Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta d'inchiesta parlamentare si prevede l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulla vicenda che riguarda l'illecito accesso ad atti coperti da segreto istruttorio nell'ambito dell'indagine sulla scalata alla Banca nazionale del lavoro da parte della compagnia di assicurazioni UNIPOL. È necessario che la Camera dei deputati individui coloro che, nel dicembre 2005, ebbero modo di ascoltare illecitamente l'intercettazione del colloquio tra l'onorevole Piero Fassino e il presidente dell'UNIPOL Giovanni Consorte, e verifichi se chi ne fosse eventualmente entrato in possesso abbia intralciato le indagini svolte dalla magistratura o ne abbia fatto un uso politico.
La vicenda sembra coinvolgere l'onorevole Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri, e suo fratello Paolo, accusato per questo di ricettazione. L'intercettazione in questione, alla fine del 2005, fu pubblicata dal quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia del Presidente del Consiglio dei ministri.
Stando a quanto si è appreso dalle indagini in corso, l'onorevole Berlusconi, in compagnia del fratello Paolo Berlusconi, avrebbe invitato e ricevuto presso la sua casa di Arcore i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli per ricevere in «dono» l'audio della famosa intercettazione telefonica tra il segretario del maggior partito di opposizione dell'epoca, l'onorevole Fassino, e il signor Consorte, che della scalata alla Banca nazionale del lavoro era protagonista.
Al di là dei contenuti della conversazione intercettata e del possibile rilievo penale della vicenda dell'ascolto dei nastri - su cui sarà la magistratura eventualmente ad esprimersi, potendo profilarsi, tra gli altri, l'accusa di ricettazione anche a carico dell'onorevole Silvio Berlusconi - la Camera dei deputati deve prontamente indagare per accertare le responsabilità politiche ed etiche di un comportamento che, se accertato, reclamerebbe le immediate dimissioni del Presidente del Consiglio per indegnità e gravissimo danno alle istituzioni democratiche dell'Italia.
All'epoca dei fatti - dicembre 2005 - l'onorevole Berlusconi era infatti capo del partito al governo e in nessun modo e per nessuna ragione avrebbe dovuto spiare il capo del maggior partito politico a lui opposto e, soprattutto, non gli sarebbe stato consentito di farlo recando intralcio ad un'indagine in corso della magistratura e usufruendo illecitamente di materiale coperto dal segreto istruttorio. Per di più, il fatto sarebbe avvenuto a pochi mesi di distanza dalle elezioni politiche, massima espressione della democrazia, dell'aprile 2006, talché dall'ascolto di quella conversazione e dall'eventuale suo utilizzo poteva derivargli un vantaggio fino a condizionare l'esito di quelle elezioni attraverso l'indebolimento dell'opposizione politica.
Al contempo, l'onorevole Silvio Berlusconi era Presidente del Consiglio dei ministri e parlamentare della Repubblica, istituzioni che un tale comportamento sconsideratamente antidemocratico e privo di etica macchierebbe molto gravemente.
Saremmo di fronte al Watergate italiano, dal nome dello scandalo politico avvenuto negli Stati Uniti nel 1972, che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Il Berlusconi-gate rappresenterebbe un fatto di tale gravità che la Camera dei deputati ha il dovere di svolgere indagini e verificare i fatti realmente accaduti e i loro esiti.
Nell'ordinanza di custodia cautelare nei riguardi del signor Fabrizio Favata - arrestato perché accusato di estorsione - è scritto che si ritiene «"verosimile" che alla vigilia di Natale del 2005 Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli "abbiano fatto ascoltare le conversazioni telefoniche intercettate al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi" consegnando poi "a lui e/o al fratello Paolo il supporto informatico che le conteneva"»: l'indagine in corso avrebbe «certificato» l'incontro tra i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, da una parte, e il Presidente del Consiglio e suo fratello Paolo, dall'altra, nella villa di Arcore, di proprietà del premier (La Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15).
I fatti dell'intricata vicenda sono i seguenti: il signor Fabrizio Favata, ex socio ed ex consulente del signor Paolo Berlusconi, è stato arrestato per estorsione nei confronti del signor Roberto Raffaelli. Secondo le ipotesi investigative, egli avrebbe ottenuto da quest'ultimo la consegna di 300 mila euro (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, pagina 2) per non rivelare alla stampa la notizia dell'incontro avvenuto ad Arcore con il Presidente del Consiglio dei ministri onorevole Berlusconi e suo fratello Paolo.
Il signor Roberto Raffaelli era amministratore della società Research Control System (RCS), che aveva affittato alla procura della Repubblica di Milano la strumentazione per intercettare le conversazioni telefoniche degli indagati «dell'estate dei "furbetti del quartierino"» (La Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15).
