19 gennaio 2011 - Audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia, generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone.
16 febbraio 2011 - Audizione del comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'armata, Nino di Paolo.
17 febbraio 2011 - Visita istituzionale presso il comando generale della Guardia di finanza a Roma.
22 febbraio 2011 - Audizione del presidente dell'Istituto poligrafico Zecca dello Stato, dottor Roberto Mazzei.
2 marzo 2011 - Audizione del presidente dell'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche (Aicig), dottor Giuseppe Liberatore.
9 marzo 2011 - Audizione dell'ispettore generale capo dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), dottor Giuseppe Serino.
9 marzo 2011 - Audizione del presidente di Federalimentare, dottor Filippo Ferrua Magliani.
16 marzo 2011 - Audizione del presidente della Commissione per la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione di Confindustria, dottor Carlo Guglielmi.
23 marzo 2011 - Audizione del presidente pro tempore dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dottor Antonio Catricalà.
28 - 30 marzo 2011 - Missione di studio a Bruxelles presso le Istituzioni e gli organismi dell'Unione europea competenti sulle materie oggetto dell'inchiesta. Nel corso della visita sono stati effettuati i seguenti incontri: Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, dottor Vincenzo Grassi e dottoressa Paola Amadei; Direzione generale fiscalità e Unione doganale della Commissione europea, dottoressa Caroline Edery; Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), direttore dottor Giovanni Kessler; Direzione generale affari interni della Commissione europea, direttore dottor Stefano Manservisi; Direzione generale mercato interno e servizi della Commissione Ue, presso cui è incardinato l'Osservatorio europeo per la contraffazione e la pirateria, dottori Alvydas Stancikas e Corinna Ullrich.
6 aprile 2011 - Audizione del presidente di Confagricoltura, dottor Mario Guidi.
13 aprile 2011 - Audizione del presidente della Confederazione nazionale Coldiretti, dottor Sergio Marini.
19 aprile 2011 - Audizione del responsabile dell'Ufficio internazionale della Confederazione italiana agricoltori, dottoressa Cristina Chirico.
8 giugno 2011 - Audizione del capo del Corpo forestale dello Stato, ingegnere Cesare Patrone.
22 giugno 2011 - Audizione del sottocapo di stato maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, generale di divisione Antonio Ricciardi.
22 giugno 2011 - Audizione del presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, dottor Paolo Tanara.
22 giugno 2011 - Audizione del presidente del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, dottor Vladimir Dukcevich.
28 giugno 2011 - Audizione del vicepresidente di Federconsumatori, dottor Sergio Veroli.
28 giugno 2011 - Audizione del presidente di Assoutenti, dottor Mario Finzi.
28 giugno 2011 - Audizione del rappresentante dell'Unione nazionale consumatori, professor Agostino Macrì.
29 giugno 2011 - Audizione del presidente del Consorzio Aceto balsamico di Modena, dottor Cesare Mazzetti.
29 giugno 2011 - Audizione del presidente del Consorzio Vino Chianti, dottor Giovanni Busi.
29 giugno 2011 - Audizione del direttore generale del Consorzio Mozzarella di bufala campana, dottor Antonio Lucisano.
30 giugno 2011 - Audizione dell'ex vice comandante del comando carabinieri politiche agricole e alimentari, dottor Marco Paolo Mantile.
13 luglio 2011 - Audizione del procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso.
Capitolo I - Analisi del fenomeno «contraffazione».
1) Considerazioni preliminari.
L'analisi che segue prende in esame la contraffazione in quanto fenomeno trasversale a diversi settori produttivi. Giova precisare che solo alcuni dei modelli presentati in questo documento sono applicabili anche al mercato agroalimentare. La contraffazione nel comparto agroalimentare presenta, infatti, specifiche peculiarità non riscontrabili in altri comparti dell'industria. A conferma indiretta di ciò, la normativa di contrasto del fenomeno offre solo un limitato minimo comun denominatore valido per tutti i settori, mentre esistono molti regolamenti creati su misura per ogni specifico comparto.
In linea generale, così come indicato dal presidente pro tempore dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, dottor Antonio Catricalà, nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione il 23 marzo 2011, la contraffazione, intesa come attività volta a produrre e immettere sul mercato merci che recano illecitamente un marchio identico ad uno registrato o che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti tutelati da diritti di proprietà industriale, è una prassi commerciale che colpisce al cuore il corretto funzionamento del mercato.
Tale fenomeno deprime ogni incentivo al miglioramento della produzione, disorienta i consumatori e, in ultima istanza, impedisce alla concorrenza di espletare i suoi benefici tipici: incremento qualitativo e quantitativo nella gamma dei prodotti e servizi offerti, tendenziale abbassamento dei prezzi, crescita economica.
Vi è, infatti, uno stretto rapporto tra il buon funzionamento del mercato concorrenziale e un'adeguata tutela sia dei diritti di proprietà industriale, sia dei segni distintivi dell'impresa.
Da un punto di vista economico, affinché l'innovazione e i frutti dell'ingegno possano giungere sul mercato, sono necessari investimenti spesso ingenti, a volte anche a fondo perduto (si pensi al settore farmaceutico, dove pochissime molecole fonte di ricerca e sperimentazione vengono alla fine commercializzate, mentre per molte i finanziamenti restano infruttuosi).
Questi investimenti non sarebbero sostenuti, se non fosse in qualche modo garantita la possibilità di recuperarli e trarne un giusto guadagno. L'esclusiva attribuita al titolare del diritto di proprietà intellettuale ha precipuamente lo scopo di fornirgli quel «potere di mercato», insito nella posizione di monopolio sull'oggetto della privativa, che serve a recuperare gli investimenti effettuati senza dover condividere con i concorrenti i frutti dei propri sforzi.
In questo senso, la tutela della proprietà intellettuale si rivela uno strumento pro-concorrenziale, stimolando, e anzi dimostrandosi indispensabile nel consentire una concorrenza di più lungo periodo, dinamica, basata non soltanto sul prezzo di vendita, ma anche sull'innovazione e sulla qualità dei prodotti. Al tempo stesso, le privative industriali devono essere disciplinate in modo da equilibrare al meglio l'esigenza di stimolare la concorrenza di lungo periodo senza frustrare in maniera eccessiva e non necessaria quella di breve termine.
2) I numeri del falso.
Il mercato internazionale dei prodotti contraffatti sta assumendo i profili di una vera e propria «nuova frontiera» delle attività
3) Fattori che hanno determinato la diffusione del fenomeno.
Fino a venti anni fa i falsi erano facilmente riconoscibili per la scarsa qualità del prodotto e la rozzezza dello stile: impossibili da confondere con il prodotto originale, la loro produzione e conseguente vendita costituivano una sorta di «reato senza vittima».
Sulla base dell'analisi di contesto sviluppata dalla Confcommercio - Imprese per l'Italia (6), in passato, il fenomeno della contraffazione riguardava soprattutto generi di lusso che garantivano ai produttori ed ai venditori di falsi la realizzazione di grossi profitti, commercializzando quantitativi esigui di merci a prezzi elevati. La riproduzione di tali prodotti richiedeva notevoli abilità tecniche ed artigianali, che consentivano di trasformare materiali scadenti in costosi manufatti capaci di ingannare anche i consumatori meno sprovveduti.
A partire dagli anni ottanta, in conseguenza del mutamento delle logiche e degli assetti finanziari e produttivi di tutti i paesi, anche
4) La filiera del falso.
L'indagine condotta dal Censis sul fenomeno della contraffazione nel mondo (aprile 2009) evidenzia come non sia facile ricostruire con precisione la filiera della contraffazione, dal reperimento delle materie prime e del know how sino alla commercializzazione finale. Sempre più rapidi e frequenti sono gli scambi di merci e di persone tra un paese e l'altro e sempre più blandi i controlli alle frontiere.
La delocalizzazione ha portato ad un allungamento della filiera produttiva per cui fasi sempre più consistenti di lavorazione vengono realizzate in luoghi esterni all'azienda madre, in alcuni casi a migliaia di chilometri di distanza.
Il know how originario è oggi in possesso di un numero sempre maggiore di individui in grado di realizzare merci del tutto identiche a quelle originali. Pertanto, la produzione di un bene falso può avvenire secondo diverse modalità. Può realizzarsi all'interno degli stessi laboratori che producono per le imprese legali, sottoforma di sovrapproduzione degli ordinativi, oppure, più di frequente, altrove, da parte degli stessi operai - che hanno lavorato in passato o ancora lavorano come façonniers - in laboratori che producono per l'impresa madre. Infine, può avvenire ad opera di individui che, semplicemente, entrano in possesso di un bene e cercano di riprodurlo. Evidentemente, quella descritta è una semplificazione estrema. Spesso le materie prime hanno una determinata origine, vengono assemblate in laboratori diversi (che non sempre si trovano nello stesso paese da cui provengono le materie prime) e commercializzate altrove.
5) Come viene percepita la contraffazione.
Sul piano sociale la contraffazione implica una serie di rischi per l'acquirente, che possono tradursi in un danno sia in termini di salute, sia in termini di sicurezza. In taluni casi il consumatore subisce danni economici. Ciò si verifica quando quest'ultimo acquista un prodotto con la convinzione che si tratti di un bene di marca e di qualità mentre invece, inconsapevolmente, sta acquistando un prodotto contraffatto. In realtà, questo «danno» economico ricorre raramente, poiché, nella maggior parte dei casi, l'acquisto del prodotto contraffatto è eseguito dal consumatore in piena coscienza.
Al riguardo, il presidente dell'associazione di tutela dei consumatori Assoutenti, dottor Mario Finzi, nel corso dell'audizione svolta il 28 giugno 2011, ha riferito alla Commissione i risultati di un'indagine quali-quantativa condotta su un campione di 4000 consumatori, coerentemente rappresentativo del territorio nazionale. Il sondaggio costituisce un passaggio chiave per verificare e analizzare la percezione del fenomeno contraffattivo da parte dei consumatori, indagando principalmente la loro consapevolezza circa i rischi che la contraffazione può determinare per la salute e la sicurezza.
Con riferimento alla conoscenza del fenomeno e alle sue ripercussioni, il 90 per cento degli intervistati (con punte del 93 per cento nel Nord-est e nel Nord-ovest) dichiara di essere oggi a conoscenza del rischio di sanzioni amministrative derivanti dall'acquisto di prodotti contraffatti, tuttavia il fattore «prezzo» gioca un ruolo fondamentale nella motivazione che spinge all'acquisto. Il campione preso in esame afferma di essere disposto a correre dei rischi sia
6) Importazioni di beni contraffatti.
Sulla scorta degli elementi esposti dal direttore dell'Agenzia delle dogane nel corso dell'audizione tenutasi presso la Commissione il 30 novembre 2010, da un'analisi del rapporto tra importazioni di prodotti a rischio contraffazione (per esempio, l'abbigliamento) da paesi a rischio (per esempio, dalla Cina) e sequestri effettuati, a livello europeo si evidenziano i seguenti dati: dal 2008 al 2009, l'Italia passa dal 5 per cento all'11 per cento del totale dei sequestri in Europa (dove nel 2009 sono diminuiti), con un incremento dei propri risultati del 42 per cento sul 2008 (se escludiamo i tabacchi, l'Italia passa dal 4,5 per cento nel 2008 al 17,1 per cento nel 2009); l'Italia è al terzo posto su 27 paesi; l'Italia registra risultati superiori a paesi che, nei settori a rischio, vantano importazioni dalla Cina (paese di origine del 65 per cento delle merci sequestrate) molto maggiori dell'Italia (per esempio, con riferimento all'import di abbigliamento dalla Cina, nel 2009, l'Italia registra un valore di 185.000 tonnellate, la Germania di 440.000, il Regno Unito di 370.000, la Spagna di 260.000 e la Francia di 190.000).
Secondo i dati acquisiti, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna, nel 2009, hanno importato in totale dalla Cina il 60 per cento dell'abbigliamento, realizzando tuttavia solo il 19 per cento dei sequestri di merci contraffatte. Le dogane italiane, pur in presenza di un volume di importazioni inferiori, hanno invece realizzato un numero di sequestri triplo rispetto a quello di Germania, Regno Unito e Spagna e del 50 per cento in più rispetto alla Francia.
Inoltre, con riferimento al complesso delle capacità di contrasto a fenomeni irregolari (quali contrabbando mediante sottofatturazione, importazione di prodotti che violano le norme sulla sicurezza e simili) si segnala che l'Agenzia delle dogane italiana ha in questi anni sviluppato una forte attività di contrasto che ha portato ad un forte calo dell'import di merci a rischio nel nostro paese (ma non negli altri paesi europei); i maggiori importatori di merci a rischio sono, oggi, i paesi del Nord Europa e la Spagna. L'Italia, che al momento
Capitolo II - Contraffazione e crimine organizzato.
Il presente capitolo è stato elaborato sulla base delle informazioni e dei dati forniti dalla della Direzione investigativa antimafia nel corso dell'audizione del generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone, svolta il 19 gennaio 2011 e dalla procura nazionale antimafia, in occasione dell'audizione del dottor Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, tenutasi il 13 luglio 2011.
1) Il ruolo della camorra.
L'interesse delle consorterie camorristiche nel settore della contraffazione risulta attuale e non episodico.
Ciò è dimostrato dai molteplici sequestri di merce contraffatta che negli ultimi anni sono stati eseguiti a carico di soggetti di origine campana gravati da reati di competenza specifica delle direzioni distrettuali antimafia, ex articolo 51, comma 3-bis c.p.p. e coinvolti anche in reati di contraffazione. (7)
Le organizzazioni camorristiche, in particolare quelle che operano nel territorio dell'area metropolitana di Napoli, sfruttano l'esistenza ormai secolare di attività produttive e commerciali di piccole dimensioni, la diffusione estrema della vendita in forma ambulante e l'obiettiva difficoltà di trovare occupazioni lavorative stabili. Questi fattori contribuiscono a determinare e sviluppare una generale condizione di scarsa attenzione per le regole.
Secondo i dati forniti dal dottor Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, nel corso della citata audizione, i canali prevalenti attraverso i quali si articolano le attività di commercializzazione e di distribuzione dei prodotti contraffatti sono vari. Si va dalla vendita nell'ambito dei mercati rionali e lungo le più frequentate strade delle città, soprattutto per opera di immigrati clandestini (questi ultimi costituiscono l'ultimo anello di una catena di criminali che sono difficili da individuare ed identificare proprio a causa del loro status), alla vendita attraverso il web.
2) Le analisi più recenti.
Analisi recenti hanno confermato l'effetto di sensibile arricchimento dei circuiti criminali nazionali e transnazionali grazie alle loro attività nel campo della contraffazione. Le statistiche criminali offrono un riscontro significativo a riflessioni già precedentemente svolte: nel 2008, 36.770 operazioni di polizia hanno portato all'arresto di 1.303 persone, alla denuncia in stato di libertà di altri 11.590 soggetti e all'irrogazione di 27.728 sanzioni amministrative.
La dimensione dei sequestri dimostra l'imponenza dei traffici sottesi: sono stati rimossi dal mercato 30 milioni 179.505 oggetti contraffatti, tra cui 2 milioni 479.166 pezzi di varia natura, 18 milioni 742.894 capi nel settore tessile, dell'abbigliamento e della pelletteria, 4 milioni 367.766 oggetti tra giocattoli, libri e cartoleria, 2 milioni 158.255 prodotti audio-video, 869.831 confezioni nel settore dei prodotti farmaceutici, cosmetici e chimici e 65.709 prodotti alimentari.
Le attività di contraffazione sono effettuate da clan camorristi tramite il controllo di imprese commerciali, operato per mezzo della mimetizzazione in attività imprenditoriali e la creazione in Italia e in
3) La criminalità organizzata e il settore agroalimentare.
Le ingerenze dei sodalizi criminali nel settore agroalimentare non interessano solo i territori meridionali (ove le consorterie mafiose si sono da tempo insinuate nel tessuto economico) ma riguardano anche le aree del Centro e del Nord Italia, seguendo le direttrici del trasporto e del commercio di prodotti agricoli ed alimentari.
Come ampiamente evidenziato nell'ultima Relazione Annuale della Direzione nazionale antimafia, recenti atti giudiziari hanno portato alla luce un fitto intreccio di interessi tra famiglie mafiose siciliane, clan camorristici e 'ndrangheta calabrese nella gestione dell'intera filiera, che va dall'accaparramento dei terreni agricoli alla produzione, dal trasporto su gomma allo stoccaggio della merce, dall'intermediazione commerciale alla fissazione dei prezzi, fino ad arrivare agli ingenti investimenti destinati all'acquisto di catene di supermercati o interi centri commerciali.
Gli sviluppi delle indagini condotte a seguito dei gravi episodi di violenza verificatisi nel comune di Rosarno (RC) nel mese di gennaio 2010, hanno rivelato l'esistenza di un'organizzazione criminale finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti concernenti l'immigrazione clandestina, la normativa sul lavoro e la truffa aggravata ai danni di enti pubblici.
Si tratta dell'operazione «Migrantes», coordinata dalla procura di Palmi che ha consentito l'emissione di misure cautelari a carico di 31 persone. Il 26 aprile 2010, nelle province di Reggio Calabria, Caserta, Catania e Siracusa, polizia di Stato, carabinieri e Guardia di finanza hanno eseguito i citati provvedimenti sequestrando 20 aziende e 200 terreni, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro.
Le risultanze investigative raccolte da alcuni reparti della Guardia di finanza hanno inoltre confermato che il settore agroalimentare rappresenta per le organizzazioni criminali un ambito privilegiato di impiego dei proventi illeciti, anche in termini di riciclaggio.
Nel corso di una recente operazione, il Nucleo di polizia tributaria di Napoli ha tratto in arresto due imprenditori del settore alimentare ritenuti affiliati ad un clan camorristico i quali, operando sia sul territorio nazionale, sia all'estero si occupavano della «ripulitura» dei proventi illeciti derivanti da traffici di sostanze stupefacenti realizzati
4) La Direzione investigativa antimafia.
La Direzione investigativa antimafia, istituita nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza con legge 30 dicembre 1991, n. 410, è un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze (polizia, carabinieri, Guardia di finanza).
Compito della Dia è assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima. In particolare, sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione con riferimento ai fenomeni oggetto dell'inchiesta, l'attuale direttore, generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone, nel corso della citata audizione del 19 gennaio 2011, ha evidenziato il seguente quadro.
4.1) Contraffazione, criminalità organizzata e cittadino.
La Direzione investigativa antimafia ha evidenziato l'incidenza della criminalità organizzata rispetto al fenomeno oggetto dell'inchiesta. Con riferimento alle aree dove la criminalità di stampo mafioso esercita un maggiore controllo, si segnala il progressivo affermarsi di un fenomeno nuovo. Si tratta di una nuova forma di imposizione subita dalle rivendite al minuto: non più il pagamento diretto del «pizzo», ma addirittura l'obbligo di vendita dei prodotti contraffatti. Così facendo, le organizzazioni criminali che gestiscono il mercato su
4.2) Principali canali di penetrazione: il primato cinese.
Per quanto attiene alle rotte del traffico di merci contraffatte, la Direzione investigativa antimafia ha segnalato alla Commissione che i principali canali di ingresso sono costituiti dai terminals portuali poiché è molto vantaggioso per i soggetti dediti a traffici illegali spedire merci mediante grandi navi container.
Per quanto riguarda il sud, i porti maggiormente utilizzati per tali movimenti sono Napoli, Gioia Tauro, Salerno; per il centro, Civitavecchia, Ancona, Livorno; per il nord, i porti liguri e Trieste.
Per quanto attiene alla provenienza dei beni contraffatti, i paesi più attivi nel campo della contraffazione sono quelli del Sud-est asiatico dove, a causa del basso costo della manodopera e della sistematica violazione dei diritti sindacali, trova terreno fertile la produzione di merci a costi irrisori. Il prodotto può essere creato all'estero ed arrivare poi attraverso vari canali a destinazione nei containers, oppure può essere assemblato nelle sue parti prima della distribuzione finale. Quest'ultima può avvenire in vari modi: porta a porta, via Internet ma, soprattutto, attraverso la vendita degli ambulanti. Con riferimento ai venditori ambulanti, il trend di questi anni è stabile: il coinvolgimento di ambulanti nei reati «contraffattivi» è equamente diviso in termini percentuali tra cittadini italiani e stranieri.
Per quanto riguarda gli stranieri, il 40 per cento è formato da extracomunitari. Di questi, il 16-17 per cento sono senegalesi che, contrariamente a quanto comunemente si pensi, superano i cinesi, che
4.3) Considerazioni conclusive.
Per quanto riguarda i dati statistici relativi alla repressione del fenomeno, la Direzione investigativa antimafia ha reso noto che, nel 2008, sono state effettuate circa 37.000 operazioni di polizia, che hanno portato all'arresto di oltre 1.300 persone, alla denuncia di 12.000 e all'erogazione di circa 28.000 sanzioni amministrative. I sequestri hanno riguardato circa 30 milioni di pezzi contraffatti. Questo sistema di criminalità organizzata agevola, in primis, l'immigrazione clandestina, attraverso lo sfruttamento di altri esseri umani.
5) La Direzione nazionale antimafia.
La Direzione nazionale antimafia è un organo della procura generale presso la Corte di cassazione. È stata istituita con la legge 20 gennaio 1992, n. 8, con il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità organizzata. È diretta dal procuratore nazionale antimafia, nominato direttamente dal Consiglio superiore della magistratura in seguito ad un accordo con il ministro della giustizia e ne fanno parte, quali sostituti procuratori, venti magistrati esperti nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata.
L'attuale procuratore, il dottor Pietro Grasso, in occasione dell'audizione svolta presso la Commissione il 13 luglio 2011, ha così sintetizzato i termini della questione. La contraffazione dei marchi si è rivelata una delle attività compiute dalla criminalità organizzata in quanto comporta pochi rischi e consente massimi profitti. Sotto questo profilo è evidente che tutte le criminalità organizzate non possono non prediligere una soluzione di questo tipo.
Le risultanze di numerose indagini svolte dal comando generale della Guardia di finanza hanno evidenziato concrete ipotesi di contiguità della criminalità organizzata con il fenomeno della contraffazione dei marchi, soprattutto in Campania, facendo emergere le posizioni di numerosi contraffattori, collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata.
Inoltre, si è ottenuta l'individuazione delle principali categorie merceologiche dei prodotti sottoposti a sequestro nei confronti dei soggetti collegati alla criminalità organizzata.
L'esito di questa analisi ha complessivamente consentito di accertare che l'interesse nel settore della contraffazione risulta non episodico. Tale assunto trova un riscontro nella circostanza che alcuni dei soggetti ritenuti di maggiore interesse per l'investigazione hanno
5.1) Contraffazione e crimine organizzato.
Il procuratore Pietro Grasso ha ricordato alla Commissione che nel nostro sistema esiste una contraffazione locale ed una estera. Le segnalazioni provenienti dalle dogane e di cui la procura si fa portatrice verso le varie procure distrettuali e verso le forze di polizia per attivare le dovute indagini, hanno portato ad esiti certamente positivi. Il sistema Falstaff consente agli operatori economici di aiutare la dogana nella lotta alla contraffazione, prevedendo una banca dati alimentata dagli stessi titolari del diritto. Il sistema permette quindi di confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con quelle dei prodotti originali. Sotto questo profilo si può
5.2) La distribuzione sul territorio: il peso della comunità cinese.
Nel corso della citata audizione del procuratore nazionale antimafia, svolta il 13 luglio 2011, è stato segnalato alla Commissione che la capillare rete di commercializzazione costituita dai cittadini extracomunitari, spesso irregolari, risulta essere diffusa in tutto il territorio nazionale e spesso rende difficile l'individuazione dei centri di produzione e distribuzione del materiale contraffatto. Numerose investigazioni hanno accertato che in Italia sono sempre più attive nello svolgimento di tali attività le comunità cinesi, organizzate in gruppi con connotazioni criminali e capaci di concentrare i loro interessi anche nell'immigrazione clandestina dei connazionali, da inserire e poi sfruttare nell'industria della pelletteria, dell'abbigliamento e della contraffazione dei marchi.
Per comprendere le ragioni del massiccio coinvolgimento dei cinesi in tali attività illecite, è utile ricordare che, dal primo gennaio 2005, con l'eliminazione dei tetti sulle quote d'importazione previsti dall'Accordo multifibre, in vigore dal gennaio 1974, e con l'entrata della Cina nel Wto, si sono resi maggiormente evidenti alcuni problemi relativi ai costi di produzione. Ciò ha causato l'invasione commerciale dei mercati europei con le merci prodotte in Cina e distribuite a prezzi assolutamente competitivi.
La prassi prevalente in Cina consiste nell'acquisto di stock di materiali all'asta, spesso via Internet, con il sistema del ribasso. Tale merce viene poi spedita in containers e, all'arrivo, immediatamente distribuita a vari rivenditori, con ricarichi sul prezzo di circa l'80 per cento. Questi ricarichi superano il 400 per cento se il prodotto è marchiato con una firma di prestigio.
L'attività di contrasto all'introduzione illegale di merce, anche contraffatta, proveniente dalla Cina, ha portato al sequestro, soprattutto nelle aree portuali di Napoli e Gioia Tauro, di ingenti carichi contenuti in containers giunti via mare direttamente dal paese asiatico. Nel tentativo di sottrarsi ai controlli, la criminalità cinese è ricorsa ad un sistema di triangolazione. La merce viene immagazzinata e smistata in momenti successivi in paesi diversi ritenuti meno controllati, in modo da trarre in inganno le forze dell'ordine circa l'effettiva provenienza dei beni. In sostanza, grazie a documentazioni false, la merce non risulta più provenire dalla Cina bensì da altri paesi, e pertanto non è più sospettata di essere contraffatta.
La comunità cinese presente sul territorio nazionale si segnala per la sua crescente espansione economica in molte città italiane come Milano, Roma, Napoli, Catania, Prato e Firenze. Sono state occupate intere zone commerciali e avviate numerose attività strumentali alla commercializzazione delle merci contraffatte. In Italia, ogni anno, giungono dalla Cina circa 500.000 containers, principalmente nei porti
5.3) Normativa ed azioni di contrasto al fenomeno.
Sotto il profilo della disciplina legislativa, il procuratore nazionale antimafia ha ricordato alla Commissione che la legge 23 luglio 2009, n. 99 ha inserito il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei delitti cosiddetti di contraffazione (articolo 473 c.p., che punisce il delitto di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, ovvero di brevetti, modelli e disegni, ed articolo 474 c.p., che prevede il delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti contraffatti) nell'elenco dei reati che, ai sensi dell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, sono di competenza delle procure distrettuali antimafia coordinate della Procura nazionale antimafia.
La Dna ha evidenziato che tale previsione attribuisce la possibilità, attraverso l'iscrizione nei registri e l'informatizzazione delle indagini, di raccogliere e centralizzare i dati delle indagini su questi reati specie nei casi in cui dietro la commissione degli stessi si cela un'organizzazione criminale. Si può configurare, quindi, l'articolo 416-bis, nel caso la contraffazione sia posta in essere da un'associazione di stampo mafioso, ovvero l'articolo 416, se l'organizzazione criminale è semplicemente, per così dire, finalizzata alla contraffazione.
Il procuratore nazionale antimafia ha segnalato che esistono altre norme di interesse tese alla neutralizzazione delle imprese criminali. Basti pensare alla possibilità in capo agli organi di polizia di chiedere l'affidamento in custodia giudiziale dei beni mobili iscritti nei pubblici registri - natanti e imbarcazioni - sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, volte alla repressione di questi reati.
Infine, sono state previste specifiche sanzioni anche in via amministrativa nei confronti delle società e degli enti con personalità giuridica che traggano vantaggio o interesse dalla commissione di reati di contraffazione o di usurpazione del made in Italy.
Con specifico riferimento alle indagini condotte, la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, con il contributo dell'Agenzia delle dogane, ha recentemente svelato le infiltrazioni di natura mafiosa nell'ambito dell'area portuale di Gioia Tauro. Nel dettaglio la 'ndrangheta e la mafia cinese, collaboravano nell'attività criminale finalizzata a immettere nel mercato comunitario ingenti quantitativi di merce sottofatturata proveniente proprio dalla Repubblica popolare cinese.
Questa attività investigativa ha evidenziato che le cosche, in particolare una cosca della 'ndrangheta - la cosca Molè - hanno un ruolo determinante sull'andamento delle attività imprenditoriali. Queste consorterie criminali hanno affrontato il problema dell'infiltrazione nell'attività commerciale o dell'imposizione delle tangenti,
5.4) Considerazioni conclusive.
La Dna ha evidenziato alla Commissione che la contraffazione costituisce un fenomeno molto complesso, nel senso che agli aspetti criminali si aggiungono quelli economici, sociologici, culturali. La repressione quotidiana sulle strade è da considerare certamente una delle possibili vie per affrontare il problema tuttavia appare opportuno intervenire a monte, nel campo della prevenzione, per esempio creando confezioni di prodotti più difficili da contraffare. Parimenti, è stata segnalata la persistenza di problemi di coordinamento tra i soggetti istituzionali competenti nell'attività di controllo e contrasto.
Sotto il profilo economico, la Dna ha raccomandato la previsione di un tracciamento effettivo della produzione. Le aziende e le imprese, per agire sul mercato correttamente, dovrebbero, in sostanza, indicare con precisione la quantità di merce prodotta e i relativi canali di distribuzione della stessa. Così, attraverso la semplice verifica della presenza di un dato prodotto in un determinato paese dove lo stesso non dovrebbe essere sarebbe possibile accertare che il produttore ha mentito o che qualcuno ha dato il via a produzioni contraffatte. Sarebbe necessario quindi controllare e tracciare i flussi di produzione, di consumo e di distribuzione, nonché quelli economici. La Dna ha poi evidenziato un problema di sistema, ossia il fenomeno del sommerso come strettamente connesso a quello oggetto dell'inchiesta.
Quanto all'ambito agroalimentare, secondo il procuratore Grasso, i rischi della contraffazione nell'uso della materia prima sono molto alti. Concretamente, i costi di produzione si riducono perché la materia prima è spesso acquistata in paesi diversi o perché si acquista un semilavorato.
Alla luce di ciò, la Dna avverte l'esigenza di incentivare un consumo critico, per esempio attraverso l'individuazione di un centro dove tutti i cittadini possano segnalare anomalie o fenomeni sospetti, finanche l'omissione di interventi da parte di chi ha il compito funzionale di controllare il territorio.
6) I canali finanziari dell'illecito: il caso dei money transfers.
Sulla base delle informazioni fornite dalla Guardia di finanza nel corso dell'audizione del comandante generale Nino Di Paolo, svoltasi in data 16 febbraio 2011, i canali finanziari preferenziali utilizzati per far defluire i proventi illeciti derivanti dall'industria del falso sono costituiti dai money transfers.
Si tratta di sportelli finanziari sorti per agevolare le rimesse in patria dei migranti extracomunitari e diffusisi nel nostro paese in maniera esponenziale negli ultimi anni, passando da 687 nel 2002 ad oltre 34.000 del 2010. Nel solo anno 2009 si è registrato un incremento di circa 6.500 sportelli sul territorio.
Nell'ultimo triennio tale incremento ha superato le 16.000 unità (dato superiore all'intera rete delle Poste italiane che comprende circa 14.000 unità operative) parallelamente all'intensificarsi del flusso migratorio verso il nostro paese.
Peraltro, il money transfer costituisce per alcune fasce di extracomunitari (colf, badanti, stagionali) non munite di conto corrente bancario, l'unico mezzo per eseguire le proprie transazioni finanziarie. Ciò si deve alla particolare facilità di accesso agli sportelli, alla loro capillare diffusione sul territorio nonché agli orari di apertura (in molti casi tali agenzie sono aperte anche in orari notturni e nei fine settimana, essendo abbinate a phone centers o Internet points).
Le cifre in gioco sono importanti: le rimesse convogliate dall'Italia verso l'estero attraverso il sistema dei money transfers hanno raggiunto, nel 2009, l'ammontare di 5,3 miliardi di euro. Una fetta notevole di tale ammontare ha visto come paese di destinazione la Repubblica popolare cinese ed è stata originata prevalentemente dalle comunità asiatiche di Roma, Prato, Firenze e Milano.
L'esperienza operativa ha dimostrato che i money transfers sono stati utilizzati in molteplici occasioni per veicolare verso i paesi d'origine somme di denaro frutto del reimpiego di proventi derivanti dalla contraffazione e da altri reati commessi in Italia (ad esempio l'evasione fiscale e il traffico di sostanze stupefacenti).
Sebbene con il crescere delle somme movimentate, tali canali finanziari siano divenuti più costosi di quelli bancari, essi vengono
7) Reimpiego dei prodotti contraffatti sequestrati.
Secondo quanto riferito alla Commissione dal generale Nino Di Paolo, quello del reimpiego dei prodotti contraffatti sequestrati è un tema articolato, anche sul piano normativo. L'entità dei sequestri operati dalla Guardia di finanza (non meno di 100 milioni di pezzi ogni anno) rende difficile la gestione di una tale massa di beni e comporta oneri gravosi per gli organi giudiziari o di polizia incaricati della loro custodia.
Le disposizioni attualmente vigenti nel nostro codice di procedura penale (articolo 260 c.p.p.) sono state recentemente integrate dal legislatore, in particolare con il primo pacchetto sicurezza, di cui al decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125.
Le nuove norme hanno introdotto la possibilità di procedere alla distruzione di tutti quei prodotti di cui è vietata la fabbricazione, la detenzione e la commercializzazione e la cui giudiziale custodia risulti particolarmente onerosa o comporti pericoli per la salute e la sicurezza pubblica.