Le conversazioni alle quali si fa riferimento sono quelle ormai celebri e già citate, tra l'onorevole Piero Fassino, allora segretario del partito dei democratici di sinistra, e il signor Giovanni Consorte, intercettate dalla procura della Repubblica, a proposito della scalata alla Banca nazionale del lavoro da parte della compagnia di assicurazioni UNIPOL. Su tali intercettazioni, atti d'indagine coperti da segreto istruttorio, alla fine del 2005 ci sarebbe stata una fuga di notizie di cui si sarebbero resi responsabili i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, attraverso l'accesso abusivo al sistema informatico (Il Messaggero, 25 maggio 2010, pagina 10). La rivelazione sarebbe avvenuta quando l'intercettazione non era stata ancora depositata agli atti e addirittura nemmeno trascritta ad uso dei magistrati (Corriere della Sera, 26 maggio 2010, pagine 1-2), ma esisteva solo allo stato naturale di file audio noto esclusivamente ai magistrati del pubblico ministero e alla Guardia di finanza (Corriere della Sera, 10 dicembre 2009, pagina 9). I due avrebbero fatto ascoltare la registrazione all'onorevole Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri, e a suo fratello Paolo. Il Presidente del Consiglio avrebbe detto ai due: «Grazie, la mia famiglia vi sarà grata in eterno» (la Repubblica, 6 maggio 2010, pagina 15). Al Presidente del Consiglio dei ministri o a suo fratello Paolo Berlusconi, Favata e Raffaelli avrebbero anche consegnato il supporto contenente le registrazioni (Corriere della Sera, 26 maggio 2010, pagina 13). Alcuni giorni dopo l'incontro (dicembre 2005), i contenuti delle conversazioni tra l'onorevole Fassino e il signor Consorte cominciarono ad essere pubblicate sul quotidiano Il Giornale, di cui Paolo Berlusconi era ed è editore.
Secondo il pubblico ministero, il signor Raffaelli, portando il nastro a Silvio Berlusconi, sperava di poterne ottenere l'intercessione presso il Governo romeno, per far conseguire alla società RCS l'assegnazione di un appalto istituzionale in Romania, sempre nell'ambito delle attività di intercettazioni (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, pag. 2; la Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15; Corriere della Sera, 26 maggio 2010, pagina 13).
Il signor Raffaelli, invece, ha sempre smentito questa ricostruzione, ma il giudice delle indagini preliminari Giordano ha affermato che: «Tutte le circostanza esaminate inducono a ritenere che Raffaelli abbia mentito». Infatti dopo l'incontro ad Arcore l'amministratore della RCS incontrò presso la Presidenza del Consiglio dei ministri Valentino Valentini, collaboratore personale del Presidente del Consiglio, con il quale parlò effettivamente dell'appalto in Romania (la Repubblica, 27 maggio 2010, pagg. 14-15). Proprio l'editore del Giornale avrebbe suggerito al signor Raffaelli che serviva denaro «per »ungere le ruote«, cioè per sbloccare il finanziamento italiano alla Romania e consentire quindi alla RCS la conclusione del contratto» (la Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15). Da Raffaelli Paolo Berlusconi avrebbe ricevuto 40 mila euro al mese sino a un totale di 560 mila euro, costatigli l'accusa di millantato credito, per la quale è indagato.
Il signor Favata, invece, è un imprenditore con grandi problemi economici che è stato consulente della società Iptime, di proprietà del signor Paolo Berlusconi, da lui chiusa perché versava in brutte acque (la Repubblica, 6 maggio 2010, pagina 15). Secondo quanto riferito dalla stampa, egli ha avuto diverse disavventure giudiziarie in passato e, nel corso del 2009, forse spinto dai suoi problemi economici, ha cercato di proporre a giornalisti, magistrati, avvocati e politici la sua verità «con atteggiamento ondivago tra parvenza di ricatto e cenni di vendetta per asserite promesse non mantenute» (Corriere della Sera, 10 dicembre 2009, pagina 9).
Prima di ricevere i soldi da Raffaelli, frutto di ricatto, egli avrebbe anche tentato di ricattare, inutilmente, sia Paolo Berlusconi sia l'onorevole Niccolò Ghedini. Tuttavia nessuno dei due ha mai presentato alcuna denuncia all'autorità giudiziaria, decisione che il magistrato trova assai singolare (il Fatto Quotidiano, 26 maggio 2010, pagina 2; Corriere della Sera, 26 maggio 2010, pagina 13).
L'onorevole Ghedini avrebbe incontrato in più occasioni i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli (la Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15).
Lo stesso onorevole Ghedini, dopo avere preso più volte appuntamento con il pubblico ministero (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, pagina 2), si è rifiutato reiteratamente di recarsi presso la procura della Repubblica di Milano per farsi ascoltare in quanto persona informata dei fatti e per spiegare i suoi rapporti con i signori Favata e Raffaelli. Da ultimo, il 1o febbraio 2010, «ha trasmesso una nota» alla procura «in cui, oltre a evidenziare un legittimo impedimento a comparire, ha sostenuto la sua incompatibilità a rendere sommarie informazioni», in quanto legale delle parti offese di questo procedimento, i fratelli Silvio e Paolo Berlusconi (la Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15).
Il pubblico ministero Meroni ha criticato le motivazioni dell'onorevole avvocato Ghedini in quanto ritiene che «le circostanze di cui l'avvocato in questione possa essere a conoscenza siano state dallo stesso conosciute non in ragione della propria professione» (la Repubblica, 27 maggio 2010, pagine 14-15). Ciò escluderebbe che possa applicarsi all'avvocato Ghedini l'articolo 200 del codice di procedura penale. In ogni caso, secondo il pubblico ministero, egli avrebbe ragione di opporre la sussistenza della tutela del segreto professionale «solo dopo che avrà conosciuto le domande che questo Ufficio intende rivolgere e non certamente prima» (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, pagina 2).
Considerata l'importanza dei fatti attribuiti all'onorevole Silvio Berlusconi, la Commissione parlamentare d'inchiesta, che si chiede di istituire e la cui attività potrebbe essere d'ausilio anche alla magistratura, deve fornire risposte alle legittime richieste di trasparenza e legalità che vengono dall'opinione pubblica e che richiedono le istituzioni democratiche. La Commissione dovrà accertare se l'onorevole Berlusconi ha ascoltato l'audio dell'intercettazione, se ne è entrato in possesso e se ne ha fatto un uso politico.
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