Tale disposizione consente, ad esempio, di richiedere al pubblico ministero la distruzione di giocattoli insicuri, di supporti audiovisivi su cui sono stati incisi contenuti vietati o di capi d'abbigliamento confezionati con sostanze o componenti chimici proibiti. Lo stesso decreto legge 92/2008 ha previsto la facoltà di procedere alla distruzione delle merci sequestrate a carico di ignoti decorsi infruttuosamente tre mesi dalla data delle operazioni di servizio. Quest'ultima
8) La contraffazione online.
Tutti gli indicatori disponibili sono ormai da qualche anno puntati nella direzione di un consistente incremento dei volumi delle attività illecite condotte online e comportanti la distribuzione di prodotti contraffatti.
A titolo di esempio, nel mese di ottobre 2010, le dogane francesi hanno reso noto l'incremento nei sequestri di articoli contraffatti distribuiti a mezzo Internet da 75.000 nel 2006, fino ad oltre 1 milione nel 2009. È interessante notare che, nel medesimo periodo, il numero totale di articoli sequestrati dalle dogane francesi è cresciuto da 3.6 milioni a circa 7 milioni. Analoghi incrementi sono stati osservati in Spagna e Germania.
Per l'Italia, in assenza di dati aggregati, la sensazione dei titolari di diritti che hanno in essere attività di monitoraggio e contrasto nei confronti della contraffazione via web conferma aumenti dello stesso ordine di grandezza.
Dal complesso di questi dati si evince che se il fenomeno contraffattivo è di per sé complessivamente in crescita, quest'ultima sta avvenendo in maniera particolarmente dirompente attraverso il canale Internet. Le ragioni di questo fenomeno sono almeno in parte le stesse alla base del successo della rete quale strumento di distribuzione di prodotti leciti: facilità di raggiungere consumatori e produttori, smaterializzazione delle distanze, progressiva maggiore fiducia del consumatore nei confronti degli acquisti online.
Si aggiunga a ciò la facilità di ottenere un sostanziale anonimato dell'offerta, celandosi dietro identità fittizie o, ancora, la possibilità di riproporre quasi senza soluzione di continuità la medesima offerta di prodotti contraffatti servendosi di una diversa identità e/o di un diverso fornitore di accesso. Il risultato è un'espansione inevitabile dello spettro del fenomeno contraffattivo sia in relazione al canale business to consumer, sia a quello business, sia a quello consumer to consumer, con grave pregiudizio, tra l'altro, per realtà produttive come quelle del nostro paese che scontano una situazione di made in
Capitolo III - Principali strumenti legislativi.
1) Il «sistema anticontraffazione».
Il quadro normativo in materia di contrasto alla contraffazione e quindi di tutela dei titoli di proprietà industriale, è in Italia fra i più avanzati, specie se si considera la tutela civilistica, largamente e profondamente armonizzata a livello comunitario e che tiene conto di tutte le normative derivanti dall'adesione dell'Italia ai diversi trattati internazionali.
Sotto il profilo civilistico, la fonte di norme più rilevante è data dal decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, di recente modificato dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n.131, cosiddetto Codice della proprietà industriale. Quest'ultimo decreto legislativo è stato emanato sulla base della delega contenuta nella legge 23 luglio 2009, n. 99, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» che ha introdotto rilevanti modifiche anche alla tutela penale dei diritti di proprietà industriale.
L'articolo 126 introduce come sanzione tipica la pubblicazione della sentenza.
L'articolo 127 stabilisce che è soggetto a sanzione amministrativa chi appone sul prodotto segni tendenti a far credere che il prodotto sia protetto da un titolo di proprietà industriale o chi faccia uso di un marchio dichiarato nullo per illiceità, o chi rimuove il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto la merce.
L'articolo 128 è stato completamente riformato dall'articolo 55 del decreto legislativo n. 131 del 2010, che ha eliminato l'istituto della
2) La tutela dell'agroalimentare.
Il comparto agroalimentare è costituito da una complessa rete di attori che interagiscono tra loro travalicando gli stessi confini nazionali. D'altro canto, il nostro paese, così come accade per gli altri, non possiede che in minima parte sistemi autarchici dove produzione, trasformazione ed elaborazione vengono effettuati nella stessa area geografica, permettendo al prodotto finito di lasciare il paese già pronto e confezionato. Gli ingredienti atomici (materie prime, ingredienti o sostanze, come le definisce il codice penale) prodotti derivano a loro volta da coltivazioni e allevamenti situati nei più disparati angoli del pianeta, da dove si muovono, attraverso le direttrici e le rotte più diversificate, percorrendo più o meno chilometri, per raggiungere i luoghi in cui subiranno le varie fasi della trasformazione. Esportazioni, importazioni temporanee sono all'ordine del giorno ed interessano quantità enormi di beni, finché il prodotto finito (alimenti, bevande e via dicendo) non giunge alla fase terminale della filiera, quella del confezionamento e dell'etichettatura, pronto per essere distribuito.
All'interno di un diagramma di flusso così complesso i protagonisti di tali passaggi sono difficilmente identificabili. Seppure, in linea di massima, ogni fase della filiera deve rispettare le normative del luogo ove si realizza, non è detto che la proprietà dell'azienda di trasformazione debba avere sede legale nel luogo di operatività della stessa. Soprattutto, considerando la differenza fra i requisiti legali richiesti nei diversi paesi del mondo, non è detto che un comportamento rispettoso delle regole o virtuoso tenuto in un luogo sia condizione sufficiente per attraversare le successive tappe del percorso alimentare.
L'Europa, quale sistema industriale e regolamentare tendente all'omogeneità, ha cercato - e con essa, in primis, il nostro paese - nel corso degli anni di modificare le «regole del gioco», da una parte adeguandosi ai nuovi sistemi, dall'altra, ai requisiti positivi del diritto. Si è preso atto del fatto che il nostro continente costituiva, in fondo, solo una delle tante «fermate» nell'ambito del circuito mondiale dell'industria alimentare: gli ingredienti di un prodotto possono
3) La doppia natura degli alimenti: sostanze alimentari e prodotti industriali di marchio.
Appare opportuno segnalare che sia le bevande, sia gli alimenti, al pari degli ingredienti che li compongono, pagano un «prezzo» dato dalla loro doppia natura intrinseca: da una parte, costituiscono il cibo per sfamare l'uomo e, in tal senso, si spiega la protezione accordata ad essi dal legislatore contro gli innumerevoli tentativi di alterazione, adulterazione e contraffazione, grazie a regole diverse in base alle effettiva tossicità del risultato finale; dall'altra, complice anche la richiesta da parte dei consumatori di standards qualitativi superiori e certificabili (fenomeno che in Italia si afferma con l'avvento della grande distribuzione, negli anni cinquanta), il cibo assume anche un'altra «veste», così come già accaduto per altri prodotti di consumo (elettrodomestici e via dicendo). L'alimento diviene un «prodotto industriale» e non è casuale, in proposito, la modifica stessa della terminologia, anche da un punto di vista legale: dalle «sostanze alimentari», che il codice civile intendeva proteggere con gli articoli 440 e 442 per tutelare la pubblica salute (delitti contro la fede pubblica), si arriva ai «prodotti agroalimentari», dei quali, con l'articolo 517-quater c.p., bisogna evitare la contraffazione.
I delitti contro il marchio apposto sul prodotto sono quindi «delitti contro l'economia pubblica»; frodi di vario genere (che coinvolgono poi in seconda istanza anche le sostanze e gli ingredienti, siano queste tossiche o no); frodi contro gli interessi dei gruppi industriali e del consumatore.
4) Adulterazione e sofisticazione: la salubrità degli alimenti.
In linea di massima, nell'area dedicata alla salute pubblica l'approccio del legislatore è stato storicamente di tipo precauzionale e preventivo, improntato quindi a tutelare anticipatamente la sicurezza dei consumatori e, in un senso riflesso, la fiducia che questi ultimi ripongono nella genuinità degli alimenti, quest'ultima intesa come corrispondenza del cibo rispetto a quanto atteso.
Soggetti attivi sono quindi sia i produttori, sia i commercianti anche se, chiaramente, queste figure debbono essere intese in senso ampio, includendo vari intermediari (importatori e via dicendo). Oltre ad essi, le figure «sospettabili» sono anche coloro che, pur non essendo professionisti del settore, si trovano ad operare in tali posizioni (ciò è evidenziato dall'uso del termine «chiunque», per evitare che nuove figure «atipiche», non previste dal diritto positivo, possano sfruttare i vuoti legislativi ed operare in modo criminale).
Non è un caso quindi che, nei suoi compiti di tutela della «salute pubblica», il nostro codice penale usi una terminologia chiaramente
5) La tutela dei prodotti agroalimentari dalla contraffazione: il brand.
L'articolo 1 del decreto legislativo n. 30 del 2005 (Codice della proprietà industriale) include, all'interno dell'area della «proprietà industriale», accanto a marchi e segni distintivi, anche indicazioni geografiche e denominazioni di origine. Da qui è necessario partire per illustrare sommariamente come, nello sviluppo legislativo sulla protezione dei prodotti agroalimentari, abbia influito quel progressivo evolversi socio-economico che ha trovato un punto di non ritorno nella seconda metà degli anni cinquanta, in contemporanea con l'arrivo in Italia del modello moderno della grande distribuzione organizzata.
Alla base, l'incrocio di una serie di fattori dai lati della domanda/consumatore e dell'offerta/produttore (tra gli altri, il miglioramento delle tecnologie produttive che consentono di incrementare e standardizzare la produzione e il crescere e lo specializzarsi della domanda). Si ha una nuova visione ed interpretazione dell'alimento, che diviene anche prodotto preconfezionato, marchio alimentare, esattamente come fosse un elettrodomestico.
Dal punto di vista legale le necessità erano multiformi; si doveva tutelare, in un mercato di massa, sia la fede pubblica dei consumatori (l'affidamento del consumatore nei marchi o segni distintivi come automaticamente connessi ad una certa qualità), sia l'ordine economico, nell'interesse dei produttori e dei distributori (la lealtà ed onestà delle pratiche commerciali).
In ambito penale, un esempio di tale approccio può essere ricavato fra i delitti contro l'economia pubblica, nell'articolo 516 del codice penale, posto a tutela della genuinità delle sostanze alimentari, contro l'alterazione dell'essenza e della composizione che pure non si traducano ancora in pericolo per la salute pubblica. Si tratta di una derivazione della frode in commercio (di cui all'articolo 515 c.p.), applicabile non solamente all'intero bene (la «cosa mobile» prodotto alimentare), ma anche a parti di esso, ai suoi ingredienti.
Capitolo IV - Gli altri principali soggetti istituzionali coinvolti nella lotta alla contraffazione.
1) L'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Come precisato dal presidente pro tempore dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dottor Antonio Catricalà, nell'audizione svolta il 23 marzo 2011 presso la Commissione, la predetta Autorità è stata istituita con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990 «Norme per la tutela della concorrenza e del mercato», che ha introdotto per la prima volta in Italia una normativa antitrust. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è stata successivamente
2) L'Agenzia delle dogane.
L'Agenzia delle dogane svolge tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla legge in materia di circolazione di merci e fiscalità interna connessa agli scambi internazionali. Svolge inoltre i compiti ad essa attribuiti dalla legge in materia di accise sulla produzione e sui consumi, con esclusione di quelle afferenti ai tabacchi lavorati. In tale ambito, accerta, riscuote i relativi tributi e gestisce il relativo contenzioso. Come segnalato dal direttore dell'Agenzia delle dogane, dottor Giuseppe Peleggi, nel corso delle audizioni svolte il 30 novembre, 1 e 15 dicembre 2010, negli ultimi anni l'attività di contrasto al fenomeno conosciuto come sottofatturazione ha assunto un ruolo fondamentale. La sottofatturazione è attuata mediante la dichiarazione, all'atto dell'importazione, di valori difformi dal vero, spesso irrisori e comunque diversi dal prezzo effettivamente pagato o da pagare, così come prescritto dalla normativa comunitaria, valore che costituisce la base di calcolo dei diritti doganali (dazi, Iva e via dicendo).
Tale fenomeno comporta, oltre ad una perdita di gettito in termini di risorse proprie e di fiscalità nazionale, anche gravissime distorsioni nel sistema dei prezzi e della concorrenza all'interno del mercato dell'Unione europea, con le inevitabili ricadute in termini occupazionali.
Nel settore extratributario, l'Agenzia esercita il controllo sulle merci presentate in dogana al fine di assicurare che le stesse posseggano le caratteristiche di liceità, sicurezza e genuinità previste dalla normativa comunitaria e nazionale.
L'Agenzia delle dogane ha ricordato alla Commissione che i principali settori di intervento, nell'ambito dei fenomeni oggetto dell'inchiesta, sono: l'attività di contrasto alla violazione dei diritti di proprietà intellettuale; l'attività di contrasto alla violazione del made in; l'attività di contrasto al commercio dei prodotti illeciti, non sicuri o la cui commercializzazione è vietata; l'attività di contrasto alle violazioni concernenti l'ambiente e il patrimonio culturale.
Nello specifico, in tema di misure volte a contrastare l'importazione di merci contraffatte nel territorio dell'Unione europea, il legislatore comunitario è più volte intervenuto nella materia, sin dal 1995, con una serie di regolamenti che hanno modificato e potenziato il ruolo delle amministrazioni doganali nazionali nelle attività di contrasto a tale fenomeno illecito.
I Regolamenti comunitari attualmente in vigore (n. 1383 del 22 luglio 2003, unitamente al regolamento di applicazione, n. 1891 del 21
In sintesi, il direttore dell'Agenzia delle dogane ha segnalato che ogni azienda che richiede un intervento di tutela di un proprio
3) La Guardia di finanza.
Il comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'Armata Nino di Paolo, nel corso dell'audizione svolta il 16 febbraio 2011, ha fatto presente alla Commissione, che, a partire dal 2001, il legislatore italiano ha operato una scelta ben precisa, attribuendo espressamente alla Guardia di finanza la titolarità dei compiti di «prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di marchi, brevetti, diritti d'autore, segni distintivi e modelli, relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico».
Il riferimento è all'articolo 2, comma 2, lettera I), del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68. Più precisamente, all'articolo 4, della legge delega 31 marzo 2000, n. 78, sono stati fissati i principi e i criteri direttivi della nuova fisionomia della Guardia di finanza, prevedendo l'esercizio delle funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell'Unione europea.
Il decreto legislativo n. 68 del 2001 ha adeguato i compiti della Guardia di finanza all'evoluzione dello scenario economico interno ed internazionale. In tal senso, alla Guardia di finanza sono state conferite peculiari potestà ispettive e sono stati demandati compiti di prevenzione, ricerca e repressione per tutelare il mercato dei beni e dei servizi.
Lo stesso articolo 2, comma 4, del decreto legislativo citato, precisa che, ferme restando le norme del codice di procedura penale, i militari della Guardia di finanza, nell'espletamento dei suddetti compiti, si avvalgono delle facoltà e dei poteri previsti dagli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e dagli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ossia dei cosiddetti poteri di polizia tributaria.
Il conferimento di questa missione istituzionale è stato ribadito, in occasione della ridefinizione dei comparti di specialità delle forze di polizia, dal cosiddetto decreto Pisanu (direttiva del ministro dell'interno pro tempore, datata 28 aprile 2006). In tale ambito, rientrante nel più ampio alveo delle tipiche funzioni di polizia economico finanziaria, la Guardia di finanza opera avvalendosi di un dispositivo di contrasto che vede quotidianamente impegnati quasi 700 reparti territoriali, tra Nuclei di polizia tributaria, gruppi, compagnie, tenenze e brigate, che, capillarmente distribuiti in tutto il paese, rappresentano la struttura portante dell'attività operativa del Corpo.
Per contrastare più efficacemente la contraffazione, ai reparti territoriali è stata affiancata anche una componente «specialistica»: il Nucleo speciale tutela mercati.
Il comandante generale della Guardia di finanza ha riferito alla Commissione che, questo reparto svolge, a livello centrale, funzioni di analisi di rischio attraverso l'incrocio di banche dati interne ed esterne; il raccordo con le Autorità di riferimento del settore e lo studio dei sistemi di frode ed elaborazione di metodologie operative, con l'intento di fornire un supporto di conoscenza ai reparti operativi e rilanciare sul piano nazionale le migliori esperienze investigative maturate sul campo.
4) L'Istituto per il commercio estero.
L'ex presidente dell'Istituto nazionale per il commercio estero, ambasciatore Umberto Vattani, nel corso dell'audizione svolta il 12 gennaio 2011 presso la Commissione, ha segnalato che il programma straordinario a favore del made in Italy, varato con la legge finanziaria
5) Il Corpo forestale dello Stato.
Come evidenziato alla Commissione dal capo del Corpo forestale dello Stato, ingegnere Cesare Patrone, nel corso dell'audizione svolta l'8 giugno 2011, a partire dal 2009, le direttive ministeriali hanno posto quale obiettivo primario dell'attività del Corpo forestale dello Stato la lotta alle frodi e alle contraffazioni alimentari per la tutela
6) L'Arma dei carabinieri: il comando carabinieri politiche agricole e alimentari.
Secondo i dati riferiti dal sottocapo di stato maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, generale di divisione, Antonio Ricciardi, nel corso della audizione svolta il 22 giugno 2011, negli ultimi due anni, l'attività operativa di contrasto ai fenomeni oggetto dell'inchiesta da parte del comando carabinieri politiche agricole e alimentari ha visto un incremento del 470 per cento dei prodotti alimentari illegali sequestrati.
In particolare, nel campo delle violazioni amministrative, si è registrato un incremento del 205 per cento del numero delle infrazioni accertate nel 2010 rispetto all'anno precedente (223, per un valore complessivo di 185.769 Euro), mentre sul versante delle violazioni penali si è avuto un aumento del 4 per cento delle infrazioni accertate nel 2010 rispetto al 2009 (complessivamente 50, per un valore di 1.360.000 Euro).
Il dato più rilevante è quello relativo ai prodotti sequestrati per violazione delle normative sull'etichettatura, sulla tutela della denominazione di origine protetta e della indicazione geografica protetta, sulla tracciabilità e sulla produzione regolamentata degli alimenti. Nel 2010 sono state sottoposte a sequestro 11.872 tonnellate di prodotti (in particolare, prodotti lattiero caseari, concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva, prodotti ittici, latte bufalino e pomodoro), per un valore complessivo di 22.559.266 euro, con un incremento, già richiamato, del 470 per cento rispetto al 2009, allorquando erano stati sequestrati prodotti illegali per un valore complessivo di 1.685.229 euro.
I principali illeciti riscontrati nel settore dal comando dell'Arma hanno riguardato essenzialmente la falsa evocazione in etichetta e sui documenti di vendita di marchi Dop (tale illecito ha interessato prevalentemente le carni, nonché i pomodori pelati destinati all'estero come Dop San Marzano, ma prodotti in altre zone), l'introduzione nel circuito commerciale nazionale di pomodoro concentrato cinese non dichiarato in etichettatura e nei documenti di vendita, di pomodoro falso biologico, di prodotto privo di documentazione sulla tracciabilità, nonché di pomodoro in cattivo stato di conservazione.
Nel 2010 sono state complessivamente sequestrate circa 4.000 tonnellate di pomodoro con le caratteristiche di illegalità appena
7) L'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari.
Come riferito in sede di audizione il 9 marzo 2011 dall'ispettore generale capo, dottor Giuseppe Serino, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) opera nel comparto agroalimentare sin dal 1986, quando la legge n. 426 del 1986 lo istituì con il nome di Ispettorato centrale repressione frodi, conferendo ad esso le funzioni istituzionali proprie della struttura.
I compiti di istituto sono espletati mediante le attività di controllo, svolte con ispezioni presso gli operatori delle differenti filiere, dirette alla verifica della qualità, genuinità e identità dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione agricola. Ciò al fine di contrastare illeciti e frodi a carattere essenzialmente merceologico. Nel corso delle ispezioni si procede a prelevare anche campioni sottoposti successivamente ad analisi chimico fisica e, in alcuni casi, organolettica.
Il controllo analitico, complementare a quello ispettivo, consente, mediante l'applicazione di metodiche comunitarie, nazionali o comunque riconosciute da organismi internazionali, la verifica delle caratteristiche di composizione qualitativa e quantitativa dei prodotti e gli accertamenti della loro conformità ai requisiti di legge e/o al dichiarato.
È utile sottolineare che l'Ispettorato si caratterizza per essere un organo di controllo dotato di una propria rete di laboratori specializzati per settore merceologico. L'Ispettorato, inoltre, è stato individuato quale organo deputato a svolgere le funzioni statali di vigilanza sugli organismi di controllo che operano nell'ambito delle produzioni di qualità regolamentata (prodotti alimentari Dop, Igp, Stg, vini a denominazione d'origine ed indicazione geografica, prodotti da agricoltura biologica, carni bovine e di pollame con etichettatura facoltativa in aggiunta a quella obbligatoria).
Altra funzione storica dell'Ispettorato è l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie in materia agricola e agroalimentare di competenza statale. Quale autorità competente, l'Ispettorato provvede all'applicazione, nelle materie di competenza, di sanzioni amministrative a seguito di violazioni da chiunque accertate.
L'Ispettorato è organizzato in un dipartimento, articolato in due direzioni generali. Sul territorio operano 12 uffici ispettivi, con 17 sedi distaccate e 5 laboratori incaricati delle attività analitiche di prima istanza oltre a un laboratorio centrale che effettua analisi di revisione.
Come ricordato alla Commissione dall'ispettore generale Serino, l'Ispettorato svolge in media ogni anno circa 30.000 ispezioni presso gli operatori, oltre a numerosi controlli di carattere documentale. La percentuale di illeciti amministrativi accertati si attesta in media al 13 per cento dei controlli svolti. L'incidenza maggiore (circa il 32 per cento) si registra nel settore vitivinicolo in ragione dell'ampia fetta di controlli dedicati a tale area merceologica e dei numerosi oneri di natura formale previsti dalla articolata normativa di settore. Primeggiano, in tale ambito, le violazioni degli obblighi di tenuta della
7.1) I controlli sull'origine.
Secondo quanto riferito dall'Icqrf alla Commissione nella citata audizione del 9 marzo 2011, l'Ispettorato effettua controlli sui tutti i prodotti con indicazione di origine dichiarata a titolo obbligatorio o volontario. Sono, pertanto, oggetto di verifica dell'effettiva origine geografica o, più specificamente, dell'indicazione della zona di produzione il latte fresco, gli oli extravergini di oliva, i principali ortofrutticoli, la passata di pomodoro, le carni bovine e avicole, mieli e uova per i quali l'indicazione dell'origine geografica della materia prima o del paese di provenienza sono prescritti per legge, sia altri prodotti, quali, ad esempio, confetture, derivati dei cereali, lattiero caseari, presentati al consumatore con indicazione di origine nazionale su base volontaria.
Si tratta di controlli di carattere documentale effettuati attraverso accertamenti che ripercorrono a ritroso la filiera, utilizzando sia i documenti obbligatoriamente previsti per legge, sia i sistemi informatici per la tracciabilità in uso presso gli operatori. Ciò al fine di identificare i flussi di materie prime in entrata, seguirne le fasi di lavorazione/trasformazione, identificare gli operatori interessati e i quantitativi di prodotti in uscita. Tali controlli spesso si estendono sul territorio coinvolgendo per competenza più uffici periferici.
In concomitanza con la liberalizzazione dei mercati, si sono registrati aumenti dei flussi dell'import di materie prime e semilavorati, pertanto è cresciuta l'esigenza di effettuare più frequentemente controlli incrociati o di rintracciabilità anche sui prodotti provenienti da altri paesi, con particolare riguardo ai prodotti lattiero caseari, agli oli di oliva, ai vini, agli ortofrutticoli e alle conserve di pomodoro, che rappresentano voci importanti della produzione nazionale. Ciò allo scopo di contrastare ogni forma di concorrenza sleale e, in particolare, l'illecita commercializzazione di tali prodotti come prodotti italiani.
Nel biennio 2009/2010 sono state effettuate azioni di controllo specifiche, per un totale di circa 3500 visite ispettive, finalizzate a verificare la qualità e l'origine del latte fresco (22 per cento), dell'olio extra vergine di oliva (50 per cento), delle conserve di pomodoro (19
8) Profili di cooperazione: i livelli nazionale ed internazionale.
Nel corso delle audizioni dei soggetti competenti nel contrasto alla contraffazione svolte dalla Commissione è emerso che le dimensioni della contraffazione stessa e le sue tendenze evolutive impongono una strategia di contrasto basata sulla cooperazione tra tutte le componenti istituzionali impegnate a vario titolo per combattere il mercato del falso.
In tale ottica, appare di rilievo la collaborazione, a carattere interforze, realizzatasi fin dal 2004 presso la direzione centrale di polizia criminale che si è tradotta in un sistematico confronto tra gli esperti della Guardia di finanza, dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato, riuniti in un gruppo di lavoro che ha visto anche la partecipazione dell'Associazione nazionale comuni d'Italia e della Siae.
Sono state consolidate, altresì, le linee di collaborazione della Guardia di finanza con il Ministero dello sviluppo economico nel quadro di un protocollo d'intesa stipulato nel 2007, allo scopo di rafforzare le sinergie informative, quelle operative e le iniziative di aggiornamento professionale del personale.
Inoltre, la Guardia di finanza, l'Arma dei carabinieri, il Corpo forestale dello Stato e l'Agenzia delle dogane, operano nella prevenzione e repressione delle frodi e delle contraffazioni alimentari, in concorso con l'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari e con i nuclei antisofisticazione dell'Arma dei carabinieri.
Se i profili di collaborazione istituzionale ricoprono un'importanza fondamentale per contrastare in modo unitario e coordinato la contraffazione e la pirateria, parimenti rilevanti sono i rapporti di partenariato con le imprese e con le organizzazioni professionali rappresentative dei singoli settori produttivi. Le società che operano legalmente sono, infatti, le uniche a conoscere i «segreti» e le caratteristiche produttive delle loro merci e dei rispettivi mercati e sono, quindi, in grado di fornire elementi di conoscenza essenziali ai fini della tutela della genuinità dei loro prodotti. Di grande utilità è poi la conoscenza «interna» del mercato di riferimento posseduta dalle imprese. Ciò consente loro di cogliere con particolare sensibilità i segnali di anomalia che si manifestano nella fase di approvvigionamento, di produzione e, soprattutto, di commercializzazione dei beni.
Tornando alle modalità di collaborazione istituzionale si segnala l'importanza di garantire il più possibile, a livello internazionale, la cooperazione giudiziaria, di polizia nonché la mutua assistenza amministrativa.
Capitolo V - Il settore agroalimentare nazionale: struttura, funzionamento e dinamiche.
1) Considerazioni preliminari.
Le imprese italiane del settore agroalimentare se, in linea di massima, controllano l'intero svolgersi del proprio processo produttivo, possono, tuttavia, scegliere di approvvigionarsi delle materie prime da terzi fornitori o direttamente dai produttori, piuttosto che impegnarsi direttamente nella coltivazione (ad esempio, del grano).
Alcune di queste materie prime possono anche essere confezionate e distribuite allo stato grezzo, senza il bisogno di ulteriori particolari processi. Si pensi ai pomodori, al sale, al latte. Tali alimenti, provenienti dalle più diverse parti del mondo, possono essere surgelati e messi in cassetta, oppure pastorizzati e confezionati da altri impresari e poi distribuiti con il marchio di grandi multinazionali o di imprese italiane che, di fatto, non hanno contribuito all'intero processo (o filiera), salvo indirettamente, cioè selezionando produttori e trasformatori e impartendo loro direttive e protocolli.
Lo stesso vale quando le materie prime sono ingredienti da combinare, mescolare e trasformare attraverso processi più lunghi e diversificati per arrivare ad un prodotto finale: si pensi alle salse di pomodoro o ai biscotti, entrambi risultati di combinazioni tra diversi ingredienti di base.
2) I prodotti di «qualità europea certificata».
Se nell'industria agroalimentare da «grandi numeri» la delocalizzazione delle varie fasi del processo produttivo è la norma, esiste anche un sottoinsieme di industrie, spesso minori per dimensioni, che puntano invece sulle certificazioni europee di qualità.
Sia l'agroalimentare «normale», proveniente dalla grande distribuzione, sia quello certificato sono dotati di un marchio commerciale dell'azienda sui singoli prodotti. L'agroalimentare certificato, però, si spinge oltre, garantendo una serie di standards aggiuntivi. In questo caso, gruppi più o meno ampi di impresari, specializzati in determinati prodotti, già riuniti in consorzi a livello nazionale, dichiarano di seguire un determinato disciplinare standardizzato, elencando le materie prime utilizzate, il luogo e il metodo della loro produzione, l'area geografica nella quale vengono prodotti tali ingredienti, dove e come vengono trasformati nel bene alimentare finito.
Più in particolare, se costoro riescono a giustificare il legame fra la qualità, la reputazione o altre caratteristiche del bene finito (può trattarsi anche di un bene primario non trasformato, come il pomodoro, o di un bene trasformato, come il prosciutto) e la sua origine geografica, dimostrando che tutti i processi della filiera (produzione, trasformazione ed elaborazione) avvengono in una determinata e delimitata zona geografica, ottengono, in base al Regolamento n. 510/2006/CE, il marchio di qualità Dop (denominazione di origine protetta).
Se, invece, almeno una delle tre fasi industriali (produzione, trasformazione, elaborazione) avviene nella zona geografica legata alla reputazione del prodotto, essi ottengono, sempre grazie alla stessa normativa, il marchio di Indicazione geografica protetta (Igp).
I prodotti che, pur non legati ad uno specifico territorio, hanno un passato consolidato, tale da renderli ormai parte del patrimonio gastronomico, possono ottenere, in base al Regolamento n. 509/2006/CE, il marchio di Specialità tradizionale garantita (Stg). I consorzi a livello nazionale già esistevano relativamente agli alimenti. I regolamenti europei, a loro volta evoluzione di precedenti normative comunitarie, hanno dunque ampliato la portata della protezione dei prodotti Dop, Igp, e Stg all'intero territorio europeo.
Stessa evoluzione si è avuta nel comparto dei vini. Le bevande alcoliche di qualità erano garantite, fin dagli anni '50, a livello nazionale, dai marchi Doc e Docg. La denominazione di origine controllata era un marchio di qualità riservato ai vini, la cui zona di origine della raccolta delle uve per la produzione era delimitata conformemente a quanto previsto dai disciplinari di produzione. La denominazione di origine controllata e garantita costituiva invece il
3) Gli altri prodotti italiani.
L'industria agroalimentare ha necessità di materie prime (o ingredienti). Escluse le ipotesi di prodotti «colti e venduti» sul posto (per esempio, la frutta fresca), sarà poi necessaria la trasformazione o la conservazione ed il trasporto di tali prodotti sul luogo della vendita (per esempio, la frutta colta in Africa e congelata per la rivendita in Europa) o, ancora, la riunione degli ingredienti in altri luoghi per la loro trasformazione (per esempio, il grano da tramutare in farina, il latte da pastorizzare), la miscelazione o elaborazione dei diversi ingredienti per la preparazione di semilavorati da unire, a loro volta, ad altri semilavorati per assemblare infine il bene industriale
4) Dimensioni economiche ed occupazionali del comparto.
Una delle principali fonti utilizzate in questo capitolo per la cognizione delle movimentazioni di materie prime ed elaborate è costituita dal già citato rapporto dell'Eurispes «1o Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia», pubblicato nel 2011 (al quale si rimanda per una più completa analisi del comparto).
Secondo l'Eurispes l'industria alimentare, sia essa comune o di «qualità» (Dop, Icg e via dicendo), vanta un'economia di tutto rispetto. Quella europea, prima industria alimentare nel mondo, rappresenta in Europa il primo comparto manifatturiero (12.9 per cento), seguito dal settore automobilistico e dalla chimica. Ha un fatturato di oltre 1.000 miliardi di euro, un numero di addetti di 4,4 milioni i quali partecipano all'attività di 310.000 aziende. L'Industria alimentare europea esporta prodotti alimentari per un valore di 58,2
5) Importazioni.
Nel nostro paese sono state importate, nel 2009, circa 27 miliardi di euro di materie prime.
Queste sono state alternativamente: vendute direttamente nel nostro paese, quindi con un marchio made in (paese di provenienza); trasformate tramite almeno un processo dall'industria alimentare, permettendo loro, secondo la normativa attuale, di fregiarsi del marchio made in Italy. Infatti, il Regolamento CE n. 450 del 2008 (Codice doganale comunitario aggiornato), all'articolo 36, comma 2, statuisce che: «Le merci alla cui produzione hanno contribuito due
6) Esportazioni.
In generale, il contributo dell'export agroalimentare è notevole (quasi 28 miliardi di euro nel 2010) e rappresenta una delle prime, se non la prima voce, delle esportazioni made in Italy. Agricoltura e alimentari costituiscono l'8 per cento delle esportazioni italiane complessive e, cosa ben più importante, la quota sul totale dell'export si è consolidata, essendo cresciuta negli ultimi anni.
Ciò va a dimostrazione del fatto che mentre le capacità d'esportazione complessive del paese, complice anche la crisi, si riducevano, l'export agroalimentare ha retto di più, con un aumento delle esportazioni dal 2009 al 2010.
Questi dati riguardano tutta la produzione agroalimentare italiana, senza distinzione tra produzione agricola e prodotti Dop Igp Stg, che pure sono stati caratterizzati da un aumento della propensione all'export. (13)
Il fatturato delle vendite all'estero di prodotti a denominazione di origine made in Italy ha raggiunto i 2 miliardi di euro nel solo 2009 (il 20 per cento del fatturato complessivo).
Per quanto concerne i diversi settori produttivi, al primo posto figura il comparto lattiero-caseario (con una produzione fonte di un fatturato di 14,2 miliardi di euro), segue il settore del vino e dei liquori (10,7 miliardi di euro), il settore dolciario (10,1 miliardi di euro) e il settore delle carni fresche e trasformate (7,4 miliardi di euro). Con riferimento all'export, al primo posto troviamo il vino, i mosti e gli aceti, che ricoprono il 20,1 per cento del totale dei prodotti in uscita. Seguono i prodotti dolciari con il 12,5 per cento, i prodotti lattiero caseari con il 9,2 per cento e la pasta con l'8,7 per cento. Una posizione di primato tra i prodotti esportati è ricoperta anche dagli ortaggi trasformati e dalle conserve con l'8,3 per cento, dagli oli e grassi (7,4 per cento) e dalle carni preparate (5,2 per cento).
Le variazioni nell'export (+10,7 nel 2010) sono state, se si eccettua una flessione nel settore del riso e della pasta, complessivamente
7) Rapporto import/export nel settore agroalimentare.
L'Italia importa moltissime materie prime e semilavorati, assai più di quanto viene poi esportato. Considerando l'esistenza di una produzione di materie prime anche «nazionale» il dato è anomalo. Ciò potrebbe significare che una parte consistente di quanto importato è venduto in patria, come prodotto marchiato con certificato di qualità (anche Dop, come episodi recenti hanno confermato) non più corrispondente al vero.
Il dato sopraindicato potrebbe suggerire che, accanto a ipotesi di illeciti veri e propri siano più diffuse del previsto tecniche di mercato ambigue. Complice una legislazione europea che ancora non impone un'etichettatura con indicazione di origine geografica completa per tutti gli ingredienti di un prodotto, è possibile infatti che alcuni dei composti in vendita, che vantano un'italianità completa, siano in realtà costituiti anche con ingredienti provenienti da altre parti del mondo e siano passati per laboratori di altri continenti. Questo discorso, evidentemente, non vale solamente per le aziende italiane.
Il confronto tra le importazioni e le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari dimostra, in primis, il costante deficit registrato dalla bilancia commerciale, negli ultimi quindici anni sia in termini di valore economico, sia in termini di quantità. In particolare, tra il 1995 e il 2009, l'Italia ha importato dal resto del mondo 384,9 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari, con un controvalore economico di 333,7 miliardi di euro, mentre ha esportato 235,7 milioni di tonnellate di prodotti di specie per 265,6 milioni di euro.
Il deficit della bilancia commerciale è stato, quindi, sul piano quantitativo, superiore a 149 milioni di tonnellate di merci e, sul piano economico, a 69 miliardi di euro.
La dinamica evolutiva del deficit del settore agroalimentare italiano nel periodo monitorato mostra, tuttavia, una netta differenziazione tra il dato economico e quello quantitativo: in termini economici, il deficit commerciale ha registrato una tendenziale diminuzione, passando da 5,2 miliardi di euro nel 1995 a 3,9 miliardi di euro nel 2009 (-33,2). Le esportazioni di prodotti agroalimentari sono
8) Principali partners commerciali.
L'Europa è il principale partner italiano per quanto concerne i flussi commerciali di prodotti agroalimentari. Più specificamente: nel 2009 l'Italia ha acquistato dall'Europa 21,7 milioni di tonnellate di merci, con un controvalore economico di 20,9 miliardi di euro, mentre ha eseguito cessioni in ambito europeo per 13,9 milioni di tonnellate di merci, con un controvalore economico di 18,4 miliardi di euro; rispetto al 1995, l'incremento delle cessioni intracomunitarie è stato più che proporzionale rispetto all'incremento del valore degli acquisti (rispettivamente + 78 per cento e + 46 per cento), determinando un miglioramento del deficit commerciale (da 3,9 a 2,4 miliardi di euro). La quantità di prodotti agroalimentari acquistati è cresciuta di oltre 6,4 milioni di tonnellate di merci (+ 42 per cento), più del doppio rispetto all'incremento della quantità di prodotti ceduti (3,1 milioni di tonnellate), determinando un peggioramento del deficit commerciale (da 4,5 a 7,8 milioni di tonnellate di merci).
Malgrado il contributo dell'Europa sui flussi commerciali italiani di prodotti agroalimentari sia superiore al 70 per cento in valore (76,7 per cento degli acquisti e 78,9 per cento delle cessioni) e in quantità (73,2 per cento degli acquisti e 82,5 per cento delle cessioni), la dinamica evolutiva degli ultimi 15 anni rivela un significativo aumento dei volumi di import/export verso altre aree geografiche quali l'America e l'Asia.
Le importazioni dai paesi asiatici, infatti, sono aumentate del 164 per cento in valore (da 690 milioni a 1,8 miliardi di euro) e del 96 per cento in quantità (da 1,1 a 2 milioni di tonnellate di merci), pari, in entrambi i casi, al 6,7 per cento del totale (nel 1995 era, rispettivamente, del 3,9 per cento e del 4,9 per cento).
L'incremento è stato tale da controbilanciare l'aumento del valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari verso l'Asia (da 500 a 1,3 miliardi di euro) determinando un peggioramento del deficit commerciale (da 170 a 500 milioni di euro), ancor più evidente in termini di quantità (da 200.000 tonnellate a 1,2 milioni di tonnellate di merci).
In ambito comunitario, per quanto concerne gli acquisti effettuati da imprese italiane nel 2009 di prodotti agroalimentari, i principali partners commerciali sono stati la Francia (4,6 miliardi di euro, pari al 16,9 per cento del totale), la Germania (4,2 miliardi di euro, pari al 15,6 per cento del totale), la Spagna (2,8 miliardi di euro, pari al 10,4 per cento del totale) ed i Paesi Bassi (2,1 miliardi di euro, pari al 7,8 per cento del totale).
Il ruolo di Germania e Francia quali principali partners dell'Italia trova conferma nel dato relativo al valore delle cessioni 2009
9) Principali prodotti agroalimentari importati in Italia.
9.1) Grano duro.
Il grano duro rappresenta ormai da anni uno dei principali prodotti merceologici di importazione italiana dell'agricoltura, sia dal punto di vista quantitativo (1,8 milioni di tonnellate nel 2010), sia sotto il profilo economico (387 milioni di euro).
I principali partners commerciali sono il Canada (789.396 tonnellate di grano duro, 43,3 per cento del totale per un controvalore economico di 161 milioni di euro), gli Stati Uniti (312.664 tonnellate, 17,1 per cento del totale per un controvalore economico di 85,6 milioni di euro) ed il Messico (268.000 tonnellate, 14,7 per cento del totale per un controvalore economico di 51,6 milioni di euro).
Complessivamente, dai tre paesi del centro e nord America è stato importato, nel 2010, il 75,1 per cento del grano duro (77 per cento in valore), contro un residuo 24,9 per cento proveniente dal resto del mondo (23,1 per cento in valore).
9.2) Pomodori.
L'analisi delle importazioni di pomodori in Italia è stata suddivisa in due sezioni, a seconda che la merce importata sia la materia prima (pomodori freschi o refrigerati) o il prodotto dell'industria alimentare (pomodori preparati o conservati).
In merito ai primi, si rileva come nel solo 2010 l'Italia abbia importato circa 10.004 tonnellate di pomodori freschi o refrigerati, il cui controvalore economico supera i 12 milioni di euro (esclusivamente importazioni «definitive»). La merce importata proviene prevalentemente da Israele (7.319 tonnellate, pari al 73,2 per cento del totale) e Marocco (1.935 tonnellate, pari al 19,3 per cento del totale) e, a seguire, con percentuali nettamente inferiori, da Tunisia, Spagna e Turchia.
Complessivamente, il controvalore economico dei due paesi partners più significativi è pari a circa a 11 milioni di euro (92,7 per cento del totale).
Nello stesso anno le importazioni di pomodori preparati o conservati ha raggiunto le 153.358 tonnellate, per un valore complessivo di 89,5 milioni di euro. La ripartizione delle importazioni complessive di pomodori preparati o conservati per tipologia, paese di provenienza e provincia di destinazione, rivela che: le importazioni
9.3) Uva e prodotti vinicoli.
Il comparto merceologico è stato ripartito in due sezioni, a seconda che le merci importate siano le materie prime (uva fresca o secca) o vini di uve fresche (compresi i vini arricchiti d'alcole).
Nel 2010 l'Italia ha importato 32.219 tonnellate di uva fresca o secca (valore 53,9 milioni di euro) principalmente dalla Turchia, dal Cile e dall'Egitto (rispettivamente 53,3 per cento, 16,4 e 8,5 per cento del totale) con un controvalore economico che supera i 41 milioni di euro (77,6 per cento del totale); seguono la Repubblica sudafricana e l'Iran, rispettivamente con 1.797 (5,6 per cento de totale) e 1.167 tonnellate (3,6 per cento del totale).
Nello stesso anno, il nostro paese ha importato circa 62.375 tonnellate di vini di uve fresche, per la quasi totalità provenienti dagli Stati Uniti (59.964 tonnellate, pari a 96.1 per cento del totale) e solo marginalmente da Cile (737,5, 1,2 per cento del totale), Argentina (591 tonnellate circa, pari a 0,9 per cento del totale), Repubblica sudafricana (331,33 tonnellate, pari a 0,5 per cento del totale) e Croazia (136,71 tonnellate, pari a 0,2 per cento del totale).
Mentre per le uve fresche e secche le importazioni sono esclusivamente definitive, nel caso di vini di uve fresche si registrano casi, seppur marginali, di reimportazioni e importazioni temporanee (rispettivamente 4,9 tonnellate e 300 kg.).
9.4) Carni.
Un altro comparto merceologico che registra significativi volumi di importazioni è quello delle carni, con 62.241 tonnellate di merci importate nel 2010 per un controvalore economico superiore a 328,4 milioni di euro. Le carni di animali della specie bovina sono la principale merce di importazione italiana (41.987 tonnellate nel 2010 per un valore di 261,3 milioni di euro), seguita dalla specie ovina o caprina (5.708 tonnellate per un valore di 29 milioni di euro) e dai volatili (3.090 tonnellate per un valore di 9 milioni di euro).
9.5) Olio vergine ed extravergine di oliva.
Ciò che rende particolarmente significativo e, nel contempo, preoccupante il caso delle importazioni di olio d'oliva è la prevalenza assoluta delle importazioni temporanee rispetto a quelle definitive.
Nel solo 2010 l'Italia ha importato 42.956 tonnellate di olio vergine ed extravergine di oliva (per un controvalore economico pari a 94,6 milioni di euro) di cui: 32.623 tonnellate (75,9 per cento del totale) di olio vergine ed extravergine di oliva importato, oggetto di lavorazione e trasformazione e successivamente riesportato all'estero (importazione temporanea), per un controvalore economico di 71,4 milioni di euro (75,5 per cento del totale); 10.332 tonnellate (24,1 per
9.6) Latte e derivati del latte.
Nel corso del 2010, l'Italia ha importato circa 16.214 tonnellate di latte e prodotti derivati dal latte, con un controvalore statistico di circa 83 milioni di euro.
Le importazioni definitive, a differenza di quanto visto per il comparto merceologico dell'olio, rappresentano il 91,5 per cento del totale in termini quantitativi (14.845 tonnellate di merci) ed il 94 per cento del totale in termini economici (78,4 milioni di euro), mentre la quantità di latte e prodotti derivati dal latte importati temporaneamente è stata di 1.368 tonnellate per un controvalore statistico di circa 4,8 milioni di euro.
La principale categoria merceologica di importazione è quella dei formaggi e dei latticini (88,1 per cento del totale in termini quantitativi), per i quali risultano: 14.292 tonnellate di merci (valore 77,3 milioni di euro) per la quasi totalità importate definitivamente; una significativa concentrazione geografica relativamente al paese di provenienza, dal momento che la quasi totalità dei formaggi e latticini è acquistata dalla Svizzera (14.212 tonnellate pari a 99,4 per cento del totale).
La seconda categoria merceologica comprende il latte e la crema di latte non concentrati, con 1.346 tonnellate di merci importate nel 2010 per un controvalore economico di circa 4,6 milioni di euro. In questa circostanza le importazioni temporanee rappresentano la quasi totalità delle importazioni (99 per cento della quantità totale e 99,5 per cento del controvalore economico), attestandosi, nel 2010, a 1.334 tonnellate per un valore di 4,5 milioni di euro.
La Svizzera è il principale paese di provenienza di latte e crema di latte non concentrati (1.340 tonnellate, ovvero il 99,6 per cento in quantità, per un controvalore di oltre 4,5 milioni di euro pari al 99,9 per cento del valore statistico complessivo).
Tra gli altri prodotti merceologici di maggiore importazione nel comparto del latte e dei prodotti derivati dal latte, assumono particolare rilevanza il siero di latte, il burro, il latticello e lo yogurt.
Nel 2010 l'Italia ha importato circa 308 tonnellate di siero di latte, destinato interamente al mercato nazionale, non essendo state registrate
10) Produzioni di «qualità».
Si è visto come parte dei dati su importazioni ed esportazioni includano, ove applicabile, anche le produzioni di qualità» Dop, Igp, Stg. Nel seguente paragrafo verranno messe in evidenza alcune delle caratteristiche strutturali che distinguono le produzioni di qualità dal resto dell'agroalimentare.
L'Unione europea ha registrato oltre 900 prodotti con marchi Dop, Igp, Stg., di cui 214 sono di origine italiana, con un numero maggiore di prodotti di tipo ortofrutticolo e cerealicolo Dop. L'Italia, con 214 denominazioni riconosciute, è al primo posto della graduatoria comunitaria dei prodotti tipici e possiede quasi il 24 per cento dell'intera fetta di mercato europeo.
In particolare, ancora secondo i dati del citato rapporto presentato da Fare Ambiente, l'agricoltura italiana vanta 211 prodotti a denominazione o indicazione di origine protetta riconosciuti dall'Unione europea, cui si aggiungono circa 5000 specialità regionali censite dalle regioni. Ben 33 prodotti a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta provengono dal Veneto (tra questi, ortaggi e frutta, formaggi, insaccati, riso, oli extravergine d'oliva), 15 dei quali riconducibili alla provincia di Verona.
L'Italia è il primo paese per numero di prodotti riconosciuti Dop e Igp a livello europeo (23,3 per cento del totale), seguito dalla Francia, dalla Spagna e dal Portogallo (rispettivamente con il 19 per cento, il 14,7 per cento ed il 12,5 per cento).
Considerando poi la generazione di valore aggiunto agricolo, il Veneto è la quinta regione italiana ma la seconda del Nord-Est, dietro all'Emilia Romagna, e la terza dell'Italia settentrionale, con la Lombardia che detiene il primato. Se si guarda invece al valore della
10.1) L'ingresso dei prodotti extra Ue nel registro europeo Dop e Igp: il caso della Cina.
Nel corso dell'audizione del direttore dell'Agenzia delle dogane, dottor Giuseppe Peleggi, svolta nelle date 30 novembre 2010 e 1o e 15 dicembre 2010, è stato segnalato alla Commissione che i Regolamenti Ue 509/06 e 510/06, aderendo alle sollecitazioni del Wto, hanno permesso l'accesso al sistema di qualità europeo delle Dop, Igp e Stg ai prodotti dei paesi extra Ue in regime di reciprocità.
Ciò è però avvenuto senza che i regolamenti prevedessero un'equiparazione dei sistemi di controllo tra paesi terzi ed europei. Si è venuta così a creare una sorta di «discriminazione legalizzata», attraverso la quale prodotti appartenenti allo stesso marchio scontavano controlli diversi.
Proprio in questi mesi stanno entrando nel circuito Dop e Igp ben nove prodotti cinesi. Lo scorso marzo il Commissario Ciolos ha firmato un accordo bilaterale con la Cina sul reciproco riconoscimento di dieci prodotti iscritti nelle Dop e Igp (tra i quali il Grana Padano) e nove prodotti cinesi. Le domande di riconoscimento di questi prodotti cinesi erano già state fatte nei termini previsti dalla normativa europea ed i tempi per l'opposizione al loro riconoscimento sono scaduti alla fine dello scorso mese di marzo.
L'accordo firmato sancisce in modo inequivocabile l'apertura verso il mercato cinese dei nostri prodotti di qualità e la loro tutela, ma anche l'ingresso di quelli cinesi all'interno del nostro sistema con la possibilità di utilizzare lo stesso logo. Tuttavia, nell'accordo non sono definiti i termini di equivalenza dei sistemi di controllo, malgrado gli stessi dati del sistema di allerta Rapido dei prodotti alimentari e mangimi (Rafss) ne dimostrino la necessità.
Infatti secondo l'ultimo rapporto 2010 della Dg Sanco sui dati del sistema di allerta Rapido dei prodotti alimentari e dei mangimi, la Cina risulta il paese che ha avuto il più alto numero di segnalazioni di pericolo (418), mentre per trovare il primo paese europeo si deve arrivare alla nona posizione occupata dalla Francia.
Capitolo VI - Contraffazione nel settore agroalimentare.
1) Considerazioni preliminari.
L'industria agroalimentare e agroindustriale nazionale, secondo i dati forniti da Sergio Marini, presidente di Coldiretti, nel corso dell'audizione del 13 aprile 2011, produce circa 150 miliardi di euro come valore assoluto.
Le stime di Coldiretti evidenziano come almeno un terzo del fatturato suddetto sia raggiunto con materie prime di importazione e testimoniano che quasi tutti i prodotti sono rivenduti con l'immagine del nostro paese. In via esemplificativa, tre buste su quattro di latte Uht sono di importazione; la maggior parte dei prosciutti - due su tre - venduti in Italia sono prodotti con cosce di animali di importazione, ad esclusione di quelli a denominazione di origine; metà
2) Principali operazioni anticontraffazione eseguite nel settore agroalimentare.
La casistica è estremamente ampia, coinvolgendo prodotti Dop, Igp, Stp alla stessa stregua di altri prodotti alimentari. Le metodologie utilizzate appaiono pressoché illimitate. Pertanto, può risultare utile una descrizione per selezione di alcuni «prototipi» di contraffazione, indagati e scoperti grazie all'attività degli attori istituzionali.
13 maggio 2009: il Corpo forestale dello Stato, la Polizia di Stato, l'Ispettorato centrale per il controllo di qualità dei prodotti agroalimentari e l'Asl sequestrano in Toscana 5 quintali di prodotti alimentari provenienti dalla Cina e dalla Thailandia. I prodotti, 400 confezioni tra pasta, riso, latte, carne, pesce, sughi e legumi, erano scaduti, rietichettati con una nuova data di scadenza, con scritte in cinese, in francese e in inglese ma non in italiano o addirittura sprovvisti di etichetta. Altri prodotti invece erano derivati da animali e piante in via d'estinzione per i quali è vietato il commercio.
10 giugno 2009: l'Icqrf di Firenze sequestra 135 kg di lardo e 290 kg di altri alimenti in un laboratorio abusivo in provincia di Massa Carrara. Il laboratorio era sprovvisto di autorizzazione sanitaria e in precarie condizioni igieniche. Tra i prodotti sequestrati: carni bovine congelate, prive di etichettatura e senza alcuna indicazione di tracciabilità; confezioni di lardo illecitamente evocante la Igp Lardo di Colonnata; carni suine in confezioni sottovuoto anonime (alcune scadute); prosciutti (parte rimanente di una partita in precedenza già sequestrata dall'autorità sanitaria), salumi e formaggi in cattive condizioni di conservazione.
20 luglio 2009: operazione Icqrf in provincia di Napoli in collaborazione con l'Asl di Napoli: bloccata una cisterna contenente 13.700 kg di latte vaccino e 3.200 kg di latte bufalino. La partita di latte in questione è risultata priva della tracciabilità in quanto carente nella documentazione giustificativa.
20 luglio 2009: l'Icqrf di Torino ha posto sotto sequestro 19.500 litri di latte: una partita di 8.196 bottiglie di latte intero Uht da un litro e una di 11.304 bottiglie di latte parzialmente scremato Uht da un litro. Il sequestro si è reso necessario in quanto le confezioni riportavano in etichetta il termine «fresco», che può essere attribuito solo al latte pastorizzato, inducendo così in errore il consumatore. Il latte di provenienza francese era stato confezionato ed etichettato a nome e per conto di una ditta valdostana, come è risultato dalla documentazione di acquisto.
23 luglio 2009: l'Icqrf di Conegliano, congiuntamente al Corpo forestale dello Stato, coordinamento distrettuale di Asiago, hanno effettuato due sequestri penali di mozzarella di bufala campana Dop per un totale di 219 kg di prodotto e sono state interessate le procure della Repubblica di Brescia e di Verona.
24 luglio 2009: in Campania, l'Icqrf di Napoli e il Corpo forestale dello Stato, comando provinciale di Caserta, operano il sequestro penale di 156 kg di mozzarella di bufala campana Dop e di un cospicuo quantitativo di confezioni ed incarti pronti per essere utilizzati. Il sequestro è stato effettuato in quanto il sistema di etichettatura del prodotto riportava un numero di autorizzazione del Consorzio per la tutela della Mozzarella di bufala campana diverso da quello della ditta produttrice.
29 luglio 2009: sequestrato in Veneto un ingente quantitativo di mozzarella, spacciata per mozzarella di bufala campana Dop, dall'Ispettorato controllo qualità di Conegliano e dal Corpo forestale dello Stato di Verona e Vicenza nel corso dell'Operazione «Mozzarella in carrozza». Scoperto anche un caseificio di S. Cipriano d'Aversa (CE) che utilizzava illecitamente la ragione sociale di una ditta non più operante da tempo e distribuiva in commercio prodotti caseari contraffatti con la denominazione di origine protetta Mozzarella di bufala campana Dop. Nel corso delle operazioni è stato scoperto un deposito abusivo di prodotti alimentari situato a Bardolino (VR) al cui interno era stoccata una parte delle mozzarelle contraffatte e altri generi alimentari. A Caprino Veronese e a Desenzano del Garda sono state poste sotto sequestro più di 150 confezioni di falsa Mozzarella di bufala campana commercializzata come Dop.
25 settembre 2009: operazione congiunta eseguita dai militari del comando provinciale della Gdf di Taranto e dall'Icqrf che ha portato al sequestro di 362.300 litri di mosto e 7600 litri di «Primitivo di Manduria Doc 2008». I prodotti vitivinicoli erano privi della documentazione per la corretta identificazione del prodotto e della documentazione contabile.
26 settembre 2009: l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf, dell'ufficio periferico di Conegliano, sequestrano 428.794 kg di mele e 36.196 kg di pere. La frutta era priva della documentazione inerente alla
11 novembre 2009: l'Icqrf ha sequestrato, in provincia di Cagliari, 459 Kg di patate da consumo di origine francese etichettate con «origine Italia». Nel corso della stessa operazione il 23 Novembre sono state sequestrate, in provincia di Verona, kg 440 di patate di provenienza sia Italiana che francese, ma tutte etichettate come «Patata tipica dorata» dei terreni rossi del Guà Cologna V. (VR).
23 novembre 2009: l'Icqrf di Torino, nell'ambito di una più vasta indagine di polizia Giudiziaria, che vede coinvolti anche gli uffici di Bari e Napoli, su delega della procura della Repubblica di Foggia, ha sequestrato circa 300.000 litri di mosto bianco dichiarato da uve moscato e circa 157.000 litri di vino spumante di qualità aromatico moscato in corso di elaborazione illecitamente qualificati come provenienti da varietà moscato. Le indagini sono ancora in corso.
25 novembre 2009: l'Icqrf di Conegliano hanno sequestrato, presso uno stabilimento enologico in provincia di Verona, n. 5.028 bottiglie di spumante della capacità di 0,75 cadauna riportante l'indicazione «Republique Francaise» che induce in errore il consumatore in merito all'origine del prodotto.
20 Gennaio 2010: l'Icqrf di La Spezia ha effettuato un sequestro penale di vino privo delle caratteristiche necessarie per ottenere la certificazione «Cinque Terre Sciacchetrà Doc 2008». L'analisi isotopica eseguita sul prodotto ha rilevato, infatti, anomalie in relazione alla tipologia, alla zona di origine e all'annata dichiarate. Il vino è risultato annacquato e l'alcool contenuto derivante da zuccheri estranei all'uva.
27 Gennaio 2010: l'Icqrf ha sequestrato in Sardegna circa 7.100 bottiglie di vino Cannonau di Sardegna Doc privo dell'idonea certificazione della competente Camera di commercio, nonché oltre 330 hl di vino atto a dare Cannonau di Sardegna Doc con parametri analitici non rispondenti a quelli legali.
9 Febbraio 2010: l'Icqrf di Treviso ha sequestrato presso uno stabilimento di produzione e commercializzazione di prodotti vitivinicoli 14.400 bottiglie di vino denominato in etichetta «Rosecco» con evidente richiamo alla denominazione di origine controllata prosecco, in violazione delle norme e prescrizioni sull'etichetta sui prodotti vitivinicoli. Il vino era destinato al mercato inglese.
9 Febbraio 2010: l'Icqrf ha sequestrato in Toscana, nell'ambito dell'attività dei controlli sui vini Igt, 45.000 litri di vino Toscano Igt che non trovano nessuna giustificazione nei documenti di cantina.
18 Febbraio 2010: l'Icqrf ha sequestrato in Sicilia, presso una ditta confezionatrice, kg 944 di «Arance Washington» etichettate in modo da trarre in inganno il consumatore.
23 e 24 Febbraio 2010: l'Icqrf di Ancona ha effettuato tre sequestri per complessivi 220 litri di olio extravergine di oliva sulle cui confezioni è riportata la dicitura «cento per cento italiano» mentre dagli accertamenti documentali, l'olio è risultato di origine comunitaria.
10 Marzo 2010: l'Icqrf di Livorno ha sequestrato 113.000 confezioni di passata di pomodoro aromatizzata con falsa cipolla di Tropea. Il blocco del prodotto si è reso necessario in quanto la verifica dell'autenticità dell'indicazione d'origine della cipolla, così come riportata nella retro etichetta della passata di pomodoro, non ha trovato riscontro con le indicazioni rilevate dai documenti di acquisto della materia prima, essendo le cipolle utilizzate non solo disidratate ma anche di origine egiziana.
28 Aprile 2010: l'Icqrf di Trapani ha sequestrato 32 confezioni di «Miele millefiori» che non riportavano in etichetta l'indicazione del paese o dei paesi di origine.
6 Maggio 2010: il Corpo forestale dello Stato ha sequestrato presso un caseificio in provincia di Avellino, kg 40 di formaggio a pasta dura di provenienza francese spacciato per Parmigiano Reggiano, kg 790 di formaggi a pasta filata, kg 125 di cacioricotta e kg 15 di salumi in cattivo stato di conservazione. Si è reso necessario, inoltre, il sequestro dei locali di produzione per mancanza dei requisiti igienico sanitari minimi.
7 Maggio 2010: in Toscana, il Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato 1.927,25 litri di olio extravergine di oliva italiano. Sulle confezioni, sugli imballaggi e sui recipienti dei prodotti era stato utilizzato un marchio di impresa che evoca una denominazione di origine protetta.
20 Maggio 2010: l'Icqrf, in collaborazione con i Nas, ha sequestrato presso una ditta in provincia di Bari, kg 90.000 di sfarinati (semola di grano duro, semola rimacinata di grano duro, semolato di grano duro, farina di grano tenero) per frode in commercio con false indicazioni finalizzate a trarre in inganno circa l'origine del prodotto.
26 Maggio 2010: l'Icqrf, in collaborazione con il Corpo forestale dello Stato e con il comando carabinieri Nas di Cremona, ha sequestrato presso una ditta casearia in provincia di Vicenza, di 2.460 forme di formaggio di Grana Padano prive dei requisiti di rintracciabilità previsti dalla normativa.
17 Settembre 2010: l'Icqrf di Pordenone ha sequestrato presso un'azienda agricola in provincia di Pordenone 150,000 1 di vino rosato e 147 l di vino «Prosecco Doc» privi di giustificazione contabile.
4 Novembre 2010: il Corpo forestale dello Stato ha sequestrato, in provincia di Avellino, 850 hl di vino rosso non idoneo al consumo, 530 hl di vino Falanghina Igt, 352 hl di vino Greco e 409 hl di vino Aglianico non in regola con i registri di carico e scarico; 12.802 bottiglie di vari tipi di vino imbottigliato (Cabernet, Chardonnay, Aglianico, Falanghina, Fiano) prive di etichettatura.
19 Novembre 2010: l'Icqrf ha sequestrato presso uno stabilimento vinicolo in provincia di Cuneo, oltre 5.200 hl complessivi di vino da tavola spacciato per vino Puglia Igt.
23 Novembre 2010: l'Icqrf ha sequestrato, presso un oleificio in provincia di Ancona, una partita di olio extravergine di oliva di 350 l in quanto le caratteristiche analitiche non erano rispondenti a quanto riportato in etichetta.
16 Dicembre 2010: l'Icqrf ha sequestrato presso uno stabilimento vinicolo in provincia di Bari, oltre 20.000 l di vino da tavola spacciato per vino Puglia Igt. Nel corso dell'anno, infine, sono stati complessivamente sequestrati circa 2000 kg di patate per etichettatura ingannevole in merito all'origine.
Da ultimo, nel febbraio 2011, il nucleo agroalimentare forestale di Roma del Corpo forestale dello Stato, a seguito di una lunga indagine iniziata nel settembre del 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità dell'olio extravergine di oliva, ha riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro. Gli stabilimenti appartengono a una nota società estera proprietaria di famosi marchi di olio nazionali Carapelli, Bertolli, Sasso. Il blocco della merce è stato effettuato presso lo stabilimento della Carapelli di Tavernelle Val di Pesa (FI). L'ipotesi degli investigatori è che i documenti siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che conterrebbe olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine.
3) Pratiche illecite: la deodorazione dell'olio.
Secondo quanto segnalato dal capo del Corpo Forestale dello Stato, ingegnere Cesare Patrone, nel corso dell'audizione svolta in data 8 giugno 2011, la deodorazione è un'operazione di rettifica dell'olio d'oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili, di scarsa qualità, in oli di oliva senza difetti. Tuttavia tali oli, una volta subito questo trattamento, non possono più essere commercializzati
4) Ulteriori interventi: il «caso» della mozzarella di bufala.
Il Corpo Forestale dello Stato nel corso della citata audizione dell'ing. Cesare Patrone, ha reso noto alla commissione che il comando provinciale di Caserta unitamente al Nucleo agroalimentare e forestale di Roma, specializzato in materia, ha di recente avviato una campagna di contrasto alle frodi in campo agroalimentare con particolare riguardo al prodotto Mozzarella di bufala campana Dop.
Tali azioni sono state poste in atto in collaborazione con gli agenti accertatori del Consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana Dop che di recente ha avviato un'intensificazione dell'attività di controllo sulla regolarità del prodotto. Sono stati sottoposti a controllo diversi caseifici di produzione del formaggio fresco a pasta filata denominato Mozzarella di bufala campana Dop, nonché numerosi punti vendita in cui il prodotto predetto era avviato alla commercializzazione al dettaglio.
Nell'ambito di tale attività sono state accertate condotte illecite di rilievo penale (frode nell'esercizio del commercio con l'aggravante prevista per gli alimenti aventi denominazione di origine protetta) che hanno determinato il sequestro di 300 kg. di prodotto di mozzarella in vendita e di 2.000 involucri per gli alimenti utilizzati per il confezionamento della merce.
La condotta illecita è stata contestata a carico dei titolari dei punti vendita nei quali risultava commercializzata la merce (mozzarella generica) di qualità diversa da quella presentata attraverso i cartelli identificativi (Mozzarella di bufala campana Dop). La merce era falsamente «imbustata» negli involucri con i marchi Dop utilizzati per il confezionamento, ottenendo così la contraffazione del prodotto.
Nel corso dei controlli è stato anche accertato l'utilizzo di indicazioni in etichetta non regolari, ovvero tali da poter indurre in errore e/o confusione il consumatore oltre ad irregolarità amministrative connesse alla vendita sfusa di «mozzarella», la quale è vietata per legge, ad eccezione dei punti vendita annessi al luogo di produzione. I formaggi freschi a pasta filata, quali fiordilatte, mozzarelle ed analoghi, possono essere posti in vendita in luoghi diversi dal luogo ove vengono prodotti, infatti, solo se appositamente preconfezionati all'origine.
Infine, sono stati sequestrati presso un caseificio in provincia di Caserta 15.000 involucri di mozzarella che riportavano un marchio contraffatto di Mozzarella di bufala campana.
Capitolo VII - Il ruolo dei consorzi di tutela.
1) Premessa.
Nell'ambito della filiera del settore agroalimentare, i consorzi di tutela costituiscono strutture particolarmente interessanti da analizzare. Si pensi alla peculiarità storica, prima che logica, tecnica o giuridica, di un processo che ha portato, nel corso dei decenni, differenti imprenditori, accomunati solo dal settore di interesse e quindi in competizione fra loro, ad accettare un comune denominatore condividendo regole, accordi di standardizzazione, produzione, distribuzione e protezione di un determinato prodotto o gruppo di prodotti. Ciò ha significato indubbiamente una limitazione nella propria indipendenza imprenditoriale. Il consorzio, infatti, si dota di disciplinari, protocolli di produzione che tutti devono rispettare a fronte però degli indubbi vantaggi commerciali derivanti dalla regolamentazione comune.
In particolare, per quei prodotti che puntano molto sull'esportazione, anche in aree extra Ue, l'obiettivo ideale sarebbe quello, da una parte, di giungere ad una protezione del marchio collettivo, Dop e/o Igp, dall'altra di realizzare un sistema sanzionatorio adeguato.
L'aceto balsamico, la mozzarella, il vino, allo stesso modo di altri prodotti certificati, possono essere contraffatti all'estero anche grazie alla scarsa conoscenza da parte degli acquirenti delle sottili differenze fra aggettivi e denominazioni. Se una maggiore «scolarizzazione» in tal senso può essere messa in atto, imporre all'estero leggi e sistemi sanzionatori che proteggano gli interessi nazionali ed europei risulta arduo.
Tutti gli accordi previsti fino ad oggi non sono riusciti a raggiungere un risultato veramente standardizzato e soddisfacente per le parti, complice anche lo scarso interesse che apparati lontani dai nostri hanno dimostrato nel proteggere l'esportazione italiana, così danneggiando anche quella propria nazionale.
Per contrastare in maniera adeguata il fenomeno dell'italian sounding, al pari della contraffazione vera e propria, sarà necessario un complesso procedimento di accordi. A livello nazionale, comunque, i prodotti agroalimentari sono regolati in maniera ben più stringente per quanto riguarda la componentistica e la provenienza degli ingredienti rispetto a qualsiasi altro prodotto dell'industria. Non solo, in certi casi la provenienza del prodotto alimentare (con lo sviluppo dell'intera filiera all'interno di un'area geografica unica) ha permesso l'ottenimento dei cosiddetti marchi di qualità geografica (Dop e Igp per restare all'interno delle denominazioni europee) alla cui protezione sono dedicati i vari consorzi.
Lo studio del modus operandi dei consorzi costituisce una modalità privilegiata per razionalizzare ulteriormente, in prospettiva, le differenti attività dei soggetti già impegnati a vario titolo nel contrasto della contraffazione nel settore agroalimentare al fine di evitare sovrapposizioni e difetti di coordinamento.
In particolare, la Commissione ha selezionato, tra i vari consorzi esistenti, un campione che fosse il più possibile rappresentativo delle varie realtà presenti nell'agroalimentare italiano.
2) Il Consorzio del Prosciutto di Parma.
Secondo le informazioni fornite dal presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, dottor Paolo Tanara, nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione il 22 giugno 2011, il Consorzio nasce nel 1963 come organizzazione di produttori (allora 23, oggi 162). Il Consorzio tutela il Prosciutto di Parma vigilando sulla corretta applicazione della normativa che stabilisce caratteristiche e modalità produttive del prosciutto, nonché l'utilizzo della denominazione e dei marchi ad essa correlati. Sulla base dei dati forniti dal Consorzio, nel 2010 sono stati marchiati 9.256.000 Prosciutti di Parma e venduti all'estero 2.230.000 pezzi (24 per cento della produzione), per un fatturato pari a 200 milioni di euro.
La filiera del Prosciutto di Parma si compone di 4509 allevamenti suinicoli, 104 macelli, 162 aziende di produzione, 3.000 addetti alla lavorazione e 30.000 addetti alla lavorazione nell'intera filiera. In termini economici, il valore alla produzione ammonta a 740 milioni di euro, alimentando un giro d'affari al consumo pari a 1.500 milioni di euro (1.100 milioni di euro per le vendite in Italia ed i restanti 400 milioni per la commercializzazione all'estero).
Viene fatto osservare che i prodotti con marchi e denominazioni rinomate, come il Prosciutto di Parma, fronteggiano ogni giorno, su tutti i mercati del mondo, il grosso problema della contraffazione. Nel caso in esame, il termine contraffazione assume una valenza ampia ed omnicomprensiva che sintetizza differenti condotte illecite tra le quali, sono state evidenziate le seguenti:
Al fenomeno sopra descritto, spesso si affiancano altri problemi di natura legale legati ai diritti di proprietà intellettuale inerenti alla Dop ed ai relativi marchi collettivi. Il Consorzio del Prosciutto di Parma, al fine di tutelare il proprio patrimonio di diritti, di cui i sostanziali titolari sono le aziende produttrici, ha adottato una
Ciononostante, in alcuni mercati non è sempre possibile riuscire a tutelare adeguatamente i diritti della denominazione ovvero ottenere il diritto di uso esclusivo della stessa. Per affrontare questo fenomeno, che da sempre affligge i prodotti agroalimentari di qualità italiani, la normativa di settore, con riferimento ai consorzi di tutela, individua tra le principali attività quella di vigilanza all'interno della quale vengono ricomprese una serie di funzioni: il monitoraggio commerciale; l'attività ispettiva nelle fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione; gli interventi repressivi presso tutte le tipologie di operatori, con contestuali sequestri e contestazione di illeciti amministrativi e penali; l'attività istruttoria; la partecipazione al dibattimento penale; l'attività di tutela legale del Consorzio attraverso la costituzione di parte civile nei procedimenti penali,l'instaurazione di procedimenti civili e amministrativi.
Per svolgere tali funzioni, i consorzi usufruiscono di uno specifico riconoscimento pubblico ad opera del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Tuttavia, i costi di gestione di tutela e vigilanza sono rilevanti (ogni anno il Consorzio di tutela del Prosciutto di Parma investe circa 1 milione di euro per difendere il proprio marchio, i diritti e gli interessi collettivi di tutto il comparto produttivo).
3) Il Consorzio del Prosciutto di San Daniele.
Come riferito dal presidente del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, dottor Vladimir Dukcevich, nel corso dell'audizione svolta
4) Il Consorzio Mozzarella di bufala campana.
Secondo le informazioni fornite alla Commissione in sede di audizione il 29 giugno 2011 dal direttore generale del Consorzio Mozzarella di bufala campana, dottor Antonio Lucisano, la mozzarella di bufala ha ottenuto la registrazione nazionale nel 1993. A questa, nel 1996, è seguita quella comunitaria di prodotto a denominazione di origine protetta. Il volume di affari del comparto è pari a 500 milioni di euro al consumo e a circa 300 milioni alla produzione.
L'esportazione ammonta al 20 per cento circa del prodotto, dato notevole se si considera la deperibilità del prodotto, che richiede misure di conservazione particolari. Il principale problema evidenziato dal rappresentante del Consorzio nel corso dell'audizione tenuta presso la Commissione riguarda l'utilizzo dell'aggettivo «bufala». Un decreto ministeriale del 1998 stabiliva che il termine complesso «mozzarella di bufala» potesse essere utilizzato esclusivamente dai produttori dell'area Dop. Tutti gli altri prodotti, anche se ottenuti da latte di bufala, ma fuori dal disciplinare, avrebbero dovuto essere chiamati in modo diverso, secondo uno standard complesso che trova scarsa applicazione nella pratica.
All'estero, anche a livello di Unione europea, l'utilizzo di terminologie quali «buffalo mozzarella» per prodotti anche made in Italy (che quindi possono fregiarsi dell'indicazione di provenienza italiana) posti fuori dal disciplinare costituisce una pratica scorretta ma molto comune. Il Consorzio segnala la difficoltà per il consumatore straniero di apprezzare la differenza fra i due prodotti.
In realtà, anche il Consorzio sconta al proprio interno alcuni punti deboli a livello tecnico. L'iperproduzione di latte bufalino permette infatti il congelamento del latte. Sebbene in assoluto tale pratica non sia proibita, essa lo diventa nel caso in cui l'ingrediente viene scongelato ed utilizzato per assemblare della mozzarella che poi verrà marchiata con il brand «di bufala campana». Inoltre, si rileva,
5) Il Consorzio Vino Chianti.
Il presidente del Consorzio Vino Chianti, dottor Giovanni Busi, ha innanzitutto riferito alla Commissione, in sede di audizione, il 29 giugno 2011 che il Regolamento n. 491/2009/CE ha avvicinato la normativa europea sugli alcolici a quella degli alimenti, inserendo il «sistema vino» all'interno della normativa generale, già prevista dal Regolamento n. 1234/2007/CE relativamente all'ortofrutta.
Grazie al Regolamento unico per l'Organizzazione comune di mercato (anche per il vitivinicolo), i vini di «qualità» possono oggi fregiarsi dei marchi Dop o Igp.
Secondo i dati riferiti dal dottor Giovanni Busi, nel caso del Chianti, la denominazione di origine si riferisce a circa 15.500 ettari di vigneti, per una produzione di 800.000 ettolitri di vino. È stato osservato che, al di fuori dell'Unione europea, il problema particolarmente avvertito dal Consorzio è quello legato all'italian sounding. È perfettamente lecito, in paesi quali ad esempio il Brasile, confezionare il vino in cartoni etichettati «Chianti». In alcuni paesi, ancora, si vendono kit in polvere che, diluiti in acqua, permettono di ottenere del «Chianti». In casi come questi, secondo il dottor Busi, la soluzione al problema dovrebbe passare attraverso la creazione di più robusti accordi bilaterali «cogenti» tra Stati. Del resto, oltre il 60 per cento della produzione viene inviata all'estero e l'unica protezione alternativa agli accordi bilaterali è ravvisabile nella registrazione del marchio direttamente all'estero, ove ciò sia possibile.
Tutto ciò premesso in merito a quanto avviene fuori dai confini nazionali, è stato segnalato che, data anche la maggiore notorietà del prodotto, la contraffazione vera e propria è un crimine molto diffuso in Italia. Per contrastarla il Consorzio si è dotato di strutture proprie, che collaborano con soggetti esterni specializzati nel contrasto del fenomeno come la Guardia di finanza o la Toscana certificazione agroalimentare (un ente creato per controllare sia le aziende del settore, sia le cantine). La Toscana certificazione agroalimentare ha controllato, sino ad oggi, oltre il 50 per cento dell'intera superficie. La relativa facilità nell'individuazione delle contraffazioni di Vino Chianti si deve all'età media dei vigneti Chianti hanno in media: il 40 per cento di essi infatti ha oltre 30-40 anni di età.
6) Il Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano risale ai primi anni del '900, anche se il riconoscimento attuale si basa sull'articolo 14 della legge n. 526 del 1999. Il riconoscimento del prodotto risale alla Convenzione internazionale di Stresa sull'uso delle designazioni di origine e delle denominazioni dei formaggi del 1951. Nel 1996 è stato riconosciuto il marchio Dop.
Capitolo VIII - L'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani nel mondo: il fenomeno dell'italian sounding.
1) Considerazioni preliminari.
L'italian sounding rappresenta la forma più diffusa e subdola di imitazione del made in Italy sia nel settore industria agroalimentare, sia nell'industria in generale.
Nel passato, gli italiani emigrati in altri paesi europei ed extra europei avviavano attività industriali anche nel settore alimentare, producendo ingredienti primari, oppure cibi e bevande di trasformazione appartenenti alla propria tradizione. Per ovvi motivi logistici e di conservazione (nel XIX secolo il trasporto sarebbe dovuto avvenire via nave e senza la disponibilità di celle frigorifere o comunque adatte alla conservazione di medio termine), gli ingredienti utilizzati non potevano provenire, che in minima parte, dall'Italia.
Al momento della vendita al dettaglio, i prodotti erano marchiati con il nome del titolare italiano o con altri nomi commerciali italiani ed accompagnati da immagini o slogans che rievocavano l'Italia. Si trattava di una scelta di mercato logica, in un'epoca in cui non vi erano regole sulla confezione, sull'etichettatura, sugli ingredienti: non si poteva quindi parlare di ambiguità o trasparenza. Addirittura, in molti casi, in tali paesi le imprese venivano regolarmente registrate ed i prodotti brevettati nella loro composizione con i loro nomi e loghi.
Nell'evoluzione del mercato, dunque, la ricerca da parte degli imprenditori italiani di nuovi mercati di consumo si è scontrata con la presenza di un'offerta «italianeggiante» già esistente e perfettamente legale. Non solo, alcune di tali imprese straniere, divenute con il tempo vere e proprie multinazionali, avevano a loro volta ampliato il proprio mercato estendendosi su altre nazioni e continenti, fino a toccare la stessa Italia.
2) L'impatto economico dell'italian sounding sulla filiera agricola italiana: proiezioni dettagliate.
I prodotti tipici rappresentano un'importante opportunità per l'agroalimentare nazionale nell'ambito dei mercati mondiali, in quanto offrono ai consumatori di tutto il mondo elevati standards qualitativi, oltre ad evocare la tanto ammirata tradizione italiana.
La contraffazione e l'imitazione dei prodotti Dop e Igp, quindi, producono danni i cui effetti non si limitano ad un'unica impresa o ad una singola fase produttiva. Il valore sottratto alla nostra produzione agricola, stimabile intorno ai 3 miliardi di euro, pesa sull'intera filiera impegnata nelle produzioni di qualità, giacché, ad esempio, quasi il 67 per cento dei suini macellati e il 47 per cento del latte vaccino prodotti in Italia sono utilizzati per la produzione di Dop.
Secondo le stime di Federalimentari, rese alla Commissione del corso dell'audizione del 9 marzo 2011 e quelle dell'Istituto nazionale per il commercio con l'estero, fornite alla Commissione nell'audizione del 12 gennaio 2011, i due fenomeni recano un danno alle imprese italiane, in termini di esportazione, pari a circa 60 miliardi di euro, di cui 5-6 miliardi causati dalla contraffazione vera e propria e 54-55 miliardi dall'italian sounding.
In Europa, i prodotti italiani sono imitati per un valore che raggiunge i 26-27 miliardi di euro, a fronte di esportazioni per 13 miliardi di euro. In pratica, per ogni prodotto originale esportato nell'Unione, ne esistono due imitati in Europa.
Quanto agli Stati Uniti, in particolare nel nord America, la situazione è ancora più negativa perché l'Italia esporta prodotti per un valore di 3 miliardi di euro ma esistono in quei mercati ben 24 miliardi di valore di prodotti riferibili all'italian sounding (ovvero, il rapporto è di otto volte superiore a ciò che l'Italia esporta).
Secondo le stime fornite dalla Confederazione italiana agricoltori nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione il 19 aprile 2011, il business legato all'agropirateria internazionale nei confronti dei prodotti agroalimentari made in Italy ammonta a 60 miliardi di euro.
Nel caso dei formaggi, ad esempio, è stato stimato che, in assenza di prodotti imitativi, il potenziale fatturato aggiuntivo per le imprese nazionali sarebbe superiore a 4 miliardi di dollari. Nel caso del Parmigiano e del Provolone, il prodotto autenticamente italiano è stimabile in appena il 3-4 per cento del totale dei prodotti cosiddetti italian sounding.
Secondo, un'ulteriore indagine effettuata dall'Istituto per il commercio estero e dalla Camera di commercio di Parma nel 2006, l'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani nel mercato nord americano è riconducibile ad aziende che rispondono a quattro profili principali: piccole e piccolissime aziende, tipiche della tradizione
3) Il caso Simest.
Il caso Simest, così come esposto alla Commissione in sede di audizione dal presidente di Coldiretti, Sergio Marini, e come evidenziato dal Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, pubblicato dall'Eurispes nel 2011, riguarda una tipica ipotesi di falso made in Italy realizzato dalla società in questione.
La Simest Spa, acronimo di Società italiana per le imprese miste all'estero, è una società per azioni istituita con la legge n. 100 del 24 aprile 1990, successivamente modificata dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 143 del 1998. Il capitale sociale è detenuto a maggioranza dal Governo italiano (76 per cento), mentre la restante parte è partecipata da una serie di soggetti privati: banche, imprese, e associazioni imprenditoriali fra cui San Paolo Imi Spa, Unicredit Spa ed Eni Spa. (18)
Capitolo IX - Missione di studio a Bruxelles.
Una delegazione della Commissione ha svolto, nei giorni dal 28 al 30 marzo 2011, una missione di studio a Bruxelles al fine di approfondire l'analisi dei fenomeni della diffusione delle merci
1) Direzione generale Taxud.
La Direzione generale Taxud (Fiscalità e unione doganale, audit e lotta antifrode) della Commissione europea ha segnalato alla delegazione della Commissione che il documento guida europeo per il contrasto della contraffazione è costituito dal piano d'azione doganale contro la violazione dei diritti della proprietà intellettuale per il periodo 2009-2012 espressamente concepito dal Consiglio europeo per contrastare il fenomeno a livello doganale.
Il documento citato focalizza alcuni aspetti sui quali il Consiglio europeo invita la Commissione ad agire. Nel dettaglio, si tratta delle piccole spedizioni effettuate via posta che sfuggono al controllo doganale, delle spedizioni effettuate tramite corriere espresso e delle vendite effettuate tramite internet. Un altro aspetto fondamentale riguarda la necessità di portare avanti un'opera di informazione significativa dei consumatori circa lo stretto legame intercorrente tra la contraffazione e la criminalità organizzata.
Nell'ambito della cooperazione con le imprese, un'ulteriore iniziativa intrapresa dalla Dg Taxud è quella di creare un sistema informatico - sul modello del sistema Falstaff già operativo nelle dogane italiane di cui si è detto nel presente documento - chiamato Copis, finalizzato a garantire ai titolari di diritti e brevetti la protezione dei propri diritti di proprietà intellettuale a livello elettronico.
Nell'ambito della cooperazione internazionale sono stati siglati vari accordi specifici con paesi dell'America centrale, dell'America latina e dell'Asia, ma di particolare importanza è considerato il piano
La Dg Taxud cura inotre la pubblicazione annuale delle statistiche relative alla contraffazione. Dai dati relativi al 2009, risulta che l'Italia è al secondo posto dopo la Germania per inchieste aperte in materia di contraffazione.
Quanto al problema relativo all'armonizzazione delle tariffe portuali ed alla standardizzazione del sistema dei controlli nei porti è stato segnalato alla delegazione della Commissione che tanto la materia delle tariffe portuali quanto quella dei criteri di applicazione del codice doganale comunitario sono di competenza del legislatore nazionale ed esulano dalla competenza delle istituzioni comunitarie.
2) L'Olaf.
Nata nel 1999, l'Olaf è l'unica struttura investigativa dell'Unione europea ed ha due mandati:
Per quanto riguarda la contraffazione, il direttore generale Kessler ha segnalato alla delegazione della Commissione che l'Olaf non ha un mandato specifico sulla materia anche se, a suo avviso, tra le frodi che arrecano un danno, un'incidenza negativa sul bilancio
3) Direzione generale affari interni della Commissione europea.
Il dottor Stefano Manservisi, direttore generale, ha precisato che la Direzione generale affari interni della Commissione europea si occupa di contraffazione solo in quanto connessa alla lotta alla criminalità organizzata.
Sul piano quantitativo ha ricordato che, secondo stime dell'Ocse, il valore del giro d'affari legato alla contraffazione è di circa 250 miliardi di euro a livello globale. Tale cifra potrebbe essere raddoppiata se si considerasse anche la pirateria informatica.
Quanto a quest'ultimo settore, il direttore della Direzione generale affari interni della Commissione europea ha aggiunto l'allarmante dato secondo cui le aziende hanno a disposizione un periodo massimo di 5 giorni per ripagare i propri diritti prima che il prodotto immesso nel mercato venga piratato.
Secondo la Direzione generale affari interni pertanto è prioritario individuare alcune forme di prevenzione e repressione comune del fenomeno a livello europeo. Ciò vuol dire in primo luogo:
Con riferimento specifico all'armonizzazione in tutti gli Stati membri dell'Unione europea delle sanzioni penali per i delitti che offendono la proprietà intellettuale e la proprietà industriale, il direttore generale dott. Manservisi ha segnalato alla delegazione della Commissione che molti Stati membri si sono dimostrati contrari a una tale evenienza sia per questioni di sovranità nazionale, sia per questioni di diversa qualificazione dei delitti e quindi di diversa organizzazione dei segmenti di pena.
4) Osservatorio europeo per la contraffazione e la pirateria.
L'Osservatorio europeo per la contraffazione e la pirateria è stato istituito per raggiungere i seguenti obiettivi:
È stato, inoltre, segnalato che il personale e le risorse adibite all'Osservatorio non sono assolutamente sufficienti per garantire risultati adeguati e, per sopperire a queste carenze, è stato proposto di trasferire le competenze dell'Osservatorio all'Agenzia europea per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) con sede ad Alicante.
È stato segnalato, infine, che i dati a disposizione dell'Osservatorio provengono soprattutto dalle dogane. Queste cifre si riferiscono soltanto ai prodotti che, dall'esterno, entrano nell'Unione europea. Essi non riflettono, pertanto, la vera dimensione dei fenomeni. Inoltre,
5) Considerazioni finali.
In sintesi, alla luce dei dati e delle informazioni raccolte nel corso della missione di studio svolta dalla delegazione della Commissione è emerso che la lotta globale alla contraffazione, da una parte richiede uno sforzo operativo (coordinare, appunto, le varie indagini in corso nei diversi paesi e concernenti casi di contraffazione e crimini connessi), e dall'altra un impegno di tipo analitico e strategico (raccogliere tutte le informazioni disponibili sul funzionamento legale dei settori industriali soggetti a contraffazione e sul funzionamento dell'intera filiera criminale dedita ai reati di falsificazione dei prodotti, assemblaggio e vendita degli stessi, fino al reimpiego dei capitali).
Se, a livello europeo, un singolo ente difficilmente può assumere una tale molteplicità di compiti, si segnala che i soggetti auditi nel corso della missione di studio, pur prospettando soluzioni differenti - stante il fatto che, a livello strutturale comunitario, sia la cooperazione giudiziaria, sia l'analisi strategica ed economica sono affidate ed incardinate sotto diverse Direzioni - hanno sottolineato l'importanza che la contraffazione sia contrastata a livello centrale da un network ristretto composto da diversi organi di coordinamento, fra loro intercomunicanti.
All'esito del lavoro compiuto in questi mesi dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, la presente relazione cerca di fornire un quadro d'assieme sufficientemente chiaro del sistema agroalimentare italiano e delle sue patologie.
Le numerose audizioni svolte, i documenti acquisiti agli atti dell'inchiesta, le missioni operate a livello nazionale e internazionale hanno permesso a tutti i membri della Commissione di meglio comprendere i meccanismi e le caratteristiche del processo produttivo di filiera di tale specifico settore, facendo emergere punti di forza e criticità, soprattutto avuto riguardo alla valorizzazione del prodotto italiano di qualità e a quelle dinamiche distorsive di tipo contraffattivo o parassitario che ne minano la reputazione e diffusione.
Ne emerge un quadro poliedrico e complesso, con diversi accenti positivi, che oggi si caratterizza soprattutto per la dimensione internazionale del fenomeno, fattore che offre opportunità ma impone anche limiti oggettivi alle azioni di contrasto dirette.
Ad ogni modo, il risultato di quanto ad oggi si è fatto o si sta facendo, con tutti gli attori in campo (Istituzioni, imprese, consumatori), aiuta e consente all'autorità politica una riflessione ponderata sulle proposte migliorative ovvero sui correttivi possibili che da più parti vengono avanzati sul piano dell'assetto normativo, dell'azione coordinata degli apparati istituzionali, della giusta informazione del consumatore e del necessario riconoscimento in chiave internazionale.
Si è trattato, in sostanza, di fotografare quanto già oggi funziona, e di registrare quali accorgimenti migliorativi ed innovativi potrebbero consentire di attualizzare ed ottimizzare certe procedure o assetti, tenuto conto dell'esperienza maturata sul campo e delle mutate esigenze del settore.
Lo scopo è quello di pervenire all'individuazione di proposte mirate che siano capaci di offrire regole chiare ed efficaci a tutela degli operatori economici, dei consumatori e di tutto il sistema paese.
Quadro normativo di riferimento: norme sostanziali e procedurali
Sul piano dell'assetto normativo, il quadro di riferimento italiano può essere considerato, come sottolineato da più parti nel corso delle audizioni svolte, tra quelli maggiormente evoluti a livello dei paesi industrializzati, a testimonianza dell'attenzione e sensibilità del legislatore su questa specifica materia. Oggi il quadro civile e penale d'assieme consente di avere sul piano teorico una soddisfacente protezione, fatta salva qualche riserva sul piano dell'effettività della tutela, minata talvolta da lungaggini procedurali o eccessivi formalismi in sede giudiziaria.
Qualche criticità può palesarsi in chiave sistematica, tenuto conto della oggettiva stratificazione normativa creatasi nel tempo - considerati i diversi contesti storici e socio-economici in cui sono entrate in vigore le norme in materia - che ha prodotto in qualche caso
Informazione/Educazione del consumatore e trasparenza della filiera.
L'approccio alle problematiche relative alla contraffazione, non può essere affrontato esclusivamente in termini repressivi. A monte del sistema di regole e sanzioni in materia, non si può prescindere da un cambiamento dell'orizzonte culturale di cittadini e consumatori, i quali devono essere opportunamente formati ed informati (si potrebbe dire meglio educati), relativamente ai prodotti agroalimentari di qualità.
Occorre, dunque, agire con decisione, anche attraverso mirate campagne d'informazione, a partire già dal livello scolare, nonché con iniziative di cooperazione che vedano coinvolte tutte le forze in campo, comprese le categorie produttive, per far comprendere ai cittadini i rischi che si corrono, soprattutto per la propria salute e sicurezza fisica, nel caso di comportamenti negligenti o superficiali.
Tali campagne d'informazione devono correre parallelamente al sistema dei controlli finalizzato ad evitare il ripetersi di pericolose situazioni di illegalità.
Tutto ciò nell'ottica di tutelare la fiducia del consumatore propenso, tendenzialmente, anche a pagare un prezzo più alto in ragione dell'aspettativa di qualità e sicurezza di un prodotto ma sempre più spesso disorientato da allarmanti notizie stampa che
Necessità di una forte azione in sede europea ed internazionale (Wto ed Acta).
Senza dubbio le principali aree di criticità che l'Italia si trova ad affrontare, e di cui si è fatto già in parte cenno nella relazione e in queste conclusioni, derivano dalle distanze, ancora evidenti in sede europea ed internazionale, tra paesi produttori e paesi consumatori di prodotti agroalimentari.
Un punto critico è costituito dal cosiddetto italian sounding. Si tratta di un fenomeno legato a quei prodotti che pur non essendo tecnicamente contraffatti richiamano in qualche modo, nei colori o nei nomi, l'italianità degli ingredienti, della lavorazione o del prodotto stesso senza però che le materie prime e la relativa lavorazione siano effettivamente italiane. In genere tali prodotti sono distribuiti sui mercati principalmente extraeuropei. L'italian sounding sottrae notevoli potenzialità alle esportazioni nazionali e, trovandosi in una posizione «border-line», raramente sconfina nell'illecito, risultando difficilmente contrastabile.
Si segnala poi che esistono difficoltà di prevedere negli accordi internazionali tutele rafforzate delle denominazioni di origine al pari dei titoli di proprietà industriale (in particolare marchi e brevetti).
L'Unione europea si muove da anni nell'ambito dei vari tavoli negoziali per estendere a livello multilaterale il proprio sistema di tutela dei prodotti di qualità, ma senza grandi risultati.
Al riguardo si ricorda che in seguito all'inserimento delle Indicazioni geografiche all'interno dei diritti di proprietà intellettuale - uno dei principali risultati dell'Accordo Wto del 1995 - dal 1999 si riunisce a Ginevra il Consiglio Trips (dal nome del trattato sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio) per la realizzazione del registro multilaterale per la tutela delle Ig del vino, di cui l'accordo Wto del 1995 aveva promesso la nascita. Sinora, però, si è avuto un nulla di fatto sia relativamente alla tutela delle Ig del vino, sia delle altre indicazioni geografiche, a causa della strenua opposizione da parte dei principali paesi imitatori guidati dagli Usa.
Gli Stati Uniti, infatti, non accettano di eliminare i propri marchi commerciali «storici» considerati dall'Ue lesivi degli interessi delle proprie denominazioni più importanti, come ad esempio, per i prodotti imitativi del Parmigiano Reggiano o dei prosciutti crudi più famosi. Il Parmesan è considerato in tutti i grandi paesi imitatori come un prodotto generico, con un marchio commerciale storico ormai consolidato nel mercato (emblematico è il caso del Grated parmesan cheese della Kraft).
Settore agroalimentare e innovazione.
I prodotti alimentari di qualità non si esauriscono nelle denominazioni di origine che rappresentano solo un decimo del fatturato totale.
Tenendo presente questo dato in una visione di marketing ampia, derivante dalle profonde modificazioni della produzione che spesso tendono a dequalificare la produzione alimentare nazionale, solo una strategia di marchi forti che aggregano più imprese, può consentire quel salto di qualità che permetterebbe alla nostra industria agroalimentare di sfruttare a proprio vantaggio quote significative di mercato facenti capo a chi commercializza prodotti italian sounding.
Una politica di sostegno dei marchi collettivi che consentono l'uso della denominazione geografica sarebbe utilissima nel contrastare il fenomeno dell'italian sounding. Innovazione, anche non tecnologica, e ricerca sono quindi fattori essenziali di crescita.
In tal senso, si ravvisa la necessità di investire nelle nuove varietà vegetali, rispetto alle quali si registra in Italia una scarsa attenzione. Infatti, a fronte di circa cinquanta domande l'anno, per poter ottenere in Italia il riconoscimento del diritto di privativa si può contare su un solo istituto accreditato presso l'Ufficio comunitario delle varietà vegetali (Cpvo, cioè l'organismo Ue per tale registrazione a livello europeo), che però dispone di poche «collezioni». In Italia, infatti, si possono ottenere analisi per il riso, ma non per l'olio, il grano, i fiori o gli agrumi.
Regole comuni e maggiore coordinamento a livello nazionale ed internazionale tra i soggetti interessati (Istituzioni, mondo delle imprese e dei consumatori).
Al di là dell'aspetto normativo sostanziale e procedurale sopra richiamato, che ha come riferimento il contesto nazionale, la sempre maggiore transnazionalità del fenomeno contraffattivo impone un forte impegno, a livello europeo ed internazionale, per giungere alla definizione di un quadro di regole comuni che risponda a principi di reciprocità ed efficacia. Ciò consentirebbe azioni rapide ed efficaci in chiave di cooperazione di polizia e giudiziaria.
Occorre, in sintesi, che ciascun paese si doti di un sistema normativo proprio che abbia una base comune e condivisa per consentire una cooperazione internazionale adeguata alle esigenze dei soggetti interessati (in particolare imprese e consumatori). Tale esigenza si avverte soprattutto quando talune di queste fattispecie fraudolente o parassitarie vanno ad incidere direttamente sulla fiducia o, nei casi più gravi, sulla salute e sicurezza del consumatore, con conseguenze immediate sulle stesse aziende in termini di immagine e danno economico.
Se tale rischio, già oggi, si manifesta in una fase più avanzata sul piano commerciale e civilistico, altrettanto non avviene sul piano del
(1) Fonte: audizione del generale di divisione dell'Arma dei carabinieri Antonio Girone, direttore della Direzione investigativa antimafia - 19 gennaio 2011.
(2) Fonte: audizione del presidente della Commissione per la tutela dei marchi e la lotta alla contraffazione di Confindustria, dottor Carlo Guglielmi - 16 marzo 2011.
(3) Fonte: audizione del procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso - 13 luglio 2011.
(4) Fonte: The economic impact of counterfeiting and piracy - Ocse, 2008.
(5) Fonte: World Development Report - 2008, World Bank.
(6) Fonte: Confcommercio, Position Paper sulla contraffazione - Aprile 2009.
(7) Fonte: audizione del generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone, direttore della Direzione investigativa antimafia - 19 gennaio 2011.
(8) La questione viene considerata di grande allarme sociale anche a causa dei pericoli immediati e diretti che può generare, stante il fatto che la contraffazione riguarda anche il settore sanitario, andando quindi ad incidere sulla sicurezza e la salute dei cittadini.
(9) Fonte: «La contraffazione in cifre. La lotta alla contraffazione in Italia nel triennio 2008-2010» (maggio 2011) e «Contraffazione agroalimentare ed italian sounding» (luglio 2011), a cura della Direzione generale per la lotta alla contraffazione - UIBM, Ministero dello sviluppo economico.
(10) Si rimanda ai documenti, già citati a pagina 41, consultati dalla Commissione e redatti a cura dal Ministero dello sviluppo economico.
(11) Il formaggio tradizionale Feta costituisce la più famosa denominazione registrata ellenica. In quanto prodotto Dop, gode della protezione europea dalle usurpazioni, imitazioni ed evocazioni e, più in generale, dalle contraffazioni compiute a danno dei legittimi produttori.
(12) Fonte: Audizione dell'(ex) vice comandante del comando carabinieri politiche agricole e alimentari, dottor Marco Paolo Mantile - 30 giugno 2011.
(13) Fonte: Documentazione fornita da Federalimentare in occasione dell'audizione, presso la Commissione, del presidente, dottor Filippo Ferrua Magliani - 9 marzo 2011.
(14) Fonte: Audizione, presso la Commissione, del presidente della Confederazione nazionale Coldiretti, Sergio Marini - 13 aprile 2011.
(15) Fonte: Audizione, presso la XIII Commissione agricoltura della Camera dei deputati, del comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'armata, Nino Di Paolo - 26 gennaio 2011.
(16) Fonte: Documento Eurispes sulle Agromafie.
(17) Fonte: Documento consegnato dalla Confederazione italiana agricoltori in occasione dell'audizione svolta il 19 aprile 2011 presso la Commissione ed acquisito agli atti con protocollo n. 0028-001.
NOTE